Pisano, Lo strano caso del signor Mesina - Sardegna Cultura
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I<br />
A casa<br />
«Ce n’è ce n’è, da fare». <strong>Lo</strong> aspetta, per iniziare, un<br />
lavoro da magazziniere, poi magari torna in <strong>Sardegna</strong> e<br />
segue il forno <strong>del</strong> fratello, a Budoni. «Insomma, ricomincio».<br />
Graziano <strong>Mesina</strong> non ha più il fisico <strong>del</strong>la fuga: pochi<br />
capelli, pancetta dilagante, zampe di gallina sugli<br />
occhi. Un <strong>signor</strong>e ingrigito, ormai. Intontito dall’effetto<br />
aria, dalle prime sei ore di libertà, confuso, uomo qualunque<br />
tra gente qualunque. Ballore, il fratello maggiore,<br />
è andato a prenderlo alle Nuove di Torino con la sua<br />
vecchia macchina e se l’è portato a casa, per sottrarlo alla<br />
curiosità <strong>del</strong>la gente e guardarlo dritto in faccia. «Anche<br />
se ha cinquant’anni, per noi i più piccoli restano<br />
sempre bambini». Deve dargli qualche consiglio importante<br />
per sopravvivere ora che va a scoprire, a riscoprire,<br />
un altro mondo.<br />
Morto il padre Pasquale, il capofamiglia è lui. Da<br />
Orgosolo è fuggito nell’epoca <strong>del</strong> boom economico, è<br />
planato a Crescentino, quaranta chilometri da Fiat city,<br />
in tempi non facili, quando tutti i meridionali venivano<br />
chiamati sbrigativamente “Napoli”. Non faceva differenza<br />
essere siciliani o calabresi, pugliesi o sardi. «Ho<br />
fatto le ossa alla vita».<br />
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