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A piccoli passi - percorso di riflessioni - Ofelon

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RICCARDO SABELLOTTI<br />

A PICCOLI PASSI<br />

PERCORSO DI RIFLESSIONI<br />

È possibile ricomporre la frammentazione sociale?<br />

O<br />

www.ofelon.org<br />

GIACINTO SABELLOTTI<br />

L’isolamento e la frammentazione sociale<br />

hanno chiare ra<strong>di</strong>ci storiche che affondano nello<br />

schiavismo e nello sviluppo delle gran<strong>di</strong> città<br />

legato all’avvento dell’agricoltura. Nel presente tali<br />

fenomeni sono sostenuti da un’educazione del<br />

citta<strong>di</strong>no che lo porta alla sud<strong>di</strong>tanza invece che<br />

alla partecipazione, nonché da false forme <strong>di</strong><br />

partecipazione, come il voto non libero, sostenute da altrettanto false<br />

democrazie.<br />

Tuttavia l’affermazione <strong>di</strong> alcuni principi democratici, come la libertà <strong>di</strong><br />

associazione, ha favorito la popolazione nel rispondere alla generale<br />

insod<strong>di</strong>sfazione, legata a servizi sempre più scadenti, con la formazione <strong>di</strong><br />

associazioni <strong>di</strong> volontariato per compensare le carenze dello Stato; sono<br />

comparsi persino dei comitati per la <strong>di</strong>fesa dei <strong>di</strong>ritti del citta<strong>di</strong>no o dei<br />

consumatori e tali forme <strong>di</strong> aggregazione hanno avuto un notevole successo sia<br />

come risultati ottenuti che come popolarità.<br />

Anche riconoscendo che queste associazioni non sono delle comunità, ma<br />

delle organizzazioni con un fine specifico, esse sono comunque un notevole<br />

tentativo <strong>di</strong> riorganizzare le attività dei citta<strong>di</strong>ni partendo dal basso e non<br />

dall’alto, cioè senza attendere le <strong>di</strong>rettive della classe <strong>di</strong>rigente. Alcune <strong>di</strong> esse<br />

con il tempo sono inoltre <strong>di</strong>ventate molto numerose, superando il limite dei<br />

<strong>piccoli</strong> gruppi <strong>di</strong> lavoro e ottenendo dei risultati irrealizzabili da gruppi <strong>di</strong> poche<br />

persone.<br />

Dobbiamo anche osservare che i gruppi più emarginati della società, quelli<br />

che si pongono al <strong>di</strong> fuori delle sue regole, cioè le associazioni criminali, sono<br />

quelli che per forza <strong>di</strong> cose si sono spinti oltre nell’organizzare delle vere e<br />

proprie comunità; queste ultime hanno anche molti aspetti in comune con gli<br />

antichi villaggi tribali: la sud<strong>di</strong>visione in bande e in clan familiari, la rigida<br />

gerarchia, la tendenza a farsi la guerra fra loro. Questo ci conferma l’ipotesi che<br />

il villaggio tribale è la forma naturale della comunità umana, che può essere<br />

mo<strong>di</strong>ficata dall’evoluzione culturale, ma che tende a ripresentarsi come base<br />

ogni volta che si forma una nuova comunità. L’in<strong>di</strong>scusso successo economico<br />

delle varie mafie a livello mon<strong>di</strong>ale ci fornisce infine una prova dell’efficacia<br />

della loro organizzazione.<br />

Altre conferme ci vengono dalle comunità religiose, i cui membri<br />

con<strong>di</strong>vidono anch’essi un generico rifiuto della società, più o meno marcato, e<br />

pertanto ricostruiscono <strong>piccoli</strong> gruppi ben <strong>di</strong>stinti da tale società da un punto <strong>di</strong><br />

vista culturale, con propri rituali, tra<strong>di</strong>zioni e gerarchie. Tali comunità tendono a<br />

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