RE ARTù E LA RICERCA DEL SACRO GRAAL - Comune di Parma
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Il Monsalvato sulla terra non è più;<br />
Il Santo Calice se n’è andato<br />
Chissà quando tornerà.<br />
Dolci delizie non esistono più,<br />
Il Monsalvato sulla terra non è più;<br />
Quando avremo parole <strong>di</strong> salvezza<br />
Direttamente dalla Santa Voce?<br />
Eterna sventura alla vaga dama<br />
Che la domanda proibita pose<br />
Diventando causa <strong>di</strong> tanta <strong>di</strong>sperazione,<br />
Dove sarà ora il Monsalvato?<br />
368<br />
<strong>RE</strong> <strong>ARTù</strong> E <strong>LA</strong> <strong>RICERCA</strong> <strong>DEL</strong> SANTO <strong>GRAAL</strong><br />
Prologo: Prologo: la la storia storia del del Graal.<br />
Graal.<br />
33 d.c. Gerusalemme. Uno dei do<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> quel Rabbì andò al<br />
Sinedrio, spinto da una decisione improvvisa ed inaspettata,<br />
unita da un’enorme dose <strong>di</strong> bramosia <strong>di</strong> potere, ed iniziò a <strong>di</strong>re,<br />
rivolto <strong>di</strong>rettamente al sommo sacerdote Caifa, <strong>di</strong>cendogli:<br />
”Maestro, io posso consegnarvi chi voi o<strong>di</strong>ate tanto perché<br />
sobilla il popolo contro <strong>di</strong> voi, per il momento conviene a tutti<br />
quanti restarcene calmi, ma al mio avvertimento dovrete correre<br />
imme<strong>di</strong>atamente al posto che vi sarà in<strong>di</strong>cato e la persona che<br />
io bacerò sulla guancia potrà essere arrestato dai vostri servi!”.<br />
Ma durante quella sera fatale, il Rabbì fu molto chiaro svelando<br />
agli amici le macchinazioni del tra<strong>di</strong>tore, <strong>di</strong>cendo: ”Chi<br />
mangerà nel piatto con me mi tra<strong>di</strong>rà questa stessa notte e guai<br />
a lui l’essere nato, ma senza questa persona niente si potrebbe<br />
compiere”<br />
La sera del parasceve un uomo sui trentatrè anni, dall’aspetto<br />
molto trasandato stava festeggiando la sacra festa assieme agli<br />
amici in una stanza della città santa a poca <strong>di</strong>stanza dall’orto<br />
degli ulivi. Ad un certo punto quell’uomo prese il pane e, reso<br />
grazie, lo spezzò <strong>di</strong>stribuendolo tra i presenti e la stessa cosa<br />
fece con una coppa <strong>di</strong> vino. Finito quel cerimoniale, il Rabbì si<br />
fece portare una bacinella d’acqua <strong>di</strong> fonte e, toltasi la tunica e<br />
cintosi i fianchi con una salvietta, si mise a lavare i pie<strong>di</strong> a tutti<br />
quelli che erano a tavola con lui; arrivato da Pietro, questi<br />
<strong>di</strong>sse: ”Mio Signore non sia mai sia tu lavi i pie<strong>di</strong> a me che<br />
sono il tuo servo”<br />
”Se non faccio questa cosa tu non sarai mai completamente<br />
mondo da tutti i tuoi peccati, che saranno lavati assieme ai tuoi<br />
pie<strong>di</strong> in questa tinozza”. A questa risposta, Pietro <strong>di</strong>sse: ”Mio<br />
signore non solo i pie<strong>di</strong> ma tutto il corpo, per aver lavati il<br />
maggior numero <strong>di</strong> peccati”<br />
”Per essere completamente monda basta che io ti lavi i pie<strong>di</strong> e<br />
tutto sarà aggiustato, anzi ognuno <strong>di</strong> voi segua quest’esempio,<br />
1
gli uni con gli altri, altrimenti non potrete entrare nel Regno dei<br />
Cieli”, quin<strong>di</strong> tutti assieme cantarono il salmo <strong>di</strong> rito e si<br />
<strong>di</strong>ressero verso il Getsemani dove Gesù si fermò a pregare.<br />
Poco prima <strong>di</strong> uscire, una donna chiamata Maria Maddalena,<br />
s’inginocchiò ai pie<strong>di</strong> del rabbì e li bagnò con le proprie<br />
lacrime e, subito dopo, si rialzò per ungergli la testa con un olio<br />
profumato molto costoso quasi a ricordargli ufficialmente che<br />
egli ebbe tra il popolo e che tra poche ore avrebbe subito la<br />
condanna a morte, pronunciata sia dal governatore sia dal<br />
Sinedrio.<br />
Come furono arrivati all’orto degli ulivi, il rabbì ed i suoi<br />
<strong>di</strong>scepoli vi si sparpagliarono per me<strong>di</strong>tare; quivi giunti, Giuda<br />
il tra<strong>di</strong>tore prese da parte un ragazzino che era nelle imme<strong>di</strong>ate<br />
vicinanze, <strong>di</strong>cendogli: ”Corri dal sommo sacerdote Caifa ed<br />
avvertilo che è giunto il momento <strong>di</strong> arrestare una persona al<br />
Getsemani, egli capirà subito e si comporterà <strong>di</strong> conseguenza,<br />
ora va e ve<strong>di</strong> <strong>di</strong> fare presto!”, imme<strong>di</strong>atamente un gruppo <strong>di</strong><br />
servi del Sinedrio si presentò ove in<strong>di</strong>cato, comandati dal<br />
sommo sacerdote Anna, il suocero <strong>di</strong> Caifa e, al segnale<br />
convenuto, misero le mani su Gesù, trascinandolo<br />
imme<strong>di</strong>atamente a giu<strong>di</strong>zio. In quegli stessi istanti un<br />
rappresentante del Sinedrio, chiamato Giuseppe d’Arimatea,<br />
scoprì il luogo ove il rabbì e gli altri <strong>di</strong>scepoli si erano ritrovati<br />
per festeggiare la Pasqua del Signore e ci andò per vedere se<br />
poteva mettere al sicuro qualche reliquia; sulla tavola, non<br />
ancora completamente sparecchiata, ritrovò il calice <strong>di</strong> legno<br />
utilizzato per la libagione rituale e lo nascose, per non rischiare<br />
che andasse perduto.<br />
Questo personaggio apparentemente sospetto, era un <strong>di</strong>scepolo<br />
del rabbì tra i più accaniti e fidati; in ogni modo Giuseppe<br />
ritornò velocemente al resto del Sinedrio appena in tempo per<br />
assistere quasi impotente al processo vero e proprio; infatti,<br />
com’ebbe preso posto, il Rabbì fu portato al cospetto <strong>di</strong><br />
2<br />
Detto questo, Lohengrin s’avvicinò al cigno e, presolo per il<br />
dorso, lo spinse sott’acqua, una volta che lo riportò in<br />
superficie <strong>di</strong>mostrò che si trattava dello scomparso fratello<br />
d’Elsa, che corse subito dalla sorella. Subito Lohengrin si<br />
rivolse alla sposa e <strong>di</strong>sse: ”Mia cara sposa, purtroppo ti devo<br />
lasciare per sempre, in quanto facesti la domanda proibita e<br />
contravvenisti al <strong>di</strong>vieto che ti feci quando venni proprio in<br />
questo luogo a salvare la tua vita e l’onore che ti stavano per<br />
portare via”. In quello stesso istante, Lohengrin alzò gli occhi<br />
sulla folla che lo circondava e vide in lontananza Ortrud ed alzò<br />
ulteriormente la voce, <strong>di</strong>cendo: ”Tu perfida donna, come mai ti<br />
trovi ancora qui tra noi dopo quanto hai fatto e successe nelle<br />
passate ore tra il mio arrivo dell’altra sera ed oggi? Ora,<br />
vigliacca d’una donna vattene da queste terre, maledetta da tutti<br />
per quanto facesti per rovinare la felicità <strong>di</strong> tanta gente timorosa<br />
ed ispirata da Dio”<br />
Finito che ebbe <strong>di</strong> parlare, Lohengrin s’imbarcò sulla barca su<br />
cui era arrivato ed iniziò nuovamente a pregare, ma subito uno<br />
splen<strong>di</strong>do falco prese la cima che teneva la navicella,<br />
andandosene per sempre dal mondo degli uomini e serrandosi<br />
per sempre nel Monsalvato, contemporaneamente, vedendo<br />
partire l’amato sposo, Elsa cadde a terra, morendo all’istante,<br />
lasciando il ducato avvito al giovanissimo fratello. Da allora il<br />
<strong>di</strong>vino regno del Monsalvato sparì completamente dalla storia<br />
del mondo, portandosi ad<strong>di</strong>etro anche il più gran tesoro del<br />
mondo: il Santo Graal, il quale <strong>di</strong>ventò il gran sogno <strong>di</strong> coloro<br />
che l’avevano incontrato in precedenza, lasciando il racconto <strong>di</strong><br />
quell’esperienza ai propri <strong>di</strong>scendenti, che invi<strong>di</strong>arono<br />
enormemente quei racconti senza aver la speranza <strong>di</strong> poterlo<br />
ritrovare, ma tutti quanti, da allora, iniziarono a cercarlo<br />
ovunque sperando in un futuro miracolo.<br />
In ricordo <strong>di</strong> quel reame così sacramete miracoloso vengono<br />
tutt’ora recitate queste malinconiche parole:<br />
Grave per<strong>di</strong>ta ha l’umanità<br />
367
signore, chie<strong>di</strong>amo giustizia per conto <strong>di</strong> quest’uomo dato che<br />
ha agito per amore della propria terra e del suo popolo,<br />
tentando <strong>di</strong> sopprimere il misterioso <strong>di</strong>ttatore infingardo, dalla<br />
faccia della terra, ma fu ucciso da quest’ultimo”. Udendo quelle<br />
parole, il re s’in<strong>di</strong>gnò ulteriormente e prese a <strong>di</strong>re: ”Se ve ne<br />
sovvenite, costui fu ban<strong>di</strong>to per mio or<strong>di</strong>ne da tutte le terre<br />
germaniche, perdendo ogni pretesa su qualsivoglia territorio e<br />
<strong>di</strong>ritto, quin<strong>di</strong> non posso accettare le vostre richieste, perché<br />
illegali, ma ora qualcuno mi può <strong>di</strong>re che fine ha fatto il nostro<br />
misterioso eroe che ci dovrebbe aiutare in questo frangente?”<br />
In quello stesso momento arrivò al cospetto del re e<br />
dell’intiera corte anche il misterioso cavaliere, accompagnato<br />
da Elsa, ma subito tutti s’accorsero che qualcosa non andava<br />
nel suo abbigliamento; infatti tutti videro che il pala<strong>di</strong>no non<br />
s’era armato per la battaglia. Vedendo la cosa, il re si stupì<br />
grandemente, poi <strong>di</strong>sse: ”Messere solo ieri, finita la cerimonia<br />
nuziale, c’assicuraste che sareste sceso in campo con noi, ora<br />
come mai, nel momento stabilito dell’adunata vi presentate al<br />
mio cospetto senza nessuna arma od armatura?”. Il cavaliere<br />
attese qualche attimo, <strong>di</strong>rigendosi sulla sponda del fiume e,<br />
mettendosi a pregare, fece tornare il cigno con la navicella al<br />
traino; come quel superbo uccello si fu posato sulla superficie<br />
dell’acqua, il pala<strong>di</strong>no si rivolse all’intiera corte e prese a <strong>di</strong>re:<br />
”Miei signori,quando arrivai su questi li<strong>di</strong>, due sere fa, chiesi<br />
per prima cosa <strong>di</strong> mantenere l’anonimato sulla mia identità e la<br />
patria da cui vengo, ma ora mi vedo costretto a rivelare tutto<br />
quanto e, dopo <strong>di</strong> ciò, andarmene per sempre da questo mondo<br />
e chiedere il <strong>di</strong>vorzio da costei. Ora sappiate che il mio nome è<br />
Lohengrin, figlio <strong>di</strong> Parsifal, signore del Monsalvato e custode<br />
del Santo Graal; quest’ultimo m’impose questa piccola<br />
clausola, quando m’assegnò la missione che sto portando a<br />
termine, inoltre mi rivelò dove si nasconde il fratello <strong>di</strong> costei,<br />
che voi tutti pensate morto”<br />
366<br />
quell’augusto tribunale. Arrivato al centro del circolo, a Gesù<br />
fu chiesto: ”Sei tu il re dei Giudei?”<br />
”È quel che tu <strong>di</strong>ci”<br />
“Hai affermato <strong>di</strong> essere il Figlio <strong>di</strong> Dio. Lo confermi?”<br />
”L’ho detto!”<br />
”Hai affermato che <strong>di</strong>struggerai il tempio per ricostruirlo in<br />
soli tre giorni? Bada bene perché sei stato u<strong>di</strong>to da parecchie<br />
persone, mentre lo <strong>di</strong>cevi”<br />
”Così <strong>di</strong>ssi”<br />
“Il Figlio dell’Uomo, unto da Dio prima dei secoli, vi<br />
annuncia che il giorno del Signore è il primo dopo il Sabato, e<br />
la Torah è completamente da cambiare perché il popolo eletto<br />
l’ha completamente travisata!”<br />
Pilato era momentaneamente presente ed intervenne <strong>di</strong>cendo:<br />
”Che fece costui per non rispettare il Sabato ed abolire la vostra<br />
cosiddetta Torah?”<br />
”La nostra legge vieta <strong>di</strong> curare <strong>di</strong> Sabato, ma costui ha<br />
guarito ogni sorta <strong>di</strong> male in tal giorno, per <strong>di</strong> più con ogni tipo<br />
<strong>di</strong> mala arte!”<br />
”Quali sono queste male arti?”<br />
”È un mago, scaccia i demoni in nome <strong>di</strong> Belzebù, il Re delle<br />
Mosche!”<br />
”La guarigione degli indemoniati non è opera <strong>di</strong> uno spirito<br />
immondo, ma del nostro Esculapio!”, subito i giudei convinsero<br />
Pilato che il Messia era da processare. Ma Pilato <strong>di</strong>sse: ”Per ora<br />
io non ho ravvisato in lui nessuna colpa, adesso io devo tornare<br />
al mio lavoro che si sta accumulando sulla mia scrivania,<br />
quando avrete finito <strong>di</strong> interrogarlo vedremo che posso fare<br />
all’interno del vostro <strong>di</strong>battito”<br />
”Hai detto un’enorme quantità d’eresie, sai cosa comporta la<br />
colpa della bestemmia?”<br />
”Posso solo immaginarlo, ma voglio che me lo <strong>di</strong>ca tu stesso,<br />
Caifa”<br />
3
”Tale accusa comporta la morte per lapidazione, ma essendo<br />
sotto una potenza straniera dobbiamo stare sotto le loro leggi”<br />
”Se volevate arrestarmi e processarmi, avete avuto molte<br />
occasioni in passato, quando pre<strong>di</strong>cavo in mezzo a voi nel<br />
tempio, perché non lo avete fatto in quelle occasioni?”<br />
”Potevamo farlo <strong>di</strong>verse volte, ma non abbiamo mai avuto il<br />
pretesto giusto per metterti le mani addosso, ma ora c’è stato<br />
concesso”. Presa una pausa molto teatrale, Caifa riprese a <strong>di</strong>re:<br />
”È giunto il momento <strong>di</strong> portarlo davanti al governatore Pilato”,<br />
così l’intero gruppo prese la strada per il palazzo senatorio con<br />
molto strepito; finalmente, a metà mattinata, il prigioniero fu<br />
portato alla torre Antonia. Come il gruppo arrivò davanti<br />
all’entrata, una guar<strong>di</strong>a stese inconsapevolmente il proprio<br />
mantello davanti al Messia, <strong>di</strong>cendo: ”O Signore passa su <strong>di</strong><br />
questo mantello ed entra, perché il governatore ti chiama”. A<br />
vedere quella scena ed udendo quelle parole, i giudei<br />
s’in<strong>di</strong>gnarono e, una volta entrati, si rivolsero a Pilato <strong>di</strong>cendo:<br />
”Come osa quella guar<strong>di</strong>a onorare in quel modo una persona<br />
che sta per essere processata e condannata a morte”<br />
Pilato cedette imme<strong>di</strong>atamente alle proteste dei giudei e<br />
chiamata la guar<strong>di</strong>a, gli <strong>di</strong>sse: ”Che facesti, stolto, non sai che<br />
costui è stato chiamato alla mia presenza per essere processato,<br />
anche se non ci trovo nulla <strong>di</strong> sbagliato?”<br />
La guar<strong>di</strong>a prese il coraggio a due mani e controbatté a questo<br />
rimprovero con le seguenti parole: ”Mio signore, devo<br />
ricordarti che pochi giorni fa questi stessi giudei fecero entrare<br />
quest’uomo in modo trionfale, per non <strong>di</strong>re regale, in<br />
Gerusalemme, sventolando lungo la via <strong>di</strong>verse foglie <strong>di</strong> palma<br />
e tappezzando le strade attraversate da costui con i loro<br />
mantelli”<br />
”Vedo che sei molto ben informato sugli ultimi avvenimenti<br />
accaduti in città, ora torna imme<strong>di</strong>atamente al tuo posto e stai<br />
attento a quel che fai”, ma la guar<strong>di</strong>a ignorando l’avvenimento<br />
ripeté esattamente gli stessi gesti e le identiche parole <strong>di</strong> poco<br />
4<br />
prima d’aver vibrato il mortale colpo, ma il misterioso cavaliere<br />
riuscì a fermarli prima che questi potessero guadagnare la porta<br />
e fuggire, infine <strong>di</strong>sse, a quei tra<strong>di</strong>tori: ”Visto che avete tra<strong>di</strong>to<br />
me, la mia adorata sposa e la fiducia del vostro re, la<br />
momentanea pena che v’infliggo è <strong>di</strong> prendervi cura <strong>di</strong> questo<br />
cadavere e <strong>di</strong> presentarlo ad Enrico durante la grande adunata<br />
che domani deve precedere la battaglia contro le orde barbare<br />
che ci stanno invadendo”. Com’ebbe finito <strong>di</strong> parlare, il<br />
cavaliere si voltò per continuare il proprio i<strong>di</strong>llio con Elsa, ma<br />
s’accorse solo in quel momento che la dolce sposa era nel<br />
frattempo svenuta, e corse a soccorrerla, intanto i sicari se<br />
n’andarono mestamente, portandosi ad<strong>di</strong>etro il corpo senza vita<br />
<strong>di</strong> Friedrich; finalmente Elsa si riprese ed il cavaliere le <strong>di</strong>sse:<br />
”Mia cara sposa ora riposatevi che una volta che il sole sarà<br />
levato, vi darò motivo <strong>di</strong> novelle sorprese, ma ora conviene che<br />
an<strong>di</strong>amo entrambi a letto per dormire”.<br />
Il mattino successivo, l’intiera zona alle foci della Schelda si<br />
svegliò allo squillo delle trombe dell’esercito che richiamava<br />
gli armati all’adunanza <strong>di</strong> fronte al re; una volta che furono tutti<br />
radunati, Enrico li ringraziò calorosamente per il loro<br />
intervento nelle <strong>di</strong>fese del sacro suolo natio, ma ad un tratto<br />
s’accorsero tutti che mancava il misterioso cavaliere, allora il re<br />
<strong>di</strong>sse: ”Come mai la spada mandata da Dio non s’è ancora<br />
presentata al mio cospetto, nonostante i ripetuti appelli delle<br />
mie trombe?”. Il re ebbe appena il tempo <strong>di</strong> pronunciare quelle<br />
parole, che quattro brabantini si presentarono recando un corpo<br />
coperto da un sudario; a quella vista il re volle sapere come<br />
osassero presentarsi a lui con un simile corpo così corrotto,<br />
allora uno <strong>di</strong> quegli uomini, senza <strong>di</strong>r nulla, prese un lembo del<br />
lenzuolo e scoprì l’identità del defunto.<br />
A quella vista tutti i presenti si scostarono con orrore,<br />
riconoscendo nel cadavere Friedrich von Telramund, colui che<br />
fu ban<strong>di</strong>to solamente il giorno prima; allora uno dei brabantini<br />
che l’avevano recato in quel loco, si fece sentire e <strong>di</strong>sse: ”Mio<br />
365
per l’eternità, ora mi vedo costretto ad allontanarmi da te per<br />
sempre. Ora consolati che almeno per questa notte giaceremo<br />
assieme, secondo la più casta tra<strong>di</strong>zione, ma domani,<br />
all’adunata or<strong>di</strong>nata dal re per partire alla guerra, rivelerò<br />
quanto mi fu chiesto, quin<strong>di</strong> sarò costretto a partire per<br />
tornarmene da dove sono venuto, dopo <strong>di</strong> che dovrò far in<br />
modo che non mi ve<strong>di</strong>ate mai più in questo mondo mortale e<br />
peccatore”. A confermare quelle parole del cavaliere, subito,<br />
dal vicino fiume, si sentì un uccello che s’avvicinava nuotando,<br />
Elsa s’affacciò, nel sentire quel suono e si voltò<br />
imme<strong>di</strong>atamente, con moto <strong>di</strong> sorpresa ed iniziò a <strong>di</strong>re: ”Mio<br />
signore, allora non c’è più speranza per la mia felicità e dovrete<br />
lasciarci subito dopo aver rivelato tutto quello che era stato<br />
giurato <strong>di</strong> celare, ma come potrò salvare il mio misero ducato,<br />
se nessuno lo <strong>di</strong>fende al mio fianco?”. Il cavaliere annuì con la<br />
testa, poi <strong>di</strong>sse: ”Purtroppo era la cosa che avevo giurato <strong>di</strong><br />
fare, se non fossi stato costretto a rivelare il mio nome, ma per<br />
quanto riguarda il tuo ducato non ti devi preoccupare perché<br />
ben presto rivelerò l’identità del novello <strong>di</strong>fensore del tuo<br />
casato e contemporaneamente ti scagionerò totalmente dalle<br />
colpe <strong>di</strong> cui t’accusarono nei giorni scorsi”<br />
Proprio in quegli stessi istanti, Elsa intravide nell’ombra<br />
dell’ingresso a quelle stanze, cinque losche persone che<br />
tentavano <strong>di</strong> non farsi vedere, imme<strong>di</strong>atamente la duchessa<br />
s’avventò sulla spada dello sposo e, sguainatala, gliela porse,<br />
<strong>di</strong>cendo: ”Mio sposo e signore, <strong>di</strong>fendete il vostro onore e la<br />
vita d’entrambi da un così inetto e subdolo atto <strong>di</strong> codar<strong>di</strong>a e<br />
<strong>di</strong>sonesta nei nostri confronti”, infatti, in quel preciso<br />
momento, Friedrich entrò nel cerchio <strong>di</strong> luce creato dalle<br />
candele, con uno stocco snudato, tentando d’uccidere il<br />
misterioso cavaliere. Questo ultimo atto fu molto più veloce e,<br />
presa la spada, uccise, con una sola stoccata, il Telramund,<br />
mentre i suoi seguaci scapparono imme<strong>di</strong>atamente, presi dal<br />
panico estremo, perché si videro così misteriosamente scoperti<br />
364<br />
prima; finalmente il Cristo fu fatto entrare nella sala del<br />
pretorio.<br />
Intanto la moglie del governatore lo avvicinò, <strong>di</strong>cendogli<br />
sottovoce: ”Marito mio, non aver nulla a che fare con<br />
quest’uomo, perché stanotte sofrii a cagione sua!”. Allora<br />
Pilato si rivolse ai sacerdoti ed al popolo giudaico, <strong>di</strong>cendo:<br />
”Sono spiacente per voi, ma quest’uomo è troppo potente<br />
perché sia io a giu<strong>di</strong>carlo, prendetevi voi la responsabilità <strong>di</strong><br />
quest’atto!”<br />
”Non ti abbiamo forse ricordato che questo presunto Messia è<br />
un mago? Avrà mandato una visione ingannatrice a tua<br />
moglie!”. Sentiti i capi d’imputazione dei sacerdoti, Pilato si<br />
rivolse a Gesù, <strong>di</strong>cendo: ”Senti, quanto stanno <strong>di</strong>cendo nei tuoi<br />
confronti? Che hai da <strong>di</strong>re per <strong>di</strong>fenderti da queste gravissime<br />
accuse?”. Allora Pilato si rivolse ai presenti, <strong>di</strong>cendo: ”Ora<br />
voglio restare da solo con costui, vi prego <strong>di</strong> uscire tutti quanti<br />
da questa sala”<br />
Rimasti soli, Pilato chiese a Gesù: ”Che devo fare <strong>di</strong> te?”<br />
”Quello che ti è stato stabilito dalla storia per te”<br />
”Molto bene, ma cosa mi è stato assegnato?”<br />
”Mosè ed i profeti hanno stabilito che io debba morire sulla<br />
croce e resusciti”<br />
”Hai sentito i capi d’imputazione su <strong>di</strong> te, cosa hai da <strong>di</strong>re a<br />
tua <strong>di</strong>scolpa?”, Gesù non rispose; Pilato continuò a pungolarlo<br />
per strappargli altro, senza successo. Alla fine Pilato,<br />
esasperato, sbottò: ”Ma non hai niente da <strong>di</strong>re?”<br />
”Tutto quello che hai detto è vero, ma non sono il re <strong>di</strong> questo<br />
mondo”. Detto questo Gesù tacque definitivamente. Intanto i<br />
giudei stavano spiando quanto accadeva, udendo le risposte del<br />
Cristo, rientrarono gridando: ”Costui è accusato <strong>di</strong> blasfemia,<br />
deve morire!”<br />
”Se quanto ha detto è bestemmiare, prendetelo pur voi e<br />
condannatelo nelle vostre sinagoghe, ove potete giu<strong>di</strong>carlo<br />
secondo la legge ebraica”<br />
5
”Chi bestemmia Dio è passabile per lapidazione!”<br />
”In costui non ho trovato colpa, che devo farne?”<br />
Dall’esterno il popolo, che era stato sobillato dagli uomini del<br />
Sinedrio, iniziò a gridare: ”Crocifiggilo, crocifiggilo!”<br />
”Ma non ci sono gli estremi per crocifiggerlo! Inoltre è<br />
impossibile che tutta la popolazione sia d’accordo”<br />
”Invece è così! Perché si è <strong>di</strong>chiarato figlio <strong>di</strong> Dio, quin<strong>di</strong><br />
blasfemo contro la legge mosaica, e re, quin<strong>di</strong> contro le leggi <strong>di</strong><br />
Roma”. Allora si alzò Nicodemo, uno del Sinedrio, e pieno <strong>di</strong><br />
collera <strong>di</strong>sse: ”Possibile che questo sant’uomo sia stato per<br />
tanto tempo tra noi, anche sferzandoci con le sue parabole e<br />
risposte, e lo accusate solo ora? Secondo me avete tutti paura <strong>di</strong><br />
lui e del suo potere oratorio che vi sta facendo <strong>di</strong>minuire gli<br />
accoliti e lo volete solo per continuare secondo i vostri como<strong>di</strong>”<br />
Allora si alzò in pie<strong>di</strong> Anna, che era uno dei due sommi<br />
sacerdoti, e <strong>di</strong>sse, in nome del Sinedrio: ”Sentite costui, che fa<br />
parte del Sinedrio, eppure a me non interressa più cosa volete<br />
fargli”<br />
”Vogliamo che sia crocefisso”<br />
”Difende quel blasfemo <strong>di</strong> un Nazzareno! Propongo <strong>di</strong><br />
crocifiggere anche Nicodemo!”, alla minaccia <strong>di</strong> far<br />
crocefiggere anche Nicodemo, molti miracolati si fecero avanti<br />
per testimoniare l’accaduto, ammettendo, però, tutti quanti il<br />
particolare delle guarigioni <strong>di</strong> Sabato. Allora Pilato prese la<br />
parola, <strong>di</strong>cendo: ”Perché volete spargere il sangue <strong>di</strong> un<br />
innocente?”, ma nessuno seppe il vero motivo. Sentendo<br />
questo, Pilato s’avvicinò ad un bacile che era nella sala e,<br />
lavandosi le mani, <strong>di</strong>sse: ”Dato che io non ho trovato colpe in<br />
costui che mi avete portato, io me ne lavo le mani e vi lascio<br />
l’intiera colpa <strong>di</strong> quanto potrà accadere in seguito”<br />
Infine Pilato congedò tutti gli intervenuti, tranne Nicodemo ed<br />
altri do<strong>di</strong>ci <strong>di</strong>scepoli del Messia, <strong>di</strong>cendo: ”Voglio che voi, qui<br />
rimasti, mi <strong>di</strong>ate consiglio su come comportarmi in questo<br />
frangente!”<br />
6<br />
imme<strong>di</strong>atamente e rispose: ”Mio signore, voi m’avete arrecato<br />
la salvezza, quin<strong>di</strong> devo respingere ogni dubbio che è stato<br />
insinuato e combatterlo con l’amore che provo per voi qui<br />
presente con me!”, detto questo, Elsa si strinse al petto del suo<br />
sposo, mentre le campane e l’organo presero a suonare a festa,<br />
quin<strong>di</strong> il cavaliere del cigno prese Elsa per mano, conducendola<br />
alla testa del corteo nuziale assieme ad Enrico, mentre Ortrud,<br />
da un lato della piazza alquanto nascosto, gli faceva un segno<br />
quasi <strong>di</strong> vittoria. In quello stesso istante i due sposi entrarono<br />
nella cattedrale accompagnati dal re e dall’intiero corteo.<br />
Capitolo 69<br />
Finiti i riti del matrimonio, i due sposi furono accompagnati<br />
dall’intiera corte alle loro stanze, per far sì che potessero<br />
compiere con la dovuta calma il loro dovere verso imene.<br />
Finalmente i due innamorati si ritrovarono completamente soli<br />
ed il misterioso cavaliere avvicinò a se Elsa, accompagnandola<br />
nelle vicinanze d’una finestra, ivi giunti entrambi<br />
s’abbracciarono teneramente, mentre attendevano che i canti<br />
nuziali della corte si fossero definitivamente <strong>di</strong>spersi; sicuri che<br />
furono che nessuno potesse tornare in<strong>di</strong>etro a <strong>di</strong>sturbarli, il<br />
cavaliere aperse completamente le vicine finestre ed iniziarono<br />
a baciarsi teneramente. Ad un tratto Elsa si <strong>di</strong>scostò dall’amato<br />
e <strong>di</strong>sse: ”Mio signore, voi mi chiedeste <strong>di</strong> fidarmi <strong>di</strong> voi, ieri,<br />
quando arrivaste alla presenza mia ed a quella del nostro<br />
amatissimo re, ma l’insinuazione che i perfi<strong>di</strong> fecero questa<br />
mattina, all’inizio della cerimonia, continua a farsi pressante<br />
nel mio cuore, quin<strong>di</strong> vi scongiuro d’infrangere il giuramento e<br />
rivelarmi quanto quegli abbietti vogliono, dopo <strong>di</strong> che sarò<br />
completamente tranquilla della vostra parola”.<br />
Il misterioso cavaliere si scostò meravigliato dalla moglie ma<br />
alla fine, ripresosi da quell’inaspettata richiesta, la riprese tra le<br />
proprie braccia ed iniziò a <strong>di</strong>re: ”Mia dolce e pura sposa, non<br />
posso biasimarti per quel tarlo che altri ti hanno inculcato, ma<br />
dovevi resistere a quella tentazione, se volevi avermi tuo sposo<br />
363
amata; parimenti Elsa aveva i propri sentimenti <strong>di</strong>visi tra la<br />
fedeltà verso chi stava per sposare ed il dubbio insinuatogli<br />
dalla coppia blasfema, tutti rimasero ammutoliti in quei<br />
sentimenti finché il re e tutti gli uomini presenti non si rivolsero<br />
al pala<strong>di</strong>no <strong>di</strong>cendogli: ”Noi ci fi<strong>di</strong>amo ciecamente <strong>di</strong> voi, dato<br />
che v’abbiamo eletto nostro eroe personale”. Subito tutti i<br />
presenti si rimisero nel dovuto or<strong>di</strong>ne per riprendere la marcia<br />
verso la cattedrale, ma Friedrich prese da parte Elsa e, una volta<br />
che furono sufficientemente lontani, le <strong>di</strong>sse: ”Buon’Elsa, devi<br />
fidarti <strong>di</strong> me, se vuoi conoscere la vera identità <strong>di</strong> colui che ti<br />
hanno concesso come sposo, perché ho un mezzo che te ne darà<br />
la totale certezza”, ma la buona damigella lo riconobbe e se ne<br />
scostò spaventata, cacciandolo via in malo modo. Vedendosi<br />
respinto in quel modo, Friedrich si fece ancor più vicino e le<br />
<strong>di</strong>sse: ”Lascia che gli faccia una piccola ferita in qualunque<br />
parte del corpo, così potrai finalmente vedere <strong>di</strong> qual pasta sarà<br />
quel fellone che vai a sposare, sappi inoltre che questa notte ti<br />
sarò accanto così, quando avrai bisogno <strong>di</strong> chiamarmi senza<br />
<strong>di</strong>sturbare altra gente e fare, in questo modo, una cosa ben più<br />
pulita”.<br />
Elsa fu enormemente raccapricciata per quel terribile piano e<br />
tentò ulteriormente <strong>di</strong> scacciare Friedrich, ma per sua fortuna,<br />
in quel preciso istante s’avvicinò anche il <strong>di</strong>letto sposo pre<br />
ricondurla in seno al corteo, ma, riconoscendo subito i due<br />
conti reietti, li male<strong>di</strong>sse mandandoli via dalla propria vista, al<br />
che Friedrich ed Ortrud s’allontanarono facendo un gesto <strong>di</strong><br />
doloroso furore. Imme<strong>di</strong>atamente il nobile cavaliere si poté<br />
de<strong>di</strong>care completamente ad Elsa, infatti, afferrandola per mano,<br />
le <strong>di</strong>sse: ”Mia dolce sposa, ora puoi rialzarti tra le mie mani e<br />
seguirmi fiduciosa tra coloro che ti vogliono bene, anche se<br />
capisco che il dubbio ti sta ossessionando terribilmente; ti<br />
comprendo talmente bene che mi viene dal cuore il chiederti se<br />
vuoi farmi la fati<strong>di</strong>ca domanda che sta passando nella mente <strong>di</strong><br />
tutti quanti?”. Sentendosi parlare in quel modo, Elsa si riebbe<br />
362<br />
Nicodemo si alzò a sua volta, <strong>di</strong>cendo: ”Penso che sia una<br />
buona cosa dare al nostro Rabbì a quella gente e stiamo a<br />
vedere cosa succede”<br />
Durante la festività della Pasqua ebraica, era tra<strong>di</strong>zione<br />
rilasciare un prigioniero. Forte <strong>di</strong> quella tra<strong>di</strong>zione, Pilato<br />
s’affacciò al loggiato del palazzo, <strong>di</strong>cendo: ”Secondo la<br />
tra<strong>di</strong>zione devo liberare un prigioniero, chi volete ancora tra<br />
voi, Barabba o questo Gesù detto il Nazzareno?”<br />
”Barabba, Barabba!”<br />
”E del Nazzareno che devo farne?”<br />
”Crocifiggilo, crocifiggilo!”, allora Pilato consegnò Gesù al<br />
manipolo che era ivi presente. Arrivato nel cortile del pretorio,<br />
Gesù fu denudato e legato ad una colonna ove fu fustigato a<br />
sangue, quin<strong>di</strong> gli addossarono un mantello porporino e gli<br />
misero in testa una corona <strong>di</strong> spine, subito fu nuovamente<br />
percosso sulle guance, con tanto <strong>di</strong> sputi ed insulti. Alla fine gli<br />
caricarono una croce sulle spalle ed iniziarono a condurlo nel<br />
luogo del cranio per giustiziarlo tramite crocifissione; lungo il<br />
percorso, il condannato cadde tre volte. L’ultima volta una pia<br />
donna gli terse il sudore con un panno appena ritirato dal<br />
tessitore. Una volta riposato, Gesù fu fatto ripartire con l’aiuto<br />
<strong>di</strong> un passante. Quel passante era ancora una volta Giuseppe<br />
d’Arimatea che accompagnò il condannato fino al luogo<br />
dell’esecuzione.<br />
Giunti al Golgota, Giuseppe fu fatto allontanare e Gesù fu<br />
inchiodato alla croce, senza che egli prendesse la miscela<br />
d’acqua e mirra come vuole la prassi per questo tipo<br />
d’esecuzione, verso mezzogiorno il Messia guardò ai pie<strong>di</strong><br />
della croce e vide che c’erano la madre con l’apostolo<br />
pre<strong>di</strong>letto e <strong>di</strong>sse: ”Madre, ricevi tuo figlio in casa. – poi rivolto<br />
al <strong>di</strong>scepolo che ama – ecco tua madre”, finito <strong>di</strong> parlare che<br />
ebbe Gesù si fece tutto buio nel mondo allora conosciuto ed il<br />
Messia lanciò un forte grido, spirando. Contemporaneamente ci<br />
fu un forte terremoto ed il velo del tempio si squarciò, allora un<br />
7
centurione, che si chiamava Longino, vedendo come Gesù<br />
morì, <strong>di</strong>sse: ”Veramente costui era figlio <strong>di</strong> Dio” ed<br />
imme<strong>di</strong>atamente si mise a cercare i suoi seguaci, che lo<br />
accettarono tra loro. Molti giudei vedendo tutti questi gesti,<br />
iniziarono a battersi, gridando: ”Male<strong>di</strong>zione alle nostre colpe!<br />
È sceso il giu<strong>di</strong>zio su Gerusalemme”<br />
Contemporaneamente l’Iscariota vide come stava andando a<br />
finire il proprio tra<strong>di</strong>mento, tornò al Sinedrio e <strong>di</strong>sse: ”Sono<br />
pentito <strong>di</strong> quanto ho fatto, è vero ho condannato un’innocente,<br />
quin<strong>di</strong> vi restituisco i trenta denari che mi avete dato per il<br />
tra<strong>di</strong>mento”. Ma il Sinedrio lo scacciarono con <strong>di</strong>sprezzo,<br />
<strong>di</strong>cendogli: ”Non ti vogliamo tra i pie<strong>di</strong>, tra<strong>di</strong>tore, ormai quel<br />
che è fatto è fatto e tu non ci puoi fare niente. Ora vattene con i<br />
tuoi trenta denari e non farti più vedere!”<br />
Sconvolto, Giuda andò al tempio e chiese la stessa cosa ai<br />
sacerdoti ivi presenti, ma essi gli risposero: ”Vattene o<br />
scellerato, con i tuoi denari abominevoli e non farti più vedere<br />
da queste parti”, allora Giuda buttò a terra il denaro e corse via<br />
<strong>di</strong>sperato, verso la propria casa, con l’intenzione si suicidarsi<br />
per l’abominio. Giunto a casa, Giuda trovò una corda e, fattogli<br />
un cappio, trovò un albero dove impiccarsi, dannandosi per<br />
l’eternità come tra<strong>di</strong>tore e suicida.<br />
Quando il Messia morì, Pilato e sua moglie si guardarono con<br />
dolore, allora si parlarono tra loro per un attimo e poi il<br />
governatore <strong>di</strong>sse ai presenti: ”Siamo molto rattristati da quanto<br />
è successo, pensiamo <strong>di</strong> rendere omaggio a quel Gesù con<br />
l’intiera giornata <strong>di</strong> <strong>di</strong>giuno!”<br />
Quando il sole riapparve, Giuseppe andò da Pilato e gli<br />
consegnò il calice preso dalla sala dell’Ultima Cena e,<br />
contemporaneamente, si avvicinò al governatore, <strong>di</strong>cendogli:<br />
”Ormai l’uomo che hai giu<strong>di</strong>cato è morto, conce<strong>di</strong>mi la<br />
possibilità <strong>di</strong> tirarlo giù dalla croce e tumularlo come si deve”<br />
A questa richiesta, il governatore si mostrò molto sorpreso e<br />
<strong>di</strong>sse: ”Ti concedo questo favore, anche se non ti nascondo la<br />
8<br />
cospetto sul fiume a bordo d’una barca trainata da un cigno<br />
selvatico? Presentandosi in compagnia d’animali fatati, la sua<br />
purezza può essere stimata estrema vanita; ora, se lo può,<br />
pretendo che costui risponda esau<strong>di</strong>entemente a tutte queste<br />
mie accuse, altrimenti mi vedranno costretto a dubitare <strong>di</strong> lui e<br />
della sua purezza”. Nell’u<strong>di</strong>re quelle cose, tutti i presenti si<br />
volsero verso il misterioso cavaliere, nell’attesa d’una sua<br />
risposta per <strong>di</strong>fesa a quelle orrende accuse che gli erano state<br />
mosse dal perfido Friedrich, ma subito il pala<strong>di</strong>no si limitò a<br />
guardare in modo compassionevole il reietto conte. Gli astanti<br />
s’interrogarono su come il cavaliere avesse risposto a quelle<br />
gravi accuse, al che, sentendosi così osservato, il pala<strong>di</strong>no si<br />
portò in mezzo alla folla ed infierì contro Friedrich, <strong>di</strong>cendogli:<br />
”La mia risposta non sarà data ad una persona che ha perso il<br />
proprio onore in un leale combattimento, inoltre accusandomi<br />
d’essere impossessato dal maligno s’è messa in dubbio la mia<br />
enorme purezza d’animo”. A questa risposta, Friedrich <strong>di</strong>sse:<br />
”Mio signore e re, mi rimetto a voi per aver giustizia per quanto<br />
<strong>di</strong>sse ora quel cavaliere fellone che vuol fare tanto il misterioso<br />
nei confronti <strong>di</strong> tutti noi”, <strong>di</strong>cendo quelle parole, il perfido<br />
sperava d’avere una rispettosa risposta almeno dal buon Enrico.<br />
A quella perorazione così sentita, il cavaliere del cigno si fece<br />
nuovamente u<strong>di</strong>re, <strong>di</strong>cendo: ”Persino al re ed a tutti i principi<br />
qui presenti devo tacere quanto da te richiesto, perfido, infatti<br />
sappi che tra tutti i presenti v’è una sola persona che può<br />
permettersi <strong>di</strong> rivolgermele, la mia adorata sposa Elsa….”. in<br />
quell’istante il misterioso cavaliere si voltò verso la promessa<br />
sposa e, vedendola, così fissa verso <strong>di</strong> lui, si bloccò<br />
imme<strong>di</strong>atamente e, avvicinandola, <strong>di</strong>sse: ”Mia signora, come<br />
mai state tremando in quel modo così tremendo che ci mette<br />
tutti quanti in estrema agitazione?”. Ormai tutti avevano nel<br />
proprio cuore quell’atroce dubbio che il misterioso cavaliere<br />
fosse un rappresentante delle forze del male, mentre il pala<strong>di</strong>no<br />
temeva che il maligno avesse invaso il cuore della propria<br />
361
sua purezza, dovresti esserne molto preoccupata e tremarne<br />
terribilmente”. In quel mentre i quattro trombettieri<br />
ricomparvero dalla casa delle donne e, con uno squillo <strong>di</strong><br />
trombe, annunciarono l’imme<strong>di</strong>ata presenza del re, il quale<br />
comparve imme<strong>di</strong>atamente sulla balconata, dalla quale era<br />
partito il corteo d’Elsa; assieme ad Enrico uscirono dalla casa<br />
anche il misterioso cavaliere con l’intiera scorta <strong>di</strong> sassoni che<br />
accompagnava il re. Subito Enrico s’accorse che stava<br />
accadendo qualcosa, anche perché Elsa era andata ad<br />
abbracciare fortemente il futuro sposo; la conferma dei sospetti<br />
vi fu imme<strong>di</strong>atamente per la subitanea comparsa <strong>di</strong> Friedrich<br />
davanti alla cattedrale, mentre i due cortei vi si stavano<br />
<strong>di</strong>rigendo.<br />
Imme<strong>di</strong>atamente Friedrich si rivolse a tutti i presenti e prese a<br />
<strong>di</strong>re: ”Signori e mie ottime dame qui presenti sappiate che<br />
costui che si proclama re dei sassoni e protettore dei brabantini<br />
non è da considerarsi assolutamente degno <strong>di</strong> fiducia,<br />
soprattutto perché da ascolto ad un misterioso cavaliere <strong>di</strong> cui<br />
non si sa niente ed è tuttora qui presente tra <strong>di</strong> noi, anzi al quale<br />
da anche la mano d’una duchessa brabantina qual è la nostra<br />
beneamata Elsa”. Subitamente il Telramund fu assalito dalle<br />
guar<strong>di</strong>e del re che lo volevano arrestare in ottemperanza<br />
all’e<strong>di</strong>tto, ma Friedrich, con supremo sforzo per farsi sentire, si<br />
rivolse al misterioso cavaliere e prese a <strong>di</strong>re: ”Io t’accuso<br />
d’incantesimo, nonostante il tuo fulgore presente, anzi farò <strong>di</strong><br />
più, pongo la domanda che tutti hanno evitato <strong>di</strong> fare per il<br />
<strong>di</strong>vieto miserabile d’uno sconosciuto. Orbene, davanti a tutta<br />
quest’onorevole corte, misterioso cavaliere, ti domando il<br />
nome, la con<strong>di</strong>zione, il rango e la provenienza della tua<br />
persona!”, a quelle parole la regia guar<strong>di</strong>a si ritrasse sbalor<strong>di</strong>ta,<br />
intenta ad ascoltare quanto il reietto aveva da <strong>di</strong>re, mentre tutti<br />
gli altri che avevano u<strong>di</strong>to, rimasero enormemente stupiti.<br />
Vedendosi così al centro <strong>di</strong> tanta stupefatta attenzione, il<br />
Telramund continuò <strong>di</strong>cendo: ”Costui non giunse al nostro<br />
360<br />
sorpresa <strong>di</strong> quanto mi stai chiedendo, ma prima dovrò<br />
richiedere ai soldati <strong>di</strong> verificare l’effettiva morte <strong>di</strong><br />
quell’uomo”, così Giuseppe ritornò al Golgota con una decuria<br />
<strong>di</strong> soldati (tra cui Longino); una volta arrivati sul luogo,<br />
Longino vibrò la propria lancia per verificare l’effettiva morte<br />
del Messia, ma dal costato uscì solamente del sangue misto ad<br />
acqua, ma per il resto non <strong>di</strong>ede altri segni <strong>di</strong> vita. A questa<br />
vista Giuseppe or<strong>di</strong>nò <strong>di</strong> deporre il corpo, secondo le<br />
<strong>di</strong>sposizioni del governatore, ma un gruppo <strong>di</strong> giudei<br />
s’interpose con queste parole: ”Non possiamo permetterti <strong>di</strong><br />
rendere attuabile quest’or<strong>di</strong>ne dei nostri occupanti, anche a<br />
costo <strong>di</strong> ammazzarvi tutti quanti, perché se quanto ha promesso<br />
costui, cioè <strong>di</strong> tornare in vita entro tre giorni, noi saremmo<br />
costretti a rimetterlo a morte, la qual evenienza sarebbe troppo<br />
il ripeterla anche per noi!”.<br />
Allora Giuseppe tornò dal governatore a riferire quanto<br />
accaduto, il quale rinforzò il contingente che doveva eseguire<br />
tal or<strong>di</strong>ne. Lungo la Strada Giuseppe si fermò da un fabbro che<br />
conosceva e si fece prestare il necessario per la deposizione e<br />
riprese, con tutti i soldati del seguito, la strada del Golgota.<br />
Giuntivi, per la seconda volta le guar<strong>di</strong>e giudaiche bloccarono<br />
il passaggio, <strong>di</strong>cendo: ”Non possiamo permetterci che i seguaci<br />
<strong>di</strong> costui ci possano gabbare in questo modo, anche se vi è<br />
l’or<strong>di</strong>ne perentorio del governatore degli o<strong>di</strong>ati romani”<br />
”È meglio che vi scansiate dal passaggio prima <strong>di</strong> provare voi<br />
stessi la durezza delle leggi dell’impero e possiate averne<br />
tar<strong>di</strong>vo pentimento”, a queste parole, i giudei <strong>di</strong>scesero da<br />
Pilato per chiedere il giusto nei confronti <strong>di</strong> Giuseppe, ma<br />
intanto quest’ultimo si era gia arrampicato sulla croce per porre<br />
in atto l’agognata deposizione. Deposto che fu Gesù dalla<br />
croce, lo lavarono completamente, raccogliendo il liquido<br />
uscito dalle piaghe nel calice dell’ultima cena, lo trattarono in<br />
modo da poterlo posare provvisoriamente in una tomba vuota<br />
scavata lì vicino, perché si avvicinava il Sabato ed era<br />
9
<strong>di</strong>ssacrante che un cadavere così rispettato da molti fosse<br />
visibile in tal giorno. Non avendo avuto sod<strong>di</strong>sfazione, i giudei<br />
si misero <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a alla tomba sia <strong>di</strong> giorno sia <strong>di</strong> notte per<br />
timore dei seguaci lo trafugassero; nel frattempo Giuseppe fece<br />
in tempo a tornare a casa.<br />
Mentre il drappello dei giudei se ne stava <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a alla<br />
tomba, Gesù <strong>di</strong>scese nella Geenna per portarsi ad<strong>di</strong>etro tutti i<br />
giusti ivi giunti e risuscitando a tempo debito, come promesso e<br />
<strong>di</strong>mostrando l’infondatezza dei sospetti dei giudei.<br />
Il mattino successivo alla restituzione, le guar<strong>di</strong>e alla tomba la<br />
trovarono completamente aperta ed il corpo assolutamente<br />
sparito, nonostante l’ininterrotta veglia lì davanti; allora,<br />
spaventatissimi, andarono al Sinedrio a riferire il tutto. Finito il<br />
rapporto, il Sinedrio fece in modo che la colpa della sparizione<br />
fosse imputata a tutti i <strong>di</strong>scepoli <strong>di</strong> Gesù in generale ed a<br />
Giuseppe d’Arimatea in particolare, perché era l’unico, assieme<br />
ad un certo Nicodemo, a conoscere esattamente il luogo <strong>di</strong><br />
sepoltura.<br />
Purtroppo per i giudei, Nicodemo fu informato<br />
preventivamente ed ebbe il tempo per fuggire; Giuseppe non fu<br />
altrettanto fortunato, perché fu imme<strong>di</strong>atamente arrestato ed<br />
interrogato, ma egli <strong>di</strong>sse: ”Di quel che mi accusate non vi so<br />
<strong>di</strong>re nulla, tranne che lo seppellii nelle vicinanze del Golgota e<br />
lo lasciai in custo<strong>di</strong>a delle guar<strong>di</strong>e giudaiche tre giorni fa. Da<br />
allora non so più niente”. Ma i giudei risposero: ”Tu ci stai<br />
prendendo in giro, sai benissimo dove hai nascosto il corpo del<br />
cosiddetto Messia, sei un gran bugiardo ed un tra<strong>di</strong>tore della<br />
nostra causa” ed iniziarono ad insultarlo; finiti gli insulti<br />
Giuseppe fu fustigato e gettato nelle segrete <strong>di</strong> una torre e<br />
muratovi dentro. Passò qualche tempo prima che Pilato si<br />
accorgesse della scomparsa del buon Giuseppe; venutolo a<br />
sapere se n’addolorò parecchio e <strong>di</strong>sse: ”Di quest’affronto alla<br />
legalità sia terrena sia <strong>di</strong>vina i giudei dovranno pagarla molto<br />
10<br />
gesticolare allegramente, per attirare su <strong>di</strong> loro l’attenzione<br />
della folla presente sulla piazza, finalmente <strong>di</strong>ssero: ”Create<br />
due ali attorno ad Elsa, la nostra signora, che intende <strong>di</strong>rigersi<br />
alla presenza <strong>di</strong> Nostro Signore nella cattedrale”<br />
Detto questo i quattro ragazzi si collocarono in mezzo ai<br />
nobili presenti, formando un vasto varco in <strong>di</strong>rezione della<br />
cattedrale, in modo da far passare un ricco corteo. Subito<br />
uscirono dalle stesse portefinestre altri quattro paggi che si<br />
<strong>di</strong>sposero sulla balconata come per accompagnare un solenne<br />
corteo muliebre, infatti il corteo <strong>di</strong> splen<strong>di</strong>de dame,<br />
meravigliosamente vestite, non si fece attendere e s’andarono a<br />
<strong>di</strong>sporre sui gra<strong>di</strong>ni della cattedrale, ultima tra le dame si fece<br />
vedere Elsa, che raggiunse le compagne sulla gra<strong>di</strong>nata della<br />
cattedrale, mentre tutti i nobili presenti si tolsero<br />
rispettosamente i cappelli e fecero ulteriormente spazio al<br />
corteo, rimanendo abbagliati dalla bellezza <strong>di</strong> quelle altere<br />
donne. Finalmente Elsa iniziò a salire i gra<strong>di</strong>ni davanti alla<br />
cattedrale, quando dalle ultime file del suo corteo, si fece avanti<br />
Ortrud, la quale s’era furtivamente intrufolata nonostante il<br />
bando, e prese a <strong>di</strong>re: ”Giammai sarò una tua serva, Elsa, sappi<br />
che non sopporterò oltre il fatto che tu m’abbia sopravanzato in<br />
quest’occasione, anzi d’ora in avanti dovrai piegarti umilmente<br />
anziché sia io a strisciare ai tuoi pie<strong>di</strong> come un verme schifoso;<br />
ti <strong>di</strong>rò un’altra cosa, Elsa, voglio ven<strong>di</strong>care il mio dolore ed<br />
avere quanto mi spetta dalla con<strong>di</strong>zione sociale a cui<br />
appartengo”<br />
Fortunatamente i paggi reagirono imme<strong>di</strong>atamente alla<br />
sorpresa ed allontanarono da Elsa la perfida reietta; nello stesso<br />
momento si fece avanti Elsa, che prese a <strong>di</strong>re: ”Perfida donna,<br />
cosa vuoi insinuare in un così fausto giorno? Vuoi riven<strong>di</strong>care<br />
quanto la <strong>di</strong>vina tenzone <strong>di</strong>ede torto al tuo snaturato marito? Eri<br />
tu questa mattina, poco prima dell’alba, che insinuasti il dubbio<br />
sul santo cavaliere che Dio mi ha destinato come sposo, quin<strong>di</strong><br />
sappi che se non osi domandargli conferma del tuo dubbio sulla<br />
359
trombettieri si fecero sentire, allora l’araldo riprese la lettura<br />
dell’e<strong>di</strong>tto, <strong>di</strong>cendo: ”Sappiate inoltre che la corona del<br />
Brabante sarà conferita allo straniero mandato da Dio, su or<strong>di</strong>ne<br />
preciso d’Enrico, e che il nuovo signore non vuole essere<br />
chiamato duca, ma protettore del Brabante ed andrà in isposo<br />
alla bell’Elsa, che lo ha gia bramato come tale”.<br />
Imme<strong>di</strong>atamente, tra i presenti, si levarono gioiose<br />
esclamazioni, ma i trombettieri si fecero u<strong>di</strong>re nuovamente e<br />
l’araldo prese a <strong>di</strong>re, per la terza volta: ”Sappiate tutti che il re<br />
ha deciso <strong>di</strong> far celebrare nella giornata <strong>di</strong> oggi le ducali nozze,<br />
perché è suo desiderio ricreare l’adunanza per la mattinata <strong>di</strong><br />
domani e partire contro il comune nemico sotto la sua spada”,<br />
finito che ebbe <strong>di</strong> proclamare l’e<strong>di</strong>tto, l’araldo si ritirò assieme<br />
ai trombettieri, mentre il popolo esultava enormemente per le<br />
notizie veramente gau<strong>di</strong>ose.<br />
In tutto quel tripu<strong>di</strong>o, però, quattro nobiluomini non stavano<br />
per niente godendo per quelle notizie appena ricevute, infatti<br />
temevano <strong>di</strong> dover essere costretti a partecipare ad una guerra<br />
che non sentivano propria, anzi non avevano assolutamente<br />
gra<strong>di</strong>to il così poco tempo datogli dal re per preparare i propri<br />
reggimenti. In quel preciso istante, per loro fortuna, uscì dalla<br />
cattedrale proprio Friedrich con il berretto profondamente<br />
calato sulla fronte, facendosi riconoscere solamente quando fu<br />
loro molto vicino, scoprendosi il capo e <strong>di</strong>cendo: ”Ben ascoltai<br />
il bando che Enrico mi ha messo sulla testa, ma ho intenzione<br />
d’accusarlo d’aver tratto in inganno Dio e <strong>di</strong>scre<strong>di</strong>tarlo agli<br />
occhi <strong>di</strong> tutti i presenti per aver proclamato così presto una<br />
guerra cosi ingiusta”, ma i quattro nobili <strong>di</strong>ssidenti furono presi<br />
dalla paura e spinsero il Telramund verso la cattedrale con la<br />
speranza che non fosse visto. Nel frattempo uno <strong>di</strong> loro gli<br />
<strong>di</strong>sse: ”Che vai <strong>di</strong>cendo, Friedrich, se il popolo ti vede o ti sente<br />
a <strong>di</strong>re quanto hai appena <strong>di</strong>chiarato, saresti completamente<br />
perso per la nostra causa. Intanto dal balcone che dava sulle<br />
stanze d’Elsa, fu invaso da quattro paggi che iniziarono a<br />
358<br />
cara, ma per ora conviene starsene buoni, perché non so dove il<br />
poveraccio sia stato portato da quelle serpi infide”<br />
Nel frattempo, nel sotterraneo, Giuseppe ricevette una visita<br />
molto inaspettata, infatti, Gesù apparve nella cella,<br />
ricolmandolo <strong>di</strong> Spirito Santo, subito dopo Gesù iniziò a <strong>di</strong>re:<br />
”Quanto mi hai visto subire doveva accadere per poter<br />
annullare il peccato originale che Adamo ed Eva fecero nel<br />
giar<strong>di</strong>no dell’Eden”<br />
”Ma siete proprio quel Gesù che vi<strong>di</strong> morire così<br />
ignimiosamente pochi giorni fa sulla croce e <strong>di</strong> cui ho sentito<br />
parlare come risorto?”<br />
”Fui proprio io quella persona a cui fai riferimento, vedo che<br />
sei alquanto perplesso a queste mie ultime parole, guarda le mie<br />
mani ed i pie<strong>di</strong>, metti le tue <strong>di</strong>ta nel costato e vedrai quanto sia<br />
vero quanto tu stai vedendo, ora fedele Giuseppe t’impongo<br />
d’inchinarti al mio cospetto perché ti devo consegnare una cosa<br />
d’immenso valore”. Giuseppe ubbidì all’imposizione fattagli e,<br />
quando alzò la testa da terra, si trovò nella cella il Sacro Calice,<br />
allora il Risorto che lo vide stupito, gli <strong>di</strong>sse: ”Questa reliquia<br />
della mia ultima cena terrestre sarà custo<strong>di</strong>ta da te e dai tuoi<br />
<strong>di</strong>scenderti per sempre come oggetto veramente sacro; non<br />
preoccuparti, Giuseppe, anche tu sarai ricordato in sempiterno<br />
per <strong>di</strong>versi motivi, perché grazie a te fui deposto dalla croce e<br />
per questo motivo avrai la bene<strong>di</strong>zione delle generazioni future<br />
dei miei <strong>di</strong>scepoli. Inoltre ci sono alcune cose che dovranno<br />
tenere conto da ora in avanti: I il lenzuolo con cui mi hai<br />
coperto nella sepoltura sostituirà il pettorale del sacerdote<br />
ebraico; II il Graal, che è la coppa consegnatati, sarà il calice<br />
eucaristico. III la pietra che sigillò il mio sepolcro sarà la<br />
patena eucaristica, in sostituzione del pane azzimo della Pasqua<br />
ebraica”<br />
A questo punto il Messia fece una pausa per dare il modo a<br />
Giuseppe <strong>di</strong> assimilare quanto dettogli fino a quel momento,<br />
quin<strong>di</strong> riprese a <strong>di</strong>re: ”Presti attenzione a tenere tutto quanto<br />
11
ene a mente, anche quanto sto per <strong>di</strong>rti, perché quanti<br />
vedranno la Sacra Coppa saranno redenti e ti ricorderanno<br />
come persona gra<strong>di</strong>ta a Dio, come del resto tutti quelli che<br />
udranno quanto gli insegni tenendo tutto a mente; costoro,<br />
inoltre non potranno subire conseguenze dalle azioni umane”.<br />
Qui il Cristo fece un’altra pausa, poi continuò <strong>di</strong>cendo: ”Per<br />
quanto riguarda lo avvicinarti al Graal, dovrai ricordarti delle<br />
tre virtù car<strong>di</strong>nali, confida nella Santissima Vergine Madre e<br />
mantieni libero il tuo orecchio alle <strong>di</strong>sposizioni dello Spirito<br />
Santo”, finito <strong>di</strong> <strong>di</strong>re ciò, l’Agnello <strong>di</strong> Dio prese congedo,<br />
tornandosene alla propria <strong>di</strong>mora. Al che Giuseppe prese a <strong>di</strong>re<br />
il seguente inno <strong>di</strong> ringraziamento:<br />
Ti ringrazio, mio Signore, per il grande<br />
Dono che Tu mi hai mandato con la grazia<br />
Tu, Sommo Rappresentante del Padre<br />
Tuo e Nostro su questa martoriata e trista terra.<br />
Anche se pesante, accetto volentieri il dono<br />
Che il mio Signore mi ha dato<br />
Sottoforma <strong>di</strong> questo Santo Calice arrivato<br />
Nelle mie mani in sogno.<br />
Quanto è ricco questo Santo Calice,<br />
Com’è chiamato questo dono,<br />
Così sacro e prezioso che piace<br />
In questo modo molto buono.<br />
Negli stessi giorni, a Roma il figlio dell’imperatore si era<br />
gravemente ammalato <strong>di</strong> lebbra; contemporaneamente un<br />
pellegrino che aveva conosciuto il Messia e n’aveva visto i<br />
miracoli, era ospite nella stessa città presso un amico e,<br />
venutolo a sapere, si rivolse al suo anfitrione, <strong>di</strong>cendogli: ”Caro<br />
amico, ho sentito che l’imperiale figlio è gravemente malato,<br />
forse io posso fare in modo che egli possa essere guarito”<br />
”Come puoi sperare <strong>di</strong> farlo guarire, se è affetto da lebbra e<br />
nessun me<strong>di</strong>co della capitale riesce nemmeno ad avvicinarsi<br />
12<br />
giornata che si sta andando a creare, devi far in modo che chi ti<br />
vuole in isposa, riveli a te la propria ignobile identità, assieme<br />
alla sua vera provenienza, che sospetto veramente infamante”,<br />
al che la povera Elsa fermò il proprio canto, pensando a<br />
qualche scherzo della propria mente eccitata da quanto stava<br />
per accadere in quella giornata.<br />
Finite che furono quelle parole, Elsa non ci pensò nemmeno<br />
due volte e rientrò nelle proprie stanze con la ferma intenzione<br />
<strong>di</strong> seguire il consiglio <strong>di</strong> quella voce che non aveva ancora<br />
riconosciuto; nel frattempo Ortrud ritornò dal marito, il quale le<br />
<strong>di</strong>sse: ”Mia cara moglie, non potevi trovare un espe<strong>di</strong>ente<br />
migliore per convincere quella povera ingenua della nullità che<br />
stava per fare a nostro danno e sfavore”. In quel preciso<br />
momento il cielo iniziò a biancheggiare nel crepuscolo del<br />
mattutino che precedeva l’alba, subito dalle torri s’iniziò a<br />
suonare la sveglia per tutta città, allora Friedrich si rivolse alla<br />
moglie <strong>di</strong>cendogli, sottovoce: ”Mia signora, è giunto il<br />
momento <strong>di</strong> non rischiare più oltre e <strong>di</strong> rintanarci all’interno<br />
della cattedrale alle nostre spalle, prima che qualcuno ci<br />
riconosca e ci condanni come gli esseri più ignobili che questo<br />
mondo possa aver concepito”, imme<strong>di</strong>atamente i due coniugi si<br />
ritirarono nella cattedrale, giusto in tempo perché le guar<strong>di</strong>e<br />
della torre più vicina comparvero nella piazza e n’aprirono le<br />
porte per far entrare tutta la popolazione.<br />
Negli stessi istanti, dal palazzo del re, ne uscì un araldo,<br />
preceduto da quattro trombettieri, ed iniziò a <strong>di</strong>re, dopo che la<br />
popolazione l’ebbe notato: ”Tutti quanti sappiano il volere del<br />
nostro amatissimo re Enrico; Friedrich von Telramund e sua<br />
moglie Ortrud sono ban<strong>di</strong>ti dal nostro cristianissimo regno, la<br />
stessa fine faranno tutti coloro che in qualunque modo daranno<br />
loro aiuto o ricetto, financo unirsi a quei due eretici sarà<br />
passabile per l’esilio. Questo perché i signori von Telramund<br />
sono rei d’aver tentato con slealtà il giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> Dio”. Subito<br />
tutti i presenti male<strong>di</strong>rono la perfida coppia, finché i<br />
357
mostrasse alla svelta e cedesse imme<strong>di</strong>atamente ai loro assalti<br />
più nascosti. Ortrud e Friedrich s’erano appena accoccolati su<br />
<strong>di</strong> uno dei gra<strong>di</strong>ni della cattedrale, che una finestra dl palazzo<br />
delle donne, affacciata su <strong>di</strong> una gran balconata, s’aprì ed<br />
apparì una figura femminile completamente vestita <strong>di</strong> bianco e<br />
che sul momento non si riusciva a capire chi fosse. La<br />
misteriosa apparizione femminile s’avanzò sulla terrazza ed<br />
appoggiò il mento su d’una mano che aveva posato<br />
negligentemente sul parapetto e si mise a contemplare<br />
svogliatamente la notte che stava cedendo il posto ad una<br />
pallida alba primereggia. A quella fugace visione, Ortrud e<br />
Friedrich ebbero un sussulto perché avevano riconosciuto la<br />
dama al chiarore della luna piena; infatti quella dolce<br />
apparizione era Elsa <strong>di</strong> Brabante che stava pensando alla<br />
giornata che stava per vivere, partendo dallo spuntar del sole,<br />
durante l’attesa dell’alba, Elsa iniziò a cantare la seguente,<br />
tristissima canzone d’amore:<br />
Vedendo Elsa così pensosa, Friedrich la in<strong>di</strong>cò alla moglie,<br />
iniziando a <strong>di</strong>re: ”Ecco la vittima che si stava pensando ed oggi<br />
è il momento giusto per insinuargli il dubbio fatale, dato che<br />
non è mai successo che una persona sposasse alcuno senza che<br />
ne conosca almeno l’identità ed il paese d’origine; passi invece<br />
le ren<strong>di</strong>te che possono avere, anche se questa voce potrebbe<br />
essere altrettanto importante per un’imene d’alto rango come<br />
dovrebbe essere quello d’oggi”. Fu così che Ortrud si fece sotto<br />
il balcone dove stava Elsa e, dopo averci pensato alcuni minuti,<br />
decise momentaneamente <strong>di</strong> non farsi vedere, ma volle far<br />
sentire lo stesso la propria voce, dando l’impressione <strong>di</strong><br />
provenire dall’oltretomba. Subito Elsa sentì una misteriosa<br />
voce che gli <strong>di</strong>sse: ”Dolce dama, sii <strong>di</strong> conforto nei confronti <strong>di</strong><br />
due derelitti che stanno languendo ingiustamente per colpa d’un<br />
misterioso cavaliere che ti vuole sposare seppur rifiutandosi<br />
ostinarsi <strong>di</strong> rivelarti la propria identità e la provenienza della<br />
propria famiglia. Ma se vuoi far felici i suddetti reietti, entro la<br />
356<br />
tanto è ripugnante l’aspetto e lo olezzo e non si può<br />
<strong>di</strong>agnosticare nessuna cura!”<br />
”Devi sapere che durante i miei viaggi nel paese dei giudei, ho<br />
incontrato una persona chiamata Gesù che riusciva a guarire<br />
semplicemente guardando a <strong>di</strong>stanza il sofferente che credeva<br />
in lui, se vuoi puoi parlare con l’imperatore”, così il nobiluomo<br />
si fece ricevere a palazzo e raccontò tutto nei minimi particolari<br />
quanto aveva appena appreso. Al che l’imperatore <strong>di</strong>sse:<br />
”Quanto mi racconti è veramente incre<strong>di</strong>bile, devo ascoltare <strong>di</strong><br />
persona quanto racconta costui, conducetemelo immantinente a<br />
corte, cosicché possa raccontarmi tutto nei minimi particolari<br />
egli stesso”. Finalmente il viaggiatore fu ricevuto<br />
dall’imperatore in persona e gli raccontò tutto quello che<br />
sapeva, compresi gli ultimi avvenimenti del giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> Pilato e<br />
della crocifissione; finito che fu il racconto, l’imperatore,<br />
visibilmente sorpreso, <strong>di</strong>sse: ”Quanto mi hai appena raccontato<br />
è veramente sbalor<strong>di</strong>tivo e doloroso, soprattutto conoscendo il<br />
governatore come persona retta e giusta, l’unica cosa che posso<br />
fare in tal frangente è spe<strong>di</strong>re in Giudea una commissione per<br />
controllare il vero lavoro <strong>di</strong> Pilato, se effettivamente egli non<br />
operò nei mo<strong>di</strong> prescritti, rischia ad<strong>di</strong>rittura la morte per<br />
decapitazione”<br />
”Se vuoi una garanzia su quanto ho detto, trattienimi alla tua<br />
presenza finché non si sia appurata la verità e se ho mentito<br />
sono pronto a prendere il posto del governatore Pilato sul<br />
patibolo” e con quest’offerta, l’imperatore mandò la<br />
commissione senatoriale in giudea ad indagare. Nel frattempo<br />
Vespasiano, il figlio dell’imperatore, venne a sapere quanto era<br />
stato riferito al padre e se ne rallegrò con queste parole: ”Che<br />
sia la volta buona che qualcuno riesca a guarirmi da questa<br />
fasti<strong>di</strong>osa e terribile malattia della quale vorrei volentieri farne<br />
a meno?” e nel <strong>di</strong>re questo, senza accorgersene, il giovane<br />
principe ebbe un principio <strong>di</strong> guarigione.<br />
13
Poche ore dopo il miglioramento <strong>di</strong> Vespasiano, la<br />
commissione s’imbarcò ad Ostia, <strong>di</strong>retti a Biblos, ove giunsero<br />
in breve tempo, grazie anche ai venti favorevoli; come furono<br />
sbarcati, mandarono un araldo a Pilato con il seguente<br />
messaggio: ”L’augusto imperatore <strong>di</strong> Roma manda noi della<br />
commissione senatoria ad indagare degli ultimi avvenimenti<br />
che ti vedono <strong>di</strong>rettamente coinvolto, Ponzio Pilato, come<br />
governatore della Giudea, quin<strong>di</strong> ti si chiede <strong>di</strong> metterti a<br />
<strong>di</strong>sposizione per tutti i chiarimenti necessari per un equo<br />
giu<strong>di</strong>zio della commissione stessa, sappi in ogni caso che i<br />
membri della commissione stessa sono assolutamente stupiti<br />
delle gravi accuse <strong>di</strong> cui hanno sentito, le quali ci rendono<br />
enormemente arrabbiati nei tuoi confronti”, ascoltato l’araldo,<br />
Pilato organizzò imme<strong>di</strong>atamente una scorta per condurlo<br />
incontro alla commissione, raggiungendola ad Arimatea.<br />
Incontrandosi nel foro locale, ove la commissione consegnò le<br />
credenziali al governatore, raccontarono quanto si sapeva della<br />
storia del Messia a Roma; finito il racconto dei senatori, Pilato<br />
<strong>di</strong>sse: ”Come prima cosa, vi accolgo col dovuto rispetto nelle<br />
terre che amministro in nome <strong>di</strong> Roma e dell’imperatore.<br />
Ammetto imme<strong>di</strong>atamente quanto giunto alle orecchie dei miei<br />
colleghi del senato e dell’imperatore”<br />
L’ammissione <strong>di</strong> Pilato ammutolì la commissione, il cui capo<br />
<strong>di</strong>sse: ”Governatore, sai cosa significa la tua ammissione sulle<br />
voci che ti vedono coinvolto?”. Pilato annuì lentamente e <strong>di</strong>sse:<br />
”Sono consapevole che la mia ammissione mi può esporre al<br />
rischio <strong>di</strong> essere condannato a morte”<br />
”Effettivamente quanto ci hai appena detto ci lascia veramente<br />
sconvolti e <strong>di</strong>ci giusto al rischio della tua decapitazione”.<br />
Subito Pilato prese in mano la situazione e condusse la<br />
delegazione in una stanza appartata, lasciando all’uscio due<br />
guar<strong>di</strong>e per garantire la segretezza dell’incontro; come furono<br />
sicuri d’essere tranquilli, Pilato raccontò la propria versione dei<br />
fatti, poi <strong>di</strong>sse: ”Dopo che il Messia è spirato, autorizzai<br />
14<br />
rimanermene incatenata in questo posto, in modo da poter<br />
cambiare la nostra sventura in gioia e portare la più mesta<br />
tristezza al cospetto dei nostri o<strong>di</strong>ati nemici che in questo<br />
preciso istante stanno godendo così grandemente in quel<br />
maledetto palazzo illuminato la in fondo alla piazza”<br />
Subito Friedrich gli si parò davanti e prese a <strong>di</strong>rgli: ”Moglie<br />
crudele, non sai quanto male mi stia facendo questa tua apatia<br />
nei confronti della situazione che stiamo subendo e che ci ha<br />
ban<strong>di</strong>to dalle posizioni che contano, dopo che al tramonto <strong>di</strong><br />
ieri fui battuto da quel misterioso cavaliere, che ha imposto a<br />
tutti quanti <strong>di</strong> non domandargli nulla sul suo nome e delle<br />
origini proprie, sarebbe quella la giustizia pre<strong>di</strong>cata da quella<br />
religione fasulla chiamata cristianesimo?”. Ortrud lo guardò per<br />
un attimo totalmente allibita per quella rivelazione che gli<br />
aveva appena fatto; come si fu ripresa, si rivolse a Friedrich e<br />
prese a <strong>di</strong>re: ”Per Wotan e Fricka e tutti gli antichi dei della<br />
nostra ormai estinta religione, buon marito, mi hai appena dato<br />
lo spunto per una meravigliosa vendetta nei confronti <strong>di</strong> tutti<br />
coloro che o<strong>di</strong>amo, soprattutto rivolta a quel misterioso<br />
cavaliere che c’è venuto a sovvertire tutti i piani per prendere il<br />
potere in queste terre! Dobbiamo fare in modo d’insinuare in<br />
quella giovane sgualdrina che è Elsa <strong>di</strong> Brabante che colui che<br />
essa ama è frutto della più turpe e depravata magia nera, giunto<br />
in questi luoghi per poterla rapire a suo piacimento, a meno che<br />
quel cavaliere infingardo non voglia rivelare nome ed origine”<br />
Friedrich sussultò momentaneamente per la lampante<br />
semplicità <strong>di</strong> quel piano perfetto che non gli restò altro da fare<br />
se non complimentarsi con sua moglie per averlo escogitato in<br />
così poco tempo. Subito i due conti iniziarono ad aspettare con<br />
pazienza il momento più opportuno per mettere in atto quanto<br />
avevano progettato in quel preciso momento, fingendosi<br />
men<strong>di</strong>canti che tentavano <strong>di</strong> riposarsi all’ombra del sacro<br />
e<strong>di</strong>ficio, ma in realtà stavano scrutando il palazzo delle donne,<br />
dall’altro lato della piazza, con la speranza che Elsa si<br />
355
stava delirando dallo scorno, <strong>di</strong>cendo: ”L’Onnipotente mi ha<br />
battuto ed a causa sua m’è stata privata la vittoria e <strong>di</strong>spero<br />
nella salvezza, vedo perduti la mia terra e l’onore che avevo<br />
fino ad ora”, ed imme<strong>di</strong>atamente svenne tra le braccia della<br />
moglie. Negli stessi istanti i soldati brabantini foderarono due<br />
scu<strong>di</strong> dei propri mantelli e vi fecero salire Elsa ed il cavaliere,<br />
portandoli in trionfo nella vicina fortezza d’Anversa, seguiti<br />
imme<strong>di</strong>atamente da Enrico e dal resto della corte e<br />
dall’esercito, cantando la seguente canzone militare:<br />
Onore al misterioso cavaliere<br />
Che trainato dal cigno qui giunse;<br />
Il perfido Telramund vinse<br />
Dopo breve battaglia.<br />
La bella Elena liberò,<br />
Conquistando il cuore suo<br />
Un solo pegno egli chiese:<br />
Il suo nome rimanga ignoto.<br />
Il perfido sconfitto rimane a terra<br />
Mentre i due giovani al tempio giungono<br />
Un Te Deum alzando <strong>di</strong> ringraziamento<br />
Eterno amore nuziale giurando.<br />
Capitolo 68<br />
Quella stessa notte i conti <strong>di</strong> Telramund si ritrovarono sul<br />
sagrato della cattedrale d’Anversa, che si trovava all’interno<br />
della rocca e nelle imme<strong>di</strong>ate vicinanze del palazzo del re; dopo<br />
qualche tempo che i due furono arrivati, Friedrich si sollevò<br />
rapidamente dalla sua posizione vicino al portale e, scorgendo<br />
la moglie sugli scalini, iniziò a <strong>di</strong>re: ”Avvicinati, mia<br />
compagna <strong>di</strong> sventura, dato che è giunto il giorno e non<br />
possiamo mostrarci in questi luoghi, quando il sole sarà<br />
completamente alzato”, ma Ortrud non si mosse dalla sua<br />
posizione rannicchiata presso gli scalini. Qualche istante dopo,<br />
la perfida contessa alzò la testa e, senza cambiare oltre la<br />
propria posizione, prese a <strong>di</strong>re: ”La vendetta m’impone <strong>di</strong><br />
354<br />
Giuseppe d’Arimatea a deporlo in un sepolcro, ma da allora<br />
non so niente né del Cristo né <strong>di</strong> questo Giuseppe”. A queste<br />
novità, la commissione iniziò ad agitarsi visibilmente e Pilato<br />
riprese la parola e suggerì: ”Se volete avere nuove informazioni<br />
su Giuseppe vi consiglio <strong>di</strong> chiedere in giro per la città se<br />
qualcuno può essere utile. Intanto io agirò su due fronti: prima<br />
informerò tutta la popolazione sul volere imperiale e poi vedrò<br />
<strong>di</strong> scovare qualche reliquia del Nazzareno, anche se sarà molto<br />
<strong>di</strong>fficoltoso trovarne”<br />
Quanto l’intiera popolazione giu<strong>di</strong>ca si era radunata nella città<br />
ed iniziarono tutti quanti a testimoniare sull’accaduto,<br />
descrivendo il governatore come un criminale, con colpe<br />
<strong>di</strong>scordanti, a tal punto da farlo passare nella giusta luce, anzi<br />
una persona <strong>di</strong>sse: ”Durante il calvario <strong>di</strong> quel Sant’Uomo fu<br />
avvicinato da una donna nomata Veronica che gli deterse il<br />
volto con un panno novissimo e can<strong>di</strong>do, sul quale subito<br />
rimase impresso il volto del Salvatore”, a queste parole, la<br />
<strong>di</strong>retta interessata si fece avanti tutta tremante dalla paura che<br />
gli facessero fare la stessa fine del suo Signore. Pilato,<br />
accorgendosi del suo stato d’animo, gli si fece appresso e,<br />
trattala educatamente da parte, gli <strong>di</strong>sse: ”Non preoccuparti,<br />
Veronica, questa gente non è qui per giu<strong>di</strong>carti e mandarti a<br />
morte com’è successo al tuo Messia, ma sappi che stanno<br />
cercando una Sua reliquia da portare a Roma, al capezzale del<br />
figlio dell’imperatore, gravemente ammalato; sappiamo che tu<br />
ne possie<strong>di</strong> una molto preziosa!”<br />
La Veronica trovò queste parole alquanto sospette e <strong>di</strong>sse:<br />
”Sono sicura della buona fede <strong>di</strong> questa gente, ma chi mi<br />
garantisce che quanto sia stato detto sia stato tutto menzognero,<br />
fin da chi ha or<strong>di</strong>nato questa faccenda alla capitale dell’impero?<br />
Scusatemi, ma dopo quanto ho visto <strong>di</strong> recente in<br />
Gerusalemme, mi vedo costretta a dubitare <strong>di</strong> quanto è detto da<br />
chi è straniero della Giudea”. La commissione, a questi<br />
ragionamenti, iniziò a guardarsi in modo interrogativo, finché il<br />
15
capo della missione si fece avanti e <strong>di</strong>sse: ”Ve<strong>di</strong>, Veronica, io<br />
stesso ho fatto visita al figlio dell’imperatore e ti assicuro che<br />
non è uno spettacolo bello a guardarsi, inoltre il marciume<br />
prodotto dalla malattia lo rende inavvicinabile dal gran puzzo; e<br />
pensare che prima <strong>di</strong> tutto ciò era considerato un ragazzo <strong>di</strong><br />
splen<strong>di</strong>do aspetto”<br />
Veronica, sentendo questi <strong>di</strong>scorsi, fu sinceramente<br />
impietosita dello stato del giovane principe e, cambiando idea,<br />
<strong>di</strong>sse: ”Se è per un’opera <strong>di</strong> bene posso permettermi <strong>di</strong> andare a<br />
casa a prenderla, in modo che tutti possano vederla e giu<strong>di</strong>care<br />
se vi può essere utile al vostro nobile fine!”<br />
”Non <strong>di</strong>sturbarti più del dovuto, Veronica, siamo <strong>di</strong>sposti a<br />
sborsare qualunque cifra tu chieda per ottenere la reliquia in tuo<br />
possesso, in modo che in seguito possiamo conservarla come si<br />
deve”<br />
Veronica, enormemente sdegnata, <strong>di</strong>sse: ”La mia effigie non<br />
ha prezzo ed in ogni caso non ho intenzione <strong>di</strong> venderla, quin<strong>di</strong><br />
se la Sacra Immagine va a Roma, ve la porto io, altrimenti resta<br />
qui in Giudea”, allora la commissione vide la propria missione<br />
giunta al termine col più gran successo in entrambe le questioni<br />
perciò era stata creata; intanto Veronica fu accompagnata a casa<br />
sua per prelevare quanto gli era stato richiesto. Ritornata che fu,<br />
Veronica mostrò l’effigie e tutti i presenti si sentirono costretti<br />
ad alzarsi, allora il capo della missione <strong>di</strong>sse: ”Cara Veronica,<br />
come riuscisti ad impossessarti <strong>di</strong> tale reliquia?”<br />
”Il giorno che il mio Signore Gesù Cristo fu condotto a morte,<br />
io ero appena andata da un tessitore in quelle vicinanze a<br />
ritirare un sudario che gli avevo or<strong>di</strong>nato, quando Lo vi<strong>di</strong><br />
passare tutto sporco <strong>di</strong> sangue e sudato, cadere e rialzarsi<br />
imme<strong>di</strong>atamente, quin<strong>di</strong> mi avvicinai a ripulirgli il volto con<br />
quel panno; solo a casa mi accorsi che vi era rimasta impressa<br />
l’immagine del suo volto e da allora la venero assieme ai suoi<br />
<strong>di</strong>scepoli ed alla Santissima Vergine, Sua Madre, come<br />
reliquia”. Finito il racconto della Veronica, i senatori si<br />
16<br />
come il re ebbe pronunciato quelle parole, le dame, assieme ad<br />
Elsa, si spostarono sotto la vicina quercia, circondando il re,<br />
mentre i soldati snudarono le spade e crearono un vasto circolo.<br />
Subito sei testimoni si misero ben in vista, conficcando le<br />
proprie lance nel terreno, in quel preciso istante s’u<strong>di</strong>rono tre<br />
gran<strong>di</strong>osi colpi, picchiati sugli scu<strong>di</strong> dei presenti ed il<br />
combattimento ebbe inizio. U<strong>di</strong>to che fu il primo colpo,<br />
Friedrich ed il cavaliere si presentarono sul campo lasciato<br />
libero dai presenti, al secondo misero in posizione <strong>di</strong>fensiva i<br />
relativi scu<strong>di</strong> e sfoderarono le spade. Picchiato che fu il terzo<br />
colpo, i due contendenti iniziarono a duellare ed il misterioso<br />
cavaliere fu il primo a condurre il duello, vibrando un violento<br />
colpo che stese a terra Friedrich, il quale tentò <strong>di</strong> rialzarsi, ma<br />
fatti alcuni passi, crollò definitivamente a terra, a quel punto fu<br />
<strong>di</strong>chiarato finito il duello a favore del misterioso cavaliere.<br />
Imme<strong>di</strong>atamente i soldati rifoderarono le proprie spade,<br />
mentre i testimoni recuperavano le lance, quin<strong>di</strong> tutti quanti<br />
iniziarono a festeggiare il vincitore, mentre Elsa, piena <strong>di</strong> gioia,<br />
<strong>di</strong>sse: ”Sommo vincitore per il mio onore, giorno mi desti<br />
d’enorme gioia ed in tal dì posso chiamarmi tua sposa per la<br />
vita, mantenendo la promessa che voi mi chiedeste <strong>di</strong><br />
mantenere segreta la vostra identità e provenienza” e presa<br />
dalla gioia più estrema lo strinse al proprio petto. Il misterioso<br />
cavaliere si riprese dalla fatica del seppur breve duello e,<br />
scostando Elsa dalla propria persona, <strong>di</strong>sse: ”Mia signora, se ho<br />
vinto lo devo solamente alla vostra purezza, inoltre quanto<br />
soffriste per quei due perfi<strong>di</strong> deve essere ampiamente<br />
ripagato!”<br />
In mezzo a tanto giubilo, ci fu anche chi non festeggiava,<br />
infatti Ortrud fissò il proprio sguardo sul misterioso cavaliere e<br />
prese a <strong>di</strong>re: ”Chi sarà mai costui che osò battere il più forte<br />
cavaliere <strong>di</strong> queste contrade, nonché mio marito? Sarò io così<br />
inerme e tremante a causa sua? Se reagissi così sarei veramente<br />
perduta”. Subito la perfida andò a soccorrere il marito, il quale<br />
353
senti d’essere <strong>di</strong>fesa da me senza alcuna pena?”. A quelle<br />
parole, Elsa si riscosse dal torpore che l’aveva invasa all’arrivo<br />
del cavaliere, quin<strong>di</strong> prese a <strong>di</strong>re, cadendogli ai pie<strong>di</strong> con<br />
enorme amore: ”Mio signore e <strong>di</strong>fensore, ora puoi portarmi via<br />
con te, perché ti dono quanto ho <strong>di</strong> più prezioso abbia <strong>di</strong> mio”.<br />
Subito il cavaliere l’alzò e, con enorme calore, prese a <strong>di</strong>re: ”Da<br />
quel che mi stai <strong>di</strong>cendo, in caso <strong>di</strong> vittoria in questa tenzone, ti<br />
consideri mia sposa?”<br />
Elsa rimase momentaneamente senza parole, guardando negli<br />
occhi il cavaliere, poi molto lentamente scosse il capo,<br />
<strong>di</strong>chiarandosi, in tal modo, decisa a sposarlo in caso <strong>di</strong> vittoria.<br />
Il cavaliere, allora, s’accostò ulteriormente a lei e <strong>di</strong>sse: ”Se la<br />
fortuna volesse che <strong>di</strong>venti tuo sposo, Elsa, devi giurarmi una<br />
cosa, <strong>di</strong> fidarti sempre ciecamente <strong>di</strong> me e non chiedermi<br />
assolutamente mai il nome che porto, altrimenti sarò costretto a<br />
ripartire senza mostrarmi mai più ai tuoi occhi”, la poverina<br />
non poté fare a meno <strong>di</strong> giurare, perché s’era perdutamente<br />
innamorata del misterioso pala<strong>di</strong>no. Durante quel <strong>di</strong>alogo,<br />
Friedrich si fece avanti, in mezzo alla folla dei cortigiani, ed<br />
iniziò a <strong>di</strong>re, con un sorriso molto fellone: ”Così voi, signore, vi<br />
siete imbarcato in un lungo viaggio, solamente per andare a<br />
caccia <strong>di</strong> pulzelle e farle vostre spose, dopo averle salvate da<br />
qualche pericolo. Sappiate, messere, che sono pronto fin da ora<br />
per iniziare la singolar tenzone per la colpevolezza <strong>di</strong> costei”<br />
”Ebbene, conte, sappiate che sono pronto anch’io per battermi<br />
con voi, per l’onore <strong>di</strong> quella damigella che sono venuto fin qui<br />
a proteggere; quella fanciulla che voi e vostra moglie state<br />
vituperando così gravemente davanti ad una corte enormemente<br />
onorata con un’accusa così infamante”<br />
Sentendo quelle parole, re Enrico s’avvicinò ai due<br />
contendenti e, facendosi sentire da tutti i presenti, prese a <strong>di</strong>re:<br />
"Visto che siete entrambi convinti a battervi, preparatevi,<br />
perché dopo che avrò battuto per tre volte sul mio scudo,<br />
inizierete a duellare, finché uno dei due si <strong>di</strong>chiarerà vinto”,<br />
352<br />
consultarono brevemente, quin<strong>di</strong> il loro capo si fece avanti,<br />
<strong>di</strong>cendo: ”Molto bene Veronica, considera sod<strong>di</strong>sfatte le tue<br />
richieste, va a preparare le tue cose, che come sarai pronta si<br />
partirà imme<strong>di</strong>atamente per Roma, sperando <strong>di</strong> non arrivare<br />
tar<strong>di</strong> a salvare il principe ere<strong>di</strong>tario”<br />
L’imperatore fu imme<strong>di</strong>atamente informato sugli insospettati<br />
risultati della missione e del ritorno della commissione in<br />
patria; a queste notizie esclamò: ”Ormai non possiamo far altro<br />
che aspettare l’attracco della nave e l’arrivo dei messi a Roma<br />
con tutto quello che hanno raccolto e portato, anche se è<br />
confermata la versione del pellegrino, il quale può essere<br />
imme<strong>di</strong>atamente scarcerato”. Arrivata che fu la commissione a<br />
Roma, il capo della stessa prese la parola in senato <strong>di</strong>cendo:<br />
”Le voci che u<strong>di</strong>mmo qua a Roma sono tutte confermate, anche<br />
se il governatore Pilato è totalmente innocente alla cosa, anzi il<br />
grosso della colpa deve ricadere sul popolo ebraico”<br />
”Per quanto riguarda la reliquia <strong>di</strong> quel Messia, avete trovato<br />
qualcosa?”<br />
”Effettivamente siamo riusciti a trovare una donna che<br />
possiede una reliquia molto potente <strong>di</strong> cui abbiamo gia provato<br />
l’autenticità, visto che ci siamo ritrovati tutti in pie<strong>di</strong> alla sua<br />
presenza, anche contro la nostra volontà, questa donna risponde<br />
al nome <strong>di</strong> Veronica e sta arrivando a Roma al nostro seguito”<br />
A questi detti, l’imperatore si mise subito in viaggio verso<br />
Ostia, per andare incontro a Veronica, come furono <strong>di</strong> fronte<br />
l’uno all’altra, l’imperatore le <strong>di</strong>sse: ”Sii la benvenuta,<br />
Veronica, non immagini quanto io sia grato al tuo fervore, ora<br />
ti chiedo umilmente <strong>di</strong> mostrarmi la reliquia in tuo possesso”, a<br />
tale richiesta, la Veronica mostrò la Sacra Immagine, davanti<br />
alla quale anche l’imperatore s’inchinò per ben tre volte.<br />
Mentre s’inchinava, Vespasiano prese a <strong>di</strong>re:<br />
Sia ringraziato Nostro Signore<br />
Gesù Cristo per quanto mi fece<br />
In quest’occasione facendo furore<br />
17
Contro il terribile male con l’immagine<br />
Del Suo meraviglioso volto.<br />
Sia lodata questa donna che mi fece<br />
Conoscere questa Sacra Persona<br />
Nominata Gesù Cristo, essa si fece<br />
Chiamare Veronica, la quale portò<br />
Alla nostra presenza la Sacra Immagine<br />
A cui essa prestava fede.<br />
Quanto m’è successo venga<br />
Reso a tutti dal più ricco al misero,<br />
Che il Signore Id<strong>di</strong>o è colui che decide<br />
Il bene e il male, la malattia e la guarigione,<br />
Grazie a lui fui guarito dall’orrido male.<br />
Finito <strong>di</strong> rendere omaggio che ebbe l’immagine, l’imperatore<br />
<strong>di</strong>sse: ”Questa è veramente la più bell’immagine d’uomo che io<br />
abbia mai visto, maggiore anche <strong>di</strong> quelle scolpite in oro ed<br />
argento”. Così l’effigie fu imme<strong>di</strong>atamente portata da<br />
Vespasiano, il quale come la vide fu imme<strong>di</strong>atamente guarito<br />
dal suo male e liberato dall’orribile prigione in cui era<br />
rinchiuso; subito il principe volle sapere l’intiera storia<br />
dell’effigie e, come gli fu narrata, sbottò: ”Quella razza <strong>di</strong><br />
vipere chiamata ebrei sarà completamente sterminata per<br />
quanto ha compiuto contro il Giusto, infatti, il Nazzareno<br />
chiamato Gesù è veramente il Re dei Re anche in virtù del<br />
miracolo che ha compiuto nei miei confronti. Ora padre <strong>di</strong>letto<br />
autorizzatemi a formare un esercito abbastanza forte da<br />
adempiere questa mia promessa che hai appena u<strong>di</strong>to”<br />
”Dopo quanto abbiamo saputo, parti pure con tutte le mie<br />
bene<strong>di</strong>zioni, mio caro Vespasiano, e forma pure tutto quanto<br />
necessario per questa tua impresa, perché essa è anche la<br />
volontà <strong>di</strong> Roma”, dopo qualche giorno, Vespasiano era pronto<br />
per partire per la Palestina, portandosi appresso la Veronica con<br />
la Santa Effigie.<br />
18<br />
tutti i presenti, tanto che non vedendo spuntare nulla da<br />
quell’ansa, iniziarono a guardarsi in faccia, domandandosi che<br />
razza <strong>di</strong> creatura poteva mai essere; intanto lo sciabor<strong>di</strong>o<br />
s’avvicinava ogni secondo <strong>di</strong> più, facendo preoccupare<br />
enormemente tutti i presenti.<br />
Finalmente da <strong>di</strong>etro l’ansa spuntò una piccolissima barchetta<br />
trainata da uno splen<strong>di</strong>do cigno bianco; su quel piccolo naviglio<br />
videro, perfettamente ritto in pie<strong>di</strong> e completamente armato, un<br />
cavaliere bellissimo che s’avvicinava solennemente, mentre dal<br />
volto traspariva una pace ed una calma celestiali. Pochi istanti<br />
dopo quella misteriosa apparizione così ieratica, approdò ai<br />
pie<strong>di</strong> del re e scese a terra e, rivolgendosi al cigno, prese a <strong>di</strong>re:<br />
”Ti ringrazio, mio buon cigno, d’avermi condotto indenne e<br />
così velocemente sino a questo loco così pieno <strong>di</strong> contrasti nei<br />
momenti che ci hanno appena preceduto. Ora puoi tornartene<br />
donde sei venuto e venire nuovamente alla mia presenza<br />
quando la felicità riempirà nuovamente queste contrade, nel<br />
frattempo devo darti il mio più sentito ad<strong>di</strong>o, mio caro cigno”,<br />
subito lo splen<strong>di</strong>do uccello riprese la strada per cui era venuto,<br />
portando il misterioso cavaliere. Contemporaneamente il<br />
cavaliere avanzò verso il re, mentre l’intiera corte rimase<br />
totalmente e favorevolmente colpita dalla presenza così calma<br />
<strong>di</strong> quell’armato che passava in mezzo a loro. Finalmente il<br />
cavaliere si fermò, inchinandosi, davanti al re e prese a <strong>di</strong>re:<br />
”Salute a te, Enrico! Sappi che il tuo nome è grande sulla terra,<br />
m’auguro che tale grandezza non sparisca mai dal mondo”<br />
”Ti ringrazio, messere, per quanto hai detto, anche perché<br />
riconosco in te la presenza <strong>di</strong>vina che ti ha condotto al nostro<br />
cospetto”. Subito il cavaliere s’alzò e, volgendosi in parte ad<br />
Elsa, prese a <strong>di</strong>re: ”Nostro Signore mi ha inviato per scendere<br />
in campo a favore d’una fanciulla qui presente che è stata<br />
gravemente accusata ed ora io la vedo a buon <strong>di</strong>ritto! – poi si<br />
volse ulteriormente ad Elsa e continuò a <strong>di</strong>re – <strong>di</strong>co bene, Elsa<br />
<strong>di</strong> Brabante, che sono stato chiamato da te per <strong>di</strong>fenderti? Te la<br />
351
<strong>di</strong>fendermi d’arrivare fino alla vostra regale presenza e battersi<br />
per il mio onore così orribilmente macchiato”<br />
Re Enrico la prese per le spalle e, alzatala, gli <strong>di</strong>sse: ”Mia cara<br />
duchessa, purtroppo ho dato la mia parola e se entro tre squilli<br />
<strong>di</strong> tromba che caratterizzano l’appello nessuno si farà avanti, mi<br />
vedrò costretto a <strong>di</strong>chiararti colpevole e condannarti a morte,<br />
perché non ci sarà stato alcuno che avrà <strong>di</strong>mostrato il contrario<br />
a tuo favore”. Finito che ebbe <strong>di</strong> parlare il re, si fece u<strong>di</strong>re il<br />
secondo squillo, ma anche in questo caso nessuno comparve al<br />
fianco della povera Elsa, che ormai iniziava a temere<br />
seriamente per la propria vita, allora si rivolse nuovamente al re<br />
e riprese a <strong>di</strong>re: ”Mio signore, vi supplico d’aumentare il<br />
numero d’appelli, per dare tempo al mio cavaliere d’arrivare,<br />
dato che viene da una terra molto lontana e misteriosa, per<br />
potermi <strong>di</strong>fendere a spada tratta ed a buon <strong>di</strong>ritto, visto che il<br />
pala<strong>di</strong>no è un cuore perfettamente puro”. Enrico ebbe<br />
un’espressione molto addolorata per quella giovane dama, ma<br />
<strong>di</strong>sse: ”Vi ricordo ancora una volta, mia signora, che la mia<br />
parola è legge, quin<strong>di</strong> al terzo squillo se nessuno si presenta<br />
dovrò, mio malgrado, condannarvi alla decapitazione, così ho<br />
detto, mi spiace tanto per voi, ma ormai non posso farci più<br />
niente”, detto questo, il re fece allontanare dalla propria<br />
presenza la povera duchessa che ormai <strong>di</strong>sperava per l’arrivo<br />
del suo <strong>di</strong>fensore.<br />
In quel preciso momento si fece sentire per la terza volta la<br />
voce delle trombe, sentendo quello squillo, ormai Elsa era<br />
rassegnata a dover morire senza poter essere <strong>di</strong>fesa, ma<br />
successe qualcosa <strong>di</strong> strano che attirò l’attenzione <strong>di</strong> tutti i<br />
presenti, infatti, <strong>di</strong>etro un’ansa della Schelda, coperta da fitta<br />
vegetazione, si sentì lo sciabor<strong>di</strong>o d’una piccola imbarcazione<br />
che stava avvicinandosi a quel regale consesso; la cosa più<br />
strana, però, stava nel fatto che non s’u<strong>di</strong>va il suono dei remi,<br />
anche se la barchetta si stava avvicinando ad una velocità<br />
veramente enorme. Quello strano fenomeno incuriosì parecchio<br />
350<br />
Giunto che fu in Palestina, Vespasiano fece chiamare il<br />
governatore Pilato, come questi fu al cospetto del principe,<br />
Vespasiano gli <strong>di</strong>sse: ”Mi è stato riferito come si comportarono<br />
le popolazioni <strong>di</strong> queste terre nei confronti dell’Unico Giusto e<br />
sono arrivato in questi li<strong>di</strong> per poterlo ven<strong>di</strong>care!”<br />
”Mio signore, permettetevi <strong>di</strong> consigliarvi un comportamento<br />
molto migliore, almeno per il momento; per colpire solamente i<br />
colpevoli del misfatto, perché così è, dovrei essere incarcerato<br />
finché non si viene a sapere la verità, quin<strong>di</strong> colpire solo ove è<br />
la colpa”<br />
”Governatore, mi hai dato un saggio consiglio, però<br />
perdonami subito la rudezza con cui ti devo trattare, ma<br />
dobbiamo far credere che tutto sia serio, altrimenti non<br />
otterremmo niente <strong>di</strong> quanto vogliamo; guar<strong>di</strong>e arrestate<br />
quest’uomo”<br />
Finito l’apparente problema col governatore, Vespasiano fece<br />
radunare tutto il popolo giudaico e <strong>di</strong>sse: ”Ho saputo del<br />
misfatto che fu attuato con la vostra responsabilità, ora voglio<br />
imme<strong>di</strong>atamente sapere da tutti voi chi è stato a sobillare<br />
l’intiera popolazione giudaica nella Sua morte”<br />
”Non abbiamo accettato che il presunto Messia si proclamasse<br />
sopra l’imperatore romano ed al pari del nostro Dio, questo lo<br />
consideriamo atto assolutamente blasfemo e quin<strong>di</strong> punibile<br />
con la morte”<br />
”Per questo ho or<strong>di</strong>nato <strong>di</strong> incarcerare il vostro governatore<br />
Ponzio Pilato, in attesa <strong>di</strong> verificare quanto egli abbia omesso<br />
<strong>di</strong> fare il proprio dovere in questo caso”. Fatta una pausa,<br />
Vespasiano continuò <strong>di</strong>cendo: ”Ora da parte vostra pretendo<br />
che mi <strong>di</strong>ciate chi eleggeste per arrogarsi come giu<strong>di</strong>ce nella<br />
faccenda e, tra loro, chi ebbe maggiore peso nel fustigare in tal<br />
modo un’innocente”<br />
I giudei gioirono a queste notizie ed iniziarono a raccontare<br />
tutti i particolari dal loro punto <strong>di</strong> vista, finendo: ”Abbiamo<br />
giurato sulla nostra testa e su quella dei nostri figli che ogni<br />
19
punizione ci pioverà addosso e lo abbiamo crocefisso, ma ora ci<br />
abbiamo ripensato e chie<strong>di</strong>amo <strong>di</strong> essere sciolti da tale<br />
giuramento”. Vespasiano, udendo queste parole, ravvisò la<br />
slealtà e la malizia <strong>di</strong> quella gente e <strong>di</strong>sse: ”Il governatore<br />
Pilato ha agito in perfetta buona fede, quin<strong>di</strong> non è perseguibile<br />
secondo le nostre leggi imperiali, ora or<strong>di</strong>no che sia<br />
scarcerato”. Arrivato che fu alla presenza <strong>di</strong> Vespasiano, Pilato<br />
si sentì <strong>di</strong>re queste parole dal principe: ”Mi scuso con te Ponzio<br />
Pilato per aver dubitato delle tue capacità <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio, ora non<br />
resta che mettere in atto una vendetta esemplare, iniziamo<br />
subito a giustiziare trenta <strong>di</strong> questi scellerati dalla lingua<br />
biforcuta”<br />
Finita l’esecuzione, Vespasiano si rivolse ai giudei rimanenti e<br />
<strong>di</strong>sse: ”Se non volete subire la stessa fine, dovrete recuperare e<br />
consegnarmi il corpo del Messia”. I giudei si guardarono un<br />
attimo in faccia e Caifa si fece avanti, <strong>di</strong>cendo: ”Dopo che<br />
Giuseppe d’Arimatea ne ha più saputo nulla, anzi se ci<br />
ucciderai tutti non saprai mai neanche dove lo abbiamo<br />
segregato”<br />
”Ebbene se proprio lo mettete in questo modo ve la siete<br />
cercata; si organizzino dei giochi nel locale anfiteatro ove<br />
faremo combattere questi reietti <strong>di</strong>sarmati, contro tutte le belve<br />
che riuscirete a trovare, ma tenetene alcuni per più avanti, se<br />
sarà necessario sacrificare anche loro”<br />
Vedendo questa reazione della famiglia imperiale, un giudeo<br />
si fece avanti e <strong>di</strong>sse: ”Io so dove è finito Giuseppe d’Arimatea,<br />
ma prima <strong>di</strong> parlare desidero avere l’immunità per me e tutta la<br />
mia famiglia”. Vespasiano ci pensò alcuni minuti e poi fece un<br />
cenno d’assenso a quell’ebreo, allora egli continuò: ”Giuseppe<br />
fu imprigionato nelle segrete <strong>di</strong> una torre costruita qui vicino,<br />
subito dopo che egli depose il Messia dalla croce, ricordo<br />
inoltre che prima dell’incarcerazione fu percosso pesantemente<br />
e dubito che ora sia ancora vivo dopo tutto questo tempo,<br />
20<br />
cavaliere nella giusta <strong>di</strong>rezione per portare a termine<br />
l’avventura che gli era appena stata affidata.<br />
Negli stessi istanti, la popolazione della Fiandra stava finendo<br />
<strong>di</strong> trattare con le popolazioni della Sassonia, nella persona del<br />
loro re Enrico l’Uccellatore, ma tra le persone ivi intervenute<br />
v’erano due conti brabantini che non erano molto sod<strong>di</strong>sfatti<br />
della cosa, anche perché significava che tutto il loro mondo<br />
pagano si stava scontrando inevitabilmente con la realtà<br />
cristiana che stava <strong>di</strong>lagando in quelle regioni; quei due signori<br />
così riottosi alle novità erano noti come Friedrich ed Ortrud von<br />
Telramund, che avevano iniziato gia da qualche tempo a<br />
pianificare la loro eretica ribellione contro quelle novità che<br />
non gra<strong>di</strong>vano. Una volta che le corti coinvolte nel nuovo<br />
trattato furono riunite <strong>di</strong> fronte al re, Friedrich iniziò a <strong>di</strong>re:<br />
”Quella vigliacca della duchessa Elsa <strong>di</strong> Brabante non ha<br />
voluto rivelare ad alcuno che fine abbia fatto il <strong>di</strong> lei fratello<br />
Goffredo, che sparì gia da tempo dalle nostre corti e che io e<br />
mia moglie avevamo in custo<strong>di</strong>a; sospettiamo che la perfida<br />
sorella possa averlo ucciso per potersi impadronire dell’intiera<br />
ere<strong>di</strong>tà dei loro defunti genitori”. Subito re Enrico s’alzò dal<br />
proprio seggio ed iniziò a <strong>di</strong>re: ”Mio signore, effettivamente<br />
m’è sembrato riferito che il piccolo duca sparì gia da qualche<br />
tempo, quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>spongo che se entro il terzo squillo delle<br />
trombe della mia scorta nessuno si presenta a <strong>di</strong>fendere il suo<br />
onore, mi vedo costretto a decretare la sua colpevolezza <strong>di</strong><br />
fratrici<strong>di</strong>o e condannarla a morte per decapitazione”. Subito si<br />
sentì echeggiare il primo degli squilli richiesti, ma nessuno osò<br />
farsi avanti per paura che Elsa fosse veramente colpevole <strong>di</strong><br />
quell’abominevole delitto <strong>di</strong> cui i conti <strong>di</strong> Telramund la stavano<br />
accusando, allora la poverina, presa da un momento <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>sperazione, si prostrò ai pie<strong>di</strong> d’Enrico ed iniziò a <strong>di</strong>re: ”Vi<br />
prego, mio signore, lo spazio <strong>di</strong> quei tre squilli delle vostre<br />
trombe sono ben misera cosa per permettere a colui che dovrà<br />
349
del Ricco Re Pescatore e la custo<strong>di</strong>a del Santo Graal furono<br />
occupati da suo figlio Lohengrin che continuò l’opera del padre<br />
e facendo prosperare sempre più il già ricchissimo reame. Un<br />
giorno Lohengrin fu convocato dal Graal alla sua presenza; una<br />
volta che vi fu giunto, Lohengrin vi si prostrò davanti ed iniziò<br />
a pregare intensamente, subito il Santo Graal si fece sentire<br />
intensamente, con queste parole: ”Buon Lohengrin è ormai<br />
passato molto tempo dall’ultima volta che un Ricco Re<br />
Pescatore è uscito da questi territori per soccorrere il mondo<br />
esterno; ad<strong>di</strong>rittura dalla terribile battaglia in cui morirono re<br />
Artù ed i pro<strong>di</strong> cavalieri della Tavola Rotonda. Ebbene, sappi<br />
che nelle ormai antiche terre dei galli belgi, ormai nomate col<br />
nome <strong>di</strong> Fiandra, v’è una duchessa chiamata Elsa, che si trova<br />
in enorme pericolo <strong>di</strong> vita ed io t’incarico d’arrivare in quelle<br />
contade per salvarla da quell’infamia ingiusta. Durante questa<br />
missione che ti sto affidando, però, devi mantenere il più<br />
assoluto anonimato e non rivelar per nessun motivo il tuo nome<br />
ed il luogo da dove vieni; ora puoi andare nei tuoi alloggi per<br />
prepararti a partire, con la speranza d’ottenere quanto ci siamo<br />
prefissati tutti quanti”. Imme<strong>di</strong>atamente Lohengrin ubbidì ai<br />
voleri del Graal e s’andò a preparare per quell’inaspettata<br />
missione. Poco dopo si ritrovò sulle rive d’uno dei fiumi del<br />
Monsalvato per seguirlo nella <strong>di</strong>rezione delle Fiandre, quando<br />
gli si presentò una barchetta trainata da uno splen<strong>di</strong>do cigno<br />
bianco, al che Lohengrin rimase perplesso per qualche istante,<br />
ma poi si fece sentire la voce del Graal, il quale <strong>di</strong>sse:<br />
”Lohengrin la missione che t’affidai poco fa è molto urgente e<br />
piena <strong>di</strong> pietà, quin<strong>di</strong> è d’uopo che tu salga su quella barca che<br />
hai nei pressi, sul fiume, confidando d’arrivare a tempo per<br />
salvare la povera Elsa; inoltre il cigno che la traina è simbolo <strong>di</strong><br />
carità e purezza, oltre ad esserti utile al momento opportuno”.<br />
Finalmente Lohengrin si decise a salire sulla barca, la quale si<br />
scostò imme<strong>di</strong>atamente dalla riva del fiume, portando il puro<br />
348<br />
perché la cosa successe <strong>di</strong>versi mesi fa e non ci siamo più<br />
preoccuparti <strong>di</strong> soccorrerlo”<br />
Subito Vespasiano in<strong>di</strong>viduò la torre in questione e fece aprire<br />
la botola che il giudeo in<strong>di</strong>cò; come l’apertura fu<br />
sufficientemente grande, Vespasiano si sporse e <strong>di</strong>sse, a gran<br />
voce: Giuseppe, Giuseppe d’Arimatea, ci siete?” e tacque per<br />
qualche minuto per sentire se ci fosse risposta, ma senza esito.<br />
Dopo <strong>di</strong>eci minuti, Vespasiano si rivolse ad un soldato della<br />
scorta e <strong>di</strong>sse: ”Trovatemi qualsiasi cosa che mi sia utile per<br />
calarmi in quelle segrete, che lo vado a cercare io <strong>di</strong> persona!”.<br />
Pochi secon<strong>di</strong> dopo fu procurata una fune ed una torcia accesa e<br />
Vespasiano fu calato nel cunicolo, in fondo al quale il principe<br />
vide un bagliore, <strong>di</strong>rigendosi imme<strong>di</strong>atamente in quella<br />
<strong>di</strong>rezione.<br />
Una volta raggiunto il chiarore, Giuseppe riconobbe il<br />
principe e lo salutò <strong>di</strong>cendo: ”Siate benvenuto nella mia umile<br />
<strong>di</strong>mora, principe Vespasiano, io sono quel Giuseppe<br />
d’Arimatea che v’intesi a chiamare poco fa dalla botola aperta”<br />
”Vedo che sei veramente Giuseppe d’Arimatea, ma <strong>di</strong>mmi<br />
come hai fatto a sapere il mio nome?”<br />
”Lo venni a sapere da Colui che tutto sa”<br />
”Devi sapere, Giuseppe, che io fui affetto da lebbra e durante<br />
la quale puzzavo a tale punto che nessuno riusciva a starmi<br />
vicino, finché non fui guarito da un’effigie, ora voglio sapere<br />
da te, stiamo parlando della stessa persona?”<br />
”Ti rivelerò la cosa se mi garantisci <strong>di</strong> convertirti”<br />
”Ti garantisco che mi converto”<br />
”Devi sapere, Vespasiano, che a rivelarmi tutto e guarirti dalla<br />
tua tremenda malattia è stato lo Spirito Santo, con l’intervento<br />
da questa terra della sua verginea madre Maria”, a queste<br />
parole, Vespasiano credette e si convertì alla nuova religione <strong>di</strong><br />
Gesù Cristo. Tornato dalla sua scorta, Vespasiano fece<br />
abbattere la torre fino alle fondamenta e liberò in quel modo<br />
Giuseppe d’Arimatea; finito quel lavoro, tutti constatarono che<br />
21
Giuseppe stava veramente bene, allora Vespasiano, davanti ai<br />
soldati romani ed ai rappresentanti dei giudei, chiese: ”E del<br />
corpo <strong>di</strong> Gesù Cristo cosa n’è stato?”<br />
”Quel Giuseppe lo ha trafugato <strong>di</strong> notte assieme al capo dei<br />
suoi <strong>di</strong>scepoli, chie<strong>di</strong>lo a loro”<br />
A queste parole, i giudei s’in<strong>di</strong>gnarono grandemente, allora<br />
Vespasiano or<strong>di</strong>nò: ”Che l’uomo che ci ha condotto da<br />
Giuseppe sia portato sulla mia nave assieme alla sua famiglia;<br />
tutti gli altri giudei siano venduti al prezzo <strong>di</strong> un denaro ogni<br />
trenta prigionieri”<br />
Imme<strong>di</strong>atamente Giuseppe ricevette la visita <strong>di</strong> sua sorella<br />
Enygeus e del suo marito, Bron, i quali lo tirarono da parte,<br />
<strong>di</strong>cendogli: ”Fratello caro ti chie<strong>di</strong>amo misericor<strong>di</strong>a per quanto<br />
successo finora”<br />
”Non dovete chiedere misericor<strong>di</strong>a a me, <strong>di</strong>letti fratelli, ma<br />
<strong>di</strong>rettamente a Dio, inoltre bisogna convertire sinceramente tutti<br />
i giudei che potete, i quali abbisognano <strong>di</strong> essere graziati per la<br />
morte dell’Unico Giusto con tutto il cuore altrimenti la loro vita<br />
sarà stata pagata in modo troppo elevata”. Detto questo,<br />
Giuseppe pensò un attimo sul da farsi e poi, rivolgendosi a<br />
Vespasiano, <strong>di</strong>sse: ”Mio signore, chiedo grazia per tutti quelli<br />
che vorranno seguirmi”<br />
”Viste le tue sofferenze e la tua onestà, Giuseppe, concedo la<br />
grazia a chi desidera seguirti”, così Giuseppe, la sua famiglia e<br />
tutti i loro seguaci vissero in Palestina per qualche tempo in<br />
piena letizia.<br />
Venne poi un periodo <strong>di</strong> carestia, ove i giudei convertiti<br />
patirono pene a non finire, al punto che si rivolsero a Bron,<br />
<strong>di</strong>cendogli: ”Qui stiamo soffrendo tantissimo, chie<strong>di</strong> a tuo<br />
cognato Giuseppe <strong>di</strong> intercedere presso Dio per sapere il<br />
motivo <strong>di</strong> tanto accanimento”<br />
”Ultimamente Giuseppe ha un sacco <strong>di</strong> problemi, tenterò <strong>di</strong><br />
parlargli ed assieme guarderemo cosa fare”. Imme<strong>di</strong>atamente<br />
Bron andò dal cognato, riferendogli tutte le lamentele dovute<br />
22<br />
un luogo <strong>di</strong> delizia dal quale un giorno potrebbe tornare a<br />
liberare la Britannia, quando questa sarà ancora in pericolo<br />
mortale, il posto in questione è nomato Avalon, nome che tu<br />
ora dovrai <strong>di</strong>menticare imme<strong>di</strong>atamente e tornare ai tuoi<br />
impegni nel regno del Monsalvato, per regnarvi finché il Santo<br />
Graal lo vorrà, dopo <strong>di</strong> che passerai il reame a tuo figlio<br />
Lohengrin che lo porterà ad uno splendore maggiore <strong>di</strong> quanto<br />
tu possa immaginare”. Imme<strong>di</strong>atamente la navicella riprese a<br />
scorrere, questa volta verso il fiume, lasciando Parsifal molto<br />
esterrefatto mentre l’equipaggio dell’imbarcazione intonò la<br />
seguente nenia:<br />
Un prode re sta languendo,<br />
Dopo crudele ed infausta battaglia;<br />
Il suo nome è Artù<br />
E dal nipote Mordred fu tra<strong>di</strong>to.<br />
Assieme a lui molti pro<strong>di</strong> caddero,<br />
Due soli rimasero, a portare avanti la memoria;<br />
Il bel Belvedere, valido coppiere<br />
Ed il prode Parsifal, dal Monsalvato.<br />
Il primo Excalibur nel lago<br />
Riportò, ove la Dama ringraziò;<br />
Il secondo al Santo Calice ritornò<br />
Dopo il pietoso rito sul tristo campo.<br />
Quando Parsifal si riprese sommariamente e fece quanto la<br />
vecchia dama gli aveva detto regnando ancora per parecchi anni<br />
sul Monsalvato e custodendo gelosamente il Santo Graal.<br />
Parte Parte <strong>di</strong>ciottesima: <strong>di</strong>ciottesima: le le avventure avventure <strong>di</strong> <strong>di</strong> Lohengrin. Lohengrin.<br />
Lohengrin.<br />
Capitolo 67.<br />
Dopo quella terribile battaglia in Cornovaglia, ove persero la<br />
vita tutti i suoi compagni ed Artù, Parsifal si ritirò al<br />
Monsalvato, facendolo prosperare in modo mirabile, dopo la<br />
lunga decadenza dovuta alla malattia dello zio, giungendo in<br />
quel modo all’estrema vecchiaia a tal punto che dovette essere<br />
deposto per senilità della propria mente; a quel punto il seggio<br />
347
me, ora, portare a compimento quanto è scritto nei nostri<br />
destini”, subito Mordred alzò la propria spada e s’avventò sullo<br />
zio che, vedendo il collo del nipote scoperto, gli infilò la<br />
propria arma in profon<strong>di</strong>tà, uccidendolo sul colpo. Cadendo in<br />
avanti, Mordred si riversò con tutto il proprio peso sul corpo<br />
d’Artù e con la propria spada mozzò <strong>di</strong> netto la spalla destra<br />
dello zio, ferendolo mortalmente.<br />
Vedendo la morte del proprio capo carismatico, l’esercito <strong>di</strong><br />
Mordred, od almeno quanto ne rimaneva, si <strong>di</strong>leguò<br />
imme<strong>di</strong>atamente, mentre le armate d’Artù, capitanate da<br />
Parsifal, lo inseguirono ed uccisero tutti i sopravvissuti. Vinta<br />
che fu la battaglia, Parsifal tornò al capezzale del proprio<br />
amatissimo re; riconoscendo il fidato cavaliere, Artù gli <strong>di</strong>sse:<br />
”Pren<strong>di</strong> la mia adorata Excalibur, che un giorno ormai<br />
lontanissimo estrassi dalla roccia, e portala nel lago qui vicino,<br />
una volta che l’avrai raggiunto, dovrai lanciare quella fida lama<br />
verso il centro dell’invaso, perché è destino che debba essere<br />
donata alla dama del lago che accudì Lancillotto, Lionello e<br />
Bohor durante la loro infanzia, affinché sia ripagata dei suoi<br />
sforzi passati, quin<strong>di</strong> tornerai qui da me per assistere all’ultimo<br />
pro<strong>di</strong>gio, che sono sicuro ci sarà molto presto”. Parsifal fece<br />
come il buon Artù gli aveva detto e, dopo aver lanciato via la<br />
spada, vide una mano che misteriosamente uscì dall’acqua e<br />
l’afferrò saldamente tirandola poi verso il fondo, quin<strong>di</strong> Parsifal<br />
tornò presso Artù, giusto in tempo per vedere arrivare una<br />
misteriosa barca che solcava silenziosamente il fiume,<br />
attraccando vicino al corpo d’Artù stesso. Subito scesero<br />
quattro uomini incappucciati e vestiti <strong>di</strong> nero, che presero<br />
imme<strong>di</strong>atamente in consegna il corpo d’Artù e lo caricarono sul<br />
piccolo bastimento, dal quale comparvero tre donne che<br />
Parsifal riconobbe come la madre e le sorelle dell’amato re;<br />
vedendosi osservata, Ygerne si rivolse a Parsifal e gli <strong>di</strong>sse:<br />
”Cavaliere puro e folle al contempo, non <strong>di</strong>sperarti per la sorte<br />
del tuo re, perché le donne che ha amato lo stanno portando in<br />
346<br />
alla situazione, allora Giuseppe andò alla presenza del Graal ed<br />
iniziò a pregare, <strong>di</strong>cendo: ”Da qualche tempo in questa regione<br />
vi è una tremenda carestia che ci sta facendo soffrire tutti<br />
quanti, come mai quest’accanimento verso la Tua comunità<br />
eletta?”<br />
”Tu sei a posto, Giuseppe, quin<strong>di</strong> non ti devi preoccupare<br />
della situazione attuale del tuo villaggio, adesso ascolta quello<br />
che devi fare, perché tra noi ci sono dei peccatori che non<br />
meritano la vostra compagnia; prima <strong>di</strong> tutto mostra a tutti<br />
quanti il Graal, ricordandovi <strong>di</strong> Lui, quin<strong>di</strong> manda tuo cognato<br />
Bron a pescarti un pesce, <strong>di</strong> qualunque tipo. Fatto questo<br />
imban<strong>di</strong>sci una tavola ove poserai il pesce pescato ed il Graal.<br />
Quando tutto è pronto, tu ti metterai nello stesso posto occupato<br />
dal Messia e fa sedere alla tua destra Bron, il quale si sposterà<br />
imme<strong>di</strong>atamente <strong>di</strong> un posto, perché quella fu la posizione<br />
occupata dal Tra<strong>di</strong>tore e dovrà rimanere vuota fino alla nascita<br />
<strong>di</strong> chi sarà degno <strong>di</strong> occuparla. Quando tutto sarà pronto,<br />
raduna tutti i tuoi seguaci e racconta tutto quello che ti ho<br />
insegnato, quin<strong>di</strong> fa occupare i posti rimasti liberi attorno alla<br />
tavola, allora saprai chi è degno <strong>di</strong> seguirti, perché troveranno<br />
tutti posto, mentre gli altri, che rimarranno a debita <strong>di</strong>stanza,<br />
dovranno essere scacciati senza pietà”. Gli eletti goderono<br />
subito dei benefici della situazione e scordando<br />
imme<strong>di</strong>atamente i peccatori, rimasti a debita <strong>di</strong>stanza, come<br />
previsto. Qualche minuto dopo un eletto <strong>di</strong> nome Petrus<br />
s’avvide della presenza dei peccatori e domandò: ”Sentite<br />
anche voi la dolcezza e la serenità che c’invade?”, ma gli<br />
interpellati non riuscirono a capire quanto fu loro chiesto.<br />
Allora Petrus capì la situazione e sbottò: ”Voi vi siete macchiati<br />
<strong>di</strong> una gran colpa, quando avete imprigionato Giuseppe, non<br />
meritate nessuna compassione e siete pregati <strong>di</strong> allontanarvi da<br />
questo luogo santo!”<br />
Imme<strong>di</strong>atamente i peccatori s’allontanarono dagli eletti con<br />
grande stridore <strong>di</strong> denti e pianto per la vergogna subita; una<br />
23
volta che fu tutto tranquillo, l’assemblea degli eletti si sciolse<br />
con la promessa <strong>di</strong> incontrarsi in quel luogo tutti i giorni per<br />
rendere grazie a Dio e perpetuare memoria <strong>di</strong> quella cerimonia<br />
così solenne. Poco dopo alcuni peccatori ritornarono e chiesero<br />
agli eletti: ”Che cosa avete provato, mentre eravate tutti attorno<br />
a quella tavola così ben imban<strong>di</strong>ta?”<br />
”L’unica cosa che posso <strong>di</strong>rvi con certezza è che abbiamo<br />
provato tutti quanti una gran gioia, ma per il resto non so <strong>di</strong>rvi<br />
altro”<br />
”Prima <strong>di</strong> andarcene definitivamente, ti voglio fare una<br />
domanda, quella coppa dagli strani poteri che abbiamo visto al<br />
centro della tavola, come si chiama?”<br />
”Essa si chiama Graal perché da gran gioia a chi è in contatto<br />
con Lei”, avuta questa risposta, il gruppo dei peccatori prese la<br />
strada dell’esilio. Tornata che fu la pace, Giuseppe prese la<br />
parola <strong>di</strong>cendo: ”Bene a questo punto ci <strong>di</strong>amo appuntamento<br />
tutti i giorni alle nove in questo posto per commemorare<br />
degnamente l’avvenimento”<br />
Purtroppo per gli eletti, i peccatori lasciarono in<strong>di</strong>etro uno <strong>di</strong><br />
loro, noto per la sua parlantina; come gli eletti si accorsero<br />
della sua presenza, questi iniziò a <strong>di</strong>re: ”Sono stato vittima <strong>di</strong><br />
un’ingiustizia dovuta al caso, vi prego <strong>di</strong> riammettermi tra voi”.<br />
A questa richiesta gli eletti si guardarono negli occhi, sorpresi,<br />
dopo un attimo <strong>di</strong> smarrimento, Bron andò da Giuseppe e gli<br />
chiese: ”Sappiamo che persona è questo tipo, dobbiamo proprio<br />
accontentarlo?”<br />
”Sai benissimo che non sta a me decidere definitivamente<br />
queste cose, chiederò al Signore <strong>di</strong> darmi il coraggio <strong>di</strong><br />
giu<strong>di</strong>care con giustizia <strong>di</strong> questo caso; se ha mentito, perderà<br />
definitivamente la sua anima”. Subito Giuseppe si rivolse al<br />
Graal e <strong>di</strong>sse: ”Mio signore, hai sentito le richieste <strong>di</strong><br />
quell’uomo, come mi devo comportare?”<br />
”Fa accomodare il richiedente alla tavola, nel posto che deve<br />
restare vuoto fino al giorno stabilito; se è puro non dovrebbe<br />
24<br />
Nel frattempo i morti sulla spiaggia <strong>di</strong> Dover erano stati<br />
sepolti tutti quanti e l’esercito <strong>di</strong> Mordred, sempre incalzato da<br />
Artù con i suoi fi<strong>di</strong> cavalieri della Tavola Rotonda e dai<br />
rispettivi soldati, si rifugiò nella fortezza <strong>di</strong> Winchester, arrivati<br />
che furono i due schieramenti sotto quelle mura, vi fu una<br />
seconda gran battaglia campale durante la quale l’esercito <strong>di</strong><br />
Mordred subì una cocente sconfitta. Vedendosi in così gran<br />
<strong>di</strong>fficoltà, Mordred decise arbitrariamente <strong>di</strong> ripiegare<br />
ulteriormente, arrivando dopo poco tempo nei pressi <strong>di</strong><br />
Tintagel, sul fiume Camel, dove tanto tempo prima visse sua<br />
madre Morgana e vi fu concepito su zio Artù. Su quelle ridenti<br />
sponde vi fu la più crudele delle battaglie <strong>di</strong> quella guerra<br />
civile, tanto è vero che molti dei cavalieri più valorosi d’ambo<br />
le parti vi rimasero uccisi, primi tra tutti quelli della Tavola<br />
Rotonda, con la sola esclusione <strong>di</strong> Parsifal che rimase ferito<br />
seriamente durante lo scontro. Verso mezzodì, al centro del<br />
campo <strong>di</strong> battaglia, Artù incontrò il nipote tra<strong>di</strong>tore, entrambi<br />
completamente lor<strong>di</strong> <strong>di</strong> sangue dei rispettivi nemici; a quella<br />
vista Artù perse ogni lume della ragione, trattenendo a stento la<br />
rabbia <strong>di</strong> aver visto morire molti dei suoi più cari cavalieri,<br />
prese a <strong>di</strong>re: ”Tu, nipote demente, cosa ti sei messo in mente <strong>di</strong><br />
rubarmi moglie, onore e regno solo per bramosia <strong>di</strong> potere,<br />
forse non sapevi che potevi avere una buona parte del regno<br />
assieme a tuo cugino Galvano che avrebbe regnato sul grosso<br />
del reame?”<br />
”Caro zio, voi siete troppo buono ed io ancor più ambizioso ed<br />
ero stanco d’aspettare il tuo trapasso per avere la mia parte<br />
d’ere<strong>di</strong>tà, che da quel che sento ora, risulta essere troppo<br />
piccola per i miei desideri, quin<strong>di</strong> ho preso al volo la prima<br />
occasione che mi si è presentata davanti per ottenere tutto il<br />
potere che sognavo fin da piccolo e che mi compete per <strong>di</strong>ritto;<br />
<strong>di</strong>fatti ti ho destituito poco tempo dopo la tua partenza per le<br />
Gallie e quella tua assurda guerra contro gli eserciti <strong>di</strong> Roma,<br />
ma da quel che vedo non è andata come speravo, quin<strong>di</strong> tocca a<br />
345
Negli stessi momenti, Mordred s’accorse che qualcuno della<br />
corte era sparito ed immaginò che fosse corso in Gallia per<br />
informare lo zio degli ultimi acca<strong>di</strong>menti <strong>di</strong> Camelot, allora<br />
chiamò al proprio cospetto un araldo e gli <strong>di</strong>sse: ”Fido amico<br />
devi andare in Germania, presso i popoli dell’Anglia e della<br />
Sassonia, per chiedere da parte mia aiuto a quelle popolazioni,<br />
in virtù della vicinanza dei nostri rispettivi popoli”, così,<br />
intanto che Artù risaliva il territorio delle Gallie, Mordred<br />
riuscì a portare sul territorio della Britannia un esercito forte<br />
d’ottantamila unità e marciò con quelli verso la piana <strong>di</strong> Dover,<br />
dove pensava che lo zio potesse sbarcare. Difatti pochi giorni<br />
dopo, i due eserciti si scontrarono su quelle can<strong>di</strong>de scogliere,<br />
insanguinando visibilmente le abbaglianti spiagge, ma quella<br />
prima battaglia non <strong>di</strong>ede alcun esito perché le forze in campo<br />
s’erano equivalse in modo tragico.<br />
Vedendo la cosa, Mordred riunì il proprio stato maggiore e<br />
<strong>di</strong>sse: ”La situazione non sta volgendo come speravo, bisogna<br />
che ripieghiamo il nostro esercito in postazioni più sicure e<br />
<strong>di</strong>fen<strong>di</strong>bili, ma prima <strong>di</strong> far ciò dobbiamo chiedere una tregua<br />
per poter seppellire i caduti d’entrambe le parti”.<br />
Contemporaneamente Ginevra, che era rimasta a Camelot,<br />
venne a sapere <strong>di</strong> come la situazione stesse degenerando e,<br />
presa da gran rimorso per il tra<strong>di</strong>mento che aveva protratto col<br />
nipote, si rivolse alle ancelle e <strong>di</strong>sse: ”Mie <strong>di</strong>lette compagne, le<br />
azioni che ho compiuto in assenza del mio re e marito sono<br />
state veramente riprovevoli ed adesso me ne sto rendendo<br />
veramente conto, quin<strong>di</strong> ho intenzione d’espiare tutto quanto e<br />
ritirarmi per il resto dei miei giorni in un convento qui vicino,<br />
ove gia molto tempo fa vissero le regine madri <strong>di</strong> Lancillotto<br />
del lago e <strong>di</strong> Lionello suo cugino”. Pochi mesi dopo aver<br />
raggiunto quel venerato romitaggio, la regina Ginevra morì in<br />
odore <strong>di</strong> santità e venne sepolta con ogni onore ai pie<strong>di</strong><br />
dell’altare maggiore.<br />
344<br />
capitargli assolutamente nulla”, subito Giuseppe <strong>di</strong>ede<br />
<strong>di</strong>sposizione per mettere alla prova il presunto eletto, che si<br />
chiamava Moisé, si andò a sedere nell’unico posto rimasto,<br />
sprofondando imme<strong>di</strong>atamente con un gran rumore, mentre il<br />
<strong>di</strong>sgraziato gridò in modo orribile, quando la terra si richiudeva<br />
sulla sua testa.<br />
A tal vista i presenti furono molto turbati e si rivolsero al<br />
Graal e gli chiesero: ”Come mai è successo questo pro<strong>di</strong>gio?”.<br />
Il Graal si fece sentire con queste parole: ”Quanto avete<br />
assistito è la punizione per chi si siede in quel posto senza<br />
esserne degno, questa persona sarà proprio un pronipote <strong>di</strong><br />
Giuseppe qui presente; per quanto riguarda quel peccatore<br />
sacrilego chiamato Moisé si è perduto nella sua superbia <strong>di</strong><br />
avermi sfidato in completa solitu<strong>di</strong>ne ed aveva tentato <strong>di</strong><br />
svergognarvi immensamente. Da ora in poi costui non sarà mai<br />
più nominato finché il predestinato non si sarà rivelato”<br />
Durante quella presenza, Bron e sua moglie ebbero do<strong>di</strong>ci<br />
figli, nipoti <strong>di</strong> Giuseppe. Una volta che quei ragazzi furono<br />
sufficientemente gran<strong>di</strong>, Bron andò da Giuseppe e gli chiese:<br />
”Che devo farne <strong>di</strong> tanti figli che mi sono stati dati?”<br />
”Mio caro Bron, non è ancora arrivato il momento <strong>di</strong> sapere<br />
cosa sarà <strong>di</strong> loro; ti garantisco che te n’accompagnerai al<br />
momento giusto!”. Subito Giuseppe sentiva che non aveva<br />
detto tutto quanto doveva, allora si rivolse al Graal <strong>di</strong>cendo:<br />
”Mio Signore ho paura <strong>di</strong> aver detto troppo poco a mio<br />
riguardo dei suoi numerosi figli, che devo fare a tal proposito?”<br />
Allora un angelo si presentò a Giuseppe, <strong>di</strong>cendogli: ”Parla a<br />
Bron, <strong>di</strong>cendogli quanto segue; tutti i suoi figli si devono<br />
sposare credendo al loro Signore, chi <strong>di</strong> loro non lo farà, dovrà<br />
essere servito a turno dalle sue cognate. L’unico scapolo tra i<br />
tuoi nipoti dovrà servire il Graal, che è il mio rappresentante tra<br />
voi”. Alla luce <strong>di</strong> quanto detto dal Graal, Giuseppe riferì il tutto<br />
a Bron ed ai suoi figli, i quali <strong>di</strong>ssero imme<strong>di</strong>atamente: ”Siamo<br />
tutti quanti pronti a procedere come vuole il Nostro Signore”,<br />
25
alla fine della riunione familiare, e con la bene<strong>di</strong>zione <strong>di</strong>vina,<br />
tutti i figli <strong>di</strong> Bron si sposarono tranne Alano, che non ne volle<br />
sapere <strong>di</strong> trovare moglie. Così Alano fu eletto successore <strong>di</strong><br />
Giuseppe e rimase in casa dello zio per poter essere istruito sul<br />
Graal e tutti i riti ad esso legati.<br />
Giuseppe raccontò la storia del Cristo, giacché fu concepito<br />
fino alla morte e resurrezione del Messia, finita l’istruzione<br />
d’Alano, Dio si fece sentire con queste parole: ”Nella giornata<br />
<strong>di</strong> domani lo Spirito Santo si farà vedere immerso in<br />
un’abbagliante luce e vi consegnerà una mia lettera che rivelerà<br />
come, quando e dove Alano dovrà morire”; finita la sua<br />
istruzione, Alano fu presentato ufficialmente alla comunità<br />
degli eletti.<br />
Effettivamente il giorno dopo lo Spirito Santo si presentò alla<br />
comunità <strong>di</strong> Giuseppe portando la lettera promessa e la<br />
consegnò <strong>di</strong>rettamente a Petrus, il quale fu mandato da Dio<br />
verso nord ovest, nell’isola d’Avalon per portare in quel luogo<br />
la lieta novella inoltre Bron sarà ricordato come il Ricco Re<br />
Pescatore, perché quando pescò il primo pesce, tanto tempo<br />
prima, iniziò ad avere una certa quantità <strong>di</strong> denari che <strong>di</strong>ventò<br />
veramente ingente al momento <strong>di</strong> trasferirsi verso i luoghi<br />
destinataigli dalla Volontà <strong>di</strong> Dio.<br />
Nel frattempo Pilato era stato richiamato a Roma per rendere<br />
conto della questione al senato. Una volta giuntovi il pretore <strong>di</strong><br />
turno gli chiese: ”Ponzio Pilato hai commesso gravi crimini nel<br />
tuo giu<strong>di</strong>zio contro quel Gesù <strong>di</strong> Nazareth, perciò, finché non<br />
sarà appurata la verità sei condannato ad essere incatenato”.<br />
Una volta che gli auguri ebbero trovato il giorno giusto per<br />
aprire il processo, Pilato fu condotto davanti all’imperatore,<br />
questi gli <strong>di</strong>sse: ”Ponzio Pilato ora siamo tutti qui riuniti per<br />
giu<strong>di</strong>care il tuo lavoro in Giudea, sul processo a quel Gesù<br />
Nazzareno che tu hai fatto crocifiggere. Ora sei autorizzato a<br />
parlare”<br />
26<br />
dorata al centro della formazione per guidare gli sbandati ed<br />
iniziarono a marciare sul nemico.<br />
Finalmente i due schieramenti si scontrarono ferocemente e vi<br />
fu grande spargimento <strong>di</strong> sangue; nel vedere quello scempio<br />
delle proprie truppe, anche Artù decise d’entrare nella mischia<br />
guidando personalmente la legione che s’era tenuto in<br />
retroguar<strong>di</strong>a, quella mossa così tempestiva e fulminea creò un<br />
gran panico nelle schiere romane, che aumentò ulteriormente<br />
quando anche le ultime truppe dei britanni entrarono in<br />
battaglia, i quali risultarono decisivi nella vittoria della<br />
battaglia stessa, nella quale Artù riuscì ad uccidere <strong>di</strong> propria<br />
mano anche l’imperatore. Finita che fu la battaglia, i britanni<br />
iniziarono a seppellire i cadaveri d’entrambe le formazioni, ma<br />
quando ritrovarono il cadavere dell’imperatore Artù lo<br />
riconobbe imme<strong>di</strong>atamente e <strong>di</strong>sse: ”Costui non seppellitelo<br />
con le sue truppe, perché voglio mandarlo a Roma come<br />
pagamento del nostro tributo”<br />
Durante l’inverno Artù e le sue truppe conquistarono i territori<br />
degli Allobrogi, facendo passare in quel modo la stagione<br />
fredda; durante la successiva primavera i britanni si <strong>di</strong>ressero<br />
verso Roma, ma giunti che furono ai pie<strong>di</strong> delle Alpi, arrivò un<br />
messaggero da Camelot e, arrivato alla presenza del re, <strong>di</strong>sse:<br />
”Sire, venni dalla vostra corte principale dove il peccato impera<br />
incontrastato, infatti vostro nipote Mordred vi ha tra<strong>di</strong>to,<br />
inducendo la bella regina Ginevra alla lussuria più turpe con<br />
lui, la cosa richiede il rientro della signoria vostra, al più presto,<br />
per portare or<strong>di</strong>ne alla corte”. Quelle notizie non piacquero per<br />
niente al buon re, il quale radunò l’intiero esercito e <strong>di</strong>sse:<br />
”Azioni molto gravi della coppia reggente m’obbliga a rientrare<br />
imme<strong>di</strong>atamente a Camelot, ma su questo territorio voglio che<br />
rimanga una legione gallica per mantenere l’or<strong>di</strong>ne secondo le<br />
mie <strong>di</strong>rettive, tutti gli altri mi dovranno seguire per ristabilire<br />
l’or<strong>di</strong>ne in patria”<br />
Capitolo 66<br />
343
ese invana la liberazione dei prigionieri, che avevano fatto i<br />
bretoni nella centuria <strong>di</strong> Petreio, allora Tiberio decise <strong>di</strong> ritirarsi<br />
con le proprie truppe nella vicina città d’Autun, sperando che il<br />
senato romano riuscisse a mandare, in suo aiuto, consistenti<br />
rinforzi militari dalla città eterna, ma Artù lo venne a sapere e<br />
spronò i propri uomini a tal punto che riuscirono a precederlo<br />
lungo la strada e l’intercettarono lungo la vallata della Suesia e<br />
quivi vi fu un’altra terribile battaglia.<br />
Prima che quella avesse inizio, Artù <strong>di</strong>vise in due tronconi il<br />
proprio esercito e, con la propria legione, si portò alle spalle<br />
dell’esercito romano e piantò su d’una collinetta il vessillo del<br />
drago dorato che fu anche <strong>di</strong> suo padre, <strong>di</strong>cendo: ”Tutti i feriti<br />
<strong>di</strong> questa battaglia prendano come riferimento questo vessillo,<br />
in modo da potersi mettere in salvo e ricevere le dovute cure<br />
quando l’avranno raggiunto, ma ora è venuto il momento che<br />
ognuno <strong>di</strong> noi faccia il proprio dovere e si schieri per<br />
contrastare il potere <strong>di</strong> chi vuole soverchiare le tra<strong>di</strong>zioni e le<br />
dure conquiste del nostro popolo. Ora è giunto il momento per<br />
tutti d’andare all’attacco e, se necessario, versare il sangue per<br />
la nostra libertà”. A quelle parole, i bretoni interruppero<br />
imme<strong>di</strong>atamente il <strong>di</strong>scorso d’Artù attribuendogli una<br />
gran<strong>di</strong>osa ovazione, iniziando a mostrare segni d’impazienza<br />
per l’imminente battaglia.<br />
Nello stesso momento, Tiberio venne a sapere della trappola<br />
organizzatagli da Artù con le sue truppe ed iniziò a <strong>di</strong>re: ”Miei<br />
cari soldati, qui barbari <strong>di</strong> britanni, che credono d’essere<br />
migliori <strong>di</strong> voi solamente perché in maggior numero, vogliono<br />
far sì che ca<strong>di</strong>amo in un’imboscata che ci hanno teso, ma non<br />
sanno che noi li aggireremo silenziosamente per poterli<br />
attaccare <strong>di</strong> sorpresa, anche se la cosa ci abbassa al loro livello;<br />
ma ora è giunto il momento che ognuno <strong>di</strong> noi si metta in<br />
formazione e sia preparato il cuneo <strong>di</strong> sfondamento per poterci,<br />
in seguito, far strada tra le loro linee”, quin<strong>di</strong> mise l’aquila<br />
342<br />
”Il Sinedrio ebraico, la loro somma carica religiosa, si rivolse<br />
a me con quell’uomo, con l’intenzione <strong>di</strong> ucciderlo perché gli<br />
dava veramente fasti<strong>di</strong>o, ma io non ho trovato in lui nessuna<br />
colpa, anzi lo <strong>di</strong>chiarai assolutamente innocente, ma costoro,<br />
giurando su se stessi ed i propri figli, mi obbligarono ad<br />
emettere una sentenza <strong>di</strong> condanna, cosa che feci lavandomene<br />
le mani! Tutto questo nonostante le chiare testimonianze della<br />
benevolenza della folla verso i suoi gesti, il fatto fu possibile<br />
anche grazie al tra<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> uno dei suoi che poi s’impiccò<br />
per la vergogna”<br />
”A <strong>di</strong>re il vero mi erano gia giunti all’orecchio i miracoli <strong>di</strong><br />
quell’uomo e ne fu fatto uno in questo stesso palazzo a nome<br />
suo, quin<strong>di</strong> proclamo che Egli era veramente Gesù Cristo, Re<br />
dei giudei” a queste parole tutti gli idoli <strong>di</strong> Roma andarono in<br />
frantumi davanti all’intiera popolazione romana, senatori<br />
compresi, suscitando enorme paura in tutti quanti. Finita che fu<br />
quella risposta, l’imperatore riprese a parlare, <strong>di</strong>cendo: ”Per ora<br />
abbiamo finito con te, ma ti voglio risentire domattina <strong>di</strong><br />
buonora, ma nel frattempo mi devi scusare se ti rifaccio<br />
imprigionare, ma è per la tua sicurezza. Sia portato nei<br />
sotterranei dell’anfiteatro”. Il mattino successivo<br />
l’interrogatorio riprese e Pilato continuò il racconto, <strong>di</strong>cendo:<br />
”Egli aveva un potere enorme su tutti, tanto da poter scacciare<br />
sia i demoni sia si erano impossessati delle persone, che<br />
ad<strong>di</strong>rittura la morte stessa, ma come <strong>di</strong>ssi ieri fui costretto ad<br />
agire nel modo che gli descrissi dalle pressioni <strong>di</strong> quel<br />
maledetto popolo e dei suoi capi spirituali”<br />
A quelle rivelazioni, l’imperatore riprese la parola, <strong>di</strong>cendo:<br />
”Con questa tua testimonianza ti sei completamente scagionato,<br />
Ponzio Pilato, puoi tornare libero; inoltre or<strong>di</strong>no che sia<br />
costruito un esercito da spe<strong>di</strong>re in Giudea a <strong>di</strong>sperdere quel<br />
popolo se<strong>di</strong>zioso e maledetto fino all’ultima persona”, fu così<br />
che iniziò ufficialmente la guerra contro gli ebrei, nella quale<br />
quell’area fu completamente purificata da quelle pericolose.<br />
27
Poco tempo dopo, Ponzio Pilato fu trovato in casa propria<br />
morto, trafitto dalla propria spada.<br />
Parte Parte Parte PPrima:<br />
P rima: La La nascita nascita ed ed infanzia infanzia <strong>di</strong> <strong>di</strong> <strong>di</strong> Merlino Merlino l’incantatore,<br />
l’incantatore,<br />
infanzia infanzia d’Uterpendragon.<br />
d’Uterpendragon.<br />
d’Uterpendragon.<br />
Capitolo 1<br />
Un tempo, quando le Britannia era sotto la dominazione<br />
romana, vi viveva una splen<strong>di</strong>da ragazza orfana d’entrambi i<br />
genitori che si confidava quoti<strong>di</strong>anamente col suo confessore;<br />
ma il demonio era in agguato, il quale ebbe l’astuta idea <strong>di</strong><br />
mandarvi come dama <strong>di</strong> compagnia una vecchia.<br />
Quella megera, dopo poco tempo, iniziò a <strong>di</strong>re: ”È un vero<br />
peccato che una fanciulla così bella come sei tu non sia attratta<br />
dagli uomini. Con quei due splen<strong>di</strong><strong>di</strong> occhi azzurrissimi che ti<br />
ritrovi e quelle trecce talmente bionde da fare invi<strong>di</strong>a alle<br />
mature spighe <strong>di</strong> grano, potresti avere ai tuoi pie<strong>di</strong> l’intiero<br />
mondo maschile, anzi, incontrare quelle brave persone è<br />
veramente stupendo sotto ogni aspetto, per poi non parlare <strong>di</strong><br />
quando ci si corica assieme nel talamo nuziale, allora lì sì che<br />
danno il meglio <strong>di</strong> se stessi!”, cosicché come la poverina si fu<br />
ritirata nella propria stanza, iniziò a pensarci seriamente. Nel<br />
buio della notte ebbe questi pensieri: ”Se quella brutta<br />
vecchiaccia che si professa mia amica avesse ragione, e la dolce<br />
compagnia degli uomini fosse veramente un’esperienza unica?<br />
Ma per ora non pensiamoci più che è ora <strong>di</strong> addormentarsi; ne<br />
parlerò domattina col mio confessore”, <strong>di</strong>fatti il mattino dopo la<br />
ragazza andò a confessarsi <strong>di</strong>cendo tutto al suo confessore.<br />
Finito che ebbe <strong>di</strong> parlare la poverina, il padre gli <strong>di</strong>sse: ”Sappi<br />
che in quelle parole ci vedo lo zampino del <strong>di</strong>avolo, che un<br />
rivale veramente insi<strong>di</strong>oso, ma per tenerlo alla larga esiste un<br />
rime<strong>di</strong>o veramente infallibile, quando vai a dormire devi tenere<br />
acceso sul tuo como<strong>di</strong>no un lume e vedrai che non succede<br />
assolutamente niente”. A queste parole il demonio s’impensierì<br />
veramente molto, a tal punto da <strong>di</strong>re: ”Se veramente quella<br />
28<br />
nello stesso istante, dal campo d’Artù, videro che per Galvano<br />
ed i suoi compagni le cose non stavano andando per niente<br />
bene e le guar<strong>di</strong>e avvertirono Artù in persona. Subito fu<br />
mandato fuori un contingente <strong>di</strong> britanni in rinforzo agli<br />
ambasciatori e riuscirono in quel modo a battere abbastanza<br />
sonoramente la guarnigione romana, che però continuava a dare<br />
fasti<strong>di</strong>o al manipolo bretone.<br />
Ad un certo punto i due eserciti rivali si ritrovarono in una<br />
vasta radura ed a quel punto Galvano condusse i suoi uomini in<br />
una battaglia campale, durante la quale sconfissero<br />
definitivamente la legione che era stata mandata contro <strong>di</strong> loro<br />
ed a catturare il capo <strong>di</strong> quella squadra, nomato Petreio, e tutti i<br />
soldati superstiti <strong>di</strong> quella sortita, conducendoli, poi al campo<br />
bretone per poterli interrogare con tutta tranquillità. Arrivati<br />
che furono tutti quanti al sicuro, dentro il campo d’Artù,<br />
Galvano raccontò com’erano andate le cose, quin<strong>di</strong> Artù stesso<br />
iniziò a <strong>di</strong>re: ”Caro nipote, mi congratulo con te, in questo<br />
frangente, anche perché, data la malalingua <strong>di</strong> quel romano,<br />
non potevi fare altrimenti; ma ora conviene che rispe<strong>di</strong>amo<br />
quei romani a Lutezia, dopo averli doverosamente interrogati<br />
per vedere quanto possano sapere sulle intenzioni del loro<br />
imperatore, è ovvio che durante il tragitto dovremmo fornirgli<br />
anche un’adeguata scorta armata, per ogni evenienza. Sappiate,<br />
inoltre, che ognuno dei partecipanti a questa sortita percepirà<br />
un’adeguata ricompensa appena avremo un buon bottino, per<br />
poterli ripagare doverosamente”<br />
Finalmente la scorta fu organizzata ed il resto dell’esercito<br />
bretone poté riprendere la propria marcia ma, lungo la strada,<br />
s’imbatterono in una legione romana che era venuta a sapere il<br />
tragitto degli insorti, ma l’esercito d’Artù riuscì a<br />
temporeggiare con quei soldati per un po' <strong>di</strong> tempo, in modo<br />
che furono raggiunti da alcuni squadroni <strong>di</strong> rinforzo, i quali<br />
risultarono decisivi nella feroce battaglia che ne seguì<br />
imme<strong>di</strong>atamente. Quella cocente <strong>di</strong>sfatta dell’esercito romano<br />
341
crollare con un tonfo tremendo. Dopo qualche minuto, Artù si<br />
riprese dal combattimento e, rivolgendosi a Bedevere, <strong>di</strong>sse:<br />
”Mio buon coppiere, è giunto il momento che voi spicchiate la<br />
testa dal corpo <strong>di</strong> questo fellone”, una volta che il capo del<br />
gigante fu staccato, i tre compagni tornarono<br />
all’accampamento, aspettando che il loro esercito si riunisse<br />
completamente.<br />
Una volta che l’intiero esercito si fu radunato, iniziò la marcia<br />
verso sud, in <strong>di</strong>rezione d’Autun; raggiunta che fu quella ridente<br />
località, l’esercito d’Artù vi trovò un’enorme formazione<br />
armata mandata <strong>di</strong>rettamente da Roma e, sul fiume Aube, si<br />
decise l’erezione dell’accampamento, mentre Artù mandò a<br />
chiamare suo nipote, <strong>di</strong>cendogli: ”Vai con la ban<strong>di</strong>era bianca ed<br />
assieme ad altri due dei nostri consoli, alla presenza<br />
dell’imperatore Tiberio. Una volta che sarai alla sua presenza<br />
dovrai annunciargli che si deve ritirare dalle Gallie, altrimenti<br />
ci sarà un grande spargimento <strong>di</strong> sangue da ambo le parti”. Una<br />
volta che furono giunti davanti all’imperatore, Galvano ed i<br />
suoi compagni riferirono l’ultimatum <strong>di</strong> re Artù ma Tiberio<br />
replicò imme<strong>di</strong>atamente <strong>di</strong>cendo: ”Torna dal tuo re e <strong>di</strong>gli che<br />
la Gallia è provincia romana ed è mia intenzione, come<br />
imperatore <strong>di</strong> Roma, continuare a governarla per mezzo dei<br />
miei governatori”. Subito il nipote dell’imperatore si fece<br />
avanti e <strong>di</strong>sse, con sommo <strong>di</strong>sprezzo: ”Mio signore, vi ricordo<br />
che i britanni hanno la pessima abitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> vantarsi invano, per<br />
non combattere grazie alla loro cronica codar<strong>di</strong>a”, ma il giovine<br />
non poté vivere oltre perché Galvano prese mano alla propria<br />
spada e spiccò la testa del <strong>di</strong>ssennato ragazzo, il quale cadde<br />
morto all’istante. Subito Galvano ed i suoi compagni corsero ai<br />
rispettivi cavalli, andandosene <strong>di</strong> gran carriera, uccidendo tutti i<br />
soldati che gli si paravano davanti, <strong>di</strong>mostrando in quel modo<br />
quanto il giovane principe parlava a vuoto. Nonostante quella<br />
<strong>di</strong>mostrazione <strong>di</strong> forza da parte dei britanni, alcuni soldati<br />
romani continuarono l’inseguimento della delegazione d’Artù;<br />
340<br />
splen<strong>di</strong>da bionda segue il consiglio <strong>di</strong> quel cornacchione<br />
intonacato, io sono completamente spacciato”<br />
Bisogna sapere che la bella bionda aveva una sorella minore<br />
che aveva gia conosciuto carnalmente gli uomini. Un sabato<br />
sera, la minore, come suo solito, rincasò scortata da <strong>di</strong>versi<br />
uomini, a quella vista, la maggiore <strong>di</strong>sse: ”Come osate voialtri<br />
libertini profanare la vigilia <strong>di</strong> un giorno santo in quel modo,<br />
ora dovete andarvene, altrimenti vi dovrò scacciare con la<br />
scopa come si fa con i cani randagi e rognosi”, ma quelli<br />
iniziarono a batterla crudelmente, a tal punto che la poverina,<br />
gridando all’inverosimile dalle percosse, dovette rifugiarsi in<br />
camera propria dove pianse amaramente fino a addormentarsi.<br />
Purtroppo per lei, addormentandosi, si scordò <strong>di</strong> accendere il<br />
lume come gli era stato suggerito; a quella vista il Diavolo<br />
prese l’occasione al volo e, sollevatale la gonna, la penetrò a tal<br />
punto da renderla incinta.<br />
La poverina se n’accorse e, svegliandosi, iniziò a guardarsi<br />
attorno per capire se avesse sentita veramente la penetrazione,<br />
ma non vide nessuno e trovando tutto perfettamente chiuso, si<br />
<strong>di</strong>sse: ”Se non ho sognato, e ne dubito, allora sono stata<br />
violentata nel sonno dal demonio” e riprese a piangere. Fattosi<br />
il mattino, la poverina corse subito a confessarsi,<br />
raccontandogli tutto quanto, come lei ebbe finito <strong>di</strong> raccontare<br />
l’accaduto, il confessore <strong>di</strong>sse: ”Quanto mi hai appena detto è<br />
veramente incre<strong>di</strong>bile, sinceramente se non ti conoscessi, potrei<br />
<strong>di</strong>re che stai <strong>di</strong>ssacrando il confessionale”<br />
A queste accuse, la poverina iniziò a piangere <strong>di</strong>speratamente,<br />
allora il chierico <strong>di</strong>sse: ”Quelle lagrime sono sincere, devo<br />
dedurre che è tutto vero, le uniche cose che puoi fare in questo<br />
caso, sono <strong>di</strong> astenerti dalla lussuria e <strong>di</strong> venerdì mangia una<br />
sola volta durante l’intiera giornata”<br />
”Vi prometto che farò quanto mi hai suggerito <strong>di</strong> fare”<br />
”Stai attenta a tutto quanto, ora ti devo dare la dovuta<br />
penitenza e ti devo congedare”<br />
29
Il <strong>di</strong>avolo sentendo tutto questo <strong>di</strong>alogo, si <strong>di</strong>sse: ”Questo non<br />
ci voleva, ora devo ricominciare tutto quanto da capo e trovare<br />
una nuova vittima da stuprare” e se n’andò gonfio d’ira per<br />
l’accaduto. Arrivò il momento in cui la casta fanciulla non poté<br />
più nascondere la propria vergognosa gravidanza, allora le<br />
amiche gli fecero attorno chiedendosi: ”Ma chi è stato che gli<br />
ha fatto questo, proprio a lei che è sempre stata così casta e<br />
pura ed aborre la presenza maschile, se non quella del clero?”<br />
Intanto la poverina continuava a schernirsi, perché si<br />
vergognava a rivelare la verità su quanto gli era successo. Le<br />
amiche, gelose, si rivolsero al prefetto del luogo, <strong>di</strong>cendogli:<br />
”La nostra amica, che noi credevamo così virtuosa, è rimasta<br />
incinta da un uomo ignoto ed essa non voleva rivelare <strong>di</strong> chi si<br />
trattasse”. Finito il racconto delle ragazze, la giovine fu<br />
condannata ad essere murata viva in una torre, assistita da due<br />
fidatissime, ed altrettanto brutte, balie finché finalmente non si<br />
compirono i giorni del parto per la poveretta, si deve sapere che<br />
quella stanza aveva un solo pertugio comunicante con l’esterno<br />
da cui facevano passare il sostentamento delle tre recluse.<br />
Alla nascita, il pargolo era veramente peloso, al che la madre,<br />
nel timore che vi fosse una male<strong>di</strong>zione in corso, <strong>di</strong>sse:<br />
”Qualcosa del corpo <strong>di</strong> questo piccolo non mi convince se si<br />
potesse, vorrei farlo battezzare all’istante, il suo nome voglio<br />
che sia Merlino, come il mio defunto padre”. Il rito fu<br />
effettivamente eseguito ed al bambino fu imposto il nome <strong>di</strong><br />
Merlino, come richiesto dalla madre; finito tutto quanto il<br />
bimbo fu fatto attaccare al seno della madre per essere allattato,<br />
rimanendo tutti quanti segregati fino allo svezzamento.<br />
Un giorno che era sovrapensiero durante l’allattamento, la<br />
madre <strong>di</strong>sse a Merlino: ”Ora che sei abbastanza cresciuto, mio<br />
caro figlio, dovrò morire a causa tua”<br />
”Madre cara, quanto tu stai <strong>di</strong>cendo non potrà mai avverarsi,<br />
finché io sarò in vita e vivrai per molti anni ancora”, al che la<br />
poverina fu talmente sorpresa da far cadere il figlio a terra.<br />
30<br />
Una volta che i due interpellati furono alla presenza del loro<br />
signore, Artù prese a <strong>di</strong>re: ”Avete sentito anche voi due cosa è<br />
successo qui vicino nei giorni imme<strong>di</strong>atamente precedenti al<br />
nostro arrivo, ebbene sappiate che ho deciso <strong>di</strong> dare la caccia a<br />
quel malefico gigante e, una volta che l’avrò trovato, <strong>di</strong><br />
ucciderlo riportando al padre colei che egli ha rapito in modo<br />
così ignominioso”, a quelle parole Keu e Bedevere accettarono<br />
imme<strong>di</strong>atamente <strong>di</strong> partire con il loro re per quell’avventura che<br />
aveva il mero sapore <strong>di</strong> <strong>di</strong>versivo.<br />
Arrivati che furono a destinazione, i compagni videro brillare<br />
due fuochi su altrettante vette vicine, allora Artù s’avvicinò a<br />
Bedevere e gli <strong>di</strong>sse: ”Mio buon coppiere, va avanti in<br />
avanscoperta e sappimi <strong>di</strong>re quale dei due lumi che ve<strong>di</strong>amo è<br />
quello giusto”, così Bedevere s’avviò alla cima più vicina, ivi<br />
giunto che fu incontrò una vecchia che piangeva su d’un<br />
tumulo. Allora avvicinatosi, Bedevere le chiese: ”Buona dama,<br />
come mai siete così <strong>di</strong>sperata e lacrimante su questa tomba?”.<br />
La povera donna, senza smettere <strong>di</strong> piangere, si volse verso<br />
Bedevere e <strong>di</strong>sse: ”Povera la mia piccola Elena,se non fosse<br />
stato per quel perfido gigante che la ha uccisa senza alcun<br />
motivo, inoltre non contento, il malvagio mi anche stuprato e,<br />
per questo motivo vi supplico d’uccidermi perché non reggo a<br />
questo <strong>di</strong>sonore, ma voi è meglio che torniate sui vostri passi se<br />
volete fuggire da morte sicura”. Bedevere non se lo fece <strong>di</strong>re<br />
un’altra volta e, ringraziata la vecchia, ri<strong>di</strong>scese verso il luogo<br />
ove aveva lasciato Artù e Keu, raccontando le ultime novità<br />
sulla loro avventura, finito che fu il racconto del coppiere, Artù<br />
ne rimase molto addolorato, ma anche molto più determinato ad<br />
uccidere il perfido gigante; finalmente riuscirono a trovarlo<br />
sulla vetta principale del promontorio e tutti e tre iniziarono ad<br />
affrontarlo ferocemente, perché in<strong>di</strong>gnati per quanto aveva fatto<br />
alla povera fanciulla ed all’onorata dama.<br />
Finalmente, dopo grande battagliare, Artù riuscì ad uccidere il<br />
gigante, infilandogli la propria spada nel cervello, facendolo<br />
339
farceli restituire incon<strong>di</strong>zionatamente, inoltre v’è imposto <strong>di</strong><br />
presentarvi al cospetto <strong>di</strong> quell’onorevole assemblea per portare<br />
le debite scuse e ricevere la giusta punizione per quanto avete<br />
fatto in questi ultimi anni”. Artù fu molto sorpreso per quelle<br />
accuse, quin<strong>di</strong> radunò il proprio consiglio per decidere cosa era<br />
giusto fare; la cosa andò avanti per qualche ora, visto che<br />
nessuno dei partecipanti, alla fine <strong>di</strong> quelle interminabili<br />
<strong>di</strong>scussioni, aveva dato un giusto suggerimento, Galvano prese<br />
la parola ed iniziò a <strong>di</strong>re: ”Non resta che armare un forte e<br />
grande esercito, per poi partire verso sud ed attaccare in massa<br />
la città eterna, che si sta <strong>di</strong>mostrando alquanto ingerente nei<br />
confronti della nostra sovrana autonomia” la proposta fu<br />
accettata da tutti quanti e la decisione fu comunicata<br />
all’ambasciata. Subito la delegazione ripartì e riferì la risposta<br />
negativa d’Artù al senato del popolo romano, il quale rispose<br />
con la creazione <strong>di</strong> una sua legione per contrastare l’avanzata<br />
del buon re. Negli stessi giorni, Artù decise la reggenza del<br />
proprio regno e, presa la decisione, fece chiamare Ginevra ed il<br />
nipote Mordred, l’infame, e davanti all’intiera corte, prese a<br />
<strong>di</strong>re: ”Ormai la mia campagna <strong>di</strong> guerra è pronta per mettersi in<br />
moto, infatti domattina mi metterò in marcia col mio esercito;<br />
durante la mia assenza ho deciso d’affidare il governo del mio<br />
ormai glorioso e vasto regno alle cure congiunte della mia<br />
adorata moglie Ginevra e <strong>di</strong> mio nipote Mordred, che<br />
provvederanno a tutti i fabbisogni durante tutto il periodo”.<br />
Passarono così pochi giorni ed Artù, con tutto il suo esercito,<br />
dalla Britannia si ritrovò sulle acque del mare per giungere<br />
nelle Gallie ove attraccò in pochissimo tempo in una località<br />
nomata Barfleur per attendere gli altri eserciti alleati.<br />
Durante l’attesa, giunse al campo d’Artù, anche la notizia che<br />
una dolce fanciulla nomata Elena, figlia del duca Hoel, era stata<br />
rapita da un perfido gigante e l’aveva condotta nel proprio<br />
rifugio sul promontorio <strong>di</strong> Mont – Saint – Michael; subito Artù<br />
convocò Keu il siniscalco e il buon Bedevere, suo coppiere.<br />
338<br />
Sentendo il trambusto, le due levatrici accorsero<br />
imme<strong>di</strong>atamente alle quali la poverina raccontò l’accaduto;<br />
come lei ebbe finito, una delle due levatrici <strong>di</strong>sse: ”Mia<br />
splen<strong>di</strong>da signora, quanto mi state <strong>di</strong>cendo è veramente<br />
impossibile che accada, ci state prendendo per il naso”. Allora<br />
Merlino intervenne <strong>di</strong>cendo: ”Mie care balie quanto <strong>di</strong>ce<br />
l’adorata madre è assolutamente vero, non dovete dubitare <strong>di</strong><br />
chi non mentì mai come costei”, a queste parole le due<br />
vecchiacce si sorpresero e corsero al pertugio per gridare<br />
all’esterno la propria sorpresa, attirando così anche l’attenzione<br />
dei locali pretori.<br />
Subito la poverina fu condotta nuovamente in giu<strong>di</strong>zio, ove il<br />
pretore emise la seguente sentenza: ”Visto che è <strong>di</strong>ventata<br />
ragazza madre, senza rivelare il nome del padre, la<br />
condanniamo alla morte sul rogo, secondo le vigenti leggi<br />
imperiali e locali”. Sentendo quella sentenza, il piccolo Merlino<br />
prese la parola, <strong>di</strong>cendo: ”Se costei è talmente colpevole da<br />
essere arsa viva, la stragrande maggioranza dei presenti<br />
dovrebbe subire la stessa sorte”<br />
”Piccolino ve<strong>di</strong> <strong>di</strong> provare quanto hai detto, altrimenti rischi <strong>di</strong><br />
seguire la stessa condanna <strong>di</strong> tua madre”<br />
”Allora fa chiamare tua madre, pretore”. Arrivata che fu la<br />
madre del pretore, Merlino continuò <strong>di</strong>cendo: ”Tu pretore sei il<br />
peccaminoso frutto dell’amore tra costei ed un sacerdote <strong>di</strong><br />
Gesù Cristo”<br />
A sentirsi così scoperta, alla povera donna non restò che <strong>di</strong>re:<br />
”Non ti volli mai <strong>di</strong>re niente, mio caro figlio, perché stata una<br />
cosa veramente obbrobriosa e <strong>di</strong> cui mi vergogno<br />
enormemente”<br />
Il pretore restò sorpreso da queste rivelazioni e, rivolgendosi a<br />
Merlino, gli chiese: ”Allora <strong>di</strong> chi sei figlio, da conoscere anche<br />
le cose più nascoste?”<br />
”Mia madre fu ingannata dal demonio, da cui ebbi il dono<br />
della conoscenza del passato, ma mia madre è sempre stata<br />
31
talmente virtuosa da trovare grazia presso Dio che mi <strong>di</strong>ede la<br />
conoscenza verso il futuro ed adesso ti <strong>di</strong>co che la madre<br />
peccaminosa è andata ad avvertire l’antico amante che la loro<br />
tresca è stata scoperta. Quin<strong>di</strong> il peccatore si andrà ad uccidere,<br />
annegandosi in un fiume lì vicino in preda al rimorso”. Tutto<br />
quello che Merlino pre<strong>di</strong>sse si avverò all’istante ed i due furono<br />
rilasciati e la povera ragazza si ritirò in un convento, immersa<br />
in un alone <strong>di</strong> santità e Merlino restò con lei fino ai sette anni,<br />
quando le suore compagne della madre lo mandarono altrove a<br />
stu<strong>di</strong>are.<br />
Capitolo 2<br />
Negli stessi anni, a Londra, il re Costante passò a miglior vita,<br />
lasciando il trono ai due figli ancora troppo piccoli, che si<br />
chiamavano Moine ed Uterpendragon, affidandoli alle cure del<br />
siniscalco Vortigen. Purtroppo Vortigen era un essere infido ed<br />
invi<strong>di</strong>oso del potere dei due bambini, a tal punto che contattò<br />
un sicario, dandogli queste precise istruzioni: ”Pren<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />
sorpresa i due principini, mentre dormono nei loro letti ed<br />
ucci<strong>di</strong>li tagliandogli la gola ad entrambi, in modo da non farti<br />
sentire da alcuno”, ma il piccolo Uterpendragon si svegliò in<br />
tempo per fuggire in Gallia.<br />
Venutolo a sapere, Vortigen or<strong>di</strong>nò: ”Fate costruire una torre<br />
che mi avverta per tempo se quel piccolo moccioso ritorno in<br />
patria”, ma la torre crollava sempre, anche dopo <strong>di</strong>verse volte<br />
che costruita sempre più robusta. Nel frattempo il tra<strong>di</strong>tore si<br />
era fatto incoronare dal popolo britannico e vi regnava da vero<br />
tiranno, venuto a sapere del ripetersi del problema, Vortigen<br />
fece chiamare gli astrologi <strong>di</strong> corte e li informò dell’accaduto,<br />
dopo essersi consultanti, questi <strong>di</strong>ssero: ”Bisogna impastare del<br />
cemento col sangue <strong>di</strong> un bambino nato sette anni fa senza<br />
padre”<br />
Dopo tale profezia, Vortigen mandò molti emissari per cercare<br />
il bambino giusto, finché due <strong>di</strong> loro non s’imbatterono in<br />
Merlino, questi come li vide, gli rivolse la parola, <strong>di</strong>cendo<br />
32<br />
accolti con enorme gioia e rispetto; finalmente i festeggiamenti<br />
iniziali terminarono ed Erèc, Enide e Ghivrèt poterono, così<br />
ristorarsi per qualche ora, finché Artù non li mandò a chiamare<br />
davanti a tutta la corte e si fece raccontare tutte le ultime<br />
avventure che avevano avuto nel frattempo, infine i tre<br />
compagni accontentarono il desiderio d’Artù e rimasero a corte.<br />
Un brutto giorno, però, re Lac, padre d’Erèc, morì e quando il<br />
buon cavaliere lo venne a sapere fece in modo <strong>di</strong> offrire le<br />
dovute donazioni, con annesse orazioni e messe per ricordare<br />
l’adorato padre; fatto quanto poteva per ricordare il padre, Erèc<br />
andò da re Artù e <strong>di</strong>sse: ”Mio signore è giunto il momento <strong>di</strong><br />
rimettere tutti i miei posse<strong>di</strong>menti nelle vostre mani, in modo<br />
che possiate farne quanto vi sembra giusto in questo frangente”<br />
”Buon Erèc la cosa migliore che posso fare per voi è quella <strong>di</strong><br />
restituirvi quanto v’appartiene e d’incoronarvi re al posto <strong>di</strong><br />
vostro padre, con la preghiera <strong>di</strong> continuare a risiedere presso <strong>di</strong><br />
me, una volta che abbiate sistemato tutto quanto nel vostro<br />
reame, che in questo momento verserà in un caos veramente<br />
orrendo. Ora non devo far altro che decidere quanto ci avverrà<br />
e la cosa migliore da fare è <strong>di</strong> fare il tutto a Nantes per le<br />
imminenti feste natalizie”. Il giorno fissato per il grande<br />
avvenimento, a Nantes v’era una gran folla <strong>di</strong> baroni, cavalieri<br />
e regnanti giunti su invito d’Artù stesso, sia per rendere<br />
omaggio alla nuova <strong>di</strong>gnità d’Erèc. Una volta che furono tutti<br />
ai propri posti, si <strong>di</strong>ede inizio alla cerimonia con l’investitura <strong>di</strong><br />
quattromila cavalieri, i quali ricevettero da Artù in persona<br />
ricchissimi regali, infine Erèc ed Enide furono incoronati con<br />
enorme sfarzo davanti a tutti gli intervenuti.<br />
Parte Parte <strong>di</strong>ciassettesima: <strong>di</strong>ciassettesima: la la fine fine della della Ta Tavola Ta vola Rotonda.<br />
Rotonda.<br />
Capitolo 65<br />
Passò il tempo ed un giorno re Artù ricevette un’ambasceria <strong>di</strong><br />
Roma, la quale, arrivata alla sua presenza, iniziò a <strong>di</strong>re: ”Sire,<br />
siete colpevole agli occhi del Senato <strong>di</strong> Roma d’avergli<br />
sottratto vasti territori dal suo impero; c’è stato or<strong>di</strong>nato <strong>di</strong><br />
337
ambina ed adesso la cosa mi pesa alquanto”, finito che ebbe <strong>di</strong><br />
raccontare la propria storia, la sventurata tacque, dando così<br />
modo ad Enide <strong>di</strong> raccontare la propria storia sino a quel<br />
momento. Intanto il resto del corteo iniziò a domandarsi come<br />
mai le due dame avevano tante cose da <strong>di</strong>rsi, finché uno dei<br />
cavalieri più vicini, che aveva u<strong>di</strong>to entrambe le storie, iniziò a<br />
<strong>di</strong>re: ”Quelle due splen<strong>di</strong>de damigelle, in realtà, sono cugine<br />
germane e si sono ritrovate in questo frangente dopo ben do<strong>di</strong>ci<br />
anni, durante i quali nessuna delle due sapeva nulla dell’altra”.<br />
A quella notizia tutti quanti ne furono ancora più felici, ma<br />
quelli che giubilarono maggiormente furono Erèc e Maboagràin<br />
che si ritrovarono improvvisamente cugini in virtù delle<br />
rispettive dame.<br />
Infine il festoso corteo arrivò gaiamente nel cortile del<br />
castello, accompagnato da due ali giubilanti <strong>di</strong> folla; come<br />
furono tutti entrati, iniziò una gran<strong>di</strong>osa festa che durò per ben<br />
tre giorni, in mezzo a canti, danze e giochi vari, interrotti<br />
solamente da banchetti luculliani. Al mattino del quarto giorno,<br />
Erèc si presentò ad Evràin e prese a <strong>di</strong>re: ”Messere, vi ringrazio<br />
anche a nome dei miei compagni per l’ospitalità che ci avete<br />
dato, ma ormai è giunto il momento per noi <strong>di</strong> riprendere la<br />
strada per arrivare alla nostra corte d’appartenenza, chiedendo a<br />
voi ed alla vostra corte il debito e cortese congedo per<br />
allontanarci dalla vostra cortese presenza”<br />
”Buon Erèc mi spiace che voi ed i vostri compagni ci dobbiate<br />
lasciare in un frangente così lieto, ma comprendo anche molto<br />
bene i doveri che avete nei confronti del signore a cui avete<br />
giurato fedeltà, quin<strong>di</strong>, seppur a malincuore, vi concedo il<br />
congedo e raggiungerlo ovunque sia la sua corte in questo<br />
momento”, detto questo Erèc ed Evràin s’abbracciarono, così<br />
fecero tutti i presenti tra <strong>di</strong> loro, augurandosi vicendevolmente<br />
ogni buona sorte; infine Erèc, Enide e Ghivrèt partirono per<br />
giungere in breve tempo alla corte <strong>di</strong> re Artù. I tre compagni<br />
furono ben presto avvistati e, com’entrarono a corte, furono<br />
336<br />
profeticamente: ”Voi state cercando un bambino che, come me,<br />
abbia sette anni e non abbia conosciuto suo padre per ucciderlo<br />
ed usarne il sangue in modo blasfemo, ora vi chiedo <strong>di</strong> portarmi<br />
davanti a quel nefando re che vi <strong>di</strong>ede l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> cercarmi", i<br />
due emissari si guardarono in faccia per qualche secondo, poi<br />
pensarono che non c’era niente <strong>di</strong> male ad assecondare i<br />
desideri del fanciullo e lo condussero al cospetto <strong>di</strong> Vortigen.<br />
Una volta che Merlino fu davanti al re, gli <strong>di</strong>sse: ”Sire, o<br />
presunto tale perché non hai <strong>di</strong>ritto a sedere su quel trono, sappi<br />
che la torre che stai tentando <strong>di</strong> costruire, crolla sempre perché<br />
le fondamenta poggiano sui dorsi <strong>di</strong> due draghi che ne sentono<br />
il peso e la <strong>di</strong>struggono muovendosi furiosamente; coloro che ti<br />
<strong>di</strong>ssero <strong>di</strong> usare il sangue <strong>di</strong> un bambino nato sette anni fa per<br />
impastare il cemento ti fanno mentito clamorosamente”<br />
U<strong>di</strong>te queste parole, Vortigen <strong>di</strong>sse: ”Si faccia scavare più in<br />
profon<strong>di</strong>tà le fondamenta della torre e ve<strong>di</strong>amo se questo<br />
ragazzino ha detto il giusto”, alla fine lo scavo risultò molto<br />
profondo, ma ne saltarono effettivamente fuori due draghi che<br />
iniziarono ad affondarsi furiosamente. Uno dei due era bianco e<br />
lo altro era rosso, durante il combattimento tra i due draghi<br />
provocò enormi devastazioni nel territorio, finché il maestoso<br />
bianco sconfisse il rosso, bruciandolo con le sue vampate.<br />
Morto che fu il rosso, Merlino si voltò nuovamente verso<br />
Vortigen, <strong>di</strong>cendogli: “Il drago bianco, vittorioso, è<br />
Uterpendragon che tornerà a sconfiggerti col fuoco, infatti, tu<br />
sei quel maestoso e perfido rosso che hai visto morire tra le<br />
fiamme”. Infatti, pochi mesi dopo, Uterpendragon sbarcò a<br />
Dover dove radunò un forte esercito e si <strong>di</strong>resse verso Londra;<br />
a Canterbury il buon principe ai scontrò con l’usurpatore che<br />
iniziò subito a perdere terreno, barricandosi subito dopo nel<br />
locale castello.<br />
Subito Uterpendragon cinse d’asse<strong>di</strong>o il castello in modo tale<br />
da non poter dar scampo agli occupanti e posizionò le catapulte<br />
in modo da mirare ai tetti <strong>di</strong> legno e paglia all’interno del<br />
33
medesimo. Quando tutto fu pronto, Uter si rivolse agli<br />
asse<strong>di</strong>anti <strong>di</strong>cendo: ”Ora non avete più scampo, se volete avere<br />
salva la vita vi conviene arrendervi all’istante, altrimenti darò<br />
l'or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> sparare pallottole incen<strong>di</strong>arie sui vostri tetti,<br />
facendovi morire tra i più atroci tormenti in mezzo alle<br />
fiamme”<br />
Dall’interno delle fortificazioni so fece sentire la voce <strong>di</strong><br />
Vortigen, che rispose: ”Giammai ci arrenderemo ad un<br />
fanciullo moccoloso quale tu sei, che tra lo altro scappasti al<br />
primo accenno <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltà, nascondendoti <strong>di</strong>etro le spalle <strong>di</strong><br />
quei lestofanti <strong>di</strong> galli al <strong>di</strong> la del mare”. Uterpendragon non si<br />
fece intimorire da quel ribaldo tra<strong>di</strong>tore e rispose: ”Molto bene,<br />
tiranno dei miei stivali, te la sei presa con dei bambini e con gli<br />
inermi, ma ora hai davanti a te una persona che ha imparato<br />
molte cose in Gallia, compresa l’arte della guerra, quin<strong>di</strong> bada a<br />
te, Vortigen, che questa è l’ultima volta che parlerai ad una<br />
persona libera” quin<strong>di</strong> Uterpendragon si rivolse ai propri<br />
soldati, <strong>di</strong>cendo: ”Fate partire tutti i proiettili infuocati, e badate<br />
bene che se qualcuno <strong>di</strong> quegli infingar<strong>di</strong> tenta <strong>di</strong> fuggire<br />
uscendo, sia sgozzato”, partiti che furono i primi proiettili<br />
infuocati, le strutture <strong>di</strong> legno del castello presero fuoco, il<br />
quale si propagò con incre<strong>di</strong>bile velocità in tutti i locali del<br />
castello, facendo un’unica immensa pira degli occupanti che<br />
morirono dal primo all’ultimo tra enormi sofferenze e gridando<br />
orribilmente dal dolore. Alla fine della giornata sulle rovine<br />
bruciacchiate aleggiava un acre e nauseabondo odore <strong>di</strong> carne<br />
bruciata che fece sì <strong>di</strong> lasciare lontana qualsiasi creatura appena<br />
un po'’ sensibile per parecchi mesi.<br />
Una volta che furono riusciti a sgomberare il maniero <strong>di</strong><br />
Canterbury, Uterpendagron fu incoronato re della Britannia in<br />
una solenne celebrazione sacra, nel più sacro dei luoghi del<br />
regno: la costruzione <strong>di</strong> Stonehenge, poco più ad ovest <strong>di</strong><br />
Londra. Tornati che furono tutti alla capitale, un ciambellano si<br />
avvicinò al nuovo re, <strong>di</strong>cendogli: ”Signore mio, sappiate che<br />
34<br />
copriva una splen<strong>di</strong>da giovine, la quale attirò imme<strong>di</strong>atamente<br />
l’attenzione del buon cavaliere.<br />
Erèc non fece in tempo ad avvicinarsi alla fanciulla, che subito<br />
un cavaliere vermiglio, <strong>di</strong> straor<strong>di</strong>naria altezza, si parò <strong>di</strong> fronte<br />
ad Erèc stesso, <strong>di</strong>cendogli: ”Messere se volete aver salva la vita<br />
e godere della compagnia <strong>di</strong> costei, dovete battervi a duello con<br />
me”, dopo un lungo battagliare in cui i due contendenti si<br />
ferirono ad oltranza, Erèc riuscì a vincere la sfida. Vedendosi<br />
così miseramente sconfitto, il cavaliere vermiglio si prostrò ad<br />
Erèc, iniziando a <strong>di</strong>re: ”Sappiate, messere, che il mio nome è<br />
Maboagràin e sono nipote d’Evràin, signore <strong>di</strong> questo loco,<br />
inoltre sappiate che vi conosco molto bene, sir Erèc perché<br />
frequentai per lungo tempo la vostra corte. Quando<br />
m’innamorai <strong>di</strong> questa superba damigella, m’impose <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>morare in questo giar<strong>di</strong>no finché qualcuno non fosse riuscito<br />
a battermi, ora a buon <strong>di</strong>ritto potete suonare il corno che sta<br />
laggiù, su quel palo, e fare <strong>di</strong> me quanto più v’aggrada”, così<br />
Erèc corse imme<strong>di</strong>atamente a dare fiato allo strumento, che fu<br />
sentito da tutta la popolazione, la quale <strong>di</strong>ede inizio, così, al<br />
vero Giubilo della Corte, mentre Erèc era <strong>di</strong>sarmato al centro<br />
del prato su cui s’era duellato.<br />
Mentre Erèc era abbigliato con il debito onore, iniziarono a<br />
moltiplicarsi le canzoni <strong>di</strong> giubilo; contemporaneamente alcune<br />
dame iniziarono a comporre un poemetto che cantava le gesta<br />
del vincitore, nel frattempo tutti quanti si <strong>di</strong>ressero a corte.<br />
Durante il tragitto Enide s’accorse che la damigella era infelice,<br />
imme<strong>di</strong>atamente le s’avvicinò e prese a <strong>di</strong>re: ”Mia cara amica,<br />
come mai quella mestizia in un giorno così bello e sereno?”<br />
”Cara Enide, non stupirti se ti conosco, ma sappi che siamo<br />
cugine, dato che i nostri padri sono fratelli tra loro, ma non è<br />
questo che mi ha gettato nella mestizia più nera, ma il fatto che<br />
me n’andai da Laluth una dozzina d’anni fa con il compagno<br />
che mi sono scelta e battuto oggi dal tuo cavaliere, senza il<br />
consenso dei miei genitori, tuoi zii, quando ancora ero una<br />
335
”Vi do pienamente ragione, messere, sappiate quin<strong>di</strong> che io<br />
sono nomato Erèc, figlio <strong>di</strong> re Lac, ed assieme a me stanno<br />
viaggiando mia moglie Enide ed il fido re Ghivrèt, ma sappiate<br />
che quanto m’avete appena detto non mi ha per niente smosso<br />
dal mio intento nell’affrontare il Giubilo della Corte”<br />
”Messer Erèc mi spiace tantissimo che voi siate così deciso ad<br />
affrontare una prova così dura, ad<strong>di</strong>rittura mortale per chi ci<br />
prova, ma ad un certo punto non posso far altro che desistere,<br />
visto che non ho altra scelta”, detto questo, Evràin fece<br />
sparecchiare le tavole ed andarono tutti quanti a dormire.<br />
Capitolo 64<br />
Il mattino successivo, presa la messa dell’alba, Erèc iniziò a<br />
prepararsi per la nuova avventura, indossando l’armatura che<br />
gli aveva prestato Evràin, infine scese nel cortile, ove trovò gia<br />
pronto anche il proprio cavallo; finalmente Erèc s’apprestò al<br />
Giubilo della Corte, mentre tutti i citta<strong>di</strong>ni ivi presenti si<br />
dolevano della cosa, ma Erèc, pur sentendo quelle<br />
lamentazioni, le ignorò deliberatamente. Imme<strong>di</strong>atamente Erèc<br />
fu portato in un giar<strong>di</strong>no perennemente in dolce stato <strong>di</strong><br />
primavera, ove i frutti ed i fiori erano perennemente presenti.<br />
Una volta che Erèc fu entrato nel giar<strong>di</strong>no, vide una lunga serie<br />
<strong>di</strong> pali ove erano infissi altrettanti teschi, tranne che per il più<br />
lontano, a cui era appeso uno splen<strong>di</strong>do corno da caccia. A<br />
quella vista, Erèc si volse verso Evràin, <strong>di</strong>cendogli: ”Messere,<br />
come mai quel palo laggiù porta quel corno da caccia anziché il<br />
teschio decapitato come tutti gli altri pali ivi presenti?”<br />
”Devi sapere, o prode, che quel corno sarà suonato solamente<br />
da chi porterà a termine il Giubilo della Corte, altrimenti sarà<br />
sostituito con la relativa testa”. Finalmente Erèc si portò in<br />
mezzo al campo fiorito, dopo aver baciato doverosamente<br />
l’adorata moglie. Esplorando il loco, Erèc trovò un letto<br />
completamente in argento, posto sotto <strong>di</strong> un fico; tale giaciglio<br />
era coperto da uno splen<strong>di</strong>do lenzuolo dorato, col quale si<br />
334<br />
tutto quello che accadde negli ultimi tempi, fu predetto da un<br />
giovane mago chiamato Merlino, che vive selvatico nei boschi<br />
dei <strong>di</strong>ntorni”. Uter ne fu molto incuriosito <strong>di</strong> questa notizia e<br />
chiese a quel ciambellano: ”Sai per caso come si può fare per<br />
rintracciarlo?”<br />
”Signore se me lo permettete mando fuori delle staffette a<br />
cercarlo per portarlo qui da voi”<br />
”Sia fatto quanto tu mi hai appena suggerito”, subito <strong>di</strong>verse<br />
staffette partirono in altrettante <strong>di</strong>rezioni per vedere <strong>di</strong><br />
rintracciare il giovane mago, ma nessuno riuscì a trovarlo.<br />
Ritornati che furono tutti quanti, riferirono le loro scorribande<br />
<strong>di</strong>cendo: ”Sire non abbiamo trovato colui che cercate, come<br />
dobbiamo fare?”. Il giovane re ci pensò su un attimo e <strong>di</strong>sse:<br />
”Inizierò io a cercarlo, perché voglio proprio conoscere questa<br />
persona che è riuscita ad eludere ad<strong>di</strong>rittura i migliori tra i miei<br />
battitori”, partirono subito in allegra compagnia attraversando<br />
numerose foreste pericolose per <strong>di</strong>versi giorni. Finalmente,<br />
dopo tanto cavalcare, il regale gruppetto si vide sbarrare il<br />
passo da un vecchietto che attraversava con esasperante<br />
lentezza il sentiero, questi fermatosi, guardò un attimo il re e<br />
<strong>di</strong>sse: ”Sire è da tempo che vi attendo, vi devo accompagnare<br />
da chi state cercando”; detto questo, il vecchio scomparve<br />
improvvisamente senza che né Uter né la sua scorta potesse<br />
capire che fine avesse fatto.<br />
Qualche minuto dopo, il gruppetto si ritrovò davanti ad un<br />
giovinetto della stessa età del re che li guardava con un sorriso<br />
come se li stesse prendendo in giro ed iniziò a <strong>di</strong>re: ”Sire è<br />
veramente da molto tempo che vi attendo, io sono colui che<br />
state cercando, so cosa mi volte chiedere, ma sappiate che non<br />
mi avrete mai alla vostra corte, nonostante ciò mi avrete sempre<br />
come vostro consigliere: io sono Merlino”, da allora i due<br />
<strong>di</strong>vennero fraterni amici, anche se Merlino mantenne la<br />
promessa <strong>di</strong> non frequentare la corte del re.<br />
35
Parte Parte Parte seconda: seconda: seconda: Inizia Inizia Inizia ll’avventura<br />
ll<br />
’avventura ’avventura del del del Monsalvato Monsalvato Monsalvato e e e nascita nascita<br />
d’Artù. d’Artù.<br />
d’Artù.<br />
Capitolo 3.<br />
Tempo dopo la fuga <strong>di</strong> Giuseppe d’Arimatea dalla terra santa,<br />
un suo <strong>di</strong>scendente si era stabilito nella piccola Bretagna,<br />
presso dei piccoli rilievi dell’interno <strong>di</strong> quell’antica penisola,<br />
questi si chiamava Titurel; ad un certo momento della sua vita,<br />
il buon uomo decise <strong>di</strong> ab<strong>di</strong>care presso la confraternita che si<br />
era venuta a creare in quel luogo perché ormai si riteneva<br />
troppo anziano ed era stanco dell’avventurosa vita che tale<br />
carica richiedeva, così nominò suo figlio Friumel gran cavaliere<br />
della confraternita che era stata nominata del Monsalvato o del<br />
Santo Graal, perché effettivamente erano loro a custo<strong>di</strong>re quella<br />
preziosissima reliquia dell’ultima cena, questo misterioso<br />
oggetto, che era visto solo dal gran sacerdote della congrega,<br />
era detto anche Lapisit Exillis perché aveva la virtù <strong>di</strong> non fare<br />
ammalare o morire nessuno <strong>di</strong> coloro che stavano alla sua<br />
presenza, anzi molti <strong>di</strong> loro erano notevolmente rinvigoriti nella<br />
forza, facendo anche fermare il tempo, come da suo potere.<br />
Inoltre era il Graal a decidere autonomamente chi era<br />
meritevole <strong>di</strong> <strong>di</strong>ventare suo cavaliere; i predestinati erano<br />
mandati al Monsalvato fin dalla più tenera età, inoltre ogni<br />
anno, proprio il giorno del Venerdì Santo, una colomba<br />
compariva e posava sul sacro oggetto una piccola ostia bianca,<br />
in virtù della quale il santo Graal dava il meglio <strong>di</strong> se.<br />
Alla morte <strong>di</strong> Friumel, Amfortas lo sostituì come gran<br />
capitano della congregazione, soprattutto perché il più anziano<br />
tra i suoi fratelli. Al momento <strong>di</strong> trovare colei che doveva<br />
sposarlo, Amfortas scelse male il proprio amore e lei rubò la<br />
sacra lancia assieme al Santo Graal. Amfortas la inseguì,<br />
continuando a gridare: ”Mio caro amore che cosa hai fatto a me<br />
ed a tutta la mia congregazione, rubandoci quelle sacre<br />
suppellettili?”, ma lei continuò a farsi inseguire finché<br />
Amfortas non fu fermato dal perfido Klingsor.<br />
36<br />
infatti ora devo chiedere cos’è che c’è <strong>di</strong> tanto pericoloso in<br />
quel posto tanto meraviglioso”<br />
”Sappi, allora, che in quel castello vi risiede il Giubilo della<br />
Corte che per un cavaliere non sufficientemente forte ed<br />
onorato, risulta sovente mortale”<br />
”Ottima notizia mi desti con le tue ultime parole, buon<br />
Ghivrèt, sappi che accetto imme<strong>di</strong>atamente la sfida e non<br />
voglio essere ospitato da altri che da questo re Evràin, per<br />
questa notte” detto questo, Erèc partì al galoppo, seguito subito<br />
ad<strong>di</strong>etro dalla moglie e da Ghivrèt. Finalmente il piccolo corteo<br />
entrò nel cortile del castello, suscitando l’ammirazione del<br />
popolo e la commiserazione delle ragazze che vedevano in Erèc<br />
uno splen<strong>di</strong>do cavaliere ed un ottimo partito da sposare, il<br />
quale, però, restò completamente imperturbabile e salutava in<br />
continuazione chiunque fosse sulla propria strada.<br />
Nel frattempo Evràin venne a sapere della comitiva ed<br />
immaginò che si trattasse <strong>di</strong> un re ed andò a riceverli con ogni<br />
onore possibile, rimanendo, contemporaneamente, sorpreso e<br />
contento per la presenza nella compagnia d’Enide, la quale<br />
ricevette particolari attenzioni; come Erèc ed i suoi compagni<br />
furono davanti ad Evràin, questi prese a <strong>di</strong>re: ”Siate i<br />
benvenuti, ottimi signori, spero d’avere il piacere d’intrattenere<br />
l’intiera compagnia in un banchetto che ho intenzione<br />
d’allestire in vostro onore alla mia corte per questa sera stessa”<br />
”Ottimo sire, siamo ben felici tutti quanti d’ottemperare al<br />
vostro gentile invito per il banchetto in nostro onore; ma<br />
sappiate che venni in questa corte per tentare la Perigliosa<br />
Impresa, perché sono sicuro <strong>di</strong> poterla svolgere senza alcun<br />
problema” e così, in breve tempo, fu allestito uno splen<strong>di</strong>do<br />
banchetto. Terminata che fu la festa, Evràin si rivolse ad Erèc,<br />
chiedendogli: ”Signore, sarebbe un gran peccato se finiste<br />
ucciso durante quell’orrenda impresa, soprattutto visto che non<br />
conosco neanche il nome vostro né quello dei vostri compagni<br />
<strong>di</strong> viaggio”<br />
333
trasferimento ci penseremo nella mattinata, dopo che ci saremo<br />
rinfrancati”; detto questo fu creato un formidabile<br />
accampamento e tutti si coricarono per riposarsi. Il mattino<br />
successivo, l’intiero esercito <strong>di</strong> Ghivrèt si mise <strong>di</strong> scorta ad<br />
Erèc ed Enide, <strong>di</strong>rigendosi finalmente a Painturie, ove<br />
arrivarono ben prima dell’ora terza. Entrati che furono tutti nel<br />
castello, vennero accolti tutti quanti dalle sorelle <strong>di</strong> Ghivrèt;<br />
finiti che furono i festeggiamenti per l’inaspettato arrivo,<br />
Ghivrèt ospitò Erèc nella stanza migliore che vi fosse nel<br />
castello. Quivi adagiato che fu Erèc, le sorelle <strong>di</strong> Ghivrèt lo<br />
presero in consegna, curandolo convenientemente per quin<strong>di</strong>ci<br />
giorni, finché il cavaliere non fu completamente guarito. Una<br />
volta che Erèc fu in piena forma, andò dal suo ospite, <strong>di</strong>cendo:<br />
”Buon Ghivrèt è ormai giunto il momento che io mi metta in<br />
viaggio per ritornare alla corte <strong>di</strong> re Artù, ovunque essa sia in<br />
quest’istante; se voi siete d’accordo, pensavo <strong>di</strong> fissare il<br />
momento della partenza per la prima mattinata <strong>di</strong> domani,<br />
ovviamente dopo aver ascoltato la prima messa del mattino”.<br />
”Mio signore, se avete deciso <strong>di</strong> ripartire domattina, la cosa mi<br />
rallegra perché segno della vostra totale guarigione, ma devo<br />
chiedervi la cortesia d’accompagnarvi dal buon re, per rendergli<br />
il dovuto omaggio”, Erèc fu ben lieto <strong>di</strong> quell’inaspettata<br />
compagnia quin<strong>di</strong> l’accettò ben volentieri. Il mattino successivo<br />
Erèc, Enide e Ghivrèt si misero in marcia <strong>di</strong> buonora e<br />
cavalcarono tanto ed a lungo da arrivare ad un meraviglioso<br />
castello, nomato Bra<strong>di</strong>gànt; vedendo tanta meraviglia, Erèc<br />
<strong>di</strong>sse: ”Quel maniero così bello è ben degno d’ospitare tutti e<br />
tre, per questa notte”. Ghivrèt ben riconobbe il castello, infatti<br />
<strong>di</strong>sse: ”Mio signore so che quanto sto per <strong>di</strong>re potrebbe<br />
interessarvi parecchio, ma sappiate che quel castello è sotto la<br />
tutela <strong>di</strong> re Evràin e tutta la costruzione, col suo possessore,<br />
risulta essere un luogo veramente pericoloso”<br />
”Ben <strong>di</strong>cesti, buon Ghivrèt, quando mi rivelasti che chiedere<br />
ospitalità in quel castello poteva stuzzicare la mia curiosità,<br />
332<br />
Durante un mici<strong>di</strong>ale duello tra i due, lo sleale Klingsor usò la<br />
sacra lancia per ferire orribilmente ai genitali Amfortas, dopo<br />
averne immersa la punta in un potente veleno <strong>di</strong> cui era l’unico<br />
a conoscerne l’esistenza, in modo tale che da allora Amfortas<br />
non guarì mai più; ad un certo momento la terribile ferita iniziò<br />
a supurare e da lì l’or<strong>di</strong>ne del Graal degenerò sempre più.<br />
Unica speranza <strong>di</strong> guarigione era in una profezia dello stesso<br />
Graal che recitava queste parole: Viene un uomo e se questi<br />
chiederà, avrà fine il nostro affanno, ma se uomo, bimbo o<br />
vergine suggerisce a lui <strong>di</strong> chiedere, la domanda sarà inutile ed il<br />
dolore uguale a prima e l’angoscia più profonda. A leggere tale<br />
profezia i cavalieri si rianimarono ed iniziarono a <strong>di</strong>re:<br />
”Quell’eroe che arriverà al Monsalvato e porrà la domanda<br />
senza che gli sia suggerita, questi otterrà il trono della<br />
congrega”, nel frattempo continuarono ad alleviargli il dolore<br />
nel modo migliore possibile.<br />
Capitolo 4.<br />
Uterpendragon regnava su tutta l’Inghilterra se non era che il<br />
ducato della Cornovaglia era fuori del suo controllo; a<br />
rivaleggiare il re nel controllo vi era il duca Gorlois, uomo<br />
molto coraggioso e potente: tra i due vi erano aspre e<br />
lunghissime <strong>di</strong>spute. Gorlois aveva una splen<strong>di</strong>da moglie<br />
famosissima anche per la sua saggezza e chiamata Ygerne. Un<br />
giorno, Uterpendragon era stato ricevuto dal duca ribelle,<br />
quando vide la splen<strong>di</strong>da moglie <strong>di</strong> lui e se ne innamorò e tentò<br />
<strong>di</strong> conquistarla, <strong>di</strong>cendogli: ”Bellissima Ygerne come puoi<br />
accontentarti d’essere duchessa <strong>di</strong> un lembo <strong>di</strong> terra così<br />
piccolo e chiuso su tre lati dal mare, quando io posso darti metà<br />
della Bretagna, che è sotto il mio potere?”, ma era tutto inutile,<br />
perché la bella lo ignorava totalmente. Dopo tanto insistere,<br />
Uterpendragon prese nuovamente Ygerne da parte e sbottò<br />
<strong>di</strong>cendo: ”Ygerne cara, io ti voglio sposare, lascia quello<br />
zoticone ribelle del duca Gorlois e vieni via con me, vedrai che<br />
non te ne pentirai”. Ygerne, <strong>di</strong> controparte, gli <strong>di</strong>sse: ”Sire,<br />
37
sono molto lusingata del vostro interessamento alla mia<br />
persona, ma vi ricordo che quello zoticone ribelle, come lo<br />
chiamate voi, è sempre mio marito a cui ho giurato eterno<br />
amore e fedeltà in sempiterno, quin<strong>di</strong> deponete ogni proposito<br />
nei miei confronti”, quella sera, Ygerne rivelò le insistenze del<br />
re al marito. Gorlois, dopo averci pensato alquanto, <strong>di</strong>sse: ”Mia<br />
adorata Ygerne, ormai non abbiamo altro da fare che andarcene<br />
da questo posto, perché Uterpendragon non se n’andrà mai<br />
finché tu gli resisterai in questo modo”, così i due coniugi<br />
radunarono tutte le loro cose e partirono passando da una<br />
portierla momentaneamente incusto<strong>di</strong>ta.<br />
Quando Uterpendragon venne a sapere della fuga, s’irritò in<br />
modo terribile e prese ad urlare: ”Quei due vigliacchi pensano<br />
<strong>di</strong> farmela sfuggendo alla mia ira più tremenda e ad un amore<br />
cieco, ma non sanno con chi hanno a che fare; s’inizi ad<br />
abbattere tutti i loro castelli, finché non saranno costretti alla<br />
resa”. Nello stesso tempo Gorlois armò ed affidò alla moglie il<br />
castello <strong>di</strong> Tintagel, mentre per se stesso preparò Terrabil, due<br />
potentissimi castelli della loro casata, quin<strong>di</strong> iniziano ad<br />
attendere Uterpendragon, il quale non tarda ad asse<strong>di</strong>are<br />
entrambi i manieri.<br />
Durante il lungo asse<strong>di</strong>o, Uterpendragon cadde sempre più<br />
visibilmente in prostrazione per l’amore che provava nei<br />
confronti <strong>di</strong> Ygerne, alla fine fece chiamare Merlino,<br />
chiedendogli: ”Mio buon consigliere sai quale pena mi<br />
abbranca, ora, come posso fare per liberarmene<br />
definitivamente, sapendo che se non m’impossesso <strong>di</strong> Ygerne<br />
non avrò mai pace e felicità?”. Merlino si fece me<strong>di</strong>tabondo per<br />
alcuni istanti, poi <strong>di</strong>sse: ”Esiste un solo modo per <strong>di</strong>ssipare<br />
questo tuo malaugurato amore per quella splen<strong>di</strong>da duchessa,<br />
che tra lo altro è gia sposata, ma è molto rischioso, te la senti <strong>di</strong><br />
provare lo esperimento?”<br />
”Attua tutto quello che è in tuo potere per far sì che io metta<br />
termine alle pene del mio cuore ed a questa guerra insensata e<br />
38<br />
armati per andargli in soccorso, dato chi il posto non era molto<br />
lontano dal suo castello.<br />
Capitolo 63.<br />
Verso mezzanotte Erèc e Ghivrèt s’incontrarono, pur non<br />
riconoscendosi nella tenebra e, vedendo tale esercito, Enide fu<br />
allontanata dal luogo per evitare altre brutte sorprese; allora i<br />
due cavalieri iniziarono ad affrontarsi in modo crudele, finché<br />
Enide non riapparve e prese a <strong>di</strong>re: ”Razza <strong>di</strong> villani che siete<br />
entrambi, per caso è da cavalieri battersi nel bel mezzo della<br />
notte? Il vostro attuale comportamento più che altro è da vili<br />
sicari e la cosa vale per entrambi, quin<strong>di</strong> vi conviene abbassare<br />
le armi ed aspettare almeno l’alba se non volete rischiare<br />
d’essere <strong>di</strong>sonorati da quest’insano atto”. A quell’invettiva<br />
della moglie, Erèc non poté far altro che dargli ragione, anche<br />
se aveva ancora riconosciuto il buon servitore, ma Ghivrèt li<br />
aveva riconosciuti entrambi, soprattutto dopo l’intervento della<br />
buona dama, ed iniziò a <strong>di</strong>re: ”Mio buon signore, abbiate pietà<br />
del vostro umile amico che stava venendovi incontro per<br />
potervi aiutare in un momento <strong>di</strong> bisogno come lo è in<br />
quest’istante”.<br />
In quello stesso istante anche Erèc riconobbe l’amico e<br />
quest’ultimo iniziò a raccontargli tutti gli ultimi avvenimenti<br />
fino a quell’ultimo istante in cui si scontrarono; finito che fu il<br />
racconto, Ghivrèt <strong>di</strong>sse: ”Mio signore, non potete continuare le<br />
vostre avventure così ferito, piuttosto fermatevi nel mio<br />
castello, che è qui vicino, e permettete alle mie sorelle chi ivi<br />
alloggiano, <strong>di</strong> curarvi come si deve, ma in ogni modo sarà<br />
meglio che ci mettiamo in marcia appena ci sarà abbastanza<br />
chiaro da evitare qualsiasi pericolo”. Erèc affettivamente si<br />
sentiva alquanto provato, quin<strong>di</strong> prese a <strong>di</strong>re: ”Buon Ghivrèt,<br />
sappiate che accetto imme<strong>di</strong>atamente la vostra offerta, perché la<br />
trovai veramente ottima per la mia persona e l’onore della mia<br />
devota moglie, ma ora conviene che ci prepariamo per riposarci<br />
per quanto rimane della notte, agli ultimi particolari del nostro<br />
331
il loro <strong>di</strong>ssenso nei suoi confronti. Sentendosi così circondato<br />
da mormorii che lo incolpavano, il conte si rivolse contro la<br />
propria corte, <strong>di</strong>cendo: ”Voi, carogne che osate chiamarvi miei<br />
cortigiani, ora pensate d’avere la giusta moralità per potermi<br />
giu<strong>di</strong>care? Ricordatevi ciò che <strong>di</strong>sse Nostro Signore Gesù<br />
Cristo, quando volevano lapidare la Maddalena e vedete se<br />
siete anche voi al pari <strong>di</strong> quelle serpi velenose”, sentendosi<br />
tirati in causa in quel modo, i cortigiani si zittirono, ritirandosi<br />
contemporaneamente in altre stanze del castello.<br />
Intanto che succedevano quelle cose, Erèc si risvegliò dal<br />
proprio torpore e, sentendo la moglie in <strong>di</strong>fficoltà per le pretese<br />
del perfido conte che non rispettava alcun periodo <strong>di</strong> lutto per<br />
alcuno, ritrovò la propria spada e s’avvicinò al luogo dove si<br />
stava <strong>di</strong>scutendo in quel modo; quando tutti i cortigiani si<br />
furono allontanati, Erèc si mostrò al conte con la spada snudata<br />
e gli <strong>di</strong>sse: ”Messere, cosa volete fare con colei che è ancora<br />
mia moglie, dato che non sono morto come voi credevate?<br />
Sappiate che per il vostro infamante atto, siate passibile per la<br />
pena capitale, dato che volevate farmi passare per cadavere e<br />
sposarvi, così, impunemente la mia dolce moglie e presunta<br />
vedova”. Quello strepito fece accorrere nuovamente i baroni<br />
nella stanza, appena in tempo per vedere il presunto morto<br />
alzare la propria spada e spaccare con un sol fendente la testa<br />
del conte; a quella vista, tutti i presenti furono presi<br />
costernazione e, pensando che quella vista fosse una <strong>di</strong>avoleria,<br />
scapparono all’impazzata, prima <strong>di</strong> rimanere anche loro vittime<br />
del maligno. Imme<strong>di</strong>atamente Erèc ed Enide colsero<br />
l’occasione <strong>di</strong> non essere più sorvegliati, per andarsene da quel<br />
nefando castello, senza alcuna preoccupazione od<br />
impe<strong>di</strong>mento. Nel frattempo la notizia del tentativo del conte si<br />
sparse in ogni dove, arrivando anche alle orecchie, del buon<br />
Ghivrèt, che capì dal comportamento del cavaliere d’aver avuto<br />
notizie nefaste sul conto del proprio signore e radunò mille<br />
330<br />
fratricida”, allora Merlino iniziò a recitare un complicato<br />
incantesimo, facendo sì che alla fine del medesimo<br />
Uterpendragon e Gorlois fossero la stessa persona, ed entrasse<br />
imme<strong>di</strong>atamente a Tintagel. Vedendosi davanti il falso marito,<br />
Ygerne ne fu veramente sorpresa e prese a <strong>di</strong>re: ”Mio caro<br />
sposo, non dovresti stare qui ove io sto proteggendo bene il<br />
nostro maniero, ma a Terrabil per dar manforte ai nostri<br />
guerrieri asserragliati la dentro?”<br />
Uterpendragon, che aveva assunto anche la voce del duca,<br />
tanto l’incantesimo era venuto bene, <strong>di</strong>sse: ”Mia cara Ygerne, a<br />
Terrabil è momentaneamente tutto tranquillo, a tal punto che io<br />
ho preferito assentarmi per questa notte, per poterti raggiungere<br />
ancora una volta, in una serata <strong>di</strong> go<strong>di</strong>mento com’è da molto<br />
che non abbiamo avuto”, fu così che Ygerne rimase ingannata e<br />
si denudò completamente, giacendo in quella stessa stanza con<br />
un uomo egualmente vestito, che lei credeva suo marito,<br />
gemendo e gridando entrambi per il grande amplesso che<br />
n’avevano. Contemporaneamente la figlia primogenita <strong>di</strong><br />
Ygerne, Morgana, si accostò alla porta dove la madre era<br />
inconsapevolmente stuprata e, osservando la scena, capì tutto<br />
ed iniziò ad o<strong>di</strong>are in cuor suo il fratello che era concepito in<br />
quel momento.<br />
Finito che fu l’atto, Ygerne sentì che qualcosa al suo interno<br />
non andava, ma al momento non riusciva a capire <strong>di</strong> cosa si<br />
trattava, mentre il falso Gorlois si rivestiva dell’armatura e se<br />
n’andava prima che spuntasse l’aurora.<br />
Il mattino successivo, Uterpendragon rivelò a Tintagel<br />
l’inganno che aveva perpetrato ai danni degli occupanti,<br />
<strong>di</strong>cendo: ”Chi giacque stanotte con la bella Ygerne non fu il<br />
legittimo marito, che vedete ora qui in mano mia impalato, ma<br />
fui io stesso che la penetrai e feci in modo che restasse incinta<br />
<strong>di</strong> un mio <strong>di</strong>scendente, per far sì che l’Inghilterra avesse un<br />
<strong>di</strong>scendente degno <strong>di</strong> me”, a questa terribile notizia, la<br />
splen<strong>di</strong>da duchessa svenne dal dolore e per l’onta subita, quin<strong>di</strong><br />
39
stabilì un lungo periodo <strong>di</strong> lutto per onorare il marito defunto.<br />
Deposto che ebbe il velo funebre, era ormai verso il termine<br />
della gravidanza, decise <strong>di</strong> onorare il crudele re accettando <strong>di</strong><br />
sposarlo nell’imme<strong>di</strong>ato.<br />
Arrivato che fu il momento del parto, nacque uno splen<strong>di</strong>do<br />
bambino che chiamarono Artù, subito si fece avanti Merlino<br />
che <strong>di</strong>sse: ”Miei cari ed ottimi sposi, ormai la parte più <strong>di</strong>fficile<br />
e dura è fatta, per voi due, ma ora vi devo chiedere un sacrificio<br />
veramente enorme, ma che sarà la salvezza del regno e della<br />
vostra <strong>di</strong>nastia. Questo bambino è destinato a gran<strong>di</strong> cose, ma è<br />
necessario che viva, quin<strong>di</strong> lo devo prendere con me per<br />
portarlo in un posto sicuro per farlo crescere come si <strong>di</strong>ce ad un<br />
buon re”, detto questo, il saggio prese in consegna il neonato e<br />
lo portò presso un fidato cavaliere <strong>di</strong> nome Ettore che lo prese<br />
nella propria in modo che il suo figlio unigenito Key potesse<br />
avere un compagno <strong>di</strong> giochi. I due ragazzi crebbero assieme in<br />
perfetta armonia per molti anni, finché Key non ebbe l’età<br />
giusta per poter <strong>di</strong>ventare scu<strong>di</strong>ero.<br />
Due anni dopo la nascita dell’unico figlio maschio,<br />
Uterpendragon morì misteriosamente, lasciando sola Ygerne<br />
con due figlie, la più piccola, che tra lo altro era appena nata, si<br />
chiamava Anna; come la notizia del lutto si <strong>di</strong>ffuse, scoppiò<br />
una guerra civile, perché nessuno era a conoscenza <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>scendenti maschili dell’amatissimo re.<br />
Capitolo 5.<br />
In un’altra landa della stessa Cornovaglia, precisamente a<br />
Liones, si festeggiava per un lieto evento, infatti, re Meliodas e<br />
la bell’Elisabeth, sua moglie, ebbero la gioia <strong>di</strong> un figlio<br />
maschio, che chiamarono Tristano, per l’occasione il bardo <strong>di</strong><br />
corte compose una canzone <strong>di</strong> tripu<strong>di</strong>o, che aveva queste<br />
parole:<br />
Quale gioia per la regina Elisabetta<br />
Ed il suo consorte Meliodas,<br />
Oggi ebbero in dono da Nostro Signore<br />
40<br />
Giusto in quel momento arrivò il conte della contada <strong>di</strong> Linòrs<br />
che, vedendo la situazione alquanto grave, s’accostò alla coppia<br />
e prese a <strong>di</strong>re: ”Mia buona dama, non ho potuto fare a meno <strong>di</strong><br />
vedervi in gravi <strong>di</strong>fficoltà per le ferite del vostro ottimo<br />
cavaliere, quin<strong>di</strong> permettetemi d’offrirvi il mio modesto<br />
castello per potervi rifocillare quanto basta per rimarginare<br />
quelle orrende ferite, altrimenti il vostro compagno non potrà<br />
vivere più a lungo”<br />
”So che accetterei la vostra offerta, il mio sposo non me lo<br />
permetterebbe mai, ma d’altronde se non lo facessi rischierei,<br />
come m’avete appena fatto notare, oserei pensare <strong>di</strong> non poterlo<br />
mai più riavere. Vedendo queste considerazioni, mi vedo<br />
propensa ad accettare la vostra cortese offerta”. Fu così che<br />
Erèc ed Enide furono accompagnati al castello <strong>di</strong> Linòrs; quivi<br />
giunti, il conte fece visitare il corpo d’Erèc, ma il pallore e le<br />
ferite <strong>di</strong>mostrarono al me<strong>di</strong>co <strong>di</strong> corte che il buon cavaliere era<br />
morto. Venuto a sapere <strong>di</strong> questa sentenza, il conte si rivolse ad<br />
Enide, <strong>di</strong>cendogli: ”Madama, il vostro cavaliere è morto, quin<strong>di</strong><br />
permettetemi d’offrire la mia mano in vostra <strong>di</strong>fesa e <strong>di</strong><br />
concedervi in mia sposa, dato che m’innamorai <strong>di</strong> voi dal primo<br />
momento che vi vi<strong>di</strong> la fuori nella foresta”<br />
Enide si fece sempre più triste, dopo la notizia che non si<br />
poteva più far nulla per l’amato sposo e, quando si sentì fare<br />
l’orrenda proposta <strong>di</strong>sse: ”Signor conte anche se sono rimasta<br />
vedova del mio ottimo signore, sappiate che non accetterò<br />
assolutamente mai le vostre proposte <strong>di</strong> matrimonio, perché<br />
voglio rimanere eternamente fedele alla sua memoria”. La<br />
decisione della buona Enide fece arrabbiare enormemente il<br />
conte, che sperava <strong>di</strong> potersi annettere i posse<strong>di</strong>menti dei due,<br />
ovunque essi fossero, quin<strong>di</strong> prese a <strong>di</strong>re: ”Sgualdrina che non<br />
sei altro, ora che non hai chi ti <strong>di</strong>fenda osi pararti <strong>di</strong>etro un<br />
paravento <strong>di</strong> verginità celestiale, sappi che t’avrò ad ogni<br />
costo”, quella reazione spropositata del loro signore, riempì <strong>di</strong><br />
sdegno i baroni presenti nella sala e che iniziarono a mormorare<br />
329
qualche membra, avete la carità d’aiutarmi in questo<br />
frangente?”<br />
”Cara damigella, quanto m’avete appena raccontato è<br />
veramente orribile, quin<strong>di</strong> vi giuro che se non riesco a<br />
riportarvi a casa il vostro amato cavaliere ne con<strong>di</strong>viderò ben<br />
volentieri la sorte”, quin<strong>di</strong> Erèc partì imme<strong>di</strong>atamente per<br />
l’inseguimento, mentre la fanciulla lo riempì d’enorme<br />
gratitu<strong>di</strong>ne. Finalmente, dopo una breve cavalcata, Erèc<br />
raggiunse i due giganti ed il cavaliere loro prigioniero e,<br />
vedendo le miserevoli con<strong>di</strong>zioni del prigioniero e la fellonia<br />
dei due colossi, s’accostò ulteriormente, prendendo a <strong>di</strong>re:<br />
”Messeri non è assolutamente giusto trattare in quel modo un<br />
prigioniero, quin<strong>di</strong> mi vedo costretto a dovervi sfidare entrambi<br />
in un duello all’ultimo sangue”, detto questo, Erèc <strong>di</strong>ede<br />
appena il tempo ai due esseri <strong>di</strong> prepararsi che partì all’attacco<br />
ed in brevissimo tempo li sconfisse entrambi uccidendoli sul<br />
colpo e liberando il povero cavaliere prigioniero. A vedere<br />
quell’estrema prova <strong>di</strong> coraggio, audacia e forza, il cavaliere si<br />
prostrò ai pie<strong>di</strong> d’Erèc e <strong>di</strong>sse: ”Vi sarò grato per tutta la vita,<br />
per quanto avete appena compiuto, sperando che per<br />
riconoscenza mi pren<strong>di</strong>ate per vostro vassallo, sappiate anche il<br />
mio nome, infatti sono nomato Cadòc principe <strong>di</strong> Cabruèl per<br />
servirvi umilmente”<br />
”Sir Cadòc, non c’è bisogno che siate mio vassallo per<br />
riconoscenza ad un gesto che rientra nei miei doveri, piuttosto<br />
andate alla corte <strong>di</strong> re Artù e raccontate quanto fece per voi un<br />
cavaliere nomato Erèc e che viene proprio da quell’onorata<br />
corte, ora andate <strong>di</strong> corsa e fate quanto vi ho appena detto”.<br />
Subito Cadòc fece quanto Erèc gli aveva or<strong>di</strong>nato e riferì tutto<br />
quanto davanti a re Artù in persona e a tutta la corte; intanto<br />
Erèc tornò a briglia sciolta da Enide, giungendovi esanime,<br />
perché le ferite che aveva si erano riaperte in quello stesso<br />
duello, a tal vista Enide n’ebbe una gran pena.<br />
328<br />
Un degno erede al loro regale trono.<br />
Bello nacque il principino<br />
E forte nell’aspetto ancor <strong>di</strong> più,<br />
Potente ha la voce nel chiamare<br />
Ognuno al proprio cospetto.<br />
Ognuno ammirò il frutto<br />
Di tanto amore ed affetto<br />
Che questi due splen<strong>di</strong><strong>di</strong> sovrani<br />
Hanno donato al regno un simile principe.<br />
Una volta che Tristano ebbe compiuto sette anni, sulla sua<br />
famiglia piombò un grave lutto, infatti, la sua adorata madre<br />
Elisabeth morì improvvisamente; dopo il doveroso periodo <strong>di</strong><br />
lutto, Meliodas prese una grossa decisione, infatti, radunò<br />
l’intiera corte e fece chiamare il figlio, quin<strong>di</strong> annunciò: ”Non è<br />
bene che il regno resti senza la sua regina e che mio figlio non<br />
abbia una madre, quin<strong>di</strong> ho deciso <strong>di</strong> risposarmi in tempi<br />
ragionevolmente brevi”, trovò imme<strong>di</strong>atamente la compagna<br />
ideale che gli <strong>di</strong>ede altri figli.<br />
Purtroppo dopo poco la matrigna iniziò a prendere male la<br />
presenza <strong>di</strong> Tristano perché destinato ad ere<strong>di</strong>tare tutte le<br />
proprietà del padre, senza che i figli <strong>di</strong> lei avessero alcunché.<br />
Infatti, la perfida tentò <strong>di</strong> avvelenarlo per ben due volte; ma alla<br />
seconda volta un valletto si accorse <strong>di</strong> uno strano odore <strong>di</strong><br />
mandorle ed andò dal re e gli <strong>di</strong>sse: ”Mio signore, poco fa<br />
portai da mangiare a vostro figlio Tristano, ma dai piatti <strong>di</strong><br />
portata si alzò uno strano odore che sa <strong>di</strong> veleno e mi ha<br />
insospettito, cosa si può fare a tal proposito?”<br />
”Hai fatto bene mio buon valletto, ad avvisarmi, ora farò sì<br />
che possiamo sapere chi sia il colpevole del tentato<br />
avvelenamento”, fu così che alla fine delle indagini saltò fuori<br />
che era saltò fuori che era stato uno dei sicari della regina, la<br />
quale fu imme<strong>di</strong>atamente arrestata. Alla fine dell’istruttoria,<br />
molto breve, invero tanto da durare una sola mattinata, il buon<br />
re Meliodas emise la sentenza, <strong>di</strong>cendo: ”Mia perversa ed<br />
41
adorata sposa, mi vedo costretto dalle vigenti leggi in queste<br />
contrade a condannarti alla pena capitale tramite morte sul<br />
rogo”<br />
A sentire questa sentenza, Tristano non riuscì a trattenersi ed<br />
alzatosi, <strong>di</strong>sse: ”Diletto padre, anche se costei ha tentato<br />
d’uccidermi per due volte col veleno, vi chiedo umilmente il<br />
perdono per la fe<strong>di</strong>fraga; se necessario sono <strong>di</strong>sposto ad<br />
allontanarmi dal paese per tutto il tempo che sarà necessario per<br />
ristabilire l’or<strong>di</strong>ne costituito in queste lande”<br />
”Se così vuoi, figlio mio, sarà fatto, ti devo dare solo<br />
un’in<strong>di</strong>cazione sulla destinazione, che ti sarà utile anche come<br />
formazione personale; vai in Gallia, ove potrai imparare la<br />
lingua locale, unitamente alle arti figurative e alla guerra che vi<br />
ha importato il glorioso impero <strong>di</strong> Roma. Inoltre t’impongo la<br />
presenza costante durante il viaggio, <strong>di</strong> un mio fido cortigiano<br />
nomato Gouvermail”, fu così che il buon Tristano passò in<br />
esilio volontario ben sette anni, durante i quali fu sempre in<br />
compagnia del cortigiano che gli aveva dato il padre, inoltre<br />
imparò veramente tutto quello che c’era ad imparare in quelle<br />
lande veramente evolute rispetto al suo piccolo regno. Passati<br />
che furono sette anni, quelle vicende erano gia <strong>di</strong>menticate<br />
lungamente e Tristano era <strong>di</strong>ventato un modello <strong>di</strong> cortigiano<br />
perfetto ed era pronto a tornare in patria con tutta sicurezza. In<br />
breve tempo, dopo il suo ritorno, era gia il perfetto punto <strong>di</strong><br />
riferimento <strong>di</strong> tutta la corte e dei genitori.<br />
Proprio in quei giorni si venne a sapere che re Marke, fratello<br />
della defunta madre <strong>di</strong> Tristano aveva contratto forti debiti con<br />
il re dell’Irlanda, il quale ora lo stava minacciando perché<br />
moroso verso alcune scadenze degli stessi. Vistosi a malpartito<br />
con i debiti, Marke radunò i suoi cavalieri e <strong>di</strong>sse: ”Miei pro<strong>di</strong>,<br />
mi vedo minacciato dai reali irlandesi per non aver ottemperato<br />
ad alcuni impegni finanziari che avevo con loro, ora mi rivolgo<br />
a voi per avere giustizia sul loro campione”, ma nessuno dei<br />
pro<strong>di</strong> <strong>di</strong> quella corte si sentiva abbastanza forte ed onorato per<br />
42<br />
Imme<strong>di</strong>atamente Artù si rivolse a Keu, <strong>di</strong>cendogli: ”Corri<br />
subito alla mia tenda e pren<strong>di</strong> il barattolo con l’unguento<br />
preparato da mia sorella Morgana e torna velocemente alla mia<br />
presenza con quello”. Come l’unguento fu nelle mani d’Artù,<br />
questi l’utilizzò per curare le ferite d’Erèc, con la segreta<br />
speranza che il cavaliere restasse a corte almeno per i<br />
successivi quin<strong>di</strong>ci giorni, purtroppo Erèc deluse<br />
imme<strong>di</strong>atamente le attese del re, <strong>di</strong>cendo: ”Sire vi ringrazio per<br />
le cure che m’avete dato nell’imme<strong>di</strong>ato, ma ho fatto un voto e<br />
per mantenerlo posso accettare la vostra ospitalità solo per<br />
stanotte e domani, all’alba, mi vedrò costretto a ripartire con la<br />
sola compagnia <strong>di</strong> mia moglie”<br />
”Se queste sono le tue volontà e desiderii, Erèc, ebbene così<br />
sia, ma sappi che la cosa mi delude alquanto. Adesso non mi<br />
rimane altro da fare che una cosa per onorare la tua presenza e<br />
quella d’Enide: questa sera sia preparato un sontuoso banchetto<br />
a cui parteciperà l’intiera corte” e così fu fatto; finito che fu il<br />
pasto luculliano, tutti i partecipanti si ritirarono per andare a<br />
dormire.<br />
Capitolo 62<br />
Il mattino successivo Erèc ed Enide partirono, nonostante che<br />
l’intiera corte <strong>di</strong> re Artù, ed il re stesso, li pregassero<br />
insistentemente, ma tutti ne rimasero assolutamente delusi e<br />
rattristati. Dopo qualche tempo, i due coniugi sentirono in<br />
lontananza la voce d’una ragazza che chiedeva aiuto; al che<br />
Erèc spronò il proprio cavallo, per andare a vedere cosa stesse<br />
succedendo, così trovò una pulzella che si stava <strong>di</strong>sperando<br />
enormemente. Arrivato che fu alla presenza della pulzella, Erèc<br />
gli chiese cosa stesse succedendo, al che la poverina prese a<br />
<strong>di</strong>re: ”Messer cavaliere mi deve assolutamente aiutare; sappiate<br />
che due giganti mi hanno rapito ignominiosamente il mio<br />
amato pala<strong>di</strong>no e sono assolutamente sicura che troveranno il<br />
modo per rendermelo cadavere ed orrendamente mutilato <strong>di</strong><br />
327
e partì all’attacco, ma al primo scontro Keu fu imme<strong>di</strong>atamente<br />
battuto. Subito Erèc lo derise, <strong>di</strong>cendogli: ”Messere, andate dal<br />
buon re Artù a raccontargli tutto quel che avete appena fatto,<br />
senza vergognarvi <strong>di</strong> niente, per le vostre azioni”, infatti Keu si<br />
precipitò da Artù e raccontò tutto quanto. Finito che fu il<br />
racconto <strong>di</strong> Keu, Artù si rivolse al nipote pre<strong>di</strong>letto e gli <strong>di</strong>sse:<br />
”Raggiungi il cavaliere che ha battuto Keu e tenta <strong>di</strong><br />
convincerlo a rimanere qui con noi almeno per qualche giorno”.<br />
Subito Galvano s’avviò nella <strong>di</strong>rezione che gli era stata data e,<br />
senza riconoscere il compagno, gli recapitò la missiva che gli<br />
aveva dato lo zio ma Erèc sorrise e gli <strong>di</strong>sse: ”Messere vi<br />
ringrazio per la proposta che m’avete appena fatto e ringrazio<br />
parimenti anche il vostro buon re, ma ho intenzione <strong>di</strong><br />
proseguire per la mia strada completamente da solo, con la mia<br />
dolce moglie”<br />
U<strong>di</strong>te che ebbe quelle parole, Galvano chiamò uno dei suoi<br />
scu<strong>di</strong>eri e gli <strong>di</strong>sse: ”Vai subito da re Artù e chie<strong>di</strong>gli da parte<br />
mia <strong>di</strong> spostare imme<strong>di</strong>atamente la nostra corte un po' più in la<br />
rispetto a dove ci troviamo ora, in modo tale che il cavaliere sia<br />
costretto ad entrarvi ed accettare, in questo modo, la nostra<br />
ospitalità”, subito il giovine corse all’accampamento e passò ad<br />
Artù la richiesta del nipote. Imme<strong>di</strong>atamente Artù fece spostare<br />
la propria corte come gli era stato richiesto da Galvano, mentre<br />
lo stesso cavaliere s’intratteneva ulteriormente con Erèc,<br />
intanto che l’accampamento era rimontato dove aveva richiesto<br />
Galvano stesso; vedendo l’astuzia del compagno, Erèc si tolse<br />
l’elmo e <strong>di</strong>sse: ”Siete riuscito a convincermi ad accettare<br />
l’ospitalità, messer Galvano, ebbene riconoscete in me il vostro<br />
caro amico Erèc”. La rivelazione gettò Galvano in un’enorme<br />
gioia, che mandò a riferire anche all’intiera corte che stava<br />
aspettando la soluzione della chiacchierata del prode cavaliere.<br />
Avuta che ebbero la notizia, Artù e Ginevra esultarono ed<br />
andarono incontro alla giovane coppia; ma come videro le ferite<br />
d’Erèc, i due sovrani ne rimasero estremamente mortificati.<br />
326<br />
fronteggiare una simile situazione. Solo Tristano, che in quei<br />
giorni era a corte dallo zio, si fece avanti e prese a <strong>di</strong>re: ”Ma<br />
che bella schiatta <strong>di</strong> cavalieri vedo qui presenti, stanno<br />
tremando tutti al solo pensiero <strong>di</strong> un volgare duello con uno<br />
zoticone per niente istruito sull’uso delle armi ed all’arte della<br />
guerra, se fossi io un pala<strong>di</strong>no <strong>di</strong> questa corte sarei il primo a<br />
farmi avanti alla <strong>di</strong>fesa del re mio zio” e fu così che re Marke<br />
fece cavaliere il nipote per <strong>di</strong>fendere il proprio onore e quello<br />
dell’intiera famiglia.<br />
Tristano così si preparò, in modo veramente formidabile, a<br />
battere il campione degli irlandesi; il giorno stabilito il giovine<br />
si ritrovò un gigantesco guerriero <strong>di</strong> nome Merhaus, che tra lo<br />
altro era anche il cognato del re della Irlanda. Subito il bestione<br />
iniziò a <strong>di</strong>re: ”Quelli della Cornovaglia sono veramente messi<br />
male, se il loro campione più forte è questo soldo <strong>di</strong> cacio”<br />
”Non fidarti delle apparenze, zoticone che non sei altro,<br />
perché presto potresti pentirtene”, detto ciò, Tristano si slanciò<br />
verso Marhaus, ma quest’ultimo si scansò senza troppo sforzo<br />
ed iniziò a ridergli in faccia. Finito che ebbe <strong>di</strong> ridere, Marhaus<br />
iniziò a <strong>di</strong>re: ”Guardate questo soldo <strong>di</strong> cacio non riesce<br />
neanche a stare in pie<strong>di</strong> tanto è maldestro” e sfoderò in tutta<br />
tranquillità la propria spada, sulla cui lama era stato sparso un<br />
funesto veleno <strong>di</strong> cui solo gli irlandesi avevano il rime<strong>di</strong>o;<br />
Tristano s’arrabbiò notevolmente per quanto gli aveva detto il<br />
rivale, ritornò in<strong>di</strong>etro e riprese la carica contro il perfido che<br />
sollevò tranquillamente la propria spada, ferendo gravemente<br />
Tristano alla spalla, Tristano s’arrabbiò ulteriormente e puntò al<br />
petto del bove irlandese, riuscendo a passare da parte a parte il<br />
suo cuore, uccidendolo sul colpo; il compagno <strong>di</strong> Marhaus, a<br />
questa vista, <strong>di</strong>sse: ”Stolto <strong>di</strong> un cavaliere, sappi che il mio<br />
defunto campione ti ha avvelenato il sangue e l’unico ad averne<br />
l’antidoto è il nostro amatissimo re, in Irlanda”, dopo<br />
quest’ennesimo svilimento, Tristano fu recuperato dalla scorta<br />
che lo accompagnava e riportato alla corte del re suo zio.<br />
43
Resosi conto della gravità della situazione, re Marke domandò<br />
al nipote cosa si poteva fare per rime<strong>di</strong>are alla ferita, Tristano<br />
<strong>di</strong>sse: ”L’unica cosa che possiamo fare è mandarmi in Irlanda<br />
sotto falso nome per potermi fare curare come si deve con le<br />
loro stesse armi”<br />
Fu così che Tristano fu mandato dallo zio, re Marke, in<br />
Irlanda, facendo in modo che, come d’accordo, non potesse<br />
svelare a nessuno la propria identità. Una volta giunto alla corte<br />
d’Irlanda, Tristano fu curato come si deve, soprattutto grazie<br />
alle amorevoli cure della locale principessa, chiamata Isotta.<br />
Dopo alcuni giorni, nei quali si frequentavano, i due giovani si<br />
scoprirono reciprocamente innamorati, senza che la principessa<br />
sapesse <strong>di</strong> amare un terribile nemico della propria terra.<br />
Purtroppo, però, Tristano aveva anche un rivale al cuore della<br />
bellissima Isotta, si trattava <strong>di</strong> sir Palomides, un signore moro<br />
<strong>di</strong> religione pagana; come questo straniero venne a sapere <strong>di</strong><br />
non essere il preferito e seppe chi era il rivale, aspettò che<br />
Tristano si fosse ristabilito, si fece ricevere, <strong>di</strong>cendo: ”Signore,<br />
sappiate che io sono vostro rivale per il cuore della splen<strong>di</strong>da<br />
Isotta ed intendo conquistarla definitivamente sfidandovi a<br />
duello”. Tristano, che era ancora in<strong>di</strong>sposto per la brutta ferita,<br />
<strong>di</strong>sse: ”Mio signore, vi propongo, invece, un torneo<br />
cavalleresco per vedere chi sia effettivamente il migliore, tra i<br />
nostri pari”, la proposta fece felice Palomides che l’accettò<br />
all’istante.<br />
Il giorno stabilito, Palomides scese in campo imme<strong>di</strong>atamente,<br />
battendo tutti gli intervenuti senza troppi complimenti ed in<br />
brevissimo tempo, tanto è vero che a metà giornata non<br />
rimaneva che Tristano che si preparò imme<strong>di</strong>atamente. Una<br />
volta che furono <strong>di</strong> fronte, Palomides iniziò a <strong>di</strong>re: ”Signore,<br />
spero che non siate <strong>di</strong> così bassa lega da essere battuto al primo<br />
assalto”<br />
”Mi spiace deluderti, mollaccione, ma avrai da faticare solo<br />
per scalfirmi l’armatura”, detto questo, Tristano partì<br />
44<br />
<strong>di</strong>re: ”Messere, riconosco la vostra superiore forza ed<br />
esperienza con la spada, quin<strong>di</strong> mi rimetto alla vostra volontà;<br />
ora vorrete sapere il mio nome, ebbene sono stato battezzato<br />
con la nomea <strong>di</strong> Ghivrèt il piccolo e sono il sommo sovrano<br />
degli irlandesi <strong>di</strong> stanza in queste terre, ma ora <strong>di</strong> grazia vorrei<br />
sapere da chi ho avuto l’onore d’essere battuto in duello”.<br />
”Messere, conosco per fama il vostro onore e la bravura del<br />
vostro braccio con la spada, quin<strong>di</strong> meritate <strong>di</strong> conoscere la mia<br />
identità, io sono Erèc figlio <strong>di</strong> re Lac e cavaliere della Tavola<br />
Rotonda, per servirvi come meglio potrò”. A sentire contro chi<br />
s’era battuto, Ghivrèt ebbe un sussulto <strong>di</strong> sorpresa e prese a<br />
<strong>di</strong>re: ”Mio signore, è stato un onore per me essere stato battuto<br />
da un cavaliere della vostra fama e valore, quin<strong>di</strong> vi chiedo<br />
d’accettare la mia offerta <strong>di</strong> farvi me<strong>di</strong>care presso il mio misero<br />
castello e <strong>di</strong> rimanerci finché non sarete completamente guarito<br />
e rinfrancato”<br />
”Vi ringrazio per l’offerta che avete fatto a me e mia moglie,<br />
ma le ferite che m’avete procurato non sono così gravi da<br />
giustificare un’ospitalità prolungata, inoltre le nostre avventure<br />
richiedono altrimenti. Vi chiedo solo una cosa, Ghivrèt: <strong>di</strong><br />
venirmi in aiuto tutte le volte che la cosa sarà necessaria”<br />
”Così sarà fatto e ve lo posso garantire anche a nome <strong>di</strong> tutti i<br />
miei uomini, vi chiedo solamente una cosa, adesso, che mi<br />
<strong>di</strong>ate la possibilità <strong>di</strong> darvi le prime cure prima che ripren<strong>di</strong>ate<br />
la vostra strada”, fu così che i due contendenti si curarono a<br />
vicenda, dopo <strong>di</strong> che Erèc ed Enide ripresero il proprio<br />
peregrinare in cerca <strong>di</strong> nuove avventure da affrontare.<br />
Dopo aver alquanto vagato, Erèc ed Enide arrivarono in una<br />
radura ricca <strong>di</strong> selvaggina, ove intravidero l’intiera corte <strong>di</strong> re<br />
Artù e decisero <strong>di</strong> rimanerne <strong>di</strong>scosti, ma furono ricettati da<br />
Keu il siniscalco, il quale prese a <strong>di</strong>re: ”Mio caro compagno,<br />
sei assente da corte da così tanto tempo che voglio sfidarti a<br />
duello per provare la tua abilita con le armi, quin<strong>di</strong> preparati ed<br />
inizia a batterti”, quin<strong>di</strong> montò in sella allo stallone <strong>di</strong> Galvano<br />
325
moglie e <strong>di</strong>ede <strong>di</strong>sposizione ai servitori affidatigli per poter<br />
partire al più presto.<br />
Erèc ed Enide erano appena ripartiti, che un centinaio <strong>di</strong><br />
soldati del conte andarono nelle stanze degli sposi, con l’intento<br />
d’uccidere il cavaliere, ma rimasero molto sorpresi per non<br />
avercelo trovato, ripresisi tutti dallo stupore, il conte ed i suoi<br />
cavalieri trovarono le orme dei cavalli dei due coniugi ed<br />
iniziarono a seguirle, raggiungendoli in brevissimo tempo.<br />
Vedendosi un pericolo, Erèc si mise in guar<strong>di</strong>a e partì<br />
all’attacco degli inseguitori; nel turbinio della situazione, il<br />
siniscalco fu ucciso, mentre il conte ebbe una grave ferita al<br />
petto, mentre Erèc ed Enide riuscirono a rifugiarsi in un vicino<br />
bosco. Vedendosi sconfitto così clamorosamente, il conte si<br />
rivolse ai cavalieri della propria scorta che erano sopravvissuti<br />
e <strong>di</strong>sse: ”È giunto il momento che torniamo al nostro castello,<br />
perché messer Erèc s’è mostrato ben più forte <strong>di</strong> quanto<br />
avessimo pensato e mi sto pentendo amaramente <strong>di</strong> questo<br />
sbaglio nella valutazione <strong>di</strong> quel pala<strong>di</strong>no”.<br />
Capitolo 61<br />
Erèc ed Enide andarono a spron battuto finché non arrivarono<br />
ad una torre, ivi arrivati, Erèc si fece avanti e <strong>di</strong>sse: ”Signori<br />
del fortino, abbiate pietà d’una coppia fuggiasca che chiede<br />
umilmente la possibilità d’essere ospitata per la notte ed è<br />
seguita da dei perfi<strong>di</strong> sicari che li vogliono morti ad ogni<br />
costo”. A tutta risposta per quell’invocazione <strong>di</strong> soccorso, uno<br />
dei cavalieri <strong>di</strong> stanza uscì dal torrione e prese a <strong>di</strong>re: ”Se<br />
sperate d’essere entrambi ospitati in questo loco, dovete<br />
battervi valorosamente contro <strong>di</strong> me e riuscire a vincer lo<br />
scontro, altrimenti ci sarà un’orribile morte per tutti e due”,<br />
quin<strong>di</strong> si precipitò improvvisamente contro Erèc; dopo lungo e<br />
duro scontro, Erèc riuscì ad avere la meglio sul misterioso<br />
cavaliere ed a batterlo. Vedendosi così miseramente battuto, il<br />
misterioso cavaliere s’inchinò alla maggiore forza d’Erèc e,<br />
toltosi l’elmo ed allontanata da se stesso ogni arma, prese a<br />
324<br />
imme<strong>di</strong>atamente alla carica e <strong>di</strong>sarcionò imme<strong>di</strong>atamente<br />
Palomides; come si riebbe, il moro si alzò barcollando<br />
enormemente. Tristano alzò la visiera del proprio elmo e <strong>di</strong>sse:<br />
”Ti ho battuto con enorme facilità e come vincitore ti dovrei<br />
uccidere, ma voglio che tu viva, ma al patto che non indossi più<br />
n’armatura n’armi per il prossimo anno”, dopo questa prova<br />
magistrale e tanta magnanimità, la corte riconobbe Tristano<br />
come cavaliere ben accetto a stare con loro, festeggiandolo in<br />
modo sfarzoso; durante i festeggiamenti il bardo <strong>di</strong> corte si fece<br />
avanti e presentò una nuova canzone che aveva composto per<br />
l’occasione, che suonava in questo modo:<br />
Grande onore e fortuna<br />
A colui che ebbe la vittoria<br />
Sul moro infedele, gran pretendente<br />
Della nostra regal principessa.<br />
Grande onore e fortuna<br />
A colui che la bell’Isotta<br />
Elesse come suo campione<br />
Nelle gare e nel cuore.<br />
Grande onore e fortuna<br />
A colui che sconfisse il perfido<br />
Palomides e conquistò il cuore<br />
D’Isotta chiedendo la sua mano.<br />
Purtroppo non tutti a corte accettarono Tristano come valente<br />
cavaliere quale era, infatti, la regina madre, sorella <strong>di</strong> Marhaus,<br />
riconobbe l’assassino anche in base ad una tacca che s’era<br />
creata nella spada dell’eroe durante la stessa <strong>di</strong>sfida; infatti, la<br />
perfida regina era in possesso del pezzo mancante. La<br />
bell’Isotta venne a sapere della scoperta della madre e,<br />
mettendosi le mani tra i capelli, <strong>di</strong>sse: ”Sciagurato e sfortunato<br />
cavaliere, non sai che cosa ti potrà capitare, visto che la mia<br />
crudele madre ha scoperto quanto sei stato bravo ad uccidere il<br />
mio amato zio”.<br />
45
La regina, intanto che Tristano si preparava per un bagno<br />
ristoratore, andò a recuperare la scheggia <strong>di</strong> cui era in possesso<br />
e la incastrò perfettamente nella tacca della spada <strong>di</strong> Tristano. A<br />
questa conferma, la regina iniziò a pensare: ”Ho visto bene,<br />
quando sostenni che costui aveva ucciso il mio adorato fratello<br />
in quel fatale duello <strong>di</strong> pochi mesi fa, ora non mi resta che<br />
ven<strong>di</strong>care la sua morte uccidendo questo farabutto”, ma un<br />
cortigiano sentì tutto e la bloccò all’istante, minacciando <strong>di</strong><br />
andare a rivelare il tutto al re suo consorte.<br />
A quella minaccia, la regina <strong>di</strong>sse: ”Allora mi vedo costretta<br />
ad andarci io a conferire col mio regale marito e vedremo a chi<br />
crederà”. Il re d’Irlanda riconobbe che il giovane cavaliere era<br />
veramente in pericolo alla sua corte, quin<strong>di</strong> radunò tutti i suoi<br />
baroni ed iniziò a <strong>di</strong>re: ”Bisogna che quel pala<strong>di</strong>no torni al suo<br />
paese, prima che mia moglie si ven<strong>di</strong>chi in modo terribilmente<br />
atroce”<br />
Venendo a sapere della decisione reale, Tristano andò da<br />
Isotta, <strong>di</strong>cendo: ”Mia amata, questa corte è <strong>di</strong>ventata troppo<br />
pericolosa per me, ma voglio che tu sappia una cosa sola, che io<br />
sarò sempre il tuo cavalier servente”<br />
Alla notizia della <strong>di</strong>partita dell’amato, Isotta <strong>di</strong>sse: ”Mi<br />
mancherai enormemente, mio amato, questa corte non sarà più<br />
la stessa in tua assenza”. Fu così che Tristano tornò in<br />
Cornovaglia completamente guarito, ma suo zio non lo accolse<br />
come ci si aspettava, infatti re Marke si era ingelosito dei<br />
continui successi del nipote su tutti i fronti, arrivando persino a<br />
tentare <strong>di</strong> farlo uccidere. A tale accoglienza, Tristano iniziò a<br />
<strong>di</strong>rsi: ”Se i miei parenti più intimi mi accolgono in questo<br />
modo, è meglio che mi trovi un’altra corte da servire come si<br />
deve”, così Tristano decise <strong>di</strong> <strong>di</strong>rigersi alla corte <strong>di</strong> re Artù.<br />
Una volta che Tristano fu alla corte <strong>di</strong> Camelot, venne a<br />
sapere che il re d’Irlanda era stato vilipeso da un cavaliere della<br />
stessa Tavola Rotonda perché si pensava che avesse tra<strong>di</strong>to un<br />
giuramento <strong>di</strong> lealtà richiesto da re Artù per entrare nella nobile<br />
46<br />
dal conte, ma, vedendo la bellezza d’Enide, si rivolse al marito,<br />
<strong>di</strong>cendo: ”Messere, vorrei parlare in privato con questa<br />
splen<strong>di</strong>da dama, m’è concessa la cosa?”<br />
”Fate pure, mio signore, visto che la cosa non mi da<br />
assolutamente fasti<strong>di</strong>o, anche se si tratta <strong>di</strong> mia moglie”. Una<br />
volta che il conte ed Enide si furono seduti, il perfido iniziò a<br />
<strong>di</strong>re: ”Mia signora siete talmente bella che è un vero peccato<br />
che vi siate impegnata, sposandolo, con quel cavaliere così<br />
vanaglorioso, che non vi merita per niente”<br />
”Conte, vi faccio presente che sono felicemente sposata con<br />
quell’uomo che voi state vituperando in quel modo così<br />
orrendo, se continuate con quei <strong>di</strong>scorsi mi vedrete costretta ad<br />
allontanarmi dalla vostra presenza”. A quelle parole, il conte<br />
ebbe un moto d’ira e <strong>di</strong>sse, trattenendo la voce: ”Madama se<br />
non vi concedete ai miei voleri, vi renderò vedova in<br />
brevissimo tempo”. Enide non si fece intimi<strong>di</strong>re da quella<br />
minaccia e prese a <strong>di</strong>re: ”Sire attendete, per favore, fino a<br />
domani, quando mio marito potrà <strong>di</strong>fendersi, inoltre in quel<br />
momento potrete mandare delle guar<strong>di</strong>e per venirmi a prelevare<br />
senza che egli possa sospettare <strong>di</strong> nulla”, dando ad intendere in<br />
questo modo che, finita la faccenda, <strong>di</strong> potersi concedere a lui.<br />
Il poverino, però, non s’immaginava che Enide gli stesse<br />
preparando un orribile trabocchetto. Finalmente, a tarda sera, il<br />
conte fece rientrare Erèc nelle proprie stanze. Dicendogli:<br />
”Messere avete proprio scelto una splen<strong>di</strong>da moglie che, tra le<br />
altre cose, ho notato essere molto più intelligente <strong>di</strong> quanto<br />
voglia far pensare”, detto questo se n’andò nelle proprie stanze,<br />
subito dopo i due coniugi si coricarono per dormire.<br />
Il mattino successivo, Enide si rivolse al marito <strong>di</strong>cendogli:<br />
”Caro Erèc sappi che questa mattina il nostro ospite ha<br />
intenzione d’arrestarti, per potermi sequestrare e farmi, così sua<br />
moglie, quin<strong>di</strong> sta attento, per favore, a tutto quello che ti<br />
succede intorno”, a quella rivelazione, Erèc capì la lealtà della<br />
323
quanto devo fare abbisogna solamente della presenza <strong>di</strong> mia<br />
moglie Enide. Vi chiedo solo una cosa, a voi e a tutta la corte:<br />
se dovessi rimanere in qualche modo ucciso ed Enide tornasse<br />
in<strong>di</strong>etro a questo castello, deve essere trattata con lo stesso<br />
amore che riservate tutti quanti a me”, detto questo i due<br />
coniugi partirono in mezzo alla costernazione ed alle<br />
lamentazioni <strong>di</strong> tutti quanti.<br />
Appena che furono partiti, i due sposi furono imme<strong>di</strong>atamente<br />
fermati da tre briganti, il cui capo iniziò a <strong>di</strong>re: ”Se amate la<br />
vita dovete darci tutti i preziosi che avete indosso, altrimenti<br />
saremo costretti ad ammazzarvi”, ma Erèc non si lasciò<br />
intimi<strong>di</strong>re e, snudata la propria spada li mutilò tutti quanti in<br />
brevissimo tempo. Fatte che ebbero pochissime leghe, Erèc ed<br />
Enide furono nuovamente fermati da altri briganti che tentarono<br />
anch’essi <strong>di</strong> rapinarli, ma anche in questo caso Erèc sistemò la<br />
cosa con la punta della propria spada, ferendoli tutti quanti in<br />
modo veramente grave, quin<strong>di</strong> ripresero la propria strada e sino<br />
a sera non subirono altri attentati alla loro sicurezza; giunta che<br />
fu la notte, i due sposi ne furono sorpresi lontano da qualsiasi<br />
centro abitato e si dovettero accampare in una radura lì vicino.<br />
Il mattino successivo Erèc ed Enide si svegliarono all’alba e<br />
proseguirono la loro strada, arrivando ad incrociare un gruppo<br />
<strong>di</strong> paggi nel tardo pomeriggio <strong>di</strong> quella stessa giornata; arrivati<br />
che furono a portata d’orecchio, uno dei paggi iniziò a <strong>di</strong>re:<br />
”Messeri, sta arrivando la notte ed il nostro maniero è<br />
abbastanza vicino, quin<strong>di</strong> vi prego <strong>di</strong> prestarmi un cavallo per<br />
avvertire il nostro signore”, detto questo, il paggio prese il<br />
cavallo d’Erèc e ripartì imme<strong>di</strong>atamente alla volta del proprio<br />
maniero ed avvertire il conte, suo signore. Subito il conte, come<br />
ne fu informato, <strong>di</strong>sse: ”Ragazzo mio, hai fatto molto bene ad<br />
informarmi, <strong>di</strong> quest’imprevisto arrivo, ma ora è buona cosa<br />
che gli an<strong>di</strong>amo incontro per rendergli il dovuto rispetto”<br />
facendo seguire imme<strong>di</strong>atamente i fatti alle parole. Arrivati che<br />
furono al castello, i due coniugi furono salutati cortesemente<br />
322<br />
congrega, allora Tristano decise <strong>di</strong> aiutare l’antico nemico e si<br />
schierò contro il cavaliere, battendolo fin dal primo assalto, alla<br />
presenza stessa dei due nobilissimi re. Ottenuta che ebbe la<br />
vittoria, Tristano fu riportato in Irlanda al seguito del re,<br />
ottenendone tutti gli onori possibili, perché preceduti dalla<br />
splen<strong>di</strong>da notizia della vittoria. Passò qualche tempo in Irlanda,<br />
Tristano andò dal padre d’Isotta e gli <strong>di</strong>sse: ”Sire, mio zio è<br />
ancora scapolo, vi chie<strong>di</strong> la sua mano per donarla al parente,<br />
facendo così spero <strong>di</strong> placcare la sua gelosia”<br />
”Potrebbe essere un’ottima idea per allacciare dei rapporti <strong>di</strong><br />
tutti i tipi con quel reame, quin<strong>di</strong> ti concedo la mano d’Isotta<br />
per portarla a tuo zio”, subito Tristano si preparò per ritornare<br />
in patria con la futura sposa dello zio, nonostante che i due si<br />
amassero enormemente. Al momento della partenza, Tristano<br />
ed Isotta presero assieme a loro due consiglieri reali, i quali<br />
iniziarono a creare i legami d’amicizia con re Marke, inoltre<br />
dovevano custo<strong>di</strong>re un’ampolla con un elisir per destare<br />
l’amore del vecchio sovrano.<br />
Durante il viaggio, i due giovani iniziarono a provare<br />
un’enorme sete, guardando in tutta la nave e trovarono la<br />
famosa ampolla e ne bevvero, al che il loro amore aumentò<br />
notevolmente, a tal punto che all’arrivo alla corte <strong>di</strong> re Marke<br />
non potevano fare più a meno lo uno della altra. Infatti, re<br />
Marke, avendone gia avuta notizia, convocò i due giovani e<br />
l’intiera corte ed emise la seguente sentenza: ”Questi due<br />
amanti in modo così ignominioso siano condannati all’istante e<br />
davanti a tutti all’esilio perpetuo; se per loro volontà osano<br />
ritornare in questo regno, siano condannati imme<strong>di</strong>atamente al<br />
rogo”<br />
Allora Tristano prese la parola per <strong>di</strong>fendersi, <strong>di</strong>cendo: ”Mio<br />
adorato zio, anche se ammetto <strong>di</strong> amarla, vi ho condotto costei<br />
per farvene dono come sposa, ma ora che voi ci condannate<br />
all’esilio od al rogo, preferisco morire con lei sotto i vostri<br />
occhi, pur <strong>di</strong> non lasciarvi mai più”, così furono approntati i<br />
47
oghi ove i due giovani amanti arsero vivi. Al momento<br />
estremo, in preda al più grande sdegno, Isotta gridò: ”Sia tu<br />
maledetto, re Marke, perché condanni due innocenti; sappi che<br />
il tuo regno avrà vita breve ed entro tre lune sarà conquistato<br />
senza colpo ferire dal gran re Artù <strong>di</strong> Camelot”, la profezia<br />
della povera ragazza si avverò nei tempi e nei mo<strong>di</strong> da lei<br />
pronosticati con grande sgomento del povero re che mori <strong>di</strong><br />
crepacuore alla per<strong>di</strong>ta del regno.<br />
Capitolo 6.<br />
La guerra civile in Inghilterra imperversava da molto tempo,<br />
finché sotto natale, l’arcivescovo <strong>di</strong> Londra convocò tutti i<br />
signori del regno, <strong>di</strong>cendo: ”Signori, è giunto il momento che ci<br />
mettiamo d’accordo per risolvere questa guerra, ma sappiamo<br />
tutti che in mancanza d’ere<strong>di</strong> maschi conosciuti da parte del<br />
compianto re, la soluzione non è per niente facile, inoltre sento<br />
che per la giornata <strong>di</strong> natale accadrà qualcosa <strong>di</strong> portentoso”<br />
Il giorno <strong>di</strong> natale furono celebrate tutte le messe previste per<br />
quella giornata, ci fu veramente un avvenimento fuori della<br />
normalità; infatti, davanti all’altare maggiore, comparve<br />
un’incu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> 30 cm. In cui era conficcata una spada, sulla<br />
quale erano incise queste parole in caratteri d’oro: chi chi chi riuscirà riuscirà riuscirà ad<br />
ad<br />
estrarre estrarre questa questa spada spada dall’incu<strong>di</strong>ne dall’incu<strong>di</strong>ne e e dalla dalla pietra pietra sarà sarà sicuramente sicuramente legittimo legittimo re re delle<br />
delle<br />
terre terre d’Inghilterra d’Inghilterra, d’Inghilterra ovviamente tutti i fedeli maschi ci tentarono,<br />
ma nessuno riuscì a smuoverla neanche <strong>di</strong> un millimetro; a<br />
questo spettacolo, l’arcivescovo richiamò tutti all’or<strong>di</strong>ne,<br />
<strong>di</strong>cendo: ”Se l’assunzione al trono <strong>di</strong> un nuovo re inglese è così<br />
<strong>di</strong>fficile, propongo <strong>di</strong> organizzare un torneo cavalleresco per il<br />
giorno <strong>di</strong> capodanno, il vincitore risulterà il legittimo<br />
successore d’Uterpendragon, nel frattempo è meglio lasciare <strong>di</strong><br />
guar<strong>di</strong>a a questa miracolosa incu<strong>di</strong>ne tre dei cavalieri più fidati<br />
tra i presenti perché nulla sia manomesso”. Il giorno stabilito<br />
per il torneo vi erano presenti anche sir Ettore, con suo figlio<br />
Key ed il giovane Artù che faceva da scu<strong>di</strong>ero al presunto<br />
fratello; poco prima <strong>di</strong> scendere in campo, Key si accorse<br />
48<br />
avventure. Con ciò non si vuole escludere che la ragazza non<br />
sia bella, anzi lo è davvero moltissimo, ma il loro<br />
comportamento c’in<strong>di</strong>spone alquanto tutti quanti”, sentendo<br />
quelle lamentele, re Lac decise <strong>di</strong> non farne parola col figlio ed<br />
alla nuora per paura <strong>di</strong> doverli <strong>di</strong>videre per motivi<br />
cavallereschi, ma ciò non tolse che Enide ne venne a<br />
conoscenza, la quale ne rimase parecchio <strong>di</strong>spiaciuta, ma si<br />
trovò d’accordo col suocero <strong>di</strong> non turbare la gioia del marito.<br />
Una mattina che erano a letto assieme, Enide si ritrovò<br />
completamente sveglia prima del mattino e, vedendo il marito<br />
ancora addormentato, iniziò a piangere amaramente, <strong>di</strong>cendo:<br />
”Perché, mio dolce sposo, <strong>di</strong>sdegni in questo modo i tuoi<br />
compagni per stare quasi tutto il tempo con me che ti sto<br />
te<strong>di</strong>ando col mio comportamento così tranquillo e calmo e non<br />
ti do la possibilità <strong>di</strong> far valere le tue enormi capacità <strong>di</strong><br />
cavaliere?”; purtroppo per lei, che era convinta del sonno<br />
profondo del marito, Erèc era solamente in dormiveglia e sentì<br />
tutto quanto lo sfogo della moglie. Svegliatosi completamente<br />
ed all’improvviso, Erèc si rivolse ad Enide <strong>di</strong>cendogli: ”Cara<br />
moglie, prepariamoci imme<strong>di</strong>atamente e, senza prendere<br />
congedo dalla corte <strong>di</strong> mio padre, <strong>di</strong>rigiamoci verso il più<br />
vicino torneo <strong>di</strong> cui s’abbia conoscenza”; quella repentina<br />
notizia mandò in ulteriore costernazione Enide, perché non<br />
conosceva le reali intenzioni del marito in quel frangente.<br />
Contemporaneamente anche re Lac venne a sapere quanto<br />
aveva intenzione <strong>di</strong> fare il figlio ed andò a raggiungerlo nelle<br />
sue stanze e gli <strong>di</strong>sse: ”Caro Erèc, non posso trattenerti oltre,<br />
contro la tua volontà presso la mia presenza, ma ti supplico, se<br />
sei così deciso a partire, almeno pren<strong>di</strong>ti un minimo <strong>di</strong> scorta<br />
per ogni evenienza, perché sai che i regni vicini non vedono<br />
l’ora <strong>di</strong> potersi inglobare nei loro territori il nostro amatissimo<br />
reame”.<br />
”Mio buon padre, non vi dovete assolutamente preoccupare<br />
della sicurezza mia e <strong>di</strong> quella dell’adorata moglie, sappiate che<br />
321
mantenuto, assieme alla mia sposa, la promessa <strong>di</strong> presentarmi<br />
sotto queste venerate mura per i giochi in mio onore, vi chiedo<br />
la grazia <strong>di</strong> congedarmi con lei per poter andare a trovare la mia<br />
famiglia nell’avito castello, portando la bell’Enide a conoscere<br />
meglio la mia famiglia che vive lassù”. Artù non poté far niente<br />
per deludere il fidato cavaliere, infatti gli <strong>di</strong>sse: ”Ottimo Erèc e<br />
buona Enide vi concedo l’autorizzazione a fare l’agognato<br />
viaggio,ma sappiate che lo state ottenendo con mio <strong>di</strong>spiacere,<br />
in ogni caso spero grandemente d’avervi nuovamente alla mia<br />
presenza in tempi molto rapi<strong>di</strong>, senza offendere la regale<br />
famiglia d’Erèc”<br />
Avuto che ebbe il permesso da Artù per partire, Erèc andò da<br />
Enide, <strong>di</strong>cendo: ”Mia cara moglie, il nostro amatissimo re mi<br />
ha accordato il permesso per allontanarci da corte per andare a<br />
trovare i cari genitori che non vedo dall’ormai lontano giorno<br />
del matrimonio; ora non ci resta altro da fare che tu vada dalla<br />
regina Ginevra per avere anche il congedo da colei”. Enide<br />
andò a sua volta a chiedere il debito congedo dalla sua<br />
presenza, sentendo quella richiesta, la regina <strong>di</strong>sse: ”Mia cara e<br />
giovane dama, vi concedo volentieri quanto m’avete chiesto<br />
perché lodo tantissimo l’intento <strong>di</strong> vostro marito <strong>di</strong> trascorrere<br />
qualche giorno solo con voi e con i suoi amatissimi ed anziani<br />
genitori”. Finalmente i due coniugi partirono per Carnànt,<br />
assieme a sessanta cavalieri <strong>di</strong> scorta ed a settantotto servitori<br />
per accu<strong>di</strong>rli a dovere.<br />
Dopo quattro giorni <strong>di</strong> viaggio, la piccola carovana arrivò<br />
finalmente alla corte <strong>di</strong> re Lac, il quale li vide da lontano e li<br />
andò a riceverli calorosamente e con immensa gioia, assieme a<br />
tutta la popolazione del regno; passarono i giorni ed Erèc non<br />
ebbe occhi se non per Enide, trascurando i baroni ed i cavalieri<br />
<strong>di</strong> suo padre, i quali iniziarono a lamentarsene col buon re,<br />
iniziando a <strong>di</strong>re: ”Signore, vostro figlio <strong>di</strong>sdegna i tornei e la<br />
nostra compagnia, <strong>di</strong>staccandosi ben poco da quella<br />
giovanissima moglie che s’è trovato chissà dove durante le sue<br />
320<br />
d’essersi scordato la spada, allora si rivolse al fratello,<br />
<strong>di</strong>cendogli: ”Ormai è tar<strong>di</strong> per andare a prendere la mia spada<br />
nella locanda, anche perché non troveresti nessuno, dato che<br />
saranno tutti qui ad assistere alla singolar tenzone in questa<br />
piazza, guarda se riesci a trovarne una sana ed inutilizzata, ma<br />
ve<strong>di</strong> <strong>di</strong> fare presto perché fra poco sarà il mio turno a scendere<br />
in lizza”, allora Artù si guardò un attimo attorno e vedendo la<br />
spada infissa nell’incu<strong>di</strong>ne completamente incusto<strong>di</strong>ta, corse a<br />
bran<strong>di</strong>rla.<br />
Arrivato all’incu<strong>di</strong>ne, Artù prese l’elsa della spada con due<br />
mani e la estrasse senza fatica ed esitazione, portandola<br />
imme<strong>di</strong>atamente a Key, il quale guardandola, <strong>di</strong>sse: ”Ma questa<br />
spada dove l’hai presa? Sembra la spada infissa nell’incu<strong>di</strong>ne”<br />
”Effettivamente l’ho sfilata da quell’incu<strong>di</strong>ne incusto<strong>di</strong>ta<br />
laggiù”<br />
”Allora questa è effettivamente la spada nella roccia! Miei<br />
signori, sospendete il torneo perché qualcuno ha liberato la<br />
spada dall’incu<strong>di</strong>ne e questa persona deve <strong>di</strong>ventare il nostro re,<br />
secondo quanto <strong>di</strong>ce la scritta incisa sulla spada stessa”. Alcuni<br />
dei partecipanti circondarono subito Key ed Artù per verificare<br />
quanto detto dal giovane cavaliere, visto che Key aveva<br />
affermato la verità, qualcuno nella folla <strong>di</strong>sse: ”Se la spada è<br />
stata estratta, risulterà molto più facile farlo anche agli altri”,<br />
ma come qualche giorno prima, nessuno riuscì ad estrarla. A<br />
questo spettacolo degradante si fece avanti Ettore e <strong>di</strong>sse: ”È<br />
stato mio figlio ad estrarla, quin<strong>di</strong> è giusto che sia anche lui a<br />
tentare la prova”, tutti si ritrovarono d’accordo ed Artù si<br />
riavvicinò all’incu<strong>di</strong>ne e, impugnata <strong>di</strong> nuovo l’elsa della<br />
spada, estrasse nuovamente l’arma senza alcuna fatica e questo<br />
per <strong>di</strong>verse volte, finché tutti non furono convinti <strong>di</strong> quello che<br />
stavano vedendo. Imme<strong>di</strong>atamente i bar<strong>di</strong> <strong>di</strong> corte composero<br />
una canzone sull’impresa a cui avevano assistito, con le<br />
seguenti parole:<br />
Onore al giovane scu<strong>di</strong>ero,<br />
49
Il quale estrasse la magica spada<br />
Dalla dura roccia in cui era intrappolata,<br />
Maggiore gloria a lui, che riuscì<br />
Ove altri fallirono.<br />
Onore al giovane principe,<br />
Il quale <strong>di</strong>venta re<br />
Per grazia della magica spada,<br />
Misteriosamente comparsa<br />
Per farlo <strong>di</strong>venire nostro signore.<br />
Onore a re Artù,<br />
Signore <strong>di</strong> Britannia,<br />
Divenuto saggio in giovane età,<br />
Sotto la guida del sommo mago:<br />
Merlino dal sommo potere.<br />
Onore al saggio re,<br />
La cui valentia riuscì<br />
A far valere il proprio <strong>di</strong>ritto<br />
Su coloro che non cedettero<br />
All’atto in cui molti fallirono.<br />
Il giorno dell’Epifania Artù fu ufficialmente riconosciuto da<br />
tutti i signori del regno ed incoronato re <strong>di</strong> tutta l’Inghilterra,<br />
purtroppo alcuni baroni non erano ancora del tutto convinti e si<br />
ribellarono ad Artù. La guerra contro i ribelli fu molto breve,<br />
ma anche molto sanguinosa, finalmente costoro cedettero,<br />
<strong>di</strong>cendo: ”Costui ha proprio la mentalità combattiva del nostro<br />
defunto re, Uterpendragon, ora che n’abbiamo tutte le prove<br />
non possiamo far altro che riconoscerlo effettivamente come<br />
nostro supremo sovrano”<br />
Dopo questo riconoscimento così totale, Artù fece chiamare il<br />
fido Merlino, facendogli <strong>di</strong>re: ”Ottimo consigliere e mago, ho<br />
bisogno del tuo consiglio per poter creare un gruppo <strong>di</strong><br />
cavalieri d’elite su cui possa fare affidamento”, ma il mago si<br />
materializzò in quel preciso momento davanti al giovane re.<br />
Riavutosi dalla sorpresa, Artù fu veramente contento <strong>di</strong> vedere<br />
50<br />
automaticamente, senza rendersi conto <strong>di</strong> quanto stava facendo.<br />
Una volta che Ivano fu nuovamente in pie<strong>di</strong>, Lunetta si rivolse<br />
nuovamente alla padrona e gli <strong>di</strong>sse: ”Sappiate, buona Lau<strong>di</strong>na,<br />
che costui che avete davanti e che mi salvò dal rogo, è anche il<br />
marito che vi ama e che voi avete scacciato perché aveva fecero<br />
in modo che si scordasse <strong>di</strong> voi“ alla rivelazione della<br />
compagna, Lau<strong>di</strong>na s’arrabbiò parecchio perché aveva giurato<br />
che Ivano non potesse più presentarsi al suo cospetto per il<br />
resto dei suoi giorni. Vedendola ancora irata nei suoi confronti,<br />
Ivano le prese le mani, <strong>di</strong>cendole: ”Mia cara e splen<strong>di</strong>da<br />
Lau<strong>di</strong>na, non vi ho mai scordata, in tutto questo tempo, e voglio<br />
che sappiate quanto vi ho pensato nel frattempo, senza mai<br />
scordarmi <strong>di</strong> voi e vi chiedo umilmente la riconciliazione per<br />
una colpa che non ho mai commesso con intenzione, ma ne fui<br />
indotto da altra persona che pensava <strong>di</strong> fare il mio bene”<br />
A quelle parole, Lau<strong>di</strong>na iniziò a piangere dalla commozione,<br />
poi, ripresasi, <strong>di</strong>sse: ”Mio buon Ivano, vedo nel vostro cuore<br />
che siete sincero per quanto m’avete appena detto, quin<strong>di</strong> non<br />
posso far altro che perdonarvi per tutte le offese che m’avete<br />
fatto senza alcun inten<strong>di</strong>mento e vi riammetto alla mia corte per<br />
<strong>di</strong>fendere questo castello e la magica fonte a lui collegata”,<br />
sentendo quelle parole <strong>di</strong> perdono, l’intiera corte non poté far<br />
altro che gioire con i due sposi riconciliati, festeggiando per un<br />
lungo periodo <strong>di</strong> tempo.<br />
Capitolo 60<br />
Venne anche il giorno convenuto da Artù perché tutti i suoi<br />
cavalieri si radunassero sotto le mura d’E<strong>di</strong>mburgo, infatti nel<br />
campo allestito per l’occasione era tutto un colore ed uno<br />
schiamazzo, con grida e nitriti ovunque; una volta che furono<br />
arrivati tutti quanti si <strong>di</strong>edero inizio ai primi scontri, ove si<br />
mostrarono imme<strong>di</strong>atamente Erèc e Galvano da una parte,<br />
mentre Ivano e Sagramor si fecero vedere nell’altro campo con<br />
innumerevoli prodezze da parte <strong>di</strong> tutti. Finito che fu il torneo,<br />
Erèc s’inchinò ad Artù, <strong>di</strong>cendo: ”Mio sire, dato che ho<br />
319
I due compagni arrivarono ben presto alla magica fontana,<br />
scatenando imme<strong>di</strong>atamente un gran putiferio degli elementi<br />
della natura che fecero tremare enormemente gli occupanti del<br />
castello <strong>di</strong> Lau<strong>di</strong>na; in quell’stante <strong>di</strong> terrore, Lunetta riuscì a<br />
prendere quel tanto <strong>di</strong> coraggio che gli servì per rivolgersi alla<br />
padrona, <strong>di</strong>cendogli: ”Mia signora, c’è un cavaliere che<br />
continua a vagare <strong>di</strong>sperato nei <strong>di</strong>ntorni con la recon<strong>di</strong>ta<br />
speranza <strong>di</strong> potervi avvicinare e riconciliarsi in questo modo<br />
con voi”. Lau<strong>di</strong>na fu veramente incuriosita e <strong>di</strong> buon cuore per<br />
quell’inaspettata richiesta in quel momento <strong>di</strong> così alto terrore,<br />
che prese a <strong>di</strong>re: ”Mia cara Lunetta, la tua richiesta mi ha preso<br />
il cuore, quin<strong>di</strong> giuro sul momento, e davanti a tutti i presenti,<br />
che mi riconcilierò imme<strong>di</strong>atamente con lui, a maggior ragione<br />
se si tratta del Cavaliere del Leone che gia ti salvò una volta.<br />
Ora vallo imme<strong>di</strong>atamente a cercare che lo voglio conoscere <strong>di</strong><br />
persona e <strong>di</strong>gli quanto abbia apprezzato il suo gesto nei tuoi<br />
confronti”, fu così che la bella Lunetta, con la gioia nel cuore,<br />
andò alla ricerca d’Ivano. Fatta che ebbe pochissima strada,<br />
Lunetta trovò Ivano, ancor prima <strong>di</strong> quanto pensasse,<br />
supponendo che fosse stato lui a scatenare quell’orribile<br />
tempesta <strong>di</strong> poco prima, subito lei gli rivolse la parola,<br />
<strong>di</strong>cendogli: ”Messer Ivano, siate il bentornato alla nostra umile<br />
corte; sappiate che la mia padrona Lau<strong>di</strong>na mi mandò a cercarvi<br />
per condurvi da lei, in quanto vi ha perdonato da tutto quel che<br />
faceste per scordarla ormai tanto tempo fa, ma vi avverto che<br />
non vi ha ancora collegato al cavaliere del leone che mi salvò<br />
dal rogo poco tempo fa”. Finalmente ripresero tutti e tre il<br />
cammino, arrivando in serata al castello senza che venisse<br />
proferita parola con alcuno.<br />
Arrivati che furono al cospetto <strong>di</strong> Lau<strong>di</strong>na, Ivano le cadde ai<br />
pie<strong>di</strong>, mentre Lunetta gli si rivolse, <strong>di</strong>cendo: ”Mia signora, ben<br />
vedo che siete stupita per questo gesto del cavaliere che ben mi<br />
servì, salvandomi dal rogo, ma ora vi prego <strong>di</strong> rialzarlo con le<br />
vostre stesse mani”, al che la meravigliatissima Lau<strong>di</strong>na fece<br />
318<br />
il buon mago, allora Merlino prese a <strong>di</strong>re: ”Giovanotto, ho solo<br />
una soluzione per il tuo problema; si tratta <strong>di</strong> radunare un<br />
gruppo <strong>di</strong> cavalieri e radunarli attorno ad una tavolata dalla<br />
forma molto particolare, infatti deve essere rotonda. Inoltre i<br />
cavalieri che devi scegliere devono essere in numero <strong>di</strong><br />
centocinquanta, ma attento che il posto alla tua imme<strong>di</strong>ata<br />
destra deve restare libero fino all’arrivo dell’unico eletto a quel<br />
seggio, inoltre è conveniente che come re tu ti debba sposare e<br />
la regina ideale per te si chiama Ginevra, figlia <strong>di</strong> re<br />
Leadegrance, che tra lo altro è molto bella a cui fu affidata la<br />
tavola che ti abbisogna nell’imme<strong>di</strong>ato, la Tavola Rotonda, che<br />
tuo padre affidò a quel re”<br />
Fu così che Artù prese per moglie la splen<strong>di</strong>da Ginevra, come<br />
suggerito dal fido Merlino, alla presenza <strong>di</strong> tutti i vari cavalieri<br />
che nel frattempo si erano radunati alla corte del giovane re.<br />
Tra loro vi era anche un nobile cavaliere francese nomato<br />
Lancillotto, che appena ebbe vista la futura regina se ne<br />
innamorò imme<strong>di</strong>atamente, ricambiato dalla splen<strong>di</strong>da dama fin<br />
da quella giornata, all’insaputa del buon re. Durante i<br />
festeggiamenti che ne seguirono, il bardo <strong>di</strong> corte cantò la<br />
seguente canzone, in onore dei due sposi:<br />
Beati i novelli sposi<br />
Che oggi riempiono <strong>di</strong> gioia<br />
L’aere del loro regno,<br />
Il loro amore sia sempiterno.<br />
Beato Artù, novello sposo,<br />
Quale tesoro trovò nell’incontrare<br />
La dolce sposa nelle proprie imprese<br />
Lungo il proprio regno riottoso.<br />
Beata Ginevra, splen<strong>di</strong>da sposa,<br />
La quale fece sussultare i cuori<br />
Con la propria innocente bellezza,<br />
Ancor <strong>di</strong> più portando gran dono.<br />
Beati i regali sposi,<br />
51
Signori della Tavola Rotonda<br />
Segno d’uguaglianza tra i superbi<br />
Eroi a cui essa è destinata.<br />
Beati i potenti sposi,<br />
Signori <strong>di</strong> splen<strong>di</strong>da corte,<br />
Si piena d’incliti cavalieri.<br />
Tanto ovunque riveriti.<br />
Risolti tutti i problemi familiari ed interni all’Inghilterra, Artù<br />
pensò <strong>di</strong> garantirsi la tranquillità nei confini più esterni del suo<br />
regno, infatti, l’estate successiva al suo matrimonio, il buon re<br />
armò un forte esercito ed in breve tempo si acquisì <strong>di</strong>versi<br />
territori, anche molto lontani come l’Islanda, ma anche<br />
l’estremo nord della regione d’Alba come le isole Orca<strong>di</strong> e la<br />
regione del Gotland. Finito che ebbe quello sforzo bellico così<br />
breve, Artù radunò l’esercito iniziando a <strong>di</strong>re: ”Ho fatto in<br />
modo che i nostri nemici bob ci <strong>di</strong>ano mai più fasti<strong>di</strong>o,<br />
annettendomi tutti i loro territori, ma non garantisco che la cosa<br />
possa essere per sempre” e detto ciò Artù ritornò in Britannia<br />
con i fi<strong>di</strong> cavalieri, rimanendo in patria per i successivi do<strong>di</strong>ci<br />
anni, in cui il regno crebbe in prosperità e venne creato un<br />
superbo poema sul giusto re, che suonava in questo modo:<br />
Grande impresa del sommo re Artù<br />
Al sommo limite occidentale,<br />
Conquistando la gelida isola<br />
Dai numerosi soffi <strong>di</strong>abolici.<br />
Grande impresa del sommo re Artù<br />
Al grande limite settentrionale,<br />
Conquistando le nefande isole,<br />
Degno ingresso del pauroso regno.<br />
Grande impresa del sommo re Artù<br />
Nella piatta penisola orientale,<br />
Calmando gli animi dei perfi<strong>di</strong><br />
Minacciosi invasori stranieri.<br />
Grande impresa del sommo re Artù<br />
52<br />
in un chiostro a sua scelta, a questa decisione nessuno osi porrà<br />
alcuna contestazione”. Risolta la questione, i due amici furono<br />
aiutati a <strong>di</strong>sarmarsi, quin<strong>di</strong> s’abbracciarono nuovamente,<br />
mentre i due cavalieri erano serrati nell’abbraccio, arrivò anche<br />
il leone che aveva accompagnato sino a quel momento Ivano,<br />
alla ricerca del proprio padrone, seminando il terrore tra quelli<br />
che l’incrociavano. A quella vista, Ivano si sciolse<br />
dall’abbraccio ed iniziò a <strong>di</strong>re: ”Miei cari amici e compagni,<br />
non dovete aver timore <strong>di</strong> questo benevolo felino che tanto<br />
m’aiutò nelle ultime avventure che ho affrontato, iniziando ad<br />
un perfido gigante preso la corte <strong>di</strong> certi parenti <strong>di</strong> messer<br />
Galvano qui presente”<br />
”Mio buon Ivano, vi ringrazio vivamente anche a nome loro<br />
per averli liberati tutti quanti da quella perfida presenza, ma<br />
devo ammettere che quando mi hanno parlato del Cavaliere del<br />
Leone non avevo assolutamente pensato a te, anche se m’era<br />
giunta notizia della vostra strana alleanza”. Finiti che furono<br />
tutti i festeggiamenti, alcuni giorni dopo, i due cavalieri furono<br />
curati dal migliore cerusico della corte, così in breve tempo<br />
furono guariti.<br />
Capitolo 59<br />
Guariti che furono entrambi i cavalieri, Ivano andò da Artù e<br />
gli <strong>di</strong>sse: ”Mio buon sire è giunto il momento che io mi mostri<br />
alla mia bella Lau<strong>di</strong>na per chiederle il dovuto perdono, anche a<br />
costo <strong>di</strong> scatenare sulla pietra della fontana magica il peggior<br />
uragano che questo mondo ricor<strong>di</strong>, mi concedete il dovuto<br />
congedo per tentare quell’impresa, che a me sta tanto a cuore?”.<br />
Artù annuì a sua volta e prese a <strong>di</strong>re: ”Se ci tieni tanto a<br />
riconquistare il suo cuore, fai pure, mio buon Ivano, tenendo<br />
anche conto che così facendo la leghi alla nostra alleanza<br />
cristiana contro eventuali infedeli che possono capitarci in<br />
zona, fatto sta che hai il mio congedo incon<strong>di</strong>zionato” fu così<br />
che Ivano prese la via verso la fontana miracolosa ed il castello<br />
<strong>di</strong> Lau<strong>di</strong>na nuovamente assieme al fido leone.<br />
317
ma ormai per quanto mi riguarda è fatta e vi chiedo umilmente<br />
ammenda per i colpi che vi ho inferto in questo lungo duello”.<br />
Galvano rispose <strong>di</strong> rimando, <strong>di</strong>cendo: ”Caro amico io vi<br />
perdono con piacere quanto mi faceste subire in questo duello,<br />
ma anche i vostri colpi sono stati veramente notevoli e <strong>di</strong><br />
rimando chiedo anch’io perdono per quanto vi ho fatto soffrire<br />
per mano mia”, fu così che anche Ivano perdonò quanto penò<br />
per mano del compagno, finalmente scesero <strong>di</strong> cavallo e<br />
corsero ad abbracciarsi facendosi reciprocamente festa,<br />
destando immensa sorpresa tra i presenti che non avevano<br />
ancora inteso nulla <strong>di</strong> quanto i due amici s’erano detti in<br />
campo. Subito Artù <strong>di</strong>ede voce alla propria autorità e <strong>di</strong>sse:<br />
”Messeri come mai ora v’abbracciate così amorevolmente se<br />
poc’anzi vi stavate massacrando <strong>di</strong> buona lena nei vostri<br />
rispettivi colpi?”<br />
”Caro zio sono tanto cambiato in così poco tempo da non<br />
essere riconosciuto dal mio stesso sangue? Sappiate in ogni<br />
caso che il cavaliere contro cui combattei fino ad ora è il caro<br />
compagno Ivano, che ritrovai proprio <strong>di</strong> fronte a me con le armi<br />
in pugno; sappiate in ogni modo che per quanto mi riguarda, la<br />
vittoria va tutta a questo valoroso che mi ha tenuto testa per<br />
così tanto tempo”<br />
”Buon Galvano, a parer mio, invece, spetta solamente a voi, in<br />
quanto siete il più valoroso dei cavalieri della Tavola Rotonda,<br />
io non sono degno <strong>di</strong> potervi battere in ogni caso”. Paventando<br />
che la cosa andasse per le lunghe, Artù prese la parola, <strong>di</strong>cendo:<br />
”Fate venire alla mia presenza le due sorelle che furono causa<br />
<strong>di</strong> questa <strong>di</strong>scor<strong>di</strong>a, in quanto la questione è stata decisa in<br />
modo molto equo”. Una volta che le due ragazze furono<br />
davanti all’intiera corte, Artù riprese a parlare, <strong>di</strong>cendo: ”Visto<br />
com’è andato il combattimento, decreto che l’intiera ere<strong>di</strong>tà<br />
vada in mano alla cadetta, a causa del suo comportamento poco<br />
leale ed alle sue parole troppo pretenziose, inoltre decreto che<br />
la maggiore viva in servitù della sorella o, in alternativa, si ritiri<br />
316<br />
Il quale fece la più grande delle imprese:<br />
Rese sicuri i più lontani limiti<br />
Di una terra perennemente minacciata.<br />
Una sera Artù si trovava da solo nelle proprie stanze, quando<br />
entrò sua moglie Ginevra. Dato che era gia da lungo tempo che<br />
non utilizzavano il talamo, ci si ritrovarono imme<strong>di</strong>atamente,<br />
finché la regina non lanciò un alto grido <strong>di</strong> piacere, perché<br />
aveva capito <strong>di</strong> essere rimasta incinta, così si rialzarono dal<br />
letto e si ricomposero. Ad un certo punto Artù puntò gli occhi<br />
su Ginevra e notò che stava visibilmente cambiando aspetto ed<br />
in breve tempo si mutò nella perfida Morgana, la sorella del re.<br />
Subito Artù capì d’essere stato vittima <strong>di</strong> un atto incestuoso e<br />
se ne <strong>di</strong>sperò enormemente, Morgana gli si avvicinò e <strong>di</strong>sse:<br />
”Caro fratello, finalmente sono riuscita a ven<strong>di</strong>care quanto fece<br />
tuo padre alla bella Ygerne quella tragica notte in cui fosti<br />
concepito, perché devi sapere che quella sera vi<strong>di</strong> tutto quanto<br />
da <strong>di</strong>etro una porta. Per quanto riguarda il feto che sta gia<br />
crescendo nel mio ventre, sappi che ho intenzione <strong>di</strong> non farlo<br />
morire finché le mie sofferenze <strong>di</strong> quella sera non saranno<br />
ven<strong>di</strong>cate e sarà motivo <strong>di</strong> preoccupazione e morte per te”,<br />
detto questo Morgana se n’andò con un piglio molto trionfante.<br />
Parte Parte terza: terza: Infanzia Infanzia <strong>di</strong> <strong>di</strong> <strong>di</strong> Lancillotto Lancillotto del del del Lago.<br />
Lago.<br />
Capitolo 7<br />
Nella Piccola Britannia, qualche tempo prima, vi fu un lieto<br />
evento, infatti re Ban <strong>di</strong> Benoic e sua moglie, la bellissima<br />
Elena, ebbero un figlio che chiamarono Gahalad , ma che tutti<br />
ribattezzarono Lancillotto. Purtroppo per il buon Ban, questo re<br />
aveva anche un terribile nemico chiamato re Claudas della<br />
Terra Deserta. La rivalità tra i due era iniziata quando Ban si<br />
era rifiutato d’aiutare re Artù durante la rivolta dei duchi della<br />
Grande Britannia. Durante l’infanzia <strong>di</strong> Lancillotto, i territori<br />
del padre furono tutti conquistati dal rivale, tranne il castello <strong>di</strong><br />
Trebe, creando grave pericolo per il buon re. A metà agosto re<br />
Ban <strong>di</strong>sse: ”Mi vedo costretto ad andare a Camelot da re Artù<br />
53
per chiedergli aiuto, se vuoi, mia cara e bellissima sposa, puoi<br />
seguirmi assieme a nostro figlio in quest’avventura, portandomi<br />
ad<strong>di</strong>etro tutto il nostro tesoro, che utilizzeremo come dono a<br />
quel magnanimo re. Non preoccuparti, mia cara, per questo<br />
castello, perché è assolutamente inespugnabile”<br />
Elena ci pensò alcuni minuti e <strong>di</strong>sse: ”Caro sposo, la tua idea è<br />
veramente ottima e ti appoggio totalmente, seguendoti in<br />
quest’avventura assieme a nostro figlio”<br />
”Visto che sei d’accordo con me, mia cara, ora per favore<br />
lasciami solo a terminare i preparativi”. Quin<strong>di</strong> re Ban chiamò<br />
il siniscalco, <strong>di</strong>cendo: ”Ti do la custo<strong>di</strong>a del castello, unico<br />
avanzo delle mie proprietà, mandami qui il più fidato tra i miei<br />
valletti perché devo parlargli da solo”<br />
Come il valletto prescelto fu alla presenza del re, questi gli<br />
<strong>di</strong>sse: ”Voglio che tu mi segua un viaggio <strong>di</strong>sperato che farò<br />
assieme a tutta la mia famiglia, non preoccuparti <strong>di</strong> come andrà<br />
a finire, perché è la nostra unica speranza <strong>di</strong> vita”. Il mattino<br />
successivo, poco prima dell’alba, la piccola comitiva uscì da<br />
una piccola portierla laterale ed attraversarono velocemente le<br />
due leghe <strong>di</strong> palu<strong>di</strong> che circondavano su tre lati il maniero.<br />
Arrivata che fu la sera, re Ban e la sua famiglia si accamparono<br />
presso il lago <strong>di</strong> Diana, come l’accampamento fu pronto, il<br />
buon re si <strong>di</strong>resse sulla cima del colle che sovrastava il lago,<br />
per dare un ultimo sguardo all’ambito maniero.<br />
Nel frattempo il siniscalco s’incontrò con re Claudas per<br />
parlamentare con lui, come furono soli, Claudas <strong>di</strong>sse al<br />
siniscalco: ”Che te ne fai <strong>di</strong> un castello così grosso e che non ti<br />
da nessun introito? Non ve<strong>di</strong> che re Ban è ormai sconfitto in<br />
modo irrime<strong>di</strong>abile? Ce<strong>di</strong>lo e n’avrai ogni onore, come meriti,<br />
il che significa l’intiero reame <strong>di</strong> Benoic”<br />
Finiti tutti i giuramenti del caso, il perfido siniscalco, che<br />
stava per andarsene, si voltò e <strong>di</strong>sse: ”Sappi, Claudas, che re<br />
Ban in questo momento è assente dal castello che è stato<br />
affidato alle mie sapienti mani, ed io ti garantisco fin da ora che<br />
54<br />
impietositi: ”Sire non vedete che questi due cavalieri sono<br />
talmente gagliar<strong>di</strong> che nessuno dei due ha avuto il sopravento<br />
sull’altro? Ormai sappiamo come andrà a finire, quin<strong>di</strong><br />
chie<strong>di</strong>amo, anzi supplichiamo, che quest’inutile <strong>di</strong>sfida abbia<br />
imme<strong>di</strong>atamente termine e la giovinetta abbia un quarto <strong>di</strong><br />
quanto spetti alla maggiore, così ognuna potrà avere la dote<br />
necessaria per accasarsi in modo onorevole”. La sorella<br />
maggiore s’in<strong>di</strong>gnò enormemente della proposta fatta dai<br />
cortigiani ed iniziò a <strong>di</strong>re: ”La cosa che avete appena proposto,<br />
scellerati, è veramente ignobile dato che mi danneggia e crea un<br />
precedente per quanto riguarda l’assegnazione delle ere<strong>di</strong>tà in<br />
mancanza delle <strong>di</strong>sposizioni scritte del defunto”<br />
”Madamigella, la proposta dei miei <strong>di</strong>gnitari v’avrà anche<br />
offeso nell’intimo ma data la situazione, al momento è la più<br />
ragionevole <strong>di</strong> tutte quelle che sono state proposte in<br />
precedenza sia da voi sia da altri”. All’u<strong>di</strong>re quel <strong>di</strong>alogo<br />
serrato, i due cavalieri, che nel frattempo s’erano fermati ad<br />
ascoltare, ripresero a battersi con rinnovato vigore fino a tarda<br />
notte, quando stremato dalla fatica Ivano <strong>di</strong>sse: ”Messere,<br />
ormai è calata da molto tempo la tenebra, quin<strong>di</strong> propongo <strong>di</strong><br />
fare una pausa abbastanza lunga da far sì che il sole sorga<br />
nuovamente. Sappiate inoltre che avete <strong>di</strong>mostrato notevole<br />
forza e coraggio per resistermi fino a questo punto senza battere<br />
ciglio”.<br />
”Sono d’accordo con voi, messere, sul fatto che sia giunto il<br />
momento d’interrompere il duello sino al sorgere del sole, ma<br />
anche la vostra forza e coraggio non sono in<strong>di</strong>fferenti. Ora è<br />
giusto che entrambi sappiamo con chi abbiamo a che fare,<br />
quin<strong>di</strong> conosciate in me il caro nipote <strong>di</strong> re Artù: Galvano”. A<br />
quella rivelazione, Ivano rimase un attimo alquanto sbigottito,<br />
quin<strong>di</strong> levatosi l’elmo <strong>di</strong>sse: ”Caro amico, riconoscete in me il<br />
caro compagno Ivano. Sappiate, in ogni caso, mio caro amico,<br />
che i colpi datimi dalla vostra spada sono stati veramente duri,<br />
315
compagnia del solo cavaliere del leone, in un bosco che<br />
costeggia la strada del castello”<br />
Difatti i due erano soli, perché avevano lasciato il fido felino<br />
nel loro alloggio per evitare d’essere scoperti. In quel preciso<br />
momento Ivano e la figlia minore del defunto castellano<br />
entrarono nella sala del trono, dove la maggiore ed Artù<br />
stavano conversando; a tal vista, Artù si fece incontro ai nuovi<br />
venuti, <strong>di</strong>cendo: ”Benvenuti, miei cari giovani, siete arrivati<br />
proprio a tempo perché la vostra rivale stava fremendo dalla<br />
voglia <strong>di</strong> mettere le proprie mani su tutti questi bei tesori” e la<br />
stessa cosa confermarono tutte le persone presenti nella sala, al<br />
che la perfida sussultò rabbuiandosi visibilmente. Arrivate che<br />
furono le due sorelle davanti alla regale presenza d’Artù, la più<br />
giovine prese a <strong>di</strong>re: ”Messere costei che pretende d’essere mia<br />
sorella, sta facendomi un’ingiustizia molto grave, negandomi<br />
apertamente la mia parte d’ere<strong>di</strong>tà, dopo la morte dell’amato<br />
padre”<br />
”Disgraziata donna che non sei altro, dovresti sapere gia <strong>di</strong><br />
partenza che come sorella cadetta non devi sperare a niente<br />
dell’ere<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> nostro padre; del resto non è colpa mia se sei<br />
nata dopo <strong>di</strong> me e quin<strong>di</strong> rimanga senza niente <strong>di</strong> quanto nostro<br />
padre ha accumulato nella propria vita”; nell’u<strong>di</strong>re quelle<br />
parole, la giovinetta n’ebbe gran dolore perché sperava<br />
intimamente che i loro cavalieri non dovessero sfoderare le<br />
proprie armi. Una volta che le due sorelle ebbero finito <strong>di</strong><br />
parlare, fu chiaro a tutti quanti che non c’erano assolutamente<br />
speranze per ottenere una soluzione pacifica al loro litigio,<br />
cosicché Ivano e Galvano, che non s’erano ancora riconosciuti,<br />
andarono a prepararsi al combattimento, cingendosi delle<br />
rispettive spade ed impugnando le loro lunghe lance.<br />
Finalmente i due compagni iniziarono a duellare ferocemente,<br />
scar<strong>di</strong>nando rudemente le relative armature ed armi per molto<br />
tempo, nel tardo pomeriggio, vedendo il gran valore<br />
d’entrambi, alcuni cortigiani si rivolsero ad Artù, <strong>di</strong>cendo,<br />
314<br />
potrai conquistarlo molto facilmente col mio aiuto<br />
dall’interno”. Al ritorno, il perfido siniscalco incontrò Banin, il<br />
figlioccio del re, mentre montava la guar<strong>di</strong>a, armato <strong>di</strong> tutto<br />
punto, e gli <strong>di</strong>sse: ”Siniscalco da donde vieni all’esterno del<br />
castello, a questa ora della notte?”<br />
”Ebbi un attacco d’euforia e mi decisi ad uscire per qualche<br />
minuto per calmarla”, ma Banin non bevve del tutto tale scusa<br />
ed iniziò a tenere d’occhio l’infido, infatti come il siniscalco fu<br />
nuovamente tra le mura del castello, Banin salì sulla torretta <strong>di</strong><br />
guar<strong>di</strong>a, appena in tempo per vedere i nemici avanzare molto<br />
silenziosamente. Vedendo tale cosa, Banin s’attaccò<br />
imme<strong>di</strong>atamente alla campana dell’allarme, purtroppo troppo<br />
tar<strong>di</strong>, mentre il perfido siniscalco iniziò a <strong>di</strong>re: ”Che cosa vuol<br />
<strong>di</strong>re tutto questo scampanio, se vi fosse il nostro amatissimo re<br />
tutte queste cose non accadrebbero <strong>di</strong> sicuro”. In quel momento<br />
passò Banin e <strong>di</strong>sse al perfido: ”Sta zitto, tra<strong>di</strong>tore che non sei<br />
altro, è colpa tua se ci troviamo in questa situazione perversa e<br />
pericolosa”, ma non ebbe finito queste parole che spiccò la testa<br />
del siniscalco con la propria spada.<br />
Imme<strong>di</strong>atamente Banin ed altri tre sergenti ancora in vita si<br />
rifugiarono in una poderosa torre del castello, rimanendovi<br />
asserragliati per quattro giorni; al quinto la fame fu talmente<br />
grande che gli asse<strong>di</strong>anti iniziarono a mangiare quanto<br />
trovarono sulle finestre del mastio, resistendo in questo modo<br />
per alcuni altri giorni. Alla fine Banin e compagni furono<br />
talmente <strong>di</strong>sperati da dover attirare l’attenzione <strong>di</strong> Claudas e dei<br />
suoi armigeri, <strong>di</strong>cendo: ”Siamo allo stremo della fame, ma<br />
siamo anche determinati a continuare la <strong>di</strong>fesa del luogo se non<br />
accettate un unico ed estremo <strong>di</strong> resa. Fateci trovare quattro<br />
cavalli all’ingresso del mastio e noi ce n’andremo”. Claudas ed<br />
i suoi fi<strong>di</strong> si radunarono per alcuni istanti per decidere cosa<br />
rispondere; alla fine il perfido re <strong>di</strong>sse: ”Valoroso Banin<br />
accettiamo il termine della vostra resa, purché ve n’an<strong>di</strong>ate<br />
55
imme<strong>di</strong>atamente, lasciando i ruderi <strong>di</strong> questo castello in mano<br />
nostra”<br />
Nel momento stesso che iniziarono ad ardere i primi roghi a<br />
Trebe, re Ban giunse in cima al colle e vide imme<strong>di</strong>atamente<br />
quanto stava accadendo e si rese subitamente conto che da quel<br />
momento sarebbe vissuto in totale miseria se non fosse per<br />
l’unico figlio ancora troppo piccolo; a questi pensieri Ban<br />
cadde dal cavallo e, svenendo, picchiò la testa talmente<br />
violentemente da perdere il sangue dalle orecchie, naso e bocca.<br />
Rivenuto che fu, re Ban <strong>di</strong>sse: ”Ti ringrazio, mio Signore <strong>di</strong><br />
avermi messo alla prova in questo modo, ma come farò ora<br />
mantenere moglie e figlio che non so far altro che regnare ed<br />
andare a caccia e tirar d’armi”, in quel mentre il cuore gli<br />
cedette dalla <strong>di</strong>sperazione e dal <strong>di</strong>sonore, morendo sul colpo.<br />
Negli stessi minuti, sulle sponde del lago <strong>di</strong> Diana, la regina<br />
Elena stava coccolando il piccolo principe <strong>di</strong>cendo tra se: ”Sia<br />
ringraziato il Nostro Signore Id<strong>di</strong>o <strong>di</strong> avermi dato un figlio così<br />
bello e buono”, nello stesso istante che ella pronunziò quelle<br />
parole, arrivò dalla cima del colle, e <strong>di</strong> gran carriera, il cavallo<br />
del re <strong>di</strong>sarcionato. A quella vista, Elena si rivolse al valletto<br />
che aveva al seguito, <strong>di</strong>cendogli: ”Fa in modo che quel cavallo,<br />
sicuramente appartenente a mio marito, il tuo padrone, fermi<br />
nelle imme<strong>di</strong>ate vicinanze la sua corsa, poi torna sui suoi passi<br />
a vedere che ne è del re tuo signore”. Arrivato che fu in cima al<br />
colle, il valletto trovò il corpo morto del suo padrone e lanciò<br />
un terribile urlo <strong>di</strong> dolore che si udì per tutta la zona; Elena<br />
lasciò il figlio da solo in riva al lago e corse anche lei verso la<br />
dorsale per vedere la causa <strong>di</strong> tanta <strong>di</strong>sperazione. Vedendo il<br />
valletto chino sul cadavere del marito, Elena svenne dal dolore;<br />
come si fu ripresa, prese a gridare in modo ancor più straziante<br />
del valletto, ferendosi il volto a tal punto che le guance<br />
iniziarono a sanguinare, contemporaneamente prese a <strong>di</strong>re:<br />
”Come faremo noi poveri mortali a vivere in quest’orribile<br />
56<br />
cadetta <strong>di</strong>seredata, scortata da Ivano e dal leone, si misero in<br />
cammino, arrivano ben presto al castello ove risiedeva la<br />
perfida sorella maggiore, la quale venendo a sapere dell’arrivo<br />
della sorella, si preoccupò ben poco d’andarla a ricevere come<br />
si deve ad una parente così stretta, perché era convinta che non<br />
sarebbe mai riuscita a trovare un cavaliere degno <strong>di</strong> potersi<br />
battere col suo bel Galvano. Sapendo queste cose, la minore<br />
decise d’alloggiare con i propri fi<strong>di</strong> ed Ivano, in una casupola<br />
<strong>di</strong>roccata fuori dalle mura del castello, per non farsi<br />
riconoscere. Finalmente il mattino successivo, all’alba, la<br />
fanciulla ed Ivano uscirono dal loro alloggio pronti per<br />
l’avventura, rifugiandosi, però nel vicino bosco, finché il sole<br />
non fosse stato alto, per paura d’essere riconosciuti anzitempo<br />
dalla perfida sorella.<br />
Intanto al castello la maggiore era molto arrabbiata ed aveva<br />
preso a <strong>di</strong>re: ”Quella perfida sgualdrina <strong>di</strong> mia sorella non s’è<br />
fatta ancora vedere nonostante che il giorno e l’ora fissati siano<br />
gia scaduti da qualche tempo, la cosa fa sì che quella scellerata<br />
possa essere <strong>di</strong>chiarata spergiura da tutti per non aver<br />
mantenuto la promessa che era stata fatta alla sua partenza.<br />
Quel comportamento <strong>di</strong>ssennato, inoltre ha <strong>di</strong>mostrato il buon<br />
<strong>di</strong>ritto all’intiera ere<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> mio padre su tutti i suoi conta<strong>di</strong> e<br />
tesori, ed a maggior ragione perché così sono anche riuscita a<br />
non impegnare il mio campione in una sanguinosa battaglia”, in<br />
quello stesso momento si presentò alla sala del trono anche re<br />
Artù, che era ospite del castello da una decina <strong>di</strong> giorni, ed<br />
arrivato dalla sua ospite gli <strong>di</strong>sse: ”Madamigella, so cosa sta<br />
succedendo in questo posto, ed è vero che vostra sorella non s’è<br />
ancora presentata a giu<strong>di</strong>zio, ma vi ricordo che il termine<br />
massimo per far decadere la questione non è ancora terminato,<br />
quin<strong>di</strong> pazientate ancora un poco senza usare alcun tono<br />
d’orgoglio o d’impazienza come avete fatto or ora e non mi<br />
sembra d’aver pronunciato alcuna sentenza in merito al vostro<br />
<strong>di</strong>ssapore. Difatti la ho intravista poco lontana dal castello, in<br />
313
ora vi supplico d’allontanarmi <strong>di</strong> dosso questa grossa belva,<br />
prima che io faccia la fine la fine dell’altro, inoltre se mi si<br />
concedete la vita mi ritirerei dai combattimenti, rimettendomi<br />
alla vostra mercè”<br />
”Messere, vi concedo la mia mercè, a patto che voi vi<br />
<strong>di</strong>chiariate vinto in questo duello”, vedendosi così miseramente<br />
sconfitto, il <strong>di</strong>avolo superstite non poté far altro che sottostare<br />
alle richieste d’Ivano, scatenando imme<strong>di</strong>atamente la gioia più<br />
sfrenata nei presenti. Subito il castellano si presentò ad Ivano e<br />
prese a <strong>di</strong>re, <strong>di</strong> nuovo: ”Messere, ora sono certo che siete<br />
valoroso e degno <strong>di</strong> sposare la mia <strong>di</strong>letta figliola, che non<br />
aspira ad altro che alla vostra mano”<br />
”Messere, vi ringrazio nuovamente <strong>di</strong> tutto cuore per avermi<br />
offerto la mano <strong>di</strong> vostra figlia, ma vi siete gia scordato che<br />
sono fedelmente sposato ad altra dama? Oppure volete che sia<br />
accusato d’infedeltà e bigamia? Ora bisogna, secondo il patto<br />
che avete con quei due marrani, che lasciate andare le<br />
damigelle quivi rinchiuse”. Al che il castellano si vide costretto<br />
ad eseguire la richiesta, mentre tra se continuava a <strong>di</strong>re:<br />
”Maledetto il cavaliere che riuscì a battere i due demoni<br />
rifiutando, nel frattempo e con insistenza, la mano della mia<br />
splen<strong>di</strong>da figliola” ma ormai i tre compagni avevano preso la<br />
propria strada in compagnia delle povere detenute, mentre<br />
l’intiero popolo gridava la propria gioia al loro passaggio.<br />
Capitolo 58<br />
Finalmente i tre compagni uscirono dal contado, dopo essersi<br />
assicurati che tutte le donzelle prigioniere furono tutte tornate a<br />
casa propria, prendendo la strada che li portò in brevissimo<br />
tempo al capezzale della povera <strong>di</strong>seredata. Subito la poveretta<br />
venne a sapere del benaugurato arrivo e migliorò<br />
imme<strong>di</strong>atamente dal suo misterioso male, dalla gran gioia che<br />
provò nel ricevere quella notizia. Appena che la piccola<br />
spe<strong>di</strong>zione entrò nel castello, iniziarono i festeggiamenti che<br />
durarono l’intiera notte. Il mattino successivo la corte della<br />
312<br />
mondo senza alcuno che ci <strong>di</strong>fenda ed ami, avendo io ancora un<br />
figlio troppo piccolo perché possa sostituire il padre?”<br />
All’improvviso, Elena si ricordò <strong>di</strong> aver lasciato<br />
imprudentemente solo il piccolo Lancillotto e corse al lago per<br />
cercarlo; arrivata ai pie<strong>di</strong> della collina, Elena trovò il figlio tra<br />
le braccia <strong>di</strong> una splen<strong>di</strong>da fanciulla dal gran seno totalmente<br />
nudo che lo stava baciando tutto, a questa vista, Elena si rivolse<br />
alla ragazza, <strong>di</strong>cendogli tristemente: ”Mia dolce amica, vi<br />
ringrazio, ma questo bambino è in lutto perché a perduto or ora<br />
il padre e tutti i vasti posse<strong>di</strong>menti che gli erano <strong>di</strong> retaggio”.<br />
Elena tentò <strong>di</strong> avvicinarsi alla ragazza, ma com’ebbe fatto un<br />
passo, la misteriosa fanciulla si alzò tuffandosi nel lago col<br />
piccolo Lancillotto senza proferir parola. A questa vista, Elena<br />
svenne, come si riprese e non vedendo più né la damigella né il<br />
figlio, tentò <strong>di</strong> seguirli nel fondo del lago, ma fu fermata dal<br />
valletto.<br />
Contemporaneamente passava da quelle parti una badessa col<br />
suo seguito e, sentendo lo strepito, si avvicinò per portare<br />
conforto, ma subito vide la regina e le <strong>di</strong>sse: ”Voi non siete la<br />
mia amatissima regina? Come mai tanto strepito in un luogo<br />
così remoto?”, a questa domanda, Elena raccontò le ultime<br />
novità private. Alla fine la poveretta <strong>di</strong>sse: ”Ora non mi rimane<br />
che prendere il velo! Mi concedete <strong>di</strong> essere una delle vostre<br />
consorelle?” e la badessa gli <strong>di</strong>ede il permesso <strong>di</strong> prendere il<br />
velo. Vedendo quella cerimonia, il valletto ne fu commosso ed<br />
iniziò a <strong>di</strong>re: ”Vorrei seguire la mia padrona e <strong>di</strong>ventare fratello<br />
converso ed aiutarla in tutte le incombenze che le saranno<br />
assegnate”<br />
Finita la cerimonia dei voti, la regina Elena ed il valletto<br />
decisero <strong>di</strong> usare il tesoro che si erano portati ad<strong>di</strong>etro per<br />
costruire un monastero sul luogo ove morì re Ban, completato<br />
che fu il convento, Elena fece venire delle monache, due<br />
cappellani ed altri due fratelli conversi. Come tutto fu pronto,<br />
Elena <strong>di</strong>ede le seguenti <strong>di</strong>sposizioni: ”Tutti i giorni, bisogna<br />
57
cantare un requiem in onore del mio defunto ed amatissimo<br />
marito, tutto il resto della giornata dobbiamo piangerlo <strong>di</strong> cuore<br />
come si conviene ad un ottimo re defunto”<br />
Dopo due giorni dalla morte <strong>di</strong> re Ban, anche suo fratello<br />
Bohor passò a miglior vita, lasciando orfani due figli, il più<br />
grande dei quali si chiamava Lionello, mentre il secondogenito<br />
era nomato Bohor come il padre, ma essendo i due principini<br />
troppo piccoli per reagire, re Claudas colse l’occasione per<br />
ammettersi anche i loro territori avviti. La regina vedova tentò<br />
<strong>di</strong> fuggire assieme ai due bambini, ma si rese conto che la cosa<br />
non poteva essere attuata, così iniziò a <strong>di</strong>re: ”L’unica cosa che<br />
posso fare è <strong>di</strong> affidare a qualche persona <strong>di</strong> fiducia e mi ritiri<br />
assieme a mia cognata nel convento da lei fondato, ma per ora<br />
non so a chi affidarli” così si ritirò assieme alla regina Elena,<br />
mentre i due bambini furono affidati ad un fido cavaliere <strong>di</strong><br />
nome Farien.<br />
Bisogna sapere che Farien aveva una stupenda e saggia<br />
moglie, un giorno i due coniugi ebbero l’onore <strong>di</strong> una visita da<br />
parte del re Claudas, come egli vide la splen<strong>di</strong>da donna se ne<br />
innamorò imme<strong>di</strong>atamente. Per poter usufruire i favori <strong>di</strong><br />
costei, Claudas fece chiamare Farien, <strong>di</strong>cendogli: ”Voglio<br />
elevarti al rango <strong>di</strong> siniscalco del regno <strong>di</strong> Gondes, garantendoti<br />
enormi ren<strong>di</strong>te”, alle prospettive <strong>di</strong> tali ricchezze, Farien<br />
accettò imme<strong>di</strong>atamente.<br />
Una notte, dopo essere tornato a casa dai suoi affari prima del<br />
solito Farien scoprì il motivo <strong>di</strong> tanta fortuna, infatti, trovò la<br />
moglie che era a letto con Claudas, il quale riuscì a scappare<br />
prima che fosse riconosciuto dal marito tra<strong>di</strong>to; il giorno dopo,<br />
Farien si fece ricevere dal re, <strong>di</strong>cendogli: ”Mio signore, stanotte<br />
ho trovato mia moglie in compagnia <strong>di</strong> un ganzo che se la stava<br />
scopando, ma purtroppo per me, mi è scappato prima che<br />
potessi guardalo in faccia e riconoscerlo”. Allora Claudas si<br />
sentì talmente al sicuro <strong>di</strong> queste parole da osare a <strong>di</strong>re: ”Mio<br />
caro Farien, probabilmente eri talmente stanco da aver avuto le<br />
58<br />
in<strong>di</strong>sturbato assieme alla mia adorata figlia”. Durante<br />
quell’animata <strong>di</strong>scussione erano entrati anche i due <strong>di</strong>abolici<br />
fratelli e, vedendoli ben armati, il leone fremette dalla voglia <strong>di</strong><br />
combatterli, battendo energicamente la coda per terra; a vedere<br />
quell’atteggiamento così bellicoso da parte del felino, i due<br />
demoni si guardarono in faccia, terrorizzati, poi si rivolsero ad<br />
Ivano, <strong>di</strong>cendogli: ”Messere dovete tenere quella bestia lontano<br />
da noi, altrimenti sarete costretto a <strong>di</strong>chiararvi vinto alla nostra<br />
mercè, quin<strong>di</strong> morire”<br />
”Non sia mai che io mi batta senza l’aiuto del mio fidato<br />
leone, che mi ha gia aiutato in <strong>di</strong>verse situazioni penosissime”<br />
”Messere, le con<strong>di</strong>zioni che voi avete dato non le possiamo<br />
sostenere, perché in questo duello dobbiamo essere per forza<br />
due contro uno altrimenti ci vedete costretti ad uccidervi senza<br />
colpo ferire da parte vostra”, a quelle parole Ivano si decise a<br />
rinchiudere il fidato leone in uno sgabuzzino lì vicino,<br />
dopo<strong>di</strong>chè chiese l’aiuto d’alcuni servi per potersi armare <strong>di</strong><br />
tutto punto. Una volta che Ivano fu pronto, il duello iniziò in<br />
modo molto cruento, a tal punto che Ivano stesso si ritrovò in<br />
grave <strong>di</strong>fficoltà, nonostante che riuscisse a parare tutti i colpi<br />
dei due perfi<strong>di</strong> fratelli.<br />
Intanto nello sgabuzzino, il leone era alquanto afflitto per non<br />
poter aiutare il proprio padrone ed amico, da non potersi dare<br />
pace; ad un certo punto, il felino vide che la base della porta era<br />
marcia, quin<strong>di</strong>, scavando in quel punto, riuscì a fare un foro<br />
abbastanza grosso da poter uscire agevolmente. Intanto Ivano<br />
era sempre più in <strong>di</strong>fficoltà, allora il leone ne gettò a terra un<br />
primo, vedendo il fratello in <strong>di</strong>fficoltà, il secondo corse a<br />
soccorrerlo, ma fu gettato a terra a sua volta e decapitato da<br />
Ivano stesso; subito dopo il cavaliere corse ad aiutare il fido<br />
felino, mentre l’intiera corte prese a levare grida <strong>di</strong> giubilo per<br />
la vittoria del cavaliere. Il demone superstite, che nel frattempo<br />
era stato gravemente ferito, iniziò a supplicare Ivano <strong>di</strong>cendo:<br />
”Cavaliere avete vinto il duello contro <strong>di</strong> me e mio fratello, ma<br />
311
sfarzosamente, sdraiato su d’un gomito, il quale poggiava su<br />
d’una coltre <strong>di</strong> seta, mentre una ragazza, che non mostrava più<br />
<strong>di</strong> se<strong>di</strong>ci anni, era intenta a leggere un romanzo ad alta voce,<br />
sotto lo sguardo compiaciuto dei presenti. In ogni caso la<br />
fanciulla era talmente bella da far innamorare chiunque la<br />
notasse ed anche Ivano non fu da meno; come fu notato, Ivano<br />
fu ricevuto con ogni onore e bene<strong>di</strong>zione. Una volta che Ivano<br />
fu lavato e vestito a dovere, andarono tutti quanti a cena,<br />
durante la quale ci furono talmente tante portate che nessuno<br />
dei commensali riuscì ad arrivare al termine; finito che fu il<br />
luculliano pasto, andarono tutti quanti a dormire, con ogni<br />
onore per Ivano stesso, il quale era, come sempre, protetto dal<br />
suo fidato leone.<br />
Il giorno dopo, finita la prima messa del mattino, Ivano andò<br />
dal castellano, <strong>di</strong>cendo: ”Messere se v’aggrada, è giunto il<br />
momento per me <strong>di</strong> prendere il congedo per continuare le mie<br />
avventure assieme al fido leone, quin<strong>di</strong> vi chiedo cortesemente<br />
<strong>di</strong> lasciarci partire senza troppi esitamenti”. Il castellano, a<br />
quelle parole, s’arrabbiò parecchio e prese a <strong>di</strong>re: ”Messere,<br />
purtroppo la situazione m’impone <strong>di</strong> trattenervi presso <strong>di</strong> me<br />
finché non sarete riuscito a battere i due figli del <strong>di</strong>avolo e<br />
m’abbiate promesso <strong>di</strong> sposare la mia splen<strong>di</strong>da e dolcissima<br />
figliola che, m’accorsi gia dal vostro arrivo ieri sera, vi ha<br />
conquistato irrime<strong>di</strong>abilmente il cuore”<br />
”Purtroppo la situazione delle mie cerche e speranze non mi<br />
acconsentono d’accettare la richiesta che m’avete appena fatto,<br />
soprattutto per quanto riguarda vostra figlia, dato che sono gia<br />
felicemente sposato con un’altra dama <strong>di</strong> gran classe e<br />
bellezza”<br />
”Messere, purtroppo per voi, dopo che avete varcato la soglia<br />
<strong>di</strong> questo castello, ogni altra priorità <strong>di</strong> chi qui entra decade<br />
imme<strong>di</strong>atamente ai voleri dei due demoni chi ivi abitano e<br />
spadroneggiano, l’unica vostra speranza è quella <strong>di</strong> batterli il<br />
più velocemente possibile, in modo da poter andarvene<br />
310<br />
allucinazioni notturne, se non ad<strong>di</strong>rittura si tratta <strong>di</strong> un<br />
fantasima che voleva prendersi gioco <strong>di</strong> te”. Farien però non si<br />
fidò completamente <strong>di</strong> quanto gli aveva detto il re e, tornando a<br />
casa, fece rinchiudere la moglie in una torre, <strong>di</strong>cendo: ”Da<br />
questo momento l’unica persona che è autorizzata ad entrarci<br />
sarà una vecchia che dovrà rifornirle i cibi e le bevande <strong>di</strong> cui<br />
abbisogna”<br />
A <strong>di</strong>spetto del marito, però, la dama riuscì a far sì che Claudas<br />
avesse il seguente messaggio: ”Mio amato signore, sappi che<br />
non sei riuscito a convincere completamente mio marito,<br />
quando si è venuto a lamentare con te, tanto è vero che ora mi<br />
ritrovo rinchiusa in una torre del nostro castello e solo una<br />
megera mi viene a trovare, quando è il momento <strong>di</strong><br />
consegnarmi i pasti”. A questa notizia, Claudas mandò a <strong>di</strong>re al<br />
suo fidato siniscalco: ”Domani sera vengo a cena al tuo<br />
castello, Farien, ci terrei che tua moglie venga a farci<br />
compagnia”. Al che Farien, andò dalla consorte <strong>di</strong>cendogli:<br />
”Mia infame moglie, sappi che domani sera abbiamo il nostro<br />
beneamato re ospite a cena, a chiesto espressamente la tua<br />
presenza alla sua regale tavola, assieme a me, ma sappi che sarà<br />
solo per quel pasto, grazie alla richiesta esplicita del nostro<br />
sovrano”<br />
Durante il pasto, Farien fece sedere la moglie alla propria<br />
sinistra, <strong>di</strong> fronte a Claudas; ad un certo punto la dama <strong>di</strong>sse:<br />
”Mio signore non ha fatto avvertire i legittimi principi del<br />
reame <strong>di</strong> Gonnes, che abbiamo ospiti in questo castello?”. Re<br />
Claudas, sentendo questa domanda, <strong>di</strong>sse: ”Caro Farien, se è<br />
vero quanto ha detto tua moglie, affidatemeli perché li educhi<br />
come si deve, ti garantisco che quando sarà l’età giusta li<br />
investirò cavalieri, restituendogli sia Gonnes sia il Benoic”,<br />
come Claudas ebbe i due fanciulli tra le mani, pensò bene <strong>di</strong><br />
rinchiuderli in una torre del castello <strong>di</strong> Trebe, lasciandoli in<br />
compagnia <strong>di</strong> Farien e del nipote <strong>di</strong> quest’ultimo, Lambeque.<br />
Capitolo 8<br />
59
La damigella che rapì il piccolo Lancillotto sulle rive del lago<br />
<strong>di</strong> Diana, fuggendo dalle preoccupazioni della regina Elena, si<br />
chiamava Viviana ed era una fata allieva <strong>di</strong> Merlino, il gran<br />
profeta degli inglesi e consigliere dei primi anni <strong>di</strong> regno <strong>di</strong> re<br />
Artù <strong>di</strong> Camelot. In realtà anche il lago <strong>di</strong> Diana era un<br />
incantesimo <strong>di</strong> Merlino per proteggere la splen<strong>di</strong>da <strong>di</strong>mora, col<br />
relativo contado, della bella Viviana, presso la quale Lancillotto<br />
cresceva in sapienza e bellezza, coccolato e vezzeggiato da tutti<br />
a corte, pur senza sapere il proprio vero nome. Tutto quello che<br />
Lancillotto doveva sapere era imparato con estrema facilità;<br />
inoltre era un ragazzo talmente bello da meritare una<br />
descrizione particolare: carnagione bruno chiaro, bocca piccola<br />
e racchiusa da labbra rosse ben <strong>di</strong>segnate che racchiudono denti<br />
bianchi e fitti. Il mento ben fatto con una fossetta, il naso era<br />
leggermente aquilino e gli occhi azzurri cangianti, solitamente<br />
ridenti, che <strong>di</strong>ventavano pericolosi quando era arrabbiato. La<br />
sua voce era uno squillo <strong>di</strong> tromba; la fronte era alta, le<br />
sopraciglia erano sottili e folte, mentre i bion<strong>di</strong> capelli erano<br />
portati lunghi, le larghe spalle erano portate alte, mentre le<br />
braccia e le <strong>di</strong>ta erano lunghe, il resto del corpo era parimenti<br />
ben proporzionato sennonché il torace era troppo ampio. Anche<br />
se non cantava spesso, Lancillotto aveva una splen<strong>di</strong>da voce;<br />
caratterialmente era molto generoso, anche se era in grado <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>ventare veramente fellone, se riteneva <strong>di</strong> aver subito un torto,<br />
tale bellezza mascolina avrebbe fatto veramente innamorare la<br />
regina Ginevra. Durante una battuta <strong>di</strong> caccia al capriolo, il<br />
campione fu ovviamente Lancillotto; al ritorno incontrò un<br />
valletto appiedato e sconsolato, al che Lancillotto <strong>di</strong>sse: ”Come<br />
mai tutta questa mestizia, buon valletto?”<br />
”Sono stato <strong>di</strong>sonorato e sto andando alla corte <strong>di</strong> re Claudas<br />
per avere giustizia del torto subito ma appiedato come sono,<br />
impiegherò troppo tempo e non so se vi arriverò a tempo”.<br />
Sentendo questa storia, Lancillotto gli <strong>di</strong>sse: ”Pren<strong>di</strong> pure il<br />
mio cavallo così arriverai a tempo col tuo appuntamento con<br />
60<br />
ora voi tre dovrete pagare l’affronto che mi state facendo subire<br />
per la vostra scortesia”<br />
”Messere, come mai è permesso un affronto <strong>di</strong> tal fatta,<br />
rendendo in schiavitù tante belle e savie pulzelle?”, ma a quella<br />
domanda Ivano non ottenne risposta dal portiere villano.<br />
Vedendo quel comportamento così poco cavalleresco, Ivano si<br />
rivolse alla gabbia ripetendo la domanda che aveva gia fatto al<br />
bifolco, in quel mentre il prode cavaliere s’accorse che le<br />
damigelle stavano piangendo. Subito una <strong>di</strong> loro gli rivolse la<br />
parola, <strong>di</strong>cendo: ”Tempo fa v’era un reame denominato delle<br />
Ragazze e che si trovava su <strong>di</strong> un’isola; il re <strong>di</strong> quella contrada<br />
si mise in viaggio, desideroso <strong>di</strong> conoscere tutte le novità che<br />
poteva offrirgli il mondo, arrivando ben presto ospite in questo<br />
castello, il quale era retto da due fratelli, figli del <strong>di</strong>avolo e che<br />
lo batterono in duello, ma colui barattò la propria sconfitta con<br />
la prigionia e la schiavitù mia e delle mie compagne che vedete<br />
qui con me. Questa situazione durerà finché non arriverà il<br />
cavaliere che sarà capace <strong>di</strong> batterli entrambi<br />
contemporaneamente, liberandoci in quel modo dalla<br />
sofferenza e dal <strong>di</strong>sonore. Sappi un’altra cosa, cavaliere: non<br />
riusciamo a lavorare abbastanza da procurarci abiti e cibo<br />
sufficienti; inoltre se non lavoriamo giorno e notte veniamo<br />
bastonate a sangue dal nostro padrone, mentre lui si sta<br />
arricchendo sempre più sulle nostre sofferenze”. La povera<br />
damigella fece una pausa, riflettendo su cosa <strong>di</strong>re, poi riprese il<br />
<strong>di</strong>scorso tra le lacrime, aggiungendo: ”C’è un’ultima cosa che<br />
dovete sapere, cavaliere; chiunque desideri essere ospitato in<br />
questo maniero, deve prima riuscire a battere i due <strong>di</strong>avoli, ma<br />
sempre più spesso i poveracci che li affrontano rimangono<br />
invariabilmente uccisi”<br />
Sentendo quelle parole, Ivano iniziò a sperare che la cosa non<br />
accadesse, ma se non poteva farne a meno, sperava <strong>di</strong> poter<br />
vincere per il bene delle pulzelle ivi rinchiuse. Subito dopo si<br />
<strong>di</strong>resse verso un verziere, ove incontrò un uomo vestito<br />
309
tempo e sono partiti da poco in quella <strong>di</strong>rezione, se sforzate un<br />
po’ l’andatura del vostro destriero potete raggiungerlo lungo<br />
quel sentiero laggiù”. Finalmente la damigella raggiunse Ivano<br />
e gli raccontò tutto l’accaduto, alla fine chiese:”messere potete<br />
fare qualcosa per trarre da questa <strong>di</strong>fficoltà la mia adorata<br />
signora?”<br />
”Madamigella, è indubbio che la vostra padroncina versi in<br />
gravi <strong>di</strong>fficoltà, quin<strong>di</strong> non posso esimermi dal soccorrerla in<br />
tal frangente. Ora conducetemi da lei e ve<strong>di</strong>amo d’affrontare<br />
quest’ennesima <strong>di</strong>fficoltà”<br />
Capitolo 57.<br />
Intanto che i due stavano chiacchierando in quel modo,<br />
arrivarono nei pressi del Castello della Pessima Avventura;<br />
mentre gli s’avvicinarono, un cavaliere li intercettò e, rivolta la<br />
parola ad Ivano, <strong>di</strong>sse: ”Miei signori, se non volete che<br />
sventura vi colga, passate oltre questo maniero”, ma i tre<br />
compagni l’ignorarono, ritrovandosi ben presto alla porta del<br />
maniero soprattutto perché ormai era troppo tar<strong>di</strong> per cercare un<br />
altro luogo ove chiedere ospitalità. Subito il portiere del<br />
maniero iniziò a trattarli in modo veramente villano, ma<br />
quest’ultimo fu messo da parte ed ignorato. Entrati che furono<br />
nella sala d’ingresso, i tre compagni si ritrovarono davanti ad<br />
un’immensa gabbia ove trovarono trecento damigelle intente a<br />
tessere, al meglio, dei preziosi tessuti in seta ed oro. La cosa<br />
che impietosì maggiormente Ivano era il loro miserevole<br />
aspetto, tanto erano malvestite e gracili, <strong>di</strong>magrite dalla fame e<br />
dalla mancanza <strong>di</strong> sonno. Una <strong>di</strong> loro s’accorse della presenza<br />
dei nuovi venuti ed alzati gli occhi su Ivano chiese con essi il<br />
loro aiuto; vedendo quello spettacolo così miserevole, Ivano<br />
stava gia per andarsene, ma fu bloccato nuovamente dal<br />
portiere, il quale prese a <strong>di</strong>re: ”Villano d’un cavaliere, come vi<br />
permettete d’entrare in questo loco senza esserne invitato? Che<br />
ne sarà <strong>di</strong> me quando la cosa sarà resa nota ai miei signori? Ma<br />
308<br />
l’onore” e <strong>di</strong>cendo questo, gli porse le briglie, trattenendo per<br />
se solamente la selvaggina. Poco dopo Lancillotto incontrò un<br />
valvassore che se ne tornava a casa estremamente sconsolato,<br />
allora gli chiese: ”Mio signore che cosa ti è successo?”<br />
”Mio giovane ragazzo, sono molto deluso perché oggi si sposa<br />
mia figlia e non sono riuscito a portare a casa nulla per<br />
preparare il banchetto nuziale ma pre caso tu sei il figlio del<br />
nostro defunto re Ban ed erede del Benoic, a cui somigli<br />
tantissimo?”. Lancillotto si turbò parecchio per quelle parole,<br />
poi <strong>di</strong>sse: ”Non te lo so <strong>di</strong>re, valvassore, ma talvolta mi<br />
chiamano figlio <strong>di</strong> re”. Allora il valvassore lo guardò meglio e<br />
<strong>di</strong>sse: ”Devi sapere, giovanotto, che tutti questi territori erano<br />
<strong>di</strong> re Ban, ma sono stati completamente conquistati da<br />
quell’usurpatore <strong>di</strong> re Claudas”<br />
”Mio signore, per quanto riguarda il pranzo nuziale, posso<br />
aiutarti dandoti questo capriolo, che ho cacciato io stesso,<br />
inoltre augurandoti buona fortuna nella caccia, ti dono anche<br />
questi splen<strong>di</strong><strong>di</strong> levrieri, ottimi in quell’attività in cui sei stato<br />
veramente sfortunato, oggi”, in questo modo i due si lasciarono<br />
con ottimi rapporti. Fatti pochi metri, Lancillotto incontrò il<br />
proprio precettore, assieme a tre dei suoi compagni <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o<br />
che lo cercavano, vedendolo appiedato e senza la selvaggina, il<br />
precettore prese a <strong>di</strong>re: ”Disgraziato <strong>di</strong> un ragazzo, che fine<br />
hanno fatto la tua preda e quell’ottimo cavallo che ti era stato<br />
per la partita <strong>di</strong> caccia?” e <strong>di</strong>cendo questo, l’insegnante iniziò a<br />
battere crudelmente il generoso giovine ed anche più<br />
rabbiosamente per il bel levriero che Lancillotto aveva ricevuto<br />
in dono. Lancillotto perse imme<strong>di</strong>atamente la pazienza<br />
rompendo un arco in testa al fellone, causandogli una<br />
lacerazione della cute.<br />
Subito dopo, Lancillotto si rivolse ai propri compagni,<br />
<strong>di</strong>cendogli: ”Andatevene anche voi tre, <strong>di</strong>sgraziati, prima che vi<br />
batta come quel bacchettone che si spacciava per nostro<br />
precettore, dato che lo avete aiutato a cercarmi”, come i tre se<br />
61
ne furono andati, Lancillotto prese uno dei cavalli rimasti sul<br />
luogo e se n’andò al castello del lago <strong>di</strong> Diana. Lungo la strada,<br />
Lancillotto s’imbatté in un branco <strong>di</strong> cerve, ma non poté<br />
cacciarle perché aveva rotto la sua unica arma sulla testa<br />
dell’insegnante bacchettone, rimanendone ulteriormente stizzito<br />
con questo ultimo, ormai lontano. Ormai, però, Lancillotto non<br />
aveva nient’altro da fare che proseguire il proprio cammino<br />
verso casa.<br />
Giunto che fu a corte, Lancillotto scoprì che il precettore,<br />
sanguinante, lo aveva preceduto; come lo vide, Viviana si<br />
rivolse al giovine, <strong>di</strong>cendogli: ”Mio buon Lancillotto, come<br />
puoi scusare quel tuo comportamento?”<br />
”Mia amata signora, dovete sapere che quel precettore che mi<br />
avete dato non vale assolutamente niente, inoltre ha battuto<br />
prima me, poi si accanì anche più crudelmente quello splen<strong>di</strong>do<br />
levriero che mi fu donato oggi stesso e per poco non lo uccide.<br />
Inoltre visti i doni che ho fatto oggi, non mi sento in dovere <strong>di</strong><br />
dare spiegazioni a costui”<br />
”Come vuoi, Lancillotto, signor precettore è sollevato dal<br />
vostro incarico d’istruire il ragazzo. Lancillotto d’ora in poi<br />
sarai tu il tuo precettore”. Detto questo lo baciò teneramente<br />
prima sulla bocca, poi sugli occhi. Qualche mese dopo quegli<br />
acca<strong>di</strong>menti appena descritti, Viviana mandò una delle sue<br />
pulzelle più belle e sagge e cortesi, nomata Seraide, a Gonnes<br />
alla corte <strong>di</strong> re Claudas. In quei giorni, eravamo sotto santa<br />
Maddalena, re Claudas teneva corte con tanto <strong>di</strong> banchetto.<br />
Appunto durante quel festino entrò a corte Seraide, portando<br />
due levrieri portati con catene d’oro alla moda <strong>di</strong> guinzagli.<br />
Giunta che fu al centro della sala, Seraide si rivolse a re<br />
Claudas con questi accenti, in modo da farsi sentire dall’intiera<br />
corte: ”Re Claudas, che ti salvi Id<strong>di</strong>o! Ti saluto da parte della<br />
migliore tra le dame, la quale fino ad ora ti reputava un re<br />
assennato, ma ultimamente alcune voci riducono della metà la<br />
stima che si ha <strong>di</strong> te”<br />
62<br />
modo eccellente poco tempo fa, uccidendo un orrido gigante<br />
che sequestrò i miei adorati figli; a conferma <strong>di</strong> quanto vi ho<br />
detto, domattina potrete vedere il cadavere nella spianata<br />
davanti alle mura del castello, ma ora non so <strong>di</strong>rvi esattamente<br />
dove sia andato, dato che subito dopo i festeggiamenti s’avviò<br />
verso la leggendaria fontana miracolosa. Ripartita che sarete,<br />
potrete <strong>di</strong>rigervi in quella <strong>di</strong>rezione, sperando d’ottenerne<br />
nuove informazioni lungo la strada”, a quella notizia, la<br />
damigella sussultò <strong>di</strong> gioia, ma a quel punto era arrivato il<br />
momento in cui tutti andassero a dormire.<br />
Il mattino successivo, all’alba, la damigella fu portata al<br />
sentiero che portava alla fontana magica, ivi giunta essa<br />
incontrò alcune persone, che <strong>di</strong>ssero: ”Effettivamente in questi<br />
giorni, proprio qui, vedemmo ben quattro cavalieri, ma non<br />
sapremmo <strong>di</strong>rvi nulla al loro riguardo”. In quel momento la<br />
messa nella vicina cappella finì e Lunetta uscì all’aperto, a<br />
quella vista, una delle persone <strong>di</strong>sse: ”Forse madamigella<br />
Lunetta, che si sta <strong>di</strong>rigendo verso <strong>di</strong> noi, potrà <strong>di</strong>rvi qualcosa<br />
<strong>di</strong> più a tal proposito, dato che accompagnò il vincitore d’una<br />
recente sfida per la propria strada assieme ad un grosso leone<br />
dalla coda mozza”. Saputo che ebbe quanto la damigella<br />
cercava, Lunetta gli <strong>di</strong>sse: ”Mia cara ragazza, siete veramente<br />
fortunata, visto che accompagnai proprio il cavaliere che state<br />
cercando nella giusta <strong>di</strong>rezione per completare le sue avventure,<br />
assieme al suo compagno felino”, così <strong>di</strong>cendo, Lunetta<br />
condusse la damigella lungo il sentiero che aveva fatto con i<br />
due compagni fino al punto in cui li lasciò, in<strong>di</strong>candogli, però<br />
la <strong>di</strong>rezione presa da Ivano e dal leone.<br />
Passato che fu metà del pomeriggio, la damigella arrivò nei<br />
pressi d’un maniero ove sicuramente Ivano si fermò per essere<br />
curato; infatti il castellano le <strong>di</strong>sse: ”Buona fanciulla pensate<br />
bene, che quel cavaliere rimase presso <strong>di</strong> noi alcuni giorni<br />
assieme ad un grosso leone, entrambi orrendamente feriti, ma le<br />
nostre cure li hanno guariti completamente in pochissimo<br />
307
accontò tutto quanto quello che accadde fino a quel momento,<br />
quin<strong>di</strong> il famiglio <strong>di</strong>sse: ”Da come stanno le cose, affermerei<br />
che bisogna trovare una persona <strong>di</strong> fiducia, che vi sostituisca in<br />
questa cerca così pressante, mentre voi vi curate come si deve,<br />
ora non preoccupatevi, che manderò una delle vostre compagne<br />
avanti, in modo tale che il tutto si risolva alla svelta”. Così il<br />
buon servitore si rivolse ad una fidatissima damigella del<br />
seguito, dandogli tutte le istruzioni che aveva avuto<br />
dall’adorata padroncina, infine l’ambasciatrice montò in sella<br />
ed iniziò a galoppare a tal punto che venne notte e si ritrovò<br />
lontana da ogni abitazione, in un buio bosco, al che la poverina<br />
si mise in apprensione per la nuova situazione in cui si era<br />
messa. In quel mentre la poverina sentì mugghiare un corno che<br />
l’accompagnò giustamente nei pressi d’una croce, da dove notò<br />
un ponte <strong>di</strong> pietra che portava ad un castello rotondo e ben<br />
<strong>di</strong>feso; a quella vista la giovinetta ci si <strong>di</strong>resse con la speranza<br />
nel cuore <strong>di</strong> poter ottenere amichevole ospitalità. Arrivata che<br />
fu al ponte, una guar<strong>di</strong>a la vide e gli <strong>di</strong>sse: ”Madamigella, siete<br />
stata ben fortunata ad arrivare in questo maniero a quest’ora,<br />
fatevi coraggio ed accomodatevi all’interno, prima che la notte<br />
sia completamente giunta”<br />
Finita che fu la cena, attesero l’ora d’andare a letto, nel<br />
frattempo, il castellano prese a chiedere alla damigella:<br />
”Madamigella, è chiaro che voi state cercando qualcuno o<br />
qualcosa, quin<strong>di</strong> se posso esservi d’aiuto dandovi le dovute<br />
in<strong>di</strong>cazioni? Domandate pure senza rischio d’offendere”. La<br />
damigella titubò alquanto, poi <strong>di</strong>sse: ”La mia adorata padrona<br />
era alla ricerca d’un cavaliere che la <strong>di</strong>fendesse in una contesa<br />
contro sua sorella, ma appena partita nella cerca, cadde<br />
ammalata dalla <strong>di</strong>sperazione; il pala<strong>di</strong>no che sperava <strong>di</strong> trovare<br />
è noto anche come il Cavaliere del Leone, mi sapete <strong>di</strong>re<br />
qualcosa <strong>di</strong> costui?”<br />
”Madamigella, siete veramente fortunata, infatti il cavaliere<br />
che state cercando per conto della vostra padrona mi servì in<br />
306<br />
”Mia bella e savia pulzella, io ti saluto ben volentieri, ma non<br />
merito tanta reputazione presso la tua padrona, anche se non la<br />
conosco, ma <strong>di</strong>mmi ora il motivo dei tuoi accenti e della tua<br />
visita presso la mia umile corte in questo festoso giorno”<br />
”Non è forse vero che tieni prigionieri i figli del defunto re<br />
Bohor che prelevasti con la scusa d’educarli, anche se non ti<br />
hanno fatto niente <strong>di</strong> male?”<br />
”Mi sento costretto ad ammettere questa verità, cioè<br />
veramente in custo<strong>di</strong>a preventiva i due giovani ere<strong>di</strong> <strong>di</strong> re<br />
Bohor, ma a giu<strong>di</strong>care dal tuo sguardo vuoi che li liberi<br />
imme<strong>di</strong>atamente e così sarà all’istante, fate venire alla mia<br />
presenza gli ere<strong>di</strong> del signore <strong>di</strong> questo paese”<br />
La sera precendente, intanto, i due fanciulli stavano<br />
mangiando, come loro solito, dalla stessa scodella ed il loro<br />
precettore Farien, guardandoli, si mise a piangere; vedendo<br />
quella reazione, Lionello gli chiese: ”Che hai mio amato ajo?”<br />
”Non vale la pena che tu la sappia, bel giovanotto, perché te<br />
ne rattristeresti”<br />
Lionello, che era noto per il suo forte appetito, <strong>di</strong>sse: ”Caro<br />
precettore, se non me lo <strong>di</strong>ci, io smetto <strong>di</strong> mangiare finché non<br />
parli!”<br />
”Mi duole della <strong>di</strong>sgrazia del casato <strong>di</strong> Gonnes, perché al<br />
posto tuo e del fratello amato, regna quell’usurpatore <strong>di</strong><br />
Claudas”; si deve sapere che Lionello ebbe il suo nome ad una<br />
voglia vermiglia sul petto a forma <strong>di</strong> leone, mentre corse nella<br />
stanza più alta dell’alloggio e si sedette sul davanzale della<br />
finestra, Lionello non fece in tempo ad accomodarsi, che fu<br />
raggiunto da Farien ed iniziò a <strong>di</strong>re: ”Ti supplico, buon<br />
Lionello, <strong>di</strong> tornare a mangiare, perché altrimenti deperirai a tal<br />
punto da non sperare più nella successione al regno che ti<br />
spetta”<br />
”Non toccherò più cibo finché non avrò portato a compimento<br />
il progetto che ho in mente, è inutile che cerchi <strong>di</strong> sapere <strong>di</strong><br />
63
cosa si tratti, precettore, perché non ho intenzione <strong>di</strong> rivelarlo a<br />
nessuno”<br />
”Mio adorato principe, vi garantisco che se non mi rivelate il<br />
vostro intento, io chiedo ufficialmente <strong>di</strong> essere sollevato da<br />
ogni incarico presso <strong>di</strong> voi”<br />
”E sia, mio fidato Farien, vi <strong>di</strong>co tutto; domattina ho<br />
intenzione <strong>di</strong> chiedere u<strong>di</strong>enza a quel tra<strong>di</strong>tore <strong>di</strong> Claudas per<br />
poterlo uccidere”<br />
”Mio signore, non pensate che il progetto sia alquanto<br />
avventato? Il popolo che <strong>di</strong>rà se lo venisse a sapere?”<br />
”Mio fidato precettore non devi preoccuparti per il popolo,<br />
perché sono sicure che <strong>di</strong> averlo dallo mia parte visto che<br />
Claudas è veramente tiranno nei confronti della mia gente”<br />
”Mio signore vi consiglio <strong>di</strong> pazientare ancora qualche tempo,<br />
perché siete ancora troppo debole perché affronti un tale rivale,<br />
inoltre vi conviene non incontrare quel ribaldo finché non sarà<br />
il momento opportuno”. Mentre Farien gli dava questi consigli,<br />
Lionello pensava tra se queste cose: ”Darò ragione a costui che<br />
comunque è molto saggio, ma niente e nessuno mi farà deviare<br />
dall’intento <strong>di</strong> continuare il <strong>di</strong>giuno che mi sono ripromesso”<br />
Contemporaneamente, nella sala da pranzo, Bohor riprese a<br />
mangiare <strong>di</strong> malavoglia, perché Lambeque gli aveva detto:<br />
”Mio dolce <strong>di</strong>scepolo, come potete pretendere <strong>di</strong> <strong>di</strong>venire forte<br />
a tal punto <strong>di</strong> aspirare eventualmente al trono <strong>di</strong> vostro fratello<br />
se non mangiate adeguatamente, anche se la fortuna non vi<br />
arriderà e rimarrete debole, il trono non potrà avere nessun<br />
vantaggio da voi, vedete che comunque vi conviene mangiare<br />
come si deve?”<br />
La sera successiva a questi problemi ed intenti, Claudas arrivò<br />
da Farien, e lo mandò dai due principini con gran pompa a<br />
riferirgli: ”Re Claudas desidera che i principi Lionello e Bohor<br />
si presentino alla sua mensa che questa sera è imban<strong>di</strong>ta presso<br />
la corte <strong>di</strong> Farien sotto il vostro stesso tetto”<br />
64<br />
”Madamigella, non so cosa sia preso alla vostra germana, ma<br />
non v’è dubbio che la ragione è tutta dalla vostra parte, quin<strong>di</strong><br />
in considerazione della vostra richiesta nei miei confronti,<br />
accetto <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendervi in questa <strong>di</strong>sgraziata vertenza d’ere<strong>di</strong>tà”,<br />
in quello stesso momento arrivò anche la minore, ma venne a<br />
sapere imme<strong>di</strong>atamente che sir Galvano era gia andato in aiuto<br />
alla maggiore. Al che la poverina si rivolse ad Artù in persona,<br />
<strong>di</strong>cendo: ”Sire, il padre è morto e la sorella maggiore pretende<br />
<strong>di</strong> tenere per se tutta l’ere<strong>di</strong>tà ed arrivò alla vostra corte prima<br />
<strong>di</strong> me, ottenendo l’aiuto del vostro migliore cavaliere. Infatti<br />
vostro nipote Galvano ha accettato d’aiutarla a mio <strong>di</strong>scapito,<br />
ora a chi può rivolgersi la qui presente meschina? Se almeno il<br />
cavaliere del leone fosse da queste parti, almeno lui potrebbe<br />
contrastare messer Galvano”<br />
”Sentii gia nominare quel misterioso cavaliere, ma non ho<br />
idea <strong>di</strong> chi possa essere, anche se ho sentito assicurare che è<br />
veramente forte, degno <strong>di</strong> stare alla mia corte, ma vi prometto<br />
una cosa, damigella, <strong>di</strong> trovarlo a qualunque costo, anche se<br />
sono sicuro che ci vorrà molto tempo per poterlo trovare”<br />
”Alla luce <strong>di</strong> questi fatti non mi resta altro da fare che<br />
chiedervi umilmente congedo, ringraziandovi per quanto avete<br />
fatto, sire, anche se il vostro aiuto per ora non ha portato alcun<br />
frutto alla mia causa. Ora conviene che mi ci metta io alla<br />
ricerca del mio cavaliere ideale”, detto questo la damigella<br />
riprese la propria strada, sperando <strong>di</strong> trovare Ivano in breve<br />
tempo, ma con un gran dolore nel cuore per i risultati nefan<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />
quel viaggio a Cara<strong>di</strong>gan.<br />
Arrivata ad una locanda a pochi giorni dalla corte <strong>di</strong> Camelot,<br />
la damigella era talmente addolorata che cadde malata; in quel<br />
mentre, dal suo paese, arrivò un famiglio <strong>di</strong> fiducia che,<br />
accortosi della malattia della padroncina, <strong>di</strong>sse: ”Mia dolce<br />
signorina, è evidente che voi non siete in grado <strong>di</strong> proseguire<br />
nel vostro intento, quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>temi pure cosa vi turba perché<br />
possa risolvere la cosa nel modo migliore”. La damigella<br />
305
compagni abbiano il tempo d’esserne informati ed organizzarsi<br />
per il viaggio ed arrivare a corte presso Cara<strong>di</strong>gan, così sia<br />
detto e sarà”. Il giorno stabilito parteciparono al lieto evento<br />
veramente tutti, perché nessuno aveva il coraggio <strong>di</strong> contrad<strong>di</strong>re<br />
gli or<strong>di</strong>ni del buon re, facendo sì che l’intiera festa durasse per<br />
quin<strong>di</strong>ci giorni <strong>di</strong> seguito nei quali vi furono numerosi balli e<br />
carole, storie <strong>di</strong> menestrelli, i quali raccontarono ampliamente<br />
le gesta degli eroi presenti, compresa quella <strong>di</strong> Parsifal col<br />
santo Graal, giochi dei giullari e degli acrobati. Tra un<br />
intrattenimento e l’altro, i due novelli sposi si conobbero come<br />
si doveva, prendendo l’occasione dell’oscurità della notte.<br />
All’inizio della terza settimana, <strong>di</strong> festeggiamenti, re Artù<br />
s’alzò dalla sua tavolata e <strong>di</strong>sse: ”Messeri, non ci rimane che<br />
organizzare un gran torneo cavalleresco; stabilisco <strong>di</strong> correrlo<br />
fra un mese da oggi nella nobile città d’E<strong>di</strong>mburgo, sperando<br />
che i cavalieri ed i nobili quivi presenti si facciano avanti anche<br />
in quell’occasione, magari portando, intanto, la notizia a tutte le<br />
contrade più lontane e che non hanno potuto essere qui tra <strong>di</strong><br />
noi in questi festeggiamenti”<br />
Parte se<strong>di</strong>cesima: ultime avventure d’Ivano d’Ivano e d’Erèc ed ed Enide.<br />
Enide.<br />
Capitolo 56.<br />
Negli stessi giorni, il Signore della Nera Spina passò a miglior<br />
vita, trovandosi con enormi ricchezze, le due figlie arrivarono<br />
ad un contenzioso veramente spiacevole per i loro villici; non<br />
vedendo alcuna via d’uscita, la minore si rivolse alla maggiore,<br />
<strong>di</strong>cendo: ”Se vuoi la guerra, così sia, ma sappi che ho<br />
intenzione <strong>di</strong> presentarmi alla corte <strong>di</strong> re Artù, a Camelot, per<br />
averne tutte le mie buone ragioni”. A quelle parole, la maggiore<br />
si preoccupò alquanto, tanto da partire imme<strong>di</strong>atamente, senza<br />
<strong>di</strong>re niente ad alcuno, cosicché giunse per tempo a Cara<strong>di</strong>gan e<br />
si fece ricevere da Galvano in persona, <strong>di</strong>cendogli: ”Messere mi<br />
vedo costretta a rivolgermi a voi, dopo che il mio caro padre<br />
morì poco tempo fa, perché la sorella minore pretende d’avere<br />
anche solo in parte, l’ere<strong>di</strong>tà che mi spetta <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto”<br />
304<br />
”Mio caro precettore, signori qui presenti, vi chiedo a tutti<br />
quanti la licenza d’andarmi a preparare come si deve a<br />
presentarmi degnamente ad un tale invito regale”, come poté<br />
tornarsene nella propria stanza a prepararsi, Lionello tentò <strong>di</strong><br />
nascondere un coltello sotto il corsetto che indossava per<br />
l’occasione. In quel mentre si presentò sulla soglia Farien per<br />
controllare se fosse tutto a posto e notò imme<strong>di</strong>atamente l’arma<br />
male nascosta e gli <strong>di</strong>sse: ”Mio signore vi state visibilmente<br />
compromettendo, vi prego <strong>di</strong> darmi quella lama che state<br />
tentando d’occultare”<br />
”Farien, se mi sequestrate quest’arma vi garantisco che non<br />
muoverò passo al <strong>di</strong> fuori <strong>di</strong> queste stanze”<br />
”Buon Lionello vedete che se occulto quella lama sulla mia<br />
persona, desterà molto meno sospetti, anche perché la<br />
nasconderò in modo migliore. Inoltre potrò proteggervi in<br />
modo migliore, visto che conosco molto meglio <strong>di</strong> voi l’antica<br />
ed onorevole arte della guerra e nell’uso delle armi”, così<br />
Lionello e Bohor montarono in sella con i loro maestri e furono<br />
condotti alla sala dei banchetti tra due ali <strong>di</strong> folla che pregava<br />
per loro. Giunta che fu davanti alle porte del corpo principale<br />
del castello, la piccola comitiva fu accolta nel modo migliore<br />
possibile dalla servitù del palazzo, quin<strong>di</strong> i due principini<br />
furono fatti entrare nella sala dei banchetti; subito Lionello<br />
riconobbe Claudas dalle sue insegne regali, oltre ad un viso che<br />
mostrava la sua fellonia e crudeltà.<br />
Arrivati che furono in mezzo alla sala i due fratelli, Claudas si<br />
rivolse a Lionello, <strong>di</strong>cendogli: ”Buon Lionello, permettimi <strong>di</strong><br />
levare un brin<strong>di</strong>si in tuo onore, ma prima che io inizi dovresti<br />
munirti <strong>di</strong> un adeguato calice, come si deve al tuo rango”, ma il<br />
giovine non aveva occhi che per la splen<strong>di</strong>da spada<br />
dell’usurpatore, cosicché il silenzio e l’immobilità si<br />
protrassero per <strong>di</strong>versi minuti. Passato che fu <strong>di</strong>verso tempo,<br />
Seraide si rivolse a Lionello <strong>di</strong>cendogli: ”Mio principe,<br />
rianimatevi, per favore, ed accettate il brin<strong>di</strong>si con cui vi onora<br />
65
e Claudas”, allora Lionello si riebbe e, presa la coppa che gli<br />
era offerta, tentennò per qualche istante, poi, presso dal furore,<br />
la scagliò addosso a Claudas, colpendolo alla fronte; al colpo il<br />
re stramazzò per terra privo <strong>di</strong> sensi, perdendo la corona che<br />
rotolò ai pie<strong>di</strong> <strong>di</strong> Lionello stesso. Questi iniziò a calpestarla con<br />
tale furore che parecchie pietre preziose uscirono dalla loro<br />
sede.<br />
A tale atto l’intiera corte andò in totale scompiglio, ma<br />
Lionello, che lo aveva raggiunto brandendo la spada, e Bohor<br />
che aveva sottratto lo scettro incastonato <strong>di</strong> gemme, riuscirono<br />
a guadagnare l’uscita dopo molto battagliare, guidati da<br />
Seraide. Poco prima che i tre fuggiaschi riuscissero a fuggire,<br />
Darin, il figlio del re, gli si parò davanti rimanendo ucciso da<br />
un fendente <strong>di</strong> Lionello stesso. Contemporaneamente Claudas<br />
riuscì ad alzarsi tutto sanguinante e, vedendo morire in quel<br />
modo il figlio, s’avventò contro i due principini con l’intento <strong>di</strong><br />
ucciderli, ma ferì sulla guancia Seraide stessa; vistasi così<br />
deturpata, la pulzella rampognò Claudas in questo modo: ”Ah!<br />
Claudas ho pagato assai cara la visita alla tua corte! Mi avete<br />
ferita e per poco non avete ucciso i miei levrieri che sono sì<br />
belli!” infatti, durante la confusione, la giovane messaggera<br />
aveva fatto un sortilegio in modo che Claudas scambiasse i due<br />
splen<strong>di</strong><strong>di</strong> cani per i principini, i quali però si erano gia messi al<br />
sicuro all’esterno del maniero. Al momento <strong>di</strong> vibrare un<br />
secondo colpo, Claudas perse l’equilibrio facendo cadere la<br />
spada, la quale andò in mille pezzi.<br />
Finito che fu il parapiglia, Claudas era ancora sotto l’effetto<br />
dell’incantesimo, assieme all’intiera corte, e <strong>di</strong>sse: ”Riportate<br />
quei due <strong>di</strong>sgraziati mocciosi nelle loro stanze e non fateli mai<br />
più uscire finché la morte non li raggiunga”. Come l’or<strong>di</strong>ne fu<br />
eseguito, Claudas si chinò sul corpo del figlio ed iniziò a <strong>di</strong>re:<br />
”Mio adorato figliolo perché doveva succederti questa <strong>di</strong>sgrazia<br />
davanti ai miei occhi? Non potevo essere io a cadere sotto i<br />
violenti colpi <strong>di</strong> quei due imbelli giovani che ora teniamo<br />
66<br />
quello splen<strong>di</strong>do abito. Vedendo l’effetto finale <strong>di</strong><br />
quell’abbigliamento, Ginevra prese fuori da uno dei suoi bauli<br />
uno splen<strong>di</strong>do gruppo <strong>di</strong> gioielli, facendo indossare anche<br />
quelli ad Enide, <strong>di</strong>sse: ”Madamigella, ora sì che potrete ferire<br />
più d’un cuore, se non v’avessi abbigliata io, quasi quasi sarei<br />
gelosa <strong>di</strong> voi, ora an<strong>di</strong>amo che voglio vedere se effettivamente<br />
farete innamorare l’intiera corte ancor <strong>di</strong> più <strong>di</strong> quanto abbiate<br />
gia fatto al vostro arrivo”, così <strong>di</strong>cendo, tornarono entrambe<br />
nella sala del trono a farsi ammirare come si deve. Giunte che<br />
furono presso tutti gli altri, Ginevra <strong>di</strong>sse: ”Messer Erèc ora vi<br />
consegno la futura sposa abbigliata come meriterebbe una<br />
bellezza qual è costei, mi raccomando a voi <strong>di</strong> trattarla con la<br />
dovuta reverenza e cortesia, come se state <strong>di</strong> fronte alla mia<br />
presenza”, tale apparizione così bella fece innamorare parecchi<br />
dei presenti, mentre Enide arrossì notevolmente, aumentando,<br />
in questo modo, la sua gia notevole bellezza.<br />
Finalmente, finita la cerimonia per l’ingresso a corte d’Enide,<br />
Erèc allestì una piccola carovana <strong>di</strong> cinque muli con la relativa<br />
scorta da spe<strong>di</strong>re ai suoceri, sui quali vi mise ogni cosa preziosa<br />
che poteva loro servire per risollevare le loro finanze,<br />
imme<strong>di</strong>atamente dopo Erèc preparò una missiva che consegnò<br />
ad un corriere da spe<strong>di</strong>re a re Lac, suo padre, per informarlo <strong>di</strong><br />
tutto quanto e ricevendone ben presto un consenso<br />
incon<strong>di</strong>zionato anche per il dono che aveva promesso ai futuri<br />
suoceri, avendone anche ogni più gran lode per il generoso<br />
gesto. Avuta la bene<strong>di</strong>zione del padre, Erèc si presentò al<br />
proprio re, <strong>di</strong>cendogli: ”Sire, la mia nobile famiglia mi ha dato<br />
la sua bene<strong>di</strong>zione alle nozze, come mi furono gia date alla<br />
nostra partenza da quella <strong>di</strong> lei ed all’arrivo da voi e dalla<br />
regina Ginevra, ora, se siete ancora d’accordo, voglio stabilire<br />
la data delle nozze”. Il buon re annuì gravemente e, sorridendo,<br />
prese a <strong>di</strong>re: ”Le vostre nozze, buon Erèc, devono essere<br />
veramente sfarzose, quin<strong>di</strong> si stabilisca che siano celebrate fra<br />
due settimane da oggi, in modo tale che tutti i vostri parenti e<br />
303
improvvisamente davanti re Artù con tutta la corte, che li<br />
festeggiò grandemente, perché I<strong>di</strong>èr aveva detto proprio il vero<br />
nei confronti della bell’Enide. Finiti i primi festeggiamenti,<br />
tutta la popolazione s’avviò alla vicina Stonhenge, ove Erèc si<br />
chinò al suo sovrano, <strong>di</strong>cendo: ”Mio signore affrontai<br />
d’impulso quest’avventura inaspettata per <strong>di</strong>fendere l’onore<br />
mio e della vostra amatissima e rispettabilissima sposa, ma mai<br />
avrei immaginato <strong>di</strong> poter trovare la regina del mio cuore in<br />
questa splen<strong>di</strong>da damigella che risponde al bellissimo nome<br />
d’Enide, se voi lo concedete, vorrei sposarla al più presto,<br />
avendone gia avuto il consenso dell’intiera sua famiglia”. Artù<br />
e Ginevra scesero dai loro troni e, abbracciati i due giovani,<br />
<strong>di</strong>ssero: ”Mai unione fu più voluta <strong>di</strong> questa, avete la nostra<br />
totale ed incon<strong>di</strong>zionata bene<strong>di</strong>zione all’unione, ora decidete la<br />
più vicina data possibile per le nozze e fate arrivare tutti i vostri<br />
beneamati parenti”. Subito, però, Ginevra s’accorse che la<br />
povera Enide portava dei vestiti alquanto laceri, infatti prese a<br />
<strong>di</strong>re: ”Madamigella non potete girare per la nostra corte con<br />
quella veste così logora, venite con me che guar<strong>di</strong>amo nel mio<br />
guardaroba se riusciamo a trovare quanto <strong>di</strong> meglio ci sia per<br />
voi”. Le due donne si congedarono imme<strong>di</strong>atamente, col<br />
beneplacito sia d’Artù sia d’Erèc, che ardevano dalla voglia <strong>di</strong><br />
vedere quale splen<strong>di</strong>do vestito avesse scelto la buona regina per<br />
la bell’Enide. Una volta che furono sole, le due donne<br />
iniziarono a guardare nel guardaroba della regina, infine venne<br />
fuori uno splen<strong>di</strong>do vestito tutto foderato d’ermellino e con<br />
ricami d’oro e pietre preziose, che fece molto piacere ad Enide,<br />
la quale <strong>di</strong>sse, piena <strong>di</strong> commozione: ”Mia signora non merito<br />
un vestito così bello, quasi mi vergogno d’indossarlo solo<br />
perché me l’avete regalato voi”.<br />
”Cara ragazza, dovete avere quanto c’è <strong>di</strong> meglio come vestiti<br />
per far risaltare la vostra enorme bellezza, quin<strong>di</strong> non sentitevi<br />
incolpa se vi dono questo misero vestito per farvi abbagliare<br />
l’intiera corte”, finalmente Enide si decise ad abbigliarsi con<br />
302<br />
prigionieri nella torre più alta del castello?”.<br />
Contemporaneamente anche Farien e Lambeque stavano<br />
piangendo la per<strong>di</strong>ta dei due presunti principi, con queste<br />
accorate parole: ”Come potremo guardare negli occhi quella<br />
povera madre che ci affidò i suoi figli e che ora languono reietti<br />
in una prigione <strong>di</strong> questo tetro palazzo?” e così <strong>di</strong>cendo non si<br />
erano ancora accorti del felice scambio creato dalla splen<strong>di</strong>da<br />
messaggera.<br />
Intanto Seraide arrivò nel bosco, ove la attendevano i suoi<br />
scu<strong>di</strong>eri, assieme ai due principini ancora tramutati in levrieri;<br />
una volta che furono tutti in sella, partirono a forte andatura e si<br />
fermarono solamente a notte fonda. Creato che fu<br />
l’accampamento, Seraide prese i due cani e <strong>di</strong>sse: ”Ora, miei<br />
cari principi potete riprendere il vostro originale aspetto e<br />
mostrare a tutti che bei ragazzi che siete”, vedendo i due<br />
principini, il resto della comitiva ebbe un moto d’immenso e<br />
meravigliato stupore per la loro effettiva bellezza. Subito gli<br />
scu<strong>di</strong>eri si rivolsero a Seraide, <strong>di</strong>cendogli: ”Nostra bella e<br />
buona signora, hai fatto un gesto nobile e generoso a salvare<br />
questi due splen<strong>di</strong><strong>di</strong> giovinetti dalle terribili mani <strong>di</strong> quel<br />
perfido re che è Claudas” ed iniziarono a vezzeggiarli fino l’ora<br />
<strong>di</strong> andare a letto, nonostante che non ne conoscevano la vera<br />
identità.<br />
Il mattino successivo si rimisero in marcia <strong>di</strong> gran carriera,<br />
arrivando al castello <strong>di</strong> Viviana nella serata, la quale prese<br />
subito i due giovani sotto la propria protezione, <strong>di</strong>cendogli:<br />
”Figli <strong>di</strong> Bohor, siete arrivati nel luogo che vi proteggerà fino<br />
alla maggiore età dandovi tutta l’istruzione e cura <strong>di</strong> cui avete<br />
bisogno; sappiate inoltre che in questo stesso luogo vive vostro<br />
cugino Lancillotto, figlio <strong>di</strong> vostro zio Ban, che morì poche ore<br />
prima <strong>di</strong> vostro padre”. Infine si misero tutti a tavola, mentre il<br />
menestrello <strong>di</strong> corte prese a cantare la seguente canzone, in<br />
onore dei due re scomparsi:<br />
Sommo lutto per il prode re Ban<br />
67
Ucciso a tra<strong>di</strong>mento dall’oscuro siniscalco<br />
Per dare i posse<strong>di</strong>menti all’infido Claudas<br />
Rendendo orfano il principe infante<br />
Sia <strong>di</strong> padre che <strong>di</strong> regno.<br />
Enorme condoglianza per il piccolo<br />
Lancillotto, inconsapevole vittima<br />
Di tanto dolore ed orgoglio fe<strong>di</strong>frago.<br />
Povera Elena, involontaria vittima<br />
Enorme crudeltà <strong>di</strong> Claudas,<br />
Il quale la priva del regno.<br />
Poveri ere<strong>di</strong> <strong>di</strong> Gonnes, resi orfani<br />
Del padre Bohor<br />
Dalla tracotanza del perfido Claudas,<br />
Rendendo Lionello e Bohor<br />
Prigionieri della propria reggia.<br />
Disonore a Claudas, che mandò<br />
Nella <strong>di</strong>sperazione due famiglie<br />
Ed i ricchi territori <strong>di</strong> Benoic e Gonnes,<br />
Che i legittimi ere<strong>di</strong> possano riaverli,<br />
Il giorno fausto della ribellione.<br />
Capitolo 9<br />
Intanto a Gonnes, per vendetta, Farien e Lambeque<br />
chiamarono alcuni fidati valletti al loro servizio, <strong>di</strong>cendogli:<br />
”Cari ragazzi, correte imme<strong>di</strong>atamente da tutti i signori <strong>di</strong><br />
queste contrade e <strong>di</strong>te loro che Farien e Lambeque devono<br />
comunicare loro delle notizie molto importanti; anzi fatelo<br />
sapere anche a tutta la gente comune che riuscite ad incontrare<br />
lungo il vostro tragitto”. Una volta che tutta la gente fu avvisata<br />
del desiderio dei due stimatissimi cavalieri, Farien prese a <strong>di</strong>re:<br />
”Miei signori, prima <strong>di</strong> tutto vi ringrazio <strong>di</strong> essere accorsi al<br />
mio appello. Ora dovete sapere che il nostro benamato re Ban,<br />
padre <strong>di</strong> Lancillotto, fu tra<strong>di</strong>to da un suo siniscalco, il quale<br />
vendette l’incolumità del castello <strong>di</strong> Trebe a quel tra<strong>di</strong>tore <strong>di</strong> re<br />
Claudas, il quale venne a sapere che pochi giorni dopo venne a<br />
68<br />
”Buona cugina, se le vostre garanzie sono giuste, apprezzo<br />
vivamente l’offerta che mi state facendo, ma ora conviene che<br />
continuiamo ad onorare questo splen<strong>di</strong>do banchetto alla faccia<br />
<strong>di</strong> quel lestofante d’I<strong>di</strong>èr”. Finito che fu il banchetto, Erèc non<br />
si seppe più trattenere e volle scendere nel cortile a vedere il<br />
dono che la cugina aveva fatto e constatò quanto quello che gli<br />
era stato asserito corrispondesse alla verità, così si rivolse alla<br />
padrona <strong>di</strong> casa e prese a <strong>di</strong>re: ”Madamigella, non avete<br />
assolutamente mentito sulle qualità <strong>di</strong> questo splen<strong>di</strong>do animale<br />
e l’accetto con enorme gratitu<strong>di</strong>ne, ma ora bisogna che lo<br />
prepariamo per il viaggio <strong>di</strong> ritorno alla mia corte e poi si vada<br />
tutti quanti a dormire”, così tutto quello che era necessario al<br />
seppur breve viaggio, fu approntato in brevissimo tempo. Prima<br />
che Erèc se n’andasse a dormire, il conte gli si fece vicino e gli<br />
<strong>di</strong>sse: ”Buon cavaliere, vi do gia da adesso il mio congedo per<br />
la partenza assieme alla mia adorata nipote, ma prima che voi<br />
ve n’an<strong>di</strong>ate, domattina, vi chiedo <strong>di</strong> passare da me per un<br />
ultimo saluto”<br />
”Mio signore, avete la mia parola d’onore <strong>di</strong> cavaliere che<br />
domattina la prima cosa che farete nel vostro governo <strong>di</strong> questa<br />
contrada sarà quella <strong>di</strong> salutarci nella nostra gioiosa partenza<br />
per la corte <strong>di</strong> re Artù, che dovrebbe ancora essere a Cara<strong>di</strong>gan,<br />
a quest’ora”, finalmente andarono tutti quanti a dormire perché<br />
oramai s’era fatto estremamente tar<strong>di</strong>.<br />
Il mattino successivo tutti si prepararono per la partenza dei<br />
due promessi sposi e li accompagnarono per un lungo tratto;<br />
alla fine il conte ed il valvassore, con le relative scorte,<br />
dovettero lasciare Erèc ed Enide, coprendoli <strong>di</strong> baci ed<br />
abbracci. I due giovani continuarono solinghi il loro viaggio,<br />
continuando a guardarsi ed a sospirare, languendo<br />
miserabilmente e non s’accorsero che sul fare del mezzogiorno<br />
<strong>di</strong> quello stesso giorno, giunsero a Cara<strong>di</strong>gan. Se n’accorsero,<br />
invece, le vedette, che avvisarono con sufficiente anticipo<br />
l’intiera corte, cosicché i due giovani si ritrovarono<br />
301
femminine compagnie, ma sappiate che quella splen<strong>di</strong>da<br />
fanciulla è anche mia nipote, quin<strong>di</strong> se volete nuovamente<br />
accettare il mio invito a fermarvi a dormire presso la mia casa,<br />
siate il benvenuto”<br />
”Mi spiace, messere, ricusare ancora una volta la vostra<br />
offerta, ma preferisco rimanere nelle stanze che mi furono date<br />
in precedenza, quin<strong>di</strong> per favore non abbiatene a male <strong>di</strong><br />
quest’ennesimo rifiuto da parte mia, ma così ho deciso”. Allora<br />
il conte non poté far altro che <strong>di</strong>re: ”Messere, se proprio non<br />
volete essere mio nipote, almeno accettate la mia offerta <strong>di</strong> far<br />
preparare un gran<strong>di</strong>oso banchetto in vostro onore, al quale,<br />
ovviamente, parteciperanno anche mia nipote Enide con tutta la<br />
sua famiglia” ed il sontuoso festeggiamento fu approntato come<br />
si deve. Durante i festeggiamenti, Erèc si presentò all’intiera<br />
famiglia d’Enide, <strong>di</strong>cendo: ”Miei signori, m’innamorai della<br />
bella fanciulla fin dal primo momento che la vi<strong>di</strong>, ieri sera al<br />
mio arrivo, quin<strong>di</strong> vi chiedo umilmente <strong>di</strong> concedermela in<br />
isposa per il resto dei nostri giorni; come <strong>di</strong>ritto alla richiesta<br />
che ho ora fatto concedo al padre <strong>di</strong> lei, da questo momento, il<br />
possesso dei castelli <strong>di</strong> Roadàn e Montrevel”. A sentire queste<br />
cose, la cugina d’Enide gli si rivolse <strong>di</strong>cendo: ”Mia cara, quei<br />
vestiti che stai portando non vanno bene per presentarti ad una<br />
corte così importante come quella d’Artù <strong>di</strong> Camelot, se vieni<br />
nelle mie stanze vedremo cosa ti potrà andare a puntino per<br />
esaltare questa tua nuova con<strong>di</strong>zione”<br />
”Madama, apprezzo il vostro gesto, ma reputo che la vostra<br />
bella cugina vada bene com’è vestita ora, ma se alla mia regina<br />
non andranno bene, ci penserà lei a donarle qualche cosa”.<br />
”Se proprio non volete che essa sia la meglio vestita, almeno<br />
che sia accettato lo splen<strong>di</strong>do pezzato che ho fatto preparare per<br />
voi, messer Erèc, nel cortile del nostro castello, non<br />
preoccuparti per il suo carattere, è un animale veramente docile<br />
e v’obbe<strong>di</strong>rà in qualunque momento”<br />
300<br />
mancare anche il suo amatissimo fratello Bohor, il quale lasciò<br />
due figli altrettanto piccolissimi quanto il povero Lancillotto, in<br />
balia <strong>di</strong> se stessi. Accertata la notizia, il perfido si annetté anche<br />
il Benoic, retaggio dei due orfanelli e per <strong>di</strong> più<br />
imprigionandoli, mentre Lancillotto non si sa tuttora dove sia<br />
sparito dopo la morte del padre, anche se talvolta qualcuno lo<br />
vede nei <strong>di</strong>ntorni del lago <strong>di</strong> Diana, affermando che è <strong>di</strong>ventato<br />
uno splen<strong>di</strong>do giovane, degno <strong>di</strong> suo padre”. Sentendo queste<br />
novità tutti i presenti corsero a casa per prendere tutto quello<br />
che poteva essere utile come arma e, guidati da Farien e<br />
Lambeque, marciarono ferocemente verso il castello <strong>di</strong><br />
Claudas.<br />
Nel frattempo, all’interno del castello, Claudas continuava a<br />
piangere il deceduto figlio, lamentandosi miseramente in questo<br />
modo: ”Quali colpe avrò mai avuto da meritarmi una punizione<br />
così grande come la morte del figlio prima del padre, ma<br />
l’onore mi vieta oltremodo <strong>di</strong> uccidermi, altrimenti sarò<br />
perennemente dannato, ed ora che farò visto che non ho una<br />
<strong>di</strong>scendenza d’alcun tipo? Dovrò restituire tutti i regni che ho<br />
defraudato per la grandezza del figlio che stringo ora tra le mie<br />
braccia, morto?”<br />
Ma queste lamentazioni non davano al povero demente nessun<br />
conforto, subito Claudas si riebbe, quando sentì il rumoreggiare<br />
fuori dal castello, allora chiamò un suo fidato valletto,<br />
chiedendogli: ”Se mi sei fedele, devi <strong>di</strong>rmi cosa è tutto quel<br />
mormorare all’esterno delle mie finestre”. A questa richiesta,<br />
così <strong>di</strong>retta, dal demente, questi rispose sinceramente <strong>di</strong>cendo:<br />
”Mio signore sono la gente del Gonnes e gli aristocratici del<br />
Benoic che, guidati da Farien e Lambeque, si stanno rivoltando<br />
contro la tua volontà e nessuno dei tuoi fi<strong>di</strong> sa cosa fare”<br />
”Fa radunare i pochi fi<strong>di</strong> che mi sono portato <strong>di</strong>etro in questa<br />
regione ed approntatemi la mia armatura, in modo che<br />
possiamo uscire in massa ad affrontare questa rivolta”. Come<br />
furono tutti pronti, Claudas or<strong>di</strong>nò <strong>di</strong> partire alla carica degli<br />
69
insorti, finché il re si trovò <strong>di</strong> fronte Farien, al quale chiese:<br />
”Che mai vi salta in mente <strong>di</strong> fare con costoro, scellerato <strong>di</strong> un<br />
cavaliere?”<br />
”Vogliamo che sia restituito il <strong>di</strong>ritto dei nostri signori,<br />
regnanti nel Benoic e nel Gonnes, come ci giuraste qualche<br />
tempo fa, ma Claudas, in tutta risposta, <strong>di</strong>ede inizio ad una<br />
furiosa battaglia, nella quale dovette affrontare imme<strong>di</strong>atamente<br />
Lambeque che lo ferì alla spalla gia al primo assalto. Claudas<br />
ebbe una reazione altrettanto repentina uccidendo il cavallo che<br />
Lambeque stava montando, cadendo, però sulle ginocchia per il<br />
contraccolpo del fendente.<br />
A quella vista, Lambeque <strong>di</strong>sse: ”Non meriti altro <strong>di</strong> essere<br />
ucciso, fellone che non sei altro; quin<strong>di</strong> preparati a morire,<br />
Claudas!”. In quel mentre si avvicinò anche Farien e, fermando<br />
il nipote, <strong>di</strong>sse: ”Cosa ti passa per la mente, vuoi per caso<br />
uccidere uno dei migliori cavalieri del mondo?”<br />
”Ma zio, non vi ricordate cosa fece questo scellerato per<br />
<strong>di</strong>sonorare i principi <strong>di</strong> Gonnes e noi stessi mentre eravamo in<br />
cattività nelle sue celle?”<br />
”Non ti ricor<strong>di</strong> che ci siamo messi al suo servizio, nonostante<br />
il <strong>di</strong>sonore <strong>di</strong> costui e l’onore che abbiamo nella memoria<br />
dell’antico e defunto signore?”<br />
Claudas sentì l’intera <strong>di</strong>scussione e, inginocchiatosi, <strong>di</strong>sse:<br />
”Fedelissimi servitori voi siete, e lo state <strong>di</strong>mostrando con<br />
queste parole che vi state scambiando, io mi rimetto alla vostra<br />
mercede; ma ora consentitemi <strong>di</strong> liberare i due principini per<br />
rendergli il loro reame” come queste parole furono pronunciate,<br />
la battaglia smise all’istante, permettendo all’usurpatore <strong>di</strong><br />
ritirarsi nel castello dove svenne. Subito gli uomini <strong>di</strong> Claudas<br />
sopravissuti gli furono attorno per <strong>di</strong>sarmarlo e farlo rinvenire<br />
con l’aiuto dei Sali, mentre i cerusici iniziano a curare le<br />
parecchie ferite del re ormai detronizzato. Intanto scese la notte,<br />
il momento che un posto sicuro e ben lontano, Bohor e Lionello<br />
ripresero le loro sembianze per mano <strong>di</strong> Seraide, e Farien si<br />
70<br />
malconcio; inoltre sappiate che entro domani il nostro fido<br />
cavaliere si presenterà a corte con una fanciulla veramente<br />
bella”. Artù, dopo aver ascoltato attentamente quanto aveva da<br />
<strong>di</strong>rgli la moglie, rispose: ”Mia cara signora, m’avete appena<br />
portato delle splen<strong>di</strong>de notizie e ne sono veramente felice,<br />
soprattutto perché il nostro buon Erèc potrebbe aver trovato<br />
proprio la sua dama del cuore”<br />
”Mio signore, che ne dobbiamo fare d’I<strong>di</strong>èr, colui che mi rapì?<br />
Sappiate che è stato lui a portarci quelle splen<strong>di</strong>de notizie sul<br />
nostro beneamato Erèc, solo per questo meriterebbe<br />
l’affrancatura per quanto fece alla mia persona ed al vostro<br />
onore?”<br />
”Per ora fallo <strong>di</strong>sarmare, poi da or<strong>di</strong>ne che sia portato alla mia<br />
regale presenza, soltanto allora renderò palese la mia decisione<br />
nei suoi confronti”, subito quell’or<strong>di</strong>ne fu eseguito, infine I<strong>di</strong>èr<br />
fu portato alla presenza del re. Giunto che fu alla presenza<br />
d’Artù, il pusillanime s’inginocchiò ed il re gli <strong>di</strong>sse: ”Messere,<br />
nonostante il vostro biasimevole comportamento nei confronti<br />
<strong>di</strong> mia moglie, vi concedo la grazia totale; anzi faccio anche <strong>di</strong><br />
più, da oggi sederete assieme a tutti noi alla Tavola Rotonda,<br />
perché sopravvivere ad uno dei miei cavalieri significa essere<br />
veramente valorosi”<br />
Capitolo 55<br />
Intanto Erèc fu festeggiato lungamente sul campo dello<br />
scontro ed il conte gli si rivolse <strong>di</strong>cendo: ”Messer Erèc, dato<br />
che siete il figlio d’un gran re e cavaliere <strong>di</strong> uno che è ancora<br />
più importante, abbiate la compiacenza d’essere ospitato presso<br />
la mia umile <strong>di</strong>mora”. Erèc si sentì veramente contento <strong>di</strong> tante<br />
attenzioni, ma infine rispose: ”Messer conte, vi ringrazio per la<br />
vostra offerta, ma se mi allontanassi dal mio attuale ospite,<br />
come potrei avere tanta bellissima compagnia com’è la sua<br />
adorata figliola?”<br />
”Messer Erèc, ci chiedo scusa dell’intempestiva proposta e<br />
non posso far altro che lodare il vostro buon gusto in fatto <strong>di</strong><br />
299
ferite, poi sentiremo cos’è successo, prima <strong>di</strong> segregarli<br />
definitivamente nelle nostre segrete, sempre che questa volta se<br />
lo meritino”. Galvano annuì gravemente, poi <strong>di</strong>sse: ”Mia<br />
signora e zia, sia fatta la vostra volontà, ma vi devo ricordare<br />
che quell’infingardo d’un cavaliere è capace <strong>di</strong> rivoltare<br />
qualsiasi situazione che per lui sia negativa, in un fatto che gli<br />
porta gran<strong>di</strong>ssimo vantaggio”, sentendo quell’obbiezione, tutti i<br />
presenti la confermarono senza esitazione, conoscendo a<br />
codar<strong>di</strong>a <strong>di</strong> quel cavaliere.<br />
Nel contempo I<strong>di</strong>èr entrò nel maniero, così Galvano e Ginevra<br />
dovettero scendere dagli spalti per andarlo a ricevere come si<br />
deve. Vedendola, I<strong>di</strong>èr riconobbe imme<strong>di</strong>atamente la regina che<br />
rapì qualche tempo ad<strong>di</strong>etro e, inchinandosi alla sua presenza,<br />
prese a <strong>di</strong>re: ”Mia signora sappiate che sono stato battuto da<br />
uno dei vostri cavalieri, nomato Erèc che mi obbligò, assieme<br />
ai miei compagni, a presentarmi presso questa corte per<br />
consegnare nelle vostre stesse mani la mia amata damigella e<br />
quel perfido nano che vi fece tanto <strong>di</strong>spiacere l’altro giorno,<br />
ferendo nell’orgoglio il suddetto cavaliere e la vostra<br />
beneamata damigella” così <strong>di</strong>cendo spinse avanti i due<br />
compagni, che furono presi in custo<strong>di</strong>a da alcune guar<strong>di</strong>e. Una<br />
volta che i due perfi<strong>di</strong> furono allontanati, I<strong>di</strong>èr riprese a <strong>di</strong>re:<br />
”Sappiate inoltre che l’ottimo Erèc sarà presso questa corte<br />
entro la giornata <strong>di</strong> domani, accompagnato dalla più bella<br />
damigella che si possa incontrare in tutto il regno”<br />
”Messer I<strong>di</strong>èr, solo per quanto mi faceste tempo ad<strong>di</strong>etro,<br />
meritereste le segrete a vita ma, vista anche la splen<strong>di</strong>da notizia<br />
che ci avete portato, vi devo dare solamente una settimana <strong>di</strong><br />
consegna ad acqua e pane, intanto che si possa decidere<br />
assieme al mio signore, re e marito, cosa fare <strong>di</strong> te”.<br />
Imme<strong>di</strong>atamente Ginevra andò dall’adorato marito e gli <strong>di</strong>sse:<br />
”Mio caro sposo e signore, abbiamo appena avuto delle<br />
splen<strong>di</strong>de notizie sul nostro buon Erèc, che riuscì a catturare il<br />
perfido che mi rapì tempo fa e consegnarcelo alquanto<br />
298<br />
sorprese, quando si ritrovò davanti ai propri occhi dei splen<strong>di</strong><strong>di</strong><br />
levrieri al posto dei principini e, preso dall’angoscia prese a<br />
<strong>di</strong>re, in <strong>di</strong>rezione dell’usurpatore: ”Claudas, vi richiesi i figli <strong>di</strong><br />
re Bohor e voi mi consegnate due levrieri?”<br />
”Questi sono i cani che condusse la damigella, ora capisco che<br />
essa operò un pro<strong>di</strong>gio per portarli via! Per mostrarvi la mia<br />
buona volontà, mi rimetto nelle vostre mani come ostaggio,<br />
finché non avrete notizie cre<strong>di</strong>bili su Lionello e Bohor, vi<br />
chiedo solo una grazia: <strong>di</strong> essermi garante sino allora”, Farien<br />
iniziò a tentennare alquanto da questa proposta inaspettata. In<br />
preda alla più grande indecisione, Farien decise <strong>di</strong> chiamare<br />
tutti i baroni <strong>di</strong> Benoic e Gonnes, nonostante l’ora tarda, e<br />
perorò la questione in questi termini: ”Valorosi cavalieri,<br />
sostegni dei due troni qui rappresentati, sappiate che il perfido<br />
Claudas vuole offrirsi come ostaggio finché non si saprà<br />
qualcosa <strong>di</strong> certo sulla sorte dei nostri beneamati principi<br />
ere<strong>di</strong>tari. Cosa dobbiamo fare?”<br />
Imme<strong>di</strong>atamente Lambeque richiese la parola, <strong>di</strong>cendo: ”Mio<br />
signore e zio, siamo sicuri che costui stia <strong>di</strong>cendo la verità? Vi<br />
ricordo, a voi ed a tutti quanti, cosa <strong>di</strong>sse e fece in tempi anche<br />
relativamente recenti, quin<strong>di</strong> prima <strong>di</strong> prendere in<br />
considerazione la sua offerta propongo <strong>di</strong> pensarci veramente<br />
bene tutti quanti, me compreso”<br />
”Caro nipote, è vero quel che <strong>di</strong>ci sul conto <strong>di</strong> questo<br />
miserabile, ma non ve<strong>di</strong> com’è contrita la sua faccia nel<br />
chiedere perdono dei misfatti che ha compiuto?”<br />
”Zio, con tutto rispetto, vi devo ricordare che quel manigoldo<br />
usò la stessa faccia e l’identico comportamento per portarci<br />
sotto il suo controllo quando seppe che c’erano stati affidati i<br />
due principini?”<br />
”Ma allora era nel pieno del suo potere su questa terra e non<br />
come oggi totalmente sconfitto, quin<strong>di</strong> mi sembra doveroso<br />
giurare <strong>di</strong> mantenere quanto ci ha richiesto così umilmente”<br />
71
”Se la mettiamo sotto quest’aspetto, mi vedo costretto ad<br />
allontanarmi da questa sala prima che sia proferita nuova<br />
parola, perché io mi rifiuto <strong>di</strong> prestare giuramento che<br />
considero iniquo e pericoloso!”, quin<strong>di</strong> il giovane Lambeque si<br />
alzò e guadagnò l’uscita, mentre gli altri membri<br />
dell’assemblea prestavano giuramento a favore del perfido<br />
Claudas. Sciolta che fu l’assemblea dei baroni, Lambeque<br />
incontrò nella corte d’armi lo zio con Claudas che s’avviavano<br />
verso la torre che aveva ospitato i due principini fino a poche<br />
ore prima; allora Lambeque cercò imme<strong>di</strong>atamente un’arma e,<br />
trovandosi vicino ad uno spiedo, colpì gravemente Claudas<br />
stesso che cadde al suolo per il colpo subito. Farien, vedendo il<br />
comportamento poco cavalleresco del nipote, estrasse la propria<br />
spada e ferì al cuore Lambeque, <strong>di</strong>cendogli: ”Nipote, con<br />
quest’atto hai <strong>di</strong>sonorato te stesso, la tua famiglia, che io<br />
rappresento in quest’istante, e tutto l’or<strong>di</strong>ne della cavalleria,<br />
d’ora in avanti ti considero un tra<strong>di</strong>tore e cercherò solamente <strong>di</strong><br />
ucciderti” e <strong>di</strong>cendo questo sollevò nuovamente la spada per<br />
vibrare il colpo finale.<br />
In quel mentre passò dallo stesso luogo la moglie <strong>di</strong> Farien,<br />
colei che lo tradì con Claudas, quando era al culmine del<br />
potere, e capendo cosa stava succedendo, si parò davanti al<br />
marito, <strong>di</strong>cendogli: ”Mio sposo e signore, abbi pietà <strong>di</strong> tuo<br />
nipote, sangue del nostro sangue ed unico erede delle nostre<br />
fortune; permettimi <strong>di</strong> riportarlo nelle sue stanze per farlo<br />
curare come si deve”. A quest’accorata richiesta della moglie,<br />
Farien rivolse lo sguardo a Claudas, quasi a chiedergli cosa<br />
doveva fare, allora quest’ultimo, che nel frattempo si era<br />
rialzato, <strong>di</strong>sse: ”Buon Farien, ti sei mostrato generoso con me,<br />
tuo nemico mortale, ora dovresti mostrarti anche più clemente<br />
all’unico parente che hai in vita per portare avanti la tua<br />
schiatta, per me è salvo”, allora Farien cedette alla volontà della<br />
moglie che prese in custo<strong>di</strong>a il nipote finché non fu<br />
completamente ristabilito.<br />
72<br />
personalmente le vostre scuse a colei che avete offeso in<br />
maniera così obbrobriosa. Messere, prima <strong>di</strong> partire vi chiedo<br />
un’ultima cosa: il vostro nome, <strong>di</strong> grazia”<br />
”Il vostro nome mi ha aperto gli occhi su uno dei più vali<strong>di</strong><br />
cavalieri della corte <strong>di</strong> Camelot, messer Erèc, ebbene sappiate<br />
che io sono I<strong>di</strong>èr, figlio <strong>di</strong> Nut e vi garantisco sul mio onore che<br />
farò il più presto possibile quanto m’avete richiesto, ma ora è<br />
troppo buio perché possa partire, quin<strong>di</strong> sarà meglio rimandare<br />
il tutto a domattina prima dell’alba”. La notizia, ovviamente,<br />
fece contenti parecchi dei presenti, ma ci furono anche alcuni<br />
che assaporavano gia la vittoria d’I<strong>di</strong>èr che furono molto delusi<br />
<strong>di</strong> com’erano andate le cose, anche se ammisero l’enorme<br />
superiorità del buon Erèc.<br />
Capitolo 54<br />
Il mattino successivo il perfido I<strong>di</strong>èr partì all’alba,<br />
accompagnato dalla damigella e dal nanerottolo malefico e, in<br />
breve tempo, i tre arrivarono a Cara<strong>di</strong>gan. In quel momento a<br />
fare la guar<strong>di</strong> sulle mura del castello v’erano Keu il siniscalco<br />
ed il prode Galvano, che riconobbero imme<strong>di</strong>atamente il<br />
gruppetto e, guardandosi negli occhi, Galvano si rivolse ad una<br />
guar<strong>di</strong>a lì vicina e gli <strong>di</strong>sse: ”Vai dalla nostra amatissima regina<br />
ed accompagnala alla mia presenza, perché penso <strong>di</strong> conoscere<br />
quel cavaliere, ma richiedo anche il suo parere, perché se è<br />
colui <strong>di</strong> cui sospetto, la rapì non molto tempo fa con effetti<br />
molto <strong>di</strong>sastrosi sull’umore del buon re mio zio”. Keu, che<br />
aveva sentito tutte le istruzioni, fu ben lesto a sparire e correre<br />
dalla propria signora, ottenendo immantinente le sue lo<strong>di</strong> e la<br />
seguì dall’adorato nipote per confermare il sospetto. Arrivata<br />
che fu al parapetto ove stazionava Galvano, Ginevra guardò nel<br />
punto in cui il nipote le in<strong>di</strong>cava e <strong>di</strong>sse: ”Ha subito una <strong>di</strong>sfatta<br />
bella grossa, a giu<strong>di</strong>care dalle ferite, ma non v’è dubbio che<br />
quel fetente che sta arrivando sia proprio I<strong>di</strong>èr <strong>di</strong> Nut con i suoi<br />
degni compagni <strong>di</strong> malefatte. Ora è meglio che si facciano<br />
aprire le porte per farli entrare, così curiamo quelle orrende<br />
297
ocche tacquero perché iniziarono a cantare le spade.<br />
Imme<strong>di</strong>atamente il duello si rivelò molto crudele, a tal punto<br />
che le due damigelle che accompagnavano gli sfidanti<br />
iniziarono a piangere nel vedere tanta ferocia. Passò l’intiera<br />
giornata prima che i due contendenti iniziassero a dare segni <strong>di</strong><br />
stanchezza; verso sera Erèc alzò una mano e prese a <strong>di</strong>re:<br />
”Messere è da lungo tempo che ci stiamo battendo senza<br />
risolvere nulla, propongo <strong>di</strong> fare una pausa in modo tale che<br />
entrambi possiamo recuperare, almeno parte, le energie per<br />
continuare questa <strong>di</strong>sfida che da quel che ho capitosi protrarrà<br />
ancora per parecchio tempo”, il cavaliere fu d’accordo, anche<br />
perché la fatica si stava facendo veramente sentire; poco dopo<br />
si sentirono entrambi veramente ritemprati e ripresero<br />
imme<strong>di</strong>atamente a battersi.<br />
Durante il primo assalto, lo sguardo d’Erèc incrociò quello<br />
della propria pulzella e si ricordò dell’affronto subito la<br />
mattina precedente dalla propria amata regina ed il vigore gli si<br />
raddoppiò imme<strong>di</strong>atamente ed i due andarono ulteriormente<br />
avanti, finché il cavaliere non riuscì a ferire ad una gamba Erèc,<br />
il quale cadendo riuscì a menomare in modo orribile la spada<br />
destra del bifolco pala<strong>di</strong>no. Vistosi in<strong>di</strong>sposto a continuare lo<br />
scontro, il cavaliere <strong>di</strong>sse: ”Messere non riesco più a tenere la<br />
spada in mano per la ferita che m’avete procurato, quin<strong>di</strong> mi<br />
vedo costretto a considerarmi battuto dalla vostra bravura e mi<br />
devo rimettere alla vostra mercè, con la speranza che siate<br />
clemente nei miei confronti”<br />
”Il mio nome è Erèc, figlio <strong>di</strong> re Lac e sono uno dei cavalieri<br />
della Tavola Rotonda, ma ora rialzatevi che vi concedo la vita,<br />
ora v’impongo <strong>di</strong> ricordarvi perennemente l’affronto che<br />
faceste alla mia regina, la bella e virtuosa Ginevra, questa<br />
mattina nella radura, facendo percuotere prima la sua damigella<br />
e poi me medesimo con lo staffile che porta in mano il vostro<br />
sgorbietto. Se volete cancellare quell’affronto, v’impongo<br />
d’andare al più presto alla corte <strong>di</strong> Cara<strong>di</strong>gan e porgere<br />
296<br />
Capitolo 10<br />
Intanto nel lago <strong>di</strong> Diana, Lionello e Bohor iniziarono a<br />
deperire in modo vistoso, perché sentivano la mancanza dei<br />
rispettivi precettori, ma avevano stabilito <strong>di</strong> non <strong>di</strong>re nulla a<br />
Viviana, però quest’ultima si accorse che qualcosa non andava<br />
nei due principini e, chiamato Lancillotto, gli <strong>di</strong>sse: ”Mio<br />
carissimo re, ho notato che i due nuovi arrivati deperiscono<br />
sempre più, ma non vogliono <strong>di</strong>re niente <strong>di</strong> quanto li preoccupa,<br />
potresti vedere tu cosa c’è che non va in modo che si possa<br />
rime<strong>di</strong>are? Te ne sarò grata in eterno!”.<br />
Dopo qualche ora, Lancillotto tornò dalla buona dama<br />
<strong>di</strong>cendogli: ”Mia adorata signora, i due ragazzi deperiscono<br />
perché sentono la mancanza dei loro adorati precettori, rimasti<br />
presso la corte <strong>di</strong> Claudas a Trebe <strong>di</strong> Benoic”. Allora Viviana<br />
fece chiamare un’altra sua damigella, <strong>di</strong>cendogli: ”Ti devo<br />
mandare al castello <strong>di</strong> Trebe a convincere Farien e Lambeque<br />
del Benoic a seguirti per il bene dei loro protetti, per evitare le<br />
loro resistenze, ti conviene procurarti le cinture dei due<br />
principini in modo tale che possano avere conferma <strong>di</strong> quanto<br />
stai <strong>di</strong>cendo”; la damigella, accompagnata da due valletti,<br />
cavalcò molto in fretta, tanto è vero che giunse a Benoic nella<br />
stessa serata.<br />
Giunta che fu a destinazione, la damigella chiese <strong>di</strong> Claudas e,<br />
come lo ebbe davanti, <strong>di</strong>sse: ”Sire, sono arrivata velocemente<br />
in questo loco in nome della mia padrona per poter parlare con<br />
due cavalieri presenti alla vostra corte. Prima <strong>di</strong> rivelarvi i loro<br />
nomi vi chiedo umilmente l’autorizzazione a farli chiamare”.<br />
”Dolce damigella, io non ho più nessun potere in queste<br />
contrade, dato che sono stato giustamente detronizzato dal<br />
prode Farien e da suo nipote Lambeque, che penso essere i<br />
destinatari della tua visita. Se così è non hai necessità a<br />
chiedermi l’autorizzazione a farlo, dato che sono loro a<br />
comandare qui, ora”, a quelle parole, la damigella rimase<br />
alquanto sorpresa, ma subito si trovò al cospetto dei due buoni<br />
73
cavalieri. Raggiunti che li ebbe, la damigella <strong>di</strong>sse: ”Miei<br />
signori, mi è appena giunta la notizia della vostra impresa, ma<br />
ora ho da comunicarvi una novella che vi darà enorme gioia; i<br />
principi Lionello e Bohor <strong>di</strong> Gonnes sono vivi ed al sicuro<br />
presso la dama del lago, che è nomata Viviana, la quale vive<br />
assieme a tutta la sua corte sotto la splen<strong>di</strong>da superficie del lago<br />
<strong>di</strong> Diana, a conferma <strong>di</strong> quanto vi ho appena detto, ecco le<br />
cinture dei due principini, che stanno languendo per la<br />
mancanza della vostra presenza”. Farien riconobbe<br />
imme<strong>di</strong>atamente la cintura del protetto e sbottò a <strong>di</strong>re: ”Mia<br />
signora ci avete comunicato la notizia più bella che potessimo<br />
sperare, ora devo deliberare un’ultima cosa, poi nella prima<br />
mattinata <strong>di</strong> domani possiamo prendere la strada per il lago <strong>di</strong><br />
Diana”. Subito si fece chiamare Claudas, come quest’ultimo fu<br />
arrivato, Farien gli <strong>di</strong>sse: ”Claudas, abbiamo ora appurato che i<br />
due principini sono al sicuro, conosciuto da questa damigella<br />
che sta davanti a te; ora noi dobbiamo essere condotti da loro,<br />
quin<strong>di</strong> ti ri<strong>di</strong>amo momentaneamente il trono del Benoic e del<br />
Gonnes, come reggente per entrambi i regni, finquando i<br />
legittimi ere<strong>di</strong> saranno in grado <strong>di</strong> reggere un tal peso”, il<br />
mattino successivo la piccola comitiva era gia in viaggio prima<br />
dello spuntar dell’alba.<br />
Finalmente, a sera, giunsero ai margini della foresta <strong>di</strong><br />
Brocellan<strong>di</strong>a, ma nessuno si fermò finquando, quella notte<br />
stessa, l’intera comitiva s’immerse nelle nere acque del lago <strong>di</strong><br />
Diana; a quella vista i due precettori si guardarono negli occhi,<br />
meravigliati, ma non fecero in tempo a seguire nell’acqua la<br />
pulzella che si ritrovarono davanti al portone del castello, alla<br />
qual vista, Farien sbottò a <strong>di</strong>re: ”Questo è il più gran pro<strong>di</strong>gio a<br />
cui ho assistito in vita mia, pochi secon<strong>di</strong> fa sembrava che<br />
dovessi immergermi completamente nel bagnato ed invece mi<br />
trovo davanti al più bel castello che mi sia capitato <strong>di</strong> vedere”,<br />
in quell’istante uscirono fuori delle mura Lionello e Bohor che<br />
avevano visto arrivare i due precettori da molto lontano e gli<br />
74<br />
pronto, si rivolse al servitore del valvassore e gli <strong>di</strong>sse: ”Buon<br />
uomo, prepara nel modo più <strong>di</strong>gnitoso possibile un palafreno<br />
per la tua padroncina, in modo che possa accompagnarmi al<br />
torneo nelle modalità più appropriate al rango d’entrambi”<br />
Una volta che entrambi i giovani furono pronti, partirono<br />
senza indugiare oltre ed arrivarono molto presto al luogo della<br />
tenzone, mentre lungo la via, tutti quelli che li vedevano ne<br />
furono molto invi<strong>di</strong>osi, domandandosi oltremodo, le seguenti<br />
cose: ”Chi saranno mai quei due giovani che si stanno<br />
<strong>di</strong>rigendo verso la giostra dello sparviero? – non vedete che la<br />
damigella è la bella figliola del valvassore decaduto? – che cosa<br />
andranno a fare in quel posto dato che si sa gia chi sarà il<br />
vincitore della giostra?” ed altre mille domande simili, ma<br />
nessuno ottenne alcuna risposta. Arrivati che furono allo<br />
spiazzo della giostra, ai due giovani non restò altro da fare che<br />
aspettare l’arrivo del cavaliere fellone, per dare inizio alla<br />
prova; il perfido non si fece attendere molto, infatti <strong>di</strong> lì a poco<br />
arrivò in compagnia della sua compagna e dell’orribile<br />
nanerottolo. Trovandosi davanti ad uno sfidante, il cavaliere<br />
bifolco iniziò a <strong>di</strong>re: ”Messere che cosa venite a fare in questo<br />
loco, ora che la vittoria è praticamente mia? Per caso avete<br />
intenzione <strong>di</strong> sfidare la vostra buona stella e morire per mia<br />
mano in questo loco?”<br />
”Per quanto riguarda la prima domanda, sono qui per onorare<br />
questa giostra, oltre che a lavare un’onta che voi faceste alla<br />
mia regina per mano del vostro ignobile compagno, che è<br />
oltremodo troppo basso perché sia definito uomo. A rispondere<br />
alla seconda domanda che m’avete posto ci penseranno le armi,<br />
se la cosa non vi <strong>di</strong>spiace”<br />
”Messer incosciente, non cre<strong>di</strong>ate che mi <strong>di</strong>spiaccia incrociare<br />
la mia spada con qualcun altro, ma secondo me voi peccate <strong>di</strong><br />
presunzione se pensate <strong>di</strong> potermi battere in qualunque modo,<br />
ma ora bando alle ciance e preparatevi a morire se riuscite a<br />
resistere così tanto”, terminati che furono quegli accenti, le<br />
295
tentennò alquanto, ma rimase nel pieno dubbio soprattutto<br />
nell’affidargli l’adorata figlia, infine <strong>di</strong>sse: ”Messere mi state<br />
chiedendo una cosa veramente enorme, nel domandarmi<br />
d’affidarvi la mia carissima erede, tantopiù che vi ho visto per<br />
la prima volta proprio stasera, ma se volete che v’accontenti,<br />
almeno <strong>di</strong>temi chi siete e da donde venite, anche se da quel che<br />
vedo siete veramente un gran cavaliere”<br />
”Ebbene, messere, avete ragione a sostenere che sono un gran<br />
cavaliere, sappiate allora che vengo dalla corte <strong>di</strong> re Artù <strong>di</strong><br />
Camelot e faccio parte della tavola rotonda, infatti il mio nome<br />
è Erèc”. A quella rivelazione il cuore del buon valvassore<br />
cedette un attimo, per l’emozione, ma ripresosi che fu, <strong>di</strong>sse:<br />
”Messere siete proprio d’altissimo lignaggio, dato che<br />
appartenete ad una congregazione così importante e meritate<br />
d’avere la compagnia della mia adorata figliola, ma ora non<br />
conviene perdere più tempo in chiacchiere, dato che il sole è<br />
gia tramontato da lungo tempo, ed an<strong>di</strong>amo velocemente a<br />
dormire, visto che domani sarà una giornata veramente piena <strong>di</strong><br />
gran<strong>di</strong> emozioni”<br />
Il mattino dopo Erèc ed il valvassore s’alzarono all’alba,<br />
recandosi entrambi in chiesa per pregare e, vedendo un eremita<br />
che passava nei pressi dell’altare maggiore, Erèc lo chiamò,<br />
<strong>di</strong>cendogli: ”Buon uomo, vorremmo che cantasse messa per le<br />
anime mia e del mio compagno che è qui con me, se potete<br />
farlo”, detto questo il cavaliere fece cadere un sostanzioso<br />
obolo nella cassetta delle elemosine, così il sant’ufficio fu<br />
cantato in modo solenne. Finita che fu la cerimonia, Erèc ed il<br />
valvassore tornarono a casa, facendo si che il cavaliere si<br />
potesse preparare per il torneo e sopisse in quel modo la smania<br />
che aveva indosso. Nelle stanze interne della misera casetta del<br />
valvassore, Erèc trovò la bella figlia del signorotto che lo aiutò<br />
ad indossare tutte le armi necessarie, quin<strong>di</strong>, come il cavaliere<br />
montò in sella, s’offrì a passargli scudo e lancia per<br />
permettergli <strong>di</strong> partire al più presto; una volta che Erèc fu<br />
294<br />
saltarono addosso dalla gran gioia a cui seguirono alcune<br />
poesie composte dai due ragazzi durante l’attesa; una in<br />
particolare faceva:<br />
Somma gloria ai due congiunti,<br />
Difensori dei splen<strong>di</strong><strong>di</strong> ere<strong>di</strong> <strong>di</strong> Gonnes;<br />
Somma gloria a Farien, che educò Lionello,<br />
Somma gloria a Lambeque che educò Bohor.<br />
Mentre tutti quei festeggiamenti erano in corso, Lancillotto<br />
tornò alla magione dopo aver trascorso tutta la giornata nella<br />
foresta ed andò a rendere omaggio a Viviana, Seraide ed<br />
all’intiera corte ivi riunita. Imme<strong>di</strong>atamente Viviana si rivolse<br />
ad una guar<strong>di</strong>a, <strong>di</strong>cendo: ”Fate rientrare i due principi con i loro<br />
precettori e date or<strong>di</strong>ne alle cucine <strong>di</strong> preparare un banchetto<br />
regale, degno dei nuovi venuti”. Finito che ebbe <strong>di</strong> dare queste<br />
istruzioni, Viviana s’accorse che i quattro erano effettivamente<br />
gia rientrati assieme al suo pre<strong>di</strong>letto, quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>sse: ”Mio <strong>di</strong>letto<br />
Lancillotto, questi due valenti cavalieri sono i precettori privati<br />
dei due ragazzini giunti <strong>di</strong> recente e per cui si stavano<br />
consumando <strong>di</strong> tristezza, ve<strong>di</strong> <strong>di</strong> alloggiarli come si conviene a<br />
due messeri della loro levatura”, finito il banchetto serale,<br />
ognuno si ritirò nelle proprie stanze, in modo da potersi<br />
riposare convenientemente.<br />
L’indomani mattina uscirono tutti per una partita <strong>di</strong> caccia,<br />
durante la quale Farien si avvicinò a Viviana, <strong>di</strong>cendogli: ”Mia<br />
dolce signora, voglio che lei abbia la conferma dell’identità dei<br />
miei protetti, infatti sono entrambi i figli del defunto re Bohor<br />
<strong>di</strong> Gonnes e ne sono i legittimi ere<strong>di</strong>”, la cosa fece scoppiare in<br />
lagrime Lionello che ascoltava nelle imme<strong>di</strong>ate vicinanze.<br />
Vedendo la scena un po’ più <strong>di</strong>scosto, Lancillotto s’avvicinò e,<br />
rivolgendosi a Viviana, chiese: ”Mia signora, perché il<br />
piccoletto frigna in quel modo?”<br />
”Perché il poverino ha sentito il suo precettore che mi<br />
ricordava <strong>di</strong> chi fossero figli questi due meschini, sappi che<br />
siamo <strong>di</strong> fronte ai due ere<strong>di</strong> del regno <strong>di</strong> Gonnes, e per questo<br />
75
che il giovane Lionello sta piangendo il quel modo”. Saputa la<br />
novità, Lancillotto s’avvicinò a Lionello <strong>di</strong>cendogli: ”Non<br />
temere, cugino, che conquisterete parecchie terre, se mostrerete<br />
il valore che penso voi abbiate”, ma quelle parole così<br />
spontanee meravigliarono quanti le avevano u<strong>di</strong>te. Intanto che<br />
la comitiva ritornava dalla caccia, Viviana si avvicinò a sua<br />
volta a Farien e Lambeque, <strong>di</strong>cendogli: ”Intanto che sarete miei<br />
ospiti vi prego <strong>di</strong> non cercare <strong>di</strong> aver informazioni sul mio<br />
conto, per nessun motivo”. Poi la bella dama s’avvicinò a<br />
Lancillotto chiedendogli: ”Come mai stamattina, rivolgendoti a<br />
Lionello, lo hai chiamato col nome <strong>di</strong> cugino, se vi conoscete<br />
appena?”<br />
”Mia signora, quell’appellativo mi scaturì dal petto come se ci<br />
conoscessimo da una vita, ma non so <strong>di</strong>re razionalmente il<br />
perché <strong>di</strong> quel che <strong>di</strong>ssi stamattina al giovane Lionello”, in quel<br />
momento varcarono tutti quanti i cancelli del castello <strong>di</strong><br />
Viviana. Rimasta che fu sola, quella sera, Viviana iniziò a<br />
rimpiangere la futura partenza dei tre giovinetti, una volta che<br />
avrebbero raggiunto l’età per <strong>di</strong>ventare cavalieri.<br />
Passarono gli anni e venne il momento in cui Lionello lasciò<br />
Viviana, perché doveva essere investito cavaliere, infatti, prima<br />
<strong>di</strong> partire, prese a <strong>di</strong>re: ”Bisogna che trovi un gran re che mi <strong>di</strong>a<br />
una vera investitura in modo tale che possa <strong>di</strong>ventare un valente<br />
cavaliere come mi è stato insegnato”. Subito Viviana ebbe una<br />
grande idea, infatti <strong>di</strong>sse: ”Mio caro Lionello, perché non ti<br />
rivolgi <strong>di</strong>rettamente al più grande dei re della Bretagna, Artù?”,<br />
Lionello accettò imme<strong>di</strong>atamente l’idea e partì all’istante per la<br />
corte <strong>di</strong> Camelot. Durante gli anni successivi, Lancillotto<br />
continuò a fare la sua vita <strong>di</strong>ssoluta ed andando a caccia tutti i<br />
giorni; un giorno, poco prima <strong>di</strong> pentecoste, Lancillotto uccise<br />
un cervo particolarmente grosso e lo inviò imme<strong>di</strong>atamente a<br />
Viviana, portato a spalla da due valletti della sua scorta,<br />
raggiungendo la corte verso sera; giunto che fu al maniero il<br />
giovane andò imme<strong>di</strong>atamente da Viviana e la trovò intenta a<br />
76<br />
mai la vostra splen<strong>di</strong>da figliola, e con lei tutti voi, versa in<br />
con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> così grave in<strong>di</strong>genza?”. A quella domanda, il<br />
buon valvassore fu molto lieto d’avere qualcuno a cui<br />
raccontare le proprie <strong>di</strong>sgrazie, infatti prese a <strong>di</strong>re: ”Dovete<br />
sapere, messere, che provengo da una nobile e ricchissima<br />
famiglia, ma la mia stella mi fu sempre abbietta, tanto è vero<br />
che me ne stetti lontano da casa a causa delle continue guerre in<br />
cui era coinvolto il mio signore; il <strong>di</strong>sinteressarmi dei miei<br />
affari mi ridusse in questo stato, anche se tutti gli altri miei<br />
parenti nuotano nell’oro a tal punto da non saperne cosa fare<br />
ma a me non danno neanche il becco <strong>di</strong> un soldo, così la mia<br />
unica speranza <strong>di</strong> riprendermi nelle finanze è quella <strong>di</strong> far<br />
prendere un ottimo partito alla mia adorata figliola”<br />
Erèc si <strong>di</strong>spiacque moltissimo <strong>di</strong> quella situazione, ma al<br />
momento preferì chiedere: ”Messere mi può <strong>di</strong>re come mai c’è<br />
tanta confusione stamani, in città? Inoltre che è quel cavaliere<br />
tutto ornato d’azzurro ed oro che è giunto nel pomeriggio, poco<br />
prima <strong>di</strong> me?”<br />
”Dovete sapere, messere, che ogni anno, in questa città è<br />
organizzata una grande <strong>di</strong>sfida, il cui gran premio è un<br />
bellissimo sparviero che sarà aggiu<strong>di</strong>cato al terzo anno<br />
consecutivo <strong>di</strong> vittoria, ma chi vuole accingersi nello scontro,<br />
deve essere accompagnato da una dama bella, <strong>di</strong>stinta e fine.<br />
Per quanto riguarda il cavaliere che vi ha preceduto <strong>di</strong> pochi<br />
passi, è il vincitore delle ultime due giostre, in quanto unico ad<br />
avere i requisiti dettati da quello strano torneo e, se oggi<br />
vincesse, si porterebbe definitivamente a casa l’uccello”. Erèc<br />
si rabbuiò per quell’ingiusto torneo, poi, avendoci alquanto<br />
riflettuto, si rivolse al valvassore <strong>di</strong>cendo: ”Messere, forse io<br />
sarò in grado <strong>di</strong> battere quel fellone, ma vi devo chiedere due<br />
prestiti: il primo favore che vi chiedo è un’armatura completa,<br />
perché inseguii quel perfido senza alcun’arma, e la seconda<br />
richiesta vuole che la vostra splen<strong>di</strong>da figlia m’accompagni<br />
come mia dama a quel torneo stesso”. Il buon valvassore<br />
293
quella storia, uno dei cavalieri più giovani corse ad avvertire<br />
dell’accaduto re Artù che, informato <strong>di</strong> tutti i particolari,<br />
interruppe la riunione, e <strong>di</strong>sse: ”Miei incliti signori, questa<br />
grossa novità fa scivolare in secondo piano la faccenda <strong>di</strong> chi<br />
dovrò baciare, in quanto campione della caccia, perché il buon<br />
Erèc potrebbe trovarsi in gravissimo pericolo, quin<strong>di</strong> propongo<br />
<strong>di</strong> lasciar passare i prossimi tre giorni, in modo tale da poter<br />
avere maggiori notizie su questa nuova avventura così<br />
inaspettata” al che furono tutti d’accordo ed il banchetto riprese<br />
con molta più mestizia perché nessuno sapeva cosa potesse<br />
avvenire al loro caro compagno assente.<br />
Capitolo 53.<br />
Intanto che a Cara<strong>di</strong>gan succedevano quelle cose, Erèc era<br />
sempre alle calcagna del cavaliere e del nano malevoli,<br />
arrivando, infine, ad un castello ben posizionato e meglio<br />
costruito, ove i malvagi furono festeggiati lungamente, mentre<br />
Erèc passò completamente inosservato. Vedendo che ormai<br />
stava scendendo la notte, Erèc iniziò a cercare alloggio, per<br />
arrivare al mattino successivo e capire meglio cosa stesse<br />
succedendo, finalmente trovò ospitalità presso un vecchio e<br />
povero valvassore, che gli <strong>di</strong>sse: ”Messere, siete il benvenuto<br />
presso la mia umile casa, ma non abbiate molte esigenze, dato<br />
che non potrò offrirvi molto, rispetto a quanto presumo siate<br />
abituato alla vostra corte. Ora se permettete farò portare il<br />
vostro cavallo nello stallo dalla mia adorata figliola”, a quelle<br />
parole Erèc smontò <strong>di</strong> sella, consegnando le re<strong>di</strong>ni alla bella<br />
fanciulla che era ivi presente. Sistemato che fu il cavallo, il<br />
valvassore si rivolse alla moglie, <strong>di</strong>cendogli: ”Mia cara sposa,<br />
volete aver la compiacenza <strong>di</strong> vedere cosa c’è in <strong>di</strong>spensa che<br />
possa sfamare il nostro ospite <strong>di</strong> stasera?”, così la buona donna<br />
si <strong>di</strong>ede da fare e riuscì a mettere in tavola in vero e proprio<br />
banchetto, aiutata dal solo servitore che quei poveracci<br />
riuscivano ancora a mantenere alle loro <strong>di</strong>pendenze. Finito il<br />
pasto, Erèc si rivolse al valvassore e gli chiese: ”Messere come<br />
292<br />
piangere, anziché baciarlo come al solito, e scappò nelle proprie<br />
stanze. Allora Lancillotto la seguì per sapere cosa succedeva,<br />
arrivati che furono alle stanze <strong>di</strong> Viviana, Lancillotto le chiese:<br />
”Mia adorata signora, come mai usate un tale comportamento<br />
con me? Venite tra le mie braccia che vi bacio sulla bocca,<br />
sicché vi possa consolare”.<br />
”Mio adorato Lancillotto, devi andartene dalla mia presenza,<br />
perché altrimenti ne morirei <strong>di</strong> dolore, tenendo conto che entro<br />
pochissimo tempo dovrai seguire l’esempio <strong>di</strong> Lionello e farti<br />
investire cavaliere, ma prevedo che farai una brutta fine”, allora<br />
Lancillotto, molto triste nel cuore, se n’andò nella propria<br />
stanza per prepararsi al viaggio per trovare un re che lo facesse<br />
cavaliere. Una volta che Lancillotto fu pronto, Viviana lo fermò<br />
e <strong>di</strong>sse: ”Hai gia qualche idea presso quale corte andare per<br />
farti investire cavaliere?”<br />
”La mia idea è quella <strong>di</strong> seguire le orme <strong>di</strong> mio cugino<br />
Lionello e rivolgermi alla corte <strong>di</strong> re Artù, sperando che mi<br />
prenda al suo servizio”<br />
”Allora ti prego <strong>di</strong> fermarti ancora qualche tempo presso <strong>di</strong><br />
me, in modo che ti possa approntare un’armatura degna <strong>di</strong><br />
quella persona che tu sei”. Fu così che Lancillotto restò al lago<br />
<strong>di</strong> Diana fino sotto le feste <strong>di</strong> San Giovanni, quando una<br />
splen<strong>di</strong>da armatura bianca ed argento gli fu consegnata come<br />
viatico della buona dama del lago, alla quale Lancillotto ed i<br />
suoi cugini furono sempre grati.<br />
Parte Parte quarta: quarta: alla alla alla corte corte <strong>di</strong> <strong>di</strong> re re Artù.<br />
Artù.<br />
Capitolo 11<br />
Ad un certo punto della sua vita, re Artù non riuscì più a<br />
tenere corte, nemmeno nelle feste comandate e, poco alla volta<br />
molti cavalieri e re l’abbandonarono, a tal punto che ad un<br />
tratto non vi rimasero altro che venticinque persone, vedendo<br />
questa vergognosa situazione, re Artù prese a <strong>di</strong>re: ”Ormai non<br />
posso neanche definire questo luogo una corte, tanta poca gente<br />
la frequenta, mi sto domandando come mai è potuto accadere<br />
77
tutto ciò!”. La regina Ginevra restò me<strong>di</strong>tabonda per alcuni<br />
momenti e poi, come presa da una <strong>di</strong>vina illuminazione, iniziò<br />
a <strong>di</strong>re: ”Ho idea che c’entri qualcosa che hai fatto senza volere,<br />
forse hai offeso senza saperlo Nostro Signore o qualcuno dei<br />
Suoi Santi, solo il tempo lo potrà <strong>di</strong>re”.<br />
Durante la festa dell’Ascensione, i due re sedevano mogi e<br />
solitari sui loro troni, quando Ginevra si rivolse al marito<br />
<strong>di</strong>cendogli: ”Amato marito, se mi permetti un consiglio,<br />
dovresti avventurarti nella Foresta Bianca e cercare la cappella<br />
<strong>di</strong> Sant’Agostino in cui potrai ritrovare l’antica generosità e,<br />
così, anche la festosità della nostra corte; ma ti supplico <strong>di</strong> una<br />
cosa, il viaggio è notoriamente pericoloso, quin<strong>di</strong> ti prego <strong>di</strong><br />
prenderti uno scu<strong>di</strong>ero come compagno d’avventura. So cosa<br />
mi vuoi <strong>di</strong>re: è vero che nei pressi della cappella stessa vive un<br />
eremita santo e pio, ma ciò non toglie che l’intiera zona sia<br />
molto pericolosa, quin<strong>di</strong> ti scongiuro sull’accompagnamento<br />
che ti ho suggerito”.<br />
”Mi hai dato un buon consiglio, cara Ginevra, a<br />
quest’avventura verso la cappella <strong>di</strong> Sant’Agostino ci stavo gia<br />
pensando da molto tempo e come compagno <strong>di</strong> viaggio scelgo<br />
quel buon scu<strong>di</strong>ero nomato Cahus che anche t u conosci molto<br />
bene!”. Sentendo questo ragionamento, Ginevra ne fu<br />
veramente contenta, soprattutto per la scelta del compagno <strong>di</strong><br />
viaggio, così fu fatto chiamare lo scu<strong>di</strong>ero, al quale Artù <strong>di</strong>sse:<br />
”Mio fido scu<strong>di</strong>ero, domani dovremo affrontare assieme un<br />
rischiosissimo viaggio, per il quale dovremmo portarci ad<strong>di</strong>etro<br />
alcuni indumenti per la notte, qualche scorta <strong>di</strong> cibo per i pasti,<br />
e soprattutto le armi per entrambi ed essere in grado, in caso <strong>di</strong><br />
necessità d’affrontare qualsiasi nemico”, infine andarono tutti a<br />
letto a riposarsi.<br />
Durante la notte, Cahus ebbe un sogno in questi termini: si<br />
trovava in una cappella ove era <strong>di</strong>steso un morto su <strong>di</strong> un<br />
catafalco d’oro zecchino ai cui quattro angoli vi erano<br />
altrettanti candelabri ancor più preziosi, perché oltre all’oro vi<br />
78<br />
all’inseguimento <strong>di</strong> quel demente e vi prometto d’ottenere<br />
sod<strong>di</strong>sfazione dell’affronto appena subito, sperando che durante<br />
quest’impresa riesca a trovare delle armi adatte alla mia<br />
persona, se mi concedete d’allontanarmi, vi raccomando alla<br />
grazia <strong>di</strong> Dio nostro Signore”. Ginevra, che aveva visto tutto,<br />
<strong>di</strong>sse: ”Buon Erèc, ben mi hai chiesto d’ottenere sod<strong>di</strong>sfazione<br />
per quest’affronto che avete avuto sia te, sia la mia amata<br />
damigella, quin<strong>di</strong> ti concedo l’autorizzazione ad inseguire quei<br />
felloni ed ottenere giustizia per tutti quanti nella grazia <strong>di</strong> Dio”.<br />
Finalmente Erèc si lanciò all’inseguimento, mentre<br />
contemporaneamente Artù tornò dalla battuta <strong>di</strong> caccia come<br />
vincitore. Subito dopo che furono tutti nuovamente radunati,<br />
Artù e la corte <strong>di</strong> Camelot rientrarono molto allegramente a<br />
Cara<strong>di</strong>gan per preparare il banchetto serale, dato che la<br />
selvaggina cacciata era veramente abbondante. Quella sera,<br />
durante il banchetto, l’allegria era veramente alle stelle, finché<br />
non giunse il momento per Artù <strong>di</strong> mantenere la promessa <strong>di</strong><br />
baciare la più bella della corte, infatti ne nacque una gran<br />
<strong>di</strong>sputa per stabilire chi fosse la più bella, come aveva predetto<br />
Galvano. Vedendo tutti quei litigi per colpa sua, Artù s’alzò e,<br />
presa la parola, <strong>di</strong>sse: ”Se la consuetu<strong>di</strong>ne ci ha fatto arrivare a<br />
queste scene d’isteria collettiva, non resta altro da fare che<br />
ritirarmi con tutti i baroni più fidati quivi presenti e decidere<br />
chi sarà la fortunata che dovrà essere baciata da me, senza che<br />
nessun altro cortigiano possa intervenire su questa decisione”.<br />
In quel modo quelle te<strong>di</strong>ose <strong>di</strong>scussioni terminarono a tavola,<br />
mentre Artù ed i baroni <strong>di</strong> più alto grado si ritirarono per<br />
deliberare sulla questione, ma anche in quel caso non si riuscì a<br />
trovare una soluzione in tempi brevi, come aveva sperato il<br />
buon re. Nel frattempo i cavalieri rimasti a tavola s’accorsero<br />
dell’assenza del buon Erèc e si voltarono, senza <strong>di</strong>r nulla, verso<br />
la regina Ginevra che in quel momento stava placidamente<br />
bevendo. Vedendosi così osservata, Ginevra intuì la domanda<br />
non espressa e decise <strong>di</strong> raccontare tutto l’accaduto. Udendo<br />
291
da una damigella parimenti d’ottimo aspetto, ma anche da un<br />
laido nano armato <strong>di</strong> staffile. Vedendo quel trio, Ginevra si<br />
rivolse alla sua damigella e gli <strong>di</strong>sse: ”Mia cara, apprestati a<br />
quello splen<strong>di</strong>do cavaliere ed informati sulla loro identità e<br />
delle intenzioni che hanno da queste parti” imme<strong>di</strong>atamente la<br />
pulzella partì per accontentare la richiesta della propria regina.<br />
A metà strada, la damigella fu bloccata dal malefico nano che<br />
gli <strong>di</strong>sse: ”Damigella non avvicinatevi oltre al mio padrone,<br />
anche se avete buone ragioni, perché altrimenti n’andrebbe<br />
della vostra vita e quella dei vostri amici che sono laggiù”. La<br />
damigella stava per rispondere ma, aperta che ebbe la bocca, il<br />
laido nanerottolo fece partire il proprio staffile che ferì la mano<br />
della poverina, la quale tornò in<strong>di</strong>etro piangendo<br />
<strong>di</strong>speratamente dal dolore e per l’umiliazione appena subita.<br />
Subito la regina si rivolse ad Erèc, <strong>di</strong>cendogli: ”Messere,<br />
quanto abbiamo entrambi visto si può considerare un affronto<br />
al nostro amatissimo re, quin<strong>di</strong> vi chiedo d’andare dal cavaliere<br />
a render conto del comportamento avuto da un compagno così<br />
bifolco”<br />
Erèc partì all’istante per supplire all’or<strong>di</strong>ne della propria<br />
regina, ma anche lui fu bloccato dal malefico nano insolente,<br />
irritante e molesto, il quale prese a <strong>di</strong>re: ”Messere, il mio<br />
signore non può essere <strong>di</strong>sturbato da alcuno, anche se si<br />
trattasse dell’imperatore <strong>di</strong> Roma, quin<strong>di</strong> vi devo chiedere<br />
d’allontanarvi dalla sua persona”. Erèc fu veramente infasti<strong>di</strong>to<br />
da quell’intromissione e scansò, senza alcun riguardo, il<br />
nanerottolo che sentendosi offeso nell’orgoglio raggiunse Erèc<br />
e lo colpì al collo ed alla faccia col proprio staffile; Erèc<br />
d’istinto si rivoltò verso il nano, ma con la coda dell’occhio,<br />
notò che il misterioso cavaliere dava tracce <strong>di</strong> follia, perché<br />
aveva messo mano alla spada, contro una persona <strong>di</strong>sarmata, se<br />
solamente Erèc avesse fatto qualunque cosa allo sgorbietto.<br />
Mettendosi così le cose, Erèc si ritirò in buon or<strong>di</strong>ne presso la<br />
propria signora e gli <strong>di</strong>sse: ”Mia regina permettetemi d’andare<br />
290<br />
erano incastonate <strong>di</strong>verse pietre pregiatissime e ne prese<br />
imme<strong>di</strong>atamente uno portandoselo con se. Una volta che fu<br />
uscito dal luogo sacro, Cahus si scontrò con un misterioso<br />
cavaliere che lo fermò <strong>di</strong>cendogli: ”Scu<strong>di</strong>ero, sei un sacrilego,<br />
avendo prelevato senza autorizzazione un preziosissimo<br />
candelabro d’oro puro”. Al che Cahus ribatté: ”Il candelabro il<br />
presi come risarcimento a questo viaggio non preventivato,<br />
oltre al fatto che la dentro non vi era nessuno a cui chiedere<br />
l’autorizzazione per potermelo prendere su”.<br />
A questa risposta il misterioso cavaliere caricò<br />
imme<strong>di</strong>atamente e ferì in modo orribile il povero scu<strong>di</strong>ero<br />
all’inguine; quello iniziò a gridare come un forsennato. In<br />
quell’istante le grida del poveraccio si sentirono in tutta<br />
Camelot, svegliando l’intera corte con queste parole:<br />
”Soccorrete un ferito chiamando un me<strong>di</strong>co per curarlo da una<br />
grave ferita”, in quel mentre si guardò la parte che gli doleva in<br />
modo sì orrendo e si ritrovò veramente un pugnale avvelenato<br />
conficcato nella gamba, inoltre si trovò in possesso del<br />
candelabro che aveva prelevato in sogno.<br />
Il tempo <strong>di</strong> rendersi presentabile nella propria <strong>di</strong>gnità davanti<br />
alla corte ed anche Artù si presentò al cospetto del fido<br />
scu<strong>di</strong>ero, chiedendogli: ”Fidato Cahus, che hai da gridare in<br />
quel modo così straziante ed orribile nel mezzo della notte?”,<br />
allora lo scu<strong>di</strong>ero iniziò a raccontare agli astanti tutto quello<br />
che aveva sognato, mostrando come prova il pugnale ed il<br />
candelabro. Alla fine terminò <strong>di</strong>cendo: ”Sento che è giunta la<br />
mia ultima ora, prima <strong>di</strong> andarmene definitivamente, facendomi<br />
estrarre la lama maledetta, chiedo umilmente la presenza <strong>di</strong> un<br />
prelato per la confessione e l’estrema unzione”, arrivato che fu<br />
il cappellano <strong>di</strong> corte che gli approntò quanto richiesto, Cahus<br />
autorizzò il cerusico <strong>di</strong> corte ad estrargli la lama dalla coscia;<br />
come questa fu estratta Cahus lanciò un tremendo grido e morì<br />
sul colpo.<br />
79
Giunto che fu il mattino, Artù decise <strong>di</strong> mettersi comunque in<br />
viaggio da solo ed armato <strong>di</strong> tutto punto, galoppando in<br />
un’orribile foresta irta <strong>di</strong> pericoli, finché verso sera arrivò nei<br />
pressi <strong>di</strong> una cappella con annesso eremo; entrato che fu, Artù<br />
iniziò a <strong>di</strong>sarmarsi fino a mettersi a proprio agio in morbide<br />
vesti. Quando fu pronto ad esplorare il luogo, notò che vi erano<br />
sia dell’orzo sia dell’avena, facendo sì <strong>di</strong> impastoiare<br />
imme<strong>di</strong>atamente il proprio destriero, chiudendo subitamente la<br />
porta d’ingresso. Subito Artù sentì delle voci impegnate in una<br />
vivacissima <strong>di</strong>scussione proveniente dalla chiesa annessa,<br />
<strong>di</strong>rigendovisi imme<strong>di</strong>atamente per vedere se vi fosse qualcuno<br />
a cui chiedere ufficialmente ospitalità. Entrato che fu nel<br />
tempio, Artù lo trovò totalmente deserto, tranne che per un<br />
venerabile uomo agonizzante, <strong>di</strong>steso in una bara scoperchiata;<br />
a tale vista Artù pensò: ”Non è giusto che questo verecondo<br />
vecchio muoia nella più totale solitu<strong>di</strong>ne, resterò io a vegliarlo<br />
finché non sarà giunta la sua ora definitiva”. In quello stesso<br />
istante si fece u<strong>di</strong>re una misteriosa voce che or<strong>di</strong>nò: ”Re Artù<br />
<strong>di</strong> Camelot, devi andartene da questo sacro luogo, perché sei<br />
indegno <strong>di</strong> assistere all’alto processo che ivi si sta celebrando”,<br />
a questo or<strong>di</strong>ne così perentorio, il buon re ritornò nell’eremo<br />
senza profferire parola, anzi meravigliato <strong>di</strong> essere scacciato in<br />
quel modo, sentendosi chiamare per <strong>di</strong> più per nome, e stabilire<br />
da dove veniva. Una volta rientrato nell’eremo, Artù s’andò ad<br />
assidere sullo scranno che appartenne al sant’eremita e, in<br />
quello stesso momento, capì che le due parti in lotta erano i<br />
rappresentanti del Maligno e <strong>di</strong> Nostro Signore che si<br />
contendevano l’anima dell’agonizzante. Pochi minuti dopo<br />
essersi accomodato, Artù sentì un orribile grido <strong>di</strong> <strong>di</strong>sperazione<br />
venire dal santuario ed andò nuovamente a sbirciare,<br />
incuriosito: si sentiva un pacifico profumo <strong>di</strong> rose e campanule,<br />
segno evidente che i malefici emissari erano stati battuti, anche<br />
per l’intervento della Divina Madre che aveva scacciato i<br />
80<br />
che non potrò mettere a posto neanche io, nonostante il mio<br />
potere, e che ti porterà ad una morte apparente”.<br />
Parte Parte Parte quin<strong>di</strong>cesima: quin<strong>di</strong>cesima: alla alla corte corte corte <strong>di</strong> <strong>di</strong> <strong>di</strong> re re Artù. Artù. Iniziano Iniziano le le le avventure<br />
avventure<br />
d’Erèc d’Erèc ed ed ed Enide<br />
Enide<br />
Capitolo 52<br />
Dopo i lieti eventi sotto il castello delle meraviglie, Artù fissò<br />
la propria corte a Cara<strong>di</strong>gan, ove aveva intenzione <strong>di</strong><br />
festeggiarvi la solennità della Pasqua, arrivata a destinazione<br />
l’intiera corte, Artù richiamò l’attenzione <strong>di</strong> tutti quanti, poi<br />
<strong>di</strong>sse: ”Miei signori e cavalieri, subito dopo il gran banchetto <strong>di</strong><br />
Pasqua penso che sia venuto il momento d’iniziare la festosa<br />
caccia al cervo bianco, a questo proposito suggerisco a tutti<br />
quanti d’andarvi a preparare per il lieto evento. Alla fine della<br />
caccia, il vincitore dovrà baciare la più bella della mia corte”.<br />
Udendo quelle parole, Galvano s’alzò e prese a <strong>di</strong>re: ”Mio sire<br />
e zio, vista la sacra giornata non mi sembra la cosa più logica<br />
da fare, l’andare a caccia, visto che dobbiamo religiosamente<br />
rispettare il Suo sacrificio non portando armi <strong>di</strong> nessun tipo,<br />
inoltre immaginate che confusione salterebbe fuori nello<br />
stabilire chi sia la più bella tra le dame <strong>di</strong> questa corte, dato che<br />
sono tutte alquanto splen<strong>di</strong>de”. Artù annuì gravemente, ma<br />
<strong>di</strong>sse: ”Caro nipote, il tuo appunto alla mia idea è giusto, vista<br />
la giornata, ma ormai la gran caccia è stata proclamata davanti<br />
a tutti, quin<strong>di</strong> puoi ben capire che a questo punto non posso<br />
rimangiarmi la parola, quin<strong>di</strong> riba<strong>di</strong>sco che dobbiamo andarci<br />
tutti a preparare per l’evento”<br />
Finalmente la caccia partì senza altri problemi e trovarono ben<br />
presto la cacciagione che desideravano; durante l’inseguimento,<br />
la regina Ginevra restò in<strong>di</strong>etro in compagnia d’una damigella<br />
d’alto rango e d’un giovine cavaliere fidato e valoroso, nomato<br />
Erèc, che tra l’altro era uno dei migliori pala<strong>di</strong>ni della Tavola<br />
Rotonda. Mentre i tre stavano attraversando una radura<br />
veramente splen<strong>di</strong>da, incontrarono un bellissimo cavaliere che<br />
portava corazza, scudo e lancia, oltremodo era accompagnato<br />
289
per altro ritengo inutile, quin<strong>di</strong> vi chiedo <strong>di</strong> riporre<br />
imme<strong>di</strong>atamente e per sempre le armi tra voi e stringere una<br />
forte alleanza d’amicizia e <strong>di</strong> mutuo soccorso tra i due regni qui<br />
valorosamente rappresentati”. Sentendo quei <strong>di</strong>sperati accenti, i<br />
due contendenti non poterono far altro che smettere <strong>di</strong><br />
combattere e stringersi le mani in segno <strong>di</strong> perenne amicizia.<br />
Subito dopo re Artù or<strong>di</strong>nò ai propri valletti <strong>di</strong> preparare il più<br />
sontuoso banchetto che si poteva fare per festeggiare<br />
l’avvenimento.<br />
Mentre la corte si stava preparando per ripartire, Artù chiamò<br />
un valletto e gli <strong>di</strong>sse: "Vai a chiamare mia sorella Morgana e,<br />
visto il ricongiungimento con nostra madre e nostra sorella, ho<br />
deciso <strong>di</strong> fare pace con lei, ma non <strong>di</strong>rle queste cose”.<br />
Il valletto non fece in tempo a partire che imme<strong>di</strong>atamente<br />
Morgana comparve all’improvviso e <strong>di</strong>sse: "Ho sentito quanto<br />
hai detto su <strong>di</strong> me e accetto il tuo perdono; anzi per ringraziarti<br />
ti dono quest’unguento miracoloso che ho fatto con le mie mani<br />
e che può guarire ogni ferita che ti si presenta davanti, fratello<br />
adorato”.<br />
"Ti ringrazio per questo prezioso dono cara sorella, ma ora<br />
conviene che ci mettiamo in marcia”.<br />
Durante il viaggio Morgana s’avvicinò a Mordred e gli <strong>di</strong>sse:<br />
"Caro ed amato figlio, ben presto tuo zio e padre si dovrà<br />
assentare per un lungo periodo, quello sarà il momento giusto<br />
per irretire Ginevra tua zia e prendere il potere assieme a lei”<br />
Contemporaneamente merlino, accorgendosi del losco<br />
<strong>di</strong>alogo, s’avvicinò ad Artù e <strong>di</strong>sse: "Quei due stanno tramando<br />
contro <strong>di</strong> te e pensano <strong>di</strong> coinvolgere tua anche tua moglie nei<br />
loro piani, stai attento Artù!”<br />
"Non preoccuparti, quando sarà il momento mi occuperò <strong>di</strong><br />
loro”.<br />
"E la cosa significherà la morte tua e <strong>di</strong> Mordred, tuo nipote e<br />
figlio, ma Morgana sarà tra coloro che verranno a prenderti al<br />
momento opportuno per portarti al sicuro e risanarti dalle ferite<br />
288<br />
demoni con la sua sola presenza, quin<strong>di</strong> Artù s’addormentò con<br />
una pace interiore mai sentita prima.<br />
Il mattino successivo, Artù si <strong>di</strong>resse in chiesa per le preghiere<br />
del mattutino, aspettandosi <strong>di</strong> vedere ancora la bara<br />
scoperchiata, ma con suo enorme stupore, la trovò<br />
completamente deserta, infatti al posto del sarcofago vi era<br />
murata una lapide decorata con una croce vermiglia e tutta<br />
profumata d’incensi estremamente intensi; finite che ebbe le<br />
proprie orazioni, Artù si rimise in viaggio, arrivando a<br />
destinazione sul fare del mezzogiorno stesso. Nelle imme<strong>di</strong>ate<br />
vicinanze dell’eremo, però, Artù incontrò una damigella che gli<br />
<strong>di</strong>sse: ”Mio signore, siete arrivato in uno splen<strong>di</strong>do posto,<br />
invero, ma attenzione che quell’area sacra è tutta circondata da<br />
pericoli che neanche io so immaginare; non abbiate timore per<br />
me, perché in ogni caso io vi aspetterò in questo stesso posto<br />
finché voi torniate sano e salvo”. Artù s’inchinò galantemente<br />
alla presenza della giovane e rispose: ”Vi ringrazio<br />
madamigella, per le vostre premure e ve ne sarò grato in<br />
sempiterno, ma ora perdonatemi se vi lascio qua sola, dovete<br />
capire che il dovere mi chiama in quel sacro posto se voglio<br />
ritrovare il mio onore perduto”, fu così che a metà della<br />
giornata, Artù entrò nella proprietà dell’eremo <strong>di</strong><br />
Sant’Agostino, smontando imme<strong>di</strong>atamente da cavallo come fu<br />
dentro il perimetro stesso.<br />
Capitolo 12<br />
Giunto che fu davanti alla chiesa dell’eremo, Artù si accorse<br />
che stava per essere celebrata la messa, cosicché scese<br />
lestamente <strong>di</strong> sella e legò imme<strong>di</strong>atamente il cavallo ad una<br />
staccionata lì vicino. Finiti questi preparativi, Artù tentò <strong>di</strong><br />
entrare in chiesa ma, nonostante che c’era il portale aperto,<br />
l’ingresso gli fu negato, ma la cosa più sorprendente era che la<br />
soglia risultava completamente deserta, cosicché Artù fu<br />
costretto ad assistere alla celebrazione dall’esterno,<br />
81
inginocchiandosi sulla soglia del tempio. Ad un certo punto<br />
della celebrazione, Artù assistette ad uno strano miracolo,<br />
infatti alla destra del celebrante vide un bambino incoronato e,<br />
alla sinistra, una donna veramente bella; come quella bellezza<br />
si fu seduta ed ebbe preso in spalla l’infante, prese a<br />
<strong>di</strong>rgli:”Padre, Figlio e Sposo” nello stesso momento, destando<br />
enorme meraviglia nel sovrano. Una volta che la donna tacque<br />
un raggio <strong>di</strong> sole filtrò attraverso la finestra, colpendo l’altare<br />
maggiore; come l’eremita ebbe finito le sacre letture, la dama<br />
offrì il bambino al celebrante, che lo depose sull’altare ed iniziò<br />
a consacrarlo come se fosse stato il Pane ed il Vino, al che Artù<br />
si prostrò a terra e prese a pregare. Finita che ebbe la preghiera,<br />
il sovrano si rialzò e vide accanto all’altare un uomo incoronato<br />
<strong>di</strong> spine e con le stimmate come Nostro Signore, che però<br />
scomparve all’istante. Il fenomeno rese Artù pieno <strong>di</strong> pietà a tal<br />
punto da <strong>di</strong>stogliere lo sguardo dalla cappella; come si<br />
ricompose, il sovrano riprese ad osservare l’altare e, con<br />
somma sorpresa, al posto dell’uomo c’era nuovamente il<br />
bambino. Finito che fu il sacramento e tutti i fedeli furono<br />
usciti, l’eremita si accorse della presenza d’Artù e gli <strong>di</strong>sse:<br />
”Mio buon sovrano ora puoi entrare senza timore alcuno in<br />
questo luogo sacro”. A quest’invito così esplicito, Artù entrò<br />
senza alcun problema e s’inchinò alla presenza del sant’uomo,<br />
subito l’eremita rimise in pie<strong>di</strong> il sovrano e prese a <strong>di</strong>rgli: ”So<br />
perché sei qui; la tua angustia più grande sta nella mancanza <strong>di</strong><br />
cavalieri alla tua corte anche durante le feste comandate. Sappi<br />
che ciò accade perché sei montato in superbia per avere attorno<br />
a te la migliore cavalleria del mondo e la cosa ti ha condotto<br />
alla per<strong>di</strong>zione; hai un’unica cosa da fare: devi convertirti<br />
imme<strong>di</strong>atamente!”<br />
”Mio santo padre, ti apro imme<strong>di</strong>atamente il mio cuore<br />
convertendomi all’istante alla Sacra Volontà <strong>di</strong> Nostro Signore<br />
Gesù Cristo, come tu mi hai richiesto”<br />
82<br />
combattimento”, quin<strong>di</strong> i due cavalieri montarono a cavallo e<br />
galopparono contro il nemico, raggiungendoli appena al <strong>di</strong> la<br />
del corso d’acqua che costeggiava il castello <strong>di</strong> Ygerne. Nel<br />
momento stesso che Galvano e Guiromelan furono uno <strong>di</strong><br />
fronte all’altro, il secondo prese a <strong>di</strong>re: ”Fellone che non siete<br />
altro, vedo con enorme piacere che avete mantenuto la parola,<br />
facendovi trovare in questo campo al momento stabilito e con<br />
l’intiera corte <strong>di</strong> Camelot ad assistere all’avvenimento, quin<strong>di</strong><br />
se ora siete d’accordo, possiamo iniziare a duellare secondo le<br />
regole”.<br />
”Messer codardo, voi in questo stesso istante state spezzando<br />
il cuore della bella Clarissan, che oltremodo è anche mia<br />
sorella, quin<strong>di</strong> accetto ben volentieri <strong>di</strong> battermi contro <strong>di</strong> voi<br />
per <strong>di</strong>mostrarvi chi può essere tra noi due accusato <strong>di</strong> fellonia”.<br />
Subito i due contendenti misero mano alle rispettive armi ed<br />
iniziarono a tempestarsi <strong>di</strong> colpi in modo crudele, senza che<br />
nessuno potesse sorpassare l’altro in abilità e coraggio facendo<br />
passare in questo modo <strong>di</strong>verse ore; al tramonto i due duellanti<br />
erano completamente coperti <strong>di</strong> sangue e feriti, ma nessuno dei<br />
due voleva cedere al cospetto dell’altro davanti alle proprie<br />
corti, così Clarissan andò da re Artù, suo zio, e <strong>di</strong>sse: ”Mio sire<br />
e caro zio, vi prego per l’affetto e l’amore che provo per<br />
entrambi i contendenti <strong>di</strong> far terminare queste atrocità che mi<br />
feriscono intimamente, in modo totalmente incon<strong>di</strong>zionato”. A<br />
quella preghiera, Artù gli s’avvicinò <strong>di</strong>cendo: ”Ben vedo che<br />
voi, madamigella, siete mia degna nipote, figlia della mia cara<br />
sorella Anna, e che siete veramente innamorata d’entrambi,<br />
quin<strong>di</strong> vi concedo l’autorità <strong>di</strong> far cessare definitivamente i<br />
combattimenti, anche perché fra breve la luce sarà<br />
completamente insufficiente per continuare quest’inutile<br />
massacro <strong>di</strong> virilità”. Subito Clarissan si rivolse ai due adorati<br />
contendenti e, con voce molto bella e sonora, <strong>di</strong>sse: ”Miei<br />
adorati signori, da quanto ho visto in questa giornata <strong>di</strong> duello,<br />
non potremmo aver nessun vincitore per la <strong>di</strong>sputa in corso, che<br />
287
vostra per l’avermi ritrovato in piena salute, ma ora vi devo<br />
comunicare una notizia che farà sussultare ancor <strong>di</strong> più dalla<br />
gioia; la regina Ygerne, madre vostra, mio amatissimo sire, la<br />
carissima signora <strong>di</strong> Svezia sono ancora vive in quel castello,<br />
nel quale sono venuto anche a sapere d’avere una splen<strong>di</strong>da<br />
sorella che dono al qui presente re Artù come sua novella<br />
nipote”, a quella notizia effettivamente furono tutti colmi <strong>di</strong><br />
gioia e <strong>di</strong> stupore, perché soprattutto Ygerne doveva essere<br />
molto anziana. Subito Galvano richiese nuovamente la calma,<br />
poi <strong>di</strong>sse: ”Purtroppo ho anche una pessima notizia da dare a<br />
tutti quanti; domattina devo presentarmi armato <strong>di</strong> tutto punto<br />
al Guado Periglioso per un duello all’ultimo sangue ed è stata<br />
richiesta la presenza <strong>di</strong> quest’augusta corte per una qualsiasi<br />
vertenza durante lo scontro”. Contemporaneamente, al castello,<br />
Ygerne fece i dovuti preparativi per ospitare degnamente, e con<br />
il dovuto onore, il regale figlio; come tutto fu pronto,<br />
cinquecento cavalieri, con le relative dame, si mossero incontro<br />
alla corte <strong>di</strong> Camelot, portando in trionfo Artù e la sua intiera<br />
corte, accomodatisi tutti quanti, iniziarono i debiti<br />
festeggiamenti che durarono fino a tarda sera.<br />
Il mattino successivo, prima dell’alba, Galvano prese la messa<br />
del mattino e s’andò a preparare per lo scontro che doveva<br />
esserci quella giornata al Guado Periglioso, come tutto fu<br />
pronto, furono avvistati in lontananza Guiromelan con il<br />
proprio esercito, allora Artù fece venire Galvano ed un altro<br />
fidato cavaliere, chiamato Giflès, e <strong>di</strong>sse: ”Messeri, l’esercito<br />
nemico si sta avvicinando sempre <strong>di</strong> più, chiedo a voi due<br />
d’andare in avanscoperta per raggiungerli il più presto possibile<br />
ed aprire in questo modo le ostilità contro quei bifolchi”.<br />
Galvano ed il suo nuovo compagno d’avventure si guardarono<br />
per un po' in viso, poi Galvano stesso si fece avanti e,<br />
inchinandosi allo zio, <strong>di</strong>sse: ”Mio signore se è questa la vostra<br />
volontà non posso esimermi a <strong>di</strong>scuterla, perché poi ero<br />
preoccupato che qualcuno mi guardasse le spalle durante il<br />
286<br />
”Devo però anche <strong>di</strong>rti un’altra cosa, cioè un misterioso<br />
cavaliere si è presentato al Ricco Re Pescatore ma, pur avendo<br />
veduto la sofferenza del gran re ed il Santo Graal, non si è<br />
assolutamente preoccupato <strong>di</strong> fare la fati<strong>di</strong>ca domanda, come<br />
vuole la profezia, mandando in malora quel ricco e fiorente<br />
reame”, fu così che re Artù lasciò il saggio eremita<br />
enormemente sollevato da come si erano messe le cose in quel<br />
pacifico posto. Artù non ebbe fatta molta strada dall’eremo, che<br />
subito fu fermato da un misterioso cavaliere nero, il quale<br />
l’accusò <strong>di</strong>cendo: ”Messere voi mi avete fatto un gran torto,<br />
sottraendo dal cospetto del mio defunto parente un prezioso<br />
candelabro d’oro massiccio, vi chiedo <strong>di</strong> riparare al misfatto<br />
restituendomelo”<br />
”Sire non so <strong>di</strong> che cosa state parlando, dato che lascio or ora<br />
l’eremo <strong>di</strong> Sant’Agostino, senza portarmi appresso nulla<br />
proveniente da quel santo luogo a parte i consigli e<br />
l’assoluzione <strong>di</strong> quel venerando eremita ivi ospitato”, per tutta<br />
risposta, il cavaliere nero partì con la lancia in resta alla carica<br />
d’Artù, in ogni caso il primo assalto non <strong>di</strong>ede particolari<br />
effetti, perché entrambi restarono in sella, indenni. Al secondo<br />
assalto il cavaliere nero estrasse dal fodero una spada<br />
infiammata, che spense nel braccio a manca d’Artù, il quale<br />
montò in collera tremenda ed iniziò a <strong>di</strong>re: ”Messere, voi non vi<br />
siete comportato come un cavaliere d’onore, dovreste<br />
conoscere le regole per il duello cavalleresco, ora mi vedo<br />
costretto a rispondervi come solo io so fare, cioè con la più alta<br />
giustizia <strong>di</strong> questo mondo”, finito che ebbe <strong>di</strong> parlare, Artù<br />
lasciò andare il proprio scudo, partendo alla carica con la sola<br />
lancia a protezione ma mirò veramente bene perché fece<br />
penetrare l’arma <strong>di</strong> ½ auna 1 nel petto del cavaliere villano, il<br />
quale stramazzò al suolo con un tonfo orrendo,<br />
imme<strong>di</strong>atamente Artù estrasse la lancia dal corpo del temerario<br />
e si ritrasse oltre il perimetro dell’eremo. Una volta che Artù fu<br />
1 Auna è un’antica unità <strong>di</strong> misura corrispondente a 120 cm.<br />
83
uscito al recinto dell’eremo, si presentarono sul luogo della<br />
sfida venti cavalieri che smembrarono il cavaliere nero e se lo<br />
portarono via in quel macabro modo. Nello stesso istante Artù<br />
raggiunse stremato la misteriosa fanciulla <strong>di</strong> quel mattino, che<br />
lo attendeva piena <strong>di</strong> trepidazione per la sua salute; come lo<br />
ebbe visto, gli <strong>di</strong>sse: ”Sire, le vostre ferite sono particolarmente<br />
gravi per via del tipo d’arma usata, ma perché tu guarisca mi<br />
devi portare al più presto la testa recisa del tuo aggressore ed al<br />
più presto”. A questa richiesta Artù non si poté rifiutare, così si<br />
rimise in marcia e trovò quasi subito colui che stava cercando,<br />
quin<strong>di</strong> gli si rivolse con queste parole: ”Messere, il Cielo vi<br />
abbia in salute, ma vi devo chiedere una cosa che è in vostro<br />
possesso, mi potete donare quella testa mozzata che portate in<br />
grembo, cosicché mi aiuti a guarire come si deve?”<br />
”Visto che siete stato così cortese da domandarmi una cosa<br />
che mi appartiene <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto, ve la cedo ben volentieri, ma in<br />
cambio vi chiedo io la cortesia <strong>di</strong> <strong>di</strong>rmi chi voi siate”<br />
”Per ora ti basti sapere che sono un potente re che si deve<br />
curare con gli efluvi sanguigni <strong>di</strong> questa testa, nel corso del<br />
tempo, poi, potrai sapere altro <strong>di</strong> me, per ora vivi felice il resto<br />
della tua vita”, così Artù s’allontanò col suo bottino, mentre il<br />
cavaliere richiamò i suoi compagni. Una volta che i terribili<br />
cavalieri furono tutti radunati, quello avvicinato da Artù prese a<br />
<strong>di</strong>re: ”Cari amici, ho appena avuto una strana avventura, dovete<br />
sapere che un re molto gentile, mi ha chiesto <strong>di</strong> consegnargli in<br />
modo molto affabile la parte del corpo del nostro compagno<br />
toccatami in sorte, dopo<strong>di</strong>chè si è congedato con tutti gli<br />
onori”. Subito gli altri cavalieri capirono <strong>di</strong> chi stava parlando<br />
il loro compagno, allora il capo gli <strong>di</strong>sse: ”Stolto che non sei<br />
stato, hai consegnato la testa del cavaliere nero ad Artù, il più<br />
grande e potente nemico che possiamo avere, perciò ti<br />
condanno a subire lo stesso <strong>di</strong>sonore toccato al nostro<br />
compagno” e subito tutti gli saltarono addosso ammazzandolo<br />
<strong>di</strong> percosse, quin<strong>di</strong> lo smembrarono <strong>di</strong>videndosi tutte le parti tra<br />
84<br />
ebbene ora vi chiedo con molte suppliche <strong>di</strong> svelarmi il vostro<br />
nome perché temo moltissimo per voi”. Galvano comprese la<br />
paura dell’anziana regina e <strong>di</strong>sse: ”Mia signora sappiate che io<br />
sono vostro nipote Galvano, figlio d’Urien <strong>di</strong> Svezia ed ora al<br />
servizio del vostro amatissimo figlio re Artù <strong>di</strong> Camelot, del<br />
quale vedete laggiù il vasto accampamento, perché sono tutti<br />
arrivati fin qui in mio soccorso”. A quelle notizie, la bella<br />
Clarissan corse nelle proprie stanze, ove svenne <strong>di</strong>verse volte<br />
tra le lagrime perché suo fratello era l’acerrimo nemico del suo<br />
grande amore e conosceva tutto quanto dei segreti che aveva<br />
nel cuore, mentre le due regine esultarono grandemente per<br />
quegli accenti si lieti anche se inaspettati. Subito Galvano si<br />
<strong>di</strong>stricò dai festeggiamenti del castello e, facendo sellare il<br />
proprio cavallo, raggiunse l’accampamento <strong>di</strong> re Artù per<br />
andare a trovare il suo signore e zio, ma fece a malapena in<br />
tempo a scendere <strong>di</strong> sella, che imme<strong>di</strong>atamente l’intiera corte il<br />
prese in consegna per festeggiarlo con enorme gioia ed onore;<br />
vedendo tanto entusiasmo tra i suoi compagni, Galvano chiese<br />
che si calmassero, poi <strong>di</strong>sse: ”Miei signori ed amici, vedo con<br />
gratitu<strong>di</strong>ne la vostra gioia nell’avermi ritrovato sano e salvo,<br />
ma preparatevi a riceverne una anche maggiore dopo che avrò<br />
doverosamente parlato col nostro onoratissimo signore ed<br />
amatissimo zio Artù”. Imme<strong>di</strong>atamente l’intiera corte seguì<br />
Galvano al cospetto <strong>di</strong> re Artù per apprendere le nuove<br />
meravigliose notizie che il loro amico aveva promesso, mentre<br />
in fondo alla folla, Keu continuava a <strong>di</strong>re: ”Che cosa avrà <strong>di</strong><br />
tanto speciale quel vigliacco d’un cavaliere che, come unica<br />
qualità, può solamente vantare d’essere parente stretto d’un re<br />
infingardo che ho il dovere <strong>di</strong> servire e riverire come suo<br />
maggiordomo <strong>di</strong> corte e mandare giù dei rimproveri tali da far<br />
accapponare chiunque!”<br />
Giunti che furono tutti quanti alla presenza <strong>di</strong> re Artù,<br />
Galvano gli rese i dovuti onori come suo signore e zio, poi<br />
prese a <strong>di</strong>re: ”Mio sire, si vede bene la gioia dell’intiera corte e<br />
285
eal mensa, ove riconobbe imme<strong>di</strong>atamente il buon re Artù,<br />
circondato da tutti i suoi baroni, ma l’intiera corte era<br />
veramente triste perché ognuno <strong>di</strong> loro sentiva la mancanza<br />
della presenza del buon Galvano. Subito il giovine s’inchinò a<br />
tutti quanti, poi si rivolse ad Artù, <strong>di</strong>cendo: ”Messere, vostro<br />
nipote Galvano mi ha mandato a voi con la preghiera <strong>di</strong><br />
soccorrerlo alla rocca <strong>di</strong> Canguin, perché una grave minaccia lo<br />
trattiene in quel luogo, che non è molto lontano da qui, infatti<br />
dobbiamo essere tutti quanti presenti in quella spianata entro<br />
cinque giorni da ora”. Sentendo quelle liete notizie, l’intiera<br />
corte esultò e gioì enormemente: ma proprio tutti furono lieti<br />
della novità su Galvano? Effettivamente non tutti, visto che il<br />
siniscalco Keu, pieno <strong>di</strong> gelosia nei confronti del compagno,<br />
prese a <strong>di</strong>re: ”Era ora che si venisse a sapere qualcosa <strong>di</strong> quel<br />
vigliacco d’un infingardo che osa chiamarsi cavaliere e che<br />
infanga il nome del nostro buon re, osando nomarsi suo nipote”<br />
a quel punto il siniscalco dalla lingua biforcuta tacque perché si<br />
rese conto che nessuno gli dava retta in quanto tutti impegnati a<br />
fare preparativi per la partenza <strong>di</strong> quell’avventura così<br />
inaspettata. Finalmente venne il momento della partenza e la<br />
scorta del buon re Artù comprendeva ben tremila cavalieri con<br />
la compagnia <strong>di</strong> quin<strong>di</strong>cimila tra dame, damigelle e ragazze,<br />
vista la gran moltitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> persone, non ci si stupì che il<br />
viaggio fosse durato ben tre giorni intieri, in ogni caso tutti<br />
arrivarono nei tempi richiesti da Galvano stesso.<br />
All’arrivo della corte d’Artù a Canguin, la regina Ygerne si<br />
trovava sugli spalti del castello e, vedendo la moltitu<strong>di</strong>ne, si<br />
sentì male perché pensava d’essere attaccata da quel vasto<br />
esercito, come si fu ripresa fece chiamare Galvano e gli chiese:<br />
”Messere, finora non ho avuto la possibilità <strong>di</strong> conoscere il<br />
vostro nome ed il vostro lignaggio a cui appartenete, che<br />
suppongo molto alto per il coraggio ed il portamento che avete,<br />
ma ora si prospetta un pericolo enorme sottoforma <strong>di</strong> quel<br />
gran<strong>di</strong>oso esercito che ci sta per asse<strong>di</strong>are e vi vedo in pericolo;<br />
284<br />
loro. Negli stessi istanti, Artù raggiunse nuovamente la<br />
fanciulla, consegnandogli la testa che gli era stata richiesta,<br />
allora la ragazza fece colare del sangue dal collo mozzato e lo<br />
impastò con della terra presa dalla base <strong>di</strong> un nocciolo che si<br />
trovava lì vicino; con l’impacco così creato me<strong>di</strong>cò le ferite del<br />
re. Una volta che la fanciulla ebbe finito <strong>di</strong> curare Artù, essa gli<br />
<strong>di</strong>sse: ”Sappi mio buon re che questa testa ora mi serve per due<br />
scopi; il primo è la riconquista <strong>di</strong> un castello avvito che mi è<br />
stato sottratto con l’inganno, il secondo è l’unico modo che ho<br />
per rintracciare un cavaliere che sto cercando <strong>di</strong>speratamente,<br />
nomato Parsifal, figlio <strong>di</strong> Gahumert delle valli <strong>di</strong> Camaalot”<br />
”Chi è questo misterioso cavaliere che mi sembra gia nomato<br />
in mia presenza e, soprattutto come mai quello strano nome che<br />
significa Puro Folle?”. Allora la damigella si mise comoda<br />
<strong>di</strong>cendogli: ”Fai la stessa cosa anche tu perché la storia che ti<br />
sto per raccontare è molto lunga e parte da tanti anni fa, ma<br />
soprattutto è veramente incre<strong>di</strong>bile quanto ha cambiato questo<br />
giovanissimo cavaliere veramente puro ed ancor più folle <strong>di</strong><br />
quanto tu possa immaginare” e così Artù si sedette anche lui<br />
appoggiato ad una pianta lì vicina e si mise ad ascoltare quanto<br />
la damigella aveva da raccontargli.<br />
Parte Parte quinta: quinta: La La storia storia storia <strong>di</strong> <strong>di</strong> Parsifal<br />
Parsifal<br />
Capitolo 13<br />
Alcuni decenni fa, Gahmuret stava viaggiando in terra mora,<br />
quando tra quelle lande incontrò una splen<strong>di</strong>da giovine <strong>di</strong> quei<br />
luoghi, chiamata Belatane, della quale s’innamorò<br />
perdutamente, fino a sposarla; da quell’unione nacque un figlio<br />
che i due decisero <strong>di</strong> nomare Feirefiz, il quale, però, aveva una<br />
strana colorazione della pelle: infatti era a macchie bianche e<br />
nere. Poco tempo dopo, Gahmuret ripu<strong>di</strong>ò la splen<strong>di</strong>da amata,<br />
<strong>di</strong>cendole: ”Purtroppo la nostra <strong>di</strong>fferente religione non ci<br />
permette <strong>di</strong> vivere felicemente sotto lo stesso tetto, mi spiace<br />
cara, ma devo lasciarti per sempre in queste lande desolate ad<br />
accu<strong>di</strong>re da sola il frutto del nostro amore, però la cosa<br />
85
cambierebbe se tu deci<strong>di</strong> <strong>di</strong> abiurare il tuo credo per<br />
abbracciare il cristianesimo”<br />
Belatane si fece estremamente seria e prese a <strong>di</strong>re: ”Mio caro<br />
sposo, sono anch’io spiacente <strong>di</strong> questa cosa, ma purtroppo per<br />
te non me la sento <strong>di</strong> abiurare la fede in Allah per abbracciare il<br />
tuo credo”, fu così che i due si dovettero definitivamente<br />
lasciare e Gahmuret riprese la strada per il proprio paese natio.<br />
Tornato che fu in patria, Gahmuret ebbe numerose avventure<br />
che si concludevano spesso con sanguinosi duelli, vinti dal<br />
nostro impavido eroe, durante uno <strong>di</strong> questi scontri, Gahmuret<br />
ebbe una strana sensazione, quin<strong>di</strong> si rivolse alla regina del<br />
duello e <strong>di</strong>sse: ”Mia signora, ho paura che il mio adorato<br />
fratello sia in grave pericolo, quin<strong>di</strong> chiedo umilmente<br />
esonerato dal proseguire il destreggiare in quest’onorata gara”.<br />
Ma in quel momento alzò gli occhi e vide una splen<strong>di</strong>da<br />
fanciulla <strong>di</strong> nome Herzeloyde e se ne innamorò<br />
imme<strong>di</strong>atamente. In quel preciso istante giunse un messaggero<br />
dal reame <strong>di</strong> Camaalot e, rivolgendosi al palco del re locale,<br />
prese a <strong>di</strong>re: ”Sire, vengo dal reame <strong>di</strong> Camaalot in cerca <strong>di</strong> un<br />
cavaliere nomato Gahmuret perché devo portargli delle gravi<br />
notizie da parte <strong>di</strong> suo fratello”. A quelle parole Gahmuret si<br />
fece avanti ed iniziò a <strong>di</strong>re: ”Sono io colui che state cercando e<br />
stavo chiedendo or ora a quest’augusta corte, il permesso <strong>di</strong><br />
allontanarmi da questa <strong>di</strong>sputa per una trista sensazione che ho<br />
appena avuto a riguardo <strong>di</strong> mio augusto fratello me ne dai<br />
conferma?”<br />
Il messaggero prese a <strong>di</strong>re: ”Sventurato giovine, purtroppo vi<br />
vengo a portare una doppia notizia funerea, confermando anche<br />
la tenebrosa sensazione, infatti vostro fratello Galoes è morto<br />
assieme a vostra madre Schiette e la cosa impone il rientro<br />
imme<strong>di</strong>ato dell’erede nelle sue proprietà avite. Ora, sir<br />
Gahmuret, siete costretto dalle circostanze a venire con me a<br />
reclamare quanto vi spetta”. Intenerita da quella tristissima<br />
notizia, Herzeloyde si rivolse al re, signore della gara, e prese a<br />
86<br />
Fu così che Galvano tornò quella sera stessa al castello <strong>di</strong><br />
Canguin con la perfida dama e la fece rinchiudere assieme<br />
all’Orgoglioso nelle segrete del maniero. Subito le due regine<br />
andarono incontro all’adorato cavaliere e lo festeggiarono fino<br />
a notte fonda con giochi, canti e carole alle quali lo stesso<br />
Galvano s’unì molto volentieri.<br />
A quel canto Galvano non riuscì più a trattenersi e prese a<br />
<strong>di</strong>re: "Quel che ho appena ascoltato è veritiero fino all’ultima<br />
parola, ve lo posso garantire <strong>di</strong> persona, in quanto fui coinvolto<br />
in alcune <strong>di</strong> quelle avventure, mentre per le altre n’ebbi notizia<br />
da persone ben degne <strong>di</strong> fiducia”. Tra un ballo ed un gioco,<br />
Galvano trovò il tempo per prendere da parte la bella damigella<br />
che Guiromelan gli aveva in<strong>di</strong>cato e riferì quanto gli era stato<br />
detto dal cortese cavaliere, anche se le due regine, nel<br />
frattempo, avevano pensato <strong>di</strong> darla in sposa proprio al<br />
valoroso cavaliere, dato che non l’avevano ancora riconosciuto,<br />
allora la bella Clarissan fu molto contenta della notizia e <strong>di</strong>sse a<br />
Galvano: ”Messere, sappiate che anch’io amo enormemente<br />
quel bel cavaliere dall’animo buono, appena potrete riferirgli<br />
quanto vi ho appena detto”.<br />
Finito che ebbe con Clarissan, Galvano prese da parte un<br />
valletto e gli <strong>di</strong>sse: ”Buon giovine, devi andare con tutta la<br />
velocità presso la corte d’Ocarnie e <strong>di</strong>re a re Artù che suo<br />
nipote Galvano ha bisogno <strong>di</strong> lui alla rocca <strong>di</strong> Canguin, entro<br />
una settimana da oggi stesso, mi raccomando fa più<br />
velocemente che puoi perché altrimenti lo zio potrebbe perdere<br />
il più caro dei nipoti”. Subito il giovine corse alle scuderie e,<br />
preso il migliore dei cavalli ivi presenti, partì per la propria<br />
destinazione attraverso la strada più breve che conosceva. Nel<br />
frattempo alla rocca si continuava a festeggiare durante i quali<br />
investirono cinquecento nuovi cavalieri.<br />
Capitolo 51<br />
Contemporaneamente il giovane ambasciatore arrivò in<br />
brevissimo tempo ad Ocarnie e s’avviò imme<strong>di</strong>atamente alla<br />
283
soggiornai alcuni giorni presso il Castello delle Meraviglie”. A<br />
quelle parole Guiromelan ebbe un sussulto e poi <strong>di</strong>sse:<br />
”Messere è impossibile che voi siate stato al Castello delle<br />
Meraviglie, perché nessuno n’è mai uscito, da quel posto<br />
nefando”, allora Galvano raccontò come andarono le cose.<br />
Finito che fu il racconto <strong>di</strong> Galvano, Guiromelan ne fu<br />
gioiosamente meravigliato, finalmente il cavaliere <strong>di</strong>sse:<br />
”Dovete sapere che le due regine che incontraste in quel<br />
magico castello, sono rispettivamente la regina Ygerne e sua<br />
figlia Anna, moglie <strong>di</strong> re Urien, signore <strong>di</strong> Svezia ed il maniero<br />
è noto anche come rocca <strong>di</strong> Canguin”. Colto <strong>di</strong> sorpresa dalla<br />
rivelazione, Galvano <strong>di</strong>sse: ”Sappiate allora, messere, che<br />
quelle due regine sono rispettivamente mia nonna Ygerne e la<br />
cara madre Anna ed il mio nome è Galvano, principe <strong>di</strong> Svezia<br />
e nipote <strong>di</strong> re Artù <strong>di</strong> Camelot ed appartengo al venerato<br />
sodalizio della Tavola Rotonda, in quanto cavaliere”. A quella<br />
rivelazione Guiromelan rimase stupito, ma poi riavutosi, <strong>di</strong>sse:<br />
”Messer Galvano, da quanto m’avete rivelato mi sovviene che<br />
tempo fa m’avete offeso e, dato che non scordo i torti subiti, vi<br />
devo sfidare a duello da qui ad una settimana, alla presenza <strong>di</strong><br />
vostro zio Artù <strong>di</strong> Camelot e la sua adorata consorte Ginevra,<br />
che da quanto ho saputo, si trovano con la loro corte ad<br />
Ocarnie. Se non lo sapete, quella località si trova a sole due<br />
giornate <strong>di</strong> cavallo da qui, ora se non tardate a partire riuscirete<br />
a tornare in questo posto in tempo per la sfida che vi ho appena<br />
lanciato”, detto questo, i due cavalieri si separarono uno per<br />
tornarsene al proprio castello, mentre Galvano s’accinse a<br />
riattraversare il Guado Periglioso. Una volta che Galvano<br />
ritornò al cospetto d’Orgeluse, questa prese a <strong>di</strong>re: ”Messere,<br />
m’avete <strong>di</strong>mostrato quanto siete valoroso e fedele, quin<strong>di</strong> mi<br />
vedete pentita <strong>di</strong> quanto vi <strong>di</strong>ssi dal giorno in cui ci siamo<br />
conosciuti ed ora mi vedo costretta a rimettermi alla vostra<br />
mercè, fate <strong>di</strong> me quel che ritenete meglio”.<br />
282<br />
supplicare <strong>di</strong>cendo: ”Sire, questo sfortunato cavaliere sì giovine<br />
e bello, merita <strong>di</strong> vincere sul momento in virtù <strong>di</strong> quanto ha<br />
appena appreso in modo così orribile, inoltre chiedo<br />
supplichevolmente <strong>di</strong> ottenere la sua mano, dato che lo trovo<br />
d’ottimo aspetto, oltre che valente con le armi, come ci ha oggi<br />
stesso <strong>di</strong>mostrato”. Il re, anche lui mosso da compassione, per<br />
il nobile cavaliere senza nessuno al mondo, iniziò a <strong>di</strong>re:<br />
”Dolce Herzeloyde come si può darvi torto, dopo quanto<br />
abbiamo ascoltato delle sue sventure? Avete altresì ragione a<br />
sostenere che egli è valente, avendolo <strong>di</strong>mostrato, quin<strong>di</strong> voi,<br />
mia cara e splen<strong>di</strong>da damigella, potete prendere sì valido<br />
cavaliere dall’ottimo aspetto e convolare con lui a giuste nozze”<br />
Fu così che i due giovani si sposarono con tutti gli onori<br />
possibili, dopo che Gahmuret ebbe finito un adeguato periodo<br />
<strong>di</strong> lutto quelle sera stessa, ritiratisi nella camera nuziale, i<br />
novelli sposi ebbero appena il tempo <strong>di</strong> spogliarsi dai loro abiti<br />
regali, che subito erano coricati nel talamo ad inarcarsi dal<br />
grande amplesso che li percorreva, al culmine lei emise un gran<br />
grido <strong>di</strong> piacere, mentre Gahmuret la rendeva incinta del loro<br />
legittimo erede senza accorgersene. Il mattino successivo, però,<br />
Gahmuret provò un istinto fortissimo a cercare nuove avventure<br />
e partì nuovamente senza <strong>di</strong>re niente a nessuno, non sapendo<br />
che il ritorno non ci sarebbe mai stato, perché incontrò la morte<br />
nelle lontane terre d’Arabia. Nello stesso momento il<br />
menestrello <strong>di</strong> Herzeloyde prese a recitare:<br />
Sommo lutto in tutto il regno:<br />
Il nostro re prode cadde,<br />
Rendendo vedove due dame,<br />
Rendendo orfani due figli.<br />
Sommo lutto in tutta la Britannia:<br />
Un prode cavaliere è morto,<br />
Rendendo vedove due dame<br />
Rendendo orfani due figli.<br />
Cordoglio per Belatane,<br />
87
Compianga il padre <strong>di</strong> suo figlio<br />
Cordoglio per Herzeloyde,<br />
Compianga il padre <strong>di</strong> suo figlio.<br />
Tristezza per Feirefiz<br />
Reso cavaliere senza padre<br />
Tristezza per Parsifal<br />
Cresciuto senza padre.<br />
Alcuni mesi dopo la morte del marito, Herzeloyde ricevette la<br />
visita <strong>di</strong> un compagno d’avventure del marito, che gli <strong>di</strong>sse:<br />
”Mia signora, sono venuto alla vostra volta per portarvi una<br />
terribile notizia certissima, perché vi ho assistito io <strong>di</strong> persona,<br />
ma prima devo chiedervi <strong>di</strong> sedervi in quanto è veramente<br />
penosa e potrebbe farvi molto male”. Una volta che Herzeloyde<br />
ebbe ubbi<strong>di</strong>to, subito lo sconosciuto riprese e <strong>di</strong>sse, con molto<br />
rammarico: ”Il vostro beneamato marito è gloriosamente morto<br />
in battaglia nelle desolate lande della Terra Santa l’estate<br />
scorsa”.<br />
Avuta che ebbe la funesta notizia, Herzeloyde cadde<br />
effettivamente per un malore che, il suo stato <strong>di</strong> partoriente<br />
ormai terminale, fece pensare al peggio agli astanti; una volta<br />
che si fu ripresa, la bella dama prese una drastica decisione,<br />
radunò l’intiera corte e <strong>di</strong>sse: ”Le circostanze che mi sono state<br />
appena comunicate mi hanno buttato in estrema prostrazione e<br />
questo luogo mi ricorda il brevissimo tempo che passai al<br />
fianco del vostro signore mio sposo, quin<strong>di</strong> ho deciso <strong>di</strong><br />
trasferirmi con coloro <strong>di</strong> voi che mi volesse seguire, nella<br />
foresta <strong>di</strong> Soltana, ove vivrò il resto dei miei giorni”, in quel<br />
luogo solingo ove si ritirò l’intiera corte, si compirono i giorni<br />
per Herzeloyde e nacque uno splen<strong>di</strong>do fanciullo che<br />
battezzarono col nome <strong>di</strong> Parsifal. Il giovinetto crebbe selvatico<br />
alla <strong>di</strong>sciplina e nella povertà più cupa, nonostante che gli fosse<br />
impartita un’istruzione degna del suo rango; una cosa sola<br />
l’intiera corte evitò <strong>di</strong> insegnare a Parsifal: l’esistenza della<br />
cavalleria, sopratutto quella cortese perché la povera madre<br />
88<br />
Orgeluse è rimasta <strong>di</strong> là dal fiume? Che fine ha fatto il cavaliere<br />
che l’accompagnava quando è arrivata al castello?”<br />
”Messere, quella perfida mi mandò avanti, affermando che<br />
questa era una prova che dovevo affrontare da solo e se avessi<br />
fallito sarei sicuramente morto. Il cavaliere che<br />
l’accompagnava, invece, fu battuto e ferito in duello proprio da<br />
me davanti al castello delle due regine e ivi mandato per curarlo<br />
e poi incarcerarlo nelle loro segrete”. Il cavaliere ne fu<br />
visibilmente compiaciuto e <strong>di</strong>sse: ”Messere, siete stato proprio<br />
molto abile e fortunato, perché il pala<strong>di</strong>no che siete riuscito a<br />
battere era veramente valoroso e forte, inoltre il passaggio che<br />
avete appena superato è noto anche come il Guado Periglioso,<br />
dato che ivi persero la vita parecchi ottimi cavalieri. Inoltre<br />
sappiate che io stesso riuscii a conquistare il cuore <strong>di</strong> quella<br />
perfida donna, nonostante le sue intemperanze nei miei<br />
confronti ma, poco tempo dopo, incontrai una splen<strong>di</strong>da<br />
damigella nel Castello delle Meraviglie che si chiamava<br />
Clarissan e me ne innamorai perdutamente, in seguito venni a<br />
sapere che anche costei ricambiava il mio sentimento e con<br />
l’andare del tempo ci scambiammo promesse <strong>di</strong> fedeltà, ma la<br />
perfida Orgeluse lo scoprì e fece in modo che non potessimo<br />
più vederci ed ora ne sono estremamente addolorato per la<br />
preoccupazione”.<br />
Il misterioso cavaliere riposò la voce e si sedette, invitando<br />
Galvano a fare la stessa cosa, quin<strong>di</strong> riprese a <strong>di</strong>re: ”Dovete<br />
sapere che la perfida Orgeluse è anche nota come Orgogliosa <strong>di</strong><br />
Norgres ed il suo attuale compagno, che voi avete appena<br />
battuto, è nomato Orgoglioso del Passaggio della Via Stretta ed<br />
era stato messo a guar<strong>di</strong>a degli appro<strong>di</strong> <strong>di</strong> Galvoie, mentre<br />
quella città che vedete laggiù oltre il frutteto è Orgueneselle <strong>di</strong><br />
cui io sono il principe e tutti mi conoscono sotto il nome <strong>di</strong><br />
Guiromelan, ma ora raccontatemi, messere, delle avventure che<br />
vi hanno condotto presso il mio frutteto”. Galvano acconsentì e<br />
prese a <strong>di</strong>re: ”Subito prima d’affrontare l’Orgoglioso,<br />
281
ad Orgeluse e gli <strong>di</strong>sse: ”Mia buona dama, vi chiedo umilmente<br />
d’aspettare assieme a me il ritorno del fido barcaiolo per poi<br />
seguire il tuo fidato pala<strong>di</strong>no nelle carceri del castello”. La<br />
perfida s’in<strong>di</strong>gnò enormemente e <strong>di</strong>sse: ”Messer Galvano, non<br />
posso accontentare la vostra richiesta, perché combatteste in<br />
modo veramente sleale contro il mio fido, perché il mio<br />
cavaliere era appena guarito da alcune terribili ferite che s’era<br />
procurato in un precedente duello. Ora vi chiedo io una cosa:<br />
seguitemi e vi farò riprendere il duello contro un altro cavaliere<br />
fidato, molto più sano <strong>di</strong> quello che avete appena battuto, per<br />
testimoniare il vostro valore che vantate tanto”. Galvano si<br />
rabbuiò per quelle parole, ma poi si risollevò e <strong>di</strong>sse: ”Perfida<br />
Orgeluse, s’è questo che volete come prova da me, ebbene<br />
accetto <strong>di</strong> sottopormi a quest’ennesima prova, solo per<br />
mostrarvi completamente il mio innato valore”, subito i due si<br />
misero in moto per andare ad affrontare nuove imprese, mentre<br />
Galvano sperava in cuor suo <strong>di</strong> tornare prima <strong>di</strong> notte al<br />
castello, in modo da potervi soggiornare a proprio agio.<br />
Contemporaneamente al castello, le dame e damigelle videro<br />
tutto quanto e, quando Galvano s’allontanò con la perfida,<br />
rimasero prima stupite, poi <strong>di</strong>sperarono, perché temevano<br />
d’aver perduto per sempre un cavaliere così forte e d’alto<br />
lignaggio.<br />
Contemporaneamente Galvano ed Orgeluse arrivarono al<br />
luogo della prova, ove il fiume scorreva a notevole profon<strong>di</strong>tà;<br />
a quel punto la perfida si rivolse a Galvano e gli <strong>di</strong>sse: ”Ora<br />
messere, dovete guadare questo corso d’acqua in quel punto<br />
preciso, se volete avere il debito onore ai miei occhi, ma badate<br />
bene che è proibito fallire, pena la morte”. Galvano sorpassò<br />
egregiamente la prova e, quando risalì la sponda opposta, si<br />
ritrovò nei pressi d’un frutteto, nel mezzo del quale incontrò un<br />
bellissimo cavaliere che stava passeggiando in compagnia <strong>di</strong><br />
due cagnolini da cacciagione. Una volta che i due furono a<br />
portata <strong>di</strong> voce, il misterioso cavaliere chiese: ”Come mai dama<br />
280<br />
n’avrebbe gran<strong>di</strong>ssimo dolore se il figlio venisse a sapere<br />
qualcosa sull’argomento.<br />
Un giorno, mentre vagabondava nei boschi adorati, Parsifal<br />
vide una lussuosa tomba; una volta che fu tornato a casa, andò<br />
da sua madre e gli chiese: ”Mia signora, oggi nel bosco ho visto<br />
una cosa molto strana, una pietra levigata con delle strane<br />
incisioni sopra ed una parola che non ho mai sentito in vita<br />
mia”<br />
”Mi puoi <strong>di</strong>re <strong>di</strong> che parola si trattava?”<br />
”Non ne sono sicuro, ma la parola in questione mi pare che<br />
fosse cavaliere”<br />
”Devi sapere, figliolo caro, che ben un<strong>di</strong>ci fratelli <strong>di</strong> tuo padre<br />
furono investiti cavalieri, ma purtroppo non ebbero una vita<br />
molto lunga”<br />
”Madre mia, io voglio sapere cosa è un cavaliere, non quali<br />
parenti lo furono”<br />
Allora Herzeloyde, piena <strong>di</strong> sgomento, prese a <strong>di</strong>re: ”Caro<br />
figliolo, se è questo che vuoi sapere, allora eccoti accontentato;<br />
i cavalieri sono persone molto valorose ed avventurose, che per<br />
proteggersi usano armature, spade e scu<strong>di</strong>”, detto questo, la<br />
povera donna si accasciò dalla <strong>di</strong>sperazione. Nello stesso<br />
momento, Parsifal gioiva per la sod<strong>di</strong>sfacente risposta che<br />
aveva appena avuto; come la povera Herzeloyde si fu ripresa,<br />
chiamò l’intiera corte e <strong>di</strong>sse: ”Miei fidatissimi, mio figlio ha<br />
piegato la mia volontà ed è venuto a sapere che cosa sono i<br />
cavalieri, in questo posto non siamo assolutamente più sicuri,<br />
quin<strong>di</strong> ho deciso che possiamo trasferirci ancora nel più<br />
profondo del bosco per evitare che il giovane folle possa<br />
prendere le armi della cavalleria e faccia la fine del padre e dei<br />
suoi zii”. Così l’intiera corte abbandonò ogni territorio avvito, a<br />
parte un castello nel cuore della foresta, a cui era annesso un<br />
appezzamento <strong>di</strong> terreno da cui trassero il sostentamento dello<br />
stesso.<br />
Capitolo 14<br />
89
Passarono ancora degli anni e Parsifal crebbe ulteriormente;<br />
un giorno il giovinetto, che non conosceva nemmeno il proprio<br />
nome, stava cacciando un cervo nel bosco vicino a casa,<br />
quando vide due esseri coperti <strong>di</strong> ferro che si stavano<br />
affrontando vicendevolmente. Il primo dei due aveva la<br />
protezione vermiglia, mentre il suo avversario era coperto <strong>di</strong><br />
bianco, vedendo la scena, Parsifal prese uno dei giavellotti che<br />
portava con se e lo scagliò nella mischia con estrema violenza<br />
trapassando ed uccidendo l’essere vermiglio. A tal vista, la<br />
visione bianca alzò la visiera che gli proteggeva il capo e,<br />
rivolgendosi a Parsifal, gli <strong>di</strong>sse: ”Giovine sprovveduto è<br />
questo il modo <strong>di</strong> comportarsi con due cavalieri che si stanno<br />
combattendo in leale tenzone? Non sapevi che dovevi restare da<br />
parte a vedere come andava a finire tra noi? Ora ti toccherà fare<br />
ammenda per quanto hai fatto al mio avversario”<br />
”Sono spiacente, mio signore, non sapevo <strong>di</strong> fare un torto così<br />
grave a due cavalieri, col mio comportamento, ma vi ho visto in<br />
<strong>di</strong>fficoltà e mi è parso opportuno intervenire, ma comunque il<br />
vostro comportamento m’incuriosisce parecchio, posso seguirvi<br />
per impararlo?”<br />
”Visto che devi imparare parecchie cose sulle buone maniere<br />
della cavalleria, ti prendo volentieri con me, ma devi seguirmi<br />
ovunque io vado, perché d’ora in poi sarai il mio scu<strong>di</strong>ero”, fu<br />
così che Parsifal seguì il cavaliere bianco senza<br />
alcun’esitazione. Alcuni mesi dopo aver lasciato il castello<br />
avvito, Parsifal si ritrovò <strong>di</strong> fronte ad uno splen<strong>di</strong>do pa<strong>di</strong>glione,<br />
meravigliosamente ricamato, in cui riposava una splen<strong>di</strong>da<br />
damigella dai capelli lunghi e dorati, nomata Ieschute; come la<br />
ebbe vista, Parsifal si fece avanti e la baciò sulle dolci labbra<br />
per svegliarla. Una volta che Ieschute fu completamente<br />
sveglia, Parsifal <strong>di</strong>sse: ”Mia dolce e bellissima signora, la<br />
cavalleria mi ha imposto <strong>di</strong> usarti questo comportamento nello<br />
svegliarti, ora ti chiedo, sempre per la stessa legge, <strong>di</strong> darmi in<br />
pegno quel bell’anello che porti al <strong>di</strong>to” ma la fanciulla fece<br />
90<br />
stesso modo <strong>di</strong>versi eroi, uccidendoli in modo terrificante,<br />
facendogli fare delle prove estremamente <strong>di</strong>fficili, che<br />
rasentavano l’impossibile”. Galvano si rivolse alle due regine e<br />
prese a <strong>di</strong>re: ”Mie buone amiche non dovete preoccuparvi per<br />
la mia sorte perché sono sicuro che non esiste nulla<br />
d’impossibile per le mie capacità e quell’Essere ha proprio<br />
l’aria d’essere un inetto che fuggirà appena avrà visto a dovere,<br />
oppure dopo aver assaggiato i primi morsi della mia spada. Vi<br />
prometto solo una cosa e ve ne chiedo un’altra: <strong>di</strong> tornare entro<br />
stasera se mi sarà possibile e, soprattutto non chiedetemi la mia<br />
identità per i prossimi sette giorni”. La regina madre, sentite<br />
quelle richieste, prese Galvano per le mani e <strong>di</strong>sse: ”Messere,<br />
noi c’affi<strong>di</strong>amo a voi, fate ciò che reputate maggiormente utile<br />
per la protezione <strong>di</strong> tutti quanti”, dopo questa velata<br />
bene<strong>di</strong>zione, Galvano rientrò nel castello per armarsi come si<br />
deve e si fece traghettare sul gran fossato dal barcaiolo,<br />
avviandosi contro il misterioso cavaliere e la perfida Orgeluse,<br />
la quale lo riconobbe subito e, rivoltasi al proprio pala<strong>di</strong>no,<br />
<strong>di</strong>sse: ”Mio caro servente, attaccate quel bifolco senza che ci<br />
sia stata ne sfida ne minaccia, perché n’avete tutti i <strong>di</strong>ritti, dato<br />
che ci troviamo a Galvoie”<br />
Intanto Galvano s’era avvicinato ai due e, rivolgendosi al<br />
cavaliere, <strong>di</strong>sse: ”Messere io sono pronto a battermi in duello<br />
contro <strong>di</strong> voi, preparatevi ad usare le vostre armi per<br />
<strong>di</strong>fendervi”, subito i due si scontrarono in modo violento, a tal<br />
punto che il pala<strong>di</strong>no fu gravemente ferito ad un braccio ed al<br />
relativo fianco. Il cavaliere tentò nuovamente <strong>di</strong> battersi contro<br />
Galvano, ma il prode cavaliere lo <strong>di</strong>sarmò completamente e gli<br />
<strong>di</strong>sse: ”Messere non vedete che ormai non riuscite più stare in<br />
pie<strong>di</strong> dalle ferite che avete subito per mano mia? Ora vi<br />
conviene cedere il vostro orgoglio e seguire quel fidato<br />
barcaiolo che vi condurrà al castello oltre il fossato, prigioniero<br />
delle due regine che quivi risiedono”, il cavaliere acconsentì e<br />
seguì il buon uomo. Portato via il cavaliere, Galvano si rivolse<br />
279
Galvano annuì con molta comprensione all’anziana regina, poi<br />
<strong>di</strong>sse: ”Mia signora, io appartengo alla nobile casa <strong>di</strong> re Artù <strong>di</strong><br />
Camelot, inoltre appartengo alla celebre Tavola Rotonda, pur<br />
essendovi molti cavalieri molto migliori me, ma ve ne sono<br />
anche <strong>di</strong> ben peggiori”. Anche l’anziana dama annuì<br />
gravemente e <strong>di</strong>sse: ”Signor cavaliere dato che appartenete alla<br />
famiglia <strong>di</strong> re Artù e siete nell’ambita Tavola Rotonda, potete<br />
darmi notizie anche <strong>di</strong> re Lot ed Urien con i loro figli?”<br />
”Sir Galvano ed i suoi fratelli Agravain dalle due mani,<br />
Gahriéhés e Gaheriés, oltre ai due Ivano (anche se uno <strong>di</strong> loro è<br />
solo un povero bastardo) sono tutti membri della Tavola<br />
Rotonda e cavalieri del benamato re e sono tutti quanti valenti,<br />
cortesi e veramente leali”. Le due regine fecero un sussulto <strong>di</strong><br />
gioia, e <strong>di</strong> questo Galvano se n’accorse subito, quin<strong>di</strong> il<br />
cavaliere <strong>di</strong>sse: ”Dovete sapere che, oltre ad essere miei <strong>di</strong>letti<br />
zii, Artù e la bellissima Ginevra sono anche due persone<br />
veramente buone e generose oltre che molto ospitali”. Finita la<br />
cor<strong>di</strong>ale chiacchierata, le due regine accompagnarono cavaliere<br />
alla loro ottima mensa; durante il pasto, la regina madre <strong>di</strong>sse:<br />
”Una volta che questo pranzo, con i relativi festeggiamenti,<br />
caro Galvano, potrete allontanarvi quando e quanto vi pare” ma<br />
le cibarie e le danze si prorogarono a tal punto che alla fine<br />
dovettero tutti quanti andare a dormire, facendo sì che Galvano<br />
fosse costretto a partire all’alba del giorno dopo.<br />
Capitolo 50<br />
Il mattino successivo, spuntata l’alba, Galvano si preparò per<br />
partire, dopo l’abituale messa mattutina, e uscito che fu dal<br />
ponte levatoio assieme alle due regine, notò in lontananza la<br />
perfida Orgeluse in compagnia d’un terribile cavaliere, il quale<br />
scorgendo Galvano, prese a <strong>di</strong>re: ”Messere vi sfido apertamente<br />
a duello entro i prossimi sette giorni, se riuscirete a battermi,<br />
m’allontanerò definitivamente da queste terre”. Le due regine<br />
guardarono molto agitate Galvano, poi <strong>di</strong>ssero: ”Cavaliere state<br />
molto attento perché quel pala<strong>di</strong>no esecrato ha sfidato nello<br />
278<br />
resistenza gridando dalla <strong>di</strong>sperazione, al che Parsifal le tenne<br />
ferma la mano finché l’anello non fu in possesso<br />
dell’indomabile giovinetto. Sod<strong>di</strong>sfatto che fu <strong>di</strong> quella duplice<br />
azione, Parsifal si accorse <strong>di</strong> un tavolino imban<strong>di</strong>to nelle<br />
imme<strong>di</strong>ate vicinanze del letto della damigella e vi si assise,<br />
mangiando splen<strong>di</strong>damente il pasticcio <strong>di</strong> capriolo postovi<br />
sopra e bevendo il vino che era posto in una botticella alla sua<br />
destra, intanto ch’egli mangiava, la fanciulla gli gridò ad<strong>di</strong>etro:<br />
”Una cosa Ieschute ti garantisce, che tu sarai maledetto in<br />
eterno a vagare per questo mondo; hai una sola speranza, <strong>di</strong><br />
riscattare su <strong>di</strong> me l’onta che mi hai procurato”. Finito che ebbe<br />
<strong>di</strong> pranzare, Parsifal se n’andò imme<strong>di</strong>atamente per i fatti suoi.<br />
Pochi istanti dopo arrivò anche il geloso cavaliere che era<br />
stato promesso sposo ad Ieschute, che era stato battezzato col<br />
nome d’Orilus, lei gli <strong>di</strong>sse: ”Mio amato, m’è accaduta una<br />
cosa molto strana e <strong>di</strong>sonorevole; un ragazzetto, quasi<br />
sicuramente scu<strong>di</strong>ero, s’è introdotto nel seraglio e, dopo avermi<br />
miserevolmente svegliata con un bacio, mi ha sottratto l’anello<br />
<strong>di</strong> fidanzamento che tu mi donasti e per finire s’è mangiato<br />
tutta la colazione ed ora sono qui totalmente <strong>di</strong>sonorata ai tuoi<br />
occhi”<br />
”Visto quanto t’è successo, sgualdrina, non mi ì più concesso<br />
fidarmi <strong>di</strong> te, quin<strong>di</strong> ti condanno alla miseria più nera finché<br />
l’onore non sarà completamente appagato”<br />
Alcuni giorni dopo quanto accaduto nel ricco pa<strong>di</strong>glione,<br />
Parsifal arrivò al castello <strong>di</strong> Grahaz ove il locale castellano,<br />
chiamato Gurnemanz, lo prese a benvolere, quin<strong>di</strong> vedendo<br />
quanto era inesperto nell’arte della giostra e nell’uso delle armi,<br />
gli <strong>di</strong>sse: ”Mio giovane ragazzo è giunto il momento che<br />
colmiamo certe lacune, se vuoi <strong>di</strong>ventare un perfetto cavaliere,<br />
resterai con me, alla mia corte, finché non ti avrò insegnato<br />
tutto quello che so”, fu così che Parsifal visse <strong>di</strong>versi mesi in<br />
quello splen<strong>di</strong>do castello, invaghendosi all’inverosimile della<br />
91
figlia <strong>di</strong> Gurnemanz, chiamata Liaze, dai lunghissimi capelli<br />
bion<strong>di</strong> e dagli occhi color del mare.<br />
Dopo qualche tempo, durante il quale il giovane non<br />
s’impegnava come al solito, Gurnemanz s’accorse che qualcosa<br />
non andava. Allora s’avvicinò al protetto ed azzardò a <strong>di</strong>re:<br />
”Mio caro ti sei innamorato della mia splen<strong>di</strong>da figlia, guarda<br />
che ho notato quanto è calato il tuo ren<strong>di</strong>mento negli ultimi<br />
tempi; sapendo quanto sei valente e leale, potrei anche pensare<br />
<strong>di</strong> dartela in sposa, se vuoi”. Parsifal ci pensò alcuni minuti e<br />
poi <strong>di</strong>sse: ”Mio signore non credevo che quell’interesse verso<br />
la vostra splen<strong>di</strong>da figlia si chiamasse amore, ma il mio<br />
maggiore interesse al momento sta nell’imparare come<br />
<strong>di</strong>ventare il cavaliere più perfetto possibile. Per ora non devo<br />
pensare ad altro se mi svia dal mio scopo della vita”.<br />
Pochi giorni dopo, infatti, Parsifal raccolse le proprie cose e,<br />
preso congedo da Gurnemanz, andò in cerca d’avventure e<br />
qualcuno che lo investisse cavaliere. Fatta che ebbe ben poca<br />
strada, Parsifal s’imbatté in un castello sotto asse<strong>di</strong>o,<br />
imme<strong>di</strong>atamente si rivolse ad un soldato che si trovava lì vicino<br />
e gli chiese: ”Buon uomo mi saprebbe <strong>di</strong>re, per cortesia, che<br />
<strong>di</strong>amine sta succedendo da queste parti?”<br />
”Ingenuo che non sei altro, non sai quanto si <strong>di</strong>ce in tutta la<br />
regione? Dall’espressione che stai facendo <strong>di</strong>rei proprio <strong>di</strong> no,<br />
allora sappi che il prode Chama<strong>di</strong>eu pretende alla mano della<br />
splen<strong>di</strong>da Biancofiore, ma questa lo <strong>di</strong>sprezza, allora il mio<br />
signore ha cinto d’asse<strong>di</strong>o il suo castello, nomato<br />
Beaumespaire, dove la superba s’è arroccata, e tenta <strong>di</strong> piegarla<br />
al proprio volere, altrimenti costei è destinata a morire <strong>di</strong> fame,<br />
perché abbiamo reciso ogni possibilità <strong>di</strong> riferimento al<br />
maniero”.<br />
Sentendo quelle superbe parole, Parsifal prese<br />
imme<strong>di</strong>atamente la decisione <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendere tutti quelli che<br />
stavano subendo un torto, quin<strong>di</strong> si fece aprire le porte<br />
dell’avito castello, proponendosi come campione per la<br />
92<br />
splen<strong>di</strong><strong>di</strong> posse<strong>di</strong>menti del castello che lo ospitava, in quel<br />
mentre alcuni servi entrarono da Galvano, portandogli abiti ed<br />
armi puliti da potersi rivestire come si deve, subito il buon<br />
cavaliere prese l’occasione e chiese: ”Ottimi amici, vedendo<br />
quelle meravigliose campagne e splen<strong>di</strong><strong>di</strong> boschi, m’è venuta<br />
voglia d’uscire per andare a fare una battuta <strong>di</strong> caccia, potete<br />
fare in modo <strong>di</strong> farmi preparare il mio cavallo il più presto<br />
possibile?”. Subito, quello che sembrava il capo <strong>di</strong> quel<br />
gruppetto <strong>di</strong> servi, si rivolse a Galvano, <strong>di</strong>cendogli: ”Messere,<br />
non ve lo hanno ancora detto? Da qui non potete assolutamente<br />
uscire se non c’è necessità bellica, perché ora siete ostaggio<br />
delle magie <strong>di</strong> questo castello stesso”. Il volto <strong>di</strong> Galvano si<br />
corrucciò imme<strong>di</strong>atamente e nel modo più terribile, poi <strong>di</strong>sse:<br />
”Se le cose stanno in questo modo, vi do un comando<br />
perentorio; non presentatevi alla mia vista con del cibo finché<br />
non riuscirete a darmi la notizia, per me lietissima, che potrò<br />
andare e venire da questo castello a mio piacimento”.<br />
Nello stesso castello vi risiedevano anche due regine che,<br />
sentendo l’inten<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> Galvano, si preoccuparono e,<br />
accompagnate da duecentocinquanta dame <strong>di</strong> compagnia ed<br />
altrettanti valletti, andarono a far visita al prode cavaliere.<br />
Arrivate che furono alla presenza <strong>di</strong> Galvano, le due regine<br />
s’inchinarono, dando così il tempo al cavaliere d’osservarle<br />
come si deve; infatti Galvano notò quale delle due regine era <strong>di</strong><br />
grado più elevato, dato che portava delle lunghe trecce bianche,<br />
arrivanti ai fianchi, oltre ad una ricchissima veste bianca<br />
ricamata da fiori d’oro. Rialzatasi dal profondo inchino, la<br />
regina madre si rivolse a Galvano e gli chiese: ”Messere,<br />
durante il duello contro il perfido Urians ho notato che vi siete<br />
comportato in modo veramente egregio, ma quando siete<br />
entrato nel castello non vi siete ancora dato la briga <strong>di</strong> <strong>di</strong>re ad<br />
alcuno da dove venite, come vi chiamate e cosa facevate da<br />
queste parti, spero, quin<strong>di</strong>, che conce<strong>di</strong>ate ora questo favore a<br />
due nobili dame che ve lo chiedono col dovuto rispetto”.<br />
277
Il mattino successivo, allo spuntar del sole, i cavalieri del<br />
maniero andarono a trovare Galvano e, trovandolo con solo<br />
lievi ferite, corsero per l’intiero castello a <strong>di</strong>ffondere la notizia<br />
tra gli abitanti del medesimo, a prescindere dalla con<strong>di</strong>zione<br />
sociale. Imme<strong>di</strong>atamente tutti gli abitanti del castello,<br />
accompagnati dal barcaiolo, arrivarono da Galvano,<br />
festeggiandolo grandemente, soprattutto le dame e le damigelle,<br />
che erano costrette a quel soggiorno in quanto profughe <strong>di</strong><br />
regioni molto lontane, mentre i cavalieri e gli scu<strong>di</strong>eri erano<br />
esiliati in quel luogo da reami più vicini. In questo modo passò<br />
l’intiera giornata in festeggiamenti con banchetti e giostre <strong>di</strong><br />
vario genere, allestite nei vari cortili del maniero, durante uno<br />
dei banchetti, venne cantata la seguente canzone:<br />
Vi è, alla corte del prode Artù,<br />
Un prode cavaliere nomato Galvano<br />
Dalle numerose imprese spesso importunato;<br />
Da molte donne è desiderato.<br />
Ma <strong>di</strong> una prodezza si fece campione<br />
Anche se non la portò a conclusione:<br />
Alla ricerca del Santo Graal<br />
Decise d’avere la passione.<br />
Ma <strong>di</strong>sprezzato ei fu,<br />
Il Santo Calice un altro chiamò<br />
E messer Galvano a corte ritornò<br />
Ove ben presto in altre imprese s’infilò.<br />
Valentemente la bella Ginevra liberò<br />
Dal nefando cavaliere che la rapì<br />
Il cui nome fu I<strong>di</strong>ér il vigliacco<br />
Che ben presto fu umiliato.<br />
nell’u<strong>di</strong>re quei versi, Galvano si commosse, ma si schermì<br />
negando momentaneamente <strong>di</strong> rivelare la propria identità,<br />
facendo così passare la serata. Al nuovo sorger del sole,<br />
Galvano s’affacciò sulla balconata della camera che gli<br />
avevano assegnato, e contemplò, da quella posizione, gli<br />
276<br />
sventurata principessa. Entrato che fu nel castello, Parsifal si<br />
rivolse al primo soldato che incontrò <strong>di</strong>cendogli: ”Armigero,<br />
devo farmi ricevere dalla tua padrona per offrirgli i miei<br />
servigi, mi ci puoi condurre?”. L’armato guardò Parsifal per<br />
qualche istante come se avesse visto un fantasma oppure una<br />
persona fuori <strong>di</strong> senno, poi gli rispose: ”Mio signore, avete ben<br />
visto che la nostra situazione è ben critica, come potreste offrire<br />
i vostri servigi alla bella Biancofiore in questo frangente, senza<br />
armi <strong>di</strong> rinforzo?”<br />
”Di questo non ti devi preoccupare, soldato, perché io da solo<br />
basto per un intiero esercito, anche se non conosco per niente il<br />
mio nome, lo so che ti sembrerà strano, ma è proprio così, dato<br />
che mi hanno sempre chiamato il puro folle oppure ragazzo, ma<br />
ti garantisco che la mia forza e l’abilità nelle armi che mi è<br />
innata sono veramente enormi cosicché posso guerreggiare da<br />
solo contro un intiero esercito, ora ti prego <strong>di</strong> portarmi dalla tua<br />
padrona”, in quel mentre passava in quel punto proprio la bella<br />
Biancofiore che sentì la <strong>di</strong>scussione e s’avvicinò ulteriormente<br />
ai due chiedendosi che cosa stesse succedendo.<br />
Una volta che la bella castellana ebbe u<strong>di</strong>to quanto gli bastava,<br />
si rivolse a Parsifal, <strong>di</strong>cendogli: ”Prode giovine arrivate proprio<br />
al momento opportuno, perché io attualmente mi trovo in gran<br />
<strong>di</strong>fficoltà a causa <strong>di</strong> quel perfido <strong>di</strong> Chama<strong>di</strong>eu che pretende <strong>di</strong><br />
prendermi come sua sposa contro la mia volontà, per questo ha<br />
cinto d’asse<strong>di</strong>o il mio splen<strong>di</strong>do castello, facendo in modo che<br />
neanche mio zio Gurnemanz possa intervenire in mio aiuto”<br />
Parsifal, sentendo quella rivelazione, <strong>di</strong>sse: ”Vengo proprio<br />
dal castello <strong>di</strong> vostro zio, il quale mi ha insegnato tutto quello<br />
che sapeva sull’arte della cavalleria e della guerra, ed ora sto<br />
andando in cerca d’avventure e, a quanto pare, ne ho trovata<br />
almeno una; rinnovo a voi, bellissima castellana, la mia offerta<br />
<strong>di</strong> aiutarvi in questo frangente”.<br />
Come si venne a sapere nel campo avversario chi fosse il<br />
nuovo arrivato e da quale maestro avesse appreso l’arte delle<br />
93
armi, molti armigeri se n’andarono velocemente con grande<br />
scorno del cavaliere fellone. Alla fine della gran fuga degli<br />
asse<strong>di</strong>anti, il castello <strong>di</strong> Beaumepaire si ritenne definitivamente<br />
in salvo e tutti poterono festeggiare degnamente l’avvenimento<br />
con canti e giuochi pieni <strong>di</strong> spirito, con Parsifal, <strong>di</strong> cui nessuno<br />
sapeva ancora il nome, come ospite d’onore del gran festino. Le<br />
portate e l’ottimo vino si susseguono in modo veramente<br />
serrato, a tal punto che alla fine, Parsifal non si ricordò cosa<br />
avesse fatto quella notte o come fosse finito a letto;<br />
Biancofiore, invece, se ne ricordò benissimo, anche perché,<br />
finito che fu il festino, era giaciuta col misterioso ed aitante<br />
ospite, facendosi impalmare in modo intenso, a tal punto che<br />
non riuscì più a trattenere un grido <strong>di</strong> piacere, <strong>di</strong>straendosi della<br />
propria verginità, rimanendo incinta.<br />
Qualche tempo dopo, Biancofiore, che nel frattempo aveva<br />
partorito il figlio concepito in quell’occasione, raggiunse<br />
Parsifal alla corte <strong>di</strong> re Artù, dove restò per parecchio tempo<br />
come dama <strong>di</strong> compagnia della regina Ginevra. Passarono così<br />
<strong>di</strong>versi anni, durante i quali Parsifal tornava a corte, tra<br />
un’avventura e la altra; durante quelle visite, ritornò a giacere<br />
con la moglie, la quale rimase nuovamente incinta, dando la<br />
luce, a tempo debito, un secondo maschietto che fu battezzato<br />
col nome <strong>di</strong> Lohengrin.<br />
Durante quelle stesse visite <strong>di</strong> cui godeva Parsifal, anche<br />
Lancillotto si dava molto da fare, a corte, facendo sovente visita<br />
e compagnia, in modo molto intimo, alla propria regina<br />
Ginevra, dando motivo a più <strong>di</strong> un sospetto all’intiera corte, che<br />
portò i propri timori all’orecchio d’Artù, che fece capire <strong>di</strong> non<br />
curarsi assolutamente della questione e lasciando tranquilli i<br />
due amanti.<br />
Capitolo 15<br />
Il mattino successivo alla festa, Parsifal riprese la propria<br />
strada prima che fosse l’alba, ma prima <strong>di</strong> partire si congedò<br />
dalla bellissima Biancofiore, con queste parole e richiesta:<br />
94<br />
mai quelle dame sono gia pronte alle finestre come se<br />
dovessero aspettare qualunque grande avvenimento?” ma<br />
quella non proferì parola. Imme<strong>di</strong>atamente si presentò sulla<br />
soglia anche il barcaiolo e Galvano ripeté la domanda anche al<br />
suo ospite, il quale, pieno <strong>di</strong> ritrosia, prese a <strong>di</strong>re: ”Messere,<br />
dovete sapere che quel castello è pieno <strong>di</strong> gioielli,<br />
estremamente rari, in quantità, inoltre al centro v’è uno<br />
splen<strong>di</strong>do letto che se ci si corica bisogna lasciar andare la<br />
speranza <strong>di</strong> tornarne vivi”. Galvano non si fece intimi<strong>di</strong>re da<br />
quella descrizione e, rivoltosi al barcaiolo, <strong>di</strong>sse: ”Messere vi<br />
chiedo d’accompagnarmi nel castello per poter smentire quanto<br />
m’avete appena raccontato”. Il buon uomo acconsentì con<br />
molto terrore, e partirono imme<strong>di</strong>atamente, arrivando subito<br />
alle porte del maniero, presso le quali il barcaiolo lasciò solo il<br />
prode cavaliere. Imme<strong>di</strong>atamente cinquecento cavalieri, con i<br />
relativi scu<strong>di</strong>eri, presero in consegna Galvano e<br />
l’accompagnarono all’interno del castello, dove fu accu<strong>di</strong>to da<br />
cinquecento dame <strong>di</strong> gran classe, finché, giunta la notte,<br />
Galvano fu fatto coricare su d’un meraviglioso letto dorato, al<br />
quale erano applicate numerose campanelle d’oro fissate con<br />
corde d’argento sedutosi sul letto per svestirsi, Galvano notò<br />
che le lenzuola erano cosparse da numerosi cuscini, sui quali<br />
erano cuciti enormi topazi che brillavano a tal punto da<br />
offuscare i numerosi ed enormi ceri che erano sparsi nella<br />
lussuosa stanza. Pronto che fu per la notte, Galvano finalmente<br />
si coricò sul letto, tenendo a portata <strong>di</strong> mano le proprie armi, e<br />
prese subito sonno, ma in quello stesso istante, settecento<br />
quadrelli sibilarono per la stanza, ferendo solo lievemente il<br />
prode cavaliere, che ebbe l’accortezza <strong>di</strong> ripararsi <strong>di</strong>etro il<br />
proprio scudo. Terminati che furono i quadrelli, Galvano fu<br />
assalito da un orrendo leone, che prese a graffiare lo stesso<br />
scudo <strong>di</strong> Galvano, reagendo d’istinto, il cavaliere prese la<br />
propria spada ed ammazzò la belva, che perse i propri artigli,<br />
lasciandoli attaccati allo scudo stesso.<br />
275
itrovò completamente sconfitto e dovette cedere cavallo e<br />
strada al prode Galvano, che s’accinse a <strong>di</strong>rigersi verso il<br />
castello. Galvano non fece in tempo a percorrere metà della<br />
strada che da un fiume lì vicino si presentò al suo cospetto un<br />
barcaiolo, che prese a <strong>di</strong>re: ”Tempo fa il cavaliere che avete<br />
sconfitto, mi promise il cavallo del perdente, se gli avessi<br />
concesso l’uso, a scopo <strong>di</strong> duello, del campo su cui vi siete<br />
battuti or ora e che è <strong>di</strong> mia proprietà. Ora messere, chiedo a<br />
voi il dovuto per quanto è successo”<br />
”Quel farabutto che ho appena battuto per ben due volte, vi<br />
promise questo, buon uomo? Lo sapete che tempo fa gli furono<br />
tolti gli speroni e la spada, per essersi comportato contro ogni<br />
legge della cavalleria nei confronti <strong>di</strong> una dama? Io, in ogni<br />
modo non sono così ingrato come quel bifolco che ho battuto,<br />
quin<strong>di</strong> ve lo concedo come vostro servitore, per ripagarvi del<br />
danno subito dal vostro campo su cui ho duellato”<br />
”Vedo, messer cavaliere, che siete molto più giusto <strong>di</strong> quel<br />
tipo laggiù che, da quel che mi <strong>di</strong>te, s’era fregiato in modo<br />
ignobile del titolo <strong>di</strong> pala<strong>di</strong>no, senza averne il <strong>di</strong>ritto. A <strong>di</strong>re il<br />
vero, la sua presenza supera notevolmente i cinquecento<br />
stalloni che mi ha dato finora, quin<strong>di</strong> penso d’essere<br />
sufficientemente ricambiato, anche se v’ospito entrambi nella<br />
mia <strong>di</strong>mora, per la cena e la notte, dato che ormai è inutile<br />
qualsiasi guado, visto che sta visibilmente calando la notte”.<br />
Quella sera Galvano ed Urians furono trattati con ogni onore<br />
fino l’ora <strong>di</strong> cena, quando mangiarono <strong>di</strong>vinamente tutto quello<br />
che il barcaiolo e sua moglie prepararono per loro, quin<strong>di</strong><br />
andarono tutti quanti a dormire con enorme felicità nel cuore.<br />
Il mattino successivo, Galvano si svegliò per primo, alquanto<br />
per tempo rispetto al sorgere del sole, e come fu pronto, guardò<br />
imme<strong>di</strong>atamente verso il castello, trovandovi ancora le dame ai<br />
posti nelle loro finestre. In quel momento Galvano si voltò<br />
verso l’ingresso della casa del boscaiolo e vi vide la splen<strong>di</strong>da<br />
figlia, alla quale chiese: ”Bella madamina, potreste <strong>di</strong>rmi come<br />
274<br />
”Mia signora per me è stato un grande onore servirvi in questo<br />
modo, ma ormai è giunto il momento <strong>di</strong> andarmene a farmi<br />
investire ufficialmente cavaliere. A tal proposito vi devo<br />
chiedere la grazia <strong>di</strong> in<strong>di</strong>carmi un buon re che può fare questa<br />
cosa che a me sta molto a cuore”<br />
”In questo momento esiste un solo re in tutta la Britannia che<br />
può farti un favore del genere, questi è re Artù <strong>di</strong> Camelot, se<br />
vuoi <strong>di</strong>ventare veramente un cavaliere come si deve, è<br />
necessario che tu ti rivolga a lui”<br />
”Di grazia dove posso trovare, adesso, questo potentissimo<br />
signore che può tanto in tutta la Britannia?”<br />
”Ora come ora puoi trovarlo, secondo le mie fonti, nella sua<br />
reggia principale a Camelot”<br />
”Ti ringrazio, mia signora per tutte queste notizie, ma ora devo<br />
proprio chiedere congedo a malincuore dalla tua presenza ed<br />
andarmene alla volta <strong>di</strong> quel formidabile re così potente”, a<br />
ragion del vero il povero Parsifal era veramente addolorato <strong>di</strong><br />
lasciare quella splen<strong>di</strong>da creatura dai capelli dorati, sì<br />
squisitamente acconciati che quasi ne svenne, pur <strong>di</strong> rimanere<br />
in sua compagnia, ma l’onore gli impose <strong>di</strong> prendere<br />
definitivamente la propria strada, con l’augurio <strong>di</strong> poterla<br />
rincontrare, un giorno non troppo lontano.<br />
Dopo due soli giorni a pieno galoppo, Parsifal arrivò alla corte<br />
<strong>di</strong> re Artù; trovata che ebbe una guar<strong>di</strong>a, gli <strong>di</strong>sse: ”Buon<br />
uomo, sono giunto fin qui dalle lontane terre <strong>di</strong> Camaalot per<br />
essere preso tra le sue compagini come cavaliere”. Nell’u<strong>di</strong>re<br />
quelle parole, il soldato guardò il suo interlocutore in modo<br />
alquanto stupito, poi scoppiò a ridere fino a piangerne; come si<br />
fu ripreso, il soldato <strong>di</strong>sse: ”Ma non ti sei visto, zoticone, come<br />
sei vestito? Vattene via <strong>di</strong> qua prima che ti faccia sbattere nelle<br />
segrete del castello”. Sentendosi così sbertucciato, Parsifal<br />
s’in<strong>di</strong>gnò alquanto. Ripresosi dal colpo veramente in fretta,<br />
rispose: ”Anche se l’aspetto ti ha tratto in inganno, signor<br />
soldato, sappi che sono <strong>di</strong> nobili origini e mi è stato insegnato a<br />
95
destreggiarmi con qualunque tipo d’arma conosciuta in questo<br />
mondo, quin<strong>di</strong> guidami dal tuo re perché m’investa cavaliere<br />
come desidero”. Il soldato, sentendosi così aggre<strong>di</strong>to, si calmò<br />
subito e prese a <strong>di</strong>re: ”Se è questo che vuoi ti accontento subito,<br />
seguimi dappresso, altrimenti rischi <strong>di</strong> perderti”<br />
Pochi minuti dopo Parsifal fu al cospetto <strong>di</strong> re Artù, al quale<br />
s’inchinò incon<strong>di</strong>zionatamente. Vedendo tanto ossequio, Artù<br />
sorrise amichevolmente e <strong>di</strong>sse: ”Giovanotto ho sentito il<br />
motivo per cui ti sei presentato a me, ma se non conosco nulla<br />
<strong>di</strong> te, come posso farti cavaliere?”<br />
”Sire, lungo la strada che mi ha condotto a voi, ho liberato il<br />
castello <strong>di</strong> Beaumepaire da un crudele asse<strong>di</strong>o in cui era cinto,<br />
salvando così una splen<strong>di</strong>da fanciulla da matrimonio nemmeno<br />
combinato”<br />
”Quanto hai fatto, giovinetto, è stato molto lodevole, ma<br />
purtroppo non posso far altro che nominarti scu<strong>di</strong>ero,<br />
nell’attesa <strong>di</strong> saper altro su <strong>di</strong> te”. In quel mentre entrò nella<br />
sala Keu, il siniscalco, per sentire quanto stava succedendo; una<br />
damigella della corte, conoscendolo come infido e ciarliero, gli<br />
si rivolse <strong>di</strong>cendo: ”Signor siniscalco, cosa siete venuto a fare<br />
alla presenza del re, senza essere stato interpellato? Avete<br />
intenzione <strong>di</strong> sparlare ai quattro venti ed alle spalle <strong>di</strong> quel<br />
povero ragazzo che è venuto a chiedere <strong>di</strong> entrare a corte,<br />
<strong>di</strong>ventando scu<strong>di</strong>ero reale?”, a quelle parole Keu si rivoltò<br />
verso la ragazza e le <strong>di</strong>ede un manrovescio sulla guancia tale da<br />
farle sanguinare il naso e mandarla a terra piangente. La<br />
poverina, come si fu ripresa, andò imme<strong>di</strong>atamente ai pie<strong>di</strong> del<br />
trono e, piangendo ancora, <strong>di</strong>sse al re: ”Sire, avete visto cosa<br />
fece il fellone sotto i vostri occhi e davanti all’intiera corte? Ora<br />
chiedo giustizia <strong>di</strong> quanto successe”. Subito Parsifal, pensando<br />
quanto fosse importante per se stesso il momento, <strong>di</strong>sse: ”Sire,<br />
chiedo d’esser io a <strong>di</strong>fendere l’onore <strong>di</strong> questa poverina così<br />
pesantemente <strong>di</strong>sonorata davanti a tutti”, ma non ebbe finito <strong>di</strong><br />
parlare che il perfido siniscalco era sparito dalla circolazione,<br />
96<br />
ma ricordatevi anche che lo vi<strong>di</strong> battersi altre volte, rimanendo<br />
sempre imbattuto sino ad ora”, quin<strong>di</strong> la dama, da vigliacca,<br />
voltò il proprio destriero e scomparve dal campo <strong>di</strong> battaglia,<br />
mentre Galvano, in quello stesso istante, si vide costretto a<br />
duellare senza che ne provasse alcun desiderio. Capendo lo<br />
stato d’animo <strong>di</strong> Galvano, il misterioso cavaliere alzò la celata<br />
del proprio elmo, svelandosi imme<strong>di</strong>atamente per<br />
quell’infingardo d’Urians, al che Galvano montò in furia e<br />
<strong>di</strong>sse: ”Finalmente sono riuscito a raggiungervi, fellone che non<br />
siete altro, preparatevi imme<strong>di</strong>atamente a morire, per il solo<br />
motivo d’avermi <strong>di</strong>sonorato in modo così orribile portandomi<br />
via in modo sì meschino il cavallo”. Urians si mise a ridere in<br />
modo veramente smodato, <strong>di</strong>cendo: ”Pivellino che non siete<br />
altro, messer Galvano, e voi dovrete un giorno regnare sul<br />
nobile stato <strong>di</strong> Svezia? Ma se non riuscite a tenere a bada un<br />
cavallo, figuriamoci un intiero stato; ma voglio essere buono<br />
con voi, se riuscirete a battermi per ben due volte consecutive,<br />
vi lascerò passare, oltre a restituirvi il cavallo che vi tolsi<br />
proprio poche ore fa tra le ra<strong>di</strong>ci del tiglio”, udendo quelle<br />
parole, Galvano non ci vide più dalla rabbia e partì al gran<br />
galoppo, puntando dritto al petto d’Urians, che parò<br />
imme<strong>di</strong>atamente il colpo, dando inizio, così, al primo scontro,<br />
nel quale ben presto Urians rimase sconfitto molto duramente.<br />
Riavutosi dalla botta, Urians prese imme<strong>di</strong>atamente fiato, poi<br />
<strong>di</strong>sse: ”Messer Galvano vi siete comportato da vero vigliacco<br />
per partire all’attacco così all’improvviso, senza darmi il tempo<br />
<strong>di</strong> prepararmi a dovere, ma ad ogni caso devo darvi atto che<br />
questo primo duello lo avete vinto egregiamente, ora<br />
pren<strong>di</strong>amoci qualche minuto <strong>di</strong> riposo, poi vi chiedo<br />
imme<strong>di</strong>atamente <strong>di</strong> ripartire con la seconda serie d’attacchi”.<br />
Finito il periodo <strong>di</strong> pausa che avevano pattuito, Galvano ed<br />
Urians si rimisero in posizione ed iniziarono il secondo duello<br />
che avrebbe dovuto sancire il vincitore della <strong>di</strong>sfida; anche in<br />
questo caso le cose finirono in breve tempo, perché Urians si<br />
273
passai ben una luna intiera a mangiare assieme ai cani <strong>di</strong> re<br />
Artù vostro zio, prima <strong>di</strong> riuscire ad essere riscattato da una<br />
situazione cosi avvilente per il mio onore”. Galvano finalmente<br />
si ricordò dell’accaduto e <strong>di</strong>sse: ”Mi sovvengo della cosa, sir<br />
Urians, ma vi faccio notare che, mentre mangiavate con i cani,<br />
io vi <strong>di</strong>fesi contro ogni ragione, ma mio zio vi fece inter<strong>di</strong>re<br />
anche dall’uso delle armi, cacciandovi da Camelot nel modo<br />
più <strong>di</strong>sonorevole possibile e vi <strong>di</strong>co un’altra cosa, venni a<br />
sapere in seguito che voi violaste quell’inter<strong>di</strong>zione, portando<br />
fino ad ora l’armatura completa e tentaste, inoltre, d’abusare<br />
vergognosamente d’una povera donna che non vi cedette il<br />
passo”. Sentendosi così svergognato, Urians voltò il cavallo e<br />
<strong>di</strong>sparve velocemente, senza <strong>di</strong>re assolutamente nulla,<br />
lasciando a pie<strong>di</strong> il prode Galvano. Tornata che fu la calma,<br />
Galvano tentò <strong>di</strong> spiegare il tutto ad Orgeluse, la quale approvò<br />
il comportamento <strong>di</strong> Galvano e <strong>di</strong> re Artù, infine <strong>di</strong>sse: ”Messer<br />
Galvano, v’avevo malgiu<strong>di</strong>cato, ma è giunto il momento <strong>di</strong><br />
risolvere quella faccenda con le armi, infatti bisogna che ci<br />
sbrighiamo a raggiungere quel manigoldo prima che spariscano<br />
le sue tracce”, allora Orgeluse gli <strong>di</strong>ede il ronzino <strong>di</strong><br />
Malcreature, quin<strong>di</strong> partirono tutti assieme all’inseguimento.<br />
Capitolo 49<br />
Dopo tanto cavalcare, i tre inseguitori arrivarono ad un bosco<br />
molto esteso, ove Galvano decise <strong>di</strong> montare in sella, dopo aver<br />
camminato sino ad allora, facendo penare alquanto il macilento<br />
ronzino che gli avevano dato, cavalcando al piccolo passo.<br />
Durante il tragitto, Galvano alzò un attimo lo sguardo dal<br />
sentiero e si ritrovò davanti ad un gran<strong>di</strong>oso e splen<strong>di</strong>do<br />
castello, guardandolo meglio, i tre compagni notarono che<br />
numerosissime dame, forse ad<strong>di</strong>rittura quattrocento, s’erano<br />
affacciate a delle finestre, ma subito Orgeluse s’avvide che dal<br />
castello era uscito un cavaliere e gli s’avvicinò, <strong>di</strong>cendogli:<br />
”Messere se siete venuto fuori da quelle mura per duellare,<br />
sappiate che il mio cavaliere è pronto a battervi fin da subito,<br />
272<br />
quin<strong>di</strong> al giovine non rimase che rimandare al momento più<br />
propizio la vendetta sull’affronto subito dalla ragazza.<br />
Vedendo tutta quell’irruenza Artù ci ripensò e prese a <strong>di</strong>re:<br />
”Giovinotto, ho visto quanto basta per convincermi ad investirti<br />
cavaliere sul momento, se non fosse per alcune regole ferree a<br />
cui non puoi assolutamente sottrarti”, cosicché quella notte<br />
stessa Parsifal rimase in penitente me<strong>di</strong>tazione nella cappella<br />
palatina <strong>di</strong> Camelot, facendo sì che il mattino successivo re<br />
Artù potesse investirlo convenientemente cavaliere.<br />
Durante il successivo banchetto, alquanto imponente vista<br />
l’occasione, si presentò a corte un cavaliere completamente<br />
vermiglio che, prese a <strong>di</strong>re, con tono alquanto altezzoso: ”Re<br />
Artù <strong>di</strong> Camelot, voi un tempo m’avete sottratto <strong>di</strong>versi beni<br />
che m’appartengono, quin<strong>di</strong> vi richiedo l’imme<strong>di</strong>ata<br />
restituzione davanti a quest’illustre corte che vi segue ovunque,<br />
rispettandovi per quel che non vi meritate”, detto ciò sottrasse<br />
dalla regale mensa alcuni calici molto pregiati ornati <strong>di</strong><br />
numerose pietre preziose, quin<strong>di</strong> s’allontanò da corte veramente<br />
sod<strong>di</strong>sfatto <strong>di</strong> quanto aveva fatto.<br />
Imme<strong>di</strong>atamente Parsifal brandì una lancia appoggiata alla<br />
vicina parete ed inseguì velocemente l’inverecondo cavaliere,<br />
raggiungendolo nei pressi <strong>di</strong> un bosco alla <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> un’auna<br />
dal castello. Raggiunto che ebbe il fellone, Parsifal gli bloccò il<br />
passo, <strong>di</strong>cendo: ”Messere, doveste restituire tutto quanto avete<br />
sottratto a torto dalla mensa del buon re, altrimenti mi<br />
costringete a sfidarvi in duello in questo stesso posto”.<br />
L’impavido si guardò nuovamente attorno per vedere se<br />
qualcun altro avrebbe seguito Parsifal, poi <strong>di</strong>sse: ”Se il duello<br />
volete, siete imme<strong>di</strong>atamente sod<strong>di</strong>sfatto, giovinetto, perché<br />
non ho intenzione <strong>di</strong> restituire quanto ho portato via dalla<br />
mensa <strong>di</strong> quello sciagurato, quin<strong>di</strong> tienti pronto a tornartene<br />
in<strong>di</strong>etro <strong>di</strong>sonorato, perché sicuramente ti batterò al primo<br />
assalto” iniziando imme<strong>di</strong>atamente il primo assalto, senza dare<br />
il tempo a Parsifal <strong>di</strong> prepararsi adeguatamente. Resosi conto<br />
97
del pericolo, Parsifal scansò il colpo del primo assalto ed iniziò<br />
ad apostrofare il perfido in questo modo: ”Oltre che ladro siete<br />
anche <strong>di</strong>sonorato, dato che non date il tempo ai vostri avversari<br />
<strong>di</strong> preparare l’assalto come si deve, ora tocca a voi <strong>di</strong>fendervi<br />
come potete”. Finito <strong>di</strong> parlare, Parsifal mise la propria lancia<br />
in resta a parti a spron battuto, <strong>di</strong>sarcionando il cavaliere<br />
vermiglio e <strong>di</strong>sarticolandogli la spalla in modo talmente brutto<br />
da non potersi mai più riavere, cosicché Parsifal lo spogliò<br />
dell’armatura che portava con tanto <strong>di</strong>sonore tenendosela per se<br />
quando tornò lestamente alla corte <strong>di</strong> Camelot, assieme a tutta<br />
la refurtiva. Grazie a quell’impresa, Parsifal ebbe gran fama,<br />
anche se tutti erano in grande imbarazzo perché non si<br />
conosceva il suo nome, infatti il giovine si era presentato come<br />
il Puro Folle, dato che era così che alla sua corte era chiamato.<br />
A questo punto Artù interruppe il racconto della damigella e<br />
<strong>di</strong>sse: ”Dopo aver sentito le tue parole, splen<strong>di</strong>da fanciulla, mi<br />
sovvengo <strong>di</strong> tutto ciò che mi hai raccontato, ma successe gia<br />
alcuni anni fa, non so che fine abbia fatto quel coraggioso<br />
giovinetto”<br />
”State buono, sire, che il mio racconto non è ancora<br />
terminato”<br />
Finiti che furono i festeggiamenti per la vittoria <strong>di</strong> Parsifal,<br />
quest’ultimo chiese u<strong>di</strong>enza a re Artù <strong>di</strong>cendo: ”Sire è ormai<br />
molto tempo che manco da casa, e non so come stia mia madre<br />
ed il resto della mia corte, chiedo a voi <strong>di</strong> potermi allontanare il<br />
tempo necessario per andare a trovare il mio parentado”. Artù,<br />
avendo visto quanto gli era stato utile il giovane cavaliere a<br />
sconfiggere il cavaliere vermiglio, ci pensò alcuni minuti, poi<br />
rispose: ”Cavaliere, la richiesta che mi avete fatto è più che<br />
legittima, quin<strong>di</strong> vi concedo la possibilità d’andare alla ricerca<br />
dei vostri parenti e vedere se sono ancora in vita ed in piena<br />
salute, ora siete congedato dalla mia presenza”<br />
Capitolo 16<br />
98<br />
si rivolse a Galvano <strong>di</strong>cendo: ”Messer Galvano, vi conviene<br />
non servire in quel modo la mia signora, altrimenti rischiate<br />
d’essere <strong>di</strong>sonorato ed ad<strong>di</strong>tato come stolto”, a quegli accenti,<br />
Galvano il colpi sulla testa, gettandolo a terra, ma nel gesto<br />
rimase ferito alla mano, tanto i capelli <strong>di</strong> Malcreature erano<br />
ispi<strong>di</strong>. Vedendo la scalfittura, Galvano si tranquillizzò<br />
imme<strong>di</strong>atamente curandola, così poterono rimontare tutti quanti<br />
in sella e riprendere il sentiero, giungendo ben presto dal<br />
cavaliere ferito. Subito Galvano s’avvicinò al ferito e lo curò<br />
con quanto aveva raccolto; nel frattempo il cavaliere riprese i<br />
sensi e, accorgendosi della presenza d’Orgeluse, prese a <strong>di</strong>re:<br />
”V’avverto, messere, che è colei che v’accompagna, la causa<br />
dei miei problemi, quin<strong>di</strong> vi consiglio d’allontanarla al più<br />
presto”. In quel mentre il cavaliere iniziò a sentirsi meglio,<br />
quin<strong>di</strong> riprese a <strong>di</strong>re: ”Vi ringrazio, messere per le cure che mi<br />
state pro<strong>di</strong>gando, ma è giunto il momento, se non v’incomodo,<br />
d’accompagnarmi presso un ospizio che ho visto qui vicino”, il<br />
vigliacco non fece in tempo a finire <strong>di</strong> pronunciare quelle<br />
parole, che s’impossessò con inaspettata velocità del cavallo <strong>di</strong><br />
Galvano e fuggi al gran galoppo, lasciando lo stesso Galvano a<br />
bocca aperta.<br />
A quella scena, Orgeluse si mise a ridere sguaiatamente, poi<br />
<strong>di</strong>sse: ”Messer cerusico, non siete stato in grado <strong>di</strong> riconoscere<br />
un vile ladro <strong>di</strong> cavalli che si spacciava per cavaliere e sapere<br />
che s’era procurato apposta quelle ferite per trarvi in inganno?”,<br />
ma Galvano non gli stava dando ascolto, perché nello stesso<br />
momento gli sovvenne d’aver gia visto da qualche parte le<br />
fattezze <strong>di</strong> quel vile cavaliere, senza però ricordarsi né dove né<br />
quando. Nel frattempo il perfido cavaliere era tornato in<strong>di</strong>etro,<br />
attratto da quanto stava <strong>di</strong>cendo Orgeluse e, vedendo la faccia<br />
così interrogativa d’Ivano, ne indovinò l’interrogativo e prese a<br />
<strong>di</strong>re: ”Messere, vedo che vi ricordate <strong>di</strong> me, anche se non<br />
riuscite a <strong>di</strong>re dove e quando c’incontrammo, sappiate dunque<br />
che io sono sir Urians, che fui battuto da voi stesso in duello e<br />
271
col nome d’Orgeluse”, intanto Galvano proseguiva per la<br />
propria strada arrivando velocemente al luogo in<strong>di</strong>catogli, nel<br />
frattempo continuava a domandarsi il perché <strong>di</strong> quelle parole<br />
<strong>di</strong>sperate che gli rivolgevano in continuazione. Preso che ebbe<br />
il cavallo, Galvano fu fermato da un vecchio cavaliere che<br />
prese a <strong>di</strong>re: ”Male<strong>di</strong>co davanti a te, messere, quella perfida<br />
donna che è Orgeluse, perché ha mandato a morte atroce e certa<br />
moltissimi pala<strong>di</strong>ni e la stessa fine farete sicuramente anche<br />
voi, se non ve n’andate imme<strong>di</strong>atamente senza accontentare la<br />
benché minima richiesta <strong>di</strong> colei che deve essere tenuta alla<br />
larga per la sua infamia”. Galvano ignorò totalmente quelle<br />
parole e, preso il cavallo alla briglia, ritornò sui suoi passi<br />
senza batter ciglio. Ritornato che fu da Orgeluse, Galvano gli<br />
consegnò il cavallo, ma questa prese a <strong>di</strong>re: ”Messer<br />
Sottomesso come posso usarvi adesso, che m’avete <strong>di</strong>mostrato<br />
la vostra fedeltà, procurandomi la mia cavalcatura preferita?<br />
Per ora non importa, seguitemi dove io sto per andare e vedrò<br />
sul momento cosa posso farvi fare”. Galvano s’offese parecchio<br />
per quelle parole, tanto che prese a <strong>di</strong>re: ”Madamigella<br />
Orgeluse, non vi sembra <strong>di</strong> calcare troppo la mano nella vostra<br />
superbia nei miei confronti? Sappiate in ogni caso che v’amo<br />
follemente e vi continuerò a servire finché non sarò ripagato del<br />
vostro cuore”.<br />
Durante il viaggio, Galvano si fermò <strong>di</strong>verse volte per cogliere<br />
delle erbe e ra<strong>di</strong>ci per poter curare meglio il cavaliere che<br />
riposava sotto il tiglio, nel vedere quelle numerose fermate e<br />
non capendone il motivo, Orgeluse, ancora veramente perfida,<br />
prese a <strong>di</strong>re: ”Messere, siete veramente galante se raccogliete<br />
tutti quegli aromi solamente per me, altrimenti mi scappa detto<br />
che voi avete dei gusti mangerecci veramente caprini", ma<br />
Galvano fece finta <strong>di</strong> niente, anche perché in quel momento il<br />
paggio della crudele, che si chiamava Malcreature (degno<br />
fratello, in fatto <strong>di</strong> bellezza, dell’orrida Kundry), si fece notare<br />
in lontananza. Arrivato che fu a portata d’orecchio, Malcreature<br />
270<br />
Fu così che Parsifal prese la strada del ritorno verso casa,<br />
verso vera il giovinetto giunse ad uno splen<strong>di</strong>do castello,<br />
circondato da un triplice fossato. Una volta che Parsifal fu<br />
abbastanza vicino, un numeroso gruppo <strong>di</strong> paggi gli si fece<br />
incontro, proveniente proprio dal castello medesimo, e gli<br />
<strong>di</strong>ssero: ”Signore siete stato lungamente atteso dal proprietario<br />
<strong>di</strong> quel castello che vedete a breve <strong>di</strong>stanza da noi”<br />
”Di grazia posso sapere il nome <strong>di</strong> un re talmente potente da<br />
permettersi un castello così grande e bello?”.<br />
”Cavaliere curioso, non sai nemmeno il tuo nome e vuoi<br />
sapere come gli altri vengono nomati? Per quanto riguarda il<br />
tuo nome, non dovrai saperlo ancora per qualche tempo, invece,<br />
per rispondere alla tua molesta domanda, sappi che in quel<br />
castello vi abita il Ricco Re Pescatore, che desidera gia da<br />
molto tempo incontrarti, perché egli sa chi tu sei”. A quella<br />
risposta insolente, Parsifal non riuscì più rispondere nulla e<br />
decise <strong>di</strong> entrare nel castello al seguito dei paggi senza proferire<br />
parola finché non fosse ripartito il giorno successivo. Una volta<br />
che il giovine fu sistemato a dovere presso il dolente re, un<br />
giovine paggio entrò da una porta laterale, reggendo una lancia<br />
insanguinata, imme<strong>di</strong>atamente l’intiera corte iniziò a piangere<br />
sommessamente, finché la funesta arma non fu uscita dalla<br />
porta <strong>di</strong> fronte, ma Parsifal continuò a tacere.<br />
Imme<strong>di</strong>atamente si aprì una porta d’acciaio e ne uscirono sei<br />
fanciulle: due portavano in mano dei candelabri d’oro, mentre<br />
le rimanenti reggevano dei pie<strong>di</strong>stalli d’avorio che posarono<br />
davanti al Ricco Re Pescatore. Imme<strong>di</strong>atamente entrarono altre<br />
quattro fanciulle reggenti dei candelabri dorati, mentre un<br />
gruppo d’altre quattro ragazze reggevano una lastra trasparente<br />
<strong>di</strong> notevole valore che fu posato sui pie<strong>di</strong>stalli e si misero in un<br />
angolo con le precedenti compagne. In quell’istante entrarono<br />
altre quattro fanciulle che posarono sul cristallo dei coltelli<br />
preziosissimi, come tutto fu pronto entrò dalla stessa porta la<br />
regina vergine Rapente de Schoye, accompagnata da altre sei<br />
99
agazze, portando il sacro Graal coperto da un drappo verde<br />
d’achmer<strong>di</strong>, mentre le fanciulle che l’accompagnavano<br />
tenevano in mano altrettanti candelabri in cui ardevano delle<br />
fiale d’olio aromatizzato che furono posati sul cristallo davanti<br />
al Ricco Re Pescatore. Imme<strong>di</strong>atamente furono approntate<br />
cento tavolate dalle can<strong>di</strong>de tovaglie, alle quali davano servizio<br />
quattro paggi per tavolata, due a tagliare le pietanze, mentre i<br />
rimanenti le <strong>di</strong>stribuivano ai commensali, assieme alle bevande.<br />
Imme<strong>di</strong>atamente entrarono nella sala quattro grossi carri carichi<br />
<strong>di</strong> coppe che furono <strong>di</strong>stribuite imme<strong>di</strong>atamente ai commensali,<br />
finita che fu la <strong>di</strong>stribuzione <strong>di</strong> quanto era gia in sala, cento<br />
paggi circondarono il Graal in preghiera; come i giovinetti si<br />
furono rialzati, iniziarono a <strong>di</strong>stribuire il pane che avevano<br />
ricevuto in raccoglimento. Finalmente tutti i commensali<br />
protesero le proprie mani ottenendo in cibo ed in bevande<br />
quanto più gra<strong>di</strong>to da mangiare e da bere in abbondanza; nel<br />
frattempo Parsifal continuava a tacere ricordandosi alcuni degli<br />
insegnamenti <strong>di</strong> Gurnemanz, mentre tutti mangiavano, si<br />
sentirono alcuni cantori misteriosi cantare la seguente sacra<br />
canzone:<br />
Onorate questo Santo pasto,<br />
Pro<strong>di</strong> eroi, cavalieri del Santo Calice.<br />
Onorate il Signore del Santo Graal,<br />
Voi che sete alla mia mensa.<br />
Amfortas, onora il nipote<br />
Venuto apposta per portare sollievo<br />
Alla tormentata vita<br />
Di un saggio e triste sire.<br />
Il Puro Folle giunse<br />
In queste mura per portare<br />
A termine una missione,<br />
Quando si farà avanti per compierla?<br />
Il pasto santo giunge a termine<br />
E la missione fallisce;<br />
100<br />
sono sicuro <strong>di</strong> poterlo battere con estrema facilità”. Finito che<br />
ebbe la me<strong>di</strong>cazione, Galvano <strong>di</strong>sse: ”Messer cavaliere, non<br />
siete ancora completamente guarito, ma vi prometto che come<br />
v’avrò ven<strong>di</strong>cato in quella superba città, ritornerò portandomi<br />
ad<strong>di</strong>etro quanto <strong>di</strong> più utile potrò trovare per curarvi al meglio”,<br />
quin<strong>di</strong> salutò la giovane e sfortunata coppia, prendendo la<br />
strada che gli era stata in<strong>di</strong>cata, giungendo ben presto alla città<br />
<strong>di</strong> Logroys. Lungo la strada, Galvano incontrò una splen<strong>di</strong>da<br />
damigella e se ne innamorò al primo sguardo, avvicinatosi<br />
ulteriormente, Galvano gli si rivolse e <strong>di</strong>sse: ”Madamigella,<br />
posso cedervi il mio braccio, assieme al cuore, che mi batte in<br />
petto?”. La bella sconosciuta sorrise in modo impertinente, poi<br />
<strong>di</strong>sse: ”Lo accetterei volentieri, il vostro braccio, ma non vi ho<br />
mai visto prima, in vita mia, quin<strong>di</strong> scusatemi, messere, se sono<br />
così scontrosa nei vostri confronti, comunque sappiate che il<br />
mio nome è Orgeluse ed abito nella città <strong>di</strong> Logroys che vedete<br />
laggiù, ma ora parlatemi un po' <strong>di</strong> voi, così posso fidarmi della<br />
vostra presenza”<br />
”Se volete sapere chi avete <strong>di</strong> fronte, allora v’accontento<br />
subito; il mio nome è Galvano, principe <strong>di</strong> Svezia, nipote <strong>di</strong> re<br />
Artù <strong>di</strong> Camelot e cavaliere della Tavola Rotonda, pronto per<br />
servirvi”. Orgeluse s’illuminò ulteriormente in viso e <strong>di</strong>sse:<br />
”Allora siete voi quell’infingardo <strong>di</strong> cui ho sentito tanto parlare,<br />
molto bene, se volete essere il mio cavalier servente, vi do<br />
imme<strong>di</strong>atamente il primo compito per mostrarmi la vostra<br />
fedeltà. Dovete entrare in città a pie<strong>di</strong> ed andarmi a prendere il<br />
mio cavallo che legai presso un ulivo nella piazza principale <strong>di</strong><br />
Logroys. Vi vedo preoccupato inutilmente, se state pensando al<br />
vostro cavallo, perché lo accu<strong>di</strong>rò io personalmente in vostra<br />
assenza”. A quelle parole, Galvano si rinfrancò alquanto e si<br />
<strong>di</strong>resse <strong>di</strong> buon passo verso la porta citta<strong>di</strong>na che era poco<br />
<strong>di</strong>stante. Come fu entrato in città, Galvano sentiva tutta la gente<br />
che incontrava, a <strong>di</strong>re: ”Povero cavaliere, farà una gran brutta<br />
fine per colpa <strong>di</strong> quella perfida donna che si presenta agli ignari<br />
269
ebbero moltissime avventure ed ancor più scontri armati, poi,<br />
dopo molto vagare si separarono per seguire i propri destini.<br />
Capitolo 48<br />
Un giorno Galvano arrivò ad una radura, ove s’imbatté in uno<br />
scudo orribilmente squarciato ed un cavallo con i finimenti<br />
d’amazzone, entrambi legati al ramo d’un tiglio. Girato che<br />
ebbe attorno al magnifico albero, Galvano s’imbatté in una<br />
fanciulla seduta sul trifoglio del campo e che emanava tristezza<br />
e dolore in modo infinito, allora Galvano s’avvicinò per vedere<br />
se la bella presenza avesse bisogno d’aiuto. Subito, però,<br />
s’accorse che quella giovinetta teneva tra le braccia un<br />
cavaliere morente, al che Galvano si fece ancora più dappresso<br />
e le <strong>di</strong>sse, scendendo <strong>di</strong> sella: ”Salve a te cara damigella, vedo<br />
che avete bisogno d’aiuto per poter salvare il vostro amato,<br />
cosa posso fare per voi?”. La giovinetta lo guardò un attimo<br />
con sorpresa, visto che non l’aveva u<strong>di</strong>to arrivare, poi abbozzò<br />
un sorriso molto triste e rispose: ”Messere può fare qualcosa<br />
per aiutare il mio amato, qui presente, che è stato crudelmente<br />
ferito?”. Galvano non <strong>di</strong>sse nulla, perché aveva capito la gravità<br />
del momento, e staccò un ramo dalla pianta che li sovrastava,<br />
quin<strong>di</strong> lo scorticò, ricavandone, con la corteccia, una cannuccia<br />
e, posatala sulle ferite del cavaliere, n’aspirò il sangue infetto,<br />
salvandolo da morte certa. Ripresi che ebbe i sensi, il cavaliere<br />
vide Galvano e, intuendo che era vivo grazie a lui, prese a <strong>di</strong>re:<br />
”Messere non so assolutamente come ringraziarvi per avermi<br />
salvato. Però vi devo avvertire <strong>di</strong> una cosa: il signore locale,<br />
nomato Gwelljus, balivo della città <strong>di</strong> Logroys, è una persona<br />
molto crudele, responsabile, inoltre, delle ferite che m’avete or<br />
ora così sapientemente curato”<br />
Intanto Galvano aveva iniziato a fasciare le ferite del<br />
cavaliere, poi <strong>di</strong>sse: ”Messere vi ringrazio per la segnalazione<br />
<strong>di</strong> quest’avventura così interessante, ma non dovete<br />
assolutamente preoccuparvi per la mia incolumità, anche se il<br />
mio avversario è molto più crudele <strong>di</strong> quanto m’avete detto,<br />
268<br />
Il saggio sire è condannato<br />
A trista vita, che fa il nipote?<br />
La notte è fonda,<br />
Il folle sia ospitato<br />
Ma domani ignominiosamente<br />
Sia <strong>di</strong>scacciato.<br />
Finito il pasto le tavole furono sparecchiate e portate via, nel<br />
frattempo Amfortas si avvicinò a Parsifal, porgendogli una<br />
splen<strong>di</strong>da spada e gli <strong>di</strong>sse: ”Giovinotto, vorrei che prendessi<br />
questa spada in segno della mia ospitalità, ma ti prego fa sentire<br />
la tua voce”, purtroppo non ottenne nessun suono dal fanciullo,<br />
dopo<strong>di</strong>chè andarono tutti a dormire.<br />
Durante la notte Parsifal non riuscì a dormire come si doveva,<br />
finalmente arrivò l’alba ed il giovine cavaliere si vestì ed armò<br />
completamente da solo ed andò nella sala del trono per<br />
prendere congedo dal Ricco Re Pescatore, da tutti conosciuto<br />
anche come Amfortas, ma non incontrò nessuno nell’intiero<br />
castello, allora Parsifal se ne stupì alquanto e si <strong>di</strong>sse: ”Visto<br />
che nessuno mi concede u<strong>di</strong>enza per prendere debito congedo<br />
da questa corte, mi converrà andarmene senza ottenerlo” e,<br />
salendo in sella, se n’andò dal castello.<br />
Una volta che Parsifal fu sul ponte levatoio, un paggio lo<br />
richiamò e gli <strong>di</strong>sse: ”Sii maledetto, cavaliere infingardo,<br />
speravamo che tu fosti la persona giusta per alleviare il nostro<br />
dolore. Non hai aperto bocca per tutta la serata, quin<strong>di</strong> adesso<br />
sei scacciato con tutta l’onta e <strong>di</strong>sonore che meriti”. Purtroppo<br />
Parsifal non riuscì a comprendere quanto gli era stato detto,<br />
<strong>di</strong>fatti si voltò nuovamente verso il castello e chiese: ”Paggio,<br />
che ho fatto per meritarmi questo trattamento e la male<strong>di</strong>zione<br />
che mi hai lanciato?”, il paggio non <strong>di</strong>sse più niente e rientrò<br />
nel castello, lasciando Parsifal veramente perplesso, così cercò<br />
le tracce <strong>di</strong> quegli strani cavalieri, perdendone imme<strong>di</strong>atamente<br />
le trecce, la qual cosa lo fece soffrire parecchio che però non si<br />
101
perse d’animo e prese la decisione d’andare alla ricerca<br />
d’avventure per annegare la sofferenza che aveva nel cuore.<br />
Dopo <strong>di</strong>versi giorni <strong>di</strong> vagabondaggini, Parsifal incontrò una<br />
fanciulla che piangeva sul cadavere <strong>di</strong> un cavaliere e, fermatosi,<br />
le <strong>di</strong>sse: ”Madamigella, chi siete e come mai piangete così<br />
<strong>di</strong>speratamente sul corpo <strong>di</strong> quel giovine?”. La ragazza alzò lo<br />
splen<strong>di</strong>do viso, rigato dalle lagrime, sullo sconosciuto e <strong>di</strong>sse:<br />
”Cavaliere, finalmente siete arrivato a consolare la povera<br />
Sigurne che piange la per<strong>di</strong>ta del caro amante per mano <strong>di</strong> un<br />
perfido cavaliere che lo uccise a tra<strong>di</strong>mento”<br />
A quelle parole, Parsifal sguainò la spada donatagli la sera<br />
prima e <strong>di</strong>sse: ”Se avete subìto entrambi un torto per colpa <strong>di</strong><br />
un fellone, visto che il vostro più alto amore ne ha perso<br />
ad<strong>di</strong>rittura la vita, io sono pronto a fargli espiare l’orrenda<br />
colpa”. La giovinetta cambiò imme<strong>di</strong>atamente espressione e,<br />
sorpresa, bloccò il braccio del giovane cavaliere che gli stava<br />
davanti e <strong>di</strong>sse: ”Voi, in verità, siete mio cugino Parsifal, vi<br />
riconosco imme<strong>di</strong>atamente perché state brandendo la spada del<br />
Ricco Re Pescatore nostro amatissimo zio, ma devo anche<br />
dedurre che pur essendo stato al suo cospetto, voi non avete<br />
proferito parola nei suoi confronti né <strong>di</strong> nostro nonno Titurel,<br />
dato che stanno entrambi languendo in atroci dolori dovuti ad<br />
un’antica colpa”<br />
”Cara cugina effettivamente vengo da uno strano luogo ovi vi<br />
erano ospitati due vegliar<strong>di</strong> veramente sofferenti che<br />
presiedevano ad un cerimoniale alquanto enigmatico alla vista”<br />
”Devi sapere, caro cugino, che la spada donata alla tua<br />
persona dal malandato zio, possiede enormi poteri che dovrai<br />
scoprire da solo, sappi comunque che esiste una parola magica<br />
da usarsi in caso che quest’arma sia infranta, ora chinati che<br />
devo bisbigliartela all’orecchio, visto che nessuna altra creatura<br />
vivente la deve conoscere”. Detta che ebbe la parola magica,<br />
Sigurne riprese a parlare, <strong>di</strong>cendo: ”Cugino, spero che tu abbia<br />
102<br />
promessa, a chi posso rivolgermi per evitare l’onta che vi ho<br />
appena rivelato?”. Imme<strong>di</strong>atamente uno dei consiglieri si fece<br />
avanti e <strong>di</strong>sse: ”Sire, possiamo usare quel perfido cavaliere che<br />
viene nomato Galvano e che è vostro rivale nella vostra stessa<br />
corte e vedrete che non declinerà la vostra generosa offerta”.<br />
Subito Wergulaht accettò la proposta, sperando fino in fondo<br />
che Galvano accettasse e lo comunicò al cavaliere che alla<br />
notizia fece finta <strong>di</strong> gioire enormemente all’idea <strong>di</strong><br />
ricongiungersi ai propri compagni, nascondendo la notizia che<br />
la cerca del Graal era gia conclusa da qualche tempo, essendo<br />
stato ritrovato da Parsifal ed i suoi compagni al Monsalvato.<br />
Contemporaneamente a Galvano, gioirono anche la<br />
bell’Antikonie e Kingrimursel il langravio. Ripresisi tutti dalla<br />
notizia, Galvano si rivolse a Kingrimursel e gli <strong>di</strong>sse: ”Visto<br />
che m’avete aiutato durante l’asse<strong>di</strong>o e devo ripartire per questa<br />
nuova cerca, che ne <strong>di</strong>te <strong>di</strong> seguirmi nelle imprese che mi<br />
spettano in questo periodo, sir Kingrimursel?”<br />
”Accetto ben volentieri la vostra offerta d’avventure, ma<br />
prima non credete che sia meglio la riconciliazione con me ed il<br />
mio ormai antico signore?” Galvano ammise che ormai non si<br />
ricordava assolutamente più della <strong>di</strong>sfida in cui dovevano<br />
affrontarsi, quin<strong>di</strong> si fecero ricevere da Wergulaht per avere il<br />
permesso d’andarsene. Imme<strong>di</strong>atamente Wergulaht li fece<br />
entrare al proprio cospetto, al che Galvano prese a <strong>di</strong>re:<br />
”Messere, io ed il vostro langravio siamo pronti per partire, ma<br />
prima desidero riconciliarmi con voi e considerare <strong>di</strong>menticato<br />
il duello che abbiamo in sospeso, inoltre desidereremmo il<br />
vostro congedo per la partenza alla nostra cerca”. Wergulaht<br />
s’alzò dal suo seggio, <strong>di</strong>cendo: ”Messer Galvano considerate il<br />
duello a cui v’avevo sfidato alla corte <strong>di</strong> vostro zio come<br />
affrontato, quin<strong>di</strong> regna la pace tra <strong>di</strong> noi; ora potete essere<br />
congedati e partire al mio posto per la cerca del Santo Graal”.<br />
Una volta che i due compagni furono usciti, Galvano rivelò al<br />
langravio l’atroce burla del compagno, quin<strong>di</strong> partirono ed<br />
267
che in quel momento erano in enorme <strong>di</strong>fficoltà. Vedendo che<br />
il più forte rappresentante del loro villaggio si schierava<br />
assieme a coloro che tentavano <strong>di</strong> linciare, i villani si <strong>di</strong>spersero<br />
imme<strong>di</strong>atamente, lasciando solo ed annichilito il re, che<br />
abbassò imme<strong>di</strong>atamente la spada, trovandosi all’improvviso<br />
completamente solo ad affrontare quella situazione così<br />
imbarazzante. Una volta che Wergulaht fu <strong>di</strong>sarmato, Antikonie<br />
e Kingrimursel gli s’avvicinarono, <strong>di</strong>cendo: ”Signore nostro,<br />
col vostro atto avete infamato l’onore <strong>di</strong> questa casa e della<br />
vostra famiglia, nonché <strong>di</strong> slealtà nei confronti della<br />
consuetu<strong>di</strong>ne sull’ospitalità, quin<strong>di</strong> ci sentiamo in dovere <strong>di</strong><br />
portarvi in giu<strong>di</strong>zio davanti ad una giuria <strong>di</strong> vostri pari”.<br />
Wergulaht chinò il capo perché aveva capito l’errore che aveva<br />
commesso, poi <strong>di</strong>sse: ”Riconosco d’aver sbagliato nello<br />
schierarmi con i rivoltosi, in quanto erano stati sobillati contro<br />
un ospite, che presso <strong>di</strong> noi è sacro, ma ora non è il momento<br />
<strong>di</strong> comparire davanti ai miei pari, perché quest’uomo in realtà è<br />
messer Galvano principe <strong>di</strong> Svezia, a cui avevo giurato eterno<br />
o<strong>di</strong>o. Purtroppo per ora non posso far niente, ma desidero una<br />
cosa nel frattempo: sir Kingrimursel ed il cavaliere con cui s’è<br />
schierato siano controllati ed accu<strong>di</strong>ti da te, mia buona sorella,<br />
finché non sarà deciso il da farsi”, Antikonie s’inchinò a quel<br />
nuovo or<strong>di</strong>ne del fratello, quin<strong>di</strong> si de<strong>di</strong>cò al langravio ed a<br />
Galvano con enorme amore.<br />
Intanto Wergulaht riunì i suoi consiglieri più fidati ed iniziò a<br />
<strong>di</strong>re: ”È arrivato presso il mio castello colui che feci sfidare in<br />
duello perché tempo fa, quando ero ancora infante, uccise il<br />
caro padre. Inoltre devo rivelare una cosa che fino adesso non<br />
conosce ancora nessuno: alcuni giorni fa sfidai in duello sir<br />
Parsifal, rimanendo battuto, alla fine mi fece giurare <strong>di</strong> trovare<br />
entro l’anno il Santo Graal, in alternativa mi promise <strong>di</strong><br />
spe<strong>di</strong>rmi a Pelripaire e <strong>di</strong> consegnarmi alla signora <strong>di</strong> quel<br />
luogo, ma la cosa avrebbe voluto <strong>di</strong>re il mio <strong>di</strong>sonore e<br />
grand’onta per la mia famiglia. Ora però devo mantenere la<br />
266<br />
aperto bocca vedendo tanta sofferenza tra i tuoi parenti più<br />
stretti”<br />
”A <strong>di</strong>re il vero, cugina, mi è stato insegnato <strong>di</strong> non proferir<br />
parola quando si vede un avvenimento che non si riesce a<br />
comprendere, e questo era uno <strong>di</strong> quei casi, così ho preferito il<br />
silenzio più assoluto”<br />
A quelle parole, Sigurne s’in<strong>di</strong>gnò tremendamente ed iniziò a<br />
<strong>di</strong>re: ”Maledetto che non sei altro, Parsifal <strong>di</strong> Camaalot, non ti<br />
ren<strong>di</strong> conto che tacendo hai mandato totalmente in rovina uno<br />
dei più flori<strong>di</strong> paesi del mondo?”. Vedendo che il cugino<br />
chinava il capo sconsolato, Sigurne riprese a <strong>di</strong>re, in tono molto<br />
minaccioso: ”Ora vattene dalla mia vita, non sei degno <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>fendere l’onore d’alcuno se prima non riparerai quest’estremo<br />
<strong>di</strong>sastro”, creando in questo modo un enorme rimorso nel<br />
povero Parsifal.<br />
Capitolo 17<br />
Alcuni giorni dopo l’incontro con la cugina, Parsifal incontrò<br />
una sua vecchia conoscenza, infatti la sua strada s’incrociò con<br />
la splen<strong>di</strong>da Ieschute, completamente nuda, che,<br />
riconoscendolo, gli <strong>di</strong>sse: ”Scellerato che non sei altro, ti<br />
ricor<strong>di</strong> <strong>di</strong> me e cosa facesti tempo fa? Ve<strong>di</strong> come sono stata<br />
ridotta per colpa tua?”. Parsifal la contemplò per qualche<br />
istante. Infine prese parola e <strong>di</strong>sse: ”Mi spiace, madamigella,<br />
ma non mi sovviene d’aver infranto nessun co<strong>di</strong>ce cavalleresco<br />
od offeso alcuno quando v’incontrai l’altra volta, anzi feci tutto<br />
quanto secondo tutti i co<strong>di</strong>ci d’onore tuttora vigenti”, a queste<br />
parole Ieschute si mise a piangere dalla <strong>di</strong>sperazione. Parsifal si<br />
fece avanti per consolarla, ma si ritirò imme<strong>di</strong>atamente<br />
sorpreso, <strong>di</strong>cendo: ”Madamigella, voi siete completamente<br />
nuda, cosa vi è successo dopo che vi ho lasciato? Nel frattempo<br />
vorrei potervi rivestire” a quell’offerta Ieschute arrossì<br />
visibilmente. Subito si riprese e <strong>di</strong>sse: ”Cavaliere, nonostante<br />
quanto voi faceste tempo fa, ora vi sono grata <strong>di</strong> quanto mi<br />
avete offerto, ma è meglio che fuggiate perché il mio antico<br />
103
promesso sposo Orilus mi ha imposto questa punizione per<br />
o<strong>di</strong>o nei confronti <strong>di</strong> noi due; anzi se vi trova ha giurato <strong>di</strong><br />
uccidervi sul momento, senza darvi il tempo <strong>di</strong> prepararvi<br />
all’assalto”<br />
”Se quel manigoldo vuole un duello, <strong>di</strong> che si faccia vivo<br />
perché non vedo l’ora <strong>di</strong> poterlo battere e ristabilire il vostro<br />
onore”, in quel momento uscì dal folto del bosco Orilus, il<br />
quale iniziò a guardarsi intorno con un fare molto sospettoso.<br />
Subito il perfido vide Parsifal e <strong>di</strong>sse: ”Tu hai osato guardare e<br />
parlare con costei che non dovrebbe vedere ne rivolgere verbo<br />
con alcuno finché non avrà scontato la sua punizione oppure si<br />
troverà chi la <strong>di</strong>sonorò tempo fa”. Parsifal non ci vide più dalla<br />
rabbia e <strong>di</strong>sse: ”Sono io che incontrai la vostra splen<strong>di</strong>da<br />
damigella allora, ma non feci nulla per <strong>di</strong>sonorarla, anzi agii<br />
secondo tutti i co<strong>di</strong>ci cavallereschi, ma se proprio vuoi tentare<br />
la sorte in duello, sono gia pronto a batterti”. Il perfido Orilus<br />
non ci mise molto ad urlare: ”Mi cercavi per svergognarmi<br />
ulteriormente, eccomi qua, ora preparati a batterti e perdere”<br />
Detto questo, il perfido cavaliere partì all’assalto, sperando <strong>di</strong><br />
prendere Parsifal <strong>di</strong> sorpresa, ma quest’ultimo lo scansò con<br />
una mossa repentina e gli assestò un violento colpo con la<br />
lancia sul petto. Imme<strong>di</strong>atamente Orilus riprese la carica e ferì<br />
Parsifal ad una spalla, ma quest’ultimo lo ferì al braccio che<br />
sosteneva lo scudo; nessuno dei due era ferito in modo<br />
particolarmente grave, quin<strong>di</strong> presero mano alle spade ed<br />
iniziarono a menare fendenti tremen<strong>di</strong>, finché Orilus non crollò<br />
a terra dalla stanchezza e dalle numerosissime ferite subite.<br />
Ripresosi che fu dalla terribile lotta, Orilus si rialzò a fatica, al<br />
che Parsifal gli si fece vicino, <strong>di</strong>cendogli: ”Ora ti ho battuto a<br />
tutti gli effetti, quin<strong>di</strong> t’impongo <strong>di</strong> riconciliarti con costei<br />
imme<strong>di</strong>atamente”. Nell’imme<strong>di</strong>ato, Orilus <strong>di</strong>sse: ”Non otterrai<br />
mai quanto mi hai appena richiesto”<br />
Imme<strong>di</strong>atamente Orilus fu assalito da un atroce dolore alle<br />
ferite, allora <strong>di</strong>sse: ”D’accordo, non posso fare altro che<br />
104<br />
guardò malamente e poi <strong>di</strong>sse: ”Messere vi concedo il fatto<br />
d’essere d’aspetto veramente invitante, ma finché non<br />
conoscerò chi voi siate e quale sia il vostro retaggio, sarò<br />
costretta a chiudervi il mio cuore agli assalti amorosi”<br />
Galvano annuì gravemente, poi <strong>di</strong>sse: ”Non posso darvi torto,<br />
bella madamigella, dato che vi sono parecchi uomini che si<br />
spacciano per cavalieri, pur non avendone nessun titolo in<br />
merito; per quanto mi riguarda, avete ogni garanzia che il mio<br />
lignaggio è veramente eccelso, dato che sono noto sotto il nome<br />
<strong>di</strong> Galvano, principe <strong>di</strong> Svezia, cavaliere della Tavola Rotonda<br />
e nipote <strong>di</strong> re Artù, signore del reame <strong>di</strong> Camelot”. Sentendo<br />
che l’ospite era <strong>di</strong> tale lignaggio, Antikonie cedete<br />
imme<strong>di</strong>atamente alle lusinghe del bel cavaliere, cadendo subito<br />
tra le sue braccia. Intanto che l’amore tra i due stava<br />
sbocciando, un vecchio cavaliere li sorprese e riconobbe in<br />
Galvano l’antico assassino del suo signore, padre della<br />
bell’Antikonie, subito, senza farsi sentire, andò nel villaggio ai<br />
pie<strong>di</strong> del castello e prese a <strong>di</strong>re: ”Miei carissimi amici e<br />
compagni d’avventure, sappiate che per un crudele inganno, i<br />
nostri buoni padroni stanno ospitando all’interno del nostro<br />
onorato maniero colui che ammazzò vilmente il nostro buon re,<br />
<strong>di</strong>versi anni fa. Finalmente c’è data la possibilità <strong>di</strong> ven<strong>di</strong>care<br />
quell’antico ed orribile affronto, che ci sta orrendamente<br />
portando nella più gran <strong>di</strong>sperazione”, subito quanti sentirono<br />
quelle parole corsero a casa e s’armarono con quanto riuscirono<br />
a trovare e si <strong>di</strong>ressero alla sala del trono nel tentativo <strong>di</strong><br />
linciare lo sfortunato Galvano. Sentendo il tumulto, i due<br />
amanti riuscirono a scappare appena in tempo, con Galvano che<br />
recuperò <strong>di</strong> corsa le proprie armi, e riuscirono a salvarsi in una<br />
vicina torre che barricarono velocemente, riuscendo a resistere<br />
sino all’arrivo del prode Wergulaht, il quale, vedendo la<br />
situazione, si schierò vilmente assieme a coloro che stavano<br />
asse<strong>di</strong>ando il torrione, mentre il locale langravio, Kingrimursel,<br />
si fece largo tra la folla ed andò a dar manforte ai due giovani<br />
265
che mi sono trattenuto presso le vostre auguste presenze per<br />
troppo tempo, vedendo anche che in questa corte non v’è più<br />
necessità dei miei servigi, quin<strong>di</strong> chiedo umilmente licenza <strong>di</strong><br />
continuare l’avventura che avevo precedentemente iniziato”.<br />
Subito prese la parola Lyppaut in persona e <strong>di</strong>sse: ”Messer<br />
Galvano, dato che così vi chiamate, il mio cuore si <strong>di</strong>spera per<br />
la vostra partenza, ma dato che non potete farne a meno, vi<br />
devo concedere a malincuore la licenza <strong>di</strong> partire, augurandovi<br />
a nome <strong>di</strong> tutta la mia corte buona fortuna per quest’avventura<br />
che avete intrapreso quando siete capitato presso la mia umile<br />
<strong>di</strong>mora” a quel congedo, Galvano salutò tutti quanti e, salito in<br />
sella al proprio destriero, riprese la strada intrapresa<br />
completamente solo.<br />
Capitolo 47<br />
Tempo dopo, Galvano giunse ad Ascalona, dove ad attenderlo<br />
trovò re Wergulaht, il quale intuendo che si trattasse d’un gran<br />
cavaliere, senza conoscerne l’identità, gli s’avvicinò e <strong>di</strong>sse:<br />
”Messere, siate il benvenuto nella mia città, purtroppo io devo<br />
assentarmi per alcune <strong>di</strong>spute nei villaggi dei <strong>di</strong>ntorni, ma<br />
seguite pure il mio paggio che v’accompagnerà al cospetto <strong>di</strong><br />
mia sorella Antikonie che saprà fare egregiamente le mie veci<br />
durante l’assenza forzata a cui sono costretto”. Galvano accettò<br />
l’invito, anche perché era proprio il maniero in cui doveva<br />
arrivare per ottemperare il duello a cui era stato sfidato davanti<br />
al suo amatissimo re e zio, oltre che hai suoi cari compagni <strong>di</strong><br />
tante avventure, quin<strong>di</strong> seguì ben volentieri il paggetto.<br />
Arrivato che fu al castello, col paggetto al seguito, Galvano fu<br />
accolto da Antikonie con ogni onore e gli <strong>di</strong>sse: ”Messer<br />
cavaliere siete veramente il benvenuto nel mio umile maniero,<br />
vedrete che in mia compagnia godrete d’un soggiorno<br />
veramente come l’avete sempre sognato”, ma subito la bella<br />
Antikonie s’accorse che Galvano la stava guardando con un<br />
certo interesse, perché effettivamente era una ragazza<br />
veramente splen<strong>di</strong>da. Sentendosi così osservata, la damigella lo<br />
264<br />
accettare le tue con<strong>di</strong>zioni, senza trattare, Ieschute ti perdono<br />
quanto hai subito a causa della mia gelosia”. A quelle parole,<br />
Parsifal si rivolse nuovamente ad Orilus e gli <strong>di</strong>sse: ”Bene,<br />
cavaliere bifolco, ora pren<strong>di</strong> le tue cose e la tua compagna –<br />
come questi ebbe preso, Parsifal riprese a <strong>di</strong>re – ora andate a<br />
Camelot, presso la corte <strong>di</strong> re Artù e consegnatevi a lui come<br />
prigionieri a nome mio”<br />
Due giorni dopo il duello, Orilus arrivò alla corte <strong>di</strong> re Artù,<br />
ove ritrovò una piccola sorpresa, infatti incontrò sua sorella<br />
Cunnewere, colei che era stata <strong>di</strong>sonorata da Keu e <strong>di</strong>fesa da<br />
Parsifal stesso. Ritrovatasi che furono i due fratelli, lei raccontò<br />
al congiunto quanto successe, alla fine del racconto, Orilus<br />
<strong>di</strong>sse: ”Chi tu stai descrivendomi ha mandato a questa corte<br />
dopo avermi battuto a leale duello, quin<strong>di</strong> è da lodare due volte,<br />
la prima perché mi ha fatto aprire gli occhi, la seconda perché<br />
mi ha dato la possibilità <strong>di</strong> ritrovarti sana e salva, sorella mia”.<br />
Finite che furono le fraterne effusioni, la bella Cunnewere andò<br />
dal re e, prostratasi, gli <strong>di</strong>sse: ”Signore vi chiedo l’onore <strong>di</strong><br />
organizzare un banchetto celebrativo, perché ritrovai dopo tanto<br />
tempo l’amato fratello ed è il momento <strong>di</strong> festeggiare il lieto<br />
evento”. Finalmente la corte si riunì il giorno <strong>di</strong> san Giovanni<br />
con grande stupore dei regnanti della zona e gioia <strong>di</strong> tutti i<br />
cavalieri della tavola rotonda; purtroppo non ci poterono essere<br />
né Galvano, il nipote preferito del re, ma neppure Lancillotto,<br />
perché entrambi lontani per giungervi per tempo, nonostante<br />
queste due importanti assenze, al banchetto vi presero parte non<br />
meno <strong>di</strong> cinquecento persone.<br />
Prima che si fossero seduti tutti quanti, Merlino s’avvicinò al<br />
re e, all’orecchio del re, gli <strong>di</strong>sse: "State attento, mio signore,<br />
che ben presto avremo una visita inaspettata”.<br />
Al che Artù <strong>di</strong>sse: "Non preoccuparti, mio saggio Merlino,<br />
quando sarà il momento saprò bene che fare”, in quel momento<br />
il banchetto ebbe inizio<br />
105
Tra la prima e la seconda portata, il banchetto fu interrotto<br />
dall’ingresso nella sala <strong>di</strong> tre damigelle: la prima delle tre<br />
cavalcava una mula albina con un frontale d’oro, la sella<br />
d’avorio tempestata <strong>di</strong> pietre preziose, mentre la fanciulla<br />
portava vesti splen<strong>di</strong>de, <strong>di</strong> seta, ed un copricapo tempestate <strong>di</strong><br />
gemme, il quale nascondeva la sua con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> Dama Calva,<br />
inoltre aveva preso l’abitu<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> portare il braccio al collo,<br />
sorretto da una stola d’oro e <strong>di</strong> poggiare il tutto su <strong>di</strong> un cuscino<br />
ornato <strong>di</strong> campanellini dorati. La seconda era più giovane e<br />
montava su <strong>di</strong> uno splen<strong>di</strong>do cavallo come se fosse un ragazzo<br />
e portava <strong>di</strong>etro <strong>di</strong> se una cassetta, sopra alla quale era posato<br />
un cagnolino ed al collo era stato messo uno scudo dalle bande<br />
argento ed azzurro, con una croce vermiglia ed un ambone<br />
d’oro, infine veniva la terza damigella, la più bella in assoluto<br />
delle tre, che andava a pie<strong>di</strong>, accudendo alle due cavalcature.<br />
Una volta che tutte e tre furono notate a dovere, la Dama<br />
Calva si avvicinò alla mensa reale ed iniziò a <strong>di</strong>re: ”Ho bisogno<br />
<strong>di</strong> parlare col proprietario <strong>di</strong> questo splen<strong>di</strong>do maniero,<br />
qualcuno sarebbe così gentile da in<strong>di</strong>carmelo senza esitazione?”<br />
Al che Artù si alzò in pie<strong>di</strong> e prese a <strong>di</strong>re: ”Mia cara e<br />
splen<strong>di</strong>da damigella, chi cercate sono io, cosa posso fare per<br />
aiutare tre così belle dame?”<br />
Allora la Dama Calva gli si rivolse, <strong>di</strong>cendo: ”Sire, sappiate<br />
questo, presto avrete la visita del cavaliere che è destinato alla<br />
conquista del Santo Graal, al quale dovrete consegnare lo scudo<br />
che porta la mia compagna a cavallo”. Artù rimase perplesso<br />
per alcuni secon<strong>di</strong>, poi <strong>di</strong>sse: ”Mia signora come potrò<br />
riconoscere questo cavaliere se non lo conosco neppure, anche<br />
se mi aspettavo da tempo la sua visita?”<br />
Allora la Dama Calva alzò momentaneamente gli occhi al<br />
cielo e, sospirando, prese a <strong>di</strong>re: ”Sire vi sono due cose che ve<br />
lo faranno riconoscere; la prima sarà uno scudo vermiglio<br />
recante un cervo bianco, secondariamente il cagnolino che sta<br />
sulla cassetta farà le feste solo a chi sarà destinato a tale<br />
106<br />
proprio volto, ma da <strong>di</strong>etro la celata abbozzò un sorriso molto<br />
irrisorio e <strong>di</strong>sse: ”Messer Meljackanz sarò felice d’impartirvi<br />
una dura lezione <strong>di</strong> cavalleria e dell’uso delle armi se ì quello<br />
che desiderate”, fu così che i due cavalieri s’affrontarono<br />
duramente e Meljackanz si rivelò ancor più terribile <strong>di</strong> Meljanz<br />
stesso, ma alla fine fu battuto anche lui. A quel punto la<br />
battaglia e l’asse<strong>di</strong>o non ebbero più ragione d’essere, quin<strong>di</strong><br />
l’esercito invasore si ritirò, mentre Meljanz e Obie si<br />
guardavano negli occhi, poi la superba principessa abbassò lo<br />
sguardo e <strong>di</strong>sse: ”Avete <strong>di</strong>mostrato d’essere un cavaliere<br />
d’onore, sir Meljanz, quin<strong>di</strong> avete conquistato il <strong>di</strong>ritto sul mio<br />
cuore e sulla mia mano. Posso affermare, inoltre, che il vostro<br />
comportamento mi ha portato a riappacificarmi con voi”. Finito<br />
che ebbe <strong>di</strong> riappacificarsi col suo signore, l’altera Obie si<br />
rivolse all’intiera corte ivi presente e <strong>di</strong>sse: ”Miei fi<strong>di</strong> amici e<br />
parenti, vi comunico che nei prossimi giorni ho intenzione <strong>di</strong><br />
portare all’altare questo cavaliere e re, che s’è rivelato puro <strong>di</strong><br />
cuore”, la notizia rese felici tutti i presenti che si lasciarono<br />
andare in grida <strong>di</strong> gioia più sfrenata, durante i quali fu cantata la<br />
seguente canzone:<br />
Due giovani vite vengono oggi<br />
Unite nel Santo Vincolo Nuziale;<br />
Felici ora sono Coloro che fino<br />
A ieri erano infelici e separati.<br />
Lei infelice ed altera, Obie<br />
La bella ora nomata felice<br />
Lui prode ed anche più triste<br />
Meljanz gioioso è nomato.<br />
Grazie al prode Galvano<br />
Fautore <strong>di</strong> tanta felicità<br />
Giovanile dopo che convinse<br />
Meljanz a mostrare onore.<br />
Finiti che furono i festeggiamenti, Galvano si presentò a<br />
Lyppaut ed ai due giovani sposi, <strong>di</strong>cendo: ”Miei signori, sento<br />
263
Subito prese la bell’Obilot per le mani e, alzatala, <strong>di</strong>sse:<br />
”Madamigella, non credevo che la situazione fosse così<br />
<strong>di</strong>sperata, quando vostro padre mi fece la sua richiesta, ma ora<br />
che mi avete aperto gli occhi non posso far altro che aiutare voi<br />
e vostro padre per quanto possa essere <strong>di</strong>fficile la cosa”<br />
All’alba del giorno successivo, Galvano e tutta la corte presero<br />
la prima messa mattutina, poi il cavaliere s’andò ad armare<br />
assieme agli altri pala<strong>di</strong>ni del castello e li condusse alla<br />
battaglia; verso il mezzogiorno finalmente Galvano si ritrovò <strong>di</strong><br />
fronte Meljanz, il quale non riconoscendo i colori <strong>di</strong> Galvano,<br />
gli <strong>di</strong>sse: ”Messere vedo bene dai vostri colori che siete nuovo<br />
<strong>di</strong> questa questione, ma è altresì vero che state conducendo<br />
l’esercito <strong>di</strong> Lyppaut verso la vittoria che io non vorrei a mio<br />
danno. Fatevi riconoscere cosicché possa battervi senza il<br />
dubbio del vostro anonimato”. Galvano si mise a ridere <strong>di</strong> gusto<br />
e, alzando la visiera dell’elmo, <strong>di</strong>sse: ”Io invece so chi siete<br />
voi, sir Meljanz <strong>di</strong> Liz, ma per cavalleria vi rivelerò anche la<br />
mia identità e con<strong>di</strong>zione sociale. Sappiate che vengo nomato<br />
Galvano, principe <strong>di</strong> Svezia, cavaliere della Tavola Rotonda e<br />
nipote <strong>di</strong> re Artù <strong>di</strong> Camelot e sono pronto fin da subito a<br />
battermi in duello contro <strong>di</strong> voi, per la gloria <strong>di</strong> sir Lyppaut che<br />
mi ha chiesto solennemente aiuto in questo frangente”. Finiti<br />
che furono le presentazioni, i due cavalieri si scagliarono l’uno<br />
contro l’altro, ma ben presto Meljanz fu battuto in modo<br />
<strong>di</strong>sonorevole e mandato momentaneamente al castello <strong>di</strong><br />
Lyppaut ed ivi trattenuto in attesa della fine della battaglia.<br />
A metà del pomeriggio, Galvano ebbe la seconda possibilità <strong>di</strong><br />
mettersi in mostra, in quanto gli si parò davanti anche il<br />
principe Meljackanz il quale subito gli <strong>di</strong>sse, avendolo<br />
riconosciuto: ”Messere, avete battuto e <strong>di</strong>sonorato,<br />
incarcerandolo, il mio signore e cugino Meljanz <strong>di</strong> Liz, ora<br />
chiedo sod<strong>di</strong>sfazione dell’accaduto, anche se vi temo perché vi<br />
siete rivelato estremamente bravo con qualsiasi arma, durante<br />
questa battaglia”. Galvano non si preoccupò <strong>di</strong> mostrare il<br />
262<br />
impresa. Se non ti bastassero questi segni particolari, sappiate<br />
che sarà l’unico che potrà prendere questo scudo che ora vado a<br />
poggiare sul pilastro al centro <strong>di</strong> questa sala. Ora sono<br />
spiacente, ma devo lasciare quest’assisa compagnia, ma prima<br />
<strong>di</strong> permettetemi <strong>di</strong> portarvi i saluti del Ricco Re Pescatore, mio<br />
sommo signore, il quale sta soffrendo terribilmente, assieme a<br />
tutto il suo popolo perché un cavaliere incosciente omise <strong>di</strong> fare<br />
le debite domande, durante la sua visita, il quale, inoltre, fu la<br />
causa della per<strong>di</strong>ta della mia splen<strong>di</strong>da chioma e la<br />
decapitazione <strong>di</strong> centocinquanta re, le cui teste sono qui fuori<br />
sigillate in oro, argento e piombo”<br />
Finito che ebbe la Dama Calva, Keu andò alla finestra per<br />
verificare quanto detto, quin<strong>di</strong> rivolgendo lo sguardo verso il<br />
re, prese a <strong>di</strong>re: ”Mio signore, effettivamente ci sono tre carri<br />
pieni <strong>di</strong> tale mercanzia <strong>di</strong> cui parlò questa dama e sono trainati<br />
da altrettanti splen<strong>di</strong><strong>di</strong> cervi, uno più grosso dell’altro.<br />
Propongo d’abbattere quello enorme e <strong>di</strong> farlo arrostire a fuoco<br />
vivace”<br />
Keu ebbe a mala pena il tempo <strong>di</strong> terminare la frase, che<br />
subito Artù lo fulminò con lo sguardo, <strong>di</strong>cendogli, con un fil <strong>di</strong><br />
voce: ”Disgraziato <strong>di</strong> un siniscalco, quali idee ti percorrono in<br />
quella mente balorda da <strong>di</strong>re cose del genere <strong>di</strong> fronte a si fatte<br />
ospiti? Non sai che quelle tue parole sono sufficienti per farti<br />
decapitare per offesa alla sacrosanta alla sacrosanta<br />
ospitabilità?”<br />
Ma Keu non provò la minima vergogna per quanto aveva<br />
appena proferito e questo comportamento non sfuggì alla Dama<br />
Calva che prese a <strong>di</strong>re: ”Sire, il vostro siniscalco è veramente<br />
uno svergognato tale da meritare <strong>di</strong> più che la semplice<br />
decapitazione, ma non oso essere io la persona che se ne fa<br />
carico, quin<strong>di</strong> lascio a voi la facoltà <strong>di</strong> dargli la punizione che<br />
più si merita”, come la Dama Calva ebbe finito <strong>di</strong> parlare, la<br />
damigella a cavallo andò a mettere lo scudo che portava,<br />
accanto alla colonna che gli era stata in<strong>di</strong>cata e portò il<br />
107
cagnolino nelle stanze della regina. Finite che furono tutte<br />
queste cose, la Dama Calva si rivolse ad Artù e <strong>di</strong>sse: ”Sire, il<br />
mio compito verso <strong>di</strong> voi è stato portato a termine, ora vi<br />
chiedo gentilmente e doverosamente l’autorizzazione a<br />
tornarmene al mio palazzo, dove il Ricco Re Pescatore mi sta<br />
attendendo nella più totale sofferenza”<br />
Artù s’alzò dal suo scranno e <strong>di</strong>sse: ”Madamigella, siete stata<br />
molto gentile nel venirmi a trovare in siffatto giorno ed a darmi<br />
quest’ambasciata, e mi <strong>di</strong>spiace che ve n’an<strong>di</strong>ate così presto,<br />
ma se non posso fare altrimenti, vi congedo con felicità<br />
augurandovi d’avere al più presto un’altra vostra visita”, così la<br />
Dama Calva e le sue compagne ripresero la strada del ritorno,<br />
mentre il re e la sua corte finivano la portata che nel frattempo<br />
era stata portata. Finita che fu la pietanza, l’intiera corte<br />
s’affacciò alle finestre appena in tempo per vedere sparire in<br />
lontananza lo strano convoglio, quin<strong>di</strong> tutti si ritirarono ai<br />
propri tavoli, mentre Lionello prese a <strong>di</strong>re: ”Invero oggi<br />
abbiamo avuto la più strana avventura che potevamo<br />
immaginare”<br />
Merlino si fece nuovamente all’orecchio <strong>di</strong> Artù e gli <strong>di</strong>sse:<br />
"A giu<strong>di</strong>care da come è andata, <strong>di</strong>rei che Keu ha avuto fortuna<br />
con quelle tre damigelle, perché altrimenti sarebbe gia nella<br />
tomba”<br />
Finito che fu il racconto della damigella, Artù <strong>di</strong>sse: ”Ora<br />
ricordo veramente tutto ed è accaduto veramente tutto quello<br />
che avete detto per quanto mi riguarda, ma ora devo lasciarvi<br />
per tornarmene a corte, nella città <strong>di</strong> Camelot”, così <strong>di</strong>cendo, il<br />
re riprese la propria strada, arrivando ben presto a casa,<br />
domandandosi che fine avesse fatto il misterioso ragazzo che<br />
aveva fatto cavaliere e chi potesse essere colui che doveva<br />
fargli visita come predestinato a ritrovare il Santo Graal.<br />
Capitolo 18<br />
108<br />
convinse a ricevere Galvano, al quale, giunto che fu al suo<br />
cospetto, gli chiese: ”Messere, quando arrivaste qualche ora fa<br />
al mio castello, facevate mostra <strong>di</strong> voi come cavaliere e, da<br />
quello che ho saputo poi, molto ricco; nel mio maniero ho<br />
bisogno <strong>di</strong> tutto l’aiuto possibile per <strong>di</strong>fenderlo assieme al mio<br />
onore, siete <strong>di</strong>sposto ad accontentarmi?”. Galvano si mostrò<br />
molto contento <strong>di</strong> tale richiesta, ma prontamente <strong>di</strong>sse:<br />
”Messere mi sono rivolto al vostro castello per richiedere<br />
ospitalità nel mio viaggio verso il luogo del duello che temo <strong>di</strong><br />
non poter affrontare per i numerosi ritar<strong>di</strong> in cui mi sono gia<br />
imbattuto, quin<strong>di</strong> mi vedo costretto a rifiutare cortesemente la<br />
vostra richiesta, sono spiacente, ma ne va del mio onore”<br />
Lyppaut fu molto <strong>di</strong>spiaciuto per quella risposta, anche se<br />
molto cortese. In quel momento l’altera Obie s’avvicinò al<br />
padre e gli <strong>di</strong>sse: ”Mio amatissimo padre, quella sognatrice<br />
d’Obilot, vostra figlia, s’è figurata questo messere come<br />
cavaliere impavido e lo ha eletto come suo campione per<br />
l’eternità, se vuole sfruttare l’occasione, non potreste chiedere<br />
<strong>di</strong> meglio”. A quella rivelazione, Lyppaut fece chiamare la<br />
figlia minore e, come quella fu arrivata, gli <strong>di</strong>sse: ”Cara figlia,<br />
sono venuto a sapere che ti sei innamorata del nuovo venuto<br />
com’è arrivato presso la nostra corte, ti piacerebbe andarlo a<br />
trovare per convincerlo a prendere le nostre <strong>di</strong>fese in<br />
quest’asse<strong>di</strong>o senza senso?”, la bella e buon’Obilot si mostrò<br />
felice d’accontentare la richiesta del padre ed andò con enorme<br />
gioia a trovare l’ospite. Arrivata che fu da Galvano, Obilot gli<br />
si sedette ai pie<strong>di</strong> e, prese le mani del cavaliere, <strong>di</strong>sse: ”Mio<br />
signore, voi siete un perfetto pala<strong>di</strong>no, lo ho ben capito fin dal<br />
vostro arrivo, sappiate comunque che al nostro castello le cose<br />
sono veramente <strong>di</strong>sperate e speravamo che voi potevate aiutarci<br />
in tale frangente”. A quell’implorazione Galvano non seppe<br />
resistere, anche perché in quel momento si ricordò quanto gli<br />
<strong>di</strong>sse un giorno Parsifal: ”Bisogna sempre proteggere le<br />
donzelle in pericolo, in qualunque momento della tua vita”.<br />
261
sorella s’è fissata <strong>di</strong> tenersi come suo campione, è giunto al<br />
castello con un mulo stracarico <strong>di</strong> strane mercanzie, non vorrei<br />
che fosse una spia nemica venuta a vedere i nostri punti deboli<br />
per comunicarli a chi ci asse<strong>di</strong>a”. Lyppaut, seppur a<br />
malincuore, s’avvicinò alla figlia e <strong>di</strong>sse: ”L’aspetto <strong>di</strong> quel<br />
messere che mi hai fatto notare è quello d’un nobile cavaliere,<br />
anche se ti do ragione ad affermare che il carico del suo cavallo<br />
da soma potrebbe essere sospettoso, comunque or<strong>di</strong>nerò<br />
imme<strong>di</strong>atamente ad alcuni dei miei soldati <strong>di</strong> controllare”,<br />
subito alcuni armigeri furono mandati da Galvano e, aperti<br />
alcuni sacchi della soma, vi trovarono parecchi gioielli che<br />
Galvano stesso aveva avuto in dono per le sue precedenti<br />
avventure in cui aveva <strong>di</strong>feso delle pulzelle, quin<strong>di</strong> tornarono<br />
dal loro signore a riferire. Finito il resoconto, Lyppaut si rivolse<br />
all’arrogante figlia e gli <strong>di</strong>sse: ”Mia cara Obie, mi sembra che<br />
quanto abbiano trovato le nostre guar<strong>di</strong>e non siano quanto<br />
possa essere in dotazione ad una spia, soprattutto avendo<br />
sentito che erano doni delle belle <strong>di</strong> quel messere”. La perfida<br />
ragazza non desistette e <strong>di</strong>sse: ”Può anche darsi che quelle<br />
gemme che i nostri soldati hanno trovato siano falsi ricreati ad<br />
arte da costui con la magia per ingannare le nostre guar<strong>di</strong>e ed<br />
indurle ad aprire, così, le porte al nemico”<br />
Lyppaut sospirò, poi <strong>di</strong>sse: ”Farò verificare imme<strong>di</strong>atamente i<br />
tuoi sospetti, <strong>di</strong>letta e crudele figliola, sappi che non ti farò <strong>di</strong>re<br />
alcun altro accento se quanto hai sospettato risultasse falso”,<br />
così il buon principe fece sequestrare tutto il tesoro <strong>di</strong> Galvano,<br />
quin<strong>di</strong> chiamò un esperto in gioielli e fece ispezionare le<br />
gemme contenute nella soma. Controllata che ebbe anche<br />
l’ultima gemma, l’esperto si rivolse a Lyppaut <strong>di</strong>cendogli:<br />
”Messere quel tesoro è tutto vero fino all’ultimo pezzo, se<br />
pensavate ad accusare il proprietario d’essere un falsario, vi<br />
dovete ricredere completamente, non c’è possibilità <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>sonorare una persona così ricca che evidentemente e anche<br />
molto potente”. A quel parere così autorevole, Lyppaut si<br />
260<br />
Qualche giorno dopo il giorno <strong>di</strong> Pentecoste, alla corte <strong>di</strong><br />
Camelot si tenne una gran festa ed Artù, assieme alla bella<br />
moglie Ginevra, si presentarono all’intiera corte in tutta la loro<br />
regalità nella cappella reale, durante la cerimonia religiosa, i<br />
cantori palatini presero a cantare le seguenti parole:<br />
Spirito Santo scen<strong>di</strong> sul tuo popolo<br />
Qui raccolto in preghiera in tuo onore<br />
Fai in modo che esso sia satollo<br />
Del tuo ardore nei nostri confronti.<br />
Spirito Santo porta al tuo popolo<br />
Il perdono del Padre che sta in cielo<br />
E fa in modo che anch’esso<br />
Sia veicolo del perdono verso gli altri.<br />
Finita che fu la messa del mattino, Artù fece chiamare Keu, il<br />
siniscalco, <strong>di</strong>cendogli: ”Mio fido cavaliere è arrivato il<br />
momento d’iniziare ad imban<strong>di</strong>re le tavole per avere un<br />
banchetto come si deve, hai qualche obiezione da fare come al<br />
solito?”. Keu si corrucciò parecchio per questa richiesta del suo<br />
re, infatti <strong>di</strong>sse: ”Mio sire e signore, non è uso imban<strong>di</strong>re le<br />
tavole, prima che un’avventura non sia stata proclamata,<br />
soprattutto in feste come questa!”. Artù si mise a ridere <strong>di</strong><br />
gusto, quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>sse: ”Keu è vero che hai sempre qualcosa da<br />
obbiettare, ma oggi il tuo appunto cade a proposito, perché<br />
effettivamente l’avventura non è ancora stata proclamata;<br />
stabilita la cosa riunisco tutti i miei cavalieri presenti attorno<br />
alla tavola rotonda per decidere in merito”, quin<strong>di</strong> tutti i<br />
presenti si avviarono verso i propri seggi attorno a<br />
quell’onorata tavola. Una volta che tutti furono seduti, videro<br />
una cosa veramente pro<strong>di</strong>giosa, infatti sul seggio periglioso una<br />
mano misteriosa vi aveva impresso a caratteri d’oro le seguenti<br />
parole:”nel giorno <strong>di</strong> Pentecoste si dodrà aspettare colui che<br />
dovrà occupare questo seggio tanto ambito”<br />
Vedendo il pro<strong>di</strong>gio, Lancillotto si alzò e, presa la parola,<br />
prese a <strong>di</strong>re: ”Miei cari compagni e ottimo sire, vi faccio notare,<br />
109
se la memoria non m’inganna, che il giorno <strong>di</strong> Pentecoste è<br />
proprio oggi, quin<strong>di</strong> penso che l’avventura richiesta da quella<br />
buona lana <strong>di</strong> Keu sia stata servita nel migliore dei mo<strong>di</strong>, quin<strong>di</strong><br />
propongo <strong>di</strong> far apparecchiare i nostri posti e d’iniziare a<br />
banchettare come si deve”, nessuno riuscì a negare quella gran<br />
verità e la tavola rotonda fu imban<strong>di</strong>ta con ogni sfarzo. Nel<br />
frattempo Keu <strong>di</strong>sse, con aria con aria molto meravigliata e<br />
sconcertata: ”Questa è proprio un’avventura che non sarei mai<br />
aspettato <strong>di</strong> poter avere, soprattutto perché ne preannuncia<br />
un'altra entro la giornata d’oggi, chissà come andrà a finire” ma<br />
continuò a servire alla mensa dei compagni facendo portare i<br />
bacili d’oro per le abluzioni <strong>di</strong> rito, quin<strong>di</strong> or<strong>di</strong>nò <strong>di</strong> far portare<br />
la prima pietanza. In quel preciso momento tutte le porte e le<br />
finestre della sala si chiusero da sole e, dal centro della sala si<br />
materializzò un vegliardo vestito <strong>di</strong> bianco, accompagnato da<br />
un cavaliere vermiglio, e <strong>di</strong>sse: ”Questo giovane pala<strong>di</strong>no è il<br />
predestinato al Seggio Periglioso e al Santo Graal, sempre che<br />
quando sarà il momento si mostrerà degno <strong>di</strong> poterlo<br />
custo<strong>di</strong>re”, la rivelazione mise <strong>di</strong> buon umore i compagni che si<br />
misero a chiedersi chi fosse il nuovo venuto. Nello stesso<br />
istante il giovane si tolse il cimiero, mostrandosi molto giovane<br />
e bello; dopo <strong>di</strong> che il ragazzo fu <strong>di</strong>sarmato dal vegliardo, fu<br />
accompagnato al Seggio Periglioso dove si sedette senza esitare<br />
e con assoluta certezza. Vedendo questi nuovi acca<strong>di</strong>menti, i<br />
cavalieri ed i baroni considerarono con molta gioia il nuovo<br />
venuto come loro signore per Grazia Divina, ma il più felice <strong>di</strong><br />
tutti fu Lancillotto, il quale riconobbe nel giovane il figlio che<br />
credeva perduto per sempre: Gahalad.<br />
Subito il vegliardo si rivolse ad Artù, <strong>di</strong>cendogli: ”Sire, voi<br />
siete il miglior sovrano <strong>di</strong> questo mondo ed avrete il dono più<br />
prezioso tra quelli che desiderate, il santo Graal, che vi sazierà<br />
tutti quanti con quanto più desiderate mangiare”. Finito che<br />
ebbe <strong>di</strong> parlare, il vecchio se n’andò com’era venuto, sparendo<br />
misteriosamente, senza che pensasse <strong>di</strong> tornare in quel loco per<br />
110<br />
Obilot, la quale <strong>di</strong>sse: ”Quel cavaliere ha l’aria d’essere<br />
veramente forte, quin<strong>di</strong> ho deciso in questo preciso momento<br />
che egli <strong>di</strong>verrà il mio campione per tutta la vita”<br />
Nello stesso momento re Lyppaut s’affacciò dagli spalti del<br />
proprio castello e vedendo l’enorme esercito che l’asse<strong>di</strong>ava, si<br />
<strong>di</strong>sse, con immenso dolore: ”Perché quel ragazzino dalla testa<br />
calda raccolse un esercito così grande per muovermi una guerra<br />
così insensata?”. Purtroppo il povero Lyppaut non seppe<br />
momentaneamente rispondere a quella domanda così retorica,<br />
subito, però, la situazione gli fu chiara in un lampo e si <strong>di</strong>sse:<br />
”Il giovane principe è stato praticamente rifiutato dalla<br />
maggiore delle mie figlie, che da vera insensata voleva<br />
obbligarlo a cinque anni <strong>di</strong> sacrifici, offendendolo orribilmente,<br />
ma ora non posso tirarmi in<strong>di</strong>etro dal combattimento che gli<br />
reputo decisamente giusto”, allora <strong>di</strong>ede l’or<strong>di</strong>ne ai propri<br />
cavalieri d’uscire all’attacco degli asse<strong>di</strong>anti. Gia al primo<br />
attacco s’intuì come sarebbe andata, infatti dopo un’intiera<br />
giornata <strong>di</strong> scontri l’esercito <strong>di</strong> Lyppaut mise in rotta quello <strong>di</strong><br />
Meljanz, il quale si rifugiò all’interno del proprio campo.<br />
Venendo a sapere come andò a finire il combattimento,<br />
Meljanz radunò il proprio stato maggiore ed iniziò a <strong>di</strong>re:<br />
”Com’è possibile che io abbia radunato un esercito così potente<br />
per poi essere sconfitto da un semplice manipolo <strong>di</strong> cavalieri<br />
male in arnese?”. Uno dei generali si fece coraggio e,<br />
avvicinandosi a Meljanz, <strong>di</strong>sse: ”È vero che abbiamo perso la<br />
prima giornata, ma ricordatevi, sire, che i cavalieri <strong>di</strong> Lyppaut<br />
hanno maggiore esperienza dei nostri nei casi <strong>di</strong> guerra, quin<strong>di</strong><br />
se tenete conto <strong>di</strong> questo, prometto che nel prossimo scontro<br />
possa andare meglio, visto che non tutto è perduto” al che<br />
Meljanz si rassicurò parecchio ed acconsentì ad attendere<br />
almeno un altro scontro.<br />
Negli stessi momenti all’interno del castello, l’altera Obie si<br />
rivolse al padre e gli <strong>di</strong>sse: ”Mio signore e padre, quel messere<br />
che arrivò pochi attimi prima dello scontro armato e che mia<br />
259
Poy<strong>di</strong>conjunz <strong>di</strong> Gorz, assieme al quale radunò l’esercito che è<br />
in questo momento qui presente e mosse guerra contro<br />
Lyppaut, il quale intuendo il pericolo, s’asserragliò nel maniero<br />
<strong>di</strong> Beauroche”. Galvano sorrise alquanto per quella situazione<br />
così <strong>di</strong>fficile e romantica nello stesso tempo e <strong>di</strong>sse: ”Messere,<br />
dove potrei trovare il capo della spe<strong>di</strong>zione, il principe<br />
Meljanz? Spero <strong>di</strong> <strong>di</strong>rimere al più presto la vostra faccenda<br />
perché fui sfidarono a duello e devo presentarmi al loro<br />
cospetto per sbrogliare anche quell’incombenza prima d’essere<br />
tacciato <strong>di</strong> <strong>di</strong>sonore”. Il cavaliere fu molto contento <strong>di</strong> quella<br />
domanda e nello stesso momento <strong>di</strong>sse: ”Devi continuare a<br />
percorrere quella strada tra le tende, finché non troverai un altro<br />
accampamento più piccolo rispetto al resto della tendopoli, li<br />
troverai un’altra postazione <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a, in quell’istante saprai<br />
d’essere arrivato al settore del principe Meljanz”, Galvano<br />
ringraziò cor<strong>di</strong>almente il cavaliere e prese la <strong>di</strong>rezione che gli<br />
era stata in<strong>di</strong>cata.<br />
Giunto che fu all’accampamento <strong>di</strong> Meljanz, subito sotto il<br />
castello <strong>di</strong> Beauroche, Galvano fu fermato rudemente dalle<br />
guar<strong>di</strong>e ivi presenti, allora il cavaliere s’avvicinò lentamente e<br />
quando fu a portata d’orecchio, <strong>di</strong>sse: ”Signori, sono venuto fin<br />
qua in cerca d’avventure, sperando <strong>di</strong> poter offrire i miei servigi<br />
al vostro signore che ho saputo chiamarsi Meljanz <strong>di</strong> Liz; io<br />
sono sir Galvano <strong>di</strong> Norvegia, cavaliere della Tavola Rotonda e<br />
nipote <strong>di</strong> re Artù <strong>di</strong> Camelot, mi potete fare il favore d’avvertire<br />
il vostro beneamato principe?”. Le due guar<strong>di</strong>e non risposero<br />
assolutamente nulla e lo fecero passare pur non dando ad<br />
intendere d’essere impressionate nell’essere al cospetto d’un<br />
cavaliere <strong>di</strong> tale levatura; entrato che fu nell’accampamento,<br />
Galvano s’accorse che anche gli altri armigeri ivi presenti non<br />
lo notarono per niente. Tale incuria nei suoi confronti in<strong>di</strong>spettì<br />
alquanto Galvano che decise sul momento <strong>di</strong> non offrire più la<br />
spada a quei felloni e si <strong>di</strong>resse verso il castello asse<strong>di</strong>ato;<br />
mentre giungeva sotto quelle mura, Galvano fu notato da<br />
258<br />
altri motivi. Imme<strong>di</strong>atamente un suono come <strong>di</strong> tuono si fece<br />
sentire per la sala ed un raggio luminoso attraversò le vetrate,<br />
facendo apparire tutto quanto più chiaro <strong>di</strong> quanto fosse in<br />
realtà: così i presenti furono illuminati dallo Spirito Santo,<br />
<strong>di</strong>ventando all’istante muti come animali. Finalmente il Santo<br />
Graal si mostrò sotto forma <strong>di</strong> calice coperto da una tela<br />
can<strong>di</strong>da ed iniziò a fluttuare tra i presenti, spandendo un<br />
dolcissimo profumo per tutto il palazzo, come se fossero state<br />
sparse nei <strong>di</strong>ntorni tutte le più buone spezie <strong>di</strong> questo mondo.<br />
Passato che fu il Graal davanti ai presenti, ciascuno si ritrovò <strong>di</strong><br />
fronte quanto <strong>di</strong> più buono desiderava, finalmente il Graal se<br />
n’andò ed i presenti poterono riprendere a parlare.<br />
Ripresosi da questa seconda avventura, Artù s’alzò dal proprio<br />
seggio e <strong>di</strong>sse: ”Questa straor<strong>di</strong>naria visita è stato un dono<br />
<strong>di</strong>vino, quin<strong>di</strong> prima <strong>di</strong> poter procedere col banchetto non<br />
possiamo far altro che ringraziare Nostro Signore Id<strong>di</strong>o per<br />
quanto accaduto in questo Santo Giorno” al che furono tutti<br />
d’accordo. Finite che furono le debite preghiere a Nostro<br />
Signore, Galvano e Lancillotto si guardarono negli occhi e poi<br />
<strong>di</strong>ssero: ”Sire, abbiamo intenzione <strong>di</strong> ripetere quest’esperienza<br />
così beata, quin<strong>di</strong> pensiamo che sia giunto il momento <strong>di</strong><br />
partire per andare alla ricerca del Monsalvato, dove il Ricco Re<br />
Pescatore si bea tutti i giorni con questa letizia e non abbiamo<br />
intenzione <strong>di</strong> tornare finché l’impresa non sarà portata a<br />
termine” e tutti si mostrarono d’accordo con i due compagni e<br />
decisero all’unanimità <strong>di</strong> partire il mattino successivo.<br />
L’iniziativa, anche se lodevole, rese molto triste Artù, infatti si<br />
alzò e <strong>di</strong>sse:”ho il triste presentimento che molti dei presenti<br />
non tornerà mai più in<strong>di</strong>etro e dei superstiti dubito che <strong>di</strong>versi<br />
sederanno ancora attorno alla tavola del Graal”, a queste parole<br />
Lancillotto e Galvano ammutolirono, anzi Galvano fu molto<br />
pentito del voto che aveva appena pronunciato.<br />
Subito si alzarono tutti quanti e sul Seggio Periglioso lessero il<br />
nome del nuovo arrivato; si chiamava Gahalad e tal nome passò<br />
111
velocemente <strong>di</strong> bocca in bocca, arrivando velocemente alla<br />
tavolata della regina e delle sue dame, le quali rimasero<br />
addolorate da quanto i cavalieri avevano deciso dopo gli ultimi<br />
avvenimenti <strong>di</strong> cui furono testimoni in quella splen<strong>di</strong>da<br />
giornata, soprattutto perché tra loro le belle avevano sposi ed<br />
amici, infatti le dame si avvicinarono ai cavalieri ed iniziarono<br />
a supplicarli d’essere loro compagne durante quell’avventura,<br />
ma Gahalad fece sentire la propria voce, <strong>di</strong>cendo: ”Dispiace<br />
immensamente a tutti quanti, ma quest’impresa dobbiamo<br />
affrontarla da soli perché non possiamo essere <strong>di</strong>stratti dalle<br />
cose terrene che potrebbero renderci impuri”<br />
Ad u<strong>di</strong>re quelle parole, Ginevra chiamò al suo tavolo il<br />
giovane cavaliere, chiedendogli: ”Gentile cavaliere, potresti<br />
raccontare alla tua regina, che ti sta davanti, come fosti allevato<br />
nei primi anni della tua seppur breve vita?”. Subito Gahalad<br />
accontentò Ginevra, raccontandogli tutto quanto, e finì <strong>di</strong>cendo:<br />
”L’unica cosa <strong>di</strong> cui mi <strong>di</strong>spero tuttora è <strong>di</strong> non conoscere<br />
assolutamente il nome del mio beneamato padre, per questo<br />
temo <strong>di</strong> doverlo dare per morto”. La regina si mise a ridere <strong>di</strong><br />
gusto, quin<strong>di</strong>, una volta che ebbe ripreso fiato, <strong>di</strong>sse: ”Messer<br />
Gahalad, vostro padre è presente in questa sala, seduto alla<br />
Tavola rotonda, anzi vi assicuro che è uno dei primi ad aver<br />
fatto voto <strong>di</strong> ritrovare il Monsalvato ed il Santo Graal, infatti sei<br />
il beneamato figlio <strong>di</strong> Lancillotto del lago a cui assomigli in<br />
modo veramente sorprendente”, quin<strong>di</strong> i due parlarono in<br />
questo modo ancora per parecchie ore, finché arrivò l’ora <strong>di</strong><br />
cenare, alla fine del pasto andarono tutti a dormire, approntando<br />
per Gahalad un letto degno <strong>di</strong> un re per rendergli il dovuto<br />
onore. Artù e Ginevra la passarono a piangere, anche se per<br />
motivi <strong>di</strong>versi; arrivato che fu il mattino, tutti i cavalieri presero<br />
messa completamente armati, finito che fu il Santo Rito tutti<br />
quanti, iniziando da Gahalad, fecero il giuramento sulle<br />
reliquie, allacciandosi imme<strong>di</strong>atamente dopo elmo e spada,<br />
pronti per partire.<br />
112<br />
autorizzato a partire nel momento che tu ritenesti più<br />
opportuno”, subito Galvano partì al gran galoppo per verificare<br />
i propri timori. Raggiunto che ebbe quell’enorme esercito,<br />
Galvano si presentò alle guar<strong>di</strong>e, svelando imme<strong>di</strong>atamente<br />
anche la sua vera identità; imme<strong>di</strong>atamente fu accompagnato<br />
dal capo <strong>di</strong> quel settore dell’accampamento, che lo fece<br />
accomodare all’istante. Accomodatisi che furono entrambi,<br />
Galvano prese la parola, <strong>di</strong>cendo: ”Messere sappiate che in<br />
questo momento siete con i vostri uomini, sui terreni <strong>di</strong> <strong>di</strong>retta<br />
proprietà del gran re Artù <strong>di</strong> Camelot, che è molto preoccupato<br />
per la vostra presenza così vicina al suo castello più importante,<br />
<strong>di</strong> grazia vuole sapere il motivo <strong>di</strong> questo esercito e s’è<br />
necessario attaccarvi in forze, sapendo che tra noi vi sono tutti i<br />
maggiori cavalieri del mondo conosciuto”.<br />
Il cavaliere annuì gravemente, poi <strong>di</strong>sse: ”Non credevo che<br />
avessimo sconfinato nei territori <strong>di</strong> un re così potente, vi<br />
assicuro in ogni modo che non abbiamo nessun’intenzione<br />
bellicosa nei confronti del tuo buon re, <strong>di</strong> cui se non sbaglio<br />
dovresti essere il nipote, ma sappi che per questioni <strong>di</strong> carattere<br />
<strong>di</strong>nastico che riguarda il nostro nuovo re. Infatti davanti a<br />
te,valoroso Galvano, vi sono gli eserciti del duca Estor <strong>di</strong><br />
Lanverunz, del principe Meljackanz, nipote <strong>di</strong> re Poy<strong>di</strong>conjunz,<br />
e del re Meljanz <strong>di</strong> Liz. Se vuoi ti racconto con dovizia <strong>di</strong><br />
particolari il motivo <strong>di</strong> questa grande invasione: alla morte del<br />
padre, Meljanz fu affidato all’educazione del principe Lyppaut,<br />
il quale aveva anche due figlie che aveva nomato Obie ed<br />
Obilot, durante la sua permanenza presso quel signorotto,<br />
Meljanz s’innamorò, senza esserne corrisposto, della bella Obie<br />
la quale pretendeva per il proprio re cinque anni <strong>di</strong> guerra e <strong>di</strong><br />
gran<strong>di</strong> gesta. A quell’idea Meljanz si rifiutò ed andò a<br />
chiederne conto al buon Lyppaut, il quale convocò i principi<br />
suoi pari per chiederne giustizia, sperando nella clemenza <strong>di</strong><br />
costoro. Considerando la cosa a livello <strong>di</strong> una pagliacciata,<br />
Meljanz abbandonò il castello e si rivolse a suo zio re<br />
257
suo ospite era gravemente ferito e, fattogli portare anche lo<br />
strano compagno, <strong>di</strong>sse: ”Messere è chiaro che voi due avete<br />
affrontato da poco un grave scontro e le relative ferite, se non<br />
adeguatamente curate, vi porterebbero in brevissimo tempo a<br />
morte certa entrambi, ma non vi dovete preoccupare, dato che<br />
due delle mie splen<strong>di</strong>de e care figlie conoscono molto bene<br />
l’arte dell’erbe officinali e sono in grado <strong>di</strong> curare quelle piaghe<br />
in tempi molto brevi”, senza aspettare risposta o<br />
ringraziamento, il castellano se n’andò dalla stanza e, poco<br />
dopo, arrivarono due fanciulle che portavano <strong>di</strong>verse erbe<br />
me<strong>di</strong>camentose, che iniziarono a preparare e misero sulle ferite<br />
d’entrambi. Passarono in questo modo pochissimi giorni (a <strong>di</strong>re<br />
ne bastarono solamente due), nei quali Ivano notò<br />
effettivamente rapi<strong>di</strong> ed enormi miglioramenti sia nel proprio<br />
fisico sia in quello del suo adorato leone. Alla fine della<br />
seconda settimana, infine, i due compagni fuono congedati e<br />
poterono ripartire per cercare il perdono che agognavano con<br />
così tanta sincerità.<br />
Parte Parte quattor<strong>di</strong>cesima: quattor<strong>di</strong>cesima: avventure avventure <strong>di</strong> <strong>di</strong> Galvano.<br />
Galvano.<br />
Capitolo 46<br />
Qualche giorno dopo il ritorno d’Ivano, Galvano stava <strong>di</strong><br />
guar<strong>di</strong>a sul mastio del castello <strong>di</strong> Camelot, quando vide in<br />
lontananza un enorme esercito e <strong>di</strong>ede l’allarme, quin<strong>di</strong> si<br />
rivolse ad Artù, suo zio, <strong>di</strong>cendo: ”Mio signore e zio vi chiedo<br />
l’autorizzazione d’andare in avanscoperta per quantificare<br />
quanto visto e verificare le loro intenzioni, in modo tale che<br />
anche noi possiamo regolarci <strong>di</strong> conseguenza, inoltre dovrei<br />
partire per poter raggiungere il luogo del duello a cui mi<br />
sfidarono qualche tempo fa”. Artù annuì gravemente, poi <strong>di</strong>sse:<br />
”Buon nipote, hai perfettamente ragione a prendere quella<br />
precauzione, quin<strong>di</strong> ti concedo l’autorizzazione <strong>di</strong> lasciare il<br />
castello per verificare quanto necessario per la nostra sicurezza,<br />
per quanto riguarda il duello non devi preoccuparti, perché<br />
come fu lanciata la sfida ti sei ritrovato automaticamente<br />
256<br />
Lancillotto, prima <strong>di</strong> partire, si fece ricevere dalla regina<br />
Ginevra e gli <strong>di</strong>sse: ”Mia signora, dovendo andarmene da corte<br />
assieme ai miei compagni e sono venuto a chiedervi il dovuto<br />
congedo per poter prendere la mia strada con la dovuta<br />
tranquillità”. La buona regina si mise a piangere in silenzio e,<br />
tra le lagrime, <strong>di</strong>sse: ”Mio adorato Lancillotto, per<br />
quest’impresa avete sbagliato a chiedere il congedo, perché ve<br />
lo può concedere solo Id<strong>di</strong>o, per quanto mi riguarda andate<br />
pure e fate in modo <strong>di</strong> tornare sano e salvo da questa terribile<br />
avventura”<br />
Sceso che fu dalle stanze della regina, tutti i cavalieri<br />
partirono scortati da re Artù fino al castello <strong>di</strong> Vagan, dove i<br />
pro<strong>di</strong> si levarono nuovamente i propri elmi per qualche minuto,<br />
finché il buon re potesse baciarli come saluto; fatta la<br />
cerimonia, i cavalieri partirono per le proprie strade, mentre<br />
Artù ritornò a Camelot con la tristezza nel cuore.<br />
Parte Parte sesta: sesta: le le avventure avventure <strong>di</strong> <strong>di</strong> Galvano<br />
Galvano<br />
Capitolo 19<br />
Dopo che si fu allontanato dai compagni, Galvano non ebbe<br />
avventure degne <strong>di</strong> nota, finché un giorno non incontrò un<br />
eremita che lo confessò, alla fine della confessione lo prese per<br />
mano e gli <strong>di</strong>sse: ”Mio caro cavaliere, siamo sinceri, non ho<br />
mai incontrato un peccatore così grande come lo sei tu ora, se<br />
vuoi avere le avventure a cui aspiri devi pentirti grandemente”.<br />
Galvano rimase imme<strong>di</strong>atamente sorpreso poi, dopo una breve<br />
riflessione, <strong>di</strong>sse: ”Mio buon padre non credo <strong>di</strong> essere così<br />
impenitente come mi stai facendo or ora tu stesso, quin<strong>di</strong> non<br />
accetto la tua penitenza, che sicuramente sarà veramente lunga<br />
ed io domattina devo ripartire al sorger del sole”, infatti il<br />
mattino successivo, all’alba, Galvano era gia armato <strong>di</strong> tutto<br />
punto ed in sella del suo fidato cavallo, pronto per partire con la<br />
speranza <strong>di</strong> avere numerose avventure, ma purtroppo arrivò a<br />
Santa Maddalena senza averne, finché non incontrò Estor delle<br />
palu<strong>di</strong>. Una volta che si furono riconosciuti, s’abbracciarono tra<br />
113
le lacrime per la gioia dell’incontro, sani e salvi; come si furono<br />
ripresi, Estor <strong>di</strong>sse: ”Una cosa mi ha fatto stupire<br />
all’inverosimile, cioè che da quando abbiamo lasciato la corte<br />
<strong>di</strong> re Artù non ho mai avuto avventure tali da essere considerate<br />
degne <strong>di</strong> un racconto, e così mi <strong>di</strong>ssero altri compagni che ho<br />
precedentemente incontrato, ma la cosa più sorprendente è che<br />
mi ero illuso <strong>di</strong> poterne avere in quantità enorme. Però che ora<br />
ti ho incontrato, ho intenzione <strong>di</strong> proseguire in tua compagnia,<br />
chissà che insieme non riusciamo a combinare qualche<br />
bell’impresa!”. Un giorno si videro bloccare il passo da un<br />
misterioso cavaliere che iniziò a <strong>di</strong>re: ”Miei signori se volete<br />
continuare il vostro cammino è d’uopo che uno <strong>di</strong> voi scenda in<br />
campo per una giostra con me!”. I due amici per qualche<br />
secondo, poi Galvano si fece avanti e <strong>di</strong>sse: ”Se ci tieni a fare<br />
una brutta fine, sono <strong>di</strong>sposto a giostrare con te, finché uno dei<br />
due non sia più in grado <strong>di</strong> battersi”, cosicché partì la giostra e<br />
Galvano ferì gravemente l’avversario gia al primo assalto.<br />
Subito i due amici corsero a soccorrere il ferito, levandogli<br />
l’elmo per farlo respirare meglio, alla vista del volto del<br />
cavaliere rimasero entrambi veramente stupiti ed addolorati;<br />
<strong>di</strong>fatti era Ivano il grande, loro fraterno compagno ed iniziarono<br />
a piangere tutti e tre a <strong>di</strong>rotto per la <strong>di</strong>sperazione. Una volta che<br />
tutti si furono ripresi dalla terribile sorpresa, Galvano prese a<br />
<strong>di</strong>re: ”Bisogna portarlo in un posto sicuro per curarlo, qui<br />
vicino ho notato la presenza <strong>di</strong> un convento dove potrebbe<br />
trovare il debito riposo in attesa della guarigione. Estor aiutami<br />
a portarcelo senza farlo soffrire troppo”.<br />
Nel frattempo Ivano aveva perso conoscenza, durante<br />
l’incoscienza, Ivano sentì incosciamente le seguenti parole:<br />
Cavaliere, sei arrivato alla fine<br />
Della cerca del Graal<br />
E della tua vita su questa terra;<br />
Preparati a subire il <strong>di</strong>vino giu<strong>di</strong>zio.<br />
Nostro Signore ti sta aspettando<br />
114<br />
della mia dama per alcune colpe che conosciamo solo noi due;<br />
se proprio volete sapere il mio nome, inoltre sappiate che sono<br />
conosciuto anche come il Cavaliere del Leone”. Lau<strong>di</strong>na non<br />
fu del tutto contenta <strong>di</strong> quella risposta e <strong>di</strong>sse: ”Messere, si<br />
vede da lontano che entrambi state orribilmente soffrendo,<br />
quin<strong>di</strong> vi prego <strong>di</strong> fermarvi presso <strong>di</strong> me per guarire presto e<br />
bene”, ma Ivano fu assolutamente irremovibile dalle proprie<br />
con<strong>di</strong>zioni. Subito, infatti, il cavaliere <strong>di</strong>sse: ”Prima <strong>di</strong><br />
fermarmi al cospetto <strong>di</strong> qualunque dama o damigella, devo<br />
avere il perdono <strong>di</strong> colei, anche a costo <strong>di</strong> morire nell’attesa <strong>di</strong><br />
quell’evento”<br />
Lau<strong>di</strong>na, a quelle parole, si rese conto che non poteva<br />
trattenerlo con la forza, quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>sse: ”Messere, s’è quello che<br />
volete, sia fatta la vostra volontà e partite pure, con la mia<br />
bene<strong>di</strong>zione, da queste contrade, ma permettetemi <strong>di</strong> darvi la<br />
compagnia della mia fida amica Lunetta vi faccia compagnia<br />
fino al limitare del mio regno, con la speranza che le vostre<br />
sofferenza si mutino ben presto nella gioia più piena <strong>di</strong> questo<br />
mondo”, così Ivano ed il leone ripresero il loro vagabondare in<br />
compagnia della bella Lunetta fino ai confini delle terre del<br />
castello. Quivi giunti, Ivano, pieno <strong>di</strong> dolore per non essere<br />
stato riconosciuto da altri che lei, le <strong>di</strong>sse: ”Mia buona Lunetta<br />
è giunto il momento che noi due ci lasciamo, ma se volete<br />
essermi in qualche modo d’aiuto, intercedete per me presso la<br />
vostra signora, senza però rivelarle nient’altro <strong>di</strong> quanto abbia<br />
gia fatto io”<br />
Rimasto che fu da solo, Ivano adagiò il buon compagno sul<br />
proprio scudo e riprese la propria strada, finché non si trovò<br />
davanti ad un forte completamente chiuso. Vistolo che ebbero<br />
gli occupanti, Ivano fu fatto entrare con estrema simpatia,<br />
portando all’interno anche il leone adagiato sullo scudo e<br />
posandolo su <strong>di</strong> un gra<strong>di</strong>no, calmarono la propria gioia ed<br />
accompagnarono Ivano in una camera interna, dove ricevette la<br />
visita del signore del castello. Il castellano notò subito che il<br />
255
compagni dell’iniquo furono subito addosso ad Ivano,<br />
tempestandolo <strong>di</strong> colpi con le proprie spade, ai quali<br />
s’aggiunsero ben presto anche quelli del perfido signore.<br />
Vedendo Ivano in <strong>di</strong>fficoltà, il leone s’avventò contro il<br />
siniscalco, che gli era particolarmente vicino, sbranandolo<br />
completamente, facendo morire <strong>di</strong>ssanguato, tra forti grida, il<br />
perfido; subito dopo il leone s’affiancò al compagno ed<br />
entrambi misero a malpartito i rimanenti due a tal punto che si<br />
dovettero arrendere ad Ivano ed al suo ruggente amico, anche<br />
se il povero felino si ritrovò con due orrende ferite che lo<br />
facevano soffrire orribilmente.<br />
Vinta che fu la sfida, Ivano accorse imme<strong>di</strong>atamente presso il<br />
fedele leone, che ruggiva atrocemente dal dolore, per poterlo<br />
curare adeguatamente, incurante delle ferite che anch’egli s’era<br />
procurato nello scontro. A tal <strong>di</strong>sfatta degli accusatori, Lau<strong>di</strong>na<br />
si fece avanti, <strong>di</strong>cendo: ”Evidentemente quei bifolchi hanno<br />
accusato la mia povera compagna ingiustamente, quin<strong>di</strong><br />
meritano <strong>di</strong> finire al suo posto sul rogo e terminare bruciati in<br />
vece sua, ed a questo devo rendere grazie a voi, messer<br />
cavaliere, la cui identità m’è al momento attuale sconosciuta”<br />
”Prima <strong>di</strong> sapere anche in parte il mio nome, damigella, vi<br />
chiedo <strong>di</strong> riconciliarvi definitivamente con la vostra compagna,<br />
poi risponderò in modo esau<strong>di</strong>ente alle vostre domande,<br />
qualunque esse siano”<br />
”Ebbene, cavaliere, il vostro desiderio sarà imme<strong>di</strong>atamente<br />
esau<strong>di</strong>to, ma dopo vi chiedo <strong>di</strong> restare mio ospite finché le<br />
ferite che voi ed il vostro strano compagno non siano<br />
completamente guarite”, detto questo la bella castellana<br />
abbracciò affettuosamente la cara e buona compagna,<br />
perdonandosi vicendevolmente. Riavutesi che furono le due<br />
dame, Ivano si fece avanti, seppur a fatica per le numerose<br />
ferite: ”Madama, mi fermerei volentieri a farmi alleviare le<br />
sofferenze mie e quelle del compagno <strong>di</strong>letto, ma non posso<br />
fermarmi in nessun luogo, finché non avrò avuto il perdono<br />
254<br />
Alla sua presenza a presentargli<br />
Il bilancio dei tuoi gesti onesti<br />
E dei tuoi peccati per avere giu<strong>di</strong>zio.<br />
Una volta che furono arrivati al convento, Ivano riprese<br />
conoscenza e, riconoscendo i due compagni, prese a <strong>di</strong>re, tra un<br />
rantolo e l’altro: ”Nessuno <strong>di</strong> noi poteva immaginare che<br />
potesse andare a finire in questo modo, quin<strong>di</strong> per quanto mi<br />
riguarda siete entrambi perdonati, soprattutto te Galvano, che<br />
hai sempre <strong>di</strong>feso la tua vita. Sento che sta per arrivare la<br />
morte; vi chiedo come ultimo favore <strong>di</strong> farmi venire un padre<br />
per potermi confessare e ricevere l’estrema unzione prima che<br />
la vita mi lasci”, come tutto fu fatto, Estor estrasse la spada dal<br />
compagno che spirò senza un solo lamento. Capito che ebbero<br />
della morte dell’amico e compagno, Estor e Galvano iniziarono<br />
a rimpiangere amaramente l’amico, dopo<strong>di</strong>chè fecero<br />
confezionare un drappo <strong>di</strong> lino in cui avvolsero il corpo<br />
d’Ivano, chiedendo ai frati del convento <strong>di</strong> farlo seppellire<br />
davanti all’altare maggiore. Finita la cerimonia funebre, Estor e<br />
Galvano ripartirono in cerca d’altre avventure <strong>di</strong> maggior<br />
gloria; giunti che furono ad un bivio, Galvano scese da cavallo<br />
ed avvicinatosi all’amico, gli <strong>di</strong>sse: ”Il mio cuore mi <strong>di</strong>ce che è<br />
giunto il momento <strong>di</strong> separarci, spero che potremo ritrovarci<br />
presto alla corte del nostro amatissimo re, per ora non posso far<br />
altro che augurarti buona fortuna, amico mio”. Anche Estor<br />
scese <strong>di</strong> sella e, abbracciato Galvano, rispose: ”Caro amico, non<br />
immagini che tristezza il doverti lasciare in questo momento<br />
così doloroso per la nostra compagnia, ma so che non possiamo<br />
farci niente, quin<strong>di</strong> non posso far altro che augurarti <strong>di</strong> trovare<br />
tutte le avventure <strong>di</strong> cui senti il bisogno”; Galvano passò <strong>di</strong>versi<br />
giorni senza incontrare nuove avventure e neppure un ricovero<br />
ove dormire, vagando per una selva talmente selvaggia da non<br />
essere attraversata neppure da un misero sentiero, ritrovandosi<br />
in breve totalmente lacero sia nei vestiti sia nel fisico.<br />
Passarono in questo modo <strong>di</strong>versi giorni, finché, un giorno,<br />
115
Galvano incontrò la Dama Calva col suo seguito che veniva<br />
dalla corte <strong>di</strong> Camelot, allora il cavaliere le avvicinò e chiese,<br />
gentilmente: ”Mie buone e belle damigelle, vi chiedo la<br />
cortesia, se possibile, d’in<strong>di</strong>carmi la strada più breve per il<br />
Monsalvato, dato che ho l’intenzione <strong>di</strong> far visita al Ricco Re<br />
Pescatore”. Sentendo quell’intento, la Dama Calva <strong>di</strong>sse: ”Il<br />
tuo intento è dei più lodevoli, messer Galvano, ma non sei tu il<br />
predestinato alla salvezza del Monsalvato, ora, però, devi<br />
scortarci fino al prossimo castello, a poche leghe da qui”.<br />
Durante la marcia, Galvano si ritrovò a cavalcare a fianco della<br />
Dama Calva, la quale prese a <strong>di</strong>re: ”Le teste mozze che vedete<br />
nelle carrette che abbiamo appresso sono dei fi<strong>di</strong> vassalli del<br />
Ricco Re Pescatore, morti dopo il misfatto del puro folle, ma la<br />
cosa più grave avvenne alla corte <strong>di</strong> re Artù, vostro zio, ove il<br />
perfido Keu voleva arrostire i cervi che trainano i carri”. Nel<br />
frattempo Galvano notò che una delle tre damigelle andava a<br />
pie<strong>di</strong>, quin<strong>di</strong> prese a <strong>di</strong>re, senza aver ascoltato quanto stava<br />
<strong>di</strong>cendo la Dama Calva: ”Mia signora, sono <strong>di</strong>spiaciuto che una<br />
delle vostre compagne debba andare a pie<strong>di</strong> per tutto il tempo”.<br />
La Dama Calva guardò anche lei un attimo la compagna a pie<strong>di</strong><br />
e <strong>di</strong>sse: ”La mia amica dovrà continuare a camminare finché<br />
chi sarà destinato a farla, dovrà fare la fati<strong>di</strong>ca domanda al<br />
Ricco Re Pescatore, e conquistare il <strong>di</strong>ritto ad impossessarsi del<br />
Santo Graal”<br />
Intanto la foresta amica fu lasciata per entrare in un orrendo<br />
bosco, allora i quattro s’avvicinarono tra loro, continuando ad<br />
avanzare, poco dopo s’imbatterono in una vallata ancora più<br />
tetra del bosco che la circondava, allora la Dama Calva<br />
s’avvicinò a Galvano e <strong>di</strong>sse: ”Cavaliere, il posto è veramente<br />
terribile, come possiamo continuare ad avanzare senza<br />
esitare?”. Galvano esitò un attimo, poi <strong>di</strong>sse: ”Un sistema<br />
esiste, evitiamo, per quanto possibile, <strong>di</strong> pensare e vedere<br />
quanto ci sta circondando”, così <strong>di</strong>cendo, il prode riprese ad<br />
avanzare, seguito dalle sue protette, finché non trovarono un<br />
116<br />
zampe, quin<strong>di</strong> iniziò a farsi largo tra la folla ivi giunta per<br />
godersi quello spettacolo così ignobile; nel frattempo si<br />
guardava attorno per vedere s’era presente anche colei che un<br />
giorno ormai l’aveva ripu<strong>di</strong>ato così dolorosamente: la notò<br />
imme<strong>di</strong>atamente e, a tal vista, sospirò profondamente. Subito<br />
Ivano decise <strong>di</strong> non farsi riconoscere, almeno per il momento,<br />
ma quando sentì le funebri lamentazioni delle compagne della<br />
sventurata, non poté che riempire il proprio cuore <strong>di</strong> cordoglio.<br />
Giunto che fu da Lunetta, gli si rivolse ad alta voce,<br />
mantenendo la celata dell’elmo calata, e <strong>di</strong>sse: ”Madamigella,<br />
m’è stato riferito che voi avete bisogno d’aiuto da un valoroso<br />
cavaliere per sottrarvi dal nefando giu<strong>di</strong>zio menzognero <strong>di</strong> tre<br />
felloni; ora sono qui per <strong>di</strong>fendervi da loro, mi potete in<strong>di</strong>care<br />
chi essi siano?”<br />
Imme<strong>di</strong>atamente si fecero avanti tre foschi in<strong>di</strong>vidui, che<br />
iniziarono a <strong>di</strong>re: ”Messere, come sperate <strong>di</strong> battere un gruppo<br />
così valoroso, come noi siamo, se siete completamente solingo?<br />
Speriamo che non vogliate contare quella belva come vostro<br />
compagno, perché tale comportamento non varrebbe. Prima <strong>di</strong><br />
ritirarci, in ogni caso, non ci resta che un suggerimento da<br />
darvi: rinunziate a <strong>di</strong>fendere quella blasfema e ritiratevi da<br />
quest’impari duello”. A quelle parole, Ivano <strong>di</strong>sse: ”Messeri vi<br />
do atto che il mio beneamato amico a quattro zampe non può<br />
entrare in lizza con voi, ma non dubitate che riesca a testa da<br />
solo a tre furfanti patentati quali voi siete, quin<strong>di</strong> preparatevi<br />
che la questione è gia durata fin troppo per i miei gusti,<br />
soprattutto sapendo dell’innocenza <strong>di</strong> quella poveretta che<br />
stavate per giustiziare in modo così ingiusto ed ignobile”, a<br />
quello scambio <strong>di</strong> battute l’ottimo leone s’allontanò<br />
imme<strong>di</strong>atamente, al che i tre compagni si prepararono<br />
imme<strong>di</strong>atamente allo scontro che pareva così impari per Ivano.<br />
Una volta che il campo fu sgombrato, la <strong>di</strong>sfida iniziò molto<br />
violentemente, ma il perfido siniscalco fu <strong>di</strong>sarcionato<br />
imme<strong>di</strong>atamente, rimanendo lievemente stor<strong>di</strong>to, subito i due<br />
253
immerso, anzi sono gia fin troppo in ritardo per poter sperare <strong>di</strong><br />
poterla portare a termine in tempo”. Subito dopo Ivano si<br />
rivolse ai quattro giovani cavalieri, <strong>di</strong>cendogli: ”Miei buoni<br />
giovani, prendete in custo<strong>di</strong>a quel nanerottolo malefico e<br />
conducetelo alla corte <strong>di</strong> re Artù; una volta che vi sarete giunti<br />
abbiate cura <strong>di</strong> lasciarlo nelle abili mani <strong>di</strong> messer Galvano, che<br />
saprà bene cosa farne, come avete portato a compimento questo<br />
compito, raccontate all’intiera corte come siano andate le cose<br />
in questo castello”. Subito il più grande dei quattro si fece<br />
avanti e <strong>di</strong>sse: ”Messere, se ci dovessero chiedere <strong>di</strong> voi, cosa<br />
dobbiamo <strong>di</strong>re?”. Ivano sorrise alquanto, poi <strong>di</strong>sse: ”Dite<br />
all’intiera corte che io sono il cavaliere del leone e che ben<br />
conosco messer Galvano; se trovate ancora qualche dubbio,<br />
<strong>di</strong>te pure che conosco <strong>di</strong> persona ognuno <strong>di</strong> loro, inoltre <strong>di</strong>te<br />
che sto molto bene e appena le mie avventure me lo<br />
consentiranno farò ritorno alla loro compagnia”, finite <strong>di</strong> dare<br />
queste istruzioni, Ivano s’accinse a riprendere la propria strada.<br />
Imme<strong>di</strong>atamente il fratello maggiore lo fermò e chiese: ”Io ed i<br />
miei amatissimi germani vorremmo accompagnarvi in<br />
quest’avventura, se lo permettete”. Ivano si voltò subito e <strong>di</strong>sse:<br />
”Miei cari ragazzi, devo finire quest’avventura completamente<br />
da solo e poi vi ho gia dato le istruzioni per averne una anche<br />
voi, per conto vostro” detto questo, Ivano sparì<br />
imme<strong>di</strong>atamente dopo la prima curva del sentiero, entrando nel<br />
vicino bosco.<br />
Capitolo 45.<br />
Finalmente Ivano riprese la propria strada per raggiungere al<br />
più presto la cappella <strong>di</strong>roccata e la fontana magica, ove<br />
sperava <strong>di</strong> giungere in tempo per salvare la povera Lunetta,<br />
prima che fosse issata sul rogo; a tal pensiero Ivano aumentò<br />
l’andatura del proprio destriero, giungendo ben presto al luogo<br />
del supplizio, appena in tempo, perché Lunetta era gia legata al<br />
palo, pronta per essere arsa viva. A tal vista Ivano confidò nella<br />
Divina Provvidenza e nella forza del compagno a quattro<br />
252<br />
ripido sentiero che conduceva verso il fondo della valle, ove<br />
trovarono un castello veramente spaventevole. Mentre vi<br />
passavano a lato, alcune voci lamentose iniziarono a <strong>di</strong>re: ”Se<br />
arrivasse il Buon Cavaliere a liberarci da quest’incubo in cui<br />
siamo capitati, potremmo vivere tutti quanti più sereni”.<br />
Galvano si fermò imme<strong>di</strong>atamente e prese a <strong>di</strong>re: ”Mia signora,<br />
come mai le mie orecchie hanno u<strong>di</strong>to quelle parole,<br />
provenienti dall’interno <strong>di</strong> quell’orribile castello?”. La Dama<br />
Calva si fermò anch’essa e, dopo averci pensato su guardando<br />
dove esattamente si trovarono, prese a <strong>di</strong>re: ”Quello è il castello<br />
dell’eremita nero, sappi, in ogni caso, che qualunque cosa<br />
succeda per mano degli occupanti, tu non dovrai fare<br />
assolutamente nulla, messer Galvano”, in quello stesso istante<br />
uscirono dal castello ben centocinquantadue cavalieri neri che<br />
prelevano una testa ciascuno dai carri, infilandole con le<br />
proprie lance, rientrando imme<strong>di</strong>atamente nel castello<br />
medesimo. Galvano ne fu veramente sconcertato, al tal punto<br />
che iniziò a <strong>di</strong>re: ”Veramente questo è un castello pieno <strong>di</strong><br />
malfattori, vorrei potermi ven<strong>di</strong>care su <strong>di</strong> loro”. La Dama Calva<br />
s’interruppe alcuni secon<strong>di</strong> nella propria marcia e, guardando<br />
negli occhi Galvano, <strong>di</strong>sse: ”L’oltraggio hai teschi a cui sei<br />
stato testimone, come la liberazione <strong>di</strong> coloro che hai sentito<br />
lamentarsi, non sta a te, Galvano, a contrastarli e liberare gli<br />
infelici, ma <strong>di</strong> un cavaliere puro <strong>di</strong> cuore e folle nella mente ed<br />
è gia molto noto, da quanto mi è stato detto, nonostante la sua<br />
giovanissima età”. Nello stesso momento anche all’interno del<br />
castello si sentirono le voci, che presero a <strong>di</strong>re: ”Dove sarà<br />
finito chi ci deve salvare da quest’infelice situazione?” ma<br />
nessuno sapeva dare una risposta a quella domanda. Finalmente<br />
Galvano e la Dama Calva passarono il castello dell’eremita<br />
nero ed il cavaliere si rivolse alle sue dame e <strong>di</strong>sse: ”Mie<br />
signore, ho mantenuto la promessa d’accompagnarvi al primo<br />
castello che avessimo incontrato, ora vi chiedo umilmente <strong>di</strong><br />
prendere congedo dalla vostra splen<strong>di</strong>da compagnia”. La Dama<br />
117
Calva si consultò con le sue compagne, poi <strong>di</strong>sse: ”Messer<br />
Galvano siamo costrette a chiederti d’accompagnarci ancora<br />
per qualche lega, perché non ci fi<strong>di</strong>amo <strong>di</strong> questi <strong>di</strong>ntorni”. Una<br />
volta che la piccola compagnia si rimise in marcia, ma<br />
arrivarono a malapena all’angolo delle mura <strong>di</strong> cinta, quando<br />
un cavaliere armato <strong>di</strong> tutto punto si rivolse a Galvano,<br />
<strong>di</strong>cendogli: ”Cavaliere, prima che lasci questo territorio deve<br />
battersi in duello contro <strong>di</strong> me, in palio ci sarà questo scudo<br />
vermiglio fregiato con l’aquila d’oro”, finiti tutti i preliminari, i<br />
due cavalieri parlarono a lancia in resta, l’uno contro l’altro; al<br />
contatto tra loro, Galvano <strong>di</strong>sarcionò il cavaliere in modo<br />
veramente violento. Una volta che si fu riavuto, il misterioso<br />
cavaliere tentò <strong>di</strong> rimettersi in sella, ma la Dama Calva si<br />
rivolse a Galvano <strong>di</strong>cendo: ”Messer Galvano, non fate che quel<br />
fellone si rimetta in sella per prendersi gioco <strong>di</strong> voi”<br />
A sentire quel nome, il misterioso cavaliere si prostrò fino a<br />
terra, <strong>di</strong>cendo: ”Messere, voi siete un gran cavaliere e non<br />
merito <strong>di</strong> continuare a duellare con voi, quin<strong>di</strong> prendete pure il<br />
mio scudo in segno della mia sconfitta e resa, sappi in ogni<br />
caso che con queste stesse armi con cui mi hai sconfitto, sono<br />
stato vincitore nei confronti <strong>di</strong> coloro che sono rinchiusi nel<br />
castello”. Imme<strong>di</strong>atamente i due cavalieri decisero <strong>di</strong><br />
scambiarsi i relativi scu<strong>di</strong>, quando la Dama Calva intervenne<br />
nuovamente, <strong>di</strong>cendo: ”Messer Galvano, state attento, perché<br />
costui è ancora infido nel suo cuore e può prendere come<br />
pretesto lo scambio degli scu<strong>di</strong> per potervi tra<strong>di</strong>re prima che ve<br />
n’accorgiate”, intanto il pala<strong>di</strong>no infingardo si prostrò ancora <strong>di</strong><br />
più alla presenza <strong>di</strong> Galvano, umiliandosi enormemente. La<br />
Dama Calva vide la sincerità nel cuore del cavaliere, allora si<br />
rivolse a Galvano, <strong>di</strong>cendogli: ”Messer Galvano, questo<br />
pala<strong>di</strong>no ora può considerarsi convertito alla nostra causa,<br />
potete scambiare il vostro scudo, adesso, se volete!”; una volta<br />
che i due scu<strong>di</strong> ebbero fatto il passaggio <strong>di</strong> mano, il cavaliere<br />
donò il vecchio usbergo <strong>di</strong> Galvano alle tre dame, come segno<br />
118<br />
prese a <strong>di</strong>re, a sua volta: ”Villano d’un gigante che non siete<br />
altro, questa brava gente ha trovato in me il loro eroe che<br />
libererà quei poveri prigionieri che tu minacci <strong>di</strong> morte, ma ora<br />
è meglio che ti prepari a morire se non vuoi <strong>di</strong>fenderti come si<br />
deve” detto questo, Ivano si fece ulteriormente avanti, seguito<br />
come sempre dal proprio leone. Avvicinatosi ulteriormente al<br />
gigante, si rese conto della <strong>di</strong>fficoltà, allora Ivano iniziò a<br />
sperare sempre <strong>di</strong> più <strong>di</strong> riuscire ad uscire vivo da quell’ultima<br />
impresa che aveva accettato a cuore così leggero. Intanto la<br />
corte se ne stava sugli spalti ad osservare quanto accadeva e<br />
pregando fortemente sulla buona riuscita dello scontro. Una<br />
volta che i due contendenti furono a tiro, iniziò un crudele<br />
duello che si protrasse a lungo, finché Ivano non si trovò in<br />
gran <strong>di</strong>fficoltà, al che il buon leone vi si mise in mezzo ed<br />
azzannò il gigante ad una coscia, ferendolo gravemente, che a<br />
sua volta cadde a terra urlando per la sorpresa ed il dolore. In<br />
quello stesso istante Ivano riuscì a riprendere le proprie forze<br />
per potersi accanire crudelmente sulla spalla del gigante stesso,<br />
staccandogliela dal resto del corpo. Non contento <strong>di</strong> quel<br />
danno, Ivano immerse il proprio ferro nel fegato del perfido,<br />
uccidendolo all’istante. Finito che fu lo scontro, il castellano,<br />
con la propria famiglia e l’intiera corte, s’avvicinò alla carcassa<br />
del gigante e, assicuratosi dell’effettiva morte del medesimo,<br />
gioì assieme a tutti i presenti per l’avvenuta liberazione da<br />
quell’orrendo incubo. Subito Ivano si prostrò ai pie<strong>di</strong> del<br />
castellano e prese a <strong>di</strong>re: ”Messere ho mantenuto la mia<br />
promessa nei vostri confronti, ora vi chiedo umilmente <strong>di</strong><br />
liberarmi dal vostro servizio per poter terminare l’avventura<br />
che avevo precedentemente iniziato”.<br />
”Messere vi concedo ben volentieri il congedo dalla mia corte,<br />
ma vi chiedo <strong>di</strong> promettermi <strong>di</strong> tornare alla mia presenza,<br />
appena ve lo concede il vostro vagabondare”<br />
”Messere, mi piacerebbe poterlo promettere, ma tutto <strong>di</strong>pende<br />
da come andrà a finire l’avventura in cui sono attualmente<br />
251
Arrivata che fu l’alba, Ivano volle assistere alla prima messa<br />
del mattino nella cappella del castello, finito il sacramento<br />
decise d’aspettare l’ora prima, giunta che fu l’ora che aveva<br />
stabilito, Ivano vide che non stava succedendo nulla, quin<strong>di</strong><br />
andò al castellano e, inchinandosi, <strong>di</strong>sse: ”Messere, sono molto<br />
dolente, ma qui le cose sono troppo tranquille perché abbiate<br />
bisogno della mia presenza, quin<strong>di</strong> vi supplico umilmente <strong>di</strong><br />
darmi congedo e <strong>di</strong> farmi partire per ottemperare il mio<br />
precedente impegno”. La richiesta riempì <strong>di</strong> dolore il<br />
castellano, il quale prese a <strong>di</strong>re: ”Messere, quel vigliacco d’un<br />
gigante ha promesso che sarebbe arrivato qua davanti entro<br />
mezzogiorno d’oggi, per ottemperare alla propria minaccia, se<br />
per quell’ora ve ne sarete gia andato e messer Galvano, nella<br />
cui speranza speravamo, non arriverà, che cosa accadrà <strong>di</strong> noi e<br />
del nostro splen<strong>di</strong>do castello. Se accettate e sopravvivete<br />
vittorioso allo scontro, inoltre vi copriremo dei più ricchi doni<br />
che potremo trovare, il tutto per la salvezza dei miei figli e del<br />
nostro meraviglioso reame”. Ivano ci pensò su un attimo e<br />
<strong>di</strong>sse: ”Messere, m’avete convinto a rimanere, ma non voglio<br />
nuove suppliche ne tantomeno dei doni che <strong>di</strong>ssanguerebbero<br />
questa landa in un frangente così oscuro per voi. Ma badate<br />
bene che se colui non si fa vivo entro mezzogiorno io sono<br />
in<strong>di</strong>ssolubilmente costretto ad andarmene”, in quel mentre<br />
arrivò effettivamente il gigante, come aveva promesso,<br />
portandosi ad<strong>di</strong>etro i suoi cinque prigionieri miseramente<br />
vestiti e montanti dei ronzini zoppicanti e malmessi, tenuti a<br />
bada da un nano malefico.<br />
A quella vista Ivano corse imme<strong>di</strong>atamente ad armarsi <strong>di</strong> tutto<br />
punto, appena in tempo, perché il perfido gigante prese a <strong>di</strong>re:<br />
”Miei miseran<strong>di</strong> signori, io ho mantenuto la mia promessa e<br />
sono tornato portandomi ad<strong>di</strong>etro gli ostaggi che v’avevo<br />
sequestrato, ma non vedo nessun vostro eroe pronto a battersi<br />
con me”. Il perfido non fece in tempo a finire quelle malevole<br />
parole, che Ivano si presentò nello spiazzo davanti al castello e<br />
250<br />
<strong>di</strong> riconoscenza nei loro confronti per avergli concesso tale<br />
fiducia, quin<strong>di</strong> rientrò nel castello maledetto, ove fu gettato<br />
nelle prigioni più profonde. Contemporaneamente, Galvano e le<br />
donzelle ripresero il loro viaggio, dopo un miglio Galvano si<br />
rivolse nuovamente alla Dama Calva, chiedendogli: ”Madama<br />
mia cara, ho mantenuto la promessa sino a questo momento,<br />
ora è giunta l’ora che voi manteniate la vostra, mettetemi in<br />
libertà <strong>di</strong> trovare altre avventure per conto mio, se non vi<br />
<strong>di</strong>spiace”. La Dama Calva, annuì gravemente e prese a <strong>di</strong>re:<br />
”Dici bene, messer Galvano, hai mantenuto la promessa<br />
d’accompagnarci fin oltre il castello e la hai mantenuta<br />
egregiamente, ora sta a me mantenere la mia, seppure a<br />
malincuore, vai pure per la tua strada”. Vedendo che Galvano<br />
indugiava presso un bivio poco <strong>di</strong>stante, la Dama Calva gli si<br />
fece nuovamente vicino e <strong>di</strong>sse: ”Prode Galvano, pren<strong>di</strong> la<br />
strada che passa vicino a quella croce laggiù, vedrai che vi<br />
troverai molte avventure, mentre la percorri”; Galvano fece un<br />
cenno <strong>di</strong> saluto <strong>di</strong> ringraziamento e prese per la strada che gli<br />
era stata in<strong>di</strong>cata. Fatti che ebbe pochi passi, la dama a pie<strong>di</strong>, lo<br />
fermò e, rimproverandolo, gli <strong>di</strong>sse: ”Messer Galvano siete<br />
stato ben villano ad aver viaggiato sì lungamente con noi e non<br />
aver chiesto alla nostra benamata dama perché portasse il<br />
braccio al collo”. Vedendo l’intemperanza della compagna, la<br />
Dama Calva intervenne nuovamente, <strong>di</strong>cendo: ”Mia cara, se<br />
rimproveri per questo messer Galvano, dovevi rimbrottare<br />
anche re Artù e la sua corte, visto che anche loro sono caduti<br />
nello stesso sbaglio; ma costui potrà rime<strong>di</strong>are alla<br />
<strong>di</strong>menticanza, quando incontrerà il cavaliere codardo, il quale<br />
sta percorrendo proprio quella strada, alla nostra ricerca. Vi<br />
vedo preoccupate, mie compagne, ma a torto perché<br />
quell’infingardo non potrà mai trovarci".<br />
CAPITOLO 20<br />
Lasciate che ebbe le tre dame, Galvano cavalcò per tutta la<br />
giornata finché, al tramonto, non fu obbligato a fare tappa in un<br />
119
eremo, ove fu ricevuto da una dama, la quale stava tenendo un<br />
mulo per le re<strong>di</strong>ni, mentre l’animale si stava abbeverando in un<br />
fonte lì vicino. Avvicinatosi ulteriormente, Galvano notò che<br />
l’animale trasportava all’arcione una testa mozzata, finalmente<br />
il prode si ricordò della dama e, rivolgendosi a lei, <strong>di</strong>sse:<br />
”Madamigella, sia lodata la vostra presenza, ma <strong>di</strong> grazia<br />
potreste in<strong>di</strong>carmi dove trovare l’eremita che abita in questo<br />
loco?”. In quello stesso istante arrivò un uomo veramente<br />
gagliardo nell’aspetto, che <strong>di</strong>sse: ”Messere, sono io l’eremita<br />
che abita in questo loco, ove mi ritirai <strong>di</strong>versi anni fa, quando<br />
morì il mio padrone, re Uter Pendragon; avete ragione,<br />
cavaliere, a stupirvi, perché <strong>di</strong>mostro molto meno dei miei anni,<br />
ma ora venite a rifocillarvi, prima, però devo mettere al sicuro<br />
le vostre cavalcature”<br />
Galvano si rabbuiò un attimo e <strong>di</strong>sse: ”Non metto in dubbio la<br />
tua esperienza come scu<strong>di</strong>ero, eremita, ma preferirei pensarci io<br />
alle cavalcature; ti chiedo semplicemente <strong>di</strong> rifocillarci<br />
entrambi e darci un giaciglio per la notte, se non ti <strong>di</strong>spiace”,<br />
finito che ebbe d’impastoiare gli animali, Galvano entrò<br />
nell’eremo e trovò che la mensa, anche se poveramente, era gia<br />
pronta per la cena. Durante il pasto, l’eremita prese a <strong>di</strong>re:<br />
”Signori miei, come mai due persone così <strong>di</strong>stinte e <strong>di</strong>verse tra<br />
loro si sono presentate al mio cospetto nella stessa serata?”<br />
La damigella fu la più rapida a rispondere, <strong>di</strong>cendo: ”Mio<br />
buon eremita, l’intento che mi sono proposta è quello <strong>di</strong> trovare<br />
un misterioso cavaliere molto giovane che deve essere riportato<br />
al cospetto del Ricco Re Pescatore per potergli porre una<br />
domanda salvifica per il regno del Monsalvato”. Intanto<br />
Galvano stava ad osservare la damigella senza capire cosa<br />
stesse <strong>di</strong>cendo, quando questa ebbe finito, egli <strong>di</strong>sse: ”Pochi<br />
giorni fa venni a conoscenza <strong>di</strong> un giovane cavaliere che fece<br />
visita al Monsalvato, <strong>di</strong>menticandosi, però, <strong>di</strong> fare delle<br />
domande che avrebbero salvato quel ricco reame”. La<br />
damigella restò allibita per qualche istante, poi ripresasi, prese<br />
120<br />
in mezzo ai propri stallieri, salvo che qualcuno non sia tanto<br />
ar<strong>di</strong>to da poterlo affrontare a cuore aperto. Finita la sua<br />
minaccia, fece scempio del borgo che si trovava al <strong>di</strong> fuori delle<br />
mura, demolendo ed incen<strong>di</strong>ando tutto quanto”. Sentendo quei<br />
terribili fatti, Ivano annuì con la testa e <strong>di</strong>sse: ”L’aiuto migliore<br />
che possiate trovare l’avreste se vi rivolgeste alla corte <strong>di</strong> re<br />
Artù <strong>di</strong> Camelot”<br />
”L’unico aiuto valido in cui potrei sperare è quello <strong>di</strong><br />
Galvano, ma egli sta inseguendo i rapitori <strong>di</strong> sua zia, la regina<br />
Ginevra”<br />
”Miei ottimi signori non abbiate timore <strong>di</strong> rimanere senza<br />
pala<strong>di</strong>no, dato che io sono in grado <strong>di</strong> sostituirmi mirabilmente<br />
all’ottimo Galvano, affronterò <strong>di</strong> persona quel perfido gigante<br />
in sua vece, anche se la cosa dovesse farmi tardare<br />
all’appuntamento che la mia bella e buon’amica pretende avere<br />
con me in tempi così brevi, anche se penso che capirà tutto,<br />
quando gli spiegherò ogni cosa”. U<strong>di</strong>te quelle parole, l’intiera<br />
corte gioì enormemente, allora il castellano prese a <strong>di</strong>re:<br />
”Messere, la felicità che ci avete dato è veramente enorme e se<br />
riuscite nell’impresa, come spero, non saprò assolutamente<br />
come sdebitarmi con voi”<br />
”Se volete veramente sdebitarvi in qualche modo con me, v’è<br />
una cosa che potete fare ed è d’ospitarmi presso <strong>di</strong> voi per<br />
questa notte, assieme al mio fedelissimo leone, dato che sono<br />
quin<strong>di</strong>ci giorni che dormiamo per terra, all’ad<strong>di</strong>accio”, la qual<br />
richiesta fu imme<strong>di</strong>atamente esau<strong>di</strong>ta, a tal punto che nel giro<br />
<strong>di</strong> pochi istanti era approntata un’ottima cena ed uno splen<strong>di</strong>do<br />
letto per far dormire comodamente il buon eroe. Finita che fu la<br />
cena, ed i relativi festeggiamenti, andarono tutti a dormire,<br />
appena il castellano s’accorse, da <strong>di</strong>etro la porta, che Ivano ed il<br />
suo leone s’erano addormentati, chiuse la loro stanza a chiave,<br />
in modo tale che non poterono uscire fino al mattino<br />
successivo.<br />
249
castello <strong>di</strong>cendo: ”Forse vi riferite a questo simpatico gattone<br />
che m’aiuta nelle mie avventure dopo che lo salvai dalle spire<br />
d’un orrido serpente che lo voleva soffocare, ma non abbiate<br />
paura che è innocuo, sempre che non mi veda in estremo<br />
pericolo”. A quell’assicurazione i servi si calmarono<br />
enormemente e permisero anche al superbo felino d’entrare nel<br />
cortile interno del maniero.<br />
Entrati che furono i due compagni <strong>di</strong> viaggio, Ivano fu<br />
<strong>di</strong>sarmato ed onorato con gran gioia per qualche tempo, ma<br />
poco dopo tutti i presenti furono presi da gran dolore ed<br />
angoscia, iniziando a piangere, gridare ed a graffiarsi il viso per<br />
lunghissimo tempo, così parve ad Ivano, ma li lasciò fare,<br />
rispettando il misterioso dolore. Una volta che si furono tutti<br />
calmati, Ivano si rivolse ad uno <strong>di</strong> loro, che gli era<br />
particolarmente vicino, chiedendogli: ”Che cosa sta succedendo<br />
<strong>di</strong> così misterioso, che in un primo momento state sprizzando <strong>di</strong><br />
gioia, ma subito dopo, all’improvviso, vi <strong>di</strong>sperate a tal punto<br />
da sfigurarvi il volto con le unghie?”. Il servitore allora prese a<br />
<strong>di</strong>re: ”L’unica cosa che posso <strong>di</strong>rvi, in questo momento, è che<br />
entro domani, penso intorno a mezzogiorno, sarete coinvolto in<br />
un’orribile avventura davanti a questo castello. Ma per pietà ora<br />
non spingetevi a chiedermi altro, perché non riesco a<br />
pronunciare altra parola in proposito, ma se volete sapere<br />
qualcosa <strong>di</strong> più a tal proposito, dovete rivolgervi al nostro<br />
amatissimo castellano. Forse lui riuscirà a <strong>di</strong>rvi qualcosa in più<br />
a tal proposito”<br />
Giusto in quel momento arrivò anche il castellano che, sentito<br />
tutto quanto quello che aveva detto il suo servitore, fece un<br />
cenno d’assenso col capo e <strong>di</strong>sse: ”Messere, dovete sapere che<br />
un orrendo gigante, nomato Harpis della Montagna, ha<br />
sequestrato i miei sei giovanissimi figli, che avevo appena<br />
investito cavalieri, e la loro beneamata sorella, ne uccise<br />
imme<strong>di</strong>atamente due promettendo d’uccidere gli altri quattro<br />
entro domani e avrebbe mandato l’adorata figliola a prostituirsi<br />
248<br />
a <strong>di</strong>re: ”Messer cavaliere, forse io e lei stiamo cercando la<br />
stessa persona, senza che lo potessimo sapere prima”. Galvano<br />
la guardò un attimo pensieroso, poi <strong>di</strong>sse: ”Mia signora ho la<br />
netta sensazione che voi abbiate ragione sulla nostra ricerca,<br />
che ne <strong>di</strong>te se uniamo le nostre forze, in modo che vi possa<br />
anche fare da scorta durante quest’avventura?”. Subito la<br />
damigella rimase un po' stupita per l’inattesa offerta, poi,<br />
pensandoci meglio, rispose: ”Messer cavaliere, in questi tempi<br />
ogni compagnia onorata, ancor meglio se <strong>di</strong> un cavaliere, è ben<br />
accetta, soprattutto se si deve ottenere lo stesso scopo”.<br />
Vedendo che i due ospiti si stavano spingendo un po' troppo in<br />
la nelle rispettive offerte per i propri gusti, l’eremita si rivolse<br />
al cavaliere e chiese: ”Messere, gra<strong>di</strong>rei sapere chi voi siate e<br />
da dove proveniate, non vi chiedo il vostro scopo in questo<br />
viaggio perché me lo avete gia palesato poco anzi, quando siete<br />
arrivato”. Galvano esitò un attimo, poi <strong>di</strong>sse: ”Il mio nome è<br />
Galvano e vengo dall’onorata corte <strong>di</strong> re Artù <strong>di</strong> Camelot e,<br />
come ho gia detto, sono alla ricerca del misterioso e<br />
giovanissimo cavaliere che fece visita al regno del Monsalvato,<br />
mandandolo in malora per non aver posto la debita domanda al<br />
momento opportuno”. Saputo a chi stava parlando, l’eremita ne<br />
rimase enormemente compiaciuto, ma la damigella si rabbuiò<br />
enormemente e prese a <strong>di</strong>re: ”Siate eternamente dannato,<br />
messer Galvano, perché appartenete alla schiatta ed alla corte <strong>di</strong><br />
quel peccatore senza speranza che è Artù <strong>di</strong> Camelot, il quale<br />
fu aiutato dalla qui presente all’epoca dell’avventura alla<br />
cappella <strong>di</strong> Sant’Agostino, senza che io ne potessi alcun<br />
beneficio possibile, oltre a quella testa mozza che vedeste poco<br />
prima all’arcione del mio mulo”. Galvano la interruppe,<br />
<strong>di</strong>cendo: ”Mia damigella, mi spiace che il re mio zio abbia fatto<br />
una cosa del genere, ma non era nelle sue intenzioni, tieni<br />
presente che poi ha tenuto corte pochi giorni dopo averti<br />
incontrata e, davanti a tutti quanti ha promesso <strong>di</strong> mantenere<br />
una vita ed un comportamento come si convengono ad un re<br />
121
come lui”. La dama, tutto altro che tranquillizzata, invece,<br />
riprese a <strong>di</strong>re: ”Degno nipote <strong>di</strong> un tal zio, villano e <strong>di</strong>sgraziato<br />
agli occhi del Cielo, nessuno <strong>di</strong> voi due conosce la buona<br />
creanza <strong>di</strong> sapersi comportare come si deve davanti ad una<br />
donna quale sono io, ed ora che ti conviene allontanarti dalla<br />
mia vita, <strong>di</strong>sgraziato <strong>di</strong> un cavaliere che non sei altro”<br />
Le cose stavano peggiorato ulteriormente, quando l’eremita<br />
fece segno <strong>di</strong> calmarsi tutti quanti, infine prese a <strong>di</strong>re:<br />
”Immagino che siate entrambi curiosi <strong>di</strong> sapere perché,<br />
nonostante la mia veneranda età, <strong>di</strong>mostri un aspetto così<br />
giovanile; vi accontento imme<strong>di</strong>atamente, spiegandovelo.<br />
Dovete sapere che sei lustri fa fui chiamato nei territori del<br />
Monsalvato, ove celebrai una santa messa assieme al Ricco Re<br />
Pescatore nella cappella del Santo Graal, il quale concede la<br />
grazia dell’eterna giovinezza a tutti quelli che lo servono”.<br />
Imme<strong>di</strong>atamente Galvano fu attratto da questo breve racconto,<br />
alla fine non si trattenne dal chiedere: ”Messere, come potrei<br />
raggiungere il Monsalvato nel minor tempo possibile?”.<br />
L’eremita fu parzialmente sorpreso da tale domanda, ma nello<br />
stesso tempo compiaciuto. Infatti rispose: ”Buon Galvano, devi<br />
sapere che il percorso per arrivarci lo potrai trovare solo se<br />
Id<strong>di</strong>o lo vorrà, perché, infatti, sta solo a Lui decidere chi è<br />
degno <strong>di</strong> poter far visita, ed ovviamente abitare, in quel castello<br />
veramente mistico”, subito dopo questa lapidaria risposta<br />
dell’eremita, decisero tutti quanti <strong>di</strong> andare a letto per<br />
rinfrancarsi.<br />
Il mattino dopo Galvano si alzò all’alba e trovò che l’eremita e<br />
la dama erano gia pronti per cantare messa e non attendevano<br />
altro che lui; come il santo rito fu terminato, Galvano notò che<br />
la giovine era molto triste e, avvicinatala, le chiese:<br />
”Madamigella, come mai la mestizia vi ha assalito in quel<br />
modo?”<br />
La dama, compiaciuta invero, <strong>di</strong>sse: ”Messer Galvano, vi<br />
ricordate della testa monca che vedeste ier sera, quando<br />
122<br />
qualche notizia del mio caro compagno, sir Galvano?”. Al che<br />
la damigella <strong>di</strong>sse: ”Dalle ultime notizie che ho avuto, stava<br />
inseguendo un perfido signorotto che rapì qualche tempo fa la<br />
regina Ginevra, sua zia, e ha giurato <strong>di</strong> non aver pace se non<br />
avrà compiuto l’impresa. Se non arriva presto da queste parti,<br />
sarò costretta a morire sul rogo, perché non ci sarà nessuno che<br />
mi <strong>di</strong>fende”<br />
”Madamigella non dovete preoccuparvi per questo, perché<br />
entro domani mattina voi sarete liberata da questa prigione e<br />
dal problema del rogo che vi sta minacciando, ma dovete<br />
promettermi una cosa, cioè <strong>di</strong> mantenere l’incognito sulla mia<br />
identità fino alla fine del duello”<br />
”La cosa mi fa trepidare alquanto, soprattutto per la salvezza<br />
d’entrambi, ma accetto ben volentieri sapendo quanto siete<br />
valoroso come cavaliere”<br />
”Madamigella dovete stare tranquilla, in questa faccenda,<br />
perché domani farò giustizia delle menzogne che vi hanno<br />
macchiato l’onore così a fondo. Ora però devo chiedervi<br />
umilmente il congedo, perché devo trovare un alloggio per<br />
poter passare la notte”, quin<strong>di</strong> la damigella gli concesse<br />
d’allontanarsi, dandogli, inoltre, la propria bene<strong>di</strong>zione.<br />
Subito Ivano ed il suo fidato leone ripresero la propria strada,<br />
finché non giunsero nelle imme<strong>di</strong>ate vicinanze d’un fortilizio<br />
ben <strong>di</strong>feso da ottime mura, ma il cui spiazzo anteriore era<br />
completamente riarso e con le case e capanne totalmente<br />
abbattute. Giunto che Ivano fu al portone del maniero, i servi<br />
abbassarono il ponte levatoio, <strong>di</strong>cendogli: ”Cavaliere, lo<br />
spiazzo ove vi trovate è enormemente pericoloso, vi conviene<br />
entrare nel castello il più presto possibile, - subito uno <strong>di</strong> loro<br />
vide il leone e <strong>di</strong>sse - messere quella belva potrebbe minare la<br />
nostra sicurezza, quin<strong>di</strong> vi chiedo umilmente <strong>di</strong> lasciarla fuori<br />
in quell’orrendo spiazzo davanti al castello”. Ivano rimase<br />
momentaneamente sorpreso per quell’appunto, ma poi,<br />
accorgendosi del proprio compagno, si rivolse ai servitori del<br />
247
dall’estremo gesto, quin<strong>di</strong> s’avviarono al noto pietrone<br />
pensando alla promessa che tempo prima Ivano non mantenne,<br />
me<strong>di</strong>tando <strong>di</strong> suicidarsi, decidendo tra le altre cose: ”Se non<br />
riesco ad uccidermi, scagliandomi su quella malefica pietra, che<br />
mi venga la massima sventura, perché non merito <strong>di</strong> vivere<br />
dopo quanto ho fatto a quella dolce dama che ho molto amata e<br />
che porta il nome <strong>di</strong> Lau<strong>di</strong>na”. A seguito <strong>di</strong> quelle<br />
lamentazioni, da una cappella <strong>di</strong>roccata e dalla porta murata,<br />
una voce <strong>di</strong> donna si fece sentire mentre <strong>di</strong>ceva: ”Poveretta me,<br />
sono la dama più infelice che esista al mondo, dato che sono<br />
stata costretta a questa con<strong>di</strong>zione da un cavaliere fe<strong>di</strong>frago che<br />
non mantenne la promessa che aveva fatto”, a quelle parole<br />
Ivano s’accostò al muro fesso della cappella e <strong>di</strong>scusse con la<br />
prigioniera chi dei due patisse l’infelicità peggiore <strong>di</strong> questo<br />
mondo.<br />
Alla fine della <strong>di</strong>scussione, la misteriosa prigioniera <strong>di</strong>sse:<br />
”Dovete sapere il motivo del perché sia io la persona più<br />
infelice <strong>di</strong> questo mondo: fui accusata ingiustamente da tre<br />
cavalieri che mi <strong>di</strong>edero la colpa <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>mento nei confronti <strong>di</strong><br />
messer Ivano e se costui o il prode Galvano non si<br />
presenteranno entro domattina, sarò condannata a morte per una<br />
colpa che non ho commesso”. A sentire quelle parole, Ivano<br />
<strong>di</strong>sse: ”Mia cara damigella, uno dei cavalieri <strong>di</strong> cui speravate<br />
l’arrivo e appena giunto, infatti vedete in me sir Ivano,<br />
cavaliere della Tavola Rotonda e avendo saputo da voi il<br />
pericolo, sono pronto a venirvi in soccorso, anche per espiare i<br />
peccati <strong>di</strong> entrambi”. La damigella fu molto contenta <strong>di</strong><br />
quell’arrivo così desiderato ed inaspettato, ma subito prese a<br />
<strong>di</strong>re: ”Prima <strong>di</strong> essere rinchiusa qui dentro viaggiai in tutte le<br />
corti del regno, compresa quella <strong>di</strong> re Artù per cercare delle<br />
vostre notizie, senza averne fino ad ora. Inoltre dovete sapere,<br />
messere, che uno dei tre bifolchi era il siniscalco della mia<br />
signora Lau<strong>di</strong>na”. A quelle notizie, Ivano si preoccupò<br />
parecchio, infatti subito <strong>di</strong>sse: ”Mia signora, almeno avete<br />
246<br />
arrivaste? Ebbene devo portarla al castello dell’eremita nero,<br />
altrimenti non potrò ritrovare la Dama Calva, ma ora è giunto il<br />
momento <strong>di</strong> prendere il congedo, altrimenti non porterò mai a<br />
compimento lo scopo della mia vita, arrivederci cavaliere ed<br />
ad<strong>di</strong>o”, infatti il buon eremita aveva invitato con un gesto alla<br />
dama <strong>di</strong> partire per la stessa strada ove era giunto Galvano la<br />
sera precedente. Imme<strong>di</strong>atamente anche Galvano si rivolse<br />
all’eremita, <strong>di</strong>cendogli: ”Buon uomo è giunto il momento che<br />
anch’io riprenda per la strada che mi conviene percorrere per<br />
mantenere integra la mia probità in ogni situazione”. Al che<br />
l’eremita gli <strong>di</strong>sse: ”Messer Galvano non posso che augurarvi<br />
buona fortuna per l’intento che avete in mente, ma<br />
permettetemi un piccolo consiglio, prima che partiate; seguite<br />
quel sentiero che si trova in quel canto alla vostra destra e<br />
sperate in Dio se veramente volete ritrovare il Monsalvato e<br />
tentare <strong>di</strong> salvare il Ricco Re Pescatore da nuove pene”, detto<br />
questo congedò velocemente il cavaliere, il quale seguì<br />
scrupolosamente il suggerimento del buon eremita.<br />
Sul fare del mezzogiorno, Galvano s’imbatté in un giovane<br />
appoggiato ad una pianta e gli si rivolse <strong>di</strong>cendogli:<br />
”Buongiorno a te, ragazzo, come mai non stai lavorando come<br />
tutti i bifolchi della tua età?”<br />
”Sappiate, signor cavaliere, che mio padre era un pari vostro e<br />
che io sto cercando colui che lo uccise alcuni mesi ad<strong>di</strong>etro”<br />
”sappi allora che io sto cercando la vera e giusta strada per<br />
giungere velocemente e sicuramente al Monsalvato, per rendere<br />
omaggio al Ricco Re Pescatore, ma <strong>di</strong> grazia, giovanotto, potrei<br />
sapere chi era il vostro defunto padre, che forse incontrai prima<br />
dell’infausto scontro in cui morì?”<br />
”Sono il figlio del cavaliere vermiglio, che fu ucciso da un<br />
giovane cavaliere che si faceva nomare il Puro Folle e lo sto<br />
cercando per potermi ven<strong>di</strong>care della morte del padre. Ma ora<br />
permettetemi <strong>di</strong> darvi un consiglio amichevole, cavaliere,<br />
dovete aumentare l’andatura del vostro cavallo perché il<br />
123
pomeriggio sta avanzando e per le prossime venti miglia 2 non<br />
ci sono ripari decenti per il vostro rango”, finalmente i due si<br />
salutarono amichevolmente ed ognuno dei due riprese il proprio<br />
viaggio.<br />
Poche aune dopo, Galvano fu fermato da un misterioso<br />
cavaliere, i cui colori non corrispondevano assolutamente a<br />
nessuno dei suoi compagni d’arme, che gli <strong>di</strong>sse: ”Messere, se<br />
volete passare oltre dovete battervi con me e vincere, altrimenti<br />
avrete sicuramente la morte e nel modo più orribile che possiate<br />
immaginare!”. Galvano non aspettava altro ed accolse al volo la<br />
sfida <strong>di</strong>cendo: ”Messere, anche se non vi conosco, accetto ben<br />
volentieri la vostra sfida, anche perché non s’intralcia il<br />
cammino <strong>di</strong> un cavaliere della Tavola Rotonda senza un valido<br />
motivo, a maggior ragione se si tratta del nipote del re <strong>di</strong><br />
Camelot”. A sentire l’identità <strong>di</strong> colui che aveva fermato, il<br />
misterioso cavaliere si riempì d’orgoglio e, senza altro<br />
preavviso, si lanciò all’attacco <strong>di</strong> Galvano, il quale intuito il<br />
pericolo, aveva gia messo la lancia in resta e spronò la propria<br />
cavalcatura al galoppo più sfrenato contro l’infingardo che<br />
stava comportandosi così slealmente, spingendo la propria<br />
lancia nell’orbita del fellone ed uccidendolo sul colpo; come fu<br />
in grado <strong>di</strong> estrarre la propria arma, Galvano riprese la propria<br />
strada contento <strong>di</strong> quell’avventura fuori programma.<br />
Arrivò la sera e Galvano aveva gia percorso le venti miglia<br />
che il giovinetto gli aveva detto e non aveva ancora avuto alcun<br />
segno <strong>di</strong> ricovero, finché, girata l’ennesima curva, si ritrovò<br />
davanti ad un meraviglioso castello dal quale lo raggiunse un<br />
giovane scu<strong>di</strong>ero, il quale com’ebbe ripreso fiato, gli <strong>di</strong>sse:<br />
”Signor cavaliere siete giunto ben donde a questo castello<br />
nomato dai suoi tanti padroni passati come Camaalot; sappiate<br />
che è la sua attuale proprietaria, che noi servitori chiamiamo la<br />
Dama Vedova, attualmente è in enormi <strong>di</strong>fficoltà, avendo gia<br />
2 Attualmente il miglio inglese misura 1609,34 metri.<br />
124<br />
liberato in quel modo, nonostante l’amputazione subita, il leone<br />
non s’avventò contro Ivano, ma gli s’avvicinò facendo le fusa,<br />
cosicché poté ringraziarlo come meglio poteva, ad<strong>di</strong>rittura<br />
umiliandosi in modo ignobile, a tal punto da seguire il cavaliere<br />
come un cagnolino quando il prode s’allontanò dal luogo della<br />
lotta, proteggendolo e servendolo come se fosse il proprio<br />
padrone. Poco dopo il leone sentì l’odore <strong>di</strong> selvaggina, quin<strong>di</strong><br />
si volse verso Ivano per aver il permesso <strong>di</strong> cacciarla per<br />
entrambi; a quell’espressione d’adorazione, Ivano non poté<br />
trattenere un sorriso, poi <strong>di</strong>sse: ”Vai pure, fidato amico, perché<br />
ormai è anche ora <strong>di</strong> dover mettere qualcosa sotto i denti e le<br />
mie provviste sono ormai finite”. Il leone capì imme<strong>di</strong>atamente<br />
quello che gli era stato detto e partì inseguendo l’usta,<br />
uccidendo ben presto un capriolo piuttosto grosso, quin<strong>di</strong>,<br />
mentre aspettava il nuovo compagno, ne bevve il sangue, poi<br />
ritornò sui propri passi portandosi seco la carcassa per offrirla<br />
ad Ivano.<br />
Vedendo il bottino, Ivano accarezzò la criniera del grosso<br />
felino e gli <strong>di</strong>sse: ”Mio buono e fido amico hai fatto un ottimo<br />
lavoro fiutando ed abbattendo questa splen<strong>di</strong>da preda, ora<br />
abbiamo entrambi abbastanza cibo per alcuni giorni, ma<br />
purtroppo per ora non abbiamo un tetto sotto cui dormire e<br />
<strong>di</strong>spero <strong>di</strong> poterne trovare nei prossimi giorni” subito si misero<br />
a cuocere la carne così procurata e, dato che il sole era gia<br />
calato e non v’erano ripari degni <strong>di</strong> tal nome, i due compagni<br />
furono costretti, dopo il pasto, a sdraiarsi nei pressi <strong>di</strong> una<br />
radura li vicino; quella vita fu portata avanti per altri quin<strong>di</strong>ci<br />
giorni, finché non arrivarono nei pressi della magica fontana<br />
che <strong>di</strong>ede tanti dolori al povero Ivano, il quale riconosciutala,<br />
svenne per il gran <strong>di</strong>spiacere. Nel cadere, al cavaliere si sguainò<br />
la spada che lo ferì atrocemente al braccio, a tal vista il leone<br />
credette che il buon Ivano fosse morto, quin<strong>di</strong> fece in modo <strong>di</strong><br />
sollevare la spada per gettarvisi sopra. In quel mentre Ivano<br />
rinvenne, appena in tempo per fermare il povero felino<br />
245
imprigionato e lo fece condurre nei sotterranei del proprio<br />
maniero. Andatosene il conte Alier, Ivano si fece avanti e <strong>di</strong>sse:<br />
”Mia signora, a questo punto mi vedo costretto a chiedere<br />
congedo dalla vostra presenza, anche perché non mi sembra<br />
lecito rimanere vostro ospite ancora a lungo, ma non cre<strong>di</strong>ate<br />
che la cosa mi lasci in<strong>di</strong>fferente, anzi sappiate che la cosa mi<br />
<strong>di</strong>spiace alquanto, dovete in ogni caso pensare cosa potrebbero<br />
<strong>di</strong>re i vostri vicini se venissero a sapere che ospitate un<br />
cavaliere in piena forma senza alcun motivo”. Lau<strong>di</strong>na chinò un<br />
attimo il capo in preda ad un moto <strong>di</strong> <strong>di</strong>spiacere, poi <strong>di</strong>sse: ”La<br />
cosa mi <strong>di</strong>spiace molto, invero, ma devo convenire con voi che<br />
il trattenervi con la forza potrebbe essere fonte <strong>di</strong> chiacchiere<br />
ingiustificate da parte dei miei vicinanti, quin<strong>di</strong> mi vedo<br />
costretta dalle convenienze darvi il congedo, ma ormai è notte<br />
così vi chiedo <strong>di</strong> rimanere mio ospite ancora per questa notte<br />
soltanto”. Il mattino dopo assistettero tutti quanti alla prima<br />
messa del mattino, prima che sorgesse il sole, poi Ivano s’andò<br />
ad armare con una splen<strong>di</strong>da panoplia che gli aveva regalato<br />
Lau<strong>di</strong>na in persona, e prese la propria strada nuovamente da<br />
solo. Cavalcando parecchi giorni, Ivano finalmente giunse<br />
nuovamente alla corte <strong>di</strong> re Artù completamente ristabilito da<br />
ogni sventura e raccontò ai compagni tutto quel che ricordava<br />
<strong>di</strong> quelle avventure.<br />
Capitolo 44<br />
Mentre si trovava nel bosco, Ivano sentì un grido molto<br />
doloroso e penetrante, giunto nel luogo donde veniva il<br />
richiamo, vide un serpente che stringeva per le reni un leone e<br />
dalle fauci sputava un’ardente fiammata; a quella vista Ivano<br />
decise d’intervenire per salvare il leone perché considerava il<br />
serpente velenoso e fellone. Subito il cavaliere brandì la spada<br />
ed assalì l’immonda creatura, tagliandola in quattro pezzi,<br />
accanendosi, poi, su questi ultimi fino a <strong>di</strong>struggere<br />
completamente il perfido serpente, ma nella foga, purtroppo,<br />
tagliò anche un pezzo della coda del povero leone. Vedendosi<br />
244<br />
perso altri sette castelli e questo è l’ultimo che gli rimanga,<br />
nell’attesa che l’adorato figlio ritorni”<br />
A quelle notizie, Galvano si preoccupò alquanto e chiese: ”Di<br />
grazia, scu<strong>di</strong>ero, si sa chi sia quel fellone che conquistò ben<br />
sette castelli ad una dama senza <strong>di</strong>fese?”<br />
”Il fellone è noto come il Signore delle Palu<strong>di</strong>, che tra l’altro è<br />
un villano veramente prepotente e potentissimo; ma ci stiamo<br />
<strong>di</strong>lungando inutilmente qui fuori, dato che sta facendo buio. Se<br />
volete ho anche l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> condurvi al castello per offrirvi<br />
ricetto per la notte”. Detto questo, lo scu<strong>di</strong>ero voltò il cavallo e<br />
galoppò verso Camaalot per avvertire la Dama Vedova che<br />
Galvano si sarebbe fermato per la notte ed appianato le<br />
eventuali <strong>di</strong>fficoltà che si sarebbero presentate durante la<br />
permanenza al castello, nello stesso istante Galvano intravide, a<br />
margine della strada, una splen<strong>di</strong>da tomba e si fermò a<br />
contemplarla.<br />
Durante la me<strong>di</strong>tazione <strong>di</strong> Galvano, lo scu<strong>di</strong>ero era giunto al<br />
cospetto della propria padrona. Inchinatosi, <strong>di</strong>sse: ”Mia signora,<br />
il cavaliere straniero si è offerto <strong>di</strong> aiutarci ed ha anche<br />
accettato <strong>di</strong> rimanere presso <strong>di</strong> noi mentre passa la notte,<br />
sperando che le cose si appianino alquanto velocemente”, a<br />
queste notizie, la Dama Vedova si volse verso la figlia, ivi<br />
presente e nomata Dantrane, ed abbracciatala, iniziarono a<br />
piangere entrambe dalla gioia per l’inaspettato aiuto. Una volta<br />
che le due donne si furono riprese dalla splen<strong>di</strong>da notizia,<br />
fecero sellare i propri palafreni e furono condotte alla presenza<br />
<strong>di</strong> Galvano, che si trovava ancora in me<strong>di</strong>tazione davanti alla<br />
lapide che aveva trovato sulla strada.<br />
Subito Galvano si riscosse perché le aveva intraviste<br />
nell’avvicinarsi, quando le due donne furono abbastanza vicine<br />
da poter parlare nel modo appropriato, Galvano scese da<br />
cavallo e prese a <strong>di</strong>re: ”Vi ringrazio, mie dame per l’ospitalità<br />
che mi avete offerto per questa notte, vi garantisco che sarò in<br />
grado <strong>di</strong> ricambiare ottimamente il favore, eliminando tutti i<br />
125
problemi che avete con i vostri vicini, i quali mi sono stati<br />
descritti come molto infi<strong>di</strong>”, la Dama Vedova non <strong>di</strong>sse parola,<br />
perché nello stesso momento aveva visto quanto stava<br />
me<strong>di</strong>tando Galvano e svenne senza proferir parola.<br />
Fu così che toccò a Dantrane prendere parola ed a <strong>di</strong>re:<br />
”Messere siete il benvenuto nella nostra umile <strong>di</strong>mora, sappiate,<br />
inoltre, che la vostra protezione è molto gra<strong>di</strong>ta da noi povere<br />
donne in<strong>di</strong>fese; per quanto riguarda mia madre, dovete scusarla,<br />
ma il suo cuore sperava nell’arrivo dell’amato figlio, che<br />
oltremodo è anche mio fratello”<br />
In quel mentre la Dama Vedova si riprese e, come la voce gli<br />
ritornò, si rivolse a Galvano, chiedendogli: ”Di grazia,<br />
cavaliere, posso sapere chi abbiamo l’onore <strong>di</strong> ospitare per<br />
questa notte e per tutti i giorni necessari finquando i problemi<br />
che ci affliggono saranno risolti?”. Galvano rimase in dubbio<br />
qualche istante, poi si rivelò <strong>di</strong>cendo: ”Il mio nome è Galvano e<br />
sono nipote <strong>di</strong> re Artù <strong>di</strong> Camelot, pronto a mettermi a vostro<br />
servizio finché le vostre <strong>di</strong>sgrazie non saranno portate a<br />
termine”, nell’u<strong>di</strong>re quel famoso ed onorato nome, le due<br />
donne furono particolarmente contente, perché Galvano era uno<br />
dei migliori cavalieri del mondo intiero.<br />
Finalmente l’intiera brigata ritornò giubilante al castello, dove<br />
le due dame si pro<strong>di</strong>garono imme<strong>di</strong>atamente a <strong>di</strong>sarmare<br />
Galvano, dopo <strong>di</strong> che si misero tutti a tavola, imbandendola con<br />
estremo sfarzo per un ospite <strong>di</strong> quel riguardo; durante il pasto,<br />
la Dama Vedova si rivolse nuovamente a Galvano e gli chiese:<br />
”Messer Galvano, spero che possiate darmi notizie sul mio caro<br />
figliolo che manca dai suoi territori da moltissimo tempo e non<br />
ci sta facendo sapere nulla <strong>di</strong> come stia”.<br />
”A <strong>di</strong>re il vero, non so come si chiami, il vostro amatissimo<br />
figlio, quin<strong>di</strong> non sono in grado <strong>di</strong> accontentarvi nel darvi<br />
notizie su <strong>di</strong> lui, se potete <strong>di</strong>rmi qualcosa sulla sua persona<br />
prima che partisse da questi luoghi, sarò ben contento <strong>di</strong><br />
informarlo su <strong>di</strong> voi”<br />
126<br />
danno è fatto e non possiamo farci più nulla; l’unica cosa che<br />
dobbiamo fare è proseguire con le cure da dare a quell’ingrato<br />
cavaliere”. Finita che ebbero la <strong>di</strong>scussione, le due dame si<br />
riconciliarono e concentrarono su Ivano la loro attenzione,<br />
portandolo alla completa guarigione in brevissimo tempo.<br />
Finita che fu la convalescenza d’Ivano, finalmente si fece vivo<br />
anche il perfido Alier con tutti i suoi seguaci, facendo irruzione<br />
nel borgo del castello <strong>di</strong> Lau<strong>di</strong>na, mettendolo a ferro e fuoco.<br />
Subito Ivano si rivolse alla castellana, che non aveva ancora<br />
riconosciuto, e <strong>di</strong>sse: ”È passato ormai abbastanza tempo da<br />
quando mi sono riavuto dalla pazzia e questa è l’occasione per<br />
vedere quanto valgo ancora e risollevare il mio onore<br />
macchiato dal vagabondare nudo che ho fatto per così lungo<br />
tempo”. Lau<strong>di</strong>na fu imme<strong>di</strong>atamente d’accordo e così Ivano<br />
uscì con un <strong>di</strong>staccamento d’armati per contrastare il pericolo<br />
incombente; subito Ivano incontrò un cavaliere avversario e<br />
l’uccise al primo assalto, subito preso dalla ferocia della<br />
battaglia, fece incetta <strong>di</strong> nemici, dando così l’esempio ai<br />
compagni che vollero imme<strong>di</strong>atamente imitare il suo valore.<br />
Negli stessi istanti Lau<strong>di</strong>na e Lunetta, assieme a tutti quelli<br />
che erano rimasti al castello, stavano osservando dal mastio<br />
quanto succedeva sotto <strong>di</strong> loro, lodando le prodezze dei propri<br />
<strong>di</strong>fensori ed Ivano in modo particolare. Alla fine dello scontro<br />
l’unico attaccante rimasto in vita era il conte Alier in persona<br />
che tentò <strong>di</strong> fuggire nel proprio castello, ma fu raggiunto a<br />
poche aune <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza. Imme<strong>di</strong>atamente la notizia fu resa nota<br />
al castello <strong>di</strong> Lau<strong>di</strong>na, nel quale tutti gioirono per l’impresa.<br />
Finalmente Ivano ritornò al castello con Alier e lo presentò alla<br />
bella castellana come prigioniero del castello; sentendo questo,<br />
Alier si prostrò al cospetto <strong>di</strong> Lau<strong>di</strong>na e prese a <strong>di</strong>re: ”Questo<br />
cavaliere può <strong>di</strong>rsi nella più grande ragione nel definirmi vostro<br />
prigioniero, sappiate anche che, se lo desiderate, sono in grado<br />
<strong>di</strong> ripagare tutti i guasti che ho provocato in tutto questo<br />
tempo”, Lau<strong>di</strong>na fu molto felice che il perfido fosse stato<br />
243
ad<strong>di</strong>etro, mi potreste aiutare ad arrivare al primo castello che<br />
potremmo trovare sul vostro percorso perché abbia le cure<br />
necessarie. Non preoccupatevi delle mie nu<strong>di</strong>tà spero d’essere<br />
ancora in grado d’usare quegli abiti che ho notato laggiù, vicino<br />
a dov’ero pochi minuti fa e posso rivestirmi a mio agio”.<br />
Rivestitosi che fu, Ivano si rivolse a Lunetta, <strong>di</strong>cendogli: ”Ora<br />
che sono <strong>di</strong>venuto presentabile, possiamo prendere la strada per<br />
arrivare dalla tua padrona” così, fattosi aiutare a montare in<br />
sella, Ivano e la damigella arrivarono al castello. Mentre<br />
attraversarono un ponte, Lunetta gettò la scatola, ormai<br />
inservibile, pensando poi <strong>di</strong> raccontare a Lau<strong>di</strong>na che fu persa<br />
durante il ritorno.<br />
Entrato che fu al castello, che ancora non aveva riconosciuto,<br />
Ivano incontrò Lau<strong>di</strong>na la quale l’aiutò a smontare <strong>di</strong> sella e<br />
l’accompagnò nella sala del trono, intrattenendosi con lui fino<br />
al pomeriggio inoltrato. Congedato che ebbe Ivano, Lau<strong>di</strong>na<br />
chiamò al proprio cospetto Lunetta alla quale infine chiese:<br />
”Mia cara compagna, è giunto il momento <strong>di</strong> restituirmi la<br />
scatolina con il prezioso unguento che t’avevo dato in custo<strong>di</strong>a<br />
per curare quell’infingardo che continuo ad amare così tanto”.<br />
Lunetta abbassò lo sguardo e finse <strong>di</strong> cercarsi addosso l’oggetto<br />
che l’era stato chiesto, poi in preda ad un enorme rossore, <strong>di</strong>sse:<br />
”Mia signora, dopo aver usato l’unguento come m’avete detto,<br />
misi la scatolina in una tasca interna della mia veste e me ne<br />
tornai al castello con Ivano, ma ora non riesco assolutamente<br />
più a trovarla, devo averla persa lungo il tragitto per tornarcene<br />
al maniero”. A quella scusa Lau<strong>di</strong>na s’arrabbiò parecchio ed<br />
iniziò a <strong>di</strong>re: ”Disgraziata <strong>di</strong> una Lunetta, ti ren<strong>di</strong> conto quale<br />
danno hai provocato con la tua sbadataggine ed incuria verso<br />
quel preziosissimo unguento che ora è <strong>di</strong>ventato totalmente<br />
inutilizzabile, grazie alla tua per<strong>di</strong>ta?”. Lunetta capì<br />
imme<strong>di</strong>atamente l’errore che aveva commesso ed abbassò lo<br />
sguardo piena <strong>di</strong> vergogna per la bugia che aveva detto poco<br />
prima, ma Lau<strong>di</strong>na si rischiarò alquanto e <strong>di</strong>sse: ”Ormai il<br />
242<br />
”Gli posi nome Parsifal, perché è molto puro quanto folle,<br />
anche se non gli ho mai rivelato neanche come si chiami, e<br />
partì da questi luoghi sette anni orsono, dopo che uccise il<br />
Cavaliere Vermiglio presso la corte <strong>di</strong> vostro zio. Alla morte <strong>di</strong><br />
quel cavaliere, il fratello <strong>di</strong> costui si alleò con il più feroce dei<br />
nostri nemici, noto come il Signore delle Palu<strong>di</strong>, movendoci<br />
feroce guerra proprio nel momento in cui eravamo<br />
particolarmente deboli; purtroppo nessuno dei miei fratelli può<br />
aiutarci, in quanto il Ricco Re Pescatore è caduto in sfinimento,<br />
re Pelles della Gente Bassa si è ritirato in romitaggio presso la<br />
cappella <strong>di</strong> Sant’Agostino alcuni lustri fa senza <strong>di</strong>rci il perché,<br />
mentre il re del Castello Mortale, noto anche come Klingsor, è<br />
meglio non fidarsi perché particolarmente infido e vuole<br />
impossessarsi a tutti i costi del Monsalvato, pur non avendone<br />
nessun <strong>di</strong>ritto”.<br />
”Effettivamente sono venuto a sapere alcune cose in più su<br />
quanto mi avete raccontato, ad esempio vostro figlio venne alla<br />
corte <strong>di</strong> mio zio poche ore prima <strong>di</strong> battere in quello splen<strong>di</strong>do<br />
modo il Cavaliere Vermiglio, essendo investito cavaliere anche<br />
lui; per quanto riguarda vostro fratello, il Ricco Re Pescatore,<br />
ho saputo che cadde in sfinimento dopo che un misterioso<br />
cavaliere andò a trovarlo senza che gli ponesse alcuna domanda<br />
su quanto stava succedendo sotto i suoi occhi”.<br />
I tre commensali continuarono a <strong>di</strong>scutere in questo piacevole<br />
modo per parecchio tempo ancora, anche dopo la fine del pasto.<br />
La piacevole conversazione, però, fu interrotta qualche tempo<br />
dopo il tramonto, quando cinque cavalieri della Dama Vedova<br />
tornarono da una fruttuosa partita <strong>di</strong> caccia, partita quello stesso<br />
pomeriggio nei boschi dei <strong>di</strong>ntorni; come il bottino della caccia<br />
fu deposto nelle <strong>di</strong>spense, il capo dei cacciatori si fece ricevere<br />
e, inginocchiatosi alla presenza della propria regina, prese a<br />
<strong>di</strong>re: ”Nelle città e nei villaggi vicini si parla <strong>di</strong> un imminente<br />
torneo nelle vicinanze per decidere arbitrariamente chi dovrà<br />
<strong>di</strong>fendere per il prossimo anno questo stesso castello”.<br />
127
A questa novità, le due dame si volsero contemporaneamente<br />
verso Galvano, quasi a chiedergli tacitamente <strong>di</strong> parteciparvi, il<br />
buon cavaliere non se lo fece <strong>di</strong>re più esplicitamente e <strong>di</strong>sse:<br />
”Per l’onore vostro e <strong>di</strong> questo splen<strong>di</strong>do castello, parteciperò<br />
ben volentieri a quel torneo; orbene, cavaliere, mi sapete <strong>di</strong>re<br />
quando si terrà questo straor<strong>di</strong>nario torneo?”<br />
Il cavaliere fu per un attimo colto alla sprovvista, poi si riprese<br />
imme<strong>di</strong>atamente e <strong>di</strong>sse: ”Signore il torneo si terrà domani<br />
nella spianata qui davanti e, come gia <strong>di</strong>ssi alle mie signore, il<br />
vincitore <strong>di</strong>fenderà questo castello per tutto il prossimo anno”.<br />
Galvano trattenne a stento la gioia per quelle notizie, <strong>di</strong>cendo:<br />
”Benissimo, cavaliere, sappi che domattina vi parteciperò anche<br />
io ed ho intenzione <strong>di</strong> vincerlo in brevissimo tempo”<br />
Il cavaliere si rivolse nuovamente a Galvano, alquanto<br />
sorpreso, <strong>di</strong>sse: ”Messere spero che voi siate un cavaliere<br />
veramente in gamba, perché i partecipanti <strong>di</strong> questo torneo<br />
saranno veramente forti, ciononostante permettete a me ed ai<br />
miei compagni <strong>di</strong> venire con voi ad assistere a quella tenzone”<br />
”Sappi, cavaliere, che solo il figlio della tua padrona,<br />
probabilmente potrebbe battermi in tenzone oppure in torneo,<br />
per quanto riguarda la compagnia tua e della tua squadra è ben<br />
accetta, dato che mi serve qualcuno che conosca chi devo<br />
battere per ottenere la pace <strong>di</strong> questi luoghi tanto belli. Ma ora<br />
conviene che an<strong>di</strong>amo tutti a dormire, perché la giornata <strong>di</strong><br />
domani sarà veramente piena d’emozioni per tutti”<br />
Il giorno dopo, sentita la messa, Galvano si armò per andare a<br />
duellare nel torneo, con il cuore gonfio d’attese <strong>di</strong> vittoria,<br />
infine si rivolse alla Dama Vedova, <strong>di</strong>cendogli: ”Bella signora,<br />
sappiate che scendo in campo unicamente per l’onore vostro e<br />
della splen<strong>di</strong>da Dantrane, durante l’attesa che torni quell’invitto<br />
<strong>di</strong> vostro figlio, ma ora è meglio che vi chieda il congedo per<br />
presentarmi al campo”.<br />
”Messer Galvano, avete il mio congedo e quello <strong>di</strong> mia figlia,<br />
oltre che alla nostra bene<strong>di</strong>zione per quest’impresa che<br />
128<br />
pren<strong>di</strong>ne uno dei più belli anche per lui, quin<strong>di</strong>, come sarà in<br />
grado <strong>di</strong> farlo, conducilo al mio cospetto”<br />
Lunetta fece tutto quello che gli aveva or<strong>di</strong>nato la sua padrona<br />
e partì al gran galoppo, per ritornare all’eremo dove vegetava<br />
Ivano, vedendolo dormire della grossa, Lunetta colse il<br />
momento enormemente favorevole e s’avvicinò ad Ivano ed<br />
iniziò a spalmare l’unguento come gli aveva detto Lau<strong>di</strong>na, ma<br />
poi si <strong>di</strong>sse: ”Se questo me<strong>di</strong>camento è così miracoloso, perché<br />
non cospargerlo su tutto il corpo <strong>di</strong> questo splen<strong>di</strong>do cavaliere?<br />
Male sicuramente non gli farà, anzi sono sicura che lo renderà<br />
ancor più vigoroso <strong>di</strong> quanto non lo sia gia” e lo spalmò su<br />
tutto il corpo del cavaliere, consumando il contenuto<br />
dell’intiera scatola. Subito Lunetta abbandonò le vesti che<br />
aveva preso dal castello, in modo che risvegliandosi, Ivano<br />
potesse trovarle imme<strong>di</strong>atamente e s’andò a nascondere <strong>di</strong>etro a<br />
dei cespugli che erano cresciuti li vicino. Finalmente Ivano si<br />
destò dal suo torpore e notò che la memoria gli era tornata,<br />
anche se non ricordava perché fosse giunto in quel posto e del<br />
fatto che fosse totalmente nudo; a vedere le proprie nu<strong>di</strong>tà,<br />
Ivano tentò d’andarsi imme<strong>di</strong>atamente a nascondere, <strong>di</strong>cendo:<br />
”Che onta e <strong>di</strong>sonore farsi vedere in queste con<strong>di</strong>zioni dalla<br />
gente perbene, un cavaliere del mio pari che gira come un cane<br />
completamente nudo, in che modo è potuto accadere tutto<br />
ciò?”. Quella domanda rimase momentaneamente senza<br />
risposta, anche perché Ivano tentò <strong>di</strong> rialzarsi, ma le gambe non<br />
lo ressero tanto era debole, allora iniziò a chiedere aiuto per<br />
potersi andare a riparare dove occhi in<strong>di</strong>screti non potevano<br />
vedere. Subito Lunetta montò in sella al proprio cavallo e<br />
s’avvicinò nuovamente ad Ivano, facendo in modo che la cosa<br />
fosse totalmente casuale ed Ivano la vide per primo e così fu.<br />
Infine Lunetta arrivò abbastanza vicina ad Ivano, quest’ultimo<br />
gli si rivolse e, non riconoscendola, gli <strong>di</strong>sse: ”Madamigella, ve<br />
ne prego, non so come muovermi celermente e sono<br />
estremamente debole, per un’infermità che mi colpì tempo<br />
241
compagna assai fedele e che mi vuoi molto bene, ma dovresti<br />
ricordare che quel fe<strong>di</strong>frago non lo voglio sentire nominare, ne<br />
tantomeno trovarmelo <strong>di</strong> fronte, qualsiasi sia la sua<br />
degradazione attuale”. Lunetta fu molto contrita per quel<br />
rimprovero, ma subito si riebbe e <strong>di</strong>sse: ”Mia signora, vi<br />
ricorderete per lo meno, quanto quell’uomo che non volete<br />
sentire nominare sia valente tanto quanto cavaliere sia come<br />
amante ed ora abbiamo assoluto bisogno <strong>di</strong> lui per quel grosso<br />
grattacapo che abbiamo al nostro castello, se almeno il senno<br />
ritornasse in lui”. Lau<strong>di</strong>na <strong>di</strong>venne molto contrita nel farsi<br />
ricordare il perché fossero in viaggio, infine <strong>di</strong>sse: ”Buona<br />
Lunetta, avete ragione su quanto m’avete appena detto e non<br />
conosco alcun cavaliere così valoroso e cortese come colui che<br />
speravo <strong>di</strong> rimuovere dal mio cuore, perché forse lo hanno<br />
indotto a scordarsi della promessa, quin<strong>di</strong> conviene che<br />
restiamo ad aiutarlo a rinsavire, anche perché possiedo un<br />
unguento che mi fu donato tempo ad<strong>di</strong>etro e che potrebbe<br />
aiutarci in questo caso, essendo garantito proprio per persone<br />
uscite <strong>di</strong> senno, ma bisogna tornare al castello per recuperarlo,<br />
anche a costo d’incontrare quel tracotante del conte Alier, che<br />
vorrebbe mettere le mani sul castello e sulla magica fontana”<br />
Subito le due damigelle tornarono al loro castello il più<br />
velocemente possibile; ivi giunte, Lau<strong>di</strong>na <strong>di</strong>ede la scatola<br />
dell’unguento a Lunetta, <strong>di</strong>cendogli: ”Carissima compagna, con<br />
questa scatoletta ti consegno un incarico molto delicato ed<br />
importante, vista la rarità del contenuto. Infatti dovrai usarne<br />
pochissimo da spalmare solamente sulle tempie e sulla fronte<br />
d’Ivano, perché è solamente lì il tormento che lo rende così<br />
selvatico, ma non dovrai utilizzarlo su altre parti, perché<br />
l’effetto potrebbe rivelarsi <strong>di</strong>sastroso”. Presa che ebbe la<br />
consegna, Lunetta s’era gia voltata per andarsene, quando<br />
Lau<strong>di</strong>na la bloccò sulla porta e gli <strong>di</strong>sse: ”Prima <strong>di</strong> partire va<br />
negli appartamenti del re e pren<strong>di</strong> <strong>di</strong> che vestire il buon<br />
cavaliere, poi passa dalle scuderie e, montando il tuo destriero,<br />
240<br />
potrebbe riportare l’onore nei nostri posse<strong>di</strong>menti”. Come fu<br />
nelle praterie <strong>di</strong> Camaalot, Galvano si rivolse al capo dei suoi<br />
compagni e gli chiese: ”Messere, mi potreste in<strong>di</strong>care chi sono<br />
il Signore delle Palu<strong>di</strong> ed il fratello del Cavaliere Vermiglio?”<br />
”Quello alla nostra sinistra, la in fondo, è il Signore delle<br />
Palu<strong>di</strong>, mentre poco più vicino v’è il fratello del defunto<br />
Cavaliere Vermiglio, che è noto sotto il nome <strong>di</strong> Chaot il<br />
Rosso, ma non posso sapere quali sarebbero le vostre<br />
intenzioni, messer Galvano?”. Galvano osservò il compagno<br />
con enorme tristezza, poi gli <strong>di</strong>sse: ”Mio caro compagno saprai<br />
ben presto cosa ho in mente per quei due farabutti pieni <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>sonore, per ora non ho intenzione <strong>di</strong> rivelarti altro”, in quello<br />
stesso istante fu impartito il segnale che dava il via al torneo e<br />
Galvano con i suoi cinque compagni si gettarono<br />
imme<strong>di</strong>atamente nella mischia più fitta, <strong>di</strong>sarcionando e<br />
ferendo parecchi cavalieri, tra cui anche il perfido Chaot.<br />
Finalmente anche il Signore delle Palu<strong>di</strong> si decise a scendere<br />
in torneo contro Galvano e gli <strong>di</strong>sse: ”Finora sei stato fortunato<br />
a batterti con cavalieri notevolmente me<strong>di</strong>ocri, messere, ma ora<br />
dovrai vedertela con il più forte dell’intiera Inghilterra, se non<br />
dell’Europa tutta, quin<strong>di</strong> ora sta in guar<strong>di</strong>a perché finirai<br />
veramente male”<br />
”Se fossi in te non ne sarei così sicuro, sire perché i migliori<br />
cavalieri della cristianità intiera sono alla corte <strong>di</strong> re Artù e tu,<br />
da quanto mi risulta, non ne sei per nulla annoverato, quin<strong>di</strong> tra<br />
i due quello che deve stare attento sei tu Signore delle Palu<strong>di</strong><br />
dei miei stivali”, detto questo, Galvano partì all’attacco e<br />
scaraventò lo sfidante per terra <strong>di</strong> testa, facendo sì che l’elmo<br />
del Signore delle Palu<strong>di</strong> penetrasse nell’arena per una buona<br />
spanna. A quella vista tutti i presenti scoppiarono in una sonora<br />
risata, <strong>di</strong>cendosi, vicendevolmente: ”Finalmente quel<br />
prepotente del Signore delle Palu<strong>di</strong> ha trovato qualcuno che lo<br />
ha sistemato per le feste, chissà come reagirà a questa pessima<br />
figura in così vasto pubblico”<br />
129
Vedendo che non c’erano più avventure, Galvano chiamò a se<br />
i suoi compagni e, dandogli un cavallo per ciascuno, <strong>di</strong>sse:<br />
”Ora qui non c’è più niente da fare e l’onore delle vostre dame<br />
è stato ristabilito, come omaggio a loro ed a questi luoghi,<br />
portategli questi cavalli che vi sto affidando ora, sperando <strong>di</strong><br />
poterci rivedere presto, in situazioni molto migliori <strong>di</strong> quella<br />
che vi siete appena trovati”<br />
In quel mentre il Signore delle Palu<strong>di</strong> si riprese dal gran colpo<br />
e, sciolto che ebbe il proprio elmo, ritornò a cavallo pieno <strong>di</strong><br />
furore e si rivolse a Galvano con questi accenni: ”Il mio onore<br />
ha subito un grande smacco per tua mano, cavaliere, ora ti sfido<br />
davanti a tutti a duello finché uno <strong>di</strong> noi due risulterà<br />
totalmente sconfitto da questa singolar tenzone”, ma al primo<br />
assalto Galvano lo colpì sì rudemente da farlo cadere<br />
nuovamente <strong>di</strong> sella e lasciarlo tramortito per <strong>di</strong>verso tempo.<br />
Ripresosi che fu, il Signore delle Palu<strong>di</strong> si rivolse a Galvano e,<br />
con voce sottomessa, <strong>di</strong>sse: ”Signore, voi siete veramente<br />
troppo forte per me, non sono degno <strong>di</strong> continuare<br />
ulteriormente il duello contro <strong>di</strong> voi, quin<strong>di</strong> vi prego <strong>di</strong><br />
accettarmi come vassallo <strong>di</strong> sua signoria che mi sta <strong>di</strong> fronte in<br />
quest’istante”<br />
Subito dopo se ne tornarono ognuno alla propria tenda, in<br />
modo che l’araldo potesse proclamare il vincitore, infatti,<br />
subito dopo si fece avanti un trombettiere che attirò l’attenzione<br />
su <strong>di</strong> se e prese a <strong>di</strong>re: ”Il vincitore del torneo, e della <strong>di</strong>fesa del<br />
castello <strong>di</strong> Camaalot per il prossimo anno, è il cavaliere che<br />
sconfisse platealmente il Signore delle Palu<strong>di</strong> facendolo proprio<br />
vassallo”. Finita che fu la proclamazione del vincitore, il<br />
Signore delle Palu<strong>di</strong> si rivolse nuovamente a Galvano,<br />
<strong>di</strong>cendogli: ”Ora rendo pubblico a tutti i presenti in forma<br />
definitiva la mia sottomissione a voi, messere, che riusciste a<br />
battermi in duello fin troppo leale, concedetemi <strong>di</strong> essere vostro<br />
vassallo da questo momento in poi”<br />
130<br />
della <strong>di</strong>menticanza. In quel momento arrivò una damigella che<br />
cavalcava un palafreno morello e, scesa <strong>di</strong> sella e toltasi il<br />
mantello, si rivolse a tutti i presenti, <strong>di</strong>cendo: ”Buona giornata a<br />
tutti quanti, tranne che ad un cavaliere che non ha mantenuto la<br />
promessa fatta nei confronti della mia adorata signora Lau<strong>di</strong>na,<br />
che ora è molto delusa dall’inganno che costui ha protratto nei<br />
suoi confronti, inoltre, messer Ivano deve sapere che la mia<br />
signora non desidera più vederlo e chiede la restituzione<br />
dell’anello che gli donò il giorno della partenza”, a quelle<br />
parole Ivano annichilì per la sorpresa ed il <strong>di</strong>spiacere. Vedendo<br />
il comportamento del cavaliere, la damigella gli s’avvicinò e,<br />
presagli la mano, sfilò l’anello che portava al <strong>di</strong>to quin<strong>di</strong><br />
rimontò in sella andandosene velocemente dall’augusta corte.<br />
Subìto che ebbe quell’affronto, Ivano perse completamente la<br />
ragione e fuggì come un cane, senza che i compagni potessero<br />
far nulla. Fu così che Ivano continuò a correre <strong>di</strong>ssennatamente<br />
senza ricordarsi nulla ed a mangiare la selvaggina cruda, man<br />
mano che l’uccideva con le proprie mani. Un giorno un pio<br />
eremita trovò lo sventurato e s’accorse del turbamento<br />
prendendolo seco, nutrendolo e <strong>di</strong>ssetandolo come si deve;<br />
nutrito che fu, Ivano riprese la propria corsa, rimanendo in ogni<br />
caso nelle imme<strong>di</strong>ate vicinanze dell’eremo, dov’era sicuro <strong>di</strong><br />
ricevere i necessari nutrimento e libagione, come gli gra<strong>di</strong>va.<br />
Qualche tempo dopo, nel frattempo Ivano non dava segni <strong>di</strong><br />
miglioramento, arrivarono all’eremo anche Lau<strong>di</strong>na e Lunetta<br />
e, vedutolo <strong>di</strong> lontano così nudo e selvaggio, subito non lo<br />
riconobbero; avvicinatesi che furono, Lunetta ebbe un moto <strong>di</strong><br />
sorpresa, poi <strong>di</strong>sse: ”Mia signora, costui è lo sposo che voi<br />
ripu<strong>di</strong>aste ormai <strong>di</strong>verse lune fa, guardate com’è ridotto, se non<br />
fosse che ho riconosciuto la cicatrice che porta sulla gota<br />
sinistra non l’avrei riconosciuto nemmeno io che lo conobbi<br />
prima <strong>di</strong> voi, mia adorata signora”. Lau<strong>di</strong>na fu molto in<strong>di</strong>gnata<br />
nel sentirsi rivelare l’identità <strong>di</strong> quel selvaggio in quella del<br />
marito <strong>di</strong>scacciato, infatti <strong>di</strong>sse: ”Lunetta so che sei una<br />
239
intanto i compagni tentarono <strong>di</strong> convincere Ivano a tornare con<br />
loro a Camelot, ma subito il nuovo castellano si fece desiderare,<br />
ma poi fu convinto e si preparò a tornare a casa. Prima <strong>di</strong><br />
mettersi in viaggio, Ivano andò dall’amata Lau<strong>di</strong>na, <strong>di</strong>cendo:<br />
”Mia signora, il dovere che mi lega al mio re, Artù <strong>di</strong> Camelot,<br />
m’impone <strong>di</strong> seguirlo a Camelot per avere i dovuti or<strong>di</strong>ni,<br />
quin<strong>di</strong> vi chiedo umilmente il congedo per poterli seguire con<br />
tutta la dovuta tranquillità”. Lau<strong>di</strong>na si mostrò imme<strong>di</strong>atamente<br />
contrariata, ma subito si riebbe e <strong>di</strong>sse: ”Ti concedo la<br />
possibilità <strong>di</strong> seguirei tuoi compagni, ma ricordati che entro un<br />
anno devi tornare al mio cospetto, la pena è l’esilio dalla mia<br />
contrada e dal mio cuore”. Ivano fu molto triste per<br />
quell’ultimatum e <strong>di</strong>sse: ”Mia signora, da quanto <strong>di</strong>te, mi state<br />
dando troppo tempo per stare lontano da voi. Vi prometto<br />
d’essere alla vostra presenza molto tempo prima dello scadere<br />
dell’anno che mi avete dato, appena n’avrò il tempo <strong>di</strong> farlo”.<br />
Nell’u<strong>di</strong>re quelle cose, Lau<strong>di</strong>na si rasserenò e prese a <strong>di</strong>re:<br />
”Mio signore, quanto mi <strong>di</strong>ceste mi rende molto felice, ma vi<br />
chiedo solamente una cosa; prendete quest’anello che v’aiuterà<br />
a scansare i pericoli che troverete nelle vostre avventure future,<br />
a patto che voi siate un amante veritiero e leale, ricordandovi<br />
sempre <strong>di</strong> me”, finito il tutto, i due coniugi si congedarono ed<br />
Ivano prese il proprio posto alla corte d’Artù.<br />
Capitolo 43<br />
Una volta che ebbe lasciato Lau<strong>di</strong>na, Ivano fu condotto da<br />
Galvano a tutti i tornei ed alle giostre che erano organizzati nel<br />
regno <strong>di</strong> Britannia, facendo sì che l’anno passasse senza che il<br />
novello sposo se n’accorgesse, venendo a meno, in questo<br />
modo, alla promessa. Nell’agosto <strong>di</strong> quell’anno, i due<br />
compagni terminarono gloriosamente l’ennesimo torneo ed<br />
ebbero l’onore d’una visita da parte d’Artù e dell’intiera corte;<br />
a quella vista, Ivano si ricordò della promessa non mantenuta e,<br />
preso dallo sconforto più totale, scappò dalla vista dei<br />
compagni, appartandosi solingo a piangere per la vergogna<br />
238<br />
Galvano non si fece impressionare più <strong>di</strong> tanto da una<br />
sottomissione così plateale e, rialzato in pie<strong>di</strong> l’antico rivale e<br />
gli <strong>di</strong>sse: ”Mi spiace messere, ma devo mandarvi nelle prigioni<br />
<strong>di</strong> Camaalot, in virtù <strong>di</strong> quanto faceste impunemente in questo<br />
contado, arrecando danno, col vostro indegno comportamento,<br />
a due splen<strong>di</strong>de dame in<strong>di</strong>fese”. Il Signore delle Palu<strong>di</strong> fu<br />
orripilato dalla prospettiva che gli stava <strong>di</strong>pingendo Galvano e,<br />
in preda al panico più puro, prese a <strong>di</strong>re: ”Non mandatemi in<br />
quelle tetre prigioni, altrimenti la Dama Vedova e sua figlia si<br />
rifaranno su <strong>di</strong> me intanto che sarò loro prigioniero; piuttosto<br />
preferisco andarmene da queste lande per un anno ed un giorno,<br />
in modo tale che esse possano riaversi da quanto feci in questo<br />
territorio” e così fu.<br />
Imme<strong>di</strong>atamente Galvano si presentò al re della giornata e,<br />
inchinandosi con rispetto, <strong>di</strong>sse: ”Messere, chiedo umilmente<br />
licenza <strong>di</strong> tornarmene al castello <strong>di</strong> Camaalot per portare alla<br />
Dama Vedova ed a sua figlia le notizie <strong>di</strong> questo glorioso<br />
campo <strong>di</strong> giostra”<br />
Il maestro <strong>di</strong> gara scese dal suo palco e <strong>di</strong>sse, con voce<br />
alquanto sonora perché lo sentissero bene tutti quanti:<br />
”Messere, voi siete il vincitore <strong>di</strong> questo torneo, potete<br />
prendere possesso del castello quando volete, anche subito se vi<br />
aggrada”, a quelle parole Galvano s’inchinò col dovuto rispetto<br />
e prese la strada per Camaalot, preceduto dai cinque cavalieri<br />
che erano con lui e che portavano seco i cavalli che<br />
costituivano il bottino <strong>di</strong> quella giornata tanto bella per loro.<br />
Giunto che fu alla presenza delle dame, Galvano raccontò nei<br />
più minimi particolari l’epica giornata appena trascorsa,<br />
terminando <strong>di</strong>sse: ”Mie care madame, sappiate che per tutto il<br />
prossimo anno non avrete nulla <strong>di</strong> che preoccuparvi dal Signore<br />
delle Palu<strong>di</strong> e quantomeno da Cahor il Rosso che sono stati<br />
entrambi sconfitti da me, senza sapere chi io fossi”, finito che<br />
ebbe il proprio racconto, Galvano fu ancor più onorato dalle<br />
131
due dame che videro in lui il loro salvatore, quin<strong>di</strong> andarono<br />
tutti a dormire in piena letizia.<br />
Il mattino successivo, Galvano era gia alzato e pronto fin<br />
prima dell’alba, così poté prendere la prima messa della<br />
giornata nella cappella del castello <strong>di</strong> Camaalot; finita che fu la<br />
sacra funzione, Galvano s’avvicinò alle due castellane e prese a<br />
<strong>di</strong>re: ”Ormai qui non ho niente da fare contro quel brigante <strong>di</strong><br />
signorotto che vi vessava, quin<strong>di</strong>, se me lo concedete, vi chiedo<br />
umilmente congedo per proseguire nella mia strada verso il<br />
Monsalvato, ove vorrei giungere a portare sollievo al Ricco Re<br />
Pescatore”<br />
La Dama Vedova abbracciò con molto calore Galvano,<br />
<strong>di</strong>cendogli: ”Mio signore ci avete reso un gran servizio nella<br />
giornata <strong>di</strong> ieri, sarebbe una grave ingiustizia se vi negassi<br />
l’autorizzazione alla partenza, soprattutto sapendoli vostro<br />
nobile intento <strong>di</strong> alleviare le tremende sofferenze del mio<br />
amatissimo fratello, quin<strong>di</strong> partite pure con le nostre più sincere<br />
preghiere per un felice esito del vostro obbiettivo”, fu così che<br />
Galvano riprese la strada per il Monsalvato, lasciando il<br />
castello <strong>di</strong> Camaalot nella più grande letizia <strong>di</strong> questo mondo.<br />
CAPITOLO 21<br />
Cavalcando per molto tempo, Galvano giunse nei pressi <strong>di</strong> una<br />
roccaforte nascosta tra gli alberi e circondata da un enorme<br />
fiume che giungeva al mare. Mentre Galvano s’avvicinava<br />
ulteriormente al maniero, gli venne incontro un orribile<br />
nanerottolo dall’aria vagamente familiare, <strong>di</strong>fatti era presente al<br />
torneo <strong>di</strong> Camaalot, e salutatolo, il perfido nanerottolo gli <strong>di</strong>sse:<br />
”Messere siate il benvenuto nelle tenute e nel castello <strong>di</strong><br />
Marino del Piccolo Gomerret, se vi piace vi precedo per<br />
avvertire la castellana della vostra presenza in modo che possa<br />
accogliervi nel modo che merita un campione del recente<br />
torneo, perché sappiate che la notte è alquanto vicina e non vi<br />
sono altri caseggiati nei <strong>di</strong>ntorni”<br />
132<br />
corte per ospitarvi tutti quanti come si conviene”, Artù ed i<br />
restanti cavalieri della Tavola Rotonda si mostrarono<br />
totalmente d’accordo, così, spe<strong>di</strong>to il paggio ad avvertire<br />
Lau<strong>di</strong>na e Lunetta, guidò i suoi compagni all’avito maniero.<br />
Saputa l’inaspettata visita, Lau<strong>di</strong>na, la sua corte e tutta la<br />
popolazione ne subirono un‘enorme gioia, quin<strong>di</strong> tutti quanti<br />
decisero d’andare incontro ad Artù ed i suoi compagni, ma<br />
prima l’intiero castello e le strade lungo il percorso furono<br />
totalmente addobbati a dovere. Arrivato Artù al castello,<br />
Lau<strong>di</strong>na gli s’avvicinò con l’intenzione <strong>di</strong> tenergli la staffa, ma<br />
il buon re non glielo permise con un gesto, scendendo <strong>di</strong> sella<br />
da solo. La cosa fu notata da tutti i presenti e la lodarono<br />
immensamente senza riserve. Nello stesso momento Galvano<br />
notò la bellezza <strong>di</strong> Lunetta, la quale gli s’avvicinò, <strong>di</strong>cendogli:<br />
”Messer Galvano, voi siete molto meglio <strong>di</strong> quanto mi<br />
ricordassi dal precedente incontro che abbiamo avuto alla corte<br />
<strong>di</strong> vostro zio, che anche oggi s’è mostrato veramente galante,<br />
spero che anche voi facciate lo stesso nei miei confronti”.<br />
Galvano scese da solo <strong>di</strong> sella ed avvicinatosi enormemente<br />
alla bella Lunetta, gli <strong>di</strong>sse: ”Cara signorina mi ricordo<br />
perfettamente <strong>di</strong> voi ed anche voi siete certamente più bella <strong>di</strong><br />
quanto la memoria mi fece ricordare, ora permettetemi<br />
d’esservi amico e protettore per tutto il resto della nostra vita”<br />
subito iniziarono i gran<strong>di</strong> festeggiamenti per il<br />
ricongiungimento tra Ivano ed il suo re.<br />
Terminati che furono i festeggiamenti, Artù si presentò a<br />
Lau<strong>di</strong>na, <strong>di</strong>cendogli: ”Mia signora, io e la mia corte non<br />
vogliamo più essere <strong>di</strong> peso alle vostre sostanze, quin<strong>di</strong> vi<br />
chiedo la grazia <strong>di</strong> lasciarci partire tutti quanti”. Lau<strong>di</strong>na si<br />
rattristò parecchio perché temeva <strong>di</strong> separarsi dall’amato Ivano,<br />
ma subito si riebbe e <strong>di</strong>sse: ”Mio ottimo sire, la vostra richiesta<br />
mi ricolma il cuore <strong>di</strong> dolore, soprattutto perché temo che il<br />
mio adorato Ivano scelga <strong>di</strong> venire via con voi, ma rispetto la<br />
decisione <strong>di</strong> tutti, compresa quella del mio nuovo sposo”<br />
237
cavaliere che vorrebbe battersi contro uno <strong>di</strong> noi, con la<br />
speranza <strong>di</strong> poterlo battere al primo assalto, se il mio buon re<br />
me lo concede sarò io a battermi in singolar tenzone con<br />
costui”.<br />
Artù fece segno d’iniziare imme<strong>di</strong>atamente il combattimento;<br />
ma Keu rimase ben presto sconfitto, al primo assalto, dalla<br />
lancia d’Ivano stesso, al che Galvano, a nome dell’intiera corte,<br />
<strong>di</strong>sse: ”Messer Keu, chi doveva essere il forte cavaliere che<br />
vinceva gia al primo assalto, battendo costui? Mi sa che questo<br />
misterioso cavaliere sia più degno <strong>di</strong> voi a sedere alla Tavola<br />
Rotonda, vicino al nostro beneamato re”, Keu non rispose con<br />
le parole, come suo solito in questi casi, ma parlò in sua vece il<br />
gran rossore che gli salì per tutto il volto. Intanto Artù si rivolse<br />
al misterioso cavaliere, <strong>di</strong>cendogli: ”Messere siete ben forte e<br />
nessuno <strong>di</strong> noi conosce i vostri colori, ora vi prego <strong>di</strong> farvi<br />
riconoscere in modo che vi possiamo ringraziare ancor meglio<br />
per aver fatto tacere quell’essere malevolo che osa chiamarsi<br />
mio siniscalco”. Subito Ivano alzò la visiera del proprio elmo e<br />
<strong>di</strong>sse: ”Ben volentieri, mio signore e re, ora penso che potete<br />
riconoscere in me il vostro umile servitore e cavaliere Ivano,<br />
figlio <strong>di</strong> re Urien”, a quelle parole Keu si fece ulteriormente<br />
vergognoso d’essere stato sconfitto da colui che aveva deriso<br />
solo pochi istanti prima, mentre il resto della corte lo<br />
scimmiottò ulteriormente per la pessima figura che aveva<br />
appena fatto, vantandosi d’essere tra i più forti della cristianità.<br />
Calmatisi che furono gli animi, Artù prese la parola <strong>di</strong>cendo:<br />
”Dato che abbiamo ritrovato il nostro compagno smarrito,<br />
propongo <strong>di</strong> rimanere in sua compagnia per tutta la settimana<br />
da qui a venire, sempre che il nostro Ivano non abbia niènte da<br />
obbiettare”. Ivano s’inchinò rispettosamente al proprio re e<br />
<strong>di</strong>sse: ”Sire vi ospito volentieri presso il castello che ho<br />
conquistato nell’ultima settimana, partendo anche dal fatto che<br />
ho molte cose da raccontare all’intiera corte, ma prima<br />
permettetemi <strong>di</strong> mandare un mio scu<strong>di</strong>ero a far preparare la<br />
236<br />
Galvano fu molto stupito della cortesia dello sgorbietto,<br />
perché conosceva quanto potessero essere maligni ed<br />
inaffidabili i nani, ma si sorprese a <strong>di</strong>re: ”Fai pure signorino,<br />
perché avete ragione sulla luce del giorno e non riuscirei a<br />
trovare altri posti decenti da nessuna parte a quest’ora del<br />
giorno” e ritornò nei propri pensieri contro i nani, mentre il<br />
mostriciattolo tornava al castello. Giunto che fu al castello, il<br />
nano corse imme<strong>di</strong>atamente dalla sua padrona e gli <strong>di</strong>sse: ”Mia<br />
signora sta giungendo al castello un cavaliere che richiede<br />
ricetto per la notte ed io glielo concesso a nome vostro, sappiate<br />
inoltre che il suo nome è Galvano ed è il nipote pre<strong>di</strong>letto <strong>di</strong> re<br />
Artù <strong>di</strong> Camelot”. La castellana, che era veramente molto bella,<br />
<strong>di</strong>sse: ”Mio ottimo nano hai fatto bene ad ospitare tal cavaliere<br />
al nostro castello, che oltre ad essere molto valoroso e famoso è<br />
oltremodo uno splen<strong>di</strong>do uomo ed io lo intratterrò come si<br />
deve, ma ho paura per lui perché mio marito è molto geloso e<br />
teme soprattutto la presenza <strong>di</strong> costui, oltre ogni misura ed in<br />
modo alquanto ingiustificato, perché messer Galvano è noto per<br />
rispettare enormemente il gentilsesso che io qui rappresento”. Il<br />
perfido nano, a sentire quelle parole piene d’ammirazione e<br />
d’apprensione contemporaneamente, prese a <strong>di</strong>re: ”Mia signora,<br />
non dovete temere nulla da vostro marito, perché da parte mia<br />
non saprà assolutamente nulla”, così la dama si rincuorò<br />
alquanto, senza sospettare cosa stesse tramando il piccolo<br />
infingardo.<br />
Nel frattempo Galvano stava varcando il ponte levatoio del<br />
castello e, giunto nella corte interna del maniero, fu ricevuto<br />
dalla dama in persona che lo onorò ed accudì come si deve<br />
finché la cena non fu servita. Durante il pasto, Galvano<br />
continuò a guardare ripetutamente la splen<strong>di</strong>da castellana,<br />
perché non riusciva a toglierle gli occhi <strong>di</strong> dosso, anche se<br />
l’impresa che doveva compiere gli imponeva <strong>di</strong> rimanere casto<br />
fino al compimento della medesima.<br />
133
Mentre i due cenavano, fu approntato il letto per l’illustre<br />
ospite in modo tale che si poteva andare a riposare appena gli<br />
fosse piaciuto, <strong>di</strong>fatti come si fu alzato dal pasto, Galvano<br />
<strong>di</strong>sse: ”È giunto il momento che mi vada a coricare, perché<br />
oggi ho molto cavalcato e domattina devo essere gia pronto alla<br />
partenza prima che sorga il sole”. Il nano s’intromise<br />
imme<strong>di</strong>atamente e molto bravamente, <strong>di</strong>cendo: ”Mia signora<br />
non preoccupatevi <strong>di</strong> fare compagnia al messere, resterò io con<br />
lui finquando non si sarà completamente addormentato poi<br />
verrò ad occuparmi <strong>di</strong> voi”.<br />
Una volta che Galvano si fu totalmente assopito, il perfido<br />
nanerottolo scese al fiume e, presa una barchetta, attraversò il<br />
poderoso fiume e si precipitò da Marino, <strong>di</strong>cendogli: ”Messere,<br />
nel tardo pomeriggio è giunto al vostro castello il nuovo ganzo<br />
<strong>di</strong> vostra moglie, colui che temete più <strong>di</strong> tutti, quel bellimbusto<br />
<strong>di</strong> messer Galvano della corte <strong>di</strong> Camelot”. A quelle nuove,<br />
Marino <strong>di</strong>venne veramente furioso e, contemporaneamente,<br />
estremamente geloso, così da prepararsi e partire all’istante.<br />
Il mattino successivo, la dama andò a controllare che Galvano<br />
ebbe apprezzato quanto fatto per lui; come fu entrata nella<br />
stanza e non vide il nano ai pie<strong>di</strong> del letto capì quanto era<br />
successo durante la notte e, accostatasi al cavaliere lo svegliò<br />
<strong>di</strong>cendogli: ”Messere se restate qui un solo minuto in più sarete<br />
in grave pericolo, quin<strong>di</strong> vi prego <strong>di</strong> prepararvi velocemente e<br />
<strong>di</strong> raccogliere tutte le vostre cose, andandovene il più<br />
velocemente possibile, perché quel perfido nano è andato<br />
sicuramente ad avvertire della vostra presenza quel geloso <strong>di</strong><br />
mio marito. Se quegli vi trovasse qui mezzo nudo, potrebbe<br />
uccidervi solo per aver sospettato <strong>di</strong> aver dormito con me”<br />
”Mi è giunta voce della gelosa fama <strong>di</strong> vostro marito, il<br />
perfido Marino il Geloso, quin<strong>di</strong> accetto ben volentieri il vostro<br />
suggerimento <strong>di</strong> prepararmi il più velocemente possibile, però<br />
sappiate, splen<strong>di</strong>da dama, che quando il perfido arriverà io non<br />
sarò per nulla lontano, pronto ad intervenire in qualunque<br />
134<br />
imme<strong>di</strong>atamente cosa stesse succedendo, quin<strong>di</strong> il gran<br />
ciambellano s’avanzò e <strong>di</strong>sse: ”Mia signora, l’intiera corte ha<br />
gia capito cosa ci volete <strong>di</strong>re e sappiate che approviamo la<br />
vostra decisione, qualunque essa sia”. Avendo avuto il<br />
beneplacito dell’intiera corte, Lau<strong>di</strong>na <strong>di</strong>sse: ”Dopo sei anni <strong>di</strong><br />
tirannia è venuto a mancare il signore <strong>di</strong> questo castello, sir<br />
Esclados, quin<strong>di</strong> ho deciso <strong>di</strong> prendere come marito il qui<br />
presente principe Ivano, figlio <strong>di</strong> re Urien, cavaliere d’altissimo<br />
lignaggio ed appartenente ad una corte <strong>di</strong> ancor più alta<br />
levatura sperando che possa far risalire le nostre ormai misere<br />
fortune”; a quel fausto annuncio, tutta la corte esultò <strong>di</strong> gioia. Il<br />
rito fu imme<strong>di</strong>atamente approntato, cosicché i festeggiamenti<br />
durarono molto a lungo, finquando non arrivò alla fonte anche<br />
re Artù con tutta la sua corte, una volta che tutti furono arrivati,<br />
Keu mise in moto la sua lingua tagliente contro il povero Ivano,<br />
iniziando a <strong>di</strong>re: ”Non vedo quel pivello codardo che tutti<br />
nomiamo Ivano della nobile stirpe <strong>di</strong> re Urien, spero che non si<br />
sia andato a nascondere per paura d’una semplice tempesta<br />
come quella che stiamo per scatenare in questo ameno luogo<br />
che non farebbe orrore nemmeno ad un misero usignolo”.<br />
Galvano, avendone abbastanza delle intemperanze del<br />
siniscalco, lo rampognò <strong>di</strong>cendo: ”Messer Aspide, non vi<br />
ricordate per caso della cortesia e del valore del compagno<br />
assente, tanto è corta la vostra memoria? Oppure state parlando<br />
mosso dalla volgare invi<strong>di</strong>a che avete nei suoi onorati<br />
trascorsi?”, ma non ottenne risposta, perché le sue parole<br />
avevano colpito nel cuore il perfido siniscalco a tal punto da<br />
togliergli qualunque risposta che avesse preparata nel<br />
frattempo. Subito Artù prese dell’acqua dalla fontana e,<br />
versatala sul vicino masso, scatenò l’ormai nota tempesta.<br />
Accorgendosi della stessa, Ivano fu costretto ad uscire dal<br />
castello ed affrontare il coraggioso che l’aveva provocata,<br />
giungendo non riconosciuto davanti al viscido Keu, il quale<br />
prese a <strong>di</strong>re: ”Mio signore, guardate un cagnolino vestito da<br />
235
iuscito a trovare messer Ivano com’è stato or<strong>di</strong>nato”, Lau<strong>di</strong>na<br />
si sorprese alquanto che fosse stato trovato così presto.<br />
Ripresasi che fu, Lau<strong>di</strong>na <strong>di</strong>sse: ”Fatemelo entrare e che tutti<br />
quanti escano dalla stanza, con l’esclusione della mia<br />
fedelissima Lunetta, perché voglio avere un incontro privato<br />
con messer Ivano per <strong>di</strong>scutere della corte <strong>di</strong> re Artù e d’un<br />
eventuale matrimonio tra noi”. Senza che gli fosse detto altro,<br />
Lunetta andò da Ivano con la missiva che gli aveva dato la sua<br />
padrona, subito Ivano <strong>di</strong>sse: ”Vi seguo con vero piacere, mia<br />
signora, perché non vedo l’ora <strong>di</strong> rincontrare la vostra signora,<br />
la splen<strong>di</strong>da Lau<strong>di</strong>na”, così Lunetta il prese per mano e lo<br />
condusse da Lau<strong>di</strong>na in persona. Arrivato che fu da Lau<strong>di</strong>na,<br />
Ivano rimase alquanto intimorito per lo spavento, ma Lau<strong>di</strong>na<br />
asse<strong>di</strong>ò terribilmente il poverino che subito Ivano capitolò con<br />
immenso piacere, quin<strong>di</strong> Lau<strong>di</strong>na gli s’avvicinò e <strong>di</strong>sse:<br />
”Messer Ivano, gra<strong>di</strong>sco la vostra capitolazione nei miei<br />
confronti, ora chiedetemi tutto quel che volete”. Subito Ivano<br />
s’inchinò profondamente a Lau<strong>di</strong>na e <strong>di</strong>sse: ”Madamigella<br />
chiedo perdono per l’omici<strong>di</strong>o <strong>di</strong> vostro marito, ma vi chiedo<br />
anche d’amarmi perché ho lasciato il mio cuore nel vostro<br />
petto”. Lau<strong>di</strong>na lo fece alzare e gli <strong>di</strong>sse: ”Mio buon cavaliere,<br />
sapendo il perfido comportamento del mio defunto marito, non<br />
posso far altro che perdonarvi, ma vi <strong>di</strong>rò un’altra cosa, vi<br />
accetto come mio sposo perché la mia carica <strong>di</strong> castellana<br />
merita soltanto un cavaliere migliore che si possa desiderare.<br />
Prima d’accettarvi come mio sposo, però, devo porvi una<br />
limitazione: <strong>di</strong>fendere in ogni caso ed ad oltranza, la magica<br />
fontana che avete gia vista l’altro giorno”. Ivano non ci pensò<br />
su e <strong>di</strong>sse: ”Per amore vostro farei qualunque cosa, compreso<br />
tra<strong>di</strong>re i miei antichi compagni, ma ora conviene che la vostra<br />
corte sappia cosa vi stia succedendo, prima che facciano<br />
illazioni sbagliate”, Lau<strong>di</strong>na annuì senza <strong>di</strong>r niente, quin<strong>di</strong> si<br />
misero gli abiti più belli del guardaroba regale e si mostrarono<br />
all’intiero castello. I cortigiani come li videro indovinarono<br />
234<br />
istante”. Finito che ebbe <strong>di</strong> radunare le proprie cose, Galvano<br />
tornò dalla bella castellana e gli <strong>di</strong>sse: ”Sono pronto per partire,<br />
ma non voglio andarmene se prima non mi date il vostro<br />
congedo davanti all’intiera corte”, la bella dama fu molto felice<br />
<strong>di</strong> congedare il prode cavaliere, anche se in una sola notte non<br />
ebbe l’occasione <strong>di</strong> conoscerlo come si deve con un tal<br />
galantuomo.<br />
Uscito che fu dal castello, Galvano si nascose <strong>di</strong>etro un<br />
vetusto albero nelle imme<strong>di</strong>ate vicinanze per vedere se i timori<br />
della bella fossero stati fondati, infatti subito arrivò<br />
Marino,scortato dal malefico nano, ed andò imme<strong>di</strong>atamente<br />
nelle stanze della moglie: come l’ebbe raggiunta, dall’esterno<br />
s’iniziò a sentire il perfido marito a gridare:”sgualdrina che non<br />
sei altro, hai intenzione <strong>di</strong> <strong>di</strong>sonorarmi in modo ignobile? Ora<br />
voglio sapere all’istante ove hai nascosto il tuo ganzo, col quale<br />
hai passato in lussurioso piacere l’intera notte?” ma la poverina<br />
continuava a tacere per la gravità e l’infondatezza delle accuse<br />
mossegli dal consorte, sospettando che il nanerottolo gli avesse<br />
raccontato qualche balordaggine per fomentare l’innata gelosia<br />
del marito.<br />
Marino, vedendo che la moglie non rispondeva nulla, la<br />
trascinò fuori e, sempre pungolato dal perfido nano, gli <strong>di</strong>sse:<br />
”Puttana che non sei altro, ti faccio vedere io, ora come si fa<br />
riportare all’or<strong>di</strong>ne gli esseri inferiori come tu sei; se vuoi salva<br />
la vita voglio che tu ti spogli completamente, qui fuori e<br />
davanti a me e questo gentiluomo <strong>di</strong> nano”, come la poverina fu<br />
completamente nuda, Marino gli legò le braccia <strong>di</strong>etro la<br />
schiena e la immerse completamente in una vicina sorgente<br />
d’acqua gelata ed iniziò a percuoterla selvaggiamente, aiutato<br />
dal nanerottolo, a tal punto che in pochissimo tempo quelle<br />
limpide acque <strong>di</strong>vennero rosse <strong>di</strong> sangue. A quella <strong>di</strong>sumana<br />
tortura, la poverina iniziò a gridare forte dal dolore e dal gran<br />
freddo, finché non urlò queste parole: ”Pietà signore mio, la<br />
vostra gelosia è totalmente fuori luogo perché questa notte non<br />
135
ospitai alcuno nel nostro castello”. Quelle parole così <strong>di</strong>sperate<br />
fecero sì che Galvano uscisse dalla macchia ove si era nascosto,<br />
ed iniziò a <strong>di</strong>re: ”Fellone che non siete altro, messere, anche se<br />
costei è vostra moglie, che <strong>di</strong>ritto avete <strong>di</strong> percuoterla in quel<br />
terribile modo, quando non fece niente <strong>di</strong> ciò che voi<br />
l’accusate?”. A quell’intromissione così poco propizia ai suoi<br />
occhi, Marino <strong>di</strong>venne ancor più geloso e, riconosciuto nel<br />
cavaliere Galvano, lo assalì senza nessun avvertimento, con la<br />
speranza d’ucciderlo sul colpo, ma il prode cavaliere lo scansò<br />
abilmente e, bloccatolo dal ritornare alla carica, gli <strong>di</strong>sse:<br />
”Signore, se cercate il duello, preparatevi che io sono in grado<br />
<strong>di</strong> battervi all’istante”. Marino si riprese dalla sorprendente<br />
mossa <strong>di</strong> Galvano e rispose: ”Se riuscirete a battermi<br />
nonostante che stanotte abbiate amoreggiato con quella<br />
prostituta che osa chiamarsi mia moglie, mi metto al vostro<br />
totale servizio e concedo la libertà incon<strong>di</strong>zionata a quella<br />
sgualtrina laggiù”, al primo assalto, Marino capì<br />
imme<strong>di</strong>atamente <strong>di</strong> non aver alcuna speranza <strong>di</strong> battere<br />
Galvano e, scansato il colpo, si voltò ad uccidere la povera<br />
dama che pensava a torto tra<strong>di</strong>trice della fedeltà coniugale,<br />
quin<strong>di</strong> s’andò a rifugiare nella rocca, seguito dal perfido<br />
nanerottolo.<br />
Galvano rimase sorpreso, nell’imme<strong>di</strong>ato, per la repentinità<br />
dell’azione, ma ripresosi, riuscì a raggiungere il perfido nano<br />
ed a calpestarlo sì crudelmente da ammazzarlo all’istante,<br />
anche se con grande scorno non riuscì a rivalersi sul geloso<br />
marito. Accertata la morte del piccolo sgorbio, Galvano tornò<br />
dal cadavere straziato della poverina e lo ricompose in una<br />
vicina cappella, con la speranza che qualche anima pia <strong>di</strong><br />
passaggio si attentasse a seppellirla, componendo, tra l’altro il<br />
seguente epitaffio:<br />
Povera dama così bella,<br />
Giovane e sfortunata,<br />
Vittima della gelosia coniugale<br />
136<br />
raccontarci come riusciste ad uccidere così valorosamente il<br />
mio defunto marito, dato che era veramente forte nei duelli?”.<br />
Ivano si permise <strong>di</strong> sedersi, poi iniziò a raccontare come il<br />
perfido cavaliere lo provocò, costringendolo a battersi con lui e<br />
all’inseguimento sino al castello ove si trovavano in quel<br />
momento, come fu finito il racconto d’Ivano, Lau<strong>di</strong>na gli<br />
s’avvicinò, <strong>di</strong>cendogli: ”Messere, riconosco la fellonia del mio<br />
defunto marito, quin<strong>di</strong> approvo il vostro comportamento<br />
improntato sulla <strong>di</strong>fesa della propria vita, sappiate inoltre che<br />
anch’io mi sono perdutamente innamorata <strong>di</strong> voi, ma ora è<br />
giunto il momento <strong>di</strong> separarci, almeno per convenienza”.<br />
Allontanatosi che fu Ivano, Lau<strong>di</strong>na si rivolse a Lunetta e gli<br />
chiese: ”Mia cara Lunetta, sono proprio curiosa <strong>di</strong> sapere da voi<br />
chi sia quel bellissimo e misterioso cavaliere <strong>di</strong> cui, lo hai<br />
sentito, mi sono perdutamente innamorata”. Lunetta sembrò<br />
titubare per un attimo, poi <strong>di</strong>sse: ”Mia buona signora sappiate<br />
che colui <strong>di</strong> cui siete perdutamente innamorata è Ivano, figlio <strong>di</strong><br />
re Urien, uno dei più gran<strong>di</strong> e valorosi cavalieri che si possano<br />
mai trovare sulla terra, se esclu<strong>di</strong>amo i membri della Tavola<br />
Rotonda <strong>di</strong> re Artù”, sentendo la vera identità del cavaliere,<br />
Lau<strong>di</strong>na esultò <strong>di</strong> gioia perché colui <strong>di</strong> cui s’era innamorata<br />
proveniva da una famiglia d’altissimo lignaggio. Subito Ivano<br />
fu fatto cercare in modo tale che Lau<strong>di</strong>na credette in una sua<br />
lontananza ormai enorme. Intanto Lunetta si rivolse a Lau<strong>di</strong>na<br />
<strong>di</strong>cendogli: ”Mia signora, ricordatevi che re Artù è ormai vicino<br />
ed è meglio sottomettersi al suo potere, ancor <strong>di</strong> più se teniamo<br />
conto <strong>di</strong> vedere aumentata la nostra gloria personale”. Lau<strong>di</strong>na<br />
ci pensò qualche secondo, pochissimo invero, poi <strong>di</strong>sse: ”Mia<br />
cara le tue parole mi hanno convinto a seguire la proposta che<br />
mi hai fatto, perché sembra molto sensata, visto il momento”.<br />
Contemporaneamente Ivano si stava preparando a rientrare al<br />
cospetto <strong>di</strong> Lau<strong>di</strong>na, facendola attendere ancora per qualche<br />
minuto; poco dopo mandò un armigero dalla splen<strong>di</strong>da<br />
castellana, alla quale <strong>di</strong>sse: ”Mia signora, sono finalmente<br />
233
quelle nuove, Lau<strong>di</strong>na si corrucciò parecchio e, presa dall’ira, si<br />
rivolse a Lunetta, <strong>di</strong>cendole: ”Disgraziata Lunetta, volete<br />
tentarmi proprio il giorno in cui ho sepolto mio marito?<br />
Potevate aspettare ancora qualche tempo, che passasse il<br />
periodo del lutto, ma niente, sappiate quin<strong>di</strong> che m’avete<br />
obbligata a scacciarvi, partite imme<strong>di</strong>atamente e non fatevi mai<br />
più vedere alla mia presenza”<br />
Una volta che Lunetta se ne fu andata, Lau<strong>di</strong>na si pentì del<br />
proprio comportamento e la fece ritornare imme<strong>di</strong>atamente alla<br />
sua presenza. Come quella fu tornata, Lau<strong>di</strong>na le chiese: ”Mia<br />
cara Lunetta, poc’anzi mi sono comportata veramente in modo<br />
indegno, ma ora ti prego <strong>di</strong> parlarmi <strong>di</strong> questo cavaliere<br />
talmente prode da poter affrontare impunemente i cavalieri<br />
della Tavola Rotonda <strong>di</strong> re Artù <strong>di</strong> Camelot”. Lunetta riprese<br />
fiducia in se ed iniziò a <strong>di</strong>re: ”Mia buona signora, sappiate che<br />
or ora questo gran cavaliere vive in una situazione <strong>di</strong> grande<br />
in<strong>di</strong>genza ed è costretto a letto proprio in questo castello e mi<br />
sto prendendo personalmente cura <strong>di</strong> lui, sperando un tuo<br />
consenso in questo mio operato. Ora se vi piace, farò in modo<br />
<strong>di</strong> condurlo alla vostra presenza, per vedere se vale la pena <strong>di</strong><br />
considerarlo per la <strong>di</strong>fesa vostra e della fontana”, come Lau<strong>di</strong>na<br />
ebbe acconsentito, Lunetta tornò da Ivano per portarlo al più<br />
presto dalla sua padrona, ma dato che la notte avanzava,<br />
pensarono, in comune accordo, d’andare da quella bellezza il<br />
mattino successivo, appena l’ora fosse adeguata. Quella notte<br />
Lau<strong>di</strong>na si rigirò nel letto pensando come salvaguardare la<br />
fontana.<br />
Capitolo 42.<br />
Il mattino successivo, Lau<strong>di</strong>na fece nuovamente chiamare<br />
Lunetta ed il misterioso cavaliere; come i due furono alla<br />
presenza della castellana, Lau<strong>di</strong>na si rivolse a lunetta <strong>di</strong>cendo:<br />
”Mia cara, rinnovo le mie più sentite scuse per quanto successe<br />
ieri pomeriggio, ma ora non pensiamoci più”. Subito Lau<strong>di</strong>na si<br />
rivolse ad Ivano e gli <strong>di</strong>sse: ”Messer cavaliere, potete<br />
232<br />
Con la sola colpa d’aver ospitato<br />
Un uomo in assenza del marito.<br />
Il sacrificio <strong>di</strong> costei non sarà invano<br />
Con il colpevole impunito alla giustizia<br />
Terrena per quanto fece in questo loco<br />
Augurandomi <strong>di</strong> poterla seppellire<br />
Una volta che il sacrificio sarà ven<strong>di</strong>cato.<br />
Fatto tutto il possibile in quel posto, il prode cavaliere se<br />
n’andò per la propria strada con la più cupa tristezza<br />
nell’anima, al che iniziò a cantare tra se una triste canzone che<br />
suonava in questo modo:<br />
Povera dama così bella,<br />
Giovane e sfortunata,<br />
Vittima della gelosia coniugale<br />
Con la sola colpa d’aver ospitato<br />
Un uomo in assenza del marito.<br />
Il sacrificio <strong>di</strong> costei non sarà invano<br />
Con il colpevole impunito alla giustizia<br />
Terrena per quanto fece in questo loco<br />
Augurandomi <strong>di</strong> poterla seppellire<br />
Una volta che il sacrificio sarà ven<strong>di</strong>cato.<br />
CAPITOLO 22<br />
Fatta che ebbe poca strada, Galvano incontrò un cavaliere che<br />
cavalcava stando in sella al contrario, portando l’intiero<br />
equipaggiamento al rovescio. Vedendo quello strano spettacolo,<br />
Galvano s’avvicinò a quell’uomo così strambo e gli chiese:<br />
”Messere, come mai avete tutto alla rovescia e cavalcate al<br />
contrario?”. Sentendo quella domanda, il cavaliere riconobbe<br />
Galvano e gli <strong>di</strong>sse: ”Ora posso rimettere tutto quanto<br />
nell’or<strong>di</strong>ne stabilito, perché come da profezia non potevo farlo<br />
se non incontravo prima il valente cavaliere nomato Galvano <strong>di</strong><br />
Camelot, che ora mi sta <strong>di</strong> fronte. Io invece sono conosciuto<br />
come il Cavaliere Codardo, perché non oso mai prendere in<br />
mano nessuna arma, nemmeno per <strong>di</strong>fendermi”. In quel mentre<br />
137
arrivò, al gran galoppo, un cavaliere armato con uno scudo<br />
bianco e nero e, rivolgendosi a Galvano, gli <strong>di</strong>sse: ”Messere mi<br />
manda il mio sovrano, Marino del Piccolo Gomorret, per<br />
battermi contro messer Galvano della Tavola Rotonda, contro<br />
chi <strong>di</strong> voi due devo rivolgere la punta delle mie armi?”.<br />
Vedendo che sul momento nessuno rispondeva, il misterioso<br />
cavaliere continuò a <strong>di</strong>re: ”Se dovessi perdere la sfida prometto<br />
che io ed il mio signore ci sottomettiamo alla volontà <strong>di</strong> messer<br />
Galvano, ad unica con<strong>di</strong>zione, però, quella <strong>di</strong> aver salva la<br />
vita”. Sentendo quelle parole, il Cavaliere Codardo <strong>di</strong>sse: ”Per<br />
quanto mi riguarda, nessuno <strong>di</strong> voi due mi s’arrischi a<br />
domandarmi aiuto, perché io non prenderò le parti <strong>di</strong> alcunché<br />
in questa <strong>di</strong>sputa ed in nessun altra che incontrerò in futuro”.<br />
Galvano si fece avanti e <strong>di</strong>sse: ”Messer Codardo non<br />
preoccupatevi <strong>di</strong> me perché posso farcela da solo in qualsiasi<br />
situazione; per quanto riguarda le vostre pretese, signore, il<br />
cavaliere che cercate con la speranza <strong>di</strong> battere sono io e mi<br />
trovate gia pronto al duello”. Subito i due sfidanti si<br />
prepararono a fronteggiarsi, ma ben presto fu chiaro che<br />
Galvano fosse nettamente superiore allo sfidante, il quale fu<br />
atterrato quasi subito; ripresosi che fu, lo sfidante s’andò ad<br />
inchinare a Galvano, <strong>di</strong>cendogli: ”Messere non mi era stato<br />
detto che eravate tanto forte da essere impossibile da battervi,<br />
quin<strong>di</strong> se me lo concedete, io mi arrendo alle vostre armi”<br />
”Messere, voi avete ubbi<strong>di</strong>to solo a degli or<strong>di</strong>ni che vi sono<br />
stati impartiti, per questo non avete nessuna colpa e per quanto<br />
mi riguarda potete andarvene impunemente, senza timore <strong>di</strong><br />
subire alcuna conseguenza per quanto avete fatto in questa<br />
radura contro la mia persona, anzi se volete posso farvi mio<br />
vassallo, in modo che possiate tenere sotto controllo quel<br />
geloso <strong>di</strong> Marino del Piccolo Gomorret”, come il cavaliere ebbe<br />
accettato l’investitura, Galvano lo fece tornare ai suoi compiti.<br />
Finalmente l’antico vassallo <strong>di</strong> Marino il Geloso se ne tornò a<br />
casa, quin<strong>di</strong> Galvano si poté de<strong>di</strong>care completamente al<br />
138<br />
dare le debite istruzioni per la lapide del marito defunto, sulla<br />
quale fu scritto il seguente epitaffio:<br />
Qui giace l’infame re delle tempeste,<br />
Che osò attaccare il prode Ivano,<br />
Cavaliere della Tavola Rotonda,<br />
Rimanendone mortalmente ferito.<br />
al momento che lei se n’andò, Ivano la scorse meglio ed iniziò<br />
a <strong>di</strong>re: ”Dama Lau<strong>di</strong>na siete tanto bella e sfortunata, sappiate<br />
dunque che fui io la causa della morte <strong>di</strong> vostro marito, ma non<br />
per colpa mia, ma perché fui costretto a <strong>di</strong>fendermi contro le<br />
sue intemperanze che mi accusavano <strong>di</strong> codar<strong>di</strong>a e <strong>di</strong>sonore;<br />
sappiate inoltre che mi sono innamorato <strong>di</strong> voi gia dalla prima<br />
volta che vi vi<strong>di</strong> nel momento che mi veniste a cercare<br />
poc’anzi, quando vostro marito sanguinò alla mia invisibile<br />
presenza” ma la voce del povero innamorato non arrivò alle<br />
orecchie della gran vedova che se n’andò senza u<strong>di</strong>rlo e<br />
lasciandolo completamente solo nella sua <strong>di</strong>sperazione<br />
Proprio in quel mentre la prigione d’Ivano s’aperse<br />
nuovamente ed entrò Lunetta che l’era gia venuto a trovare e gli<br />
<strong>di</strong>sse: ”Messer Ivano, è giunto il momento che v’aiuti a fuggire<br />
da questo posto, ma vedo che abbassate gli occhi, non è per<br />
caso che vi siete innamorato perdutamente della mia padrona?<br />
State sospirando, devo immaginare che ho visto giusto nel<br />
vostro cuore, dato che è sicuramente così non vi dovete<br />
preoccupare perché sono la confidente ed accompagnatrice<br />
particolare della buona Lau<strong>di</strong>na e gli rivelerò tutto quel che<br />
turba il vostro cuore così infatuato in questo mesto giorno, ma<br />
ora mettetevi a vostro completo agio”. Subito la ragazza tornò<br />
dalla sua signora e, inchinatasi, prese a <strong>di</strong>re: ”Mia signora, so<br />
che la per<strong>di</strong>ta che avete subìto è grande, anche perché v’è in<br />
arrivo alla fontana proprio re Artù con tutta la sua corte, ma <strong>di</strong><br />
questo non vi dovete preoccuparvi, dato che un cavaliere vi ha<br />
messo gli occhi addosso ed è molto più valente del defunto;<br />
garantisco per lui che vi ama con tutta l’anima ed il cuore”. A<br />
231
loro padrone era appena spirato. La damigella fece appena in<br />
tempo a rivolgersi ad Ivano con queste parole: ”Messere è il<br />
momento d’usare l’anello che vi ho dato e, mi raccomando,<br />
statevene ben fermo altrimenti vi troveranno imme<strong>di</strong>atamente,<br />
così potrai burlarvi <strong>di</strong> loro senza essere scorto”, la cosa fece<br />
inferocire i bifolchi perché non trovarono nessuno nella stanza.<br />
I cavalieri stavano per uscire dalla stanza completamente<br />
scornati, quando si presentò sulla soglia anche la vedova del<br />
perfido cavaliere che non fece in tempo ad entrare, che svenne<br />
imme<strong>di</strong>atamente, allora la damigella la soccorse <strong>di</strong>cendogli:<br />
”Signora Lau<strong>di</strong>na, coraggio che siete così bella e giovine da<br />
poter riprendere marito” contemporaneamente a Lau<strong>di</strong>na<br />
furono fatti sentire anche dei Sali che la fecero rinvenire. In<br />
quello stesso momento fu fatta entrare anche la bara<br />
d’Esclados, il quale iniziò imme<strong>di</strong>atamente a sprizzare sangue<br />
dalle ferite che si era prodotto nel duello; a quella vista i<br />
cavalieri ivi presenti ripresero a rovistare nella stanza perché in<br />
quel loco vi doveva stare anche chi aveva ucciso il loro adorato<br />
castellano, ma Ivano non si fece notare, anche se i pala<strong>di</strong>ni lo<br />
ferirono in modo veramente grave. La cosa fece costernare i<br />
presenti, perché non riuscirono a trovare nulla <strong>di</strong> colui che<br />
consideravano l’omicida del loro padrone.<br />
Subito i convenuti decisero <strong>di</strong> seppellire imme<strong>di</strong>atamente il<br />
defunto; finita che fu la cerimonia funebre, Lunetta, così si<br />
chiamava la damigella che aveva soccorso Ivano, andò a<br />
trovare nuovamente il suo protetto, per vedere come stava. Nel<br />
frattempo Ivano aveva ripreso le sue sembianze e, vedendo<br />
Lunetta, prese a <strong>di</strong>re: ”Madamina, chi era quella dama che<br />
venne qui durante la mia trasparenza? Me ne sono<br />
perdutamente innamorato e vorrei tanto rivederla, ma come<br />
posso fare?”. Lunetta l’accontentò accompagnandolo ad una<br />
finestra ove poteva vedere tutto quanto, quin<strong>di</strong> lo lasciò<br />
nuovamente solo, andandosene al fianco della propria padrona.<br />
Sepolto che fu Esclados, Lau<strong>di</strong>na restò in<strong>di</strong>etro per terminare <strong>di</strong><br />
230<br />
Cavaliere Codardo e vide una cosa alquanto strana per un<br />
cavaliere: la sua pelle non aveva la benché minima cicatrice<br />
dovuta a duelli o battaglie; subito, però, Galvano si sovvenne<br />
che doveva fargli una ben specifica domanda per la salvezza <strong>di</strong><br />
entrambi, quin<strong>di</strong> si rivolse al Cavaliere Codardo e gli chiese:<br />
”Messer Codardo, come mai la Dama Calva porta il braccio a<br />
dritta al collo?”<br />
”Deve sapere, messer Galvano, che quella è la mano che<br />
reggeva il Graal la sera sventurata in cui il misterioso cavaliere<br />
omise <strong>di</strong> fare le debite domande al Ricco Re Pescatore e da<br />
allora la Dama Calva si rifiuta d’usarla finché non sarà tornata<br />
sana e salva al Monsalvato, sono spiacente, ma non so <strong>di</strong>rvi<br />
altro”<br />
”Messere, mi avete detto più <strong>di</strong> quanto desiderassi, in ogni<br />
caso vi ringrazio <strong>di</strong> cuore, ma ora devo proprio riprendere il<br />
mio cammino, se me lo concedete”<br />
”Prima che ci lasciamo, vorrei che abbiate tra le vostre armi<br />
anche la mia lancia, perché io non so <strong>di</strong> cosa farmene, dopo <strong>di</strong><br />
che vi raccomando a Dio e buona fortuna per le vostre imprese,<br />
messer Galvano”<br />
”Grazie per la vostra offerta, messere, tanto è vero che la mia<br />
lancia è gravemente intaccata, quin<strong>di</strong> n’avevo bisogno <strong>di</strong> una <strong>di</strong><br />
riserva, a questo punto raccomando anche voi a Dio e vi auguro<br />
altrimenti una buona fortuna”, finiti che furono i saluti, i due<br />
cavalieri si lasciarono per prendere le proprie strade.<br />
Fatto che ebbe un breve tratto <strong>di</strong> strada, Galvano incontrò un<br />
cavaliere gravemente ferito ed iniziò imme<strong>di</strong>atamente a curarlo,<br />
come il ferito si riprese, raccontò a Galvano cosa gli era<br />
successo, con questi accenti: ”Poche ore fa passai presso il<br />
castello del Piccolo Gomorret e nella cappella che c’è nelle<br />
vicinanze vi<strong>di</strong> il cadavere <strong>di</strong> una splen<strong>di</strong>da dama orribilmente<br />
straziato, pronto per essere sepolto, tentai <strong>di</strong> darle una tomba<br />
come si deve, ma un cavaliere estremamente bruto mi piombò<br />
addosso e mi ferì nel modo che or ora vedete. Sapendo che<br />
139
nelle vicinanze v’è un sant’eremita, mi ci sto <strong>di</strong>rigendo per<br />
farmi confessare prima che la morte mi venga a prendere”,<br />
quin<strong>di</strong> i due si lasciarono e Galvano proseguì al galoppo più<br />
sfrenato in cerca <strong>di</strong> nuove avventure. Dopo una lunga cavalcata,<br />
Galvano arrivò al castello della Dama Orgogliosa, così<br />
chiamata perché non chiedeva mai il nome dei cavalieri che ivi<br />
giungevano, la proibizione era tale che nemmeno i servitori<br />
osavano domandare alcunché agli ospiti che arrivavano, anche<br />
se per il resto era una damigella molto bella e cortese, per <strong>di</strong> più<br />
nubile, dato che voleva sposare solo il miglior cavaliere del<br />
mondo. Una volta che fu smontato da cavallo, Galvano fu<br />
portato nelle stanze interne, ove fu <strong>di</strong>sarmato e vestito<br />
sontuosamente e quin<strong>di</strong> portato dalla damigella; ricevuto che<br />
ebbe Galvano, la Dama Orgogliosa lo prese per mano e lo<br />
condusse in una cappella veramente sontuosa, ove vi erano<br />
quattro bare vuote, vedendo l’espressione alquanto<br />
interrogativa del cavaliere, la dama gli <strong>di</strong>sse: ”Devi sapere che<br />
tre <strong>di</strong> queste tombe sono destinate a tre dei migliori cavalieri<br />
del mondo. Essi rispondono ai nomi <strong>di</strong> Galvano, il primo;<br />
Lancillotto, il secondo e Parsifal il terzo, che devono essere<br />
decapitati. Per quanto riguarda la quarta tomba è destinata a<br />
me, dopo che i tre pro<strong>di</strong> saranno stati giustiziati perché possano<br />
farmi compagnia, quando sarà il mio momento”, con questi<br />
<strong>di</strong>scorsi la splen<strong>di</strong>da dama condusse fuori Galvano, il quale<br />
stava sudando freddo, vedendo la propria morte così vicina.<br />
Una volta che furono tutti ritornati nella sala da pranzo, un<br />
corriere s’avvicinò a Galvano e, avvicinatosi al suo orecchio,<br />
gli <strong>di</strong>sse: ”Messere, mi è stato detto d’informarvi della presenza<br />
nella foresta d’alcuni pala<strong>di</strong>ni, in compagnia <strong>di</strong> due cavalieri<br />
che si sono presentati come messer Lancillotto e sir Parsifal”, la<br />
notizia fece molto piacere a Galvano, il quale finì la cena<br />
s’andò a coricare molto sollevato.<br />
Il mattino successivo, Galvano era gia pronto allo spuntare del<br />
sole, cosicché prese parte alla messa del mattino e, fatta una<br />
140<br />
mentre lo inseguiva, Ivano <strong>di</strong>sse: ”Dove corri, vigliacco d’un<br />
cavaliere che non sai affrontare un pala<strong>di</strong>no della mia fatta<br />
senza fuggire a nasconderti <strong>di</strong>etro le gonnelle della tua corte.<br />
T’avverto che sarai preso dalle mie brame, vivo o morto, senza<br />
che tu abbia possibilità <strong>di</strong> scappare oltre”. Giunto che fu al<br />
ponte levatoio, Ivano tentò <strong>di</strong> passare la porta ferrata, ma scattò<br />
un trabocchetto che gli uccise il cavallo e bloccò il cavaliere in<br />
quella trappola mortale, mentre il perfido cavaliere si metteva<br />
al sicuro.<br />
Ripresosi che fu, Ivano prese a guardarsi attorno e vide che era<br />
una splen<strong>di</strong>da stanza, ma subito cadde in un’angoscia mortale<br />
perché vide che non aveva via <strong>di</strong> fuga se non dall’apertura in<br />
cui era caduto e vide fallito il suo tentativo <strong>di</strong> conquista e<br />
vendetta solitaria. In quell’istante arrivò una splen<strong>di</strong>da<br />
damigella, la quale s’avvicinò al cavaliere e gli <strong>di</strong>sse: ”Messere,<br />
sappiate che il perfido Esclados è stato ferito mortalmente dalla<br />
vostra spada, ed i congiunti del cavaliere hanno giurato <strong>di</strong><br />
ven<strong>di</strong>carsi su <strong>di</strong> voi, dopo che il pala<strong>di</strong>no sarà morto. Inoltre<br />
sappiate che vi ho conosciuto tempo fa alla corte <strong>di</strong> re Artù, il<br />
quale fu molto gentile nei miei confronti come del resto anche<br />
voi, messer Ivano figlio <strong>di</strong> re Urien e vi presto<br />
momentaneamente quest’anellino perché ha dei poteri molto<br />
potenti, infatti se volgete la gemma nel palmo della vostra<br />
mano, <strong>di</strong>verrete invisibile e salvarvi in questo modo la vita,<br />
comunque non preoccupatevi <strong>di</strong> questo prestito, perché me lo<br />
restituirete una volta che sarete pronto ad uscire da<br />
quest’avventura, ora <strong>di</strong>stendetevi in quello splen<strong>di</strong>do letto per<br />
riposarvi e ristorarvi come si deve”; <strong>di</strong>cendo quelle ultime cose,<br />
la damigella accompagnò Ivano al giaciglio, posto nella stanza<br />
stessa e gli servì un ottimo cappone arrosto, accompagnato da<br />
una splen<strong>di</strong>da torta, il tutto innaffiato da una generosa quantità<br />
<strong>di</strong> vino.<br />
Ivano si ristorò a suo agio, com’ebbe finito il pasto, un gruppo<br />
tumultuoso <strong>di</strong> cavalieri entrò per ven<strong>di</strong>carsi d’Ivano, perché il<br />
229
anche Calogremant, imme<strong>di</strong>atamente dopo arrivarono gli<br />
uccelli come gli era stato narrato, i quali lo estasiarono in modo<br />
inverosimile. Le <strong>di</strong>vine me<strong>di</strong>tazioni d’Ivano furono interrotte<br />
dall’arrivo del cavaliere che <strong>di</strong>sonorò Calogremant, che arrivò<br />
pieno <strong>di</strong> furore e prese a <strong>di</strong>re: ”Messere, m’avete <strong>di</strong>sonorato,<br />
scatenando quell’improba tempesta, quin<strong>di</strong> dovete battervi<br />
contro <strong>di</strong> me in un mortale duello”. Ivano accennò un sorriso<br />
molto sarcastico e prese a <strong>di</strong>re: ”Messer Colerico, penso <strong>di</strong> non<br />
aver fatto niente <strong>di</strong> male a scatenare quel misero temporale che<br />
voi chiamate uragano, ma accetto volentieri il vostro duello, per<br />
tenermi in esercizio, ma ad un patto, che prima mi si riveli il<br />
nome <strong>di</strong> chi dovrò battere”. Il misterioso cavaliere montò<br />
ulteriormente in collera, che riuscì a trattenere a stento, quin<strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>sse: ”Se proprio lo volete sapere, anche se penso inutilmente,<br />
il mio nome, sono nomato Esclados e sappiate che cadrete ben<br />
presto sotto i miei colpi”. Ivano si mise a ridere in modo<br />
veramente sguaiato, ripresosi dall’eccesso, <strong>di</strong>sse: ”Allora<br />
preparatevi, messer Esclados, perché davanti a voi avete una<br />
delle migliori lame del mondo, infatti sono noto col nome<br />
d’Ivano, cavaliere della Tavola Rotonda e della corte <strong>di</strong> re Artù<br />
<strong>di</strong> Camelot, quin<strong>di</strong> mettetevi imme<strong>di</strong>atamente in guar<strong>di</strong>a perché<br />
non voglio ritardare oltre quanto m’avete chiesto”, subito i due<br />
rivali misero le loro lance in resta e partirono alla carica.<br />
\Il duello si protrasse per lungo tempo, perché i due rivali<br />
erano parimenti forti e durante il combattimento le loro armi<br />
sprizzavano scintille a non finire, mentre le rispettive armature<br />
si staccavano dai corpi ad ogni terribile assalto dei contendenti;<br />
finalmente Ivano trovò la guar<strong>di</strong>a dell’avversario abbassata a<br />
tal punto da potergli assestare un violentissimo colpo sull’elmo,<br />
spaccandoglielo in due pezzi e scalfendo profondamente la<br />
testa d’Esclados. Vedendosi così a malpartito, Esclados scappò<br />
come un vigliacco dalla presenza d’Ivano e tentò d’andarsi a<br />
rifugiare nel suo castello, che si trovava nelle imme<strong>di</strong>ate<br />
vicinanze, ma Ivano l’inseguì fino alle porte del maniero;<br />
228<br />
frugale colazione, andò dalla Dama Orgogliosa, <strong>di</strong>cendogli:<br />
”Madama è giunto il momento per me <strong>di</strong> partire da questo<br />
splen<strong>di</strong>do castello e dalla vostra compagnia, che purtroppo<br />
devo lasciare così presto”. Fatta che ebbe una sola lega,<br />
Galvano fu raggiunto da due cavalieri della Dama Orgogliosa e<br />
gli <strong>di</strong>ssero: ”Messere, la nostra signora ci ha ripensato e vuole<br />
che voi torniate al castello con noi”, ma Galvano s’arrabbiò<br />
alquanto. Calmatosi un po’ Galvano <strong>di</strong>sse: ”Non se ne parla<br />
neppure, anche se mi <strong>di</strong>spiace <strong>di</strong>rlo, ma ho una cerca da portare<br />
a termine e devo portarla alla fine”, quin<strong>di</strong> s’armò <strong>di</strong> tutto<br />
punto ed iniziò a caricare i due sventurati, infatti uno dei due fu<br />
ferito molto gravemente. Vedutosi a malpartito, i due cavalieri<br />
pensarono <strong>di</strong> tornarsene al castello <strong>di</strong> corsa. Arrivati che furono<br />
dall’orgogliosa dama, i due gli <strong>di</strong>ssero: ”Il cavaliere che avete<br />
ospitato al castello si è detto spiacente, ma deve continuare la<br />
propria strada, perché ha un’importante cerca da portare a<br />
termine”<br />
”Vi or<strong>di</strong>no <strong>di</strong> raggiungerlo e <strong>di</strong> portarmelo in<strong>di</strong>etro anche<br />
contro la sua volontà, perché sento d’aver bisogno della sua<br />
presenza, anche se non conosco per niente il suo nome che deve<br />
essere in ogni caso estremamente nobile”. In quello stesso<br />
momento entrarono altre due guar<strong>di</strong>e molto malconce, le quali<br />
presero a <strong>di</strong>re: ”Signora abbiamo raggiunto il cavaliere che<br />
dormì qui al castello che era gia a quattro leghe da noi e, prima<br />
<strong>di</strong> attaccarci, ci ha rivelato il suo nome, stanotte avete ospitato<br />
nel vostro castello il prode Galvano, nipote <strong>di</strong> re Artù <strong>di</strong><br />
Camelot ed al quale avevate preparato una delle tombe della<br />
cappella, inoltre ci avvertì <strong>di</strong> non farlo inseguire perché<br />
chiunque ci tentasse sarebbe stato <strong>di</strong>sarcionato in malo modo”.<br />
A quelle notizie, l’orgogliosa dama si <strong>di</strong>sperò a tal punto che<br />
svenne, una volta ripresasi, <strong>di</strong>sse: ”Ormai uno dei tre è andato<br />
senza che gli chiedessi alcunché e <strong>di</strong>spero altamente che possa<br />
un giorno tornare, sapendo quanto l’aspetta in questo castello”<br />
141
Parte Parte Parte settima: settima: settima: le le le avventure avventure avventure <strong>di</strong> <strong>di</strong> <strong>di</strong> Bohor Bohor<br />
Bohor<br />
Capitolo 23<br />
Poco dopo aver lasciato i compagni, Bohor s’inoltrò nella<br />
foresta, <strong>di</strong>retto verso sud ovest e cavalcò per <strong>di</strong>verse leghe,<br />
finché, verso sera, non si ritrovò davanti ad un meraviglioso<br />
castello, nel quale fu ospitato in modo principesco; durante la<br />
cena vide la figlia del castellano e se ne innamorò all’istante,<br />
infatti si rivolse all’ospite con questi accenti: ”Messere, la<br />
vostra cara progenie è veramente molto bella e sembra<br />
ammodo, tanto è vero che me ne sono innamorato, me la<br />
concedete imme<strong>di</strong>atamente in sposa?”. Il castellano guardò nel<br />
cuore Bohor e lo vide completamente puro, <strong>di</strong>fatti gli <strong>di</strong>sse:<br />
”Messer Bohor, perché così vi chiamate, ho guardato i vostri<br />
sentimenti e li ho trovati puri e casti, quin<strong>di</strong> vi concedo<br />
volentieri la mano della mia dolce figliola”, subito fu<br />
organizzata la festa <strong>di</strong> nozze che si tennero pochi giorni dopo<br />
con enorme splendore, a tal punto che si protrassero per<br />
parecchi giorni tra banchetti, balli e giostre varie. Tra le varie<br />
attrattive il menestrello <strong>di</strong> corte si presentò con la seguente<br />
canzone:<br />
Beata coppia <strong>di</strong> sifatte stirpi,<br />
Unite nel più sacro dei sacramenti;<br />
Il Sacro matrimonio unì la stirpe<br />
Del Monsalvato con il rampollo <strong>di</strong> Benoic.<br />
Beata coppia <strong>di</strong> sifatte stirpi,<br />
Felicemente arrivati alle sacre nozze<br />
Dopo si breve e felice conoscenza<br />
Fate il vostro dovere per il piacere dei vostri.<br />
La prima notte <strong>di</strong> nozze, Bohor impalmò imme<strong>di</strong>atamente la<br />
sposa che rimase subito incinta; finiti che furono tutti i<br />
festeggiamenti, Bohor si presentò al suocero, <strong>di</strong>cendogli:<br />
”Messere, ora mi vedo costretto a partire per continuare le mie<br />
avventure, ma vi prometto che tornerò al più presto per<br />
portarmi seco la <strong>di</strong>letta moglie”. Stava cavalcando nella foresta,<br />
142<br />
raggiungerò quella pro<strong>di</strong>giosa fontana entro la vigilia <strong>di</strong> san<br />
Giovanni, in modo tale da essere sul luogo il giorno della festa,<br />
inoltre chiunque voglia seguirmi potrà venire senza altre<br />
autorizzazioni”, imme<strong>di</strong>atamente l’intiera corte fu pronta per<br />
seguire il buon re Artù con enorme felicità.<br />
Capitolo 41<br />
Ivano, a vedere tutto quel trambusto per i preparativi<br />
all’avventura, n’ebbe gran <strong>di</strong>spiacere perché voleva averne la<br />
gloria solo per se stesso, subito chiamò il proprio scu<strong>di</strong>ero,<br />
<strong>di</strong>cendogli: ”Va <strong>di</strong> corsa alla sala delle armi e preparami<br />
velocemente l’intiera mia armatura, poi passa dalle scuderie per<br />
far preparare il cavallo, che sia anche ottimamente ferrato,<br />
infine fila nelle mie stanze a prepararmi il bagaglio. Nel<br />
frattempo io t’attenderò al limitare del bosco che si trova ad<br />
una lega a sud <strong>di</strong> Camelot”. Subito dopo Ivano partì a pie<strong>di</strong> e<br />
per proprio conto con la segreta speranza d’arrivare alla foresta<br />
<strong>di</strong> Brocelan<strong>di</strong>a entro i tre giorni successivi; mezz’ora dopo fu<br />
raggiunto dallo scu<strong>di</strong>ero che recava seco quanto il cavaliere gli<br />
aveva richiesto, così poterono partire agevolmente per la loro<br />
cerca così solitaria. Lungo la strada, Ivano ripensava al<br />
racconto <strong>di</strong> Calogremant ed al modo <strong>di</strong> ven<strong>di</strong>carlo senza farlo<br />
sapere ai suoi compagni. I due compagni continuarono il loro<br />
viaggio senza interruzioni, finché non trovarono il castello con<br />
la splen<strong>di</strong>da castellana, proprio come aveva descritto il loro<br />
sfortunato compagno ed ivi furono ospitati con grande onore.<br />
Il mattino successivo, Ivano ed il suo scu<strong>di</strong>ero presero<br />
congedo e proseguirono la loro avventura seguendo<br />
scrupolosamente le istruzioni contenute nel racconto del loro<br />
compagno ed incontrarono ben presto l’orribile villano che<br />
custo<strong>di</strong>va i tori, il quale <strong>di</strong>ede le stesse in<strong>di</strong>cazioni <strong>di</strong><br />
Calogremant anche ad Ivano, che arrivò una mezz’ora dopo alla<br />
fontana e la trovò esattamente com’era stata descritta. Subito<br />
Ivano fu colto dal desiderio <strong>di</strong> vedere la tempesta e versò<br />
l’acqua sulla pietra, creando così il putiferio che spaventò tanto<br />
227
Poco dopo mi vi<strong>di</strong> bloccare la strada da un cavaliere che faceva<br />
strepito per <strong>di</strong>eci, infine si rese conto della mia presenza ed<br />
iniziò a <strong>di</strong>re: ”Messere quanto avete appena fatto scatenando la<br />
tempesta è estremamente vergognoso, in quanto mi avete dato<br />
gran danno e vergogna, quin<strong>di</strong> sappiate che non vi darò tregua<br />
finché la sod<strong>di</strong>sfazione che mi dovete non sarà ottemperata”, io<br />
ovviamente accettai il duello nel quale rimasi battuto. Una volta<br />
che mi fui ripreso dalla batosta, mi rimisi in sella e ripresi la<br />
mia strada. Lungo la strada che scelsi i miei guai non finirono,<br />
infatti il mio cavallo s’imbizzarrì e, <strong>di</strong>sarcionandomi, fuggì<br />
lasciandomi solo ed appiedato, finalmente decisi <strong>di</strong> tornare per<br />
la strada donde venni, arrivando ben presto al castello che<br />
m’ospitò la sera precedente, ove mi fecero una gran festa<br />
perché da quell’impresa nessuno mai tornò a raccontarla”<br />
Finito che ebbe il suo racconto Calogremant, Ivano si fece<br />
avanti, <strong>di</strong>cendo: ”Buon compagno, permettimi <strong>di</strong> lavare l’onta<br />
che hai subito in quell’occasione, ma ti prego <strong>di</strong> non negarmi<br />
quest’onore”. Udendo quell’offerta, Keu si fece avanti e <strong>di</strong>sse:<br />
”Ma che bella cosa stai facendo, messer Ivano, offrirti a salvare<br />
l’onore <strong>di</strong> quel vigliacco che si fregia immeritatamente del<br />
nome <strong>di</strong> cavaliere”. A quelle parole, Ginevra impallidì<br />
improvvisamente, poi si rivolse a Keu, <strong>di</strong>cendogli: ”Siniscalco,<br />
non hai ancora imparato a tenere la lingua a freno, nonostante<br />
la tua età?”, Keu non seppe cosa <strong>di</strong>re ed abbassò lo sguardo per<br />
un attimo. Ivano vide l’imbarazzo del siniscalco e gli si fece<br />
sotto <strong>di</strong>cendogli: ”Siniscalco dei miei stivali, ma il tuo<br />
comportamento attuale mi fa pensare che tu sia un gran<br />
vigliacco, quin<strong>di</strong> non posso <strong>di</strong>rti che una cosa, io posso solo<br />
compatirti”, fortunatamente dalla porta delle stanze della regina<br />
si presentò Artù in persona, facendo in modo che la <strong>di</strong>scussione<br />
non degenerasse ulteriormente. Una volta che si furono tutti<br />
calmati, Ginevra raccontò tutto quanto al marito. Finito il<br />
racconto, Artù vide nella faccenda un’ennesima avventura per<br />
la propria corte, <strong>di</strong>sse: ”Giuro su tutte le reliquie dei santi che<br />
226<br />
quando Bohor incontrò un prete che cavalcava umilmente un<br />
asino, come furono vicini, Bohor gli chiese: ”Buon padre, sento<br />
la necessità <strong>di</strong> dovermi confessare, siete <strong>di</strong>sposto a sentire i<br />
miei peccati e vedere se è il caso d’assolvermi?”<br />
Al che il buon padre <strong>di</strong>sse: ”Ben volentieri, cavaliere, ma non<br />
è il posto adatto per farlo, se mi segui an<strong>di</strong>amo in una mia<br />
cappella dove potremo farlo a nostro agio”, così si avviarono<br />
per un sentiero che li condusse in un’amena radura ove sorgeva<br />
una splen<strong>di</strong>da cappella nella quale s’introdussero ben presto.<br />
Raggiunto che ebbero il confessionale, il buon padre coprì che<br />
il peccato peggiore commesso da Bohor era la nascita del figlio<br />
Alano il Bianco; finita la confessione, il padre <strong>di</strong>sse: ”Caro<br />
figliolo, visto che i tuoi peccati sono <strong>di</strong> poco conto, la penitenza<br />
te la do <strong>di</strong> conseguenza, infatti dovrai indossare un saio bianco<br />
ed un mantello vermiglio durante tutta la tua restante cerca,<br />
inoltre come pasto dovrai consumare solamente pane intinto<br />
nell’acqua”, subito dopo fu celebrata la santissima messa,<br />
quin<strong>di</strong> Bohor riprese il proprio viaggio.<br />
Fatto che ebbe appena una lega, Bohor incontrò un gruppo <strong>di</strong><br />
cavalieri che avevano catturato suo fratello Lionello e lo<br />
stavano percuotendo a sangue, Bohor era gia pronto a correre in<br />
soccorso del fratello e compagno, quando dalla parte opposta si<br />
presentò un cavaliere che stava picchiando selvaggiamente una<br />
giovane pulzella. A quella vista <strong>di</strong> violenze così contrastanti,<br />
Bohor fu incerto per un attimo, poi si decise a soccorrere la<br />
pulzella, in virtù delle leggi della cavalleria che volevano prima<br />
<strong>di</strong> tutto il soccorso alle donne ed ai più deboli; vedendosi<br />
soccorsa senza richiedere nessun aiuto, la damigella rimproverò<br />
Bohor, <strong>di</strong>cendogli aspramente: ”Non sai, o stolto, che venendo<br />
a salvarmi da ciò che veramente merito hai infranto tutti i<br />
legami che a Nostro Signore sono ben più eletti? Infatti quello<br />
che stanno percuotendo quei bifolchi laggiù è tuo fratello che è<br />
veramente messo a malpartito”. Al che Bohor rispose: ”È anche<br />
143
obbligo <strong>di</strong> un cavaliere soccorrere tutte le donne ed i deboli che<br />
si trovano in <strong>di</strong>fficoltà”<br />
La damigella annuì <strong>di</strong>cendo: ”Messere avete detto giusto nel<br />
farmi notare l’obbligo principale <strong>di</strong> un buon cavaliere, ma non<br />
v’è bisogno che interveniate in mio favore perché questa<br />
punizione è ben meritata”. Bohor non prese nota <strong>di</strong><br />
quell’osservazione della bella damigella e colpì sì duramente i<br />
suoi detrattori che in brevissimo tempo la liberò dalle percosse;<br />
subito dopo ripartì alla ricerca <strong>di</strong> Lionello e dei suoi<br />
tormentatori, ma la ricerca non <strong>di</strong>ede frutti, anzi sembrava che<br />
il gruppetto si fosse definitivamente volatilizzato.<br />
Subito Bohor rinunciò a proseguire le ricerche ed iniziò a<br />
girovagare per trovare un rifugio per dormire, visto che stava<br />
scendendo la sera e non conveniva andare oltre; in quel<br />
momento incrociò la strada con un religioso che montava uno<br />
splen<strong>di</strong>do morello, subito il religioso capì chi aveva davanti e<br />
gli <strong>di</strong>sse: ”Messer Bohor poco fa non vi siete comportato da<br />
vero cavaliere soccorrendo quella baldracca allo scorso<br />
incrocio, per colpa vostra guardate cosa è successo al vostro<br />
povero fratello, riverso in quel cespuglio”. Bohor andò a vedere<br />
nel cespuglio che gli era stato in<strong>di</strong>cato e vi trovò il corpo <strong>di</strong><br />
Lionello senza vita ed orribilmente sfigurato dalle percosse, al<br />
che Bohor cadde nella <strong>di</strong>sperazione più nera e si rivolse al<br />
sacerdote, chiedendogli: ”Visto che ho scelto <strong>di</strong> non soccorrerlo<br />
per portare il mio aiuto ad una donzella peccatrice, non mi resta<br />
altro che fare <strong>di</strong> adagiarlo in qualche cappella, per poi cantargli<br />
una messa in suffragio domani mattina, appena saremo alzati”<br />
Il religioso ci pensò un attimo, poi <strong>di</strong>sse: ”Vicino al castello a<br />
cui fa capo questo sentiero v’è una cappella molto antica e<br />
<strong>di</strong>roccata, per questa notte tuo fratello può essere adagiato in<br />
quel luogo sacro e domattina, come hai appena detto, faremo<br />
tutto quello che c’è da fare per seppellirlo degnamente”,<br />
finalmente arrivarono tutti quanti al maniero e deposero il<br />
corpo straziato nella cappella <strong>di</strong>roccata, quin<strong>di</strong> furono accolti<br />
144<br />
”Cavaliere v’autorizzo, con gran <strong>di</strong>spiacere, <strong>di</strong> andarvene dal<br />
mio maniero, ma ricordatevi <strong>di</strong> quanto mi prometteste durante<br />
la cena <strong>di</strong> ieri sera”, asserii imme<strong>di</strong>atamente e presi subito la<br />
mia via. Raggiunta che ebbi la radura successiva, vi<strong>di</strong> due<br />
creature che si stavano affrontando in un feroce duello e n’ebbi<br />
gran paura. Nelle imme<strong>di</strong>ate vicinanze vi<strong>di</strong> un villano<br />
terribilmente orrendo che se ne stava tranquillo, appoggiato alla<br />
propria mazza, mentre al collo gli pendevano due pelli appena<br />
scuoiate. Vedendomi arrivare, il villano s’alzò in pie<strong>di</strong> e fece<br />
scena muta in tutta la sua bruttezza, finché non gli rivolsi<br />
parola, domandandogli: ”Messere, come vi ho visto mi sono<br />
domandato se per caso siate un uomo; in tal caso non potete<br />
farmi sapere quali avventure o meraviglie possono esserci da<br />
queste parti?”. Il villano mi raccontò <strong>di</strong>verse cose, tra queste mi<br />
<strong>di</strong>sse: ”Sono un guar<strong>di</strong>ano dei tori che vede pascolare in questa<br />
radura, inoltre sappia che nelle vicinanze <strong>di</strong> questa stessa radura<br />
v’è una fontana situata sotto un albero e, lì appresso, v’è<br />
costruita una cappella molto bella, anche se piccola, tra la<br />
fontana e l’albero v’è un masso che a versarci sopra l’acqua<br />
della fontana stessa, fa scoppiare una tale tempesta da non<br />
lasciare nelle vicinanze animale <strong>di</strong> sorta. V’avverto d’una cosa,<br />
però, che dovete sapere: sarà un vero miracolo se riuscirete a<br />
sopravvivere a quell’esperienza perché finora nessuno è tornato<br />
vivo da quell’avventura”, così ringraziai il villano e presi la<br />
strada che m’aveva in<strong>di</strong>cato, arrivando ben presto alla fontana,<br />
giusto a mezzogiorno, e trovai tutto quanto molto bello”<br />
“Subito fui preso dal desiderio <strong>di</strong> vedere la tempesta, quin<strong>di</strong><br />
versai l’acqua della fontana sulla pietra, come se non l’avessi<br />
mai fatto, da li a poco una terribile e formidabile tempesta si<br />
scatenò, accompagnata da lampi, tuoni e pioggia, neve e<br />
gran<strong>di</strong>ne in gran quantità e d’immensa forza, la cosa mi fece<br />
angosciare parecchio, finché l’uragano non finì e l’albero si<br />
ricoprì d’uccelli, rendendolo ancora più bello, i quali iniziarono<br />
ad armonizzare una stupenda armonia che mi mandò in estasi.<br />
225
il giovane cavaliere finalmente si decise e prese raccontare<br />
quanto gli successe in quell’occasione.<br />
Capitolo 40.<br />
Il Il racconto racconto racconto <strong>di</strong> <strong>di</strong> <strong>di</strong> Calogremant. Calogremant.<br />
Calogremant.<br />
“Sette anni fa ero in cerca d’avventure, quando m’inoltrai<br />
nella foresta <strong>di</strong> Brocelan<strong>di</strong>a dal lato in cui era irta <strong>di</strong> rovi e<br />
spine, cavalcando per tutta la giornata senza trovare neanche la<br />
benché minima scaramuccia. Uscito che fui in una radura, vi<br />
trovai un fortissimo fortilizio, subito m’avvicinai per vedere se<br />
poteva trattarsi d’un forte amico oppure d’una delle fazioni a<br />
noi avverse; notai subito che aveva un larghissimo e profondo<br />
fossato con aggettato il ponte levatoio in modo tale che vi si<br />
potesse passare sopra. A metà del ponte stava ben piantato il<br />
castellano, il quale come m’ebbe scorto, subito iniziò a <strong>di</strong>rmi:<br />
”Messere siete il benvenuto nel mio castello, ancor <strong>di</strong> più dato<br />
che si sta facendo notte”, detto questo, quel gioviale pala<strong>di</strong>no<br />
mi corse incontro e m’aiutò a scendere <strong>di</strong> sella tenendomi<br />
ferma la staffa. Una volta che fui entrato a pie<strong>di</strong> nel cortile<br />
d’onore, fui trattato con ogni attenzione, anche se non capii il<br />
perché, quin<strong>di</strong> fui <strong>di</strong>sarmato e mi presentarono una splen<strong>di</strong>da<br />
ragazza che mi tenne compagnia facendomi visitare tutto il<br />
castello, fino all’ora <strong>di</strong> cena. Durante il pasto, il castellano<br />
s’alzò e mi <strong>di</strong>sse: ”Da queste parti non arrivano mai dei<br />
cavalieri come voi, è per questo che quando vi vi<strong>di</strong> mi mostrai<br />
così felice nei vostri confronti, ma ora dovete promettermi una<br />
cosa, <strong>di</strong> fermarvi a farmi visita quando tornerete dalle vostre<br />
avventure” imme<strong>di</strong>atamente accettai l’offerta, sicuro d’un tetto<br />
in caso <strong>di</strong> necessità; subito dopo andammo tutti quanti a<br />
dormire”<br />
“Il mattino successivo, mentre mi stavo preparando per<br />
partire, ovviamente finite le lo<strong>di</strong> mattutine, m’avvicinai al<br />
castellano e, inchinandomi, <strong>di</strong>ssi: ”Signore, chiedo umilmente<br />
l’autorizzazione a prendere congedo per proseguire le mie<br />
avventure”. Il castellano non ci pensò due volte e <strong>di</strong>sse:<br />
224<br />
dalla castellana con gran<strong>di</strong> onori. Quella notte, quando erano<br />
aletto, la bella castellana andò da Bohor completamente nuda e,<br />
coricatasi con lui, gli <strong>di</strong>sse: ”Messere siete proprio un gran<br />
bell’uomo, voglio provare la vostra virilità in questo preciso<br />
istante” e prese a baciarlo su tutto il corpo.<br />
Bohor, come realizzò le intenzioni della bella, uscì dal letto e,<br />
presa la propria spada, corse ad arroccarsi in una vicina torre,<br />
mentre la pulzella andò a chiamare le proprie compagne per<br />
sedurre meglio il prode; infatti, queste ultime, quando si<br />
trovarono sotto la torre, presero a <strong>di</strong>re: ”Messere, se non<br />
accontentate la nostra padrona, siamo <strong>di</strong>sposte tutte quante ad<br />
ammazzarci, gettandoci dagli spalti”, in quel momento,<br />
sentendo quella minaccia blasfema, Bohor si segnò<br />
imme<strong>di</strong>atamente. Subitamente l’intiero castello, con tutti gli<br />
occupanti, e la cappella col presunto corpo <strong>di</strong> Lionello,<br />
sparirono senza lasciare traccia, Bohor s’inginocchiò sul posto<br />
e prese a <strong>di</strong>re: ”Mio signore ti ringrazio per avermi fatto<br />
superare questa prova imbastita dal maligno a mio danno”.<br />
Subito Bohor riprese il proprio viaggio ripensando a quanto gli<br />
era appena accaduto, ad un certo punto incontrò sei valletti che<br />
occupavano l’intiero sentiero cantando gaiamente e portando<br />
seco un imponente armamento, tale da poter investire almeno<br />
quattro cavalieri. A quella vista, Bohor si rivolse a colui che<br />
sembrava il capo della piccola comitiva, <strong>di</strong>cendogli: ”Signori<br />
miei dove state andando così gaiamente? Di grazia potrei<br />
sapere <strong>di</strong> chi è tutto questo costoso equipaggiamento?”<br />
”Messere, stiamo <strong>di</strong>rigendoci al castello <strong>di</strong> Cibale per un<br />
torneo, quest’armamento, inoltre, appartiene a sir Meliant <strong>di</strong><br />
Lis. Per quanto riguarda il torneo, sappiate che fa accorrere tutti<br />
i migliori cavalieri dell’intiera Bretagna”. Sentito tutto quel che<br />
gli interessava, Bohor decise anche lui <strong>di</strong> andare a Cibale per<br />
avere notizie <strong>di</strong> Lionello o <strong>di</strong> qualche altro cavaliere della<br />
Tavola Rotonda. Quel pomeriggio, sul tar<strong>di</strong>, Bohor arrivò ad un<br />
castello e, presentandosi al ponte levatoio, si rivolse alla<br />
145
guar<strong>di</strong>a <strong>di</strong>cendo: ”Messere, sto andando al torneo <strong>di</strong> Cibale, ma<br />
ormai è troppo tar<strong>di</strong> per continuare il cammino, potreste farmi<br />
ospitare per la notte, in modo da arrivare al più presto possibile<br />
a destinazione, domani?”<br />
”Siete il benvenuto, messer cavaliere, al nostro castello,<br />
sappiate comunque che il castello <strong>di</strong> Cibale non è molto<br />
lontano, tanto è vero che domani al sorger del sole sarete gia<br />
sulla spianata per combattere il vostro torneo”, detto questo, la<br />
guar<strong>di</strong>a fece entrare Bohor e lo condusse al cospetto del proprio<br />
signore che gli <strong>di</strong>ede la maggiore ospitalità <strong>di</strong> questo mondo.<br />
La cena che fu servita era veramente luculliana, ma il cavaliere,<br />
coerentemente con quanto gli aveva detto in precedenza il santo<br />
sacerdote, si fece portare solamente un pezzo <strong>di</strong> pane con<br />
dell’acqua e cenò con quelli, durante la cena il bardo locale<br />
iniziò a cantare le imprese della Tavola Rotonda con queste<br />
parole:<br />
Ci fu un tempo che un prode re,<br />
Artù il prode e famoso,<br />
Circondò la propria persona<br />
Di valorosi cavalieri attorno<br />
Ad una circolare tenda<br />
Per essere tutti uguali.<br />
Keu era nomato il siniscalco,<br />
Colui dalla lingua biforcuta<br />
Gran <strong>di</strong>visore degli animi<br />
Portava contese tra i compagni,<br />
Ma spesso rimaneva vittima<br />
Di quanto <strong>di</strong>ceva.<br />
Galvano era il nipote pre<strong>di</strong>letto del re<br />
Cavaliere tra i più valorosi<br />
Di questa compagine,<br />
Non temeva niente e nessuno<br />
Tranne forse il proprio re,<br />
Gran peccatore ei fu.<br />
146<br />
nelle stanze della regina Ginevra, trattenendosi con la moglie<br />
fino ad addormentarsi.<br />
Vedendo quella scena, Sagramor il Moro, Keu, Galvano,<br />
Ivano ed il bellissimo Calogremant, cugino dello stesso Ivano,<br />
seguirono il loro re e montarono la guar<strong>di</strong>a fuori delle reali<br />
stanze; durante la guar<strong>di</strong>a, Calogremant si rivolse ai compagni<br />
e prese a <strong>di</strong>re: ”Da qualche tempo porto un gran peso nel cuore,<br />
infatti quanto vi sto per raccontare si rivolgerà sicuramente a<br />
mia onta”. I compagni s’avvicinarono estremamente curiosi e<br />
Keu <strong>di</strong>sse: ”Siamo proprio curiosi <strong>di</strong> sapere cosa ti successe <strong>di</strong><br />
così <strong>di</strong>sonorevole da vergognartene tanto”. Calogremant arrossì<br />
violentemente e <strong>di</strong>sse: ”Niente che possa essere raccontato a te,<br />
messer Keu, visto che sicuramente utilizzerai questa storia per<br />
punzecchiarmi per il resto dei miei giorni”, intanto anche<br />
Ginevra aveva sentito la <strong>di</strong>scussione da <strong>di</strong>etro la porta della<br />
propria stanza, s’avvicinò al gruppetto con l’intenzione <strong>di</strong><br />
sentire quanto si stava <strong>di</strong>cendo; come s’accorsero della<br />
presenza della regina, Calogremant e Keu interruppero<br />
imme<strong>di</strong>atamente la loro <strong>di</strong>scussione, chinando gli sguar<strong>di</strong> pieni<br />
<strong>di</strong> vergogna per averla <strong>di</strong>sturbata.<br />
Ginevra si rivolse a Keu, <strong>di</strong>cendogli: ”Messer siniscalco, u<strong>di</strong>i<br />
molto bene cosa <strong>di</strong>cesti poc’anzi al tuo giovane compagno,<br />
certe cose potrai anche pensarle con tutto il cuore, ma bisogna<br />
anche pensare se vale la pena esternarle <strong>di</strong> fronte<br />
all’interessato. Ora, buon Calogremant inizia pure la tua storia,<br />
sono sicura che non sarà poi così <strong>di</strong>sonorevole come ci vuoi far<br />
pensare”. Calogremant s’alzò in pie<strong>di</strong> e, con un rispettoso<br />
inchino in <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong> Ginevra, <strong>di</strong>sse: ”Mia regina, non credo<br />
che quanto volevo raccontare ai miei compagni possa essere<br />
ascoltato da una gran donna come voi”. La regina sorrise in<br />
modo seducente, poi <strong>di</strong>sse: ”Sir Calogremant, allora insisto che<br />
facciate il vostro racconto anche <strong>di</strong> fronte alla mia regale<br />
presenza, senza alcun pudore nei confronti delle mie orecchie”,<br />
223
occhio ed uccidendolo sul colpo”, a sentire quelle cose, Artù e<br />
l’intiera corte si guardarono negli occhi, increduli. Subito<br />
Galvano, approfittando <strong>di</strong> quell’imbarazzato silenzio, s’avanzò<br />
e prese a <strong>di</strong>re.”messere, non so cosa v’abbiano detto ad<br />
Ascalona, ma il vostro signore mi si parò davanti sfidandomi<br />
senza motivo e partendo all’attacco imme<strong>di</strong>atamente, senza<br />
darmi la possibilità <strong>di</strong> prepararmi adeguatamente, altrimenti il<br />
duello sarebbe stato leale, anche se lungo”. L’emissario<br />
s’in<strong>di</strong>gnò enormemente per quella risposta, quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>sse: ”Se<br />
messer Galvano la mette in questo modo, allora m’è stato<br />
or<strong>di</strong>nato <strong>di</strong> lanciarvi la sfida a duello, da tenersi al più presto<br />
presso la città d’Ascalona, da cui provengo, sperando che la<br />
cosa accada entro la fine <strong>di</strong> questa stagione”, detto questo se<br />
n’andò senza attendere alcuna risposta.<br />
Il giorno stabilito, i duellanti iniziarono a battersi ferocemente,<br />
protraendo la sfida per lungo tempo, finché verso sera Artù non<br />
riuscì ad avere ragione su Frollo, dandogli una piantonata alla<br />
ra<strong>di</strong>ce del collo, il quale, tutto dolorante, prese a <strong>di</strong>re: ”Artù <strong>di</strong><br />
Camelot, ti cedo il campo per conquistare l’intiera Gallia, da<br />
questo momento in avanti la nazione dei celti gallici è <strong>di</strong> tua<br />
totale proprietà”, quin<strong>di</strong> fece radunare le proprie truppe e prese<br />
la strada della città eterna da vero sconfitto quale era.<br />
Contemporaneamente Artù iniziò la conquista definitiva delle<br />
Gallie, impiegandoci nove intiere stagioni <strong>di</strong> guerra. Terminate<br />
che furono quelle importanti conquiste, Artù e la sua corte<br />
ritornarono nella Britannia insulare, stabilendo la sede nella<br />
Città delle Legioni, sul fiume Usk, arrivandoci il giorno <strong>di</strong><br />
Pentecoste; subito iniziarono i gran<strong>di</strong>osi festeggiamenti tra<br />
banchetti, tornei, messe solenni e giuochi vari, che videro<br />
impegnati i partecipanti per tre giorni. Al quarto giorno Artù in<br />
persona premiò i più meritevoli delle giornate precedenti.<br />
Finalmente arrivò il banchetto finale, quella sera stessa, ma ad<br />
un certo punto Artù, senza <strong>di</strong>re parola alcuna, s’alzò ritirandosi<br />
222<br />
Lancillotto fu nomato<br />
Il cavaliere del Lago;<br />
Gran cavaliere della congrega<br />
E tra<strong>di</strong>tore del suo signore<br />
Impalmando la sua signora<br />
Si precluse la Santa cerca.<br />
Lionello e Bohor, tra loro fratelli,<br />
Degni cugini del signore del Lago,<br />
Non ebbero maggior fortuna<br />
Nelle loro avventure<br />
Nonostante la loro<br />
Somma bravura.<br />
Gahalad il puro,<br />
Fu nomato il gran<br />
Figlio del fe<strong>di</strong>frago<br />
Uno <strong>di</strong> quelli che raggiunse<br />
La Sacra Reliquia,<br />
Pur senza capirla completamente.<br />
Infine il Puro Folle,<br />
Parsifal, il grande fortunato,<br />
Destinato a conoscere<br />
Ogni segreto della Sacra Missione;<br />
A buon <strong>di</strong>ritto ne <strong>di</strong>venne<br />
Il custode creandone il successore.<br />
nell’u<strong>di</strong>re quegli accenti, Bohor si rattristò alquanto, perché<br />
sentiva la mancanza del buon re Artù e dei propri compagni.<br />
Finito che ebbero <strong>di</strong> cenare, Bohor si vide approntare uno<br />
splen<strong>di</strong>do letto, ma una volta che tutti si furono coricati, il<br />
prode si <strong>di</strong>stese per terra, dormendo saporitamente; il mattino<br />
successivo, Bohor s’alzò molto presto e, per non dar <strong>di</strong>spiacere<br />
al padrone <strong>di</strong> casa, <strong>di</strong>sfò il suo giaciglio e si preparò per partire.<br />
Pronto che fu, Bohor scese nella cappella del castello ed<br />
assistette alla messa del mattino, quin<strong>di</strong> si rivolse al castellano<br />
e gli <strong>di</strong>sse: ”Messere, lo so che il sole non è ancora sorto, ma vi<br />
147
chiedo la grazia <strong>di</strong> farmi partire all’istante per poter essere<br />
presente per tempo al campo <strong>di</strong> Cibale e partecipare a quel<br />
gran<strong>di</strong>oso torneo”. Il castellano ci restò male per un attimo, poi<br />
<strong>di</strong>sse: ”Messere avete proprio intenzione <strong>di</strong> partecipare a quel<br />
crudele torneo? Dalla vostra espressione devo pensare che lo<br />
desideriate vivamente, quin<strong>di</strong> non mi resta altro da fare che<br />
accordarvi il congedo e farvi giungere a quel nefando campo,<br />
ma sappiate che temo molto per voi”, finalmente Bohor poté<br />
partire <strong>di</strong> gran carriera e giungere per tempo a destinazione.<br />
Arrivato che fu a destinazione, Bohor vide una cappella e gli<br />
si avvicinò, come arrivò sulla soglia della medesima, incrociò<br />
Lionello che, riconosciutolo, gli <strong>di</strong>sse: ”Eccoti, finalmente,<br />
smidollato che non sei altro, che razza <strong>di</strong> codar<strong>di</strong>a ti si è<br />
aggrappata addosso, da seguire una sottana anziché correre a<br />
salvare il fratello in grave pericolo?”. A quelle accuse, Bohor si<br />
gettò in ginocchio e <strong>di</strong>sse: ”Caro fratello, se ho sbagliato ti<br />
chiedo umilmente perdono, ma non ti ricor<strong>di</strong> cosa <strong>di</strong>ce il co<strong>di</strong>ce<br />
della cavalleria? Bisogna portare soccorso alle dame ed ai<br />
deboli”, Lionello, in tutta risposta, montò a cavallo e lo spronò<br />
a calpestare il fratello. In quel mentre s’affacciò dalla cappella<br />
il cappellano che, vedendo come andavano le cose lì davanti,<br />
accorse in <strong>di</strong>fesa <strong>di</strong> Bohor, ma un fendente <strong>di</strong> Lionello, che non<br />
se n’era accorto, lo uccise sul colpo. Imme<strong>di</strong>atamente il prode<br />
Calogremant, cugino d’Ivano il grande, si fece avanti per<br />
<strong>di</strong>videre i due compagni che si stavano affrontando e si rivolse<br />
a Lionello, <strong>di</strong>cendogli: ”Mi spiace Lionello, ma per <strong>di</strong>fesa nei<br />
confronti <strong>di</strong> tuo fratello Bohor devo sfidarti a duello” ma al<br />
primo assalto Lionello l’uccise sul colpo. Imme<strong>di</strong>atamente i<br />
due fratelli ripresero a battersi, ma una violenta folgore li<br />
scaraventò a terra, tramortendoli entrambi e svennero per il<br />
gran colpo. Intanto che Bohor era privo <strong>di</strong> sensi, sentì una voce<br />
che gli <strong>di</strong>ceva: ”Devi presentarti in riva al mare, buon cavaliere,<br />
ove troverai un naviglio ad attenderti, come lo avrai trovato,<br />
Sali a bordo senza esitazione”, ripresosi dal fulmine, Bohor<br />
148<br />
All’inizio della primavera seguente, Artù radunò nuovamente i<br />
cavalieri della Tavola Rotonda, assieme ai rispettivi eserciti, ed<br />
iniziò a <strong>di</strong>re: ”Le ultime due stagioni <strong>di</strong> guerra le abbiamo<br />
passate abbastanza bene, senza troppe <strong>di</strong>fficoltà, ma ora ci<br />
tocca occuparci delle coste dell’Armonica e della Gallia<br />
settentrionale, ancora sotto la protezione del potente impero<br />
romano, quin<strong>di</strong> la cosa <strong>di</strong>vverà molto più <strong>di</strong>fficile per tutti<br />
quanti, me compreso, ma sono sicuro che ognuno <strong>di</strong> voi farà<br />
vedere quanto sia grande il valore delle popolazioni della<br />
grande Britannia”. Subito la spe<strong>di</strong>zione partì con enorme<br />
slancio, tanto è vero che nelle prime giornate <strong>di</strong> luglio, il<br />
tribuno Frollo dovette ripiegare miseramente all’interno delle<br />
<strong>di</strong>fese <strong>di</strong> Lutezia; ivi riparato, Frollo vide l’esercito d’Artù<br />
accamparsi sotto le mura <strong>di</strong> quella città, prese coraggio e,<br />
affacciatosi sugli spalti, prese a gridare, verso gli asse<strong>di</strong>anti:<br />
”Vedremo chi tra noi sarà il più forte, sappiate che in questo<br />
preciso momento sfido apertamente il vostro presunto re, Artù<br />
<strong>di</strong> Camelot, a farsi avanti ed accettare una sfida a duello contro<br />
<strong>di</strong> me od un mio campione, se riuscirà a battermi, gli darò vinta<br />
la guerra e quin<strong>di</strong> prendersi l’intiera Gallia per se, altrimenti mi<br />
vedrò costretto a riannettermi il regno della Britannia nel<br />
glorioso impero <strong>di</strong> Roma”, Artù non si fece attendere, infatti<br />
come Frollo ebbe finito <strong>di</strong> parlare, si fece avanti, replicando:<br />
”Lestofante d’un tribuno che non sei altro, non ti vergogni <strong>di</strong><br />
parlarmi così? Sono sicuro che appena mi presenterò davanti a<br />
te, fuggirai molto velocemente. Intanto sappimi <strong>di</strong>re il dove ed<br />
il quando, così mi farò trovare pronto per l’occasione”<br />
Subito dopo che il tribuno fu lasciato andare, si presentò alla<br />
corte un emissario della città d’Ascalona che rese<br />
imme<strong>di</strong>atamente omaggio a re Artù, poi, volgendosi verso<br />
Galvano, gli <strong>di</strong>sse: ”Messere voi faceste un torto enorme alla<br />
città che rappresento ed incre<strong>di</strong>bile danno alla famiglia ivi<br />
regnante, quando, qualche tempo fa uccideste senza motivo il<br />
signore d’Ascalona, infilandogli la vostra lancia fin dentro un<br />
221
Rapendogli con l’inganno<br />
L’amabile signora.<br />
Subito il nobile nipote<br />
Partì all’inseguimento e,<br />
Raggiunto l’infingardo,<br />
Lo batté in duello.<br />
Liberata l’amata regina<br />
Il reame si <strong>di</strong>ede alla pazza gioia,<br />
Creando una splen<strong>di</strong>da festa,<br />
Per cantare la novella gioia.<br />
Parte Parte tre<strong>di</strong>cesima: tre<strong>di</strong>cesima: alla alla corte corte <strong>di</strong> <strong>di</strong> re re Artù Artù ed ed avventure avventure d’Ivano<br />
d’Ivano<br />
Capitolo 39<br />
Intanto re Artù si stava facendo conoscere anche sul<br />
continente; gli altri re, temendo d’essere detronizzati, iniziarono<br />
a rinforzare, o costruire, le proprie roccaforti, in previsione<br />
d’eventuali attacchi da parte del potente re bretone. Sentendo<br />
queste cose, Artù <strong>di</strong>ede inizio ad una serie <strong>di</strong> guerre <strong>di</strong><br />
conquista nell’Europa, radunata che ebbe la Tavola Rotonda,<br />
s’alzò e <strong>di</strong>sse: ”Gli stati nostri vicini ormai ci temono a tal<br />
punto da erigere possenti mura contro <strong>di</strong> noi, minacciando<br />
apertamente la nostra libertà più sacra, questo vale prima <strong>di</strong><br />
tutto per due nazioni che ci sono particolarmente vicine, la<br />
Norvegia e la Danimarca, che sono veramente ben <strong>di</strong>fese, ma<br />
sono sicuro che la cosa non potrà farci alcuna paura, adesso<br />
basta con le parole, è giunto il momento <strong>di</strong> volgere la guerra<br />
contro quei due stati”. La spe<strong>di</strong>zione fu presto organizzata e<br />
portata a termine entro la seconda estate <strong>di</strong> guerra senza che tra<br />
i cavalieri d’Artù ci fossero delle gravi per<strong>di</strong>te. Conquistate che<br />
furono quelle due nazioni, Artù pensò <strong>di</strong> donarle a suo cognato<br />
Lot, che per altro ne era il legittimo sovrano. Finita quella<br />
fortunata campagna <strong>di</strong> guerra, Artù tornò in Britannia per far<br />
passare l’inverno ed a riposare il proprio esercito, in previsione<br />
d’una campagna ben più pesante e <strong>di</strong>fficile che aveva in mente<br />
d’iniziare l’estate successiva.<br />
220<br />
lasciò Lionello, ancora svenuto, alle cure dei presenti e, salito<br />
in sella, galoppò velocemente fino al mare che <strong>di</strong>stava poche<br />
miglia da li. Giunto alla spiaggia vide la nave, come gli era<br />
stato detto in sogno e, salito a bordo, quella partì inesorabile<br />
verso altri li<strong>di</strong>.<br />
Pa Parte Pa<br />
rte ottava: ottava: le le avventure avventure avventure <strong>di</strong> <strong>di</strong> Parsifal Parsifal<br />
Parsifal<br />
Capitolo 24<br />
Parsifal un giorno era a caccia per conto suo, quando ferì<br />
un’oca al collo, la quale lasciò sulla neve tre gocce <strong>di</strong> sangue; a<br />
quella vista Parsifal si mise a contemplarle pensando a<br />
Cunnewere, la quale, un giorno ormai lontano, fu offesa da<br />
Keu. Proprio nello stesso momento anche Artù e la sua corte si<br />
erano accampati nei <strong>di</strong>ntorni e, vedendo precipitare l’uccello,<br />
Artù convocò Sagramor il moro e Keu il siniscalco, <strong>di</strong>cendogli:<br />
”Miei fi<strong>di</strong> ho visto cadere uno splen<strong>di</strong>do esemplare d’oca,<br />
andate a controllare chi abbia osato fare una cosa del genere<br />
nelle vicinanze della mia persona”. Fu così che i due<br />
incontrarono il puro folle e gli <strong>di</strong>ssero: ”Messere, il nostro<br />
amato re desidera, anzi or<strong>di</strong>na, che ci seguiate per rispondere ad<br />
alcune domande”, ma Parsifal continuava a non rispondere ed<br />
ad osservare le tre purpuree macchie. Vedendosi così<br />
clamorosamente ignorato, Keu partì al galoppo con l’intenzione<br />
d’indebolire con una lieve ferita l’impertinente, ma Parsifal<br />
s’accorse del brusco movimento e, messa la lancia in resta,<br />
partì anche lui contro l’assalitore, lussandogli la clavicola e<br />
fratturandogli la tibia, per l’urto che vi fu; al che i due<br />
messaggeri dovettero ritornare sconfitti all’accampamento<br />
d’Artù. Vedendo il risultato, Galvano, che era appena rientrato<br />
da alcune sue avventure, si rivolse allo zio, <strong>di</strong>cendo: ”Mio<br />
amatissimo sire, forse sono in grado <strong>di</strong> ridurre a ragione<br />
quell’irascibile giovine che ridusse a così malo modo il vostro<br />
siniscalco, m’acconsentite <strong>di</strong> fare l’ambasciata?”<br />
”Buon nipote, so che hai buona favella e puoi ottenere<br />
qualcosa in più rispetto a quanto potesse fare quel <strong>di</strong>sgraziato<br />
149
del mio siniscalco, quin<strong>di</strong> ti do il permesso d’andare a<br />
parlamentare con quel giovine così rubello, folle e forte”, così<br />
Galvano prese la strada per raggiungere il giovine impertinente.<br />
Finalmente i due cavalieri s’incontrarono e Galvano gli <strong>di</strong>sse:<br />
”Bentornato, o puro folle, quale buon vento ti condusse nei<br />
pressi <strong>di</strong> re Artù <strong>di</strong> Camelot?”. Parsifal finalmente alzò gli<br />
occhi dalle macchie porporine e prese a <strong>di</strong>re: ”Bentrovato<br />
messer Galvano, che notizie mi portate del buon re Artù vostro<br />
zio? Vedete, io stavo cacciando un’oca da queste parti per<br />
potermi sfamare e continuare le mie adorate avventure”.<br />
”Re Artù, mio zio, si trova accampato con l’intiera corte qui<br />
vicino e vi prega umilmente <strong>di</strong> fargli visita in mia compagnia,<br />
se v’aggrada, così potete fargli tutte le domande che volete”, fu<br />
così che Parsifal fu condotto da Galvano alla presenza <strong>di</strong> re<br />
Artù <strong>di</strong> Camelot; subito l’intiera corte si trasferì a Caerleon ove<br />
iniziarono sontuosi festini in onore del prode Parsifal. Al<br />
pranzo del primo giorno, Artù s’alzò ed iniziò a <strong>di</strong>re: ”Buon<br />
Parsifal, perché è così che so nomarti, gia una volta ti<br />
presentasti alla mia presenza e fosti elevato al nobile grado <strong>di</strong><br />
cavaliere senza che nessuno dei presenti sapesse il tuo nome,<br />
tanto è vero che ti chiamammo puro folle per il tuo<br />
comportamento ma oggi sappiamo quanto ti comportasti<br />
valorosamente in seguito, quin<strong>di</strong> t’invitiamo ad unirti alla<br />
nostra corte come compagno <strong>di</strong> cotanti ottimi pala<strong>di</strong>ni”<br />
Parsifal si alzò a sua volta e <strong>di</strong>sse: ”Vi ringrazio, maestà, per<br />
la nobile offerta che mi fate, e l’accetto ben volentieri, l’unico<br />
mio cruccio, se volete saperlo, è che momentaneamente non so<br />
nulla della mia povera madre”. Finito che ebbe <strong>di</strong> parlare,<br />
Parsifal si sedette nuovamente, dando possibilità a Galvano<br />
d’intervenire con queste parole: ”Ottimo Parsifal, poco tempo<br />
fa incontrai vostra madre e la sorella in grave <strong>di</strong>fficoltà per<br />
colpa <strong>di</strong> Cahot il rosso e del Signore delle Palu<strong>di</strong> i quali<br />
pretendevano <strong>di</strong> avere mire sui vostri posse<strong>di</strong>menti avviti, ma<br />
furono battuti miseramente da me e da allora vivono nella più<br />
150<br />
dell’affronto che avete fatto a tutti noi”. Dagli spalti del<br />
castello, I<strong>di</strong>èr sentì quanto <strong>di</strong>sse Galvano, infatti gli rispose:<br />
”Messer cavaliere, ben vi vi<strong>di</strong> alla corte <strong>di</strong> Camelot al fianco <strong>di</strong><br />
colei che ora è qui con me. Vi <strong>di</strong>co subito, messere, che non ho<br />
intenzione <strong>di</strong> restituirvi la vostra amatissima regina, e non<br />
raccolgo neppure la vostra sfida perché mi ritengo troppo forte<br />
per voi”<br />
Galvano non gradì per niente quella risposta e <strong>di</strong>sse: ”Messere<br />
non accetto assolutamente questo vostro rifiuto sia alla<br />
liberazione della regina, vostra ospite forzata, né per quanto<br />
riguarda la <strong>di</strong>sfida e so <strong>di</strong> sicuro che non potete essere molto<br />
forte, visto che non appartenete alla Tavola Rotonda <strong>di</strong> cui<br />
faccio parte, quin<strong>di</strong> decidetevi su cosa fare, altrimenti ho il<br />
<strong>di</strong>ritto ed il dovere <strong>di</strong> espellervi dall’or<strong>di</strong>ne dei cavalieri”. A<br />
quell’ultimatum così repentino, I<strong>di</strong>èr rientrò nelle stanze del<br />
castello e, trovando un paggio, gli <strong>di</strong>sse: ”Mio buon ragazzo,<br />
andate dalla mia ospite e <strong>di</strong>tele che per me può tornare a casa,<br />
visto che sono stato tacciato <strong>di</strong> fellonia da un cavaliere che sta<br />
la fuori; fatto questo va prima nelle mie stanze e preparami<br />
tutto l’occorrente per un lungo viaggio, quin<strong>di</strong> nelle scuderie<br />
per procurarmi un buon cavallo che possa andare molto veloce”<br />
Pochi istanti dopo Ginevra uscì dalla porta principale e corse<br />
ad abbracciare l’adorato nipote che era corso a salvarla così<br />
velocemente, quin<strong>di</strong> ripresero imme<strong>di</strong>atamente la strada del<br />
ritorno a Camelot. Intanto I<strong>di</strong>èr uscì da una postierla laterale e<br />
galoppò lontano da quel luogo, con la speranza <strong>di</strong> trovare un<br />
posto lontano dove non potessero venire a sapere <strong>di</strong> quella<br />
<strong>di</strong>sgraziata avventura. Una volta che Galvano e Ginevra furono<br />
tornati a Camelot, l’intiera corte gioì perché la cosa si era<br />
risolta con enorme velocità e senza alcun spargimento <strong>di</strong><br />
sangue. Durante il successivo banchetto, il bardo <strong>di</strong> corte creò<br />
questa canzone:<br />
Un perfido cavaliere<br />
Disonorò l’ospitalità d’un nobile re,<br />
219
l’adattò per passare la notte. Il mattino successivo, come spuntò<br />
l’alba, Galvano rimontò in sella e riprese imme<strong>di</strong>atamente<br />
l’inseguimento, giungendo in breve alla vista d’un castello che<br />
non aveva mai notato; avvicinatosi, Galvano riconobbe negli<br />
stendar<strong>di</strong> i colori del perfido cavaliere con cui s’era allontanata<br />
Ginevra e si preparò per lanciare la sfida all’infido che doveva<br />
essere gia al suo interno.<br />
Durante quella stessa notte, I<strong>di</strong>èr era giunto al proprio maniero<br />
e fece preparare una stanza ove potesse ritirarsi con la bella<br />
regina, sperando che questa gli si concedesse in breve tempo,<br />
ma inutilmente, perché Ginevra prese a <strong>di</strong>re: ”Messere, voi non<br />
siete degno <strong>di</strong> chiamarvi cavaliere, soprattutto dopo avermi<br />
ingannato in questo modo, quin<strong>di</strong> non sperate che tra<strong>di</strong>sca il<br />
mio amato sposo con un infingardo come voi. Inoltre siate pur<br />
sicuro che qualcuno dei cavalieri <strong>di</strong> mio marito, presenti a<br />
Camelot, ormai starà gia seguendo le nostre tracce ed in breve<br />
ce lo ritroveremo a queste nefande porte”. In quello stesso<br />
istante passò, vicino alla regina, un paggio al quale Ginevra<br />
<strong>di</strong>sse: ”Corri subito ad avvertire che il vostro cosiddetto signore<br />
questa notte dorme solo, quin<strong>di</strong> ti prego <strong>di</strong> farmi approntare una<br />
stanza separata, ben <strong>di</strong>stante da costui”, il paggio annuì ed andò<br />
ad ottemperare quanto gli era stato chiesto. Durante la notte,<br />
I<strong>di</strong>èr ritornò all’assalto della regina Ginevra, tentando<br />
d’infilarsi nel suo letto, ma la regina se n’accorse<br />
imme<strong>di</strong>atamente e lo <strong>di</strong>scacciò rabbiosamente, quin<strong>di</strong> iniziò a<br />
piangere silenziosamente per la vergogna che stava subendo in<br />
quel frangente.<br />
Il mattino successivo Ginevra fu svegliata, da un sonno<br />
agitato, da una voce che conosceva bene, infatti Galvano,<br />
dall’esterno delle mura, stava <strong>di</strong>cendo: ”Signor infingardo,<br />
sono riuscito a raggiungervi per riavere in<strong>di</strong>etro la mia adorata<br />
regina e zia, che voi avete rapito dal suo castello <strong>di</strong> Camelot<br />
con l’inganno. Se non volete restituirla a chi le vuole bene, mi<br />
vedrò costretto a sfidarvi in duello per avere sod<strong>di</strong>sfazione<br />
218<br />
amara povertà. Se posso darvi un consiglio molto saggio, vi<br />
conviene andare al più presto nei vostri posse<strong>di</strong>menti <strong>di</strong><br />
Camaalot ed amministrarli saggiamente”. Parsifal prese<br />
nuovamente la parola e, rivolgendosi a Galvano, <strong>di</strong>sse: ”Messer<br />
Galvano, accetto ben volentieri il vostro suggerimento, ma ora<br />
è meglio fare onore al festino che ha approntato in queste<br />
stanze il nostro buon re”, detto questo, Parsifal si sedette,<br />
seguito nell’esempio da tutti gli altri, ed iniziarono a<br />
banchettare allegramente.<br />
Passarono in questo modo tre splen<strong>di</strong>de giornate <strong>di</strong> banchetti,<br />
danze e giochi vari. Nel pomeriggio del terzo giorno, la partita<br />
<strong>di</strong> caccia fu rovinata dall’arrivo <strong>di</strong> un orribile essere su <strong>di</strong> un<br />
mulo completamente fulvo e dalla criniera nera, quella essere<br />
immondo si parò davanti a Parsifal, <strong>di</strong>cendogli: ”Messere vi<br />
auguro tutte le più gran<strong>di</strong> sventure <strong>di</strong> questo mondo, perché la<br />
vostra visita al Monsalvato ha portato enorme dolore in quella<br />
contrada, visto che vi scordaste <strong>di</strong> fare delle precise domande al<br />
Ricco Re Pescatore, vostro zio”. Subito s’avvicinò Artù e<br />
chiese: ”Signora mia, le accuse che fate a questo mio cavaliere<br />
sono molto gravi quanto infondate, dato che la sua educazione<br />
cavalleresca in quel periodo era alquanto misera, inoltre non ci<br />
si rivolge in quel modo a nessuno dei miei cavalieri senza<br />
essersi preventivamente ed adeguatamente presentati”. L’essere<br />
immondo abbassò un attimo lo sguardo, quasi a scusarsi, poi<br />
puntò gli orribili occhi sul re e prese a <strong>di</strong>re, con voce roca:<br />
”Sire, mi scuso con voi e con tutta la vostra corte per questa<br />
mia mancanza; il mio nome è Kundry e sono una cartomante<br />
del regno del Monsalvato, ma avevo una certa urgenza <strong>di</strong><br />
portare sulla retta via questo giovane cavaliere”. Artù si fece <strong>di</strong><br />
nuovo avanti e <strong>di</strong>sse a Kundry: ”Mia dama, avete commesso un<br />
grosso errore con il buono ed onesto Parsifal, infatti nessuno<br />
doveva ricordargli che bisognava fare delle precise domande al<br />
Ricco Re Pescatore, altrimenti questo non avrebbero ottenuto<br />
l’effetto desiderato”<br />
151
A questo rimbrotto, Kundry abbassò nuovamente lo sguardo e<br />
<strong>di</strong>sse: ”Sire voi avete <strong>di</strong>mostrato <strong>di</strong> conoscere la cosa meglio <strong>di</strong><br />
me, alla luce delle vostre attuali rivelazioni mi accorgo <strong>di</strong> aver<br />
fatto un errore madornale. Ora, purtroppo, devo andarmene, ma<br />
prima Parsifal deve sapere un’altra cosa soltanto; presto<br />
riceverà la visita <strong>di</strong> un fratello maggiore <strong>di</strong> cui non conosceva<br />
l’esistenza ed il suo nome è Firefiz”,finalmente l’orrenda donna<br />
si voltò e se n’andò per la propria strada e l’intiera corte si<br />
riprese dallo sgomento quanto basta per osservarla meglio. La<br />
prima cosa che tutti notarono era la carnagione molto scura,<br />
alcuni affermarono che gli occhi ricordavano i buchi delle tane<br />
dei ratti, mentre altri <strong>di</strong>ssero: ”Avete visto il naso o le labbra? Il<br />
primo sembrava quello <strong>di</strong> una scimmia o <strong>di</strong> un gatto, mentre le<br />
altre il rosso dell’uovo! Per non parlare della schiena, così torta<br />
e piena <strong>di</strong> gobbe, come del resto la pancia”. Anche il commento<br />
<strong>di</strong> Keu non si fece attendere, infatti, subito dopo Galvano,<br />
<strong>di</strong>sse: ”Qualcuno dei presenti ha notato le sue gambe? Così<br />
dritte da sembrare dei bacchetti <strong>di</strong> vimini quando s’intreccia un<br />
cesto, non c’è niente da <strong>di</strong>re, tra tutti gli abbiamo notato molta<br />
bellezza in quell’essere immondo!”<br />
L’unico che non si fece sentire fu Parsifal, che, senza proferir<br />
parola, raccolse le proprie cose e partì per altre avventure; non<br />
si fece vedere né a Camelot né a Camaalot per il successivo<br />
lustro in cui trascurò totalmente la cura <strong>di</strong> Nostro Signore,<br />
nonostante che le opere <strong>di</strong> cavalleria lo coinvolgessero<br />
parecchio. Un venerdì incontrò sulla propria strada un gruppo<br />
<strong>di</strong> penitenti che gli <strong>di</strong>ssero: ”Messere, non vi vergognate a<br />
girare il Venerdì Santo armato <strong>di</strong> tutto punto, quando Nostro<br />
Signore Gesù Cristo s’è sacrificato per noi e la pace<br />
sempiterna?”<br />
”Chiedo venia, miei signori, è da molto tempo che non vedo<br />
alcuno se non per duellare contro <strong>di</strong> esso, quin<strong>di</strong> avevo perso<br />
ogni cognizione <strong>di</strong> che giorno fosse, ma <strong>di</strong>temi buoni amici da<br />
152<br />
saremo arrivati nei miei posse<strong>di</strong>menti e t’avrò sposata”. Nel<br />
sentire quei ragionamenti, Ginevra si oscurò in viso, ma poi<br />
<strong>di</strong>sse: ”Siete stato veramente un infingardo, sir cavaliere, a<br />
comportarvi in questo modo, ma non posso biasimarvi, da un<br />
altro punto <strong>di</strong> vista, perché dovevo accorgermi da subito,<br />
stamane, <strong>di</strong> quanto volevate fare, dato che m’avevate gia fatto<br />
sapere l’altra sera cosa desideravate da me” detto questo,<br />
Ginevra tacque per il resto del viaggio.<br />
Nel frattempo, a Camelot, Galvano iniziò a preoccuparsi,<br />
quando dopo qualche tempo non vide tornare la zia da quella<br />
breve escursione in compagnia <strong>di</strong> quel cavaliere sconosciuto;<br />
imme<strong>di</strong>atamente si rivolse a Calogremant, che passava lì nelle<br />
vicinanze, e gli <strong>di</strong>sse: ”Mio caro compagno, è ormai passato<br />
molto tempo, da quando mia zia, vostra signora, uscì per<br />
condurre avanti un tratto il nostro ospite, ti prego <strong>di</strong> sostituirmi<br />
nelle mie mansioni, mentre esco per andare a controllare che<br />
non gli sia accaduto nulla”. Calogremant annuì<br />
imme<strong>di</strong>atamente e <strong>di</strong>sse: ”Effettivamente è da troppo tempo<br />
che è uscita, per essere solo una passeggiata<br />
d’accompagnamento sulla giusta via <strong>di</strong> casa, quin<strong>di</strong> per me<br />
potete uscire in missione, perché la cosa preoccupa anche me”,<br />
così Galvano partì nella <strong>di</strong>rezione ove aveva visto Ginevra<br />
entrare nel bosco in compagnia dell’ospite della sera prima.<br />
Entrato che fu nella foresta, Galvano si mise subito alla ricerca<br />
delle orme dei due cavalli, trovandole poco dopo sul sentiero<br />
che avevano preso gia da qualche tempo ed iniziò a seguirle<br />
sempre più <strong>di</strong> fretta, perché quella <strong>di</strong>rezione non era quella che<br />
il prode cavaliere s’aspettava per raggiungere la meta <strong>di</strong>chiarata<br />
da I<strong>di</strong>èr nel suo congedo, temendo ancor <strong>di</strong> più che alla zia<br />
fosse successo qualcosa <strong>di</strong> sgradevole. Era talmente alta la foga<br />
dell’inseguimento, che ad un certo punto Galvano non<br />
s’accorse che era calata la sera e non v’era nessun caseggiato<br />
nelle vicinanze ove andarsi a rifugiare per la notte, subito cercò<br />
un cespuglio nelle imme<strong>di</strong>ate vicinanze d’un grosso albero e<br />
217
s’è fatto tar<strong>di</strong> e non voglio portare più via altro tempo a quel<br />
poco che vostra signoria ha durante la sua giornata”, detto<br />
questo, i due si lasciarono per andare a dormire. Durante la<br />
notte, però, I<strong>di</strong>èr non riuscì a prendere sonno, perché si mise a<br />
chiedere come potersi impossessare del cuore della bella regina.<br />
Finalmente giunse l’alba ed I<strong>di</strong>èr non aveva ancora preso<br />
sonno, ma in compenso decise <strong>di</strong> rapire Ginevra, quando<br />
quest’ultima l’avesse accompagnato lungo il sentiero per<br />
metterlo sulla strada giusta subito dopo essersi alzato, I<strong>di</strong>èr si<br />
preparò ed andò alla presenza <strong>di</strong> Ginevra e <strong>di</strong>sse: ”Signora mia,<br />
è ora che io chieda il congedo dalla vostra corte, con un piccolo<br />
favore da parte vostra, se me lo potete concedere, mi servirebbe<br />
qualcuno che m’accompagnasse avanti un tratto per in<strong>di</strong>carmi<br />
meglio la strada che dovrei percorrere e tornare il più<br />
velocemente possibile verso casa mia”. Ginevra guardò un<br />
attimo l’intiera corte, poi s’alzò e <strong>di</strong>sse a I<strong>di</strong>èr: ”Mio signore, se<br />
nessuno dei qui presenti ha nulla in contrario, v’accompagno io<br />
<strong>di</strong> persona lungo la strada che dovrete da prendere per tornare a<br />
casa”, a quelle parole I<strong>di</strong>èr ebbe un moto <strong>di</strong> felicità verso la<br />
notizia appena avuta, ma si riprese imme<strong>di</strong>atamente ed andò<br />
imme<strong>di</strong>atamente a finire <strong>di</strong> prepararsi. Intanto Ginevra si<br />
rivolse ad uno scu<strong>di</strong>ero <strong>di</strong>cendogli: ”Hai sentito la mia<br />
decisione, quin<strong>di</strong> provve<strong>di</strong> <strong>di</strong> prepararmi una cavalcatura per<br />
poter accompagnare il cavaliere nostro ospite”, quin<strong>di</strong> si ritirò<br />
per andarsi a preparare ad accompagnare I<strong>di</strong>èr lungo la strada.<br />
Una volta che tutti furono pronti, I<strong>di</strong>èr e Ginevra montarono in<br />
sella e partirono soli, giunti che furono all’interno della foresta<br />
vicino al castello, I<strong>di</strong>èr si mise <strong>di</strong>etro la regina e, snudata la<br />
spada, la costrinse a prendere un sentiero laterale, <strong>di</strong>cendogli:<br />
”Madama, stamani lo <strong>di</strong>ssi apposta <strong>di</strong> chiedere una guida che<br />
m’accompagnasse per il primo tratto <strong>di</strong> strada, perché ero<br />
sicuro della vostra <strong>di</strong>sponibilità nell’in<strong>di</strong>carmi <strong>di</strong> persona la<br />
strada che avrei dovuto prendere per giungere al mio castello,<br />
quin<strong>di</strong> ora dovete continuare ad accompagnarmi fino a che non<br />
216<br />
dove venite e, soprattutto, dov’è che posso <strong>di</strong>rigermi a<br />
confessare tutti i miei peccati?”<br />
”Per quanto riguarda la confessione, non ti devi preoccupare,<br />
perché basta che segui il sentiero da cui veniamo e troverai un<br />
eremita in grado d’assolverti questo peccato d’ignoranza da<br />
parte tua”, detto questo i penitenti si congedarono<br />
rispettosamente da Parsifal e continuarono per la propria strada.<br />
Capitolo 25<br />
Una volta giunto al romitaggio, Parsifal si <strong>di</strong>sarmò ed entrò<br />
nella cappella dell’eremita; come fu giunto all’altare,<br />
s’inginocchiò e, pregando, si mise a piangere. In quel mentre<br />
l’eremita entrò nella cappella e lo vide così prostrato da<br />
avvicinarglisi imme<strong>di</strong>atamente, come fu arrivato a Parsifal, gli<br />
posò una mano sulla spalla, e gli chiese: ”Cavaliere, state<br />
piangendo che è una cosa indegna, posso sapere cosa vi sta<br />
capitando, da essere così <strong>di</strong>sperato?”, Parsifal alzò lo sguardo e<br />
vide l’eremita senza che sul momento potesse riconoscerlo<br />
come tale. Ripresosi che fu, Parsifal ebbe la forza <strong>di</strong> <strong>di</strong>re:<br />
”Messer eremita, sono molto peccatore ed ho bisogno <strong>di</strong><br />
qualcuno che mi confessi in modo veramente energico”<br />
A quelle parole, l’eremita prese Parsifal per le mani e lo<br />
condusse in fondo alla cappella, <strong>di</strong>cendogli: ”Messer cavaliere<br />
se avete dei peccati da espiare siete capitato nel posto giusto,<br />
ora sedetevi qui con me ed iniziate a confessarvi a cuore<br />
aperto”, fu così che Parsifal confessò tutti i propri peccati. Una<br />
volta che Parsifal ebbe finito, l’eremita gli <strong>di</strong>sse, fissandolo<br />
negli occhi: ”Cavaliere ora avete solo un passo molto<br />
importante da compiere, ora tocca a voi pentirvi<br />
definitivamente per quanto avete fatto finora”. Imme<strong>di</strong>atamente<br />
Parsifal sentì la necessità <strong>di</strong> raccontare tutta la propria storia al<br />
buon uomo, alla fine del racconto, Parsifal <strong>di</strong>sse: ”Sappi, caro<br />
padre, che io sono stato nomato Parsifal da mia madre, dopo<br />
che nacqui gia orfano <strong>di</strong> padre”<br />
153
”Ebbene, Parsifal, sappi che il tuo peccato più grosso è stato<br />
quello <strong>di</strong> lasciare tua madre ed una sorella minore, nata dal<br />
secondo sfortunato matrimonio <strong>di</strong> Herzeloyde; inoltre questo<br />
fatto da andìto a due cose che ti caratterizzano. La prima è<br />
l’intercessione <strong>di</strong> quelle due pie donne che ti salva almeno per<br />
ora dalla morte e dalla prigione; secondariamente il tuo non<br />
aver proferito parola quando dovevi, alla presenza del Santo<br />
Graal. Per tutte queste cose ti devo dare una particolare<br />
penitenza: tutti i giorni, appena alzato, devi assistere ad una<br />
messa che ti aiuterà a <strong>di</strong>minuire i tuoi peccati ed acquistare<br />
onore; ad aumentare la <strong>di</strong>fficoltà della cosa dovrai soccorrere<br />
chiunque troverai in <strong>di</strong>fficoltà. Adesso che abbiamo finito con<br />
la confessione, ti chiedo <strong>di</strong> rimanere alla mia presenza per<br />
qualche altro giorno perché ti devo insegnare alcune cose che<br />
riguardano Nostro Signore Id<strong>di</strong>o”.<br />
Qualche tempo dopo la visita all’eremita, Parsifal fece uno<br />
strano incontro; infatti si trovò davanti un grosso serpente che<br />
custo<strong>di</strong>va un preziosissimo anello. La sorpresa fu grande da<br />
entrambe le parti, alla fine il serpente si riprese per primo ed<br />
iniziò a sibilare: ”Cavaliere, che stai cercando in queste<br />
desertiche contrade? Forse non sai che io sto custodendo il più<br />
prezioso dei tesori?”<br />
Parsifal, a cui non interessava alcunché la presenza<br />
dell’immenso rettile, rispose: ”Messer serpente non ho nulla<br />
contro <strong>di</strong> te e sto solo andando a caccia d’avventure, ma il fatto<br />
che custo<strong>di</strong>sci un tesoro così prezioso ti mette in con<strong>di</strong>zione<br />
d’essere un mio mortale nemico, infatti da adesso il possesso<br />
del tuo tesoro è <strong>di</strong>venuto fonte <strong>di</strong> una mia avventura”, detto<br />
questo il prode cavaliere andò all’attacco ed uccise con un<br />
secco fendente l’enorme rettile, che si contorse ancora per<br />
qualche tempo, prima <strong>di</strong> prendere la rigi<strong>di</strong>tà cadaverica della<br />
morte; infine Parsifal riuscì ad avvicinarsi senza correre rischi<br />
e, tra le squame del serpente, trovò uno splen<strong>di</strong>do anello<br />
completamente forgiato nell’oro e tempestato delle più belle<br />
154<br />
Una volta che fu battezzato convenientemente, Feirefiz ebbe<br />
l’autorizzazione del fratello per sposare la bella Repanse, finita<br />
che fu la sontuosa festa <strong>di</strong> nozze, i due novelli sposi andarono a<br />
trovare Parsifal, <strong>di</strong>cendogli: ”È giunto il momento <strong>di</strong><br />
congedarci da questa splen<strong>di</strong>da corte, anche se a malincuore,<br />
perché bisogna andare a curare il reame <strong>di</strong> Camaalot e tutti gli<br />
altri regni a me affidati dalla buona stella del Nostro Signore,<br />
comunque spero <strong>di</strong> poterci rivedere molto presto, in festose<br />
occasioni, ovunque esse siano”. Il viaggio fu veramente veloce,<br />
visto che gia al quarto giorno la novella coppia era gia giunta al<br />
mare, ove li stava attendendo la nave <strong>di</strong> Salomone, su cui erano<br />
imbarcati il Santo Graal e la preziosa tavola d’argento; da allora<br />
nessuno seppe più della preziosa reliquia, perché <strong>di</strong>sparse<br />
completamente e misteriosamente da questo mondo.<br />
Parte Parte do<strong>di</strong>cesima: do<strong>di</strong>cesima: Galvano Galvano all’inseguimento all’inseguimento del del rapitore rapitore <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong><br />
Ginevra.<br />
Ginevra.<br />
Capitolo 38<br />
Nel frattempo, a Camelot, avvenne che ci furono delle visite<br />
molto strane, infatti un cavaliere nomato I<strong>di</strong>èr si presentò a<br />
corte per chiedere ospitalità per la notte e mise gli occhi sulla<br />
regina Ginevra, innamorandosene imme<strong>di</strong>atamente. Una volta<br />
che la regina fu sola col suo ospite, questi gli <strong>di</strong>sse: ”Mia<br />
signora, come arrivai vi vi<strong>di</strong> e m’innamorai perdutamente <strong>di</strong><br />
voi, a tal punto che ho intenzione <strong>di</strong> portarvi con me e sposarvi<br />
appena saremo abbastanza lontani da non temere pericoli”. La<br />
regina Ginevra si meravigliò della cosa, ma si riprese<br />
imme<strong>di</strong>atamente e <strong>di</strong>sse: ”Messere, quanto m’avete appena<br />
detto mi scandalizza parecchio, perché sono molto più anziana<br />
<strong>di</strong> voi ed inoltre sono gia felicemente sposata col signore <strong>di</strong><br />
questo reame, che tra l’altro è molto potente e stimato da tutti i<br />
re e principi dell’intiera Britannia”- I<strong>di</strong>èr si rattristò parecchio<br />
per quel velato rifiuto, ma subito si riprese e <strong>di</strong>sse: ”Mia<br />
signora, non sapete quanto sia fortunato vostro marito, ad avere<br />
al suo fianco una splen<strong>di</strong>da dama come voi, ma ora vedo che<br />
215
Avviatasi tutta la corte al luogo in<strong>di</strong>cato da Parsifal, trovarono<br />
che l’adorata cugina giaceva cadavere vicino alla tomba<br />
dell’antico amante, mentre pregava per la vita dei suoi cari; a<br />
quella vista, Parsifal, profondamente commosso, <strong>di</strong>sse: ”Vista<br />
la vita che ha condotto negli ultimi anni ed il suo attaccamento<br />
verso il cavaliere qui sepolto, che era l’anima del suo cuore,<br />
propongo <strong>di</strong> seppellirla al fianco <strong>di</strong> colui che amò per tutta la<br />
vita, facendo sì che restino assieme anche oltre la morte che<br />
tutti porta via”, l’intiera corte fu d’accordo col suggerimento e<br />
venne scavata la tomba <strong>di</strong> fianco all’altra. Finito il rito<br />
tornarono tutti quanti al Monsalvato, accolti con ogni dovuto<br />
onore al re del Santo Graal. Al castello, Parsifal ritrovò l’amato<br />
fratello Feirefiz pronto ad onorarlo come proprio re, quin<strong>di</strong><br />
andarono tutti quanti a concludere la giornata dormendo.<br />
Spuntato che fu il mattino successivo, Parsifal decise che era<br />
giunto il momento <strong>di</strong> celebrare il santo ed importante rito<br />
dell’agàpe in onore del fratello, ma finita che fu la cerimonia,<br />
Feirefiz s’andò ad inchinare <strong>di</strong> fronte al fratello, <strong>di</strong>cendogli:<br />
”Caro fratello e re, la cerimonia a cui ho assistito è stata<br />
veramente bella, ma purtroppo non credo <strong>di</strong> aver potuto capirne<br />
i recon<strong>di</strong>ti significati che gli da la tua religione, ma <strong>di</strong> una cosa<br />
sono sicuro, tua zia Repanse è veramente una splen<strong>di</strong>da donna<br />
ed il mio cuore <strong>di</strong>ce che devo farla mia sposa al più presto”.<br />
Parsifal annuì gravemente, poi <strong>di</strong>sse: ”Capisco i tuoi<br />
sentimenti, ma devi capire una cosa; se vuoi veramente sposare<br />
mia zia, esiste una sola strada, vale a <strong>di</strong>re che tu abiuri la tua<br />
religione ed abbracci il cristianesimo, facendoti battezzare al<br />
più presto”. Feirefiz ci pensò tutta la notte, tormentato da ogni<br />
pena d’amore, il mattino successivo abbassò momentaneamente<br />
il capo ed alla fine <strong>di</strong>sse: ”Se è questa l’unica strada che devo<br />
percorrere per calmare le ansie del mio cuore, così sia, mi<br />
faccio battezzare nel minor tempo che mi potrà essere<br />
concesso”<br />
214<br />
pietre che uomo potesse vedere, inoltre all’interno dell’anello<br />
stesso vi erano delle incisioni con degli strani caratteri, a cui<br />
Parsifal non fece alcun caso e s’infilò il pregevole tesoro nella<br />
cintura, proseguendo poi per la propria strada. Durante il<br />
tragitto, quasi senza accorgersene, Parsifal prese a cantare le<br />
imprese <strong>di</strong> Sigfrido ed il drago, con le seguenti parole:<br />
Grande fu il folle fanciullo,<br />
Noto a tutti come Sigfrido,<br />
Dopo che riforgiò la spada<br />
Che fu <strong>di</strong>sonorata dal padre.<br />
Nutung era il nome della spada<br />
E con questa decise <strong>di</strong> cacciare<br />
Draghi e ricchezze,<br />
Dove Mime lo condusse nelle vicinanze.<br />
In vicina caverna enorme,<br />
Un colossale drago v’abitava,<br />
Fafner era nomato<br />
E <strong>di</strong> grande s’era impossessato.<br />
Saputolo che ebbe,<br />
Il folle Sigfrido,<br />
A duello lo costrinse,<br />
Ammazzandolo in breve.<br />
Esplorata la caverna che ebbe,<br />
Il prode fanciullo il tesoro trovò,<br />
Ed infilato il magico anello<br />
In ogni forma si mutò.<br />
Passarono alcuni altri giorni in cui il prode cavaliere non ebbe<br />
nessun’avventura; un giorno, dopo aver abbondantemente<br />
vagato, Parsifal incontrò un gruppo <strong>di</strong> cavalieri <strong>di</strong> cui non<br />
conosceva nessuno stemma, allora quello che sembrava il capo<br />
<strong>di</strong>sse: ”Messere sembrate essere un cavaliere <strong>di</strong> mezza tacca e<br />
per <strong>di</strong> più solingo, quin<strong>di</strong> avete l’obbligo <strong>di</strong> farvi da parte e<br />
lasciarci passare perché siamo più numerosi <strong>di</strong> voi”, ma<br />
Parsifal, che aveva riconosciuto quella voce anche da <strong>di</strong>etro la<br />
155
celata dell’elmo, non <strong>di</strong>ede mostra <strong>di</strong> voler rispondere.<br />
Sentendosi provocato da quel silenzio, Keu, effettivamente<br />
erano lui con Galvano ed altri cavalieri della Tavola Rotonda,<br />
partì all’attacco e ferì Parsifal alla coscia, atterrandolo. Tutti i<br />
cavalieri corsero attorno al pala<strong>di</strong>no per scoprire chi era, al che<br />
Galvano si decise a togliergli l’elmo e fu fatta la sconcertante<br />
scoperta; riconobbero tutti quanti il loro giovane e valente<br />
compagno d’armi. A quella vista tutti si guardarono sorpresi,<br />
soprattutto per il suo silenzio, finalmente Galvano ruppe<br />
l’imbarazzo, <strong>di</strong>cendo: ”Miei compagni, abbiamo fatto un grave<br />
errore a ferire il povero Parsifal, ora, però, è meglio che lo<br />
riportiamo a Camelot, presso il nostro beneamato re per farlo<br />
curare come si deve”. Durante la convalescenza <strong>di</strong> Parsifal, un<br />
misterioso cavaliere iniziò a fare strage <strong>di</strong> cavalieri della Tavola<br />
Rotonda, riuscendone ad uccidere sette, prima che Parsifal si<br />
rivolgesse <strong>di</strong>rettamente ad Artù, <strong>di</strong>cendogli: ”Sire la situazione<br />
è veramente grave, vorrei scendere in campo contro quello<br />
strano cavaliere che sembra così forte, ma sono sicuro <strong>di</strong><br />
poterlo battere”.<br />
Artù ne fu imme<strong>di</strong>atamente sorpreso per quella proposta, ma<br />
poi, pensandoci bene, gli <strong>di</strong>sse, con tristezza: ”Buon Parsifal,<br />
siete ancora molto debole dalla ferita, ma so che siete ancora<br />
molto forte, abbastanza da poter battere quel misterioso e<br />
terribile cavaliere, ti concedo a malincuore eppure con gioia<br />
l’autorizzazione a batterti con lui”, allora il giovane cavaliere<br />
s’andò a preparare e si precipitò all’assalto dell’assassino dei<br />
suoi compagni, uccidendolo. Ritornando a Camelot, Parsifal<br />
incrociò la bell’Angharat, colei che era stata offesa il giorno in<br />
cui era stato investito cavaliere, potendo così riprendere l’uso<br />
della propria favella, <strong>di</strong>cendogli: ”Dolce Angharat penso che vi<br />
ricor<strong>di</strong>ate <strong>di</strong> me quella giornata in cui <strong>di</strong>venni cavaliere e voi<br />
foste stata offesa da quel perfido siniscalco che porta il nome <strong>di</strong><br />
Keu”. Lei si mise a ridere con molta grazia, quin<strong>di</strong> prese a <strong>di</strong>re:<br />
”Mi ricordo <strong>di</strong> voi, messer Parsifal, e <strong>di</strong> come vi comportaste<br />
156<br />
parente più intimo ancora in vita, devi occupare il mio posto<br />
alla guida dei cavalieri del Graal, ma secondo il mondo terreno<br />
dovrebbe essere Gahalad ha prendere quel trono, ma non ne è<br />
per niente degno per nascita, visto che il padre è un impenitente<br />
peccatore, per questi motivi, pur virtuosissimo nei suoi<br />
comportamenti, non posso assegnargli la carica che invece ti<br />
dono”. Parsifal, investito da quell’enorme potere, tornò dallo<br />
zio eremita; giunto alla sua presenza, gli chiese: ”Caro zio, il<br />
Ricco Re Pescatore mi ha investito suo successore al<br />
Monsalvato, però io non so assolutamente niente <strong>di</strong> come si<br />
governi un regno come questo e mi servi come consigliere, per<br />
guidarmi in questa <strong>di</strong>fficilissima impresa”. Trevrizent non ci<br />
pensò per niente e rispose con queste parole: ”Buon nipote, da<br />
quanto mi hai appena chiesto <strong>di</strong>mostri quanto sei saggio nelle<br />
tue azioni, anche se un tempo fosti definito il Puro Folle, quin<strong>di</strong><br />
ti seguo ben volentieri nell’impresa <strong>di</strong> cui ti sei fatto carico” e<br />
lo seguì nel castello del Monsalvato.<br />
Il giorno dopo, Parsifal fece venire a corte la moglie, che<br />
aveva sposato durante una delle sue numerose avventure e che<br />
gli aveva dato due figli. Contemporaneamente arrivò anche<br />
Feirefiz, al quale Parsifal <strong>di</strong>sse: ”Caro fratello io ormai non<br />
posso più muovermi da questa reggia ed i regni mortali non<br />
hanno nessun reggitore, quin<strong>di</strong> ho deciso che sarai tu a regnare<br />
per me in quelle lande, ormai puoi andare a raggiungere il tuo<br />
reame, inoltre sappi che alla mia morte sarai tu a succedermi al<br />
trono, quin<strong>di</strong> è importantissimo che tu impari come si fa fin da<br />
ora”. Finita che fu quella cerimonia, Parsifal s’alzò davanti a<br />
tutta la corte del Monsalvato ed iniziò a <strong>di</strong>re: ”Qui non abbiamo<br />
più nulla da deliberare, quin<strong>di</strong> propongo d’andare al romitaggio<br />
appena fuori delle nostre terre, ove vive nella più nera miseria,<br />
per sua scelta, la cara cugina Sigurne e mi sento in obbligo <strong>di</strong><br />
raccontargli tutto quanto è successo negli ultimi tempi e della<br />
fortuna che mi è capitata da questa visita al Monsalvato”<br />
213
arrivarono al Monsalvato dove fu data loro una festosa<br />
accoglienza perché con il loro giungere la ricerca del Santo<br />
Graal era veramente finita; subito i tre compagni furono<br />
condotti alla presenza del Ricco Re Pescatore che,<br />
riconoscendo in Parsifal il tanto agognato nipote, non riuscì più<br />
a trattenere lagrime <strong>di</strong> tenerezza. Subito i tre compagni furono<br />
<strong>di</strong>sarmati, quin<strong>di</strong> un paggio s’avvicinò a Gahalad con un<br />
involto, e gli <strong>di</strong>sse: ”Messere, questo pacco contiene i monconi<br />
della spada <strong>di</strong> Giuseppe d’Arimatea, visto che dovete essere voi<br />
il predestinato al Graal, vi supplico <strong>di</strong> riforgiarla per ottenere<br />
nuove glorie in nome <strong>di</strong> Nostro Signore”. Gahalad prese il<br />
fardello e, mettendoci buona lena, riforgiò in brevissimo tempo<br />
la gloriosa lama, rendendola ancora più forte <strong>di</strong> quanto gia<br />
fosse. Giunse infine l’ora dei vespri, ma il cielo s’oscurò<br />
all’improvviso ed un forte vento spirò per tutto il palazzo con<br />
tanto calore che molti temettero <strong>di</strong> rimanere arsi vivi, in mezzo<br />
a tutto quell’uragano s’udì una voce misteriosa che prese a <strong>di</strong>re:<br />
”Questo è un posto molto sacro, chi non è degno <strong>di</strong> rimanerci<br />
deve forzatamente andarsene da qui” subito tutti fuggirono in<br />
altri luoghi e nel castello vi rimasero solamente Parsifal,<br />
Gahalad e Bohor. Imme<strong>di</strong>atamente entrò un meraviglioso letto<br />
su cui giaceva il Re Magagnato, subito Gahalad volle scoprire<br />
il vero volto del venerabile re, ma ritrovò il viso <strong>di</strong> una persona<br />
che aveva vissuto per molti secoli nella sofferenza più atroce,<br />
quin<strong>di</strong> decise <strong>di</strong> raccogliere un po' <strong>di</strong> sangue dalla lancia e con<br />
quello me<strong>di</strong>cò la ferita <strong>di</strong> Mordrain, risanandolo all’istante.<br />
Imme<strong>di</strong>atamente il venerabile vecchio <strong>di</strong>sse: ”Sia ringraziato<br />
Nostro Signore Gesù Cristo che mi ha permesso <strong>di</strong> re<strong>di</strong>mermi<br />
prima <strong>di</strong> morire”, detto questo, morì beato tra le braccia del<br />
buon Gahalad.<br />
Il giorno successivo, i tre cavalieri vegliarono che Mordrain<br />
venisse sepolto secondo il suo grande rango, infine Parsifal<br />
ritornò dal Ricco Re Pescatore, il quale gli <strong>di</strong>sse: ”È finalmente<br />
giunto il mio momento, quin<strong>di</strong> tu, buon Parsifal come mio<br />
212<br />
veramente bene nei miei confronti in quell’occasione, inoltre<br />
sappiate che da allora il mio cuore batte solamente per voi”.<br />
Subito Parsifal si rimise a riposo in modo tale da potersi<br />
rimettere in piena forza, finché un giorno si presentò a corte un<br />
cavaliere nero, un essere veramente spregevole sia nell’aspetto<br />
sia nell’animo, infatti aveva un occhio solo ed un’innata<br />
crudeltà. Arrivato che fu nella sala del trono <strong>di</strong> Camelot, il<br />
cavaliere nero prese a <strong>di</strong>re: ”Sono giunto fin qui da molto<br />
lontano per poter battere facilmente il vostro più forte<br />
rappresentante, se volete, mandarmelo mi sbrigherò<br />
velocemente nell’ucciderlo, perché sono tanti i pala<strong>di</strong>ni che<br />
intendo affrontare prima che la mia breve vita giunga alla fine”.<br />
I cavalieri che erano giunti nella sala ai primi strepiti, si<br />
guardarono negli occhi veramente stupiti e perplessi,<br />
chiedendosi cosa volesse da loro quell’uomo, riavutisi dalla<br />
sorpresa <strong>di</strong> quelle parole, i cavalieri della Tavola Rotonda<br />
iniziarono a mormorare tra loro tentando <strong>di</strong> stabilire chi fosse il<br />
più forte, alla fine Parsifal si fece largo tra i compagni ed iniziò<br />
a <strong>di</strong>re: ”Messere se non siete un infingardo, dovete battervi<br />
contro <strong>di</strong> me! Vedete, io sono gia pronto alla pugna, quando lo<br />
sarete anche voi fatemi la cortesia <strong>di</strong> avvisarmi” e ritornò in<br />
mezzo ai suoi amici; come Parsifal ebbe ripreso posto, il<br />
cavaliere nero iniziò ad andare sempre più in collera. Giunto<br />
che fu al massimo furore, il cavaliere nero gridò nuovamente:<br />
”Sono pronto, se il giovane cavaliere non ci ha ripensato,<br />
possiamo iniziare imme<strong>di</strong>atamente il nostro mortale duello,<br />
dato che l’unica cosa che accetto è la morte del mio<br />
avversario”, allora Parsifal si rifece vedere in mezzo al cerchio<br />
formatosi all’occorrenza e, senza più profferir parola, <strong>di</strong>ede<br />
inizio alla singolar tenzone, battendo ben presto il cavaliere<br />
nero. Vistosi battuto, il perfido iniziò a <strong>di</strong>re: ”Abbiate pietà <strong>di</strong><br />
me, messere, perché voglio svelarvi la presenza <strong>di</strong> un’avventura<br />
qui nella terra <strong>di</strong> Bretagna, poco lontano da questo castello,<br />
verso ovest”. Parsifal spostò la propria spada dalla gola<br />
157
dell’avversario al cuore, poi chiese: ”Prima <strong>di</strong> tutto <strong>di</strong>mmi<br />
esattamente dove si trova questo luogo, poi devi darmi una<br />
ragione valida per avere clemenza <strong>di</strong> te che sei stato così<br />
crudele durante la tua vita”<br />
Il cavaliere nero vide che non aveva assolutamente più<br />
scampo e, sudando freddo ed incespicando nelle parole, iniziò a<br />
<strong>di</strong>re: ”Messere, come ho gia detto, il luogo si trova ad ovest da<br />
qui, a cinque giornate <strong>di</strong> viaggio in mezzo alle montagne e la<br />
località si chiama Reame dei Dolori, sappi in ogni caso che non<br />
te la caverai così facilmente come oggi, infatti, giunto in quel<br />
loco dovrai affrontare una terribile creatura chiamata Addanc e<br />
semina morte e <strong>di</strong>struzione ovunque vada”. Finito che ebbe il<br />
cavaliere nero, Parsifal prese nuovamente <strong>di</strong> mira la gola,<br />
<strong>di</strong>cendogli: ”Messere, vi ringrazio anche a nome dei miei<br />
compagni, per quanto ci rivelaste, ma vedo nel vostro animo<br />
che non meritate assolutamente <strong>di</strong> vivere, quin<strong>di</strong> mi vedo<br />
costretto a malincuore a non avere pietà <strong>di</strong> voi”, detto questo<br />
Parsifal decapitò il perfido davanti all’intiera corte <strong>di</strong> Camelot.<br />
Una volta che si fu ricomposto, Parsifal si presentò ad Artù e<br />
gli <strong>di</strong>sse: ”Sire avete sentito cosa rivelò quel miserando<br />
cavaliere dalla nera anima, <strong>di</strong> quanto sta succedendo in<br />
quell’addolorata contada?”. Artù annuì con un cenno <strong>di</strong> capo,<br />
infine <strong>di</strong>sse: ”Buon Parsifal, non ho perso una parola <strong>di</strong> quanto<br />
è stato detto, quin<strong>di</strong> se ti conosco bene, mi stai per chiedere <strong>di</strong><br />
prendere congedo ad andartene in soccorso del Reame dei<br />
Dolori, cosa che ti concedo ben volentieri dato che anch’io<br />
aborro quel tipo <strong>di</strong> cose, ora va a rinfrescarti e puoi partire<br />
quando vuoi”, fu così che Parsifal, il mattino successivo, dopo<br />
la santa messa, prese la strada verso ovest, per poter stanare il<br />
perfido Addanc.<br />
Capitolo 26<br />
Giunto che fu al Reame dei Dolori, Parsifal iniziò ad<br />
informarsi meglio su dove trovare l’essere immondo per poterlo<br />
uccidere; un villano gli <strong>di</strong>sse: ”Messer cavaliere, l’orrendo<br />
158<br />
compagni ancora in vita non avevano avuto nessun’avventura<br />
perché gravati da enormi peccati. Si venne a sapere<br />
imme<strong>di</strong>atamente anche che molti <strong>di</strong> quelli deceduti nella cerca<br />
furono uccisi per mano dei compagni e solo Galvano ne uccise<br />
almeno una dozzina; a quella notizia Artù fu pieno <strong>di</strong> cordoglio<br />
a tal punto che per poco non ne uscì pazzo. La regina Ginevra<br />
fu quella che reagì peggio <strong>di</strong> tutti a quelle funeste notizie che le<br />
furono riferite appena Lancillotto arrivò a corte ed a cui <strong>di</strong>ede<br />
una geli<strong>di</strong>ssima accoglienza, quando s’incontrarono nelle sue<br />
stanze.<br />
Capitolo 37.<br />
Nel frattempo al Monsalvato, Amfortas radunò la propria<br />
corte, quin<strong>di</strong> si rivolse a tutti i presenti <strong>di</strong>cendo: ”Miei fi<strong>di</strong><br />
compagni è ormai troppo tempo che sto soffrendo in modo<br />
atroce, a questo punto ho preso una grave e definitiva<br />
decisione, dovete permettermi <strong>di</strong> morire in piena serenità e<br />
tranquillità in modo che il mio erede possa pendere il posto che<br />
ho occupato per tanto tempo immeritatamente”. I cavalieri e<br />
l’intiera corte si guardarono per un attimo negli occhi, poi<br />
Gurnemanz s’avanzò e prese a <strong>di</strong>re: ”Mio signore, la nostra<br />
fede e la missione affidataci vietano d’accettare questa vostra<br />
richiesta, anche se comprensibile, inoltre ricordate cosa<br />
successe al biblico Giobbe? Ebbene, cadde nella più nera<br />
<strong>di</strong>sgrazia e sofferenza, ma alla fine riuscì ad essere la persona<br />
più ricca del suo tempo, inoltre è vostro compito attendere il<br />
Puro Folle, unico erede della vostra <strong>di</strong>scendenza, per poter<br />
guardare nel Santo Graal al posto <strong>di</strong> sua eccellenza” nell’u<strong>di</strong>re<br />
quelle parole, Amfortas fu veramente addolorato, ma si dovette<br />
rassegnare a quelle spiacevoli con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> vita nell’attesa<br />
della visita liberatrice.<br />
Proprio in quel periodo Gahalad stava errando gia da un anno<br />
ed aveva compiuto numerosissime avventure, finché un giorno<br />
incontrò per caso Bohor e Parsifal che s’erano ritrovati pochi<br />
minuti prima e, mentre cavalcavano assieme, finalmente<br />
211
preso dalla vergogna più amara, anche perché riconobbe tra i<br />
commensali anche Lancillotto ed a quella vista non poté far<br />
altro che piangere dalla <strong>di</strong>sperazione e dalla frustrazione.<br />
Contemporaneamente Lancillotto capì cosa stava accadendo nel<br />
cortile del castello e, finito il pasto, s’alzò e <strong>di</strong>sse: ”Miei<br />
onorati signori e voi, Ricco Re Pescatore, è stato un vero onore<br />
per me restare a banchettare con voi, ma è giunto il momento<br />
che io prenda la strada del ritorno, dato che la mia cerca è<br />
terminata. È ora mia intenzione <strong>di</strong> tornare alla corte <strong>di</strong> re Artù<br />
che m’è stata segnalata a Logres in questi giorni e vorrei, se<br />
m’è concesso, arrivarci prima che si decida una nuova<br />
destinazione”. Il Ricco Re Pescatore alzò il proprio busto e,<br />
gemendo, <strong>di</strong>sse: ”Sir Lancillotto, la vostra richiesta è più che<br />
legittima, quin<strong>di</strong> vi congedo ben volentieri dalla mia presenza e<br />
da quella del Santo Graal con la promessa interiore <strong>di</strong> <strong>di</strong>venire<br />
sempre migliore e non cadere nuovamente nel peccato che vi ha<br />
macchiato in questi ultimi cinque lustri, ora potete andare a<br />
prepararvi e partire” e Lancillotto ubbidì imme<strong>di</strong>atamente a<br />
quel santo congedo e dopo pochi attimi aveva gia varcato il<br />
ponte levatoio del castello; fatto che ebbe un tratto del percorso<br />
abbastanza corto, Lancillotto si volse in<strong>di</strong>etro per ammirare<br />
ancora una volta il castello del Monsalvato, ma trovò solamente<br />
una desolata landa deserta, così riprese il proprio percorso.<br />
Qualche giorno dopo, Lancillotto arrivò ad un cimitero e la<br />
sua attenzione fu attratta da una lapide più recente delle altre ed<br />
avvicinatosi, riuscì a leggere questo epitaffio:<br />
qui giace Ivano il Grande,<br />
ucciso in duello<br />
da sir Galvano <strong>di</strong> Camelot<br />
in questo loco.<br />
Dopo aver letto quanto scritto su quella lapide, Lancillotto si<br />
fermò su quella tomba per pregare qualche minuto e subito<br />
riprese la propria strada arrivando poco dopo a corte. Giunto<br />
che fu a corte, Lancillotto venne a sapere che molti dei suoi<br />
210<br />
essere che state cercando si trova in una grotta su <strong>di</strong> una collina<br />
ad una giornata <strong>di</strong> cammino da qui, in <strong>di</strong>rezione del sole a<br />
mezzogiorno. Vi voglio <strong>di</strong>re, però, un’altra cosa prima che<br />
ripren<strong>di</strong>ate la strada per affrontare l’infame ragnaccio: esiste un<br />
unguento miracoloso che ha gia fatto rinascere tante vittime del<br />
mostro, ma non avrà nessun effetto su colui che è destinato ad<br />
ammazzarlo”. Parsifal <strong>di</strong>ede alcune monete al villano e poi gli<br />
<strong>di</strong>sse: ”Ti ringrazio delle informazioni che mi hai dato, buon<br />
uomo, ma ora <strong>di</strong>mmi, dove posso trovare un posto decente dove<br />
riposarmi prima <strong>di</strong> affrontare la nauseante bestia?”<br />
Il villano restò un attimo perplesso, poi <strong>di</strong>sse: ”In questo<br />
villaggio, purtroppo, non vi sono locande decenti a causa della<br />
mostruosità, ma se volete vi posso ospitare io per la notte, dato<br />
che ne ho le facoltà”, infatti quella notte Parsifal fu ospitato<br />
veramente bene, tanto è vero che il giorno successivo coperse<br />
l’intiera strada in<strong>di</strong>catagli in una sola mattinata. Giunto che fu<br />
alla collina dell’Addanc, Parsifal decise <strong>di</strong> riposarsi per<br />
un’oretta, de<strong>di</strong>cando quel tempo ad un fugace spuntino per<br />
mantenersi nel pieno del vigore. Finito il riposo, Parsifal giunse<br />
ben presto alla puzzolente tana dell’Addanc, dentro alla quale<br />
prese a <strong>di</strong>re: ”Lurido essere, fetida creatura, è giunto colui che<br />
dovrai tentare <strong>di</strong> battere imme<strong>di</strong>atamente se non vuoi<br />
soccombere al primo assalto, com’è gia successo, te lo<br />
garantisco, a molti altri cavalieri ed esseri informi, in passato”<br />
Imme<strong>di</strong>atamente l’aria si fece irrespirabile dal gran puzzo <strong>di</strong><br />
cadaveri e <strong>di</strong> morte, quin<strong>di</strong> una voce tremenda, proveniente dal<br />
profondo della tana, prese a <strong>di</strong>re: ”È giunto un altro misero<br />
umano che perirà ancor prima <strong>di</strong> aver sfoderato la propria<br />
spada, tra atroci tormenti”, subito dopo un’orrida creatura<br />
fetida, che ricordava un enorme ragno, si presentò sulla soglia<br />
della caverna e si ritrovò davanti un cavaliere perfettamente<br />
armato e con la spada gia sguainata, al che l’Addanc si stupì <strong>di</strong><br />
tanto coraggio e vigore, ma non poté far altro, perché Parsifal<br />
159
aveva gia trovato il cuore della creatura e vi aveva immerso la<br />
lama fino all’elsa.<br />
In quel preciso istante per tutta la regione si sentì un terribile<br />
grido <strong>di</strong> dolore e <strong>di</strong> sorpresa, perché l’Addanc era sicuro <strong>di</strong><br />
poter vincere imme<strong>di</strong>atamente anche quella volta. Prima <strong>di</strong><br />
morire, però, l’Addanc si rivolse a Parsifal e gli <strong>di</strong>sse: ”Non ho<br />
mai incontrato nella mia vita un giovane cavaliere coraggioso<br />
ed ar<strong>di</strong>to come te, ma adesso ti voglio far sapere dell’esistenza<br />
<strong>di</strong> un’altra avventura presente in quelle colline alle nostre<br />
spalle. Devi sapere che su <strong>di</strong> un’altra collina, verso sud ed ad<br />
una giornata <strong>di</strong> viaggio da qui, vi risiede un immenso serpente<br />
che custo<strong>di</strong>sce una preziosa pietra che fornisce tutto l’oro che il<br />
suo possessore ha bisogno, ma è meglio che ti avvii<br />
imme<strong>di</strong>atamente, perché il percorso è irto <strong>di</strong> pericoli ed<br />
ostacoli”<br />
Ritornato che fu al piano, Parsifal incrociò la strada con un<br />
cavaliere che, bloccatolo, gli <strong>di</strong>sse: ”Messere, se volete<br />
continuare il vostro percorso, prima dovete battervi contro <strong>di</strong><br />
me”. Parsifal guardò con commiserazione quel poveraccio, poi<br />
<strong>di</strong>sse: ”Con gente come te non vale neanche la pena <strong>di</strong> snudare<br />
la spada, quin<strong>di</strong> ti conviene sgombrare la strada, se non vuoi<br />
provare la spada <strong>di</strong> uno dei cavalieri della Tavola Rotonda”<br />
A quelle parole, il cavaliere scese da cavallo e si prostrò ai<br />
pie<strong>di</strong> <strong>di</strong> Parsifal, <strong>di</strong>cendo: ”Messere, se avessi saputo <strong>di</strong> quale<br />
schiatta facevate parte non avrei neanche osato attraversare la<br />
vostra ombra. Ora vi prego solamente <strong>di</strong> una cosa: accettate la<br />
mia sottomissione ai vostri or<strong>di</strong>ni, messere, io sono il conte<br />
Edlyn dalla spada rossa”. Parsifal il prese per le spalle,<br />
<strong>di</strong>cendogli: ”Messer Edlyn non dovete prostrarvi in questo<br />
modo davanti ad un cavaliere che non conosce neanche il nome<br />
del proprio padre, anche se d’alto lignaggio come sono io, sappi<br />
che davanti a te sta Parsifal delle terre <strong>di</strong> Camaalot, cavaliere<br />
della corte <strong>di</strong> re Artù <strong>di</strong> Camelot”, subito rimontarono entrambi<br />
a cavallo, proseguendo la loro avventura verso sud.<br />
160<br />
vedere, ripresosi dalla sorpresa, Lancillotto scorse una tavola<br />
d’argento su cui posava il Santo Graal, ricoperto da una seta<br />
vermiglia. Attorno alla tavola v’erano degli angeli che<br />
reggevano incensieri, croci ed ornamenti sacri, servendo un<br />
sacerdote in atto bene<strong>di</strong>cente. Assistendo a quella scena,<br />
Lancillotto volle attraversare la soglia, ma fu letteralmente<br />
investito da un vento infuocato che lo rese come morto per<br />
ventiquattro giorni: esattamente una giornata per ogni anno in<br />
cui Lancillotto servì il Nemico. Durante quello stato <strong>di</strong> cose fu<br />
accu<strong>di</strong>to dagli abitanti del castello.<br />
Risvegliatosi dal letargo, Lancillotto si ritrovò al cospetto del<br />
Ricco Re Pescatore, il quale gli <strong>di</strong>sse: ”Messer Lancillotto,<br />
sappiate che la vostra cerca è totalmente terminata e quanto<br />
dovevate sapere sul Santo Graal l’avete appreso il giorno che<br />
siete svenuto, quando guardaste all’interno della cappella, sappi<br />
che tua moglie e mia figlia è morta <strong>di</strong> crepacuore per i tuoi<br />
peccati”. A quella notizia, Lancillotto provò un’enorme fitta al<br />
cuore, passato il colpo per il <strong>di</strong>spiacere, il Ricco Re Pescatore si<br />
rivolse al genero e gli <strong>di</strong>sse: ”Non preoccuparti per il resto,<br />
Lancillotto, ora sie<strong>di</strong> con me ed i miei cavalieri alla mensa del<br />
Santo Graal e go<strong>di</strong> della pace che si <strong>di</strong>ffonderà nel momento<br />
del sacro pasto”, sedutisi che furono tutti quanti, una colomba<br />
bianca attraversò in volo l’intiera sala, portando un incensiere<br />
d’oro nel proprio becco, seguita dal Santo Graal<br />
misteriosamente sospeso in aria, al suo passaggio davanti ad<br />
ogni convitato comparirono tutte le più deliziose pietanze che si<br />
potesse immaginare. Durante il pranzo arrivò anche Estor, ma<br />
gli fu negato l’accesso alla sala del Graal, al che il pala<strong>di</strong>no<br />
chiese: ”Come mai non posso entrare per godere la pace che<br />
state provando voi che siete seduti a quelle tavole?”. Subito un<br />
paggio gli rispose, <strong>di</strong>cendo: ”Messere, è evidente che nel vostro<br />
cuore alloggia il peccato nella sua forma più abbietta, quin<strong>di</strong><br />
non potete avvicinarvi oltre, se non volete rischiare la più<br />
tremenda delle punizioni <strong>di</strong>vine”, a quella risposta Estor fu<br />
209
il mezzo che dovrete usare, ma non dovete averne pensiero<br />
perché qui v’è un cavallo pronto per la vostra bisogna”, a quelle<br />
parole uno splen<strong>di</strong>do stallone bianco s’avvicinò e Gahalad gli<br />
montò in sella, partendo velocemente e dritto come un<br />
quadrello <strong>di</strong> balestra.<br />
Lancillotto si ritrovò, infine, completamente solo in<br />
quell’imbarcazione, ove vi trascorse ancora un mese in<br />
compagnia del cadavere della Pulzella che mai non Mentì.<br />
Finalmente una sera la barca accostò a riva, facendolo scendere<br />
nei pressi <strong>di</strong> uno splen<strong>di</strong>do maniero ove, una volta avvicinatosi,<br />
sentì una voce che gli si rivolse, <strong>di</strong>cendogli: ”Messer<br />
Lancillotto, qui termina la vostra cerca perché troverete quanto<br />
v’è permesso avere da quest’avventura così coraggiosamente<br />
portata a termine, nonostante i vostri gran<strong>di</strong> peccati”. Subito<br />
Lancillotto si mise a cercare l’ingresso <strong>di</strong> quel misterioso<br />
maniero; trovatolo che l’ebbe, lo trovò sorprendentemente<br />
aperto ma custo<strong>di</strong>to da due gran<strong>di</strong>ssimi leoni. Preso da timore,<br />
Lancillotto sguainò la propria spada, ma una mano<br />
fiammeggiante lo trattenne, anzi costringendolo a rifoderare<br />
l’arma, mentre la misteriosa voce <strong>di</strong> poco prima lo rimproverò<br />
<strong>di</strong>cendogli: ”Messer Lancillotto avete ben poca fede; se riuscite<br />
ad avere il cuore saldo, quei due animali non vi degneranno<br />
nemmeno <strong>di</strong> uno sguardo”, rassicurato da quel rimbrotto,<br />
Lancillotto varcò la soglia senza subire danni dai due leoni.<br />
Una volta che fu entrato, Lancillotto riconobbe in quel maniero<br />
il Castello Avventuroso, però all’intorno non vide nessuno, così<br />
si <strong>di</strong>resse verso il palazzo, trovandolo parimenti deserto,<br />
passando davanti ad un’imposta, però, Lancillotto udì una voce<br />
sovrannaturale che cantava la gloria <strong>di</strong> Dio; nel sentire quegli<br />
accenti, Lancillotto levò lo sguardo al cielo e <strong>di</strong>sse: ”Mio<br />
Signore Gesù Cristo, fammi la grazia <strong>di</strong> portate a termine la<br />
mia parte <strong>di</strong> cerca, come mi è stato promesso” imme<strong>di</strong>atamente<br />
la porta della cappella s’aprì da sola e Lancillotto fu investito<br />
da una luce accecante che gl’impedì momentaneamente <strong>di</strong><br />
208<br />
Stava iniziando a calare il sole, quando arrivarono ad un<br />
castello da cui uscirono imme<strong>di</strong>atamente trecento cavalieri con<br />
l’intenzione <strong>di</strong> catturarli, ma Parsifal prese mano alla spada e li<br />
<strong>di</strong>sarcionò tutti quanti nell’arco <strong>di</strong> una sola ora ed entrò nel<br />
maniero assieme al nuovo amico. Scesi che furono, i due<br />
cavalieri dalle loro cavalcature, venne loro incontro una<br />
splen<strong>di</strong>da dama, nota col nome <strong>di</strong> Contessa delle Prodezze, che<br />
abbracciandoli e baciando entrambi, <strong>di</strong>sse: ”Messeri ho visto<br />
dall’alto delle mie torri quanto faceste poc’anzi ai miei cavalieri<br />
migliori e la vostra prodezza è stata veramente notevole, quin<strong>di</strong><br />
vi concedo incon<strong>di</strong>zionatamente il mio maniero ed il cuore che<br />
mi batte nel petto, stanotte sarete miei gra<strong>di</strong>tissimi ospiti,<br />
ovunque voi siate <strong>di</strong>retti”<br />
Parsifal fece un rispettosissimo inchino e, baciandole la mano,<br />
le <strong>di</strong>sse: ”Madama siamo, il mio compagno ed io, molto onorati<br />
della vostra ospitalità vista sopratutto l’ora tarda per poter<br />
proseguire nel buio del bosco, ma sappiate che domattina<br />
dobbiamo partire prima dell’alba per raggiungere una collina<br />
qui vicina ove abita un immenso serpente che custo<strong>di</strong>sce un<br />
ricchissimo bottino”, la dama fece un cenno d’assenso e sul<br />
momento non <strong>di</strong>sse altro. Seduti che furono a tavola, la<br />
contessa <strong>di</strong>sse: ”Messere sono a conoscenza <strong>di</strong> quel colossale<br />
serpente e <strong>di</strong> che bottino state parlando, sappiate comunque che<br />
è forse la più <strong>di</strong>fficile impresa che un cavaliere possa<br />
immaginare, se vogliamo escludere la cerca del Graal, che per<br />
ora non è riuscita ad anima viva. Inoltre sappiate che il<br />
mostruoso bestio è sempre asse<strong>di</strong>ato da un immane esercito che<br />
non permette <strong>di</strong> essere sorpassato da alcuno, neanche se si<br />
trattasse del famoso Parsifal in persona”. Parsifal accennò ad un<br />
bonario sorriso e, accarezzandosi la folta barba bionda che<br />
portava, <strong>di</strong>sse: ” non ne sarei tanto sicuro che riescano a<br />
bloccare messer Parsifal, mia cara contessa, perché nemmeno<br />
tutti gli eserciti <strong>di</strong> questo mondo riusciranno a precludergli il<br />
cammino, ovunque egli vada, visto che Nostro Signore dalla<br />
161
sua”, in quel preciso istante vennero ad annunciare che il pasto<br />
era pronto.<br />
Il mattino successivo i due compagni erano gia pronti prima<br />
dell’alba, così, ascoltata la messa mattutina, presero<br />
imme<strong>di</strong>atamente la via verso la loro avventura. Al giunger del<br />
mezzodì i due compagni arrivarono finalmente alla collina che<br />
interessava loro, ma come <strong>di</strong>sse la contessa, era completamente<br />
circondata da un enorme esercito che presiedeva il loco, allora<br />
Parsifal e Edlyn s’avvicinarono ad un posto <strong>di</strong> guar<strong>di</strong>a con la<br />
speranza che li lasciassero passare, invano, <strong>di</strong>fatti gli si<br />
pararono <strong>di</strong>nanzi le guar<strong>di</strong>e del posto, <strong>di</strong>cendo: ”Questo è un<br />
luogo veramente pericoloso per tutti i cavalieri <strong>di</strong> questo<br />
esercito, figuriamoci se due pala<strong>di</strong>ni erranti riescono ad arrivare<br />
fino in cima senza incappare nella mortale presenza del terribile<br />
serpente che vi abita”<br />
Parsifal e Edlyn si guardarono un attimo negli occhi e,<br />
sguainate le proprie spade, iniziarono ad avanzare<br />
nell’accampamento finché non lo attraversarono<br />
completamente, arrivati alle prime pen<strong>di</strong>ci della collina al <strong>di</strong> la<br />
dell’immensa tendopoli, si voltarono un attimo e scoprirono <strong>di</strong><br />
aver combinato una vera strage tra quelle persone. Infatti videro<br />
orrendamente mutilati sul terreno almeno duecento cadaveri<br />
che si erano gettati sulle loro spade o sotto gli zoccoli dei loro<br />
cavalli lanciati al galoppo più sfrenato. Subito si voltarono<br />
verso la collina ed iniziarono a risalirla, lasciandosi alle spalle<br />
la carneficina, sperando <strong>di</strong> riuscire nell’impresa che stavano<br />
compiendo. Attesero poco, prima <strong>di</strong> trovarsi davanti al<br />
serpente, infatti lo incontrarono a metà della salita che bloccava<br />
il sentiero; avendoli visti anche l’orribile rettile, si rizzò sulla<br />
coda ed iniziò a sibilare, ma non riuscì a fare altro, perché<br />
Parsifal gli troncò la testa <strong>di</strong> netto con la propria lancia.<br />
Accertata la morte del rettile, Parsifal si guardò attorno per<br />
vedere ove poteva essere nascosto il tesoro custo<strong>di</strong>to dal grosso<br />
animale; Edlyn notò un piccolo pertugio presso un masso e ci<br />
162<br />
Partì all’inseguimento e,<br />
Raggiunto l’infingardo,<br />
Lo batté in duello.<br />
Liberata l’amata regina<br />
Il reame si <strong>di</strong>ede alla pazza gioia,<br />
Creando una splen<strong>di</strong>da festa,<br />
Per cantare la novella gioia.<br />
Parte Parte un<strong>di</strong>cesima: un<strong>di</strong>cesima: visite visite al al Monsalvato<br />
Monsalvato<br />
Capitolo 36.<br />
Dopo un giorno ed una notte intieri a pregare presso il fiume<br />
invalicabile, Lancillotto s’alzò e, al sorger del sole, vide<br />
apparire il naviglio sul quale era stata sepolta la Pulzella che<br />
mai non Mentì; come fu a bordo, Lancillotto trovò lo scritto che<br />
i compagni avevano ivi lasciato e, lettolo, ne rimase<br />
enormemente rallegrato, quin<strong>di</strong> decise <strong>di</strong> rimanere a bordo per<br />
il tempo che fosse stato opportuno ai suoi scopi, sfamandosi<br />
con quanto gli forniva la natura stessa. Passò così qualche<br />
tempo e l’imbarcazione s’avvicinò alla riva d’una rigogliosa<br />
foresta, ove Lancillotto udì un rumore secco, come <strong>di</strong> rami<br />
spezzati e <strong>di</strong> foglie calpestate, finalmente notò sulla sponda un<br />
cavaliere che andava al galoppo più sfrenato; mentre<br />
Lancillotto osservava quella misteriosa apparizione, la barca<br />
accostò ed il cavaliere s’imbarcò con Lancillotto, quin<strong>di</strong><br />
l’imbarcazione s’allontanò nuovamente dall’approdo. Quale<br />
sorpresa per Lancillotto quando il cavaliere si <strong>di</strong>sarmò e<br />
comparve suo figlio Gahalad. Imme<strong>di</strong>atamente i due cavalieri<br />
s’abbracciarono pieni <strong>di</strong> gioia per il fortunato incontro, quin<strong>di</strong><br />
decisero <strong>di</strong> rimanere a bordo per altro tempo, compiendo<br />
assieme moltissime imprese. Passate le feste <strong>di</strong> pasqua, il legno<br />
s’avvicinò ad una lingua <strong>di</strong> terra, ove lo stava attendendo un<br />
cavaliere completamente vestito <strong>di</strong> bianco; come furono<br />
abbastanza vicini, il misterioso pala<strong>di</strong>no si rivolse a Gahalad,<br />
<strong>di</strong>cendogli: ”Messere è giunto il momento che sbarchiate per<br />
continuare da solo le vostre avventure. Vi vedo preoccupato per<br />
207
Pulzella che mai non Mentì, i suoi compagni iniziarono a<br />
protestare ed a dolersi, senza che potessero ottenere alcun<br />
ascolto.<br />
Il mattino successivo, dopo la messa, la pulzella si fece<br />
incidere il braccio, facendo colare tutto il proprio sangue nella<br />
scodella che gli era stata avvicinata, ma lo sforzo della<br />
donazione la fece svenire; nel frattempo il <strong>di</strong>ssanguamento fu<br />
completato e la ferita fu richiusa. Riavutasi che fu, la Pulzella<br />
fece avvicinare i propri compagni e <strong>di</strong>sse, con un filo <strong>di</strong> voce:<br />
”Miei <strong>di</strong>letti amici, sento che sono gli ultimi attimi <strong>di</strong> vita per<br />
me, quin<strong>di</strong> statemi bene a sentire. Non voglio essere seppellita<br />
in terra consacrata, ma su <strong>di</strong> una lancia senza ne remi ne vela,<br />
alla moda normanna, e mandata alla ventura secondo i capricci<br />
delle correnti del mare che ho sempre amato così tanto.<br />
Sappiate inoltre che per il momento dovete separarvi<br />
nuovamente, ma senza temere perché il destino vuole che vi<br />
ricongiungiate a tempo debito per completare la cerca <strong>di</strong> cui<br />
siete gli eletti”. Finite che furono quelle istruzioni, la Pulzella<br />
che mai non Mentì ricevette l’estrema unzione con il Corpus<br />
Domini per spirare imme<strong>di</strong>atamente dopo.<br />
Contemporaneamente la castellana migliorò sempre <strong>di</strong> più,<br />
finché non guarì completamente nel momento stesso in cui la<br />
pulzella moriva. Subito Bohor, Gahalad e Parsifal si <strong>di</strong>edero da<br />
fare per accontentare le ultime volontà della pulzella e stettero<br />
sulla spiaggia finché la barca su cui l’avevano adagiata non fu<br />
più visibile oltre l’orizzonte, quin<strong>di</strong> i tre compagni se<br />
n’andarono ognuno per la propria strada, ma prima incisero su<br />
pietra una elagia funebre per la buona e sfortunata compagna,<br />
che recitava così:<br />
Un perfido cavaliere<br />
Disonorò l’ospitalità d’un nobile re,<br />
Rapendogli con l’inganno<br />
L’amabile signora.<br />
Subito il nobile nipote<br />
206<br />
s’infilò per vedere cosa ci fosse dentro; pochi secon<strong>di</strong> dopo<br />
ritornò alla luce del sole con un grosso zircone rosso e lo<br />
consegnò a Parsifal, quin<strong>di</strong> tornarono subito all’accampamento<br />
ove provarono subito quanto funzionasse la gemma, <strong>di</strong>fatti<br />
riuscirono a ripagare per il <strong>di</strong>sturbo tutti i presenti. Andati che<br />
furono i cavalieri superstiti dell’accampamento, Parsifal si<br />
rivolse ad Edlyn e gli <strong>di</strong>sse: ”Ho visto che sei un fedele<br />
vassallo, ma ora devo continuare la mia ricerca completamente<br />
solo, quin<strong>di</strong> anche tu devi prendere la tua strada, ma prima<br />
vorrei ricompensarti per quanto hai fatto per me”, detto questo,<br />
Parsifal <strong>di</strong>ede una generosa borsa al compagno.<br />
Capitolo 27<br />
Una volta che Parsifal ebbe congedato Edlyn, riprese la<br />
propria strada; dopo alcuni giorni <strong>di</strong> viaggio, arrivò presso un<br />
fiume, nelle cui vicinanze vi era un vastissimo accampamento,<br />
ad<strong>di</strong>rittura munito <strong>di</strong> mulini allineati sul fiume. Vedendo<br />
quell’enorme spettacolo vi si <strong>di</strong>resse. Giunto che fu al limitare<br />
del campo vicino al fiume, Parsifal incontrò il capo dei mugnai,<br />
al quale chiese: ”Buon uomo, ho visto dalla cima <strong>di</strong> quella<br />
collina che questo campo è veramente enorme; mi potresti <strong>di</strong>re,<br />
per favore, chi state scortando in così tanta moltitu<strong>di</strong>ne?”. Il<br />
buon uomo non si era aspettato la presenza <strong>di</strong> un cavaliere<br />
estraneo in quel luogo, quin<strong>di</strong> ne fu veramente sorpreso, ma<br />
come si fu ripreso, rispose: ”Il campo che ve<strong>di</strong> appartiene alla<br />
Principessa <strong>di</strong> Costantinopoli che sta facendo un lungo viaggio<br />
per l’intiera Europa con tutta la sua corte e la propria scorta, in<br />
modo tale da farsi riconoscere in futuro da tutti i sovrani che<br />
esistono. Vedo che voi, messere, non avete alcun riparo per la<br />
notte ed il giorno sta declinando in modo molto rapido: questa<br />
notte permettetemi <strong>di</strong> ospitarvi al mio povero mulino, se il<br />
consentite”. Giunti che furono al mulino, il buon mugnaio fece<br />
<strong>di</strong>sarmare Parsifal e gli <strong>di</strong>ede delle ottime vesti per passare<br />
degnamente la serata, quin<strong>di</strong> si misero a tavola per la cena,<br />
durante il pasto il mugnaio prese a <strong>di</strong>re: ”Dovete sapere,<br />
163
messere che per domani è stato organizzato un gran torneo per<br />
<strong>di</strong>strarre la nostra beneamata principessa, a cui parteciperanno<br />
tutti i migliori cavalieri del campo stesso”<br />
Parsifal, senza scomporsi, <strong>di</strong>sse: ”Buon uomo potreste farmi<br />
un prestito per fare provviste a me ed alla vostra famiglia, vi<br />
garantisco, parola <strong>di</strong> cavaliere, che sarete risarcito fino<br />
all’ultimo soldo”, così Parsifal ottenne il prestito e s’andò a<br />
coricare nel giaciglio fornitogli dal buon mugnaio. Il mattino<br />
successivo, sentita la messa, Parsifal si presentò sul terreno del<br />
torneo ma, volgendosi verso il pubblico, vide una splen<strong>di</strong>da<br />
dama e per i successivi tre giorni non riuscì a combattere<br />
perché perdutamente innamorato <strong>di</strong> quella visione celestiale. Al<br />
quarto giorno, il mugnaio era ormai allo stremo delle proprie<br />
sostanze e, rivolgendosi a Parsifal, gli <strong>di</strong>sse: ”Messere sono gia<br />
quattro giorni che vi faccio dei prestiti con la promessa, finora<br />
non mantenuta, <strong>di</strong> rifondermi tutto quanto e durante il torneo<br />
non concludete assolutamente niente. È giunto il momento che<br />
scor<strong>di</strong>ate qualsiasi cosa e vi concentriate ai combattimenti delle<br />
rimanenti giornate da oggi, altrimenti mi vedrete costretto a<br />
cacciarvi dal mio tetto, perché mi state portando alla rovina”.<br />
A quelle parole, Parsifal arrossì visibilmente dalla vergogna<br />
ed abbassò lo sguardo, <strong>di</strong>cendo: ”Messer mugnaio avete<br />
pienamente ragione, sono completamente in debito con voi e<br />
oggi, se voglio estinguerlo alla svelta, sono obbligato a<br />
scendere in campo e battermi in torneo, anche perché tutto<br />
l’accampamento avrà visto il mio comportamento ed ora<br />
staranno ad<strong>di</strong>tandomi come vanaglorioso”. Detto questo<br />
Parsifal andò al campo del torneo, scendendo in campo e<br />
vincendo tutti gli sfidanti che gli giungevano a tiro, mandando i<br />
vinti alla principessa e spedendo le armi migliori alla moglie<br />
del mugnaio, <strong>di</strong>cendo: ”Madama, questo serve per estinguere il<br />
debito con voi”, in questo modo arrivò alla fine del torneo.<br />
Vedendo quelle prodezze che i suoi cavalieri non sapevano<br />
contrastare, la principessa s’informò ampiamente sul conto <strong>di</strong><br />
164<br />
cervo bianchissimo, accompagnato da quattro leoni che li<br />
accompagnarono ad una cappella vicina, in cui si stava per<br />
celebrare la messa allo Spirito Santo, quin<strong>di</strong> le cinque creature<br />
sparirono nella foresta. Finita che fu la messa vespertina, i<br />
quattro compagni furono ospitati nel vicino eremo. Passata che<br />
fu la notte, i compagni ripresero la loro strada verso la città,<br />
giungendo in breve al castello che era la loro meta. In quel<br />
momento arrivò una donzella che portava appresso una scodella<br />
ed era scortata da un drappello d’un<strong>di</strong>ci cavalieri, che tentarono<br />
<strong>di</strong> rapire la Pulzella che mai non Mentì per rubargli il sangue; a<br />
quel tentativo Bohor, Gahalad e Parsifal sfoderarono le proprie<br />
spade, facendo impensierire il drappello che chiamò dei<br />
rinforzi, i quali arrivarono imme<strong>di</strong>atamente nella presenza<br />
d’altri quaranta compagni, cosicché la scaramuccia andò avanti<br />
sino al tramontare della sera. A quel punto uno dei cavalieri del<br />
castello si fece avanti e <strong>di</strong>sse: ”Ormai non possiamo più<br />
combattere tanto si sta facendo buio, per stanotte potrete<br />
comunque essere ospitati da noi. Riprenderemo la battaglia<br />
domattina al sorgere del sole”. Rientrati che furono tutti quanti,<br />
gli sfidanti furono <strong>di</strong>sarmati ed accompagnati nella sala del<br />
trono, dove fu imban<strong>di</strong>ta la tavola per la cena, intanto entrò<br />
nella sala la castellana, mostrando una colorazione molto<br />
malaticcia. A quella vista Parsifal si rivolse al capo degli<br />
avversari e gli chiese: ”Messere, che ha la vostra padrona per<br />
presentarsi con quell’aspetto così malsano?”. Il capo dei<br />
cavalieri locali mostrò allora il proprio volto più addolorato e<br />
<strong>di</strong>sse: ”La nostra signora è colpita da uno strano tipo <strong>di</strong> lebbra e<br />
per guarirlo abbiamo bisogno del sangue d’una principessa<br />
reale e vergine, come abbiamo saputo essere la vostra<br />
compagna”. Sentendo quella sventura la pulzella si fece avanti,<br />
<strong>di</strong>cendo: ”Se le cose stanno effettivamente come avete appena<br />
detto, mio scopo estremo è salvare la vita a costei, anche se<br />
sono sicura che quest’atto significherà la mia morte, ma ormai<br />
lo scopo della mia vita è giunto al termine”, alla decisione della<br />
205
cavaliere”, detto questo la pulzella cambiò velocemente le<br />
misere stringhe con quelle preziosissime che aveva preparato.<br />
Gahalad finalmente si convinse a bran<strong>di</strong>re quella splen<strong>di</strong>da<br />
arma ed armarsi con quella riuscendoci senza danno, mentre la<br />
spada che aveva usato fino a quel momento la donò a Parsifal.<br />
Finalmente i tre amici furono abbastanza tranquilli da poter<br />
continuare l’esplorazione <strong>di</strong> quel meraviglioso letto, infatti<br />
trovarono appoggiati sulle lenzuola ben tre fusi: uno più bianco<br />
della neve, accompagnato da un secondo più rosso del sangue<br />
ritti in pie<strong>di</strong>, mentre il terzo faceva da architrave ed era d’un<br />
bellissimo verde smeraldo, ma nessuno sul momento riusciva<br />
ad immaginare cosa potessero significare. Continuando<br />
l’esplorazione, Parsifal trovò sotto il letto stesso una scarsella<br />
che nascondeva uno scritto, una volta aperto, lessero queste<br />
parole: l’imbarcazione su cui siete saliti, o pro<strong>di</strong>, fu fatta<br />
costruire da re Salomone, nella quale furono collocati la spada <strong>di</strong><br />
re Davide suo padre e questo scritto, assieme allo splen<strong>di</strong>do letto<br />
su cui sono appoggiati. Tu prode cavaliere che sarai nomato<br />
Parsifal, sappi che sei l’ultimo <strong>di</strong>scendente del vigoroso virgulto<br />
nato dal seme <strong>di</strong> Davide, se vuoi vivere in pace guardati dalle<br />
donne, in caso contrario né saggezza né prodezza né cavalleria ti<br />
potranno assicurare dal <strong>di</strong>sonore. Finita l’esplorazione dei ponti<br />
sottocoperta, furono controllate le fiancate, su <strong>di</strong> una <strong>di</strong> esse<br />
trovarono la seguente scritta: uomo se vuoi salire a bordo, guardati<br />
dal farlo se non possie<strong>di</strong> la vera fede, e sappi che non ti sosterrò se dovessi<br />
cadere in empietà.<br />
Il mattino successivo i quattro compagni si trovarono davanti<br />
alle coste della Scozia, vicino a Carcelois, così decisero <strong>di</strong><br />
scendere a terra. Giunti sulla terraferma decisero d’andare al<br />
vicino villaggio attraversando la foresta che si delineava poco<br />
oltre la spiaggia, ma ben presto si persero nella fitta<br />
vegetazione. Subito decisero <strong>di</strong> rimettersi al Signore mentre<br />
andarono avanti, a metà mattina si trovarono <strong>di</strong> fronte ad un<br />
204<br />
Parsifal e, saputo dove era alloggiato, lo mandò a chiamare,<br />
<strong>di</strong>cendogli: ”Messere siete tanto valente e prode che sarei<br />
onorata ad avere la vostra compagnia per la cena <strong>di</strong> questa<br />
sera”. Parsifal, finito il messaggio, rispose: ”Sono molto<br />
onorato dell’invito, mia signora, ma ho l’intenzione <strong>di</strong><br />
rimanermene ritirato a pensare alla mia gran cerca, che mi<br />
vuole tutto per se”, allora la principessa mandò altre due<br />
ambasciate presso il capo dei mugnai per convincere Parsifal,<br />
ottenendo, però, la stessa risposta. A questo comportamento, la<br />
gran dama si offese alquanto e fece chiamare un saggio <strong>di</strong><br />
corte, <strong>di</strong>cendogli: ”Mio buon consigliere, ho l’intenzione <strong>di</strong><br />
conoscere il cavaliere che ha vinto il recente torneo svoltosi nel<br />
nostro campo, ma costui si rifiuta <strong>di</strong> comparire alla mia<br />
presenza, come potremmo fare per poterlo vedere da vicino e<br />
parlargli con il dovuto agio?”<br />
”Mia adorata principessa, non dovete preoccuparvi della cosa,<br />
perché sono sicuro <strong>di</strong> riuscire a condurvi quel prode che ha<br />
battuto il fior fiore dei cavalieri del nostro impero”, fu così che<br />
il saggio si presentò al cospetto del capo dei mugnai per<br />
incontrare Parsifal. Trovatisi l’uno <strong>di</strong> fronte l’altro, il saggio gli<br />
<strong>di</strong>sse: ”Messere, dovete sapere che tutto quello che la nostra<br />
principessa chiede bisogna assecondarlo imme<strong>di</strong>atamente, ma<br />
voi ho saputo che le avete <strong>di</strong>subbi<strong>di</strong>to per ben tre volte, senza<br />
alcuna ragione apparente, offendendola gravemente. Ora vi<br />
prego umilmente <strong>di</strong> seguirmi da lei, perché ha solo intenzione<br />
<strong>di</strong> conoscervi e parlare pacatamente con voi per tutta la serata”.<br />
Parsifal non si fece ripetere la cosa un’altra volta e seguì senza<br />
controbattere il saggio consigliere dalla principessa.<br />
Arrivato che fu alla tenda della principessa, Parsifal trovò<br />
imme<strong>di</strong>atamente un se<strong>di</strong>le e vi ci sedette sopra, iniziando<br />
imme<strong>di</strong>atamente a <strong>di</strong>scorrere amabilmente con la sua ospite;<br />
poco dopo si presentò al loro sguardo un uomo nero con un<br />
calice pieno <strong>di</strong> vino, il quale <strong>di</strong>sse: ”Mia signora donate questo<br />
prezioso nappo ricolmo a colui che dovrà battersi con le armi<br />
165
contro la mia persona”. Parsifal si levò dal suo se<strong>di</strong>le, prese<br />
imme<strong>di</strong>atamente il calice e, svuotandolo in un sol fiato, <strong>di</strong>sse:<br />
”Messere sono pronto a battervi anche imme<strong>di</strong>atamente,<br />
davanti a madama”. Il misterioso cavaliere lo guardò stupito,<br />
poi <strong>di</strong>sse: ”Messere vi aspetto fuori <strong>di</strong> quest’accampamento<br />
domattina all’alba per un duello all’ultimo sangue”. Parsifal<br />
annuì con la testa, poi rispose: ”Messere potete contare sulla<br />
mia lealtà <strong>di</strong> cavaliere e domattina all’alba mi troverete fuori <strong>di</strong><br />
questo campo armato come si deve”, allora l’uomo nero<br />
s’accomiatò e <strong>di</strong>sparve, lasciando i due a continuare la loro<br />
galante attività, dopo che Parsifal ebbe mandato alla moglie del<br />
mugnaio quella splen<strong>di</strong>da coppa a risarcimento della sua<br />
ospitalità e del prestito ricevuto.<br />
Poco dopo arrivò un altro sconosciuto dalla corvina<br />
capigliatura, che portava seco un calice ricavato da un artiglio,<br />
il quale iniziò a <strong>di</strong>re, rivolto alla principessa: ”Mia signora<br />
donate questo scultoreo calice a colui che dovrà battermi a<br />
singolar tenzone nella giornata <strong>di</strong> domani”, allora Parsifal gli si<br />
avvicinò e prese quella splen<strong>di</strong>da coppa. Vuotata che l’ebbe,<br />
Parsifal <strong>di</strong>sse: ”Messere vi attendo domani a metà mattinata<br />
fuori dell’accampamento per battermi con voi, intanto questo<br />
calice così artistico voglio che vada alla moglie del mugnaio in<br />
acconto al mio debito che ho con loro”. Parsifal e la principessa<br />
non fecero in tempo a riprendere il filo dei loro <strong>di</strong>scorsi,<br />
quando si presentò un terzo cavaliere dai capelli rossi e molto<br />
ricco, il quale recò alla principessa stessa un ricco calice <strong>di</strong><br />
cristallo, ricolmo d’ottimo e rarissimo vino <strong>di</strong> Sicilia ed iniziò a<br />
<strong>di</strong>re, pieno <strong>di</strong> rispetto: ”Mia signora vi consegno questa<br />
splen<strong>di</strong>da coppa ricolma <strong>di</strong> rarissimo licore da dare a colui che<br />
vorrà battersi contro <strong>di</strong> me all’ultimo sangue”. Parsifal non si<br />
fece attendere e, alzatosi nuovamente, si rivolse al cavaliere,<br />
prese il calice e bevve subito, poi <strong>di</strong>sse: ”Messere vi attendo<br />
domani sul fare del mezzogiorno e sono sicuro <strong>di</strong> potervi<br />
battere alla prima stoccata”. Andatosene che fu il rosso<br />
166<br />
constatazione molto prudente e presero a guardare meglio la<br />
spada finché non posarono lo sguardo sulla mezza lama che era<br />
sguainata. Subito videro che in quella parte <strong>di</strong> lama visibile<br />
v’era una seconda frase, a caratteri vermigli, che suonava in<br />
questo modo: nessuno sia tanto ar<strong>di</strong>to da estrarmi dal fodero se non dovrà colpire<br />
meglio e più audacemente d’ogni alto, altrimenti morrà. A quelle parole<br />
Gahalad tentennò ancora, quin<strong>di</strong> passarono ad esaminare il<br />
fodero, scoprendo che era fatto con la pelle d’un serpente il cui<br />
colore ricordava quello d’una rosa secca, ma le cinghie<br />
stridevano enormemente, <strong>di</strong>mostrando <strong>di</strong> non essere quelle<br />
giuste tanto da sembrare costituite <strong>di</strong> canapa; anche sul fodero<br />
videro risaltare una scritta molto inquietante, dato che solo la<br />
pulzella ebbe l’ar<strong>di</strong>re <strong>di</strong> leggerla. Le parole che ne saltarono<br />
fuori, con caratteri azzurro dorati, furono: sventura a chi volesse<br />
cambiare queste cinghie, devono essere tolte solamente da una figlia <strong>di</strong><br />
re e <strong>di</strong> regina che sia rimasta pulzella tutta la vita. Al loro posto essa<br />
porrà ciò che <strong>di</strong> se stessa le è più caro e chiamerà la spada col suo nome<br />
e me col mio. Finito che si ebbe <strong>di</strong> leggere quelle parole, i tre<br />
cavalieri si videro molto imbarazzati perché non conoscevano<br />
nessuna principessa con quelle caratteristiche. Vedendo<br />
quell’imbarazzo, la pulzella si fece nuovamente avanti,<br />
<strong>di</strong>cendo: ”Quella frase vi preoccupa molto, è vero, ma la cosa<br />
possiamo risolverla bene ed agevolmente, perché quella<br />
pulzella <strong>di</strong> cui parla la prima parte sono io, mentre la cosa<br />
preziosa <strong>di</strong> cui parla la fine la potete vedere sotto i vostri occhi<br />
in questo preciso istante”, <strong>di</strong>cendo questo la Pulzella che mai<br />
non Mentì estrasse da uno scrigno delle cinghie fatte con<br />
capelli bion<strong>di</strong>ssimi ed erano ricamate con pietre preziose e<br />
borchie d’oro. I compagni amutolirono nel vedere quella<br />
meraviglia, domandandosi in cuor proprio <strong>di</strong> chi fossero quei<br />
splen<strong>di</strong><strong>di</strong> capelli, ma la pulzella, indovinando i loro pensieri,<br />
<strong>di</strong>sse: ”Questa è la mia chioma che mi tagliai apposta per<br />
questa occasione il giorno in cui Gahalad fu investito<br />
203
Capitolo 35<br />
Una volta che si furono riuniti, i tre cavalieri si raccontarono<br />
le rispettive avventure dacché si furono lasciati ormai alcuni<br />
anni ad<strong>di</strong>etro, ma l’attenzione <strong>di</strong> Parsifal fu attratta dalla dama<br />
che nel frattempo s’era tolta il mantello che portava indosso, e<br />
subito prese a <strong>di</strong>re: ”Costei era presente alla corte <strong>di</strong> re Artù il<br />
giorno della mia investitura e prese a parlare molto bene nel<br />
momento in cui io fui fatto cavaliere dal nostro beneamato re e<br />
mi fu presentata come la Pulzella che mai non Mentì, se non<br />
ricordo male, giacché è passato molto tempo d’allora”. La<br />
pulzella fece un sorriso molto sbarazzino, poi <strong>di</strong>sse,<br />
rivolgendosi a Parsifal: ”Ricordate bene, messer Parsifal, come<br />
io mi ricordo perfettamente <strong>di</strong> voi, ma ora dovete ambientarvi<br />
alquanto con questa nave, dato che ci vivremo tutti e quattro<br />
per <strong>di</strong>verse lune, quin<strong>di</strong> iniziate imme<strong>di</strong>atamente ad esplorarla<br />
tutta quanta, senza alcun timore che vi possa accadere<br />
alcunché”. Subito i tre cavalieri ubbi<strong>di</strong>rono a quell’or<strong>di</strong>ne dato<br />
con così tanta simpatia, durante l’esplorazione incapparono in<br />
un meraviglioso letto ai cui pie<strong>di</strong> era stata misteriosamente<br />
deposta una corona d’oro. Sul letto, invece, trovarono una<br />
meravigliosa spada sguainata a metà, il cui pomo era un’unica<br />
gemma, mentre l’elsa era <strong>di</strong>visa in due parti: la prima aveva il<br />
potere <strong>di</strong> sprigionare un calore superiore a quello del fuoco,<br />
mentre la seconda faceva <strong>di</strong>menticare la gioia ed il dolore<br />
passati e a ricordare il motivo per cui s’era spinti a prenderla.<br />
Su quell’elsa meravigliosa v’era inoltre incisa la seguente frase:<br />
sono meravigliosa a vedersi, più meravigliosa a conoscersi,<br />
perché nessuno mi può impugnare per quanto grossa sia la sua<br />
mano, tranne colui a cui sono destinata.<br />
A quella frase, Parsifal e Bohor si sentirono sfidati ad<br />
impugnarla senza successo, mentre Gahalad, più prudente,<br />
prese a <strong>di</strong>re: ”Penso che prima d’agire senza riflettere su niente,<br />
è meglio conoscere tutti i pro<strong>di</strong>gi <strong>di</strong> questo fantastico e<br />
splen<strong>di</strong>do oggetto” tutti e tre si ritrovarono d’accordo su questa<br />
202<br />
cavaliere, Parsifal si rivolse alla principessa e gli <strong>di</strong>sse: ”Mia<br />
signora, dopo quello che è successo stasera in vostra presenza,<br />
devo chiedervi il congedo per potermi battere al meglio nella<br />
mattinata <strong>di</strong> domani”. La principessa si avvicinò a Parsifal e,<br />
datogli un bacio sulla fronte, gli <strong>di</strong>sse: ”Messere, stasera non<br />
abbiamo potuto parlare come avevamo voluto, ma conto che<br />
domani mattina superiate indenne i tre duelli, in modo da<br />
potermi de<strong>di</strong>care l’intiero pomeriggio e la cena, ora avete<br />
ragione e dovete andare a riposarvi come si deve” in questo<br />
modo i due si lasciarono per andare a dormire nei propri<br />
giacigli. Il mattino successivo Parsifal era gia pronto,<br />
perfettamente armato, e con la prima messa mattutina ascoltata<br />
molto tempo prima che il sole sorgesse, durante l’attesa <strong>di</strong><br />
potersi avviare al posto del combattimento. Finalmente il primo<br />
dei contendenti si presentò poco prima dell’alba ed iniziarono a<br />
duellare a tal punto e con tale ferocia che ben presto le loro<br />
armature erano a brandelli, ma Parsifal trovò un punto della<br />
gola scoperto e vi penetrò la spada fino all’elsa, al colpo il<br />
cavaliere nero morì all’istante. Avendo ancora del tempo, prima<br />
del duello successivo, Parsifal andò dal fabbro del campo e si<br />
fece sostituire i pezzi della propria armatura che erano<br />
danneggiati, quin<strong>di</strong> ritornò sul luogo della tenzone, ove trovò il<br />
cavaliere moro ad attenderlo, così iniziarono subito a battersi,<br />
ma questo era notevolmente meno valido del precedente, dato<br />
che al secondo assalto Parsifal gli fece uscire l’osso della<br />
spalla, in modo talmente orrendo da precludergli qualsiasi altra<br />
attività cavalleresca. Vedendosi libero ancora con così largo<br />
anticipo, Parsifal andò al fiume e si concesse un lungo bagno<br />
ristoratore, che gli tolse tutto il sudore e la sporcizia <strong>di</strong> dosso e,<br />
dopo essere tornato a riva, si <strong>di</strong>stese per qualche tempo ai<br />
ristoratori raggi del sole. Finalmente giunse il momento<br />
dell’ultimo duello e Parsifal ritornò, con una gran baldanza nel<br />
fisico e nell’animo, cosicché l’orgoglioso cavaliere rosso, che<br />
per l’occasione indossava una ricca armatura completamente<br />
167
dorata d’arabeschi veramente fini, fu battuto e <strong>di</strong>sarmato al<br />
primo assalto, al che Parsifal gli <strong>di</strong>sse: ”Messere era inutile<br />
questa splen<strong>di</strong>da armatura, visto che non mi avete accecato con<br />
le vostre ricchezze e vi siete fatto battere come un novellino,<br />
mentre i due cavalieri che vi hanno preceduto sono stati<br />
veramente valenti, perché il primo ha perso la vita in<br />
combattimento, mentre il secondo è stato reso invalido da un<br />
mio colpo che gli ha orrendamente <strong>di</strong>sarticolato la spalla,<br />
adesso vi prego <strong>di</strong> andarvene perché mi fate ribrezzo” e<br />
s’accertò che l’infame cavaliere dai capelli rossi se n’andasse<br />
nella <strong>di</strong>rezione giusta, lontano dal campo, poi Parsifal se ne<br />
tornò dal mugnaio a riposarsi per qualche tempo.<br />
Nel pomeriggio Parsifal si vestì in modo conveniente e tornò<br />
dalla principessa per raccontargli tutto quanto era successo<br />
durante la mattinata, finendo alla fine della cena, quin<strong>di</strong> si<br />
spostarono entrambi su alcuni cuscini appoggiati alla tenda<br />
proprio per l’uopo e vi s’adagiarono mollemente. In<br />
quell’istante la principessa baciò Parsifal sulle labbra e gli<br />
<strong>di</strong>sse: ”Messere, stamane vi siete battuto valorosamente per<br />
l’onore vostro e mio e ve ne sono grata, ora immagino che<br />
vogliate chiedermi il congedo per tornarvene alla vostra corte,<br />
ma ormai l’ora è tarda, quin<strong>di</strong> vi chiedo <strong>di</strong> procrastinare la<br />
vostra partenza a domattina dopo che avremo assistito assieme<br />
alla santa messa”. Parsifal avvampò moltissimo nel viso per<br />
quella libertà della principessa, ma si riprese subito, tanto da<br />
poter rispondere degnamente al <strong>di</strong>scorso <strong>di</strong> lei, <strong>di</strong>cendo: ”Mia<br />
signora purtroppo devo raggiungere la corte del mio signore, re<br />
Artù <strong>di</strong> Camelot, per l’annuale raduno dei suoi fidati cavalieri,<br />
anche se mi <strong>di</strong>spiace il dovervi lasciare in questo modo e dopo<br />
breve tempo”, finalmente dopo molti baci su entrambi i corpi, i<br />
due si lasciarono per andarsene ai rispettivi giacigli.<br />
Il mattino successivo, Parsifal attese la principessa per<br />
consacrarsi assieme nella santa messa solenne, quin<strong>di</strong> si rivolse<br />
a lei e gli <strong>di</strong>sse: ”Mia principessa, sono ulteriormente<br />
168<br />
presenti <strong>di</strong>cendo: ”Signori, vi ho radunato in questo posto per<br />
comunicarvi una splen<strong>di</strong>da notizia. I sette ignobili fratelli che vi<br />
avevano imposto quegli imperdonabili sequestri, sono stati<br />
sconfitti, quin<strong>di</strong> siete tutti liberi da ogni giuramento in tal<br />
senso, ora avete il solo obbligo d’ubbi<strong>di</strong>re solamente alla figlia<br />
del duca <strong>di</strong> Linor, come vostra nuova signora”. Finalmente tutti<br />
i vassalli tornarono lietamente ai propri posse<strong>di</strong>menti; come la<br />
sala delle armi rimase completamente vuota, Gahalad fece<br />
chiamare le pulzelle, <strong>di</strong>cendogli: ”Ora, mie care damigelle, tutte<br />
coloro <strong>di</strong> voi che volessero prendere la strada <strong>di</strong> ritorno verso le<br />
rispettive famiglie, possono partire subito”, ma molte delle<br />
presenti preferirono restare con la nuova duchessa, perché i loro<br />
luoghi d’origine erano andati in malora. Qualche giorno dopo,<br />
quando le cose furono sistemate, Gahalad prese la prima messa<br />
del mattino e, armatosi come suo solito, riprese il proprio<br />
viaggio. Passarono parecchi giorni dopo che Gahalad ebbe<br />
lasciato il castello delle pulzelle, <strong>di</strong>ventando il protagonista <strong>di</strong><br />
moltissime imprese che non si racconteranno in questo luogo<br />
perché si rischierebbe d’annoiare, finché un giorno prese parte<br />
ad un torneo in cui gareggiavano anche Galvano ed Estor, i<br />
quali lo riconobbero senza essere ravvisati, infatti i due pro<strong>di</strong><br />
tentarono inutilmente <strong>di</strong> non attaccare tenzone con lui, ma alla<br />
fine Gahalad ferì gravemente Galvano. Subito Galvano fu<br />
soccorso e portato in un posto tranquillo e curato a dovere;<br />
nello stesso momento Gahalad fu avvicinato da una dama che<br />
gli <strong>di</strong>sse: ”Messere, avete fatto vedere a tutto il mondo quanto<br />
siete valoroso, ma ora è giunto il momento che mi seguiate<br />
senza potermi fare alcuna domanda, fino al posto ove vi devo<br />
portare”, al che Gahalad obbedì senza batter ciglio sino alla riva<br />
del mare. Quivi giunti, Gahalad notò presso la riva<br />
un’imbarcazione che raggiunse in poche bracciate, assistendo la<br />
propria accompagnatrice nell’attraversata; una volta a bordo, il<br />
cavaliere ritrovò con sommo piacere sia Bohor sia Parsifal, nel<br />
frattempo avevano preso allegramente il largo.<br />
201
damigelle velate, una delle quali gli <strong>di</strong>sse: ”Cavaliere sappi che<br />
il maniero cui stai andando è noto come il Castello delle<br />
Pulzelle e, se ci tieni alla tua vita, ti conviene cambiare<br />
imme<strong>di</strong>atamente strada”. Gahalad non si fece impressionare da<br />
quell’avviso e continuò per la propria strada, finché, arrivato<br />
davanti al maniero, fu intercettato da sette cavalieri, i quali gli<br />
<strong>di</strong>ssero: ”Se vuoi continuare per la tua strada devi riuscire a<br />
batterci tutti quanti assieme”, Gahalad non se lo fece <strong>di</strong>re due<br />
volte e si scagliò imme<strong>di</strong>atamente contro quei bifolchi,<br />
battendoli imme<strong>di</strong>atamente senza <strong>di</strong>fficoltà. I sette cavalieri,<br />
vistosi battuti, decisero <strong>di</strong> scappare vigliaccamente, lasciando il<br />
castello in mano a Gahalad, il quale ne prese imme<strong>di</strong>atamente<br />
possesso. Una volta che Gahalad fu entrato nella corte interna,<br />
scoprì che dentro il castello v’erano solamente delle pulzelle,<br />
rimanendone veramente sorpreso; allora s’avvicinò una delle<br />
damigelle e gli <strong>di</strong>sse: ”Io e tutte le mie compagne siamo state<br />
rapite dai sette fratelli che hai affrontato poco fa qui fuori,<br />
uscendone vincitore. Sappi ancora che quei sette fratelli<br />
appartenevano al seguito del duca <strong>di</strong> Linor e si misero in testa<br />
d’abusare della figlia del castellano che reggeva questo<br />
maniero, il quale s’oppose all’intento e per questo fu ucciso dai<br />
perfi<strong>di</strong>. A quello spettacolo, la giovine pre<strong>di</strong>sse ai sette<br />
<strong>di</strong>sgraziati che avrebbero avuto dei problemi a causa <strong>di</strong> una<br />
pulzella e che un cavaliere li avrebbe battuti completamente<br />
solo. Subito quei vigliacchi si misero a sequestrare tutte le<br />
ragazze che gli fossero giunte a tiro, finché voi, messere, non<br />
avete messo fine a quella vigliaccheria, era per questo motivo<br />
che il castello ha preso il nome delle Pulzelle”.<br />
Finito che ebbe la fanciulla <strong>di</strong> parlare, fu consegnato a<br />
Gahalad uno splen<strong>di</strong>do corno in avorio intarsiato d’oro che fu<br />
imme<strong>di</strong>atamente suonato con tale vigore da essere sentito da<br />
parecchia <strong>di</strong>stanza, facendo accorrere tutti i vassalli del<br />
castello, alla presenza del prode cavaliere. Una volta che furono<br />
radunati tutti quanti nella sala d’armi, Gahalad si rivolse ai<br />
200<br />
addolorato, ma sono costretto a lasciarvi per il motivo che<br />
v’addussi iersera nella vostra tenda, quin<strong>di</strong> vi chiedo umilmente<br />
<strong>di</strong> concedermi il congedo per tornare al mio re”. La principessa<br />
lo guardò con uno sguardo molto triste, poi gli <strong>di</strong>sse, con voce<br />
tremante per il pianto malcelato: ”Messere, s’è quello che<br />
dovete chiedermi, che sia, siete da me congedato per tornarvene<br />
presso la vostra corte e, chissà, un giorno o l’altro non ci<br />
possiamo incontrare nuovamente” e Parsifal montò a cavallo,<br />
allontanandosi velocemente per non far vedere a quella corte la<br />
tristezza che aveva nel cuore, arrivando ben presto a Camelot,<br />
festeggiato da tutti i presenti e da Artù passando intiere giornate<br />
in compagnia dell’amato re. Durante uno dei banchetti, il bardo<br />
<strong>di</strong> corte prese a cantare le seguenti gesta:<br />
Un prode cavaliere, giovine invero,<br />
Compì gran<strong>di</strong> imprese:<br />
La prima davvero,<br />
Fu breve infine.<br />
Un terribile mostro, per primo,<br />
Si presentò alla sua vista:<br />
Addanc era conosciuto<br />
E d’un ragno aveva la mostra.<br />
In breve l’uccise, il ribaldo,<br />
Ottenendo onore enorme,<br />
Ma l’immondo ragno altra impresa gli <strong>di</strong>sse.<br />
Un possente serpente<br />
Si trovò a fronte,<br />
Che sfidò apertamente,<br />
Ma tema non ebbe<br />
Uccidendolo all’istante.<br />
Entrato che fu nell’antro<br />
Il prode Parsifal,<br />
Così è nomato,<br />
Enorme tesoro gli fu rivelato.<br />
La brama com’ebbe sistemato,<br />
169
Il buon cavaliere in un campo fu ospitato:<br />
Di bizantini fu circondato<br />
Finché torneo non vinse.<br />
Finite tali imprese,<br />
Fu onorato,<br />
Il folle cavaliere,<br />
Con festa degna d’un re.<br />
Sentendosi coinvolto in quella narrazione, Parsifal si<br />
commosse enormemente e, quando la canzone fu finita, si alzò<br />
<strong>di</strong>cendo: "Miei signori, il misterioso cavaliere <strong>di</strong> quelle gesta<br />
appena u<strong>di</strong>te sono io, pronto a confermare punto tutto quanto<br />
u<strong>di</strong>to poc’anzi!”, a quelle parole l’intiera corte fu molto onorata<br />
per quelle imprese.<br />
Capitolo 28<br />
Purtroppo quel periodo così i<strong>di</strong>lliaco fu interrotto bruscamente<br />
da un’improvvisa visita, infatti una ragazza dai capelli corvini e<br />
ricci si presentò alla corte <strong>di</strong> re Artù in sella ad un mulo giallo<br />
aggiogato a delle rozze corregge e si <strong>di</strong>resse al cospetto del re;<br />
giunta che fu al punto desiderato, si volse e <strong>di</strong>sse: ”Vi saluto<br />
tutti quanti, pro<strong>di</strong> cavalieri, e voi pure glorioso Artù <strong>di</strong><br />
Camelot, e per non mancare anche voi madama Ginevra che<br />
siete casta e bella, ma qui tra voi sta un pala<strong>di</strong>no che vi sta<br />
<strong>di</strong>sonorando in modo ignominioso, egli è Parsifal delle terre <strong>di</strong><br />
Camaalot, il quale ha fatto visita a suo zio, il Ricco Re<br />
Pescatore, senza per questo rivolgergli le domande che lo<br />
avrebbero salvato, mandando in malora l’intiero paese del<br />
Monsalvato”. Dette quelle parole, la damigella si voltò per<br />
andarsene, ma a metà della sala si voltò e riprese a <strong>di</strong>re: ”Se<br />
qualcuno dei qui presenti messeri è desideroso d’avventure,<br />
sappiate che io abito nel castello a voi confinante, altrimenti<br />
noto come il Castello Orgoglioso, ed è <strong>di</strong>feso da ben 566<br />
cavalieri e dalle rispettive dame, ma se qualcuno <strong>di</strong> coloro che<br />
vogliono avventure preferiscono qualcosa che <strong>di</strong>a maggiori<br />
glorie, su <strong>di</strong> un altissimo monte v’è asse<strong>di</strong>ata una giovine; chi<br />
170<br />
vermiglia, dalla quale proveniva un dolce profumo <strong>di</strong> rose;<br />
subito dopo, Gahalad prese la strada verso il luogo onde<br />
Baudemagu era stato ferito. Raggiunta che ebbe la radura<br />
in<strong>di</strong>catagli, Gahalad incontrò un bianco cavaliere, il quale lo<br />
riconobbe imme<strong>di</strong>atamente e lo fece accomodare sull’erba <strong>di</strong><br />
fronte a se. Una volta che si furono seduti comodamente, il<br />
cavaliere iniziò a raccontare la seguente storia: ”Sei lustri dopo<br />
la morte <strong>di</strong> Nostro Signore Gesù Cristo, Giuseppe d’Arimatea<br />
giunse nelle terre d’Arras, ove convertì il signore locale,<br />
battezzandolo col nome <strong>di</strong> Mordrain, al quale lasciò lo scudo<br />
che tu ora stai portando. Alcuni mesi dopo Giuseppe e suo<br />
figlio Iosefo partirono per la Bretagna Azzurra, ove finirono<br />
catturati dal locale re pagano, nomato Crudele; venutolo a<br />
sapere, Mordrain organizzò velocemente una spe<strong>di</strong>zione<br />
punitiva con l’aiuto <strong>di</strong> suo cognato Nascine, battendo Crudele e<br />
liberando i prigionieri. Dopo la battaglia Iosefo guarì un monco<br />
al quale rimase impressa sul moncherino la croce che <strong>di</strong><br />
conseguenza sparì dallo scudo, contemporaneamente Mordrain<br />
volle sapere il segreto del Graal, ma una volta che ebbe<br />
sollevato la patena fu accecato da un bagliore e ferito da un<br />
angelo: da quel momento fu nomato il Re Magagnato, come<br />
tuttora lo è il Ricco Re Pescatore, e potrà essere guarito<br />
solamente dal cavaliere che si <strong>di</strong>mostrerà degno <strong>di</strong> portare<br />
quello scudo miracoloso che in quel momento Mordrain chiese<br />
in dono ad Iosefo e sul quale aggiunse la croce mancante col<br />
proprio sangue. Sappi inoltre che quel segno rimarrà fresco<br />
finché lo scudo non sarà rotto”, com’ebbe finito <strong>di</strong> parlare, il<br />
cavaliere bianco <strong>di</strong>sparve miracolosamente, lasciando solo<br />
Gahalad in possesso del magico scudo.<br />
Qualche giorno dopo, Gahalad raggiunse un poggio e da li<br />
vide, ai pie<strong>di</strong> della collina, una roccaforte circondata da un gran<br />
fiume, al che decise d’andarci, anche perché la giornata stava<br />
volgendo al termine e non aveva altre possibilità per cui trovare<br />
un tetto sotto cui dormire. Lungo la strada incontrò sette<br />
199
volete sapere qual è il mio nome, ebbene ve lo <strong>di</strong>co<br />
imme<strong>di</strong>atamente, sono Lancillotto del lago, cavaliere della<br />
Tavola Rotonda ed al seguito <strong>di</strong> re Artù <strong>di</strong> Camelot, con tutta la<br />
vostra grazia”. Sentendo quel nome, il cavaliere in<strong>di</strong>etreggiò<br />
impallidendo visibilmente, perché si rese conto che se lo<br />
tratteneva oltre, poteva far torto al più gran re dell’intiera<br />
Britannia, quin<strong>di</strong> si rivolse alle guar<strong>di</strong>e e <strong>di</strong>sse: ”Molto bene,<br />
scarcerate imme<strong>di</strong>atamente questo cavaliere, intanto che io<br />
preparo un salvacondotto perpetuo per lui su tutte le mie terre”,<br />
fu così che Lancillotto uscì da quel castello sano e salvo sicuro<br />
che nessuno gli potesse fare alcunché. Verso le tre <strong>di</strong> quello<br />
stesso pomeriggio, purtroppo, Lancillotto si dovette fermare<br />
perché un impetuoso e largo fiume gli sbarrò la strada senza<br />
alcuna possibilità <strong>di</strong> poterlo oltrepassare, quin<strong>di</strong> si decise <strong>di</strong><br />
risalirlo, con la speranza <strong>di</strong> trovare un guado adatto<br />
all’attraversamento, ma quasi subito un cavaliere nero gli<br />
sbarrò la strada e, senza <strong>di</strong>re nulla, attaccò Lancillotto<br />
uccidendogli il cavallo e ferendo gravemente il cavaliere ad una<br />
coscia, cosicché Lancillotto si trovò bloccato in quel loco<br />
desertico senza possibilità d’andarsene da nessuna parte.<br />
Parte Parte decima: decima: decima: Le Le avventure avventure <strong>di</strong> <strong>di</strong> <strong>di</strong> Gahalad, Gahalad, Bohor Bohor e e e Parsifal. Parsifal.<br />
Parsifal.<br />
Capitolo 34.<br />
Dopo cinque giorni, Gahalad giunse in un monastero ove<br />
trovò re Baudemagu ferito e se ne chiese il motivo,<br />
riconosciutolo imme<strong>di</strong>atamente, quest’ultimo glielo <strong>di</strong>sse<br />
imme<strong>di</strong>atamente, raccontandogli questa storia: ”Devi sapere<br />
che in questo convento v’è uno scudo che può essere<br />
imbracciato solamente dal migliore dei cavalieri, io l’ho<br />
inavvertitamente preso e subito dopo fui battuto dal cavaliere<br />
bianco, che mi <strong>di</strong>ede un messaggio per te; devi prendere lo<br />
scudo ed andare in una vicina radura, li verrai a sapere quanto ti<br />
stai domandando nel tuo cuore”. L’indomani, dopo la messa, un<br />
monaco accompagnò Gahalad <strong>di</strong>etro all’altare maggiore e gli<br />
consegnò uno scudo bianco su cui era <strong>di</strong>pinta una croce<br />
198<br />
riuscisse a liberarla n’avrebbe molto onore ed ancor maggiore<br />
gloria”, detto questo se n’andò definitivamente.<br />
Subito i cavalieri iniziarono a commentare l’aspetto della<br />
giovinetta, che non era dei più belli, infatti il primo a parlare fu<br />
Keu che sbottò a <strong>di</strong>re: ”Che carnagione aveva quella damigella,<br />
se l’avessi incontrata durante una notte senza luna sicuramente<br />
non l’avrei assolutamente vista tanto era nera, ma quello che mi<br />
ha maggiormente fatto rabbrivi<strong>di</strong>re è stato lo sguardo, come si<br />
fa ad avere un occhio sporgente e verde, mentre l’altro nero e<br />
talmente incassato da non essere quasi scorto?”, al che si<br />
misero tutti a ridere imme<strong>di</strong>atamente. Ripresosi che furono tutti<br />
dalle risate, Bohor s’alzò e <strong>di</strong>sse: ”Avete notato come sporgeva<br />
il mento? Tutto quel che è finito in quel punto è stato<br />
sacrificato al naso che però era troppo largo <strong>di</strong> nari, per i miei<br />
gusti e che sorriso, amici, veramente solforoso a giu<strong>di</strong>care dalla<br />
dentatura, con quei canini, poi, che sembrava un lupo mannaro,<br />
tanto erano lunghi”. Nessuno fece in tempo a ridere che<br />
Lancillotto aperse subito la bocca, <strong>di</strong>cendo: ”Non parliamo del<br />
ventre, poi, avete visto com’era grosso? Reggeva il seno ed<br />
andava a toccargli il mento. Le spalle chi le ha viste?<br />
Sembravano una delle grucce a cui appendo le mie camice<br />
dopo che le ho lavate”<br />
Subito lo incalzò Lionello, che tratteneva a stento il gran<br />
ridere, e prese a <strong>di</strong>re: ”Ma che ne <strong>di</strong>te <strong>di</strong> quel fisico da<br />
spaventapasseri? Era talmente magra che gli avrei<br />
tranquillamente contato tutte le ossa. Però dobbiamo dargli atto<br />
d’alcune cose: secondo me aveva due belle ginocchia che<br />
facevano compagnia ad altrettanto splen<strong>di</strong><strong>di</strong> pie<strong>di</strong>”, dopo<br />
quest’ultimo commento tutti s’accorsero che avevano finito gli<br />
argomenti <strong>di</strong> <strong>di</strong>leggio e si fecero seri ed iniziarono a pensare<br />
quanto detto dall’orribile damigella, tanto è vero che molti<br />
ebbero in mente <strong>di</strong> andare a far levare l’asse<strong>di</strong>o dal castello con<br />
la pulzella.<br />
171
L’unico che rimase momentaneamente silente fu Parsifal, il<br />
quale si mostrò molto pensieroso, al che Lionello gli s’avvicinò<br />
e gli chiese, posandogli una mano sulla spalla: ”Buon Parsifal,<br />
qualcosa ti sta angustiando tanto da tacere?”. Parsifal si riebbe<br />
imme<strong>di</strong>atamente e prese a <strong>di</strong>re: ”Ho sentito parlare molto del<br />
Ricco Re Pescatore e della sua miracolosa lancia, ho sentito<br />
anche sostenere che è mio zio, ma qualcuno mi può far sapere<br />
qualcosa d’altro a tal proposito?”, nessuno riuscì a rispondere<br />
perché in quel preciso momento avenne un altro fatto che fece<br />
stupire la corte. Infatti si presentò sulla soglia della sala un<br />
cavaliere completamente armato d’azzurro, che tuonò <strong>di</strong>cendo:<br />
”Messer Galvano mi è stato or<strong>di</strong>nato <strong>di</strong> venirvi a cercare perché<br />
reo e <strong>di</strong> sfidarvi a duello nel minor tempo possibile”. Galvano<br />
avvampò alquanto a quelle parole, ma nel frattempo il cavaliere<br />
era gia sparito, allora il nipote del preferito del re sbottò a <strong>di</strong>re:<br />
”Un simile insulto al mio onore è intollerabile, soprattutto se<br />
mosso davanti al buon re, mio zio, ed all’intiera corte, chiedo<br />
l’imme<strong>di</strong>ato congedo per lavare quell’onta”<br />
Anche Parsifal si prostrò davanti ad Artù e gli <strong>di</strong>sse: ”Mio sire<br />
chiedo anch’io il congedo per andare a rime<strong>di</strong>are il danno fatto<br />
involontariamente presso la corte <strong>di</strong> questo misterioso zio che<br />
mi hanno attribuito”. Artù ne fu molto rattristato ma, alzatosi, si<br />
rivolse ai due pro<strong>di</strong> e <strong>di</strong>sse: ”L’onore d’entrambi è stato<br />
macchiato in mia presenza, quin<strong>di</strong> devo concedere il congedo<br />
ad entrambi per poterlo andare a lavare nelle rispettive<br />
avventure, ma sappiate che la cosa m’addolora alquanto perché<br />
devo fare a meno <strong>di</strong> due dei miei cavalieri più valorosi nello<br />
stesso momento, ora andate e buona fortuna ad entrambi”,<br />
subito i due cavalieri s’andarono ad armare, quin<strong>di</strong> partirono<br />
assieme per andarsene nelle loro avventure. Parsifal e Galvano<br />
si fecero compagnia vicendevolmente per alcune giornate <strong>di</strong><br />
cammino, finché non giunsero ad un bivio ove dovettero<br />
separarsi per seguire ognuno la propria avventura. Dopo molto<br />
peregrinare, Parsifal incontrò un monaco viandante e,<br />
172<br />
voi”. Subito i due si misero a sedere nella sagrestia della<br />
cappella ed il religioso prese a <strong>di</strong>re: ”Sir Lancillotto dovete<br />
sapere che all’inizio voi eravate buono e privo <strong>di</strong> macchia,<br />
finché il giorno in cui Artù e Ginevra, la quale per l’occasione<br />
s’era confessata malamente a tal punto che il <strong>di</strong>avolo entrò in<br />
lei, si sposarono ad un suo sguardo ti portò alla lussuria, così le<br />
valorose imprese le portasti a compimento solamente grazie<br />
alle altre virtù che nel frattempo ti erano rimaste intatte;<br />
purtroppo per quel peccato capitale, messer Lancillotto, voi<br />
siete totalmente fuori dalla ricerca del Santo Graal, l’unica<br />
possibilità che avete prevede <strong>di</strong> ottenere la Grazia Divina”. Il<br />
mattino dopo i due compagni presero la messa del mattino,<br />
quin<strong>di</strong> il religioso s’avvicinò a Lancillotto e gli <strong>di</strong>sse: ”Ora,<br />
messere, potete andare dove volete, ma vi prego d’indossare<br />
questo cilicio sotto la vostra armatura, fintanto che non sarà<br />
finita questa gran cerca da cui voi siete ormai totalmente<br />
escluso, inoltre fino ad allora dovreste vivere solamente con<br />
acqua e pane, per scoraggiare la lussuria ed altri peccati<br />
mortali”.<br />
Fatta che ebbe poca strada dalla cappella, Lancillotto fu<br />
fermato da un cavaliere misterioso che gli <strong>di</strong>sse: ”Messere, se<br />
volete passare oltre dovete prima battervi contro <strong>di</strong> me in un<br />
duello al primo sangue”. Lancillotto non aspettava altro e gli si<br />
fece vicino, <strong>di</strong>cendo: ”Sono ben felice d’accontentare la vostra<br />
bramosia <strong>di</strong> sangue, quin<strong>di</strong> mettetevi in guar<strong>di</strong>a ed abbiate<br />
paura della mia forza” ma al primo assalto Lancillotto fu<br />
<strong>di</strong>sarcionato e fatto prigioniero, subito fu portato in un vicino<br />
castello ove lo gettarono in un’orrenda segreta. Il mattino<br />
successivo, il cavaliere vincitore scese da Lancillotto e,<br />
avvicinatosi al pala<strong>di</strong>no, prese ad interrogarlo sulle sue<br />
intenzioni, ma il nostro eroe si rifiutò <strong>di</strong> rispondere, alla fine il<br />
vincitore gli s’avvicinò chiedendogli: ”Almeno il vostro nome,<br />
vi potrete prendere la briga <strong>di</strong> <strong>di</strong>rmelo, se vi piace”. Lancillotto<br />
lo guardo con uno sguardo carico d’o<strong>di</strong>o, poi <strong>di</strong>sse: ”Se proprio<br />
197
A quella rivelazione, il parroco si mise davanti a Lancillotto,<br />
<strong>di</strong>cendogli, in<strong>di</strong>candogli il crocefisso: ”Quest’uomo, che fu<br />
proclamato figlio <strong>di</strong> Dio, ha allargato le proprie braccia sulla<br />
croce per accogliere tutti i peccatori che si convertono alla Sua<br />
Parola, quin<strong>di</strong> il mio consiglio nei tuoi confronti è quello <strong>di</strong><br />
pentirti totalmente <strong>di</strong> quanto hai fatto fino ad ora, perché<br />
nessuno su questa terra è immune al peccato, tranne<br />
l’unigenito”. A questo punto il prelato fece una breve pausa per<br />
raccogliere le idee, poi continuò <strong>di</strong>cendo: ”A maggior ragione<br />
tutti quelli che, come te, sono impegnati nella cerca del Santo<br />
Graal devono passare per la porta della confessione, altrimenti<br />
n’avranno onta e <strong>di</strong>sonore”<br />
Finalmente il padre finì il proprio sermone, lasciando però<br />
Lancillotto molto <strong>di</strong>sorientato ed indeciso, perché se avesse<br />
confessato tutte le colpe che si portava addosso, avrebbe dovuto<br />
parlare anche della sua insana passione per la regina Ginevra,<br />
ottenendone anche la ricchezza per merito <strong>di</strong> colei; alla fine,<br />
sotto le insistenze del padre, Lancillotto confessò tutto, finendo<br />
col raccontare anche come fu facilmente battuto in duello e <strong>di</strong><br />
come gli sia apparso in sogno il Santo Graal, chiedendo<br />
spiegazione per quei due avvenimenti. A quell’esplicita<br />
richiesta, il buon padre iniziò a <strong>di</strong>re: ”Dovete sapere che al<br />
bivio il sentiero <strong>di</strong> destra era la cavalleria terrena, mentre quello<br />
a mano manca in<strong>di</strong>cava la cavalleria celeste, ed è quello che<br />
avete imboccato con troppo orgoglio in cuore e fu per questo<br />
che foste battuto dal cavaliere bianco; per quanto riguarda il<br />
sogno col Santo Graal, foste spogliato delle armi e del cavallo<br />
perché il Graal stesso vi vede totalmente spoglio <strong>di</strong> buoni<br />
pensieri ed opere”, vistosi messo alle strette in quel modo,<br />
Lancillotto si sentì obbligato a pentirsi ed a rinunciare<br />
all’amore per la regina Ginevra. Subito il religioso impartì a<br />
Lancillotto l’assoluzione <strong>di</strong>cendogli: ”Cavaliere per ora vi<br />
conviene restare presso <strong>di</strong> me ancora per qualche altra ora<br />
perché devo chiarirvi <strong>di</strong>verse cose <strong>di</strong> massima importanza per<br />
196<br />
fermatolo, gli <strong>di</strong>sse: ”Buon padre mi potrebbe dare la sua<br />
bene<strong>di</strong>zione?”. Il padre lo guardò per un attimo e gli <strong>di</strong>sse:<br />
”Cavaliere, non vi posso dare la bene<strong>di</strong>zione, perché state<br />
girando completamente armato <strong>di</strong> Venerdì Santo, cosa che non<br />
dovrebbe succedere”<br />
Una volta solo, Parsifal si <strong>di</strong>sarmò ed iniziò a portare il<br />
cavallo alla briglia, finché, davanti ad un castello<br />
apparentemente <strong>di</strong>sabitato, rincontrò lo stesso monaco e gli<br />
<strong>di</strong>sse: ”Buon padre v’incontrai poco tempo fa chiedendovi la<br />
bene<strong>di</strong>zione e me l’avete negata perché completamente armato<br />
<strong>di</strong> Venerdì Santo; ora siete <strong>di</strong>sposto a concedermela?”. Il padre<br />
lo riconobbe imme<strong>di</strong>atamente e gli <strong>di</strong>sse: ”Cavaliere, vedo che<br />
avete rime<strong>di</strong>ato al vostro errore, quin<strong>di</strong> posso concedervela a<br />
buon <strong>di</strong>ritto e dovere”. Impartita che fu la bene<strong>di</strong>zione, il<br />
monaco riprese a <strong>di</strong>re: ”Messer Parsifal, v’invito a restare in<br />
mia compagnia finquando non scenderà il sole sul Lunedì<br />
dell’Angelo, in quel momento vi potrò alcune informazioni<br />
sulla vostra cerca”. Dopo quattro giorni il monaco fece sedere<br />
Parsifal e gli <strong>di</strong>sse: ”Perché tu possa incontrare il Ricco Re<br />
Pescatore segui quanto ti <strong>di</strong>co alla lettera; vai avanti per quella<br />
strada laggiù finché non troverai una montagna alquanto<br />
impervia, scalata quella dovrai guadare un vorticoso fiume,<br />
dopo<strong>di</strong>chè incontrerai un gran re che ti darà nuove in<strong>di</strong>cazioni<br />
sul tuo percorso”.<br />
Effettivamente Parsifal incontrò le <strong>di</strong>fficoltà che il monaco gli<br />
aveva predetto ed incontrò il re, il quale <strong>di</strong>sse: ”Messer Parsifal,<br />
sono <strong>di</strong>versi giorni che vi sto attendendo per potervi ospitare<br />
degnamente nel mio castello ed istruirvi sul percorso che vi<br />
deve portare al maniero del Monsalvato. Ora vi prego<br />
cortesemente <strong>di</strong> seguirmi fiduciosamente al mio castello”.<br />
Entrati che furono nel castello, il re chiamò la figlia e gli <strong>di</strong>sse:<br />
”Mia cara io devo dare cre<strong>di</strong>to ai miei impegni, dovresti<br />
prenderti cura tu del nostro ospite, finché io non sarò tornato”.<br />
Nello stesso istante il re si rivolse a parte ai propri cortigiani,<br />
173
<strong>di</strong>cendo: ”Tenete sott’occhio i due ragazzi e sappiatemi <strong>di</strong>re se<br />
il loro incontro porta a qualcosa”, intanto Parsifal s’era seduto<br />
nell’androne <strong>di</strong> una finestra assieme alla bella principessa ed<br />
iniziò a raccontargli le proprie avventure, che erano veramente<br />
molte gia allora, suscitando molto interesse nella sua<br />
interlocutrice. I cortigiani sentirono tutto quanto e corsero dal<br />
loro re e gli <strong>di</strong>ssero: ”Sire le avventure <strong>di</strong> quel cavaliere sono<br />
talmente numerose e mirabolanti da essere un buon partito per<br />
vostra figlia, si può fare in modo che si sposino” il re, però<br />
continuò a tentennare alquanto.<br />
In quel momento passò uno dei valletti, al che il re lo chiamò<br />
a se e gli <strong>di</strong>sse: ”Giovinetto, hai sentito quanto mi è stato<br />
riferito poco anzi dai miei cortigiani? Vedo che hai sentito<br />
tutto, a giu<strong>di</strong>care dalla tua espressione, allora desidero che tu<br />
mi <strong>di</strong>a qualche suggerimento a questo proposito, se te ne<br />
vengono in mente”, il valletto si mise a pensare per qualche<br />
minuto facendo il più assoluto silenzio. Finalmente prese a <strong>di</strong>re:<br />
”Sire, penso che non ci sia altro che una cosa che si possa fare,<br />
bisogna che quel cavaliere sia imme<strong>di</strong>atamente imprigionato,<br />
od in ogni modo al più presto, finché non sapremo quali siano<br />
le sue reali intenzioni”<br />
”Sarebbe una bell’idea, per conoscerlo meglio, ma mia figlia<br />
sembra che non si voglia staccare da costui nemmeno per<br />
andare a dormire e bisognerebbe incatenare anche lei, in<br />
quest’evenienza”<br />
”Messere che cos’è l’incarcerazione <strong>di</strong> una figlia per il bene<br />
del proprio reame? Conviene agire al più presto, prima che i<br />
due inizino a sospettare qualunque cosa”. Allora il re si decise e<br />
rivolgendosi alle guar<strong>di</strong>e presenti nella sala del trono, <strong>di</strong>sse:<br />
”Miei fi<strong>di</strong> eseguite alla lettera quanto <strong>di</strong>ce questo giovinetto e<br />
vi prego <strong>di</strong> fare il più in fretta possibile, e se mia figlia dovesse<br />
fare resistenza anche lei avete il mio preciso or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong><br />
incarcerarla imme<strong>di</strong>atamente”, quella sera stessa i due giovani<br />
si ritrovarono incarcerati nella più orrida delle segrete del<br />
174<br />
giaciglio alquanto sicuro e, accu<strong>di</strong>to il cavallo, si tolse l’elmo e<br />
la spada, addormentandosi all’istante. Nel sonno Lancillotto<br />
fece uno strano sogno, infatti vide arrivare un cavaliere<br />
ammalato, portato ad una cappella <strong>di</strong>roccata su <strong>di</strong> una barella,<br />
ivi giunto, i portantini lo fecero scendere, mentre l’ammalato<br />
gemeva a spezzare il cuore, ma s’accostò sempre più all’altare<br />
dove, arrivato che fu, s’inginocchiò e prese a <strong>di</strong>re: ”Mio buon<br />
Dio, fammi la grazia <strong>di</strong> guarirmi con l’intervento della santa<br />
reliquia del sacro Graal, altrimenti ne morrò all’istante”, in quel<br />
preciso istante comparve dal nulla un candelabro d’argento a<br />
sei braccia e, subito dopo, una tavola argentata cui sopra<br />
poggiava la Sacra Coppa, a quella vista il misterioso malato<br />
raggiunse le sacre reliquie rimanendone guarito, come stette<br />
bene, il cavaliere s’accorse <strong>di</strong> Lancillotto e vide quanto fosse<br />
stolto il suo animo, così gli prese le armi ed il cavallo e se<br />
n’andò per la propria strada. Imme<strong>di</strong>atamente dopo, Lancillotto<br />
si svegliò e si ritrovò senza n’armi né cavallo, subito si fece<br />
u<strong>di</strong>re una misteriosa voce che gli <strong>di</strong>sse: ”Stolto <strong>di</strong> un cavaliere,<br />
devi andartene da questo luogo, perché non siete per niente<br />
pentito delle vostre azioni”, subito Lancillotto partì con la<br />
<strong>di</strong>sperazione nel cuore. Durante il viaggio la <strong>di</strong>sperazione<br />
crebbe a <strong>di</strong>smisura, perché nella solitu<strong>di</strong>ne continuava a<br />
pensare sulle sue avventure per vedere cosa avesse sbagliato,<br />
finalmente la cosa fu chiara, infatti si <strong>di</strong>sse: ”Ora ricordo che è<br />
da quando sono stato elevato a cavaliere che vivo nella lussuria<br />
più sfrenata”.<br />
Tempo dopo, Lancillotto arrivò, sempre appiedato e<br />
<strong>di</strong>sarmato, ad una chiesetta e, finita la messa vespertina,<br />
raggiunse il parroco e gli chiese: ”Padre, sono un gran<br />
peccatore e vorrei che lei mi confessasse”, il prelato portò<br />
Lancillotto al confessionale raccontandogli la parabola dei tre<br />
servi e dei talenti. Una volta che la storia fu finita, vicino al<br />
confessionale, Lancillotto <strong>di</strong>sse: ”Purtroppo i miei numerosi<br />
talenti li ho sprecati tutti quanti in modo totalmente sbagliato”.<br />
195
con queste parole: ”Messer Parsifal è da <strong>di</strong>versi giorni che<br />
v’attendo in questo loco per portarvi dove regna il sacro Graal,<br />
ora per favore fatevi avanti su questo legno con la massima<br />
velocità che potete permettervi”, Parsifal non si fece ripetere<br />
due volte l’invito e, come fu a bordo, la nave prese nuovamente<br />
il largo.<br />
Parte Parte nona: nona: avventure avventure <strong>di</strong> <strong>di</strong> <strong>di</strong> Lancillotto Lancillotto<br />
Lancillotto<br />
Capitolo 33.<br />
Un giorno Lancillotto si trovò <strong>di</strong> fronte ad un bivio all’interno<br />
<strong>di</strong> una foresta, presso il quale s’innalzava una croce sulla quale<br />
v’era impressa una frase che <strong>di</strong>ceva: tu che giungesti in questo<br />
bivio, attento! Entrambi i sentieri che da qui <strong>di</strong>partono sono<br />
perigliosi, ma se a mano manca vai la strada più tranquilla<br />
troverai. Vedendo quelle cifre, Lancillotto prese alla lettera il<br />
consiglio ed imboccò la sinistra, fatte poche miglia, si ritrovò in<br />
una radura ove, appoggiata ad una tavola, v’era una corona<br />
d’oro e decise <strong>di</strong> prenderla con se <strong>di</strong>cendosi: ”Se questo<br />
prezioso oggetto resta in questo loco così incusto<strong>di</strong>to, potrebbe<br />
essere rubata, la cosa più sensata che posso fare è portarla con<br />
me finché non raggiungo un villaggio abbastanza sicuro ove<br />
possa essere custo<strong>di</strong>ta” e riprese la propria strada sperando<br />
d’arrivare velocemente in un posto sicuro.<br />
Lancillotto non fece molta strada all’interno della foresta che<br />
un cavaliere bianco lo raggiunse <strong>di</strong> gran carriera, a tal vista<br />
Lancillotto mise la propria lancia in resta e partì all’attacco, ma<br />
al momento del contatto la sua lancia si spezzò come un<br />
fuscello mentre Lancillotto stesso finì miseramente a terra,<br />
perdendo i sensi per qualche secondo. Una volta che si fu<br />
ripreso, Lancillotto vide che il suo sfidante se ne stava andando<br />
con la corona e senza badare minimamente a lui. Subito<br />
Lancillotto si rialzò tutto dolorante e tornò in sella con molta<br />
fatica, quin<strong>di</strong> riprese il viaggio fino a notte ormai fonda senza<br />
trovare il benché minimo rifugio. Vedendosi così in <strong>di</strong>fficoltà,<br />
Lancillotto si fermò sotto <strong>di</strong> una quercia che poteva dargli un<br />
194<br />
castello. Al loro risveglio, il mattino successivo, Parsifal e la<br />
damigella u<strong>di</strong>rono un grande scalpiccio nella corte del maniero,<br />
allora Parsifal chiamò una guar<strong>di</strong>a e gli chiese: ”Messere, si<br />
può sapere come mai tutta questa confusione, la fuori? Per caso<br />
il castello è stato attaccato da qualche nemico?”. La guar<strong>di</strong>a si<br />
fece alquanto <strong>di</strong>ffidente poi, vedendo la nobiltà d’animo <strong>di</strong><br />
Parsifal, gli rispose: ”Messere dovete sapere che il mio signore,<br />
il re <strong>di</strong> questo castello, ha un conte suo vicino che è alquanto<br />
molesto e ha deciso <strong>di</strong> muovergli battaglia proprio nella<br />
giornata d’oggi”. Parsifal, nell’u<strong>di</strong>re quella notizia, s’illuminò<br />
alquanto, infatti si fece avanti e <strong>di</strong>sse: “Messere, se me lo<br />
concedete, vorrei partecipare anch’io a quella guerra in<br />
incognito, con la promessa <strong>di</strong> ritornare alla prigione ad ogni<br />
tramonto, prima che il tuo re rientri al castello”<br />
La guar<strong>di</strong>a titubò alquanto, alla fine si rivolse a Parsifal e gli<br />
<strong>di</strong>sse: ”Messere, siete proprio un uomo <strong>di</strong> coraggio ed orgoglio,<br />
vi concedo l’onore <strong>di</strong> partecipare allo scontro secondo le<br />
con<strong>di</strong>zioni che mi avete appena dato, perché credo nella vostra<br />
parola ed alla nobiltà d’animo che ispirate, sapendo tutto sulle<br />
vostre precedenti avventure”, così Parsifal si ritrovò<br />
momentaneamente libero ed armato <strong>di</strong> tutto punto, come la sua<br />
con<strong>di</strong>zione richiedeva. Giunto che fu sul campo <strong>di</strong> battaglia,<br />
Parsifal si comportò con molto onore, uccidendo parecchi dei<br />
nemici che si meritavano la morte, rientrando puntualmente in<br />
prigione al calar della sera; la guerra durò in questo modo per<br />
altri due giorni, senza che nessuno degli armati del re sapesse<br />
nulla <strong>di</strong> chi fosse quel misterioso e valoroso cavaliere.<br />
Il terzo giorno, Parsifal si ritrovò davanti il perfido conte, che<br />
gli <strong>di</strong>sse: ”Cavaliere mi avete arrecato molto danno, uccidendo<br />
parecchi dei miei uomini, finalmente sono riuscito a<br />
raggiungervi per porre fine allo scempio che mi state facendo”,<br />
Parsifal lo stu<strong>di</strong>ò per qualche secondo, giusto quanto bastò per<br />
in<strong>di</strong>viduare il punto debole del fellone. Appena il suo intuito<br />
ebbe trovato dove colpire, Parsifal <strong>di</strong>sse: ”Messere, avete fatto<br />
175
molto male e dato ancor più fasti<strong>di</strong>o al mio ospite che non vi<br />
meritate <strong>di</strong> meno, ora vi conviene mettervi in guar<strong>di</strong>a ed<br />
iniziare il duello contro <strong>di</strong> me”, finito che ebbero <strong>di</strong> parlare, i<br />
due partirono alla carica e Parsifal colpì il conte dritto al collo,<br />
<strong>di</strong>sarcionandolo imme<strong>di</strong>atamente ed uccidendolo all’istante,<br />
quin<strong>di</strong> gli fu addosso e spiccò la testa del fellone per portarla<br />
<strong>di</strong>rettamente al re. Arrivato che fu davanti al re, Parsifal gli<br />
consegnò il macabro trofeo e gli <strong>di</strong>sse: ”Sire, da questo<br />
momento in poi potete regnare in tutta tranquillità, visto che il<br />
vostro rivale, così fellone contro <strong>di</strong> voi, è stato ucciso dalla mia<br />
spada, come <strong>di</strong>mostra molto bene questo trofeo”<br />
Il re fu molto contento della cosa, ma alquanto perplesso<br />
perché non conosceva assolutamente quel cavaliere, allora<br />
Parsifal s’avvicinò ulteriormente e, alzata la celata della propria<br />
armatura, <strong>di</strong>sse: ”Messere vi vedo molto contrariato <strong>di</strong> non<br />
conoscere la mia identità, visto che mi avete fatto incarcerare la<br />
sera precedente all’inizio <strong>di</strong> questa guerra assieme alla vostra<br />
splen<strong>di</strong>da figlia, ebbene ora è giunto il momento che voi e tutta<br />
la vostra corte sappiate chi avete davanti; sono Parsifal del<br />
reame <strong>di</strong> Camaalot, cavaliere della Tavola Rotonda presso la<br />
corte <strong>di</strong> re Artù <strong>di</strong> Camelot”. Nel sapere l’identità del prode, il<br />
re fu molto felice ma anche molto turbato, per il trattamento<br />
che gli aveva riservato, quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>sse: ”Si sappia che codesto<br />
valoroso cavaliere da questo momento in poi è libero <strong>di</strong> girare<br />
per l’intiero mio reame a suo piacimento”. Dopo<strong>di</strong>chè si rivolse<br />
a Parsifal e gli chiese: ”Messer Parsifal, come posso esservi<br />
utile e nel contempo chiedervi perdono per quanto avete subito<br />
a causa mia?”<br />
Parsifal non ci pensò su due volte e <strong>di</strong>sse: ”Sire, mi è stato<br />
riferito che voi mi potete comunicare alcune informazioni su<br />
come trovare il castello delle meraviglie del Monsalvato, ove<br />
vive il povero Ricco Re Pescatore, che forse riuscirò ad<br />
alleviargli le terribili sofferenze che lo affliggono”. Il re fu<br />
molto contento <strong>di</strong> riuscire a cavarsela con solamente<br />
176<br />
ricor<strong>di</strong> cosa <strong>di</strong>sse re Artù, alcuni anni fa, quando la cerca del<br />
Graal fu avviata? Vedo che te lo ricor<strong>di</strong> benissimo, allora sappi<br />
che quei pochissimi eletti che siederanno alla mensa del Graal<br />
sarete tu, Gahalad ed il buon Bohor, ma non so <strong>di</strong>rti chi <strong>di</strong> voi<br />
tre potrà conquistare definitivamente la sacra coppa. Sappi<br />
inoltre che il buon Gahalad si presentò all’intiera corte in quel<br />
modo solamente per richiamare l’attenzione sulla santità della<br />
cerca che stavate per intraprendere”; su questo tono nipote e zia<br />
continuarono a parlare finché non calò nuovamente la sera e si<br />
dovettero ritirare nelle proprie stanze.<br />
Il mattino successivo, Parsifal assistette nuovamente alla<br />
prima messa della giornata e, riarmatosi <strong>di</strong> tutto punto, si<br />
accinse a riprendere il proprio viaggio, quando il castellano lo<br />
fermò <strong>di</strong>cendogli: ”Messere, mi sembra d’aver capito che la<br />
strada percorsa da voi e dai vostri compagni è molto lunga e<br />
pericolosa, quin<strong>di</strong> concedetemi <strong>di</strong> donarvi questo splen<strong>di</strong>do<br />
stallone per continuare l’ardua cerca in cui siete impegnato”.<br />
Parsifal rimase molto colpito per quel dono così inaspettato e <strong>di</strong><br />
valore, infatti subito <strong>di</strong>sse: ”Vi ringrazio del dono, messere,<br />
anche se non dovevate <strong>di</strong>sturbarvi con una cosa tanto pregiata,<br />
ma ora permettetemi <strong>di</strong> congedarmi da voi e dall’amata zia e<br />
partire per le mie avventure, dato che sono stato ritardato fin<br />
troppo nei giorni scorsi”. Congedatosi finalmente da tutti<br />
quanti, Parsifal riprese il proprio viaggio, arrivando verso sera<br />
al mare, giunto che fu alla spiaggia, s’accampò per la notte<br />
riposando nel migliore dei mo<strong>di</strong>.<br />
Il mattino successivo, al risveglio, Parsifal vide un’immensa<br />
imbarcazione poco <strong>di</strong>stante dalla riva, che la sera prima era<br />
sicuro <strong>di</strong> non aver notato. Questa nave aveva le vele <strong>di</strong> seta,<br />
sulle quali v’era una scritta a caratteri ben visibili, che <strong>di</strong>ceva:<br />
O tu empio che vuoi salire a bordo, stattene alla larga da questo<br />
naviglio se non buoi cadere nel più grande dei peccati. Sul ponte<br />
della nave v’era un vegliardo in camice e cotta, la cui fronte era<br />
adornata da una can<strong>di</strong>da fascia <strong>di</strong> seta che si rivolse a Parsifal<br />
193
trovato un posto sicuro sotto la volta stellata, vi si coricò<br />
dormendo tutta la notte. Il mattino successivo Parsifal fu<br />
risvegliato dai primi raggi dell’alba e dal cinguettare degli<br />
uccelli più mattinieri e, alzatosi, riprese il proprio cammino per<br />
<strong>di</strong>verse ore, arrivando, verso sera, completamente sfinito ad un<br />
castello, ove fu calorosamente accolto per la notte. Visto che<br />
era dal mattino prima che non toccava cibo, gli ospiti <strong>di</strong> Parsifal<br />
prepararono per l’occasione un sontuoso festino che durò<br />
alquanto, facendo crollare <strong>di</strong> stanchezza il buon cavaliere, che<br />
fu accompagnato in una sontuosa camera che nel frattempo gli<br />
era stata preparata, il letto su cui si coricò era degno <strong>di</strong> un gran<br />
re e vi dormì saporitamente per tutta la notte. Spuntato che fu il<br />
mattino, Parsifal prese la prima messa della giornata e si<br />
preparò per ripartire, nuovamente a pie<strong>di</strong>, ma quando fu al<br />
centro della corte si sentì chiamare da una voce femminile;<br />
avvicinatosi alla finestrella da cui provenivano quegli accenti,<br />
vide una gran dama che assomigliava tantissimo alla madre e<br />
gli <strong>di</strong>sse: ”Mia signora, avete un volo che mi è noto, ma pur<br />
non riesco ad immaginare dove possa avervi conosciuta durante<br />
la mia vita”. La misteriosa dama lo guardò per qualche secondo<br />
con enorme affetto, poi <strong>di</strong>sse: ”Caro Parsifal puoi ben capire<br />
che i miei tratti ti ricor<strong>di</strong>no molto da vicino qualcuno, infatti<br />
sono tua zia, sorella dell’amata madre che lasciasti tempo fa<br />
alla corte <strong>di</strong> re Artù senza che mi fosse spiegato il motivo della<br />
tua partenza”<br />
A quelle parole, il cuore <strong>di</strong> Parsifal sussultò <strong>di</strong> gioia per il<br />
fortunato incontro e gli <strong>di</strong>sse: ”Mia dolce zia, dovete sapere che<br />
la mia improvvisa partenza è dovuta alla conferma della cerca<br />
che da tempo impegna me e tutti i miei compagni, trovare, e<br />
riconquistare per la maggior gloria della cristianità, il Santo<br />
Graal ed in quella giornata della mia partenza fui informato che<br />
Egli mi sta attendendo da qualche parte, senza che mi fosse<br />
detto dove andare per Incontrarlo”. La dama si compiacque per<br />
la ripresa della gran cerca e <strong>di</strong>sse al nipote: ”Buon Parsifal, ti<br />
192<br />
un’informazione, quin<strong>di</strong> gli <strong>di</strong>sse: ”Messer Parsifal dovete<br />
continuare la vostra cerca in quella <strong>di</strong>rezione, dove il sole<br />
tramonta, ad una giornata <strong>di</strong> viaggio da qui vi troverete una<br />
montagna ben più aspra <strong>di</strong> quella che avete gia superato, e<br />
subito dopo un impegnativo stagno infestato da tremende<br />
zanzare e basilischi, superati questi due ostacoli, ogni luogo<br />
può essere quello giusto per trovare il Monsalvato, perché<br />
dovreste ormai saperlo che quel magico luogo si fa vedere<br />
solamente dagli eletti al suo mistero”. Parsifal ringraziò<br />
enormemente il re e, preso congedo, partì imme<strong>di</strong>atamente per<br />
proseguire la propria avventura.<br />
Capitolo 29.<br />
Superati che ebbe i due ostacoli descritti dal buon re, non<br />
senza <strong>di</strong>fficoltà che non stiamo qua a raccontare, Parsifal trovò<br />
un maniero dalle porte spalancate; nella prima sala terrena,<br />
Parsifal vide una splen<strong>di</strong>da scacchiera intagliata i cui pezzi si<br />
muovevano completamente da soli, quin<strong>di</strong> il buon pala<strong>di</strong>no<br />
decise <strong>di</strong> tifare per una delle due parti, ma quella che scelse,<br />
alla fine della partita, perse miseramente, facendo infuriare<br />
terribilmente Parsifal, che scagliò la scacchiera stessa fuori<br />
dalla finestra, nel fossato. In quello stesso istante comparve una<br />
splen<strong>di</strong>da dama, completamente vestita <strong>di</strong> nero, che lo<br />
rimproverò con queste parole: ”Cavaliere, hai fatto un gesto<br />
veramente poco nobile, sappi che per essere perdonato per il<br />
gesto e recuperare la scacchiera che hai gettato nel fossato, devi<br />
recarti nel paese <strong>di</strong> Laer Ysbionogyl e quivi cercare il signore<br />
del luogo, conosciuto come il Cavaliere Nero, il quale sta<br />
devastando i vasti domini della mia imperatrice e dovrai<br />
ucciderlo, ma sappi una cosa, l’impresa non è riuscita ad<br />
alcuno, finora”<br />
Nel giro <strong>di</strong> mezza giornata Parsifal riuscì a giungere alla<br />
località in<strong>di</strong>catagli dalla dama nera, che lo aveva seguito<br />
nell’impresa, e trovare il terribile signore locale, il quale,<br />
avendolo visto, <strong>di</strong>sse: ”Cavaliere, sappiate che chiunque giunga<br />
177
in questo paese deve battersi contro <strong>di</strong> me e battermi<br />
definitivamente, altrimenti la pena sarà la morte per il<br />
perdente”. Parsifal fremette per tanta arroganza, poi <strong>di</strong>sse:<br />
”Signore, voi siete troppo sicuro <strong>di</strong> voi stesso e ho paura che<br />
abbiate trovato nella mia persona chi vi batterà in modo<br />
inesorabile e definitivo, ora se non vi <strong>di</strong>spiace mettetevi in<br />
guar<strong>di</strong>a se non siete un codardo”. Il Cavaliere Nero si ritenne<br />
offeso da quell’ultima osservazione e <strong>di</strong>sse: ”Messere mi<br />
ritengo denigrato dalle vostre parole che fanno <strong>di</strong> me un bifolco<br />
miserabile che scappa nel vedere la prima lama che incontra,<br />
quin<strong>di</strong> con enorme piacere vi batterò nel giro <strong>di</strong> pochi assalti” e<br />
detto questo il Cavaliere Nero assaltò Parsifal, che si aspettava<br />
la mossa, e mirò con la propria lancia alla celata<br />
dell’avversario.<br />
A quel colpo crudele, il Cavaliere Nero cadde a terra,<br />
tramortito e chiese pietà perché aveva trovato effettivamente<br />
chi fosse molto più forte <strong>di</strong> lui, allora Parsifal <strong>di</strong>sse: ”Messere<br />
dato che avete riconosciuto la vostra debolezza nei miei<br />
confronti, vi concedo la vita a patto che non portiate mai più<br />
l’armatura che avete, ora <strong>di</strong>sonorato, inoltre dovete mettere a<br />
posto la scacchiera magica che io gettai imprudentemente nel<br />
fossato <strong>di</strong> quella dama che ci sta osservando in questo preciso<br />
istante”. La dama nera sentì tutto quanto e, avvicinatasi a<br />
Parsifal, gli <strong>di</strong>sse: ”Messere, questo cavaliere è tra<strong>di</strong>tore e non<br />
mantiene mai la parola data, dovete ucciderlo per forza, se<br />
volete che non porti mai più l’armatura” a quelle parole Parsifal<br />
non ci pensò su per niente e spiccò la testa del fellone,<br />
consegnandola alla dama nera. Subito dopo Parsifal si prostrò<br />
alla dama nera e gli chiese: ” ora che ho fatto quanto mi avete<br />
chiesto, ho una domanda che penso legittima, per voi. Vorrei<br />
conoscere la vostra imperatrice che costui infasti<strong>di</strong>va in modo<br />
così <strong>di</strong>sonorevole”<br />
La dama nera guardò il Puro Folle con uno sguardo molto<br />
triste, poi <strong>di</strong>sse: ”Messer Parsifal, visto che conosco il vostro<br />
178<br />
innumerevoli avventure <strong>di</strong> cui sono venuta a conoscenza e ti<br />
hanno dato fama <strong>di</strong> prode persona”. Parsifal ci pensò alcuni<br />
secon<strong>di</strong>, poi <strong>di</strong>sse: ”Madamigella Kundry, avrete anche<br />
l’aspetto <strong>di</strong> una strega, ma il vostro pentimento mi sembra<br />
veramente sincero, quin<strong>di</strong> per quanto mi riguarda siete<br />
completamente perdonata”. Kundry si risollevò e <strong>di</strong>sse:<br />
”Orbene, Parsifal, sappi che il Ricco Re Pescatore ha avuto il<br />
permesso dal Graal <strong>di</strong> far entrare nel Monsalvato te ed una<br />
persona che t’accompagni nella parte finale della tua cerca”.<br />
Parsifal si guardò attorno per vedere chi potersi portare<br />
ad<strong>di</strong>etro, quin<strong>di</strong> si voltò verso Feirefiz e <strong>di</strong>sse: ”Ho deciso che<br />
il mio compagno sia il caro fratello che ho appena ritrovato;<br />
Feirefiz, sei d’accordo ad accompagnarmi?”, il moro asserì<br />
gravemente e s’andarono a preparare per partire.<br />
CAPITOLO 32.<br />
I due fratelli passarono parecchi giorni a cavalcare assieme, in<br />
cerca d’avventure, un giorno arrivarono ad un bivio su cui non<br />
si decisero sulla strada da prendere, allora Feirefiz <strong>di</strong>sse: ”Caro<br />
fratello, invece <strong>di</strong> stare a litigare su chi debba seguire l’altro,<br />
propongo <strong>di</strong> <strong>di</strong>viderci ed ognuno vada per la strada che ha<br />
scelto, sperando che almeno uno <strong>di</strong> noi abbia buona fortuna”.<br />
Parsifal ci pensò un momento, poi <strong>di</strong>sse: ”Buon Feirefiz non<br />
posso far altro che darti ragione, è inutile che stiamo <strong>di</strong>scutendo<br />
sulla strada da prendere, quando ognuno dei due può seguire<br />
quella che ha scelto, dato che siamo entrambi d’accordo, non<br />
mi resta che <strong>di</strong>rti ad<strong>di</strong>o con la speranza d’incontrarci entro<br />
breve tempo ed in circostanze migliori” subito i due si<br />
separarono per continuare in solitu<strong>di</strong>ne le proprie imprese.<br />
Era da molto tempo che Parsifal cavalcava, ad un tratto il suo<br />
cavallo mise lo zoccolo in una buca nascosta e, cadendo<br />
malamente, si ruppe l’osso del collo morendo all’istante; subito<br />
il buon cavaliere si <strong>di</strong>sperò alquanto, ma, ripresosi, ripartì a<br />
pie<strong>di</strong> finché non fu sorpreso dalla notte molto lontano da<br />
qualunque rifugio, ma Parsifal non si <strong>di</strong>sperò più <strong>di</strong> tanto e,<br />
191
che alla sua imme<strong>di</strong>ata parentela col nostro ottimo Parsifal,<br />
propongo d’accogliere Feirefiz all’interno della Tavola<br />
Rotonda”; la proposta fu imme<strong>di</strong>atamente accettata<br />
all’unanimità dei cavalieri presenti. Calmatisi gli animi, Artù<br />
riprese la parola, <strong>di</strong>cendo: ”Molto bene, miei signori, se<br />
l’ingresso <strong>di</strong> Feirefiz nella nostra congrega è concordata, vuol<br />
<strong>di</strong>re che domani si darà inizio ad una fastosa festa in suo onore,<br />
ma ora conviene che noi an<strong>di</strong>amo a dormire”.<br />
Intanto che scorrevano tutti questi <strong>di</strong>scorsi, Lancillotto prese<br />
l’occasione <strong>di</strong> togliere il <strong>di</strong>sturbo e raggiungere la tenda reale,<br />
dove lo stava aspettando trepidante la bella Ginevra; come si<br />
furono entrambi accomodati bellamente su due se<strong>di</strong>e molto<br />
vicine, la regina iniziò a chiedere: ”Mio beneamato cavaliere, è<br />
vero quanto si mormora che Parsifal abbia ritrovato il fratello<br />
maggiore <strong>di</strong> cui si <strong>di</strong>ceva nella profezia dell’orrenda Kundry?”,<br />
intanto prese a slacciarsi la sontuosa veste che gli copriva il<br />
sinuoso corpo, mostrando nel contempo il vigoroso seno.<br />
Mentre Ginevra era intenta in quelle operazioni, Lancillotto<br />
<strong>di</strong>sse: ”Ebbene si mia adorata regina ed il suo nome è Feirefiz,<br />
inoltre dovete sapere che la sua pelle è talmente strana da essere<br />
completamente a chiazze, ma la sua valentia è veramente<br />
enorme”, il cavaliere non fece in tempo a finire la frase che la<br />
regina si ritrovò completamente nuda tra le sue braccia e<br />
cascarono entrambi sul letto <strong>di</strong> lei, amoreggiando finché la<br />
notte iniziò ad avanzare, allora entrambi si rivestirono<br />
velocemente, scambiandosi reciprocamente la promessa <strong>di</strong><br />
ritrovarsi appena gli impegni fossero stati assolti.<br />
Il giorno dopo la gran festa voluta da Artù ebbe inizio con<br />
balli, tornei cacce e banchetti che occuparono <strong>di</strong>versi giorni; ad<br />
interrompere la gioiosa compagnia si presentò Kundry che,<br />
inchinatasi ai pie<strong>di</strong> <strong>di</strong> Parsifal, <strong>di</strong>sse: ”Buon cavaliere,<br />
perdonate una sconsiderata che vi male<strong>di</strong>sse quando eravate un<br />
pala<strong>di</strong>no inesperto perché non avete fatto la debita domanda a<br />
chi <strong>di</strong> dovere, ma la mia convinzione è stata smentita dalle<br />
190<br />
nome, la mia imperatrice la conoscerete a tempo debito, ma ora<br />
dovete compiere un’altra impresa per conto suo. Nella foresta<br />
imperiale vi pascola un grosso cervo velocissimo che abbiamo<br />
ribattezzato il Flagello della Foresta, perché possiede un corno<br />
lunghissimo e più potente <strong>di</strong> una lancia, con cui spezza i rami<br />
degli alberi, uccidendo gli animali; quelli che scampano allo<br />
sterminio muoiono <strong>di</strong> fame perché non trovano <strong>di</strong> che cibarsi,<br />
inoltre tutte le sere va alla peschiera imperiale, prosciugandola<br />
completamente e lasciando i pesci all’asciutto a morire<br />
<strong>di</strong>sidratati, come puoi ben capire, l’impresa non è per niente<br />
facile”. Parsifal sorrise alquanto compiaciuto e prese a <strong>di</strong>re:<br />
”Mia cara dama, vi faccio notare che anche quando mi avete<br />
parlato dell’impresa col cavaliere nero mi davate per spacciato,<br />
ma lo ho battuto al primo assalto, uccidendolo subito dopo su<br />
vostra legittima richiesta, quin<strong>di</strong> mi aspetto che con questo<br />
maestoso cervo la cosa non cambi poi <strong>di</strong> molto” quin<strong>di</strong> i due<br />
s’avviarono verso l’imperial foresta dove si misero a cercare il<br />
grosso animale.<br />
Una volta che il cervo fu rintracciato, Parsifal fece in modo <strong>di</strong><br />
bloccarlo contro un’alta parete <strong>di</strong> pietra e l’uccise, facendogli<br />
scoppiare il cuore con un giavellotto ben assestato; in quel<br />
mentre arrivò un’altra dama a cavallo che, smontata <strong>di</strong> sella, si<br />
rivolse al prode <strong>di</strong>cendogli: ”Messere, se siete amico <strong>di</strong> questo<br />
reame, dovete appostarvi sulla cresta <strong>di</strong> quei monti che vedete<br />
laggiù ed uccidere chiunque passi presso la piatta pietra nelle<br />
cui vicinanze vi accamperete, attirando i malcapitati con<br />
richiamo che lancerete da <strong>di</strong>etro un vicino cespuglio” e Parsifal<br />
ubbidì imme<strong>di</strong>atamente, facendo come gli era stato or<strong>di</strong>nato;<br />
imme<strong>di</strong>atamente arrivò un cavaliere nero che montava un<br />
misero ronzino ossuto e l’uccise senza tanti complimenti.<br />
Compiuta che fu quell’impresa, si presentò alla vista <strong>di</strong> Parsifal<br />
un giovinetto, che gli <strong>di</strong>sse: ”Messer Parsifal, sappiate che la<br />
dama che finora vi ha dato tutte le informazioni ero io, ma vedo<br />
che siete alquanto perplesso perché conosco il vostro nome,<br />
179
sappiate quin<strong>di</strong> che sono vostro cugino ed ero <strong>di</strong> servizio,<br />
quando giungeste al Monsalvato quel maledetto giorno. Vedo<br />
ancora che non mi riconoscete, ma non posso biasimarvi, dato<br />
che è passato molto tempo, sappiate quin<strong>di</strong> che ero quel valletto<br />
che reggeva il vassoio con la testa mozza, la quale apparteneva<br />
ad un nostro sventurato cugino. Ora però non sono qui per<br />
ricordarmi con voi del passato, ma perché devo darvi un’altra<br />
missione da portare a compimento: si tratta <strong>di</strong> andare a Caer<br />
Lloyw e stanare delle perfide streghe ivi rintanate ed ucciderle,<br />
per ven<strong>di</strong>care alcuni cavalieri che esse uccisero nel corso degli<br />
anni, nel darvi queste notizie, cugino, vi auguro buona fortuna”<br />
Lungo la strada per Caer Lloyw, Parsifal incontrò parecchi<br />
altri cavalieri della Tavola Rotonda i quali si unirono alla sua<br />
impresa; giunti che furono a destinazione, si fece avanti un<br />
gruppo <strong>di</strong> vecchiacce che mandarono <strong>di</strong>versi anatemi al gruppo<br />
<strong>di</strong> cavalieri, ma questi si segnarono religiosamente e quelle<br />
arpie si volatilizzarono tra orrende grida ed infernali miasmi da<br />
zolfo, che scaturirono dalla buca apertasi sotto i pie<strong>di</strong> delle<br />
streghe stesse, le quali non ebbero più la possibilità <strong>di</strong><br />
martoriare la terra <strong>di</strong> Bretagna.<br />
CAPITOLO 30<br />
Parsifal vagò ancora per parecchio tempo con moltissime<br />
avventure, sempre alla ricerca del Monsalvato, finché un<br />
giorno, per caso, non rincontrò sua cugina Sigurne che nel<br />
frattempo s’era ritirata in romitaggio ed era molto deperita dal<br />
dolore e dalla preghiera; non avendola riconosciuta, Parsifal gli<br />
si avvicinò e le <strong>di</strong>sse: ”Buon eremita, ormai la notte è vicina,<br />
potrebbe farmi la cortesia d’in<strong>di</strong>carmi un maniero ove possano<br />
offrirmi un giaciglio per dormire?”. Sigurne lo guardò per un<br />
attimo, e poi <strong>di</strong>sse: ”Messer cavaliere, ormai la sera è troppo<br />
tarda per proseguire oltre, quin<strong>di</strong> vi prego <strong>di</strong> rispettare il luogo<br />
e <strong>di</strong> fermarvi qui a tenere compagnia ad un’anima sola e piena<br />
<strong>di</strong> rimpianti”.<br />
180<br />
e si fece annunciare al buon cavaliere. Entrata che fu l’intiera<br />
corte, Artù accolse ufficialmente nell’accampamento Feirefiz,<br />
<strong>di</strong>cendo: ”Egregio cavaliere, ho idea che potrete fare invi<strong>di</strong>a<br />
vostro fratello, nonché nostro gra<strong>di</strong>tissimo compagno, Parsifal<br />
in quanto ad imprese compiute e sangue versato nelle stesse”.<br />
Feirefiz fu molto lusingato dal complimento fattogli da cotanto<br />
re e gli <strong>di</strong>sse: ”Sire, non cre<strong>di</strong>ate che le gesta vostre e dei vostri<br />
cavalieri non mi siano ignote. Infatti le vostre gesta sono giunte<br />
molto lontano, al <strong>di</strong> là del nostro mare, fino alle coste <strong>di</strong> quello<br />
che voi chiamate terrasanta ed il deserto che si estende oltre”.<br />
Artù <strong>di</strong>vampò <strong>di</strong> piacere per essere così noto nel mondo, ma si<br />
riprese imme<strong>di</strong>atamente e si rivolse a Feirefiz, chiedendogli:<br />
”Buon Feirefiz, se vuoi <strong>di</strong>rmelo, potresti <strong>di</strong>rmi quale buon<br />
vento ti ha portato in queste lande così martoriate?”. Feirefiz si<br />
schermì alquanto a quella richiesta e l’imbarazzo fu interrotto<br />
da Parsifal che raccontò ai parenti tutte le proprie avventure,<br />
che portarono via metà del pomeriggio; trovato il coraggio da sì<br />
tante e mirabili avventure, Feirefiz raccontò le numerosissime<br />
storie che lo vedevano come protagonista, finendo col<br />
rispondere ad Artù <strong>di</strong>cendo: ”Venni in queste terre perché il<br />
continente non mi da più possibilità d’avere nuove avventure,<br />
sperando <strong>di</strong> trovarne da queste parti, e quanto mi è capitato<br />
negli ultimi giorni supera <strong>di</strong> molto ogni mia più rosea idea<br />
trovando, inoltre, anche una famiglia che non pensavo <strong>di</strong> poter<br />
mai avere”. Feirefiz s’accomodò nel seggio che gli avevano<br />
approntato e Parsifal si fece nuovamente avanti e prese a <strong>di</strong>re:<br />
”Ho interrotto l’ultima cerca che avevo intrapreso per aver<br />
ritrovato mio fratello e la cerca in questione, lo sapete tutti,<br />
consente nel ritrovamento del Monsalvato ed il possesso del<br />
Santo Graal, sempre che Nostro Signore me lo conceda”, in<br />
quell’istante s’accorsero tutti <strong>di</strong> come s’era fatto tar<strong>di</strong>.<br />
Imbarazzato per la chiacchierata troppo lunga per delle persone<br />
d’arme, Artù s’alzò e <strong>di</strong>sse: ”In virtù delle sue numerose ed<br />
impegnative avventure e la sua perizia nel tirarvisi fuori, oltre<br />
189
adempiuto che ebbe il suo dovere filiale, Parsifal si rivolse alla<br />
sorella, <strong>di</strong>cendogli: ”Cara sorella, vi ricordate che il defunto<br />
padre aveva contratto un matrimonio in terra straniera con una<br />
splen<strong>di</strong>da dama pagana?”. Lo sguardo <strong>di</strong> Dantrane fu<br />
momentaneamente offuscato dal ricordo e dal dolore del padre,<br />
poi preso coraggio a due mani, <strong>di</strong>sse: ”Certo che mi ricordo del<br />
precedente, come potrei scordarmi della cosa, anche a <strong>di</strong>stanza<br />
<strong>di</strong> così tanti anni dalla morte <strong>di</strong> tuo padre?”. Parsifal annuì<br />
gravemente, pieno <strong>di</strong> comprensione nei confronti della madre,<br />
poi <strong>di</strong>sse: ”Spero che tu ti ricor<strong>di</strong> che da quell’unione nacque<br />
un figlio che dovrebbe avere qualche anno in più <strong>di</strong> me. Ebbene<br />
quel primo figlio <strong>di</strong> mio padre è qui con noi in questo momento<br />
ed è tuttora al mio fianco, ho l’onore <strong>di</strong> presentarti chi dovevo<br />
incontrare da tanto tempo, mio fratello Feirefiz”, Dantrane<br />
dovette trattenere i propri sentimenti, per il momento, perché<br />
proprio nello stesso istante fu portato in tavola il pranzo e si<br />
misero a mangiare <strong>di</strong> buon grado, apprezzando moltissimo la<br />
squisita cucina della corte.<br />
Negli stessi istanti Galvano si presentò davanti allo zio,<br />
<strong>di</strong>cendogli: ”Mio buon re e zio, se non lo avete gia saputo,<br />
stamane vi sono state grosse novità alla nostra corte, infatti il<br />
nostro ottimo Parsifal ha finalmente incontrato il misterioso<br />
fratello che un giorno ormai lontano l’orrenda Kundry n’aveva<br />
rivelato l’esistenza da un precedente matrimonio del padre <strong>di</strong><br />
entrambi ed ora stanno mangiando in compagnia <strong>di</strong> Herzeloyde<br />
e <strong>di</strong> Dantrane nella tenda dell’ottimo cavaliere che conosciamo<br />
come Parsifal in persona”, udendo quelle novità, Artù esultò <strong>di</strong><br />
gioia e pensò <strong>di</strong> finire al meglio il proprio pasto con un<br />
pasticcio al miele. Terminato il proprio pasto, Artù si levò in<br />
pie<strong>di</strong> e <strong>di</strong>sse: ”Ormai Parsifal ed i suoi ottimi ospiti avranno<br />
finito pure loro <strong>di</strong> desinare, quin<strong>di</strong> è giunto il momento che tutti<br />
quanti an<strong>di</strong>amo a rendere omaggio a sì illustri compagni, con la<br />
speranza che restino in nostra compagnia per molto tempo<br />
nell’avvenire” detto questo, Artù si mosse con la propria scorta<br />
188<br />
Sentendo quella voce, Parsifal rimase molto sorpreso perché<br />
rivelava essere quella <strong>di</strong> una donna, per <strong>di</strong> più quegli accenti<br />
familiari, anche se non riusciva a capire chi fosse colei, quin<strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>scese <strong>di</strong> sella e si sedette su <strong>di</strong> un tronco con lei ed iniziarono<br />
a parlare <strong>di</strong>ffusamente <strong>di</strong> molte cose, tra queste Sigurne <strong>di</strong>sse:<br />
”Questo è uno splen<strong>di</strong>do posto, peccato che a rovinare questa<br />
dolce visione ci sia quella brutta strega <strong>di</strong> Kundry che mi viene<br />
a rifornire <strong>di</strong> viveri perio<strong>di</strong>camente”. A sentire quel nome,<br />
Parsifal si sentì invadere da un forte senso d’orrore, perché<br />
ricordava perfettamente il suo precedente incontro con lei.<br />
Dopo molto chiacchierare, Parsifal portò il proprio sguardo<br />
sulle mani della cugina e notò un anello in cui era incastonato<br />
uno splen<strong>di</strong>do granato, risollevato che ebbe gli occhi, Parsifal<br />
chiese: ”Mia dolce dama, come mai una persona come voi, che<br />
ha fatto voto <strong>di</strong> <strong>di</strong>venire eremita, porta un gioiello <strong>di</strong> sì gran<br />
valore e pregevole fattura?”<br />
Sigurne, per quanto possibile, <strong>di</strong>venne ancora più triste, quin<strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>sse: ”Questo è il ricordo d’un antico amore che venne sepolto<br />
proprio in questo loco un lustro fa, dopo che fu gravemente<br />
ferito da un cavaliere zotico e codardo”. Udendo quelle parole,<br />
Parsifal fu veramente meravigliato perché finalmente gli occhi<br />
si apersero e riconobbe l’amata cugina e, prima <strong>di</strong> riprendersi<br />
completamente dalla sorpresa, si <strong>di</strong>sarmò completamente,<br />
abbracciandola con molto affetto e le <strong>di</strong>sse: ”Cara cugina,<br />
riconosci il cugino che un giorno ormai lontano male<strong>di</strong>cesti per<br />
non aver posto le dovute domande al sofferente zio, reggitore<br />
del Monsalvato e donagli il tuo perdono, perché la colpa è stata<br />
ampiamente scontata da innumerevoli ed in<strong>di</strong>cibili sofferenze”<br />
Sigurne ne fu molto sorpresa per quel ritrovamento così<br />
inaspettato da mettersi imme<strong>di</strong>atamente a piangere dalla gioia,<br />
mentre gli cadeva tra le braccia, quin<strong>di</strong>, riavutasi, gli <strong>di</strong>sse:<br />
”Ottimo cugino, mi sono state raccontate tutte le vostre<br />
avventure, che sono gia veramente tante e terribili nella loro<br />
mostruosità, che sarebbe indegno da parte mia non perdonarti<br />
181
quella <strong>di</strong>menticanza che a confronto è veramente miserevole,<br />
anche se ha causato innumerevoli sofferenze alla gente del<br />
Monsalvato ed all’adorato zio in modo particolare. Ebbene, se<br />
ora vuoi raggiungere il Monsalvato e correggere quanto<br />
accadde allora, non ti resta che seguire le tracce <strong>di</strong> quella strega<br />
<strong>di</strong> Kundry perché, sappilo, fu in questo loco pochi istanti prima<br />
del tuo arrivo, ma devi sbrigarti prima che la rugiada faccia<br />
scomparire tutto quanto”. Parsifal abbracciò nuovamente la<br />
cugina e le <strong>di</strong>sse: ”Ti ringrazio del consiglio, buona Sigurne e,<br />
anche se molto stanco, preferisco partire prima possibile per<br />
raggiungere velocemente quell’orribile essere che è Kundry,<br />
visto che abbiamo gia perso troppo tempo. Ora ti chiedo<br />
congedo e me ne vado”. Imme<strong>di</strong>atamente Parsifal si rimise<br />
l’armatura e, salito in sella, partì all’inseguimento <strong>di</strong> Kundry,<br />
ma fatte alcune leghe, le tracce si <strong>di</strong>spersero nella bruma.<br />
Finalmente, dopo tanto peregrinare, Parsifal incontrò un<br />
cavaliere, avvicinatosi che fu, Parsifal stava per chiedere<br />
informazioni sul Monsalvato, quando quello gli <strong>di</strong>sse:<br />
”Messere, sono obbligato a chiedervi <strong>di</strong> fermarvi dove siete,<br />
perché siete penetrato nel territorio proibito del Monsalvato, se<br />
per caso non avete intenzione d’ascoltarmi, mi vedo costretto a<br />
sfidarvi apertamente in duello”. Parsifal fu enormemente<br />
sorpreso per quel comportamento da parte <strong>di</strong> un cavaliere del<br />
Santo Graal, infine si decise e prese a <strong>di</strong>re: ”Messere, il<br />
Monsalvato è proprio lo scopo della mia cerca, perché devo<br />
rime<strong>di</strong>arvi un antico torto che in quell’onorato castello feci<br />
<strong>di</strong>versi anni orsono e, se proprio volete cercare il duello, io<br />
sono gia pronto a battermi contro <strong>di</strong> voi, anche sull’istante” ed<br />
a quelle parole, Parsifal fece seguire i fatti, mettendo la propria<br />
lancia in resta, seguito imme<strong>di</strong>atamente dal cavaliere villano.<br />
Gli assalti si susseguirono senza che s’interrompessero, ma ad<br />
un tratto la zampa del cavallo <strong>di</strong> Parsifal penetrò in una forra e,<br />
cadendo malamente, morì sul colpo, nello stesso istante il<br />
cavaliere villano si trovò a tiro della lancia <strong>di</strong> Parsifal, il quale<br />
182<br />
pace, per ora non è consigliabile presentarsi al cospetto <strong>di</strong> mio<br />
zio completamente armati, quin<strong>di</strong> permettetemi entrambi <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>sarmarvi <strong>di</strong> persona”, subito fu <strong>di</strong>sarmato Parsifal cosicché<br />
potesse parlare in modo degno ed a proprio agio. Subito dopo<br />
Galvano s’avvicinò a Feirefiz e, vista l’armatura, fu preso da<br />
enorme sorprese, iniziando a <strong>di</strong>re: ”Messere, le vostre armi<br />
sono veramente meravigliose, dei veri e propri gioielli d’alta<br />
fabbriceria del settore, fidatissimi paggi è meglio che nessuno,<br />
nemmeno voialtri, osi avvicinarsi a tale manufatto, il solo<br />
sguardo potrebbe rovinarlo irrime<strong>di</strong>abilmente”; infine rivestì i<br />
due fratelli <strong>di</strong> ricche vesti e li accompagnò a vedere il gran<br />
campo che costituiva in quel momento la corte del re. Finita<br />
che fu la visita del campo, un attendente corse da Parsifal e gli<br />
<strong>di</strong>sse: ”Messere, in questo momento è giunta al campo tua<br />
sorella Dantrane e vuole parlarvi, se ciò è possibile”. Parsifal fu<br />
molto contento <strong>di</strong> quella notizia tanto è vero che <strong>di</strong>sse:<br />
”Accompagnatela alla tenda che c’è stata destinata dal qui<br />
presente messer Galvano e <strong>di</strong>tele che ho intenzione <strong>di</strong><br />
raggiungerle imme<strong>di</strong>atamente, dato che ho delle splen<strong>di</strong>de<br />
notizie da darle, inoltre fa in modo d’accontentarla in ogni loro<br />
desiderio, considerandolo come un mio preciso or<strong>di</strong>ne”, detto<br />
questo Parsifal congedò l’uomo. Andatosene che fu<br />
l’attendente, Parsifal si rivolse a Feirefiz, <strong>di</strong>cendogli: ”Buon<br />
fratello è giunto il momento <strong>di</strong> farti conoscere il resto della<br />
nostra famiglia, visto che non abbiamo nessun altro a questo<br />
mondo, orsù torniamo all’alloggio dove ci hanno <strong>di</strong>sarmato<br />
poc’anzi”. Subito i due fratelli decisero <strong>di</strong> ritornare alla tenda<br />
che gli era stata assegnata per accogliere la loro gra<strong>di</strong>tissima<br />
ospite, nel frattempo era giunto il momento <strong>di</strong> preparare il<br />
pranzo, quin<strong>di</strong> Parsifal chiamò un’intendente e gli <strong>di</strong>ede tutte le<br />
istruzioni <strong>di</strong> quel che desiderava, infine i due cavalieri<br />
entrarono nel loro alloggiamento. Pochi istanti dopo furono<br />
fatte entrare le due belle dame che subito Parsifal andò a<br />
salutare come voleva la sua con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> figlio e fratello,<br />
187
mi è nuovo, infatti mi è stata predetta l’esistenza <strong>di</strong> un<br />
fratellastro con il vostro nome, mio padre, inoltre, rispondeva<br />
quando era nomato Gahmuret signore della contea <strong>di</strong> Camaalot.<br />
Sappiate inoltre che il mio nome è Parsifal”. Feirefiz fu a sua<br />
volta molto sorpreso, ripresosi, <strong>di</strong>sse: ”Messer Parsifal mi avete<br />
rivelato una cosa alquanto strana, infatti anche il mio misterioso<br />
padre si nominava Gahmuret, stando a quanto mi <strong>di</strong>sse la mia<br />
povera madre, la bella Beltrame, ma egli se n’andò prima che io<br />
nascessi senza che ne sapessi più nulla, forse che stiamo<br />
parlando dello stesso padre?”, Parsifal annuì gravemente, senza<br />
voler <strong>di</strong>re niente, almeno in quel momento. Qualche momento<br />
dopo, Parsifal ebbe la forza <strong>di</strong> <strong>di</strong>re: ”Caro Feirefiz, ebbene<br />
sappiate che stiamo parlando proprio dello stesso Gahmuret che<br />
fu padre <strong>di</strong> entrambi, ma morì poco tempo prima della mia<br />
nascita nelle deserte terre dell’immensa Arabia”; la notizia fece<br />
iniziare delle strazianti lamentazioni in Feirefiz che<br />
trascinarono nel funereo rito anche il buon Parsifal. Finite che<br />
furono le lamentazioni, Feirefiz si rivolse al fratello e gli <strong>di</strong>sse:<br />
”Venni in Bretagna con molte truppe per fare in modo che<br />
eventuali eserciti malintenzionati ci attaccassero senza poterci<br />
<strong>di</strong>fendere <strong>di</strong>gnitosamente, se vuoi potresti passarlo in rivista<br />
assieme a me”. Parsifal fu molto contento della proposta del<br />
fratello, poi gli <strong>di</strong>sse: ”Ora è giunto il momento d’andare presso<br />
il Castello Meraviglioso, qui vicino, ove è accampato il buon re<br />
Artù, mio signore, presso il quale potremo incontrare altri<br />
nostri parenti”, intanto nel campo dello stesso Artù s’era <strong>di</strong>ffusa<br />
la notizia dell’epico duello ed il riconoscimento dei due fratelli.<br />
Finalmente i due fratelli arrivarono alla corte <strong>di</strong> re Artù, ove<br />
trovarono ad accoglierli Galvano che li accompagnò in una<br />
tenda <strong>di</strong>cendo: ”Caro Parsifal, sono molto felice per te in<br />
quanto hai trovato un fratello <strong>di</strong> cui era stata profetizzata<br />
l’esistenza, spero solamente che la sua permanenza presso <strong>di</strong><br />
noi sia <strong>di</strong> suo gra<strong>di</strong>mento”. Entrati che furono tutti e tre nella<br />
tenda, Galvano riprese a <strong>di</strong>re: ”Visto che siamo in tempo <strong>di</strong><br />
186<br />
prese l’occasione per <strong>di</strong>sarcionare l’avversario, battendolo in<br />
modo molto ignobile, vedendo quella manifestazione <strong>di</strong> forza e<br />
coraggio, i cavalieri del Santo Graal che erano appostati nelle<br />
vicinanze decisero d’allontanarsi senza muovere altri duelli<br />
contro il Puro Folle.<br />
Passarono così alcuni giorni senza che Parsifal avesse altre<br />
avventure, finché un giorno in cui cadeva una leggera nevicata,<br />
Parsifal incontrò alcuni pellegrini che, vistolo armato <strong>di</strong> tutto<br />
punto, iniziarono a mormorare, finché il più anziano <strong>di</strong> loro gli<br />
s’avvicinò e <strong>di</strong>sse: ”Messere, forse non vi ricordate che giorno<br />
è oggi? Ebbene ve lo <strong>di</strong>co subito: è il venerdì santo e voi state<br />
girando in questo santo giorno ancora armato <strong>di</strong> tutto punto, ma<br />
forse non tutto è perduto, se voi ritrovate imme<strong>di</strong>atamente<br />
Nostro Signore Gesù Cristo e vi confessate presso un eremita<br />
nomato Trevrizent e da cui noialtri proveniamo e vi garantisco<br />
che è un grande uomo”. Avute quelle ottime informazioni,<br />
Parsifal <strong>di</strong>sse: ”È da molto tempo che giro e ho perso la<br />
cognizione del tempo, quin<strong>di</strong> vi ringrazio moltissimo per<br />
avermelo ricordato e <strong>di</strong> avermi in<strong>di</strong>cato un posto molto vicino<br />
ove andare a fare ammenda per questa grave <strong>di</strong>menticanza, ora<br />
vi devo chiedere a tutti quanti il congedo per poter raggiungere<br />
questo santo eremita <strong>di</strong> cui mi avete detto”. Il capo <strong>di</strong> quei<br />
pellegrini annuì gravemente e <strong>di</strong>sse: ”Messere vi concedo<br />
volentieri il congedo <strong>di</strong> andare dall’eremita Trevrizent e <strong>di</strong><br />
ottenere da lui quanto meriti come penitenza a questo tuo<br />
peccato”<br />
Finalmente Parsifal riprese il proprio cammino nella <strong>di</strong>rezione<br />
che gli avevano detto i santi pellegrini, durante il tragitto, il<br />
buon cavaliere si mise a riflettere sulla propria vita e su quanto<br />
gli aveva detto il buon vegliardo, arrivando in breve al loco<br />
in<strong>di</strong>catogli. L’eremita, vedendosi arrivare il misterioso<br />
cavaliere, gli corse incontro e gli <strong>di</strong>sse: ”Cavaliere penso <strong>di</strong><br />
sapere il perché siete giunto al mio cospetto, ma vi prego <strong>di</strong><br />
<strong>di</strong>sarmarvi prima <strong>di</strong> <strong>di</strong>rmi veramente il motivo della vostra<br />
183
visita”. Parsifal si rivolse all’eremita <strong>di</strong>cendogli: ”Ho incontrato<br />
poco fa un gruppo <strong>di</strong> pellegrini che vi fecero visita e che mi<br />
hanno consigliato <strong>di</strong> rivolgermi a voi per ottenere il perdono<br />
della <strong>di</strong>menticanza che mi avete appena rimproverato all’arrivo<br />
in questo santo luogo”.<br />
Sentendo quelle parole, Trevrizent ne fu sorpreso e gli <strong>di</strong>sse:<br />
”Messere, siete stato consigliato molto bene e sono contento<br />
che lo abbiate seguito così presto, ma ora conviene che<br />
entriamo nel romitaggio, perché qui si sta facendo buio e<br />
durante la notte da queste parti fa veramente freddo”, una volta<br />
che furono entrati nella grotta che faceva da casa all’eremita,<br />
Parsifal si tolse la propria armatura e, rivestitosi, si riposò dalle<br />
tante fatiche <strong>di</strong> quei giorni. Una volta che si furono sistemati<br />
comodamente, l’eremita prese a <strong>di</strong>re: ”Cavaliere pensate il<br />
motivo per cui Nostro Signore Gesù Cristo venne al mondo,<br />
infatti Egli prese le sembianze umane per riscattare il mondo<br />
dal peccato. Vedo però che siete preoccupato per qualcosa,<br />
volete <strong>di</strong>rmi cosa v’angustia?”. Parsifal ne rimase molto<br />
sorpreso perché il buon uomo aveva visto giusto nelle sue<br />
angustie e gli <strong>di</strong>sse: ”Infatti ho un grosso problema che mi<br />
assilla ed è il Santo Graal”.<br />
Trevrizent si sentì molto compiaciuto <strong>di</strong> quel proposito e gli<br />
<strong>di</strong>sse: ”Il vostro intento è molto lodevole, messere, ma dovete<br />
ricordare che questa vostra ricerca può essere presa come una<br />
pretesa insostenibile, sempre ammesso che voi non siate il<br />
predestinato da Nostro Signore Id<strong>di</strong>o ad entrare nella sacra<br />
congregazione dei cavalieri del Santo Graal”. Parsifal fu molto<br />
compiaciuto <strong>di</strong> quanto gli aveva detto l’eremita e gli <strong>di</strong>sse:<br />
”Tutte le avventure che ho affrontato ed il dolore che ho subito<br />
penso che possano meritarmi il titolo <strong>di</strong> predestinato da Dio ad<br />
accedere al Monsalvato”. L’eremita s’in<strong>di</strong>gnò parecchio per<br />
quella presunzione e <strong>di</strong>sse: ”Messer cavaliere voi siete<br />
tracotante nelle vostre presunzioni, mi sa che dobbiate imparare<br />
l’umiltà”.<br />
184<br />
Parsifal non si scompose e, accomodandosi meglio, raccontò<br />
al buon eremita la propria storia e, quando ebbe finito,<br />
Trevrizent gli <strong>di</strong>sse: ”Caro Parsifal devi sapere che ti ritrovi<br />
davanti ad uno dei tuoi zii, in quanto sono il fratello della tua<br />
buona madre Herzeloyde, sappi inoltre che pure il Ricco Re<br />
Pescatore Amfortas è fratello <strong>di</strong> Herzeloyde, quin<strong>di</strong> tuo<br />
imme<strong>di</strong>ato congiunto. Altre zie sono la defunta madre <strong>di</strong> tua<br />
cugina Sigurne e la stessa Repanse de Schoye che tu avrai gia<br />
conosciuto nella tua scorsa visita al Monsalvato alla cerimonia<br />
del sacro Graal, curandone la sopravivenza”, in quell’istante il<br />
buon eremita s’accorse che ormai era arrivato il mezzodì e mise<br />
a cuocere delle ra<strong>di</strong>ci raccolte nei <strong>di</strong>ntorni e le offrì anche al<br />
nipote che le apprezzò parecchio, mentre il suo cavallo si<br />
dovette accontentare d’alcuni rami <strong>di</strong> tasso. Finito che fu il<br />
pasto, Trevrizent <strong>di</strong>ede molti altri consigli e fece anche<br />
numerosi rimproveri, facendo arrivare definitivamente la notte,<br />
quin<strong>di</strong> andarono a dormire, il mattino successivo Parsifal<br />
s’armò ancor prima che il sole sorgesse e prese la santa messa<br />
prima <strong>di</strong> partire per continuare la propria cerca.<br />
CAPITOLO 31<br />
Un giorno Parsifal incontrò un cavaliere molto ricco e potente<br />
che lo fermò lungo la propria strada e gli <strong>di</strong>sse: ”Messere sono<br />
giunto in queste per ottenere gloria ed onore, quin<strong>di</strong> vi chiedo<br />
<strong>di</strong> concedermi l’onore <strong>di</strong> duellare contro <strong>di</strong> me” ma la tenzone<br />
andò avanti per <strong>di</strong>versi giorni perché i due cavalieri erano <strong>di</strong><br />
pari valore, forza ed iniziativa, oltre che alla furbizia. Alla fine<br />
<strong>di</strong> tanti sforzi il duello fu interrotto da un fatto molto<br />
particolare, infatti la spada <strong>di</strong> Parsifal si ruppe, al che il suo<br />
avversario abbassò la propria e <strong>di</strong>sse: ”Senza che il mio<br />
avversario abbia delle armi con cui si possa <strong>di</strong>fendere, io non<br />
sono in grado <strong>di</strong> continuare la <strong>di</strong>sfida e propongo <strong>di</strong> smettere la<br />
tenzone. Sappiate dunque il mio nome, visto che non possiamo<br />
essere nemici: io sono Feirefiz”. Parsifal sussultò dalla sorpresa<br />
e per la gioia, infatti <strong>di</strong>sse: ”Messer Feirefiz, il vostro nome non<br />
185