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Il Salvagente n° 11 - Modenacinquestelle.it

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<strong>Il</strong> <strong>Salvagente</strong> 17-24 marzo 20<strong>11</strong><br />

Cap<strong>it</strong>a a noi - ma chissà a quanti<br />

altri - di restare incollati a tv e computer<br />

per rivedere sgomenti le<br />

scene che dal Giappone giungono una<br />

più terrificante dell’altra: palazzi che<br />

oscillano, dighe che franano, strade<br />

spezzate, onde marine che si avventano<br />

sulla terraferma assurdamente<br />

sospingendo barche e automobili, case<br />

e capannoni, tralicci e aerei, fattorie<br />

e treni, per ristagnare in un fiume<br />

di fango nero mentre dai tetti gruppi<br />

disperati ag<strong>it</strong>ano stracci e invocano<br />

aiuto. I satell<strong>it</strong>i rimandano le immagini<br />

vorticose dell’oceano che sembra<br />

voler risucchiare il mondo.<br />

SFIDA. Guardiamo quell’inferno di<br />

fuoco, la distesa di macerie, lo scenario<br />

di devastazione e di morte che ha<br />

sost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o ciò che solo ieri era un formicaio<br />

umano brulicante e operoso,<br />

e ci sentiamo impotenti, annichil<strong>it</strong>i<br />

da eventi terribilmente più grandi di<br />

noi. E ci sorprendiamo a riflettere sulla<br />

sfida inesausta tra uomo e natura,<br />

tra civiltà e ambiente, che non di rado<br />

alla fine ci vede soccombenti.<br />

È passata una settimana ma la terra<br />

continua a tremare e il tragico bilancio<br />

è tutto da fare: conosceremo mai<br />

il numero dei morti? E quello dei dispersi?<br />

E il grado di pericolos<strong>it</strong>à della<br />

contaminazione radioattiva ci sarà<br />

mai rivelato? Qualcuno trae conferma<br />

ai ricorrenti vaticini sulla fine<br />

del mondo. Noi preferiamo piutto-<br />

P<strong>it</strong>Stop<br />

sto domandarci quanto di tutto<br />

questo sia attribuibile alla fatal<strong>it</strong>à, ai<br />

meccanismi oscuri e in parte inconoscibili<br />

che governano il nostro pianeta,<br />

e quanto sia conseguenza dell’opera<br />

nefasta dell’uomo volta a manomettere,<br />

inquinare, trasformare, stravolgere<br />

in modo scellerato gli equilibri<br />

naturali. Ah, non riapriremo<br />

certo qui la disputa mai sopìta intorno<br />

alla pretesa onnipotenza della scienza<br />

e della tecnica e intorno alla ribellione<br />

che la natura sembra opporre;<br />

ma le grandi catastrofi non debbono<br />

almeno indurci a una riflessione<br />

severa anche su questo?<br />

Ci ripetono: è un paese modello il Giappone,<br />

tecnologicamente avanzatissimo,<br />

dove i c<strong>it</strong>tadini sono responsabili,<br />

disciplinati, addestrati alle emergenze<br />

fin dalla più tenera età. Le c<strong>it</strong>tà<br />

sono ordinate, i grattacieli a prova<br />

antisismica, le centrali atomiche<br />

fra le più sicure. Di tutto questo, sì,<br />

abbiamo avuto conferma: la macchina<br />

dei soccorsi è part<strong>it</strong>a sub<strong>it</strong>o, la gente<br />

non s’è fatta vincere dal panico, i<br />

metrò hanno rallentato la corsa, gli<br />

ascensori sono giunti al piano.<br />

NUCLEARE. Anche gli impianti nucleari<br />

- 55 operativi in tutto l’arcipelago<br />

- hanno subìto uno stop immediato<br />

nelle zone squassate dal sisma<br />

e poi dallo tsunami. Viene spontaneo<br />

pensare quale disastro sarebbe derivato<br />

da consimili circostanze in Eu-<br />

Quella furia devastatrice<br />

che evidenzia la nostra fragil<strong>it</strong>à<br />

Eugenio Manca<br />

ropa o magari in Italia, nel<br />

“<br />

IN<br />

nostro sud di cartone, il sud<br />

del dissesto idrogeologico e dell’abusivismo<br />

ab<strong>it</strong>ativo. Del resto l’Aquila<br />

è là, intoccata nelle sue macerie, a due<br />

anni di distanza...<br />

FERMIAMOCI. Ma poi accade che<br />

dalle viscere di quell’Oriente avvezzo<br />

ai sobbalzi si scateni una furia mai<br />

vista negli ultimi cento anni; che il mare<br />

impazz<strong>it</strong>o sputi onde alte quindici<br />

metri che cancellano intere c<strong>it</strong>tà rivierasche;<br />

che impianti atomici defin<strong>it</strong>i<br />

sicuri e affidabili vedano sbriciolarsi<br />

le calotte di cemento armato lasciando<br />

filtrare acqua e vapori contaminati<br />

che mettono in fuga la gente<br />

per un raggio di decine di chilometri.<br />

E allora tutto il mondo appare<br />

fragile, sotto scacco. Gran Dio, e se<br />

fosse esplosa una centrale a poca distanza<br />

da Tokyo, megalopoli con 15<br />

milioni di ab<strong>it</strong>anti? E se accadesse qualcosa<br />

di simile in Bretagna, o nella regione<br />

di Parigi, o da noi sulle coste,<br />

a Roma, a Venezia, ovunque si progetti<br />

di insediare una nuova “sicurissima”<br />

centrale atomica? Non ci viene<br />

da dire: basta, fermi, pensiamoci?<br />

Se in un solo attimo laggiù son morti<br />

a migliaia, se è giudicato il disastro<br />

più duro dopo la guerra mondiale, ebbene<br />

il cerotto di Berlusconi, i ricatti<br />

di Bossi, gli slip di Ruby, gli occhialetti<br />

di Ghedini, non ci appaiono incongrui<br />

e persino intollerabili?<br />

<strong>11</strong><br />

VERSI<br />

CHI TIENE<br />

I FILI<br />

Chi tiene i fili ne<br />

sa più di noi.<br />

Chi non li tiene<br />

ne sa di più e di<br />

meno.<br />

Un incontro tra<br />

l’uno e l’altro;<br />

ed ecco<br />

il disastro che<br />

avviene, la<br />

catastrofe<br />

senza né più né<br />

meno.<br />

Eugenio Montale,<br />

da “Diario del ‘72”<br />

in TUTTE LE POESIE,<br />

Mondadori, 1977<br />

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