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la questione della nobiltà della lingua nel De Vulgari Eloquentia di

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tende a considerare coma una introduzione <strong>di</strong> maniera, spiegabile col<br />

gusto tutto me<strong>di</strong>evale per le origini remote, una sorta <strong>di</strong> prelu<strong>di</strong>o<br />

ornamentale al nocciolo duro del trattato. In realtà, è proprio in questi<br />

primi otto capitoli che Dante forgia, sul<strong>la</strong> scorta <strong>di</strong> autorità teologiche<br />

e filosofiche, gli strumenti teorici che impiegherà <strong>nel</strong>le sue analisi<br />

successive. A partire da una duplice <strong>questione</strong>: in che cosa consista<br />

l'essenza del<strong>la</strong> <strong>lingua</strong>; e quale sia l'origine del <strong>lingua</strong>ggio.<br />

Il problema dell'essenza del<strong>la</strong> <strong>lingua</strong> rinvia al<strong>la</strong> natura del segno,<br />

costituito da un supporto sensibile, un significante, portatore <strong>di</strong> un<br />

significato intelligibile. La duplice natura del segno linguistico<br />

<strong>di</strong>mostra per Dante che <strong>nel</strong><strong>la</strong> compagine del cosmo “soli homini<br />

datum fuit ut loqueretur” (<strong>De</strong> vulgari eloquentia I, iv, 1). Duplice,<br />

infatti, è <strong>la</strong> natura dell'uomo, animale razionale in quanto sinolo <strong>di</strong><br />

materia e forma. È da escludersi, pertanto, l'esistenza <strong>di</strong> una <strong>lingua</strong><br />

degli angeli: dato che lo spirito delle intelligenze celesti non è<br />

nascosto dallo spessore <strong>di</strong> un corpo mortale, esse non hanno bisogno<br />

<strong>di</strong> segni sensibili per comunicare i loro pensieri. La comunicazione tra<br />

gli angeli assume l'aspetto <strong>di</strong> una visione silenziosa da mente a mente,<br />

dove ciascuno si rive<strong>la</strong> totalmente all'altro perdendosi <strong>nel</strong><strong>la</strong><br />

contemp<strong>la</strong>zione dello Specchio del<strong>la</strong> Sapienza <strong>di</strong> Dio (<strong>De</strong> vulgari<br />

eloquentia I, ii, 3 - 4). Per motivi opposti, Dante esclude anche<br />

l'esistenza <strong>di</strong> un <strong>lingua</strong>ggio degli animali. In questo caso, dato che le<br />

bestie non hanno nul<strong>la</strong> da comunicare, essendo creature prive <strong>di</strong><br />

ragione, i loro versi non possono essere intesi come significanti<br />

Minori, tomo II, a cura <strong>di</strong> P.V. Mengaldo, Ricciar<strong>di</strong>, Mi<strong>la</strong>no – Napoli, 1979, pp. 3 –<br />

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