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A piccoli passi - percorso di riflessioni - Ofelon

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RICCARDO SABELLOTTI<br />

A PICCOLI PASSI<br />

PERCORSO DI RIFLESSIONI<br />

O<br />

www.ofelon.org<br />

GIACINTO SABELLOTTI<br />

un nuovo vegetale selvatico nel nostro abituale menù: colonizzando tutto il<br />

pianeta ci siamo trovati innumerevoli volte davanti a nuove piante commestibili<br />

e nuovi animali da cacciare, ma la rivoluzione agricola ha fatto molto <strong>di</strong> più che<br />

aumentare le risorse alimentari, ha profondamente mo<strong>di</strong>ficato il nostro stile <strong>di</strong><br />

vita e la nostra economia da sempre basati sulla caccia e la raccolta. Da questo<br />

punto <strong>di</strong> vista la comparsa dell’agricoltura e dell’allevamento costituiscono un<br />

cambiamento più profondo <strong>di</strong> tutti i mutamenti climatici precedenti: mai nulla<br />

ci aveva indotto ad abbandonare la vita tribale che aveva accompagnato da<br />

sempre la nostra evoluzione biologica.<br />

Un cambiamento così profondo implica una grande spinta evolutiva, cioè<br />

la necessità <strong>di</strong> un rapido adattamento, e noi, secondo la nostra natura, ci siamo<br />

adattati culturalmente.<br />

Resta però da spiegare come mai, dopo la <strong>di</strong>ffusione delle civiltà agricole,<br />

l’evoluzione culturale non abbia iniziato a rallentare. Come abbiamo detto<br />

per le nuove prede, anche la comparsa <strong>di</strong> nuovi predatori o <strong>di</strong> nuove specie<br />

concorrenti è importante per l’evoluzione, in quanto altera anch’essa le nostre<br />

possibilità <strong>di</strong> sopravvivenza; sappiamo bene però che, da tempo immemorabile,<br />

le varie popolazioni umane, non strettamente imparentate tra loro, si<br />

considerano e si trattano vicendevolmente come se fossero specie <strong>di</strong>fferenti; da<br />

sempre esiste per l’umanità una sorta <strong>di</strong> speciazione culturale, anche all’interno<br />

della stessa società, dove spesso appaiono <strong>di</strong>verse classi o caste sociali<br />

nettamente separate, anche sessualmente, grazie ad opportune leggi o<br />

convenzioni che proibiscono i matrimoni misti. L’antico detto “homo homini<br />

lupus” vuol <strong>di</strong>re che l’uomo è il predatore dell’uomo e ci in<strong>di</strong>ca quin<strong>di</strong> una triste<br />

e ben nota realtà: nel corso della storia sono effettivamente comparsi nuovi<br />

predatori e nuovi concorrenti, solo che si trattava <strong>di</strong> specie culturali umane. Fra<br />

popoli <strong>di</strong>versi non vi è un isolamento genetico e culturale totale ma è sufficiente<br />

da favorire comportamenti tipici dei rapporti fra specie <strong>di</strong>verse come la<br />

predazione e la concorrenza spietata.<br />

Oggi sappiamo che l’allevamento e l’agricoltura sono cambiamenti<br />

culturali che ne hanno provocati altri ancora più gran<strong>di</strong>, come l’abbandono<br />

della vita tribale, innescando una reazione a catena che si alimenta da sola;<br />

l’evoluzione culturale ha iniziato a girare su sé stessa a velocità crescente come<br />

un cane che si morde la coda. Dalla rivoluzione agricola in poi, la nostra<br />

vita si è separata dai vecchi ecosistemi e il nostro ambiente è <strong>di</strong>ventato sempre<br />

più artificiale, cioè sempre più <strong>di</strong>pendente dalla nostra cultura; l’ambiente quin<strong>di</strong><br />

si evolve con la cultura e lo stesso vale per i nostri predatori e concorrenti che,<br />

essendo umani, hanno le nostre stesse capacità e velocità <strong>di</strong> adattamento<br />

culturale.<br />

Vi è dunque qualcosa <strong>di</strong> profondamente vero quando si <strong>di</strong>ce che l’uomo si<br />

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