la questione della nobiltà della lingua nel De Vulgari Eloquentia di
la questione della nobiltà della lingua nel De Vulgari Eloquentia di
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a livello <strong>di</strong> coerenza specu<strong>la</strong>tiva, svolgono una sorta <strong>di</strong> riflessione<br />
pentecostale sulle possibili vie attraverso le quali l'umanità possa<br />
riparare al<strong>la</strong> per<strong>di</strong>ta del<strong>la</strong> <strong>lingua</strong> originaria seguita al<strong>la</strong> catastrofe<br />
babelica. Sulle possibili vie attraverso cui si possa riscattare,<br />
attraverso lo specchio <strong>di</strong> una <strong>lingua</strong> nobilitata dal<strong>la</strong> poesia, quel<strong>la</strong><br />
trasparenza del comunicare che se da un <strong>la</strong>to costituisce il privilegio<br />
assoluto delle intelligenze angeliche, dall'altro permetterebbe <strong>di</strong><br />
revocare l'imbarbarimento bestiale in cui l'uomo è precipitato <strong>nel</strong><br />
corso del tempo. La <strong>lingua</strong> illustre auspicata dal <strong>De</strong> vulgari<br />
eloquentia, analogamente a quel pane orzato <strong>di</strong> cui si satolleranno<br />
migliaia, profetizzato dal Convivio, ha <strong>la</strong> funzione <strong>di</strong> restituire<br />
all'umanità l'ubi consistam che si è smarrito <strong>nel</strong><strong>la</strong> selva oscura del<strong>la</strong><br />
storia. Seppur consapevoli del fatto che sarebbe vano illudersi <strong>di</strong><br />
resuscitare l'i<strong>di</strong>oma adamitico, i poeti hanno il compito <strong>di</strong> re<strong>di</strong>mere <strong>la</strong><br />
<strong>lingua</strong> e <strong>di</strong> ricostituire un doppio circuito comunicativo: tra uomo e<br />
uomo, e tra uomo e Dio. La confusione delle lingue, infatti, ha<br />
spezzato il legame simbolico tra Creatore e creatura <strong>nel</strong>lo stesso<br />
momento in cui ha introdotto una congerie <strong>di</strong> <strong>di</strong>visioni bestiali in seno<br />
al<strong>la</strong> stessa umanità. Affrontare <strong>la</strong> <strong>questione</strong> del<strong>la</strong> <strong>lingua</strong> da questa<br />
prospettiva, significa tornare a ripensare ancora una volta le nozioni <strong>di</strong><br />
forma e actus locutionis.<br />
La coscienza <strong>di</strong> una vocazione demiurgica nei confronti <strong>di</strong> una<br />
<strong>lingua</strong> ancor giovane, i cui precedenti letterari non sono in grado <strong>di</strong><br />
fondare una tra<strong>di</strong>zione anche minimamente paragonabile a quel<strong>la</strong> dei<br />
vati <strong>la</strong>tini, è presente in Dante fin dai tempi del<strong>la</strong> Vita Nova. Questo<br />
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