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10 <strong>Libertà</strong> - 25 Gennaio 2009<br />
Gli eserciti...<br />
...le donne...<br />
...i bambini.<br />
CRISI E SPERANZA<br />
nato per noi, ci è stato dato un figlio…”.<br />
Da dove <strong>il</strong> profeta trae la sua speranza?<br />
a partire dalle tre trasformazioni<br />
appena viste, appare un paradosso:<br />
di fronte alla crisi originata dal fatto che<br />
israele è un “figlio ribelle”, la speranza<br />
viene dalla possib<strong>il</strong>ità di avere un altro<br />
figlio e altri figli. La speranza di un altro<br />
figlio per <strong>il</strong> popolo (figlio che per l’isaia<br />
storico non è una figura messianica, ma<br />
regale) appare però collegata alla stessa<br />
esperienza del profeta, esperienza sia<br />
personale sia in rapporto al re. Quando<br />
in 7,1-17 isaia va a esortare <strong>il</strong> re acaz a<br />
credere fermamente che non sarà detronizzato,<br />
ci va anzitutto con un suo figlio,<br />
al quale ha messo un nome di speranza:<br />
“Un-resto-tornerà”. in 8,1-4 veniamo a<br />
sapere che isaia ha avuto un altro figlio,<br />
e anche a questo ha messo un nome di<br />
speranza: “Chiamalo ‘Bottino-pronto-<br />
Saccheggio-prossimo’, poiché prima che<br />
<strong>il</strong> bambino sappia dire babbo o mamma,<br />
le ricchezze di Damasco e le spoglie di<br />
Samaria saranno portate davanti al re<br />
di Assiria”.<br />
L’impressione è che la speranza di<br />
isaia proviene dalla più semplice constatazione<br />
disponib<strong>il</strong>e alla sua esperienza<br />
di credente. Di fronte a una natura<br />
sovente ridotta a un “resto”, a un “ceppo”<br />
decimato, isaia sa che in essa c’è una<br />
forza capace di ricominciare, e la sua<br />
profezia consiste nel trasferire questa<br />
stessa forza vitale nel mondo umano:<br />
“progenie santa sarà <strong>il</strong> suo ceppo”. Di<br />
fronte a un re della “casa di Davide” che<br />
teme di essere detronizzato, isaia ragiona<br />
a partire dal fatto che <strong>il</strong> “suo” Dio gli<br />
ha dato già un figlio come erede. non<br />
glielo avesse dato, <strong>il</strong> re avrebbe potuto<br />
credere che gli avversari avrebbero avuto<br />
la meglio contro di lui e lo avrebbero<br />
tolto dal “trono di Davide”, ma invece <strong>il</strong><br />
figlio è lì, e “prima ancora che <strong>il</strong> bimbo<br />
sia svezzato, sarà abbandonato <strong>il</strong> paese<br />
di cui temi i due re”.<br />
in altre parole, isaia esperimenta che<br />
nella natura e negli uomini è presente<br />
una forza di vita che egli vede e crede<br />
restare e riprendere forza dopo i mo-<br />
menti di crisi.<br />
Ciò è confermato dal seguito del testo.<br />
La previsione della crisi era rimasta<br />
sospesa al sesto “guai” e al primo ritornello<br />
“Con tutto ciò non si calma la sua<br />
ira e ancora la sua mano rimane stesa”.<br />
nella sequenza 9,7-10,4, <strong>il</strong> ritornello<br />
ricompare ora in 9,11.16.21; 10,4 e <strong>il</strong><br />
settimo “guai” arriva in 10,1. Mentre<br />
<strong>il</strong> giudizio è sentito sempre più vicino<br />
(10,5-27), si inseriscono però anche<br />
delle considerazioni che ne prevedono<br />
nel medesimo tempo <strong>il</strong> superamento.<br />
Ci basti considerare l’ultima previsione<br />
in 10,24-27: <strong>il</strong> testo sa bene che ormai <strong>il</strong><br />
tempo sta per giungere, ma lo annuncia<br />
in termini di arrivo-e-fine: “ancora<br />
un poco, ben poco e <strong>il</strong> mio sdegno avrà<br />
fine”. Ciò che avviene è però un’altra<br />
trasformazione improvvisa: la descrizione<br />
dell’arrivo dell’invasore (10,27d-<br />
34), è fatta ‘in diretta’ a partire da un<br />
punto visuale che domina <strong>il</strong> nord di<br />
Gerusalemme, fino a vedere l’esercito<br />
che “alza la mano verso <strong>il</strong> monte della<br />
figlia di Sion”. Ma mentre <strong>il</strong> nemico non<br />
vede che l’oggetto della sua prossima<br />
conquista, <strong>il</strong> punto visuale del profeta<br />
permette di scorgere un’altra città più<br />
in là di Gerusalemme, Betlemme. Per<br />
<strong>il</strong> profeta, Betlemme è lì, e ha <strong>il</strong> medesimo<br />
ruolo dei figli. ricompare così<br />
all’improvviso la speranza che veniva<br />
dal “ceppo” decimato: “Un germoglio<br />
spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto<br />
germoglierà dalle sue radici” (11,1-9). <strong>il</strong><br />
successivo sv<strong>il</strong>uppo sulla salvezza della<br />
“radice di Iesse” (11,10-16), può così<br />
terminare con l’inno di ringraziamento,<br />
già considerato, di 12,1-6.<br />
Una speranza connaturata a un<br />
ceppo e alla sua decimazione.<br />
Da dove dunque è venuta la speranza<br />
di isaia? Dalla storia di un ceppo, dalla<br />
presenza dei figli (nonostante i figli ribelli),<br />
dalla capacità di vedere Betlemme<br />
al di là della Gerusalemme assediata.<br />
un ceppo, Betlemme e i figli hanno per<br />
<strong>il</strong> profeta la medesima solidità del monte<br />
al quale abramo ha dato nome “Il<br />
Signore provvede. Perciò oggi si dice: Sul