Pisano, Lo strano caso del signor Mesina - Sardegna Cultura
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pelago carcerario italiano, l’aureola <strong>del</strong>l’uomo d’onore,<br />
<strong>del</strong> detenuto che non si vende e che non vende gli altri.<br />
Per conquistare questa vetta di popolarità e di rispetto,<br />
ha lavorato molto, troppo. Non può e non vuole<br />
perderla in una mattina. Ha trascorso in prigione quasi<br />
trent’anni senza chiedere sconti proprio per questo motivo,<br />
per potere un giorno tornare da vincitore, uno che<br />
ha pagato e pagato da solo, uno che non deve niente a<br />
nessuno (men che meno alla magistratura).<br />
Ecco perché ha paura. Qualcuno potrebbe rovinare<br />
il suo sogno, la marcia trionfale <strong>del</strong> rientro a Orgosolo.<br />
A cose fatte, ovviamente: con Farouk che sorride tra i<br />
genitori finalmente libero. E lui, ex ergastolano, la primula<br />
rossa <strong>del</strong> Supramonte, salutato quasi come un padre<br />
<strong>del</strong>la patria da Indro Montanelli e da quella fetta <strong>del</strong><br />
Paese che vive la passione civile come il tifo da stadio.<br />
Graziano pensaci tu, scrivono a Cagliari su un muro vicino<br />
alla facoltà di Lettere.<br />
Graziano ci pensa volentieri: questa è la sua grande<br />
occasione. È che tutto si sta terribilmente complicando.<br />
C’è la questione <strong>del</strong> riscatto, per esempio: sarà pagato?,<br />
chi lo pagherà? Ancora una volta riaffiora lo spettro dei<br />
Servizi, di un uomo con valigetta nera che atterra a Olbia,<br />
scende da un Falcon ministeriale e scompare su<br />
un’auto-civetta. Era il postino <strong>del</strong> Viminale, portava<br />
con sé – come sosterrà più tardi <strong>Mesina</strong> – un miliardo in<br />
contanti, prelevato dai fondi riservati <strong>del</strong> Sisde? «Non<br />
diciamo stupidaggini», tuona inferocito il capo <strong>del</strong>la<br />
polizia. Salvo scoprire poi che proprio stupidaggini non<br />
erano.<br />
Non si sa chi apra le danze, ma il valzer <strong>del</strong>le bugie<br />
comincia subito. E non è detto che riguardino sempre le<br />
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verità di Stato. Durante lo scontro frontale con i giudici<br />
<strong>del</strong>la procura antimafia, <strong>Mesina</strong> vomita esclusive su<br />
esclusive. Perfino sul suo passato. E, a un tratto, smentendo<br />
se stesso e le cose che aveva scritto nella autobiografia,<br />
dice anche d’aver conosciuto Giangiacomo Feltrinelli.<br />
Quando? Nel ’67 a Siniscola. Incontro rapido e<br />
inconcludente, almeno per Feltrinelli se sono vere le intenzioni<br />
che gli vengono attribuite. Vero o falso? Tra<br />
l’altro: perché <strong>Mesina</strong>, che ha sempre negato con decisione,<br />
rivela d’aver avuto un abboccamento con l’editore<br />
milanese?<br />
Incomprensibile. Meno incomprensibili sono invece<br />
le rabbiose smentite <strong>del</strong> capo <strong>del</strong>la polizia. Ricordano<br />
l’atteggiamento processuale di imputati che navigano in<br />
acque agitate: negare sempre. Durante il sequestro Kassam<br />
sono intervenuti i servizi segreti? Stupidaggini. Riscatto<br />
pubblico, una specie di contributo a fondo perduto<br />
per Farouk? Stupidaggini.<br />
Stupidaggini?<br />
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