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Relazione avv. Cosimo PALUMBO - Ordine degli Avvocati di Ivrea

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CONSIGLIO DELL’ORDINE DEGLI AVVOCATI<br />

DEL FORO DI IVREA<br />

CAMERA PENALE VITTORIO CHIUSANO<br />

SEZIONE DI IVREA<br />

CONVEGNO DI STUDIO DEL<br />

6 LUGLIO 2012<br />

“L’esecuzione penale”<br />

Relatore: Avv. <strong>Cosimo</strong> Palumbo


PREMESSA<br />

Il processo si compone <strong>di</strong> gra<strong>di</strong> <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio e <strong>di</strong> fasi.<br />

L’esecuzione costituisce a tutti gli effetti una fase del processo del tutto<br />

autonoma e <strong>di</strong>stinta dal proce<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> merito ed è <strong>di</strong>sciplinata dal libro<br />

X° del co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> procedura penale.<br />

Il processo <strong>di</strong> esecuzione sembra figlio <strong>di</strong> un Dio Minore:<br />

superficialmente stu<strong>di</strong>ato all’Università, noioso o comunque poco<br />

interessante, poco appariscente, all’apparenza per niente stimolante. In<br />

realtà è forse il settore dove la preparazione e l’intervento delle parti, in<br />

particolare il <strong>di</strong>fensore, possono produrre positivi, insospettati, risultati:<br />

infatti, in sede esecutiva può essere talvolta rimesso in <strong>di</strong>scussione anche<br />

il giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> merito, tramite una ritederminazione della pena o, in taluni<br />

casi, la cancellazione della condanna.<br />

Si <strong>di</strong>ceva una volta che, passata in giu<strong>di</strong>cato la sentenza, il processo è<br />

finito.<br />

Questo non è più vero oggi: il co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> procedura penale del 1988 infatti<br />

ha introdotto la figura del giu<strong>di</strong>ce della esecuzione, con la conseguente<br />

giuris<strong>di</strong>zionalizzazione della fase esecutiva.<br />

L’art. 111 della Costituzione è in parte applicabile anche al<br />

proce<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> sorveglianza e alla fase esecutiva della pena (commi 1 e<br />

2).<br />

Le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> parità tra le parti previste dal 2° comma dell’art. 111<br />

subiscono variegate ferite in tema <strong>di</strong> :<br />

1) potere del P.M. sulla sorte del condannato (l’incidente <strong>di</strong><br />

esecuzione è eventuale e, comunque, tar<strong>di</strong>vo).<br />

2) partecipazione dell’interessato al proce<strong>di</strong>mento camerale.<br />

Altro problema è quello della “ragionevole durata”, <strong>di</strong> fatto eluso non<br />

essendovi termini perentori ma solo or<strong>di</strong>natori.<br />

2


INTRODUZIONE<br />

Presupposto del processo <strong>di</strong> esecuzione è l’esistenza <strong>di</strong> una condanna<br />

irrevocabile.<br />

La sentenza è definitiva quando non è più soggetta ad impugnazione ad<br />

eccezione del ricorso per revisione, mezzo <strong>di</strong> impugnazione straor<strong>di</strong>nario<br />

(art. 648 c.p.p.). Il passaggio in giu<strong>di</strong>cato è automatico, in caso <strong>di</strong><br />

mancata impugnazione, perché non deve essere <strong>di</strong>chiarato e coincide<br />

con il decorso del termine; deve invece essere sancito da un<br />

provve<strong>di</strong>mento giuris<strong>di</strong>zionale negli altri casi (rigetto del ricorso o<br />

declaratoria <strong>di</strong> inammissibilità dello stesso).<br />

L’art. 677: la competenza é <strong>di</strong>versificata a seconda che il soggetto sia<br />

libero o detenuto.<br />

Compatibilità con il principio del Giu<strong>di</strong>ce naturale precostituito per<br />

legge, soprattutto nei casi in cui, per errore o per <strong>di</strong>versa interpretazione<br />

<strong>di</strong> norme, il P.M. non sospenda un or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> esecuzione, come avrebbe<br />

dovuto.<br />

3


L’ESECUZIONE DELL’ORDINE DI CARCERAZIONE;<br />

L’ATTIVITÀ DEL PUBBLICO MINISTERO E DEL DIFENSORE<br />

Esiste una prima fase del proce<strong>di</strong>mento esecutivo in cui, prima <strong>di</strong><br />

rivolgersi al Giu<strong>di</strong>ce dell’esecuzione,possono essere poste all’attenzione<br />

del Pubblico Ministero, (l’organo deputato all’esecuzione delle sentenze<br />

<strong>di</strong> condanna), istanze e richieste.<br />

L’art. 655 del c.p.p., nel trattare l’esecuzione dei provve<strong>di</strong>menti<br />

giuris<strong>di</strong>zionali (sentenze o quei decreti penali <strong>di</strong> condanna), attribuisce<br />

questo onere al P.M..<br />

1. L’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> carcerazione<br />

La norma car<strong>di</strong>ne del processo esecutivo è l’art. 656 c.p.p., all’apparenza<br />

<strong>di</strong> semplice lettura ma la cui valutazione implica un bagaglio più ampio<br />

<strong>di</strong> conoscenze.<br />

Il comma primo fissa il dovere del Pubblico Ministero <strong>di</strong> emettere or<strong>di</strong>ne<br />

<strong>di</strong> carcerazione,provve<strong>di</strong>mento con il quale se il condannato è in libertà<br />

viene <strong>di</strong>sposta, a certe con<strong>di</strong>zioni la cattura e, se detenuto, viene mutato<br />

il titolo <strong>di</strong> detenzione da custo<strong>di</strong>a cautelare in detenzione definitiva. In<br />

questo caso l’or<strong>di</strong>ne è comunicato al Ministro <strong>di</strong> Giustizia e notificato<br />

all’interessato(656,II c., c.p.p).<br />

Il primo problema è dato dall’in<strong>di</strong>viduazione del P.M. competente e<br />

viene risolto attraverso il riferimento al Giu<strong>di</strong>ce competente (art.665,I<br />

c..p.p. in combinazione con l’art. 655 c.p.p.) in materia <strong>di</strong> esecuzione.<br />

Questi è sempre il Giu<strong>di</strong>ce che ha deliberato il provve<strong>di</strong>mento ad<br />

eccezione :<br />

- della sentenza riformata in appello (art. 665, II c., c.p.p. che<br />

fissa la competenza del Giu<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> Appello solo nel caso <strong>di</strong> riforma<br />

sostanziale) anche nel caso <strong>di</strong> sentenza emessa nei confronti <strong>di</strong> più<br />

persone, tutte condannate ovvero in parte condannate ed in parte<br />

assolte ( in questi casi vi è sempre la competenza del Giu<strong>di</strong>ce <strong>di</strong><br />

Appello,salva l’ipotesi <strong>di</strong> una mera conferma <strong>di</strong> tutte le condanne<br />

<strong>di</strong> primo grado o <strong>di</strong> una riduzione delle pene);<br />

- della pluralità <strong>di</strong> condanne a pena detentiva e /o pecuniaria,<br />

(art. 665,IV c.c.p.. in relazione al 663 c.p.p. che sancisce l’obbligo<br />

del provve<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> unificazione <strong>di</strong> pene concorrenti) con<br />

4


in<strong>di</strong>viduazione del Giu<strong>di</strong>ce dell’esecuzione nell’Autorità<br />

Giu<strong>di</strong>ziaria che ha emesso il provve<strong>di</strong>mento <strong>di</strong>venuto irrevocabile<br />

per ultimo;<br />

- della pluralità <strong>di</strong> condanne emesse da giu<strong>di</strong>ci or<strong>di</strong>nari e/o speciali,<br />

per i quali è sempre competente il Giu<strong>di</strong>ce Or<strong>di</strong>nario (art. 665, IV<br />

c.,c.p.p.);<br />

- delle condanne inflitte da Giu<strong>di</strong>ci togati o onorari (art.40 D.L.vo<br />

274/00 che sancisce la competenza del Tribunale in composizione<br />

collegiale in caso <strong>di</strong> sentenze emesse da giu<strong>di</strong>ci togati e dal<br />

Giu<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> Pace);<br />

Il proce<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> esecuzione inizia con l’iscrizione al RES della<br />

condanna da eseguire, ai sensi dell’art. 28 delle norme regolamentari del<br />

co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> procedura penale.<br />

La cernita delle condanne dovrebbe <strong>avv</strong>enire ad opera della cancelleria<br />

del Giu<strong>di</strong>ce che ha emesso la condanna e che ne attesta la esecutività. Il<br />

cancelliere dovrebbe “selezionare” le condanne eseguibili da quelle che<br />

non lo sono (perché, ad esempio, sospese ovvero condonate) e da quelle<br />

destinate ad altro organo <strong>di</strong> esecuzione ( ad esempio, le condanne a sola<br />

pena pecuniaria).<br />

In fatto, per evitare errori, vengono trasmesse tutte le sentenze e ciò<br />

implica un ulteriore vaglio da parte del Pubblico Ministero.<br />

L’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> esecuzione, sempre ai sensi dell’art. 28, deve essere emesso<br />

senza ritardo e comunque entro cinque giorni dalla ricezione<br />

dell’estratto.<br />

Tale termine, che si evince dalla lettura sistematica del primo e del<br />

quarto comma dell’art.28 <strong>di</strong>sposizioni regolamentari, e che è sconosciuto<br />

ai più, viene raramente rispettato.<br />

E’ compito innanzitutto del P.M. <strong>di</strong> verificare se dalla condanna sono<br />

detraibili i perio<strong>di</strong> <strong>di</strong> presofferto (custo<strong>di</strong>a cautelare o agli arresti<br />

domiciliari) durante il giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> merito.<br />

Questo primo conteggio è effettuato dal PM il quale <strong>di</strong>spone <strong>di</strong> tutti gli<br />

atti relativi all’esecuzione della condanna e, sulla base <strong>di</strong> questi, re<strong>di</strong>ge<br />

l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> esecuzione.<br />

5


Primo problema che si pone è <strong>di</strong> verificare la correttezza del titolo<br />

esecutivo, ovvero <strong>di</strong> accertare che i conteggi siano stati fatti<br />

correttamente.<br />

Si tratta <strong>di</strong> verifica <strong>di</strong> importanza fondamentale, perché se la parte <strong>di</strong><br />

condanna ancora da eseguire non supera i 3 anni e ricorrono determinate<br />

con<strong>di</strong>zioni (v. infra) l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> carcerazione è accompagnato da un<br />

pe<strong>di</strong>ssequo decreto dello stesso P.M. che lo sospende, dando tempo alla<br />

persona a cui viene notificato l’atto, 30 giorni per poter fare richiesta <strong>di</strong><br />

accesso a misure alternative alla detenzione (affidamento in prova ai<br />

servizi sociali ecc. …)<br />

Dopo un’oscillazione giurisprudenziale (in tempi oramai assai remoti), si<br />

è giunti alla conclusione che, proprio per il principio <strong>di</strong> finalità<br />

rieducativa della pena, per determinare il concetto <strong>di</strong> pena inferiore a 3<br />

anni occorre fare esclusivamente riferimento alla condanna (o alla parte<br />

<strong>di</strong> essa) ancora da eseguire.<br />

2. Il provve<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> unificazione pene concorrenti (art. 663 c.p.p.).<br />

Una condanna talvolta può essere composta da un reato soltanto oppure<br />

può esserci una sentenza <strong>di</strong> condanna per più reati, oppure possono<br />

esserci più sentenze <strong>di</strong> condanna da porre in esecuzione. In quest’ultimo<br />

caso, il P.M. competente compila il cosiddetto provve<strong>di</strong>mento <strong>di</strong><br />

determinazione <strong>di</strong> pene concorrenti, volgarmente chiamato “cumulo”<br />

delle pene da espiare.<br />

E’ singolare come ad un provve<strong>di</strong>mento al quale, in un sistema<br />

giu<strong>di</strong>ziario efficiente, dovrebbero essere devolute almeno due/ terzi delle<br />

esecuzioni annuali sia de<strong>di</strong>cato un solo comma, <strong>di</strong> un solo articolo del<br />

co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> procedura penale. Di più: il comma quarto dell’articolo 665<br />

c.p.p. non riguarda il Pubblico Ministero ma, l’in<strong>di</strong>viduazione del<br />

Giu<strong>di</strong>ce competente “se l’esecuzione concerne più provve<strong>di</strong>menti emessi<br />

da Giu<strong>di</strong>ci <strong>di</strong>versi”.<br />

Su questa scarna norma, in interpretazione sistematica con gli articoli 74,<br />

76, 78 ed 80 del co<strong>di</strong>ce penale, è fondato il cosiddetto “cumulo delle<br />

pene”.<br />

Il provve<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> unificazione pene concorrenti è atto del Pubblico<br />

Ministero e pertanto possiede la forma e le caratteristiche del decreto.<br />

6


E’ provve<strong>di</strong>mento obbligatorio,e ciò perché la redazione del cumulo<br />

risponde sia all’esigenza <strong>di</strong> giustizia ed effettività della pena ( solo<br />

verificando lo stato <strong>di</strong> esecuzione <strong>di</strong> ogni singola pronuncia si può<br />

compiutamente decidere se e cosa rimane da espiare e con quali modalità<br />

emettere or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> esecuzione) sia a esigenze <strong>di</strong> razionalità ed economia<br />

(si pensi alle pene pecuniarie alla cui riscossione procede un unico<br />

ufficio recupero cre<strong>di</strong>ti situato presso il Giu<strong>di</strong>ce dell’esecuzione).<br />

E’ provve<strong>di</strong>mento amministrativo “con la conseguenza della sua<br />

emendabilità in ogni momento (secondo criteri <strong>di</strong> stretta legalità niente<br />

affatto <strong>di</strong>screzionali) in applicazione del potere <strong>di</strong> autotutela della PA,<br />

finchè su <strong>di</strong> esso non intervenga una decisione del Giu<strong>di</strong>ce<br />

dell’esecuzione, cui solo va riconosciuta natura giuris<strong>di</strong>zionale” (Cass.,<br />

Sez. 1° penale, Sent. 1/09/2007, Fecella, in CED Cass rv. 236240).<br />

Il cumulo può essere <strong>di</strong> due specie : materiale o giuri<strong>di</strong>co.<br />

Il provve<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> unificazione pene materiale è costituito dalla<br />

somma matematica delle pene inflitte con le sentenze incluse nel cumulo<br />

(e con l’<strong>avv</strong>ertenza che il provve<strong>di</strong>mento viene emesso soltanto quando<br />

vi è una pena residua da eseguire; in caso contrario il P.M. provvede alla<br />

formulazione <strong>di</strong> un cumulo virtuale con il quale viene chiesto al Giu<strong>di</strong>ce<br />

dell’esecuzione <strong>di</strong> pronunciare le or<strong>di</strong>nanze necessarie alla formale<br />

sistemazione della posizione giuri<strong>di</strong>ca del condannato: invero il P.M. non<br />

può archiviare <strong>di</strong>rettamente l’esecuzione senza che il Giu<strong>di</strong>ce abbia<br />

verificato e fatte proprie le richieste del P.M. o del condannato ad<br />

esempio in tema <strong>di</strong> applicazione <strong>di</strong> amnistia e indulto o <strong>di</strong> revoca della<br />

condanna per abolitio criminis).<br />

Il provve<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> unificazione pene giuri<strong>di</strong>co è costituito<br />

dall’applicazione concreta dell’art. 78 c.p. in combinazione con l’art.80<br />

c.p..<br />

Stabilisce infatti l’art. 80 che “ le <strong>di</strong>sposizioni <strong>degli</strong> articoli precedenti si<br />

applicano anche nel caso in cui ….contro la stessa persona si debbono<br />

eseguire più sentenze o più decreti <strong>di</strong> condanna”: l’art. 78, al primo<br />

comma prescrive che “ nel caso <strong>di</strong> concorso <strong>di</strong> reati la pena da applicare<br />

non può essere superiore al quintuplo della più grave fra le pene<br />

concorrenti né comunque eccedere …”.<br />

Si tratta dell’ipotesi, che il condannato abbia riportato una pluralità <strong>di</strong><br />

condanne per una pluralità <strong>di</strong> reati e nella quale occorre verificare la<br />

7


convenienza dell’uno o dell’altro modello <strong>di</strong> cumulo attraverso quella<br />

che a prima vista sembrerebbe solo una semplice operazione matematica<br />

( se sia più alta la somma aritmetica delle pene inflitte con le varie<br />

condanne oppure il valore conseguito moltiplicando la pena più elevata<br />

comminata per cinque ) ma che nei fatti presenta qualche complicazione.<br />

A questo ultimo proposito, giova ricordare la consolidata giurisprudenza<br />

(ex pluribus Cass. 21/03/2006, Bordoni CED Cass. rv. 233870 e<br />

3/12/2003, Piromelli CED Cass. rv. 226474) secondo la quale in tema <strong>di</strong><br />

cumulo giuri<strong>di</strong>co, l’indulto deve essere applicato sulle pene concorrenti,<br />

prima della applicazione del criterio moderatore <strong>di</strong> cui all’art. 78 c.p.<br />

sulle pene residue concretamente eseguibili.<br />

Secondo questo orientamento il <strong>di</strong>sposto dell’art. 78, “pur inserito tra le<br />

norme del capo III, de<strong>di</strong>cato al concorso <strong>di</strong> reati, viene a collocarsi in<br />

posizione eccentrica rispetto alle norme precedenti, fugendo da<br />

correttivo della rigi<strong>di</strong>tà del cumulo materiale” (da ultimo Cass., Sez. 1°<br />

penale, 3/10/2008, ric. Pronestì).<br />

Tuttavia, a giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> chi scrive, la scelta ermeneutica fatta propria dal<br />

Giu<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> legittimità, non appare costituzionalmente orientata al rispetto<br />

della funzione rieducativa della pena <strong>di</strong> cui all’art. 27 Cost.: la relativa<br />

questione, <strong>di</strong> legittimità costituzionale, più volte prospettata, è stata<br />

ritenuta, fino ad oggi, manifestamente infondata.<br />

3. La fungibilità delle pene.<br />

L’art. 657 <strong>di</strong>sciplina la materia della custo<strong>di</strong>a cautelare e delle pene<br />

espiate senza titolo, anche in proce<strong>di</strong>mento <strong>di</strong>verso da quello per cui<br />

viene emesso il titolo esecutivo e anche se la custo<strong>di</strong>a cautelare è ancora<br />

in corso.<br />

C’è un solo limite al recupero incon<strong>di</strong>zionato delle pene espiate senza<br />

titolo (in altri termini la c.d. “fungibilità della pena”) ed è esplicitato dal<br />

4° comma dell’art. 657, in base al quale possono essere <strong>di</strong>chiarate<br />

fungibili solo le pene espiate o la custo<strong>di</strong>a cautelare sofferta dopo la<br />

commissione del reato per il quale deve essere determinata la pena da<br />

eseguire.<br />

8


4. L’art. 656 c.p.p.<br />

4.a) La sospensione dell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> carcerazione.<br />

L’art. 656 c.p.p. è norma <strong>di</strong> estrema importanza che ha subito nel corso<br />

<strong>degli</strong> anni numerose mo<strong>di</strong>fiche: una prima mo<strong>di</strong>fica fu introdotta nel<br />

1998 dalla c.d. legge Simeone (legge 27/5/98 n. 165). Prima del 1998 se<br />

c’era da eseguire una pena, doveva essere l’interessato a chiedere la<br />

sospensione dell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> carcerazione presentando domanda <strong>di</strong><br />

affidamento in prova ai servizi sociali (o altra misura alternativa).<br />

La legge Simeone ha, <strong>di</strong> fatto, invertito la procedura prevedendo che se<br />

la pena ancora da espiare non supera i 3 anni, automaticamente il P.M.<br />

decreta la sospensione dell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> carcerazione concedendo un<br />

termine <strong>di</strong> 30 giorni all’interessato per formulare le istanze <strong>di</strong> misure<br />

alternative alla detenzione.<br />

A leggere l’art. 656 e le relative note (ve ne sono ben 15) si comprende<br />

che questa norma, sia per gli interventi della Corte Costituzionale, sia<br />

soprattutto per un susseguirsi <strong>di</strong> leggi nel tempo, ha subito ra<strong>di</strong>cali<br />

mo<strong>di</strong>fiche non tutte ispirate al medesimo principio.<br />

Infatti, dopo l’apertura della legge Simeone, gli ultimi provve<strong>di</strong>menti<br />

normativi che hanno mo<strong>di</strong>ficato l’art. 656 c.p.p. sono la legge 5 <strong>di</strong>cembre<br />

2005 n. 251 (nota come legge c.d. ex Cirielli, poiché il proponente alla<br />

fine ha ritirato la firma), la L. 21 febbraio 2006 n. 49 (che ha convertito<br />

in legge, con mo<strong>di</strong>fiche, il D.L. 30/12/2005 n. 272), la legge n. 125/08<br />

(che ha convertito in legge il D.L. 23/05/2008 n. 92).<br />

L’art. 656, III c. c.p.p. detta le caratteristiche formali dell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong><br />

carcerazione con obbligo <strong>di</strong> notifica che, ai sensi dell’art.655, V c. c.p.p.<br />

, deve essere eseguita entro 30 giorni al <strong>di</strong>fensore a pena <strong>di</strong> nullità.<br />

Questo affinché il <strong>di</strong>fensore possa controllare l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> esecuzione per<br />

verificare che sia o non sia soggetto a sospensione.<br />

Nella stessa sentenza <strong>di</strong> condanna ci possono essere dei reati che sono<br />

ostativi alla sospensione dell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> carcerazione e dei reati che invece<br />

non lo sono.<br />

Se, per esempio, la condanna riguarda un reato <strong>di</strong> rapina e un reato <strong>di</strong><br />

furto (posti in continuazione) e la pena ancora da eseguire è calcolata<br />

dopo aver detratto la parte che già si è espiata in stato <strong>di</strong> custo<strong>di</strong>a<br />

9


cautelare, la parte espiata “in anticipo” va imputata al reato ostativo (ex<br />

pluribus Cass. Pen. Sez. I sent. n. 11320 del 12/4/99 ric. Ronga).<br />

Invero, è principio giurisprudenziale consolidato quello per cui ogni<br />

volta che l’unitarietà della pena abbia effetti pregiu<strong>di</strong>zievoli per il<br />

condannato si debba scindere (il cumulo o la condanna) imputando le<br />

pene ostative alla carcerazione già sofferta e, in ogni caso, conteggiando<br />

tali pene come espiate per prime.<br />

Un primo atto che il <strong>di</strong>fensore può rivolgere <strong>di</strong>rettamente al P.M., è<br />

un’istanza o richiesta <strong>di</strong> rettifica dell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> carcerazione, qualora il<br />

conteggio non sia stato correttamente effettuato.<br />

Se invece l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> carcerazione è già stato emesso e contiene <strong>degli</strong><br />

errori residua sempre il rime<strong>di</strong>o del cosiddetto “incidente <strong>di</strong> esecuzione”.<br />

E qui entra in gioco il Giu<strong>di</strong>ce dell’Esecuzione che va in<strong>di</strong>viduato a<br />

norma dell’art. 665 del c.p.p. (v. infra).<br />

Al comma V dell’art. 656 viene stabilito il principio per cui, al <strong>di</strong> fuori<br />

delle ipotesi <strong>di</strong> cui all’art.656, IX e X c.,c.p.p. ed a con<strong>di</strong>zione la pena<br />

residua non sia superiore a tre anni, o sei nei casi <strong>di</strong> condanna commessa<br />

in relazione allo stato <strong>di</strong> tossico<strong>di</strong>pendenza ( art 90/94 T.U. Stup al quale<br />

è parificato l’alcool<strong>di</strong>pendente), l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> esecuzione deve includere<br />

decreto <strong>di</strong> sospensione della carcerazione con <strong>avv</strong>iso che, decorsi 30<br />

giorni dalla notifica senza che sia stata presentata istanza <strong>di</strong> misura<br />

alternativa alla detenzione, l’esecuzione della pena avrà corso<br />

imme<strong>di</strong>ato.<br />

La presentazione dell’istanza sospende sino alla decisione del Tribunale<br />

<strong>di</strong> Sorveglianza la detenzione, in<strong>di</strong>pendentemente dalla fondatezza della<br />

stessa; la mancata presentazione dell’istanza alla Cancelleria del<br />

Tribunale <strong>di</strong> Sorveglianza o alla Segreteria della Procura determina la<br />

imme<strong>di</strong>ata revoca del decreto <strong>di</strong> sospensione e la conseguente<br />

carcerazione. Se il Tribunale <strong>di</strong> Sorveglianza rigetta l’istanza, lo<br />

comunica al P.M. competente che emetterà or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> carcerazione (art.<br />

659 c.p.p.).<br />

Non si dà luogo a sospensione, conce<strong>di</strong>bile una volta soltanto, quando:<br />

1) la pena da eseguire è superiore a tre anni, anche “cumulata” (od a sei<br />

se pena inflitta per fatto commesso in relazione allo stato <strong>di</strong><br />

tossico<strong>di</strong>pendenza),<br />

10


2) in<strong>di</strong>pendentemente dall’entità della pena residua:<br />

- il condannato è in stato <strong>di</strong> custo<strong>di</strong>a cautelare per la condanna da<br />

eseguire;<br />

- si tratta <strong>di</strong> una condanna per uno dei reati <strong>di</strong> cui all’art. 4 bis l.354/75;<br />

- si tratta <strong>di</strong> sentenza in cui è stata applicata la reci<strong>di</strong>va ex art. 99, IV c.,<br />

c.p..<br />

- la condanna riguarda i reati <strong>di</strong> furto in abitazione (624 bis), ovvero <strong>di</strong><br />

furto pluriaggravato, l’art. 423 bis c.p. e i delitti aggravati ex art. 61<br />

comma 11 bis (v. oltre) (queste ultime ipotesi sono state introdotte dalla<br />

legge 125/08)<br />

La legge “ex Cirielli” introducendo in particolare la lettera c) nel comma<br />

9 dell’art. 656 ha escluso la possibilità per reci<strong>di</strong>vi reiterati (ex art. 99,<br />

4° comma cod. pen.) <strong>di</strong> vedersi sospeso l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> carcerazione, anche<br />

se la pena ancora da espiare non supera i 3 anni.<br />

La reci<strong>di</strong>va, per poter condurre al <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> sospensione dell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong><br />

carcerazione, non solo deve essere stata contestata nel processo <strong>di</strong><br />

merito, ma deve anche essere stata ritenuta in sentenza, ovvero contestata<br />

e non esclusa dal Giu<strong>di</strong>ce.<br />

La lettera c) dell’art. 656 parla testualmente <strong>di</strong> reci<strong>di</strong>va “applicata”.<br />

Reci<strong>di</strong>va applicata significa, in altri termini, che la reci<strong>di</strong>va è considerata<br />

a tutti gli effetti una circostanza aggravante della pena per cui anche nel<br />

caso in cui nella sentenza la reci<strong>di</strong>va sia stata bilanciata nella<br />

determinazione della pena con le circostanze attenuanti la reci<strong>di</strong>va deve<br />

ritenersi applicata perché ha avuto un’applicazione concreta, un peso<br />

concreto nella determinazione della pena.<br />

Questo è il risultato <strong>di</strong> una analisi attenta dell’art. 69 del c.p. che prevede<br />

appunto il giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> bilanciamento tra circostante attenuanti aggravanti.<br />

Norma che si chiude con la <strong>di</strong>zione secondo la quale “quando le<br />

circostanze attenuanti hanno avuto giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> prevalenza sulle<br />

aggravanti (tra cui la reci<strong>di</strong>va) non si tiene conto <strong>di</strong> nessun aumento <strong>di</strong><br />

pena previsto per le circostanze aggravanti”.<br />

Per i reci<strong>di</strong>vi reiterati, come si è detto, vige il <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> <strong>di</strong>chiarare la<br />

prevalenza delle attenuanti.<br />

Va tuttavia ricordato che il Giu<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> merito ha ancora oggi un potere,<br />

seppure notevolmente limitato, <strong>di</strong> escludere la reci<strong>di</strong>va anche se si tratta<br />

11


<strong>di</strong> reci<strong>di</strong>va reiterata ex art. 99, 4° comma, c.p..(Corte Costituzionale ,<br />

sentenza n. 192 del 5/6/2007.).<br />

Segnalo una recentissima pronuncia della Corte Costituzionale (sentenza<br />

7 giugno 2011 n° 183 che ha <strong>di</strong>chiarato illegittimo l’art. 62 bis del<br />

co<strong>di</strong>ce penale nella parte in cui stabilisce che, ai fini dell’applicazione<br />

del I comma dello stesso articolo, non si possa tenere conto della<br />

condotta del reo susseguente al reato.<br />

Di fatto è venuto meno il principio introdotto dalla Legge 5 <strong>di</strong>cembre<br />

2005 n. 251 che vietava al giu<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> riconoscere il giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong><br />

prevalenza delle attenuanti sulla reci<strong>di</strong>va reiterata ex art. 99 IV comma<br />

c.p.p..<br />

Il comma 9, lettere a) e b) dell’art. 656 prevede altresì che non possa<br />

essere <strong>di</strong>sposta la sospensione dell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> carcerazione da parte del<br />

Pubblico Ministero, quando la condanna riguar<strong>di</strong> uno dei reati <strong>di</strong> cui<br />

all’art. 4 bis dell’Or<strong>di</strong>namento Penitenziario e quando il soggetto si trovi<br />

in stato <strong>di</strong> custo<strong>di</strong>a cautelare quando la sentenza <strong>di</strong>viene definitiva. La<br />

custo<strong>di</strong>a cautelare deve riguardare il medesimo titolo in esecuzione,<br />

ovvero deve essere riferibile al fatto oggetto della condanna da eseguire.<br />

La lettera a) dell’art. 656 c.p.p. è quella che pone meno problemi in<br />

or<strong>di</strong>ne alla sospensione dell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> carcerazione o, almeno, poneva<br />

meno problemi fino a qualche tempo fa, perché sarebbe sufficiente<br />

scorrere l’elenco dei reati compresi nell’art. 4 bis dell’Or<strong>di</strong>namento<br />

Penitenziario per escludere la possibilità della sospensione dell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong><br />

carcerazione.<br />

L’art. 4 bis dell’Or<strong>di</strong>namento Penitenziario è norma, in verità, creata<br />

inizialmente come norma antimafia prevedendo che determinati soggetti,<br />

condannati per specifici reati, non possono godere <strong>di</strong> benefici previsti<br />

dall’Or<strong>di</strong>namento Penitenziario quali l’affidamento in prova ai servizi<br />

sociali, la semilibertà, ecc. …<br />

Tuttavia, l’art. 4 bis è norma che anch’essa ha subito col passare <strong>degli</strong><br />

anni notevoli mo<strong>di</strong>fiche con l’inserimento <strong>di</strong> nuove figure <strong>di</strong> reato.<br />

Con la conseguenza che un reato (valga per tutti l’esempio che è stato più<br />

importante in questi ultimi anni, i c.d. reati <strong>di</strong> abusi e violenze sessuali)<br />

prima considerato grave ma non gravissimo è stato equiparato a tutti gli<br />

effetti ai reati <strong>di</strong> origine mafiosa, ai reati <strong>di</strong> rapina aggravata, estorsione<br />

aggravata ecc. ...<br />

12


Quando si inserisce un nuovo reato nell’elenco (e l’ultimo inserimento <strong>di</strong><br />

reati è <strong>avv</strong>enuto nel febbraio del 2006 riguarda appunto gli artt. 609 bis e<br />

609 quater del co<strong>di</strong>ce penale), sorgono non pochi problemi interpretativi.<br />

Si ipotizzi la commissione <strong>di</strong> un reato <strong>di</strong> violenza sessuale nel 2003.<br />

Se la condanna fosse passata in giu<strong>di</strong>cato nel 2003/2004/2005 l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong><br />

carcerazione (l’art. 609 bis non era allora ricompreso nell’elenco del 4<br />

bis) avrebbe dovuto condurre ad un or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> carcerazione sospeso.<br />

Se la sentenza è <strong>di</strong>venuta irrevocabile dopo il febbraio 2006, l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong><br />

carcerazione non viene sospeso e il condannato subisce le conseguenze<br />

<strong>di</strong> un mutamento legislativo che riguarda, <strong>di</strong> fatto, il <strong>di</strong>ritto sostanziale,<br />

ma che viene considerata mo<strong>di</strong>fica processuale.<br />

L’art. 2 c.p. prevede che la legge più favorevole è quella che deve essere<br />

applicata nei confronti anche dei condannati definitivi (si può chiedere<br />

anche la revoca della sentenza <strong>di</strong> condanna).<br />

Ciò in ossequio al principio costituzionale (art. 25, comma 2) che<br />

prevede la irretroattività delle leggi penali meno favorevoli per il reo.<br />

Ove l’esecuzione della pena fosse considerata parte del <strong>di</strong>ritto sostanziale<br />

la materia dovrebbe essere regolata attraverso il ricorso ai principi<br />

costituzionali sopra richiamati.<br />

Qualora invece le mo<strong>di</strong>fiche normative vengano considerate <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto<br />

processuale, vale il principio “tempus regit actum”.<br />

Le Sezioni Unite della Corte <strong>di</strong> Cassazione con la sentenza n. 24561 del<br />

2006 emessa in data 30/05/2006 hanno risolto il contrasto<br />

giurisprudenziale affermando che “il <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> sospensione<br />

dell’esecuzione delle pene detentive <strong>di</strong> cui all’art. 656, comma 9, lettera<br />

a), per effetto della recente mo<strong>di</strong>fica dell’art. 4 bis ad opera della legge<br />

38 del 2006 (la legge che ha inserito il 609 bis nel corpo del 4 bis nde)<br />

opera dopo l’entrata in vigore <strong>di</strong> quest’ultima anche per gli specifici<br />

delitti <strong>di</strong> materia sessuale <strong>di</strong> cui agli artt. 609 bis e seguenti, anche al <strong>di</strong><br />

fuori del vincolo associativo. La nuova <strong>di</strong>sciplina non avendo natura <strong>di</strong><br />

norma penale sostanziale per il principio del tempus regit actum che<br />

invece è il principio car<strong>di</strong>ne della procedura, trova imme<strong>di</strong>ata<br />

applicazione in tutti i proce<strong>di</strong>menti pendenti”.<br />

.<br />

13


4.b) Il <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> sospensione dell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> carcerazione introdotto<br />

nell’art. 656 comma 9 c.p.p. dalla legge 125/08 (conversione, con<br />

mo<strong>di</strong>fiche dl 27/05/2008 n. 92).<br />

A seguito delle mo<strong>di</strong>fiche legislative la sospensione non può essere<br />

<strong>di</strong>sposta, oltre che nei confronti <strong>di</strong> condannati per i delitti <strong>di</strong> cui all’art. 4<br />

bis L. 354/75 e successive mo<strong>di</strong>ficazioni, anche per i condannati per i<br />

delitti <strong>di</strong> cui agli articoli 423 bis, 624, quando ricorrono due o più<br />

circostanze tra quelle in<strong>di</strong>cate dall’art. 625, 624 bis del co<strong>di</strong>ce penale, e<br />

per i delitti in cui ricorre l’aggravante <strong>di</strong> cui all’art. 61, primo comma,<br />

numero 11 bis del medesimo co<strong>di</strong>ce.<br />

La mo<strong>di</strong>fica ha, pertanto, esteso il <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> sospensione delle pene<br />

detentive brevi da parte del Pubblico Ministero ai reati <strong>di</strong> incen<strong>di</strong>o<br />

boschivo, furto aggravato da almeno due circostanze <strong>di</strong> cui all’art. 625<br />

c.p., furto in abitazione e con strappo, e tutti i delitti aggravati dalla<br />

circostanza, introdotta contestualmente nel co<strong>di</strong>ce penale dalla medesima<br />

legge, <strong>di</strong> cui all’art. 61 n. 11 bis c.p., ossia ai fatti commessi da chi si<br />

trova illegalmente sul territorio nazionale.<br />

Diversamente dai passati interventi, il legislatore, con la recente riforma<br />

ha inserito le nuove fattispecie <strong>di</strong>rettamente nell’art. 656 c.p.p. e non<br />

nell’art. 4 bis O.P. che come, si è detto, elenca i delitti per i quali il<br />

legislatore presume una specifica pericolosità sociale dei condannati e,<br />

con riferimento ai quali, pertanto, subor<strong>di</strong>na la concessione <strong>di</strong> misure<br />

alternative alla sussistenza <strong>di</strong> in<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> attenuata pericolosità sociale.<br />

Tale soluzione suscita qualche perplessità, alla luce della ratio<br />

dell’istituto <strong>di</strong> cui all’art. 656, comma 5 c.p.p., “giacchè la sospensione<br />

della detenzione è <strong>di</strong>rettamente funzionale alla eventuale applicazione<br />

delle misure alternative alla detenzione” (Cass. SS. UU., 30.05.2006,<br />

citata).<br />

Per questo, fin’ora, il catalogo dei delitti ostativi alla sospensione era<br />

identico a quello dei delitti ostativi alla concessione <strong>di</strong> misure alternative<br />

alla detenzione.<br />

Si tratta, peraltro, <strong>di</strong> tre categorie <strong>di</strong> delitti per i quali il legislatore<br />

presume una specifica pericolosità sociale dei condannati e, con<br />

riferimento ai quali, pertanto, subor<strong>di</strong>na la concessione <strong>di</strong> misure<br />

alternative alla sussistenza <strong>di</strong> in<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> attenuata pericolosità sociale.<br />

14


Ciò premesso, non può non osservarsi che, con la mo<strong>di</strong>fica apportata<br />

dall’art. 2 L. 125/08, il <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> sospensione dell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> carcerazione<br />

per i condannati per il reato <strong>di</strong> cui all’art. 624 bis c.p. e cc., inserito<br />

<strong>di</strong>rettamente nell’art. 656 c.p.p., non si estende alla concessione <strong>di</strong><br />

misure alternative detenzione. Ciò, in quanto l’art. 624 bis c.p. non è<br />

ricompreso nell’elenco dei gravi delitti previsti dall’art. 4 bis O.P.<br />

Conseguentemente, i condannati per delitti per i quali, in base alla nuova<br />

normativa è ora previsto il <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> sospensione dell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong><br />

carcerazione, da un lato non potranno usufruire della sospensione<br />

dell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> carcerazione (funzionale all’accesso alle misure alternative<br />

alla detenzione) e dall’altro potranno accedere alle predette misure, senza<br />

alcuna limitazione e nelle medesime con<strong>di</strong>zioni previste prima della<br />

riforma.<br />

E’ evidente, dunque, che il legislatore, ai fini della concessione delle<br />

misure alternative alla detenzione, non ha ritenuto la condanna per il<br />

reato <strong>di</strong> cui all’art. 624 bis c.p. sintomatica della medesima pericolosità<br />

sociale dei reati <strong>di</strong> cui all’art. 4 bis O.P.<br />

Tuttavia il legislatore ha introdotto ugualmente il <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> sospensione<br />

dell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> carcerazione, in palese contrasto con la ratio sottesa alla<br />

previsione normativa della sospensione stessa, ossia, come detto, quella<br />

<strong>di</strong> accedere alle misure alternative alla detenzione.<br />

E’ evidente che il <strong>di</strong>vieto introdotto dall’art. 2 L. 125/08 contrasta con il<br />

principio <strong>di</strong> ragionevolezza, posto che ha introdotto una <strong>di</strong>sciplina non<br />

consente ai condannati per il delitto previsto dall’art. 624 bis c.p. <strong>di</strong><br />

usufruire della sospensione dell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> carcerazione, al fine <strong>di</strong><br />

richiedere una misura alternativa alla detenzione, pur riconoscendo agli<br />

stessi il <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> accesso a tali misure nelle stesse con<strong>di</strong>zioni dei<br />

condannati per reati non previsti dall’art. 4 O.P.<br />

Al riguardo va osservato che la Corte Costituzionale, con la sentenza n.<br />

306 dell’8 luglio 1993, pur non prendendo una posizione sulla natura<br />

processuale o sostanziale delle norme che regolano l’esecuzione della<br />

pena, ha riconosciuto “anche in materie... non soggette al principio <strong>di</strong><br />

irretroattività della legge, che la vanificazione con legge successiva <strong>di</strong><br />

un <strong>di</strong>ritto positivamente riconosciuto da una legge precedente non può<br />

sottrarsi al necessario scrutinio <strong>di</strong> ragionevolezza...”.<br />

15


La stessa Corte Costituzionale ( sentenza n. 79 del 2007) ha ritenuto che<br />

“la finalità rieducativa della pena stabilita dall’art. 27, 3° comma della<br />

Costituzione deve riflettersi in modo adeguato su tutta la legislazione<br />

penitenziaria. Quest’ultima deve prevedere modalità e percorsi idonei a<br />

realizzare l’emenda e la risocializzazione del condannato secondo scelte<br />

del legislatore che devono convergere nella valorizzazione <strong>di</strong> tutti gli<br />

sforzi compiuti dal singolo condannato e dalle istituzioni per conseguire<br />

il fine costituzionalmente sancito della rieducazione”.<br />

Anche alla luce <strong>di</strong> tale finalità si dubita sulla possibilità <strong>di</strong> conferire<br />

carattere processuale alla norma in questione e quin<strong>di</strong> sottoporla al<br />

principio tempus regit actum.<br />

Tale interpretazione dell’art. 656 lett. a) c.p.p. appare in contrasto (per le<br />

ragioni <strong>di</strong> cui sopra) con il principio della finalità rieducativa della pena,<br />

che deve trovare una sua imme<strong>di</strong>ata e puntuale applicazione “su tutta la<br />

legislazione penitenziaria” (Corte Cost., Sent. 79/2007, cit) e quin<strong>di</strong><br />

anche tramite le misure alternative, privilegiandone l’accesso, senza che<br />

sia necessario il “passaggio” dallo stato <strong>di</strong> detenzione.<br />

Al contrario, nel nuovo contesto normativo, i condannati per i delitti<br />

inseriti nell’art. 656 comma 9 c.p.p. dovranno necessariamente passare<br />

dallo stato detentivo per poter chiedere l’applicazione <strong>di</strong> misure<br />

alternative alla detenzione, misure che potranno essere applicate<br />

provvisoriamente dal Magistrato <strong>di</strong> Sorveglianza in attesa della decisione<br />

del Tribunale, senza le restrizioni stabilite per i delitti <strong>di</strong> cui all’art. 4 bis<br />

O.P.<br />

Va ancora osservato che, nonostante non vi siano, per i condannati per i<br />

delitti <strong>di</strong> cui all’art. 656, comma 9 lett. a) c.p.p., le medesime restrizioni<br />

previste per i condannati per i delitti <strong>di</strong> cui all’art. 4 bis O.P., tuttavia, si è<br />

osservato, come raffrontando i presupposti del provve<strong>di</strong>mento<br />

sospensivo <strong>di</strong> cui all’art. 656 comma 5 c.p.p. e quelli dell’omologa<br />

sospensione <strong>di</strong>sposta dal Magistrato <strong>di</strong> Sorveglianza, emergano<br />

<strong>di</strong>fferenze <strong>di</strong> non poco conto.<br />

Infatti, la sospensione <strong>di</strong> cui al comma 5 dell’art. 656 c.p.p. opera in<br />

modo automatico in presenza dei limiti <strong>di</strong> pena stabiliti dalla legge ed in<br />

assenza delle con<strong>di</strong>zioni ostative <strong>di</strong> cui ai commi 7 e 9 dell’art. 656 c.p.p.<br />

Al contrario la sospensione <strong>di</strong>sposta dal Magistrato <strong>di</strong> Sorveglianza è<br />

16


subor<strong>di</strong>nata alla valutazione della sussistenza dei presupposti per la<br />

concessione delle misure alternative, del grave pregiu<strong>di</strong>zio derivante<br />

dalla protrazione della detenzione e dell’inesistenza del pericolo <strong>di</strong> fuga.<br />

Pertanto, in tale ultima ipotesi, (contrariamente a quanto accade nel caso<br />

<strong>di</strong> sospensione automatica) vi saranno maggiori garanzie che il soggetto,<br />

ottenuta la sospensione, passando attraverso il controllo <strong>di</strong> merito del<br />

Giu<strong>di</strong>ce, non si sottrarrà all’esecuzione della pena e non ricadrà nel reato.<br />

In sostanza, la concessione da parte del Magistrato <strong>di</strong> Sorveglianza della<br />

sospensione per i condannati per i delitti inseriti nell’art. 656 comma 9<br />

c.p.p. è subor<strong>di</strong>nata ad una valutazione <strong>di</strong> meritevolezza della misura<br />

alternativa richiesta.<br />

Al contrario, la scelta delle fattispecie per cui opera il <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong><br />

sospensione è stata operata sulla base <strong>di</strong> una valutazione astratta e per<br />

tipologia <strong>di</strong> reato, con totale <strong>di</strong>sinteresse per i profili idonei a evidenziare<br />

una ridotta capacità a delinquere (ad esempio il ruolo del singolo<br />

condannato nel caso <strong>di</strong> concorso <strong>di</strong> persone o la concessione <strong>di</strong><br />

attenuanti).<br />

4.c) La legge 199/2010 (c.d. “legge Alfano)<br />

La Legge 26/11/10 n. 199 prevede l’esecuzione presso il domicilio della<br />

pena detentiva non superiore a 18 mesi 1 anche se costituente parte<br />

residua <strong>di</strong> maggiore pena.<br />

Si tratta <strong>di</strong> una legge a carattere temporaneo poiché resterà in vigore non<br />

oltre il 31/12/2013 ed è una modalità alternativa all’espiazione della pena<br />

in carcere: è bene chiarire che si tratta <strong>di</strong> espiazione <strong>di</strong> pena e non <strong>di</strong><br />

alternativa alla pena.<br />

La parte della legge che rileva in questa sede (in tema <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong><br />

carcerazione) è il III comma dell’art. 2 che prevede che il Pubblico<br />

Ministero “salvo che debba sospendere l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> carcerazione ai sensi<br />

del comma V dell’art. 656 e salvo che ricorrano i casi previsti dal<br />

comma 9 lett. a) dello stesso articolo” sospende l’esecuzione dell’or<strong>di</strong>ne<br />

<strong>di</strong> carcerazione e trasmette gli atti senza ritardo al Magistrato <strong>di</strong><br />

Sorveglianza.<br />

1 L’originario limite <strong>di</strong> 12 mesi è stato elevato a 18 mesi con il decreto legge 22/12/2011 n. 211, convertito<br />

con mo<strong>di</strong>ficazioni nella Legge 17/02/2012 n. 9.<br />

17


Dalla sospensione dell’esecuzione (che è cosa <strong>di</strong>versa dall’emissione <strong>di</strong><br />

or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> carcerazione sospeso) sono esclusi i reati elencati nell’art. 656<br />

c.p.p., ma rientrano nella categoria i reci<strong>di</strong>vi reiterati, esclusi invece dal<br />

novero <strong>di</strong> coloro nei cui confronti il P.M. può emettere un or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong><br />

carcerazione sospeso.<br />

Rinviando alla lettura della legge per quanto concerne la procedura che il<br />

Pubblico Ministero deve attuare per dar corso all’ammissione da parte<br />

del Magistrato <strong>di</strong> Sorveglianza alla espiazione della pena presso il<br />

domicilio, si evidenzia che, anche in questo caso, il <strong>di</strong>fensore, pur non<br />

<strong>di</strong>sponendo <strong>di</strong> una autonoma facoltà <strong>di</strong> proporre istanze per la<br />

concessione della detenzione presso il domicilio, può tuttavia segnalare<br />

agli uffici <strong>di</strong> Procura competenti la circostanza che il titolo esecutivo<br />

emettendo rientri tra quelli cui è applicabile la legge 199/2010,<br />

consentendo così un’applicazione della detenzione a domicilio senza<br />

l’ingresso e il passaggio nella struttura carceraria 2 .<br />

5. La reiterazione della sospensione del titolo esecutivo.<br />

Esiste, in generale, un <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> proporre per due volte una richiesta <strong>di</strong><br />

misura alternativa alla detenzione in carcere ,così come esiste un <strong>di</strong>vieto<br />

<strong>di</strong> sospendere per più <strong>di</strong> una volta il titolo esecutivo(art. 656, 7° co.<br />

c.p.p.).<br />

Questo <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> riproporre istanze, non vale per l’affidamento in prova<br />

terapeutico, (quello, appunto per i tossico<strong>di</strong>pendenti), che è proponibile<br />

anche più volte sempre nell’ambito della stessa condanna.<br />

L’interpretazione del comma 7 dell’art. 656 c.p.p. secondo il quale la<br />

sospensione dell’esecuzione per la stessa condanna non può essere<br />

<strong>di</strong>sposta più <strong>di</strong> una volta (anche se il condannato ripropone nuova istanza<br />

sia in or<strong>di</strong>ne a <strong>di</strong>versa misura alternativa, sia in or<strong>di</strong>ne alla medesima<br />

misura <strong>di</strong>versamente motivata) ha suscitato contrasti interpretativi anche<br />

nella giurisprudenza <strong>di</strong> legittimità.<br />

Nel caso infatti <strong>di</strong> riproposizione della richiesta <strong>di</strong> misura alternativa per<br />

una condanna <strong>di</strong>versa, sembrerebbe non valere il <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> reiterazione<br />

della sospensione, anche nel caso (tutt’altro che infrequente) che una<br />

2 Per una <strong>di</strong>samina più approfon<strong>di</strong>ta sulla legge che consente l’esecuzione presso il domicilio delle pene<br />

detentive non superiori a 12 mesi, rimando alla mia relazione svolta il 25 febbraio 2011 nel corso<br />

dell’incontro <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o organizzato dalla Camera Penale Vittorio Chiusano e pubblicata sul sito della stessa<br />

Camera Penale.<br />

18


precedente condanna venga assorbita in un provve<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> cumulo<br />

comprendente anche nuovi titoli esecutivi.<br />

Vi sono due orientamenti giurisprudenziali.<br />

Secondo un primo orientamento (Sez. I, 2/7/2003, ric. PG Bari in proc.<br />

Schiavone, C.E.D. Cass. 227640) “non costituisce ostacolo alla<br />

sospensione all’esecuzione della pena, determinata a seguito <strong>di</strong><br />

provve<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> cumulo ex art. 663 c.p.p., la circostanza che in esso sia<br />

confluita una pena per la quale era già stata precedentemente concessa<br />

la sospensione dell’esecuzione”. Nella specie la Corte <strong>di</strong> Cassazione ha<br />

ricordato il principio giurisprudenziale consolidato secondo il quale “il<br />

cumulo va sciolto quando ne derivino effetti pregiu<strong>di</strong>zievoli per<br />

l’interessato”.<br />

Con decisione <strong>di</strong> tenore opposto la stessa Corte <strong>di</strong> Cassazione ha ritenuto<br />

che per “stessa condanna” debba intendersi non solo il titolo in relazione<br />

al quale il beneficio è stato concesso, ma anche il <strong>di</strong>verso titolo in cui,<br />

per effetto <strong>di</strong> un nuovo provve<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> unificazione <strong>di</strong> pene<br />

concorrenti, il primo è confluito (cfr. Cass. Sez. I, 11/7/2006, 29087).“In<br />

fase esecutiva, infatti, ciascuna delle condanne riportate da un soggetto,<br />

perde la propria in<strong>di</strong>vidualità, andando a confluire in un unico titolo<br />

esecutivo costituito dal provve<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> unificazione <strong>di</strong> pene<br />

concorrenti.”<br />

Appare auspicabile un intervento delle Sezioni Unite per <strong>di</strong>rimere il<br />

contrasto.<br />

19


IL PROCEDIMENTO DAVANTI AL GIUDICE<br />

DELL’ESECUZIONE<br />

1. L’in<strong>di</strong>viduazione del Giu<strong>di</strong>ce dell’Esecuzione.<br />

Il Giu<strong>di</strong>ce dell’Esecuzione è colui che ha emesso la sentenza passata in<br />

giu<strong>di</strong>cato.<br />

Se è una sola sentenza, non vi sono problemi. Se però sono più le<br />

sentenze <strong>di</strong> condanna, il Giu<strong>di</strong>ce dell’Esecuzione è quello che ha emesso<br />

la condanna <strong>di</strong>venuta irrevocabile per ultima, che non necessariamente è<br />

quello che ha emesso l’ultima condanna (art. 665 c.p.p.).<br />

Ciò premesso, in<strong>di</strong>viduato il Tribunale (GIP o Tribunale sezione<br />

<strong>di</strong>battimento) o la Corte d’Appello quale Giu<strong>di</strong>ce dell’Esecuzione<br />

territorialmente competente, occorre ulteriormente in<strong>di</strong>viduare quale è il<br />

Giu<strong>di</strong>ce che ha effettivamente emesso la condanna in esecuzione.<br />

Già si è affrontato in parte il problema (v. supra) trattando della<br />

in<strong>di</strong>viduazione del P.M. competente perl’esecuzione. Qui occorre<br />

riba<strong>di</strong>re che:<br />

- se il Giu<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> appello ha confermato la sentenza <strong>di</strong> primo grado, il<br />

Giu<strong>di</strong>ce dell’Esecuzione è il Tribunale.<br />

- se c’è stata una riforma in grado <strong>di</strong> appello, il Giu<strong>di</strong>ce dell’Esecuzione<br />

<strong>di</strong>venta il Giu<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> appello.<br />

Se in secondo grado sono state concesse le circostanze attenuanti<br />

generiche (non concesse in primo grado), il Giu<strong>di</strong>ce dell’Esecuzione è la<br />

Corte d’Appello, perché c’è stata una mo<strong>di</strong>fica sostanziale del titolo <strong>di</strong><br />

reato (non più per esempio furto aggravato ma, in virtù delle concesse<br />

circostanze attenuanti equivalenti alle aggravanti, furto semplice). Così<br />

pure se è mutata la qualificazione del fatto (da rapina impropria a furto<br />

con destrezza), il Giu<strong>di</strong>ce dell’Esecuzione sarà il Giu<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> appello.<br />

Tuttavia, se il Giu<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> Appello si è limitato a ridurre la pena senza<br />

intervenire sul bilanciamento delle circostanze il Giu<strong>di</strong>ce dell’Esecuzione<br />

è quello <strong>di</strong> prime cure (GIP o Tribunale).<br />

20


In tale ultimo caso, essendovi stata una rinuncia ad alcuni dei motivi <strong>di</strong><br />

gravame, tale situazione prevale, ai fini della in<strong>di</strong>viduazione del Giu<strong>di</strong>ce<br />

dell’Esecuzione, sull’accoglimento <strong>degli</strong> altri motivi, derivante da una<br />

concorde richiesta delle parti.<br />

2. La procedura in sede esecutiva.<br />

La norma fondamentale in materia, ovvero l’art. 666 del c.p.p., richiama<br />

espressamente il principio del contrad<strong>di</strong>ttorio tra le parti, sancito dall’art.<br />

111 della Costituzione, che il legislatore ha voluto rispettato anche in<br />

questa fase.<br />

In particolare il comma 5 testualmente recita: “il Giu<strong>di</strong>ce può chiedere<br />

alle autorità competenti tutti i documenti e le informazioni <strong>di</strong> cui abbia<br />

bisogno se occorre assumere prove, procede in u<strong>di</strong>enza nel rispetto del<br />

contrad<strong>di</strong>ttorio”.<br />

Questa procedura, seppure non pubblica, prevede il rispetto <strong>di</strong> tutte le<br />

regole <strong>di</strong>sciplinate dall’art. 127 (che regola in via generale i proce<strong>di</strong>menti<br />

in camera <strong>di</strong> consiglio); è prevista una u<strong>di</strong>enza cui, a norma del comma<br />

4, deve partecipare necessariamente il <strong>di</strong>fensore e il P.M..<br />

Il Giu<strong>di</strong>ce dell’Esecuzione <strong>di</strong>spone <strong>di</strong> ampi poteri istruttori, avendo la<br />

possibilità <strong>di</strong> assumere una prova, acquisire un documento, ma anche<br />

<strong>di</strong>sporre l’au<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> un teste che può essere esaminato e<br />

controesaminato dalle parti interessate nel rispetto del principio del<br />

contrad<strong>di</strong>ttorio tra le parti.<br />

Avverso il provve<strong>di</strong>mento del Giu<strong>di</strong>ce dell’esecuzione è esperibile il<br />

ricorso per Cassazione.<br />

Tale ricorso non sospende l’esecutività del provve<strong>di</strong>mento a meno che il<br />

giu<strong>di</strong>ce dell’esecuzione non <strong>di</strong>sponga altrimenti (art. 666, 7° comma,<br />

c.p.p.): si tratta <strong>di</strong> un caso del tutto eccezionale in cui lo stesso Giu<strong>di</strong>ce <strong>di</strong><br />

merito è chiamato a valutare il fumus boni iuris del proposto ricorso<br />

nonché il periculum in mora che deriverebbe all’interessato dalla<br />

imme<strong>di</strong>ata esecutività del provve<strong>di</strong>mento.<br />

3. L’incidente <strong>di</strong> Esecuzione.<br />

L’incidente <strong>di</strong> esecuzione ha un oggetto ampio: gli articoli da 667 a 676<br />

fissano le problematiche da risolvere attraverso l’incidente <strong>di</strong> esecuzione<br />

ma l’elenco non è tassativo, almeno secondo l’orientamento locale.<br />

21


E questo perché il Giu<strong>di</strong>ce dell’esecuzione ha una funzione <strong>di</strong>rimente le<br />

controversie tra Accusa e Difesa, ad esempio, in tema <strong>di</strong> fungibilità o<br />

<strong>di</strong>ritto alla sospensione dell’esecuzione, laddove le istanze <strong>di</strong>fensive “in<br />

subiecta materia” siano <strong>di</strong>sattese dal Pubblico Ministero, sia perché<br />

appare possibile estendere il campo <strong>di</strong> applicazione delle norme “de quo”<br />

sino a comprendere casi non contemplati o perché appartenenti alla<br />

patologia giu<strong>di</strong>ziaria (si pensi, ad esempio, ad un P.M. che ostinatamente<br />

e contro ogni evidenza computi non correttamente in danno del reo un<br />

periodo <strong>di</strong> custo<strong>di</strong>a cautelare sofferto) o perché impossibili da prevedere<br />

all’atto della riforma del 1989, ad esempio, in tema <strong>di</strong> ri-conversione in<br />

pena detentiva della sanzione sostitutiva dell’espulsione ex art. 16 L<br />

.286/98.<br />

I casi co<strong>di</strong>ficati <strong>di</strong> ricorso alla procedura dell’incidente <strong>di</strong> esecuzione<br />

sono:<br />

3.a) art. 667 – dubbi sull’identità fisica del detenuto.<br />

In questa ipotesi il Giu<strong>di</strong>ce dell’esecuzione compie ogni atto utile per<br />

l’identificazione se accerta che vi è un errore <strong>di</strong> persona libera il<br />

detenuto; in caso <strong>di</strong> dubbio, sospende l’esecuzione e libera il<br />

condannato. In via <strong>di</strong> urgenza provvede il Pubblico Ministero. E’ questo<br />

l’unico caso ,unitamente all’applicazione <strong>di</strong> amnistia e indulto in cui è<br />

consentito al P.M. un potere <strong>di</strong> liberazione “extra or<strong>di</strong>nem” e al Giu<strong>di</strong>ce<br />

<strong>di</strong> provvedere senza formalità e dunque fuori u<strong>di</strong>enza. Perché il Pubblico<br />

Ministero possa esercitare questo potere eccezionale è necessario che<br />

l’errore sull’identità del condannato sia evidente.<br />

3.b) art. 668 – persona condannata per errore <strong>di</strong> nome.<br />

Norma all’apparenza un po’ oscura ma che <strong>di</strong>stingue i casi in cui il<br />

condannato con false generalità sia stato posto nella possibilità <strong>di</strong><br />

partecipare al processo (come quando un persona <strong>di</strong>a false generalità<br />

eleggendo regolare domicilio e nominando il <strong>di</strong>fensore ) ed allora si<br />

provvederà ex art. 130 c.p.p. non alla celebrazione <strong>di</strong> altro processo ma<br />

alla “ volturazione “del nome, dalla situazione nella quale sia stato<br />

celebrato un giu<strong>di</strong>zio con lesione del <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> prendervi parte, nel qual<br />

caso il processo contro la persona erroneamente condannata sarà ripreso<br />

e chiuso ai sensi dell’art. 630 lett. C) c.p.p.. In entrambe le ipotesi<br />

l’esecuzione verso l’innocente è sospesa.<br />

22


3.c) art. 669 – pluralità <strong>di</strong> sentenze per il medesimo fatto contro la<br />

stessa persona.<br />

E’ il principio del “ ne bis in idem”.<br />

La legge fissa il criterio <strong>di</strong> prevalenza tra le varie sentenze <strong>di</strong> condanna<br />

e/o <strong>di</strong> proscioglimento o non luogo a procedere (come nel caso del non<br />

imputabile o dell’estinzione del reato) per lo stesso fatto in<strong>di</strong>viduandolo<br />

nella sentenza più vantaggiosa per il condannato, in<strong>di</strong>pendentemente<br />

dalla data del passaggio in giu<strong>di</strong>cato con l’eccezione della sentenza<br />

<strong>di</strong>chiarativa dell’estinzione del reato successiva all’irrevocabilità della<br />

condanna. Si ha medesimo fatto anche se quest’ultimo è stato ritenuto in<br />

concorso formale o in continuazione in entrambe o in una delle due<br />

sentenze. La sentenza “soccombente” va revocata.<br />

3.d) art. 672 - applicazione dell’amnistia e dell’indulto.<br />

Per l’applicazione dell’amnistia e dell’indulto il Giu<strong>di</strong>ce dell’Esecuzione<br />

procede a norma dell’art. 667, comma 4° su richiesta del Pubblico<br />

Ministero o dell’interessato.<br />

Non si segue il proce<strong>di</strong>mento in camera <strong>di</strong> consiglio, a norma del 666,<br />

ma si procede de plano, nel senso che su richiesta <strong>di</strong> una delle parti il<br />

Giu<strong>di</strong>ce dell’Esecuzione applica l’indulto o l’amnistia.<br />

Ma se il Giu<strong>di</strong>ce dell’Esecuzione non applica l’indulto perché ritiene che,<br />

secondo il suo giu<strong>di</strong>zio, non dovrebbe essere applicato, è prevista la c.d.<br />

opposizione allo stesso Giu<strong>di</strong>ce dell’Esecuzione.<br />

Non è una impugnazione, e l’atto <strong>di</strong> opposizione al Giu<strong>di</strong>ce<br />

dell’Esecuzione ha come risultato <strong>di</strong> far nascere la procedura in<br />

contrad<strong>di</strong>ttorio, <strong>di</strong>sciplinata dall’art. 666 c.p.p..<br />

La peculiarità dell’applicazione dell’indulto e dell’amnistia è questa: si<br />

procede in maniera semplificata con la possibilità, qualora l’interessato<br />

non sia sod<strong>di</strong>sfatto della decisione del Giu<strong>di</strong>ce dell’Esecuzione, <strong>di</strong><br />

sollecitare l’instaurazione del contrad<strong>di</strong>ttorio da parte dello stesso<br />

Giu<strong>di</strong>ce, <strong>di</strong>scutere oralmente e per iscritto in camera <strong>di</strong> consiglio la<br />

fondatezza o meno della proprie ragioni.<br />

A proposito dell’applicazione dell’indulto in sede esecutiva giova<br />

ricordare che l’art. 174 c.p. prevede che il provve<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> clemenza si<br />

applichi unitariamente, dopo aver cumulato le pene; tuttavia, “ove<br />

l’indulto sia applicabile solo a taluna delle pene concorrenti, il cumulo<br />

va scisso e il beneficio applicato solo a quelle rientranti nel<br />

23


provve<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> clemenza” (Cass. Sez. 1° penale, 3/10/2008 n.<br />

40662/08, ric. Pronestì, ine<strong>di</strong>ta).<br />

E’ noto che l’indulto è revocabile qualora nel quinquennio dalla entrata<br />

in vigore del provve<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> clemenza, il condannato commetta un<br />

ulteriore reato per il quale riporti condanna detentiva non inferiore a due<br />

anni.<br />

Questa norma, <strong>di</strong> apparente semplicità, presenta in verità tre or<strong>di</strong>ni <strong>di</strong><br />

problemi:<br />

a) la pena che conduce alla revoca dell’indulto deve essere pari o<br />

superiore a due anni; in altri termini la pena <strong>di</strong> due anni comporta la<br />

revoca dell’indulto, mentre non conduce a tale risultato una pena <strong>di</strong> 1<br />

anno e 11 mesi e 29 giorni.<br />

b) A questo ultimo proposito per condanna riportata si deve avere<br />

riguardo alla pena irrogata per il singolo reato; in altre parole se la<br />

condanna è pari o superiore a due anni ma tale risulta dall’applicazione<br />

della <strong>di</strong>sciplina del concorso formale o del reato continuato, se ogni<br />

singola pena per ogni singolo reato non supera i due anni, l’indulto non<br />

dovrà essere revocato.<br />

c) Anche la pena patteggiata pari o superiore a due anni comporta la<br />

revoca del beneficio.<br />

3.e) art. 673 – revoca della sentenza per abolizione del reato. .<br />

L’abolizione del reato può essere conseguenza <strong>di</strong> un intervento<br />

legislativo, oppure seguire ad una pronuncia della Corte Costituzionale.<br />

Questo il caso classico.<br />

Tuttavia, la casistica si arricchisce perché vi sono ipotesi in cui un reato,<br />

prima perseguibile d’ufficio, <strong>di</strong>viene proce<strong>di</strong>bile a querela <strong>di</strong> parte.<br />

E’ il caso del furto semplice, <strong>di</strong>venuto proce<strong>di</strong>bile a querela con la legge<br />

25/06/1999 n. 205.<br />

Così <strong>di</strong>casi per il reato <strong>di</strong> oltraggio a pubblico ufficiale, abrogato con la<br />

medesima legge (ma prima oggetto <strong>di</strong> declaratoria <strong>di</strong> incostituzionalità) e<br />

quin<strong>di</strong> <strong>di</strong>venuto perseguibile a querela, ove integrata la fattispecie <strong>di</strong> cui<br />

all'art. 594 c.p. (ingiurie). Il quesito è se la sentenza <strong>di</strong>venuta irrevocabile<br />

prima del 25/06/1999 per uno <strong>di</strong> questi due reati è revocabile ai sensi<br />

dell'art. 673 c.p.p.<br />

24


Il <strong>di</strong>battito giurisprudenziale ha visto prevalere la tesi della applicabilità a<br />

questa fattispecie del principio sancito dall'art. 2 del co<strong>di</strong>ce penale, onde<br />

per cui le sentenze <strong>di</strong> condanna per furto semplice in proce<strong>di</strong>menti nei<br />

quali non era stata sporta querela, sono soggette a revoca ai sensi dell'art.<br />

673 c.p.p..<br />

Il legislatore si era premurato <strong>di</strong> dettare una <strong>di</strong>sciplina transitoria,<br />

valevole tuttavia<br />

solo per i proce<strong>di</strong>menti pendenti (non per quelli per cui era già<br />

intervenuta condanna<br />

irrevocabile), per i quali aveva previsto che il giu<strong>di</strong>ce desse<br />

comunicazione alla persona offesa che aveva tempo 90 giorni per<br />

sporgere querela: in <strong>di</strong>fetto, pronunciava sentenza <strong>di</strong>chiarativa della<br />

improce<strong>di</strong>bilità dell'azione penale.<br />

3.f) art. 674 – revoca <strong>di</strong> altri provve<strong>di</strong>menti. In particolare, la revoca<br />

della sospensione con<strong>di</strong>zionale in sede esecutiva.<br />

Norma <strong>di</strong> grande impatto processuale perché contiene l’originaria<br />

previsione <strong>di</strong> revoca della sospensione con<strong>di</strong>zionale ex art. 168 nn. 1 e 2<br />

alla quale è stata aggiunta la nuova formulazione della revoca ex art. 164<br />

u.c..c.p..<br />

3.f.1) E’ prassi abbastanza <strong>di</strong>ffusa da parte <strong>degli</strong> uffici<br />

esecuzione della Procura della Repubblica <strong>di</strong> chiedere al Giu<strong>di</strong>ce<br />

dell’Esecuzione la revoca della sospensione con<strong>di</strong>zionale della pena,<br />

contestualmente emettendo or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> esecuzione, alla luce del fatto che si<br />

assume che la pronuncia del Giu<strong>di</strong>ce ha efficacia meramente <strong>di</strong>chiarativa<br />

e non costitutiva.<br />

Tale regola vale unicamente nell’ipotesi in cui la revoca della<br />

sospensione con<strong>di</strong>zionale sia da effettuare ex lege e, in ogni caso, de<br />

plano.<br />

Tuttavia, soprattutto in sede esecutiva, la <strong>di</strong>sciplina della revoca delle<br />

sospensioni con<strong>di</strong>zionali precedentemente concesse, va conosciuta nei<br />

minimi particolari poiché, come si vedrà qui appresso, non tutti i titoli<br />

esecutivi sopraggiunti conducono inevitabilmente alla revoca delle<br />

sospensioni con<strong>di</strong>zionali della pena concessa in precedenza.<br />

Il principio <strong>di</strong> base è la presenza <strong>di</strong> un titolo esecutivo che provochi la<br />

revoca secondo le ipotesi previste dall’art. 164 u.c. e 168 c.p.. Secondo<br />

un orientamento giurisprudenziale risalente, il titolo che legittima la<br />

25


evoca non poteva essere una sentenza <strong>di</strong> applicazione pena contenuta<br />

nei limiti dei due anni perché (SSUU 26/2/97, ric. Bahrouni, 22/11/2000<br />

Ric. Sormano) tale sentenza non ha natura <strong>di</strong> condanna.<br />

Questo valeva per tutte e due le ipotesi (1,2) dell’art. 168 I comma<br />

perché, in ogni caso, è necessario “l’accertamento dell’<strong>avv</strong>enuta<br />

commissione <strong>di</strong> un delitto, che manca nella sentenza ex art. 444 c.p.p.”<br />

(Cass. Sez I 29/11/01 n. 5935, Ric. Caterino).<br />

Tale limite alla revoca non vale però se la seconda sentenza è <strong>di</strong><br />

“patteggiamento allargato” (introdotto dalla legge 134/2003), perché<br />

quest’ultima ha natura <strong>di</strong> condanna, in quanto prevede effetti tipici della<br />

condanna (spese, misure <strong>di</strong> sicurezza, pene accessorie). Così Cass. Pen.<br />

Sez. III 9/2/05 n. 12296.<br />

La giurisprudenza <strong>di</strong> legittimità ha tuttavia <strong>di</strong> recente mutato<br />

orientamento, ritenendo che “la sentenza <strong>di</strong> patteggiamento, in ragione<br />

dell’equiparazione legislativa ad una sentenza <strong>di</strong> condanna in mancanza<br />

<strong>di</strong> un’espressa previsione <strong>di</strong> deroga, costituisce titolo idoneo per la<br />

revoca, a norma dell’art. 168 comma 1, n.1 c.p., della sospensione<br />

con<strong>di</strong>zionale della pena precedentemente concessa” (v. Cassazione<br />

penale, sez. un., 29 novembre 2005, n. 17781) orientamento riba<strong>di</strong>to<br />

dalle sezioni semplici (ex pluribus v. Cassazione penale, sez. IV, 22<br />

novembre 2007, n. 2987).<br />

3.f.2) La revoca della sospensione con<strong>di</strong>zionale ai sensi dell’art.<br />

168 comma I n. 1) c.p.. Può essere revocata anche una pena applicata (e<br />

con<strong>di</strong>zionalmente sospesa) ex art. 444 c.p., perché “la revoca per<br />

condanna sopr<strong>avv</strong>enuta, prescinde dalla natura del provve<strong>di</strong>mento che<br />

vi ha dato causa, facendo esclusivo riferimento a una pena inflitta”,<br />

ancorchè con sentenza <strong>di</strong> patteggiamento (Cass. Sez. I 08/03/05 n.<br />

11717).<br />

Per potersi procedere alla revoca della sospensione con<strong>di</strong>zionale, il<br />

secondo reato deve essere commesso entro 5 anni dal passaggio in<br />

giu<strong>di</strong>cato della prima (giurisprudenza costante: ex pluribus Cass.<br />

19/02/2002 RV 223195).<br />

Va rilevato che l’identità dell’indole del reato commesso nel termine<br />

stabilito opera solo con riferimento alle contr<strong>avv</strong>enzioni e non si estende<br />

ai delitti. La conseguenza è che qualunque delitto (a prescindere dalla sua<br />

indole) è causa <strong>di</strong> revoca (Cass. Pen. Sez. I 15/02/2000 n. 1058).<br />

26


3.f.3) La revoca della sospensione con<strong>di</strong>zionale della pena ai<br />

sensi dell’art. 168 comma I n. 2) c.p..<br />

La seconda condanna deve riguardare un reato anteriormente commesso<br />

(alla prima condanna) e deve <strong>di</strong>venire irrevocabile nei 5 anni successivi<br />

alla irrevocabilità della prima.<br />

Altrimenti la prima sospensione con<strong>di</strong>zionale sentenza non è revocabile<br />

(Cass. 02/02/1993 Ric. Passerini).<br />

L’art. 168 comma 2 stabilisce che “la sospensione con<strong>di</strong>zionale è<br />

revocata se, nei termini stabiliti, il condannato riporti un’altra condanna<br />

per un delitto anteriormente commesso che, cumulata a quella<br />

precedentemente sospesa, supera i limiti stabiliti dall’art. 163 c.p.”.<br />

Pertanto, qualora “ad una sentenza <strong>di</strong> applicazione della pena con<br />

beneficio della sospensione con<strong>di</strong>zionale, pronunciata ai sensi dell’art.<br />

444 c.p.p. faccia seguito una sentenza <strong>di</strong> condanna per fatto<br />

anteriormente commesso, con la quale venga inflitta una pena che,<br />

cumulata con l’altra, superi i limiti stabiliti dall’art. 143 c.p., non può<br />

farsi luogo a revoca del suddetto beneficio, non trovando applicazione in<br />

tal caso la <strong>di</strong>sciplina dettata dall’art. 168 comma 1 n. 2 c.p. dal<br />

momento che tale <strong>di</strong>sciplina presuppone che entrambe le sentenze siano<br />

“<strong>di</strong> condanna” mentre ciò non può <strong>di</strong>rsi della sentenza <strong>di</strong> applicazione<br />

della pena.” (cfr. Cassazione sezione prima penale, 30/03/1999 n. 2600).<br />

Tuttavia, questo primo orientamento giurisprudenziale è stato poi<br />

superato da altro orientamento intervenuto successivamente secondo il<br />

quale “la sospensione con<strong>di</strong>zionale della pena, pur quando sia stata<br />

concessa con la sentenza <strong>di</strong> patteggiamento, deve essere revocata<br />

qualora, nei termini stabiliti, il soggetto a cui è stata applicata la pena<br />

concordata commetta un delitto ovvero una contr<strong>avv</strong>enzione della stessa<br />

indole, per cui venga inflitta una pena detentiva” (Cass., Sez. I,<br />

11.3.2008 n. 13799), e cioè, se già concessa “per pena patteggiata, non<br />

solo non può essere reiterato in relazione a successiva sentenza, anche<br />

<strong>di</strong> patteggiamento, per fatto anteriormente commesso, dalla quale derivi<br />

l’applicazione <strong>di</strong> una pena detentiva che, cumulata con la precedente,<br />

superi i limiti fissati dall’art. 163 cod. pen., ma – nelle medesime<br />

con<strong>di</strong>zioni – va ad<strong>di</strong>rittura revocato, in quanto sia il <strong>di</strong>vieto della sua<br />

ulteriore concessione ex art. 164 n.1, sia la revoca per condanna<br />

27


sopr<strong>avv</strong>enuta ex art. 168, comma 1 n. 2, dello stesso co<strong>di</strong>ce, prescindono<br />

dalla natura del provve<strong>di</strong>mento che vi abbia dato causa, facendo<br />

esclusivo riferimento alla circostanza che una pena sia stata inflitta,<br />

ancorché con sentenza <strong>di</strong> patteggiamento, della quale, pertanto, deve<br />

tenersi conto ai predetti fini” (Cass. Sez. Un., 22.11.2000 n. 31).<br />

Tale ultimo orientamento risulta oramai consolidato anche se chi scrive<br />

non lo con<strong>di</strong>vide.<br />

Non deve farsi riferimento la data del commesso reato ma della<br />

irrevocabilità delle due sentenze al fine <strong>di</strong> stabilire inizio e fine del<br />

termine dei 5 anni nei quali è possibile la revoca della sospensione<br />

con<strong>di</strong>zionale (Cass. 03/12/2004, Sez. I, n. 605).<br />

3.f.4) L’art. 168 comma IV (introdotto dalla legge 128/2001) in<br />

relazione all’art. 674 comma 1 bis.<br />

Sono stati ampliati i rime<strong>di</strong> processuali esperibili nei casi <strong>di</strong> concessione<br />

<strong>di</strong> sospensione con<strong>di</strong>zionale contra legem.<br />

E’ stata infatti introdotta la possibilità <strong>di</strong> revoca con successiva sentenza<br />

o in sede esecutiva (art. 674 comma 1 bis c.p.p.) <strong>di</strong> pene<br />

con<strong>di</strong>zionalmente sospese nel caso in cui il soggetto abbia usufruito per<br />

due o più volte della sospensione con<strong>di</strong>zionale, poiché al momento della<br />

singola emissione delle sentenze <strong>di</strong> condanna (ma la regola vale anche<br />

per le sentenze ex art. 444 c.p.p.) il certificato penale dell’imputato<br />

consentiva la concessione del beneficio.<br />

Si tratta <strong>di</strong> <strong>di</strong>sposizione <strong>di</strong> carattere processuale soggetta alle regole del<br />

tempus regit actum, pur essendo norma <strong>di</strong> evidenti effetti sostanziali, con<br />

la conseguenza che “la revoca della sospensione con<strong>di</strong>zionale della pena<br />

prevista dall’art. 168, comma 3, c.p. (aggiunto dall’art. 1 L. 26 marzo<br />

2001, n. 128) anche per il caso in cui il beneficio sia stato concesso in<br />

violazione dell’art. 164, comma 4, stesso co<strong>di</strong>ce, non può operare per i<br />

benefici concessi con sentenze <strong>di</strong>venute definitive prima dell’entrata in<br />

vigore della citata legge.”. (Cass. Pen., Sez. I, 9/05/2002 n. 1942, Ric.<br />

Piccolo).<br />

Come si è visto, pertanto, la revoca della sospensione con<strong>di</strong>zionale in<br />

sede esecutiva è materia particolarmente delicata, soggetta a continue<br />

interpretazioni da parte della giurisprudenza <strong>di</strong> legittimità e appare<br />

pertanto opportuno che prima <strong>di</strong> procedere o meno alla revoca del<br />

beneficio, intervenga una pronuncia del Giu<strong>di</strong>ce dell’Esecuzione, emessa<br />

28


dopo aver ascoltato le parti in contrad<strong>di</strong>ttorio, secondo le regole previste<br />

in via generale dall’art. 666 e segg. c.p.p..<br />

4. L’art. 675 – falsità <strong>di</strong> documenti.<br />

L’accertata falsità <strong>di</strong> documenti o atti deve essere <strong>di</strong>chiarata dal Giu<strong>di</strong>ce<br />

e, se ciò non è <strong>avv</strong>enuto, vi provvede il Giu<strong>di</strong>ce dell’esecuzione.<br />

5. L’art. 676 - altre competenze.<br />

Il giu<strong>di</strong>ce è competente anche per la declaratoria <strong>di</strong> estinzione del reato<br />

(ad es. ex art. 167 c.p. per il decorso dei cinque anni in caso <strong>di</strong><br />

sospensione con<strong>di</strong>zionale), <strong>di</strong> estinzione della pena (art. 172 Cod. Pen.),<br />

per la confisca e per la restituzione delle cose sequestrate.<br />

6. L’incidente <strong>di</strong> esecuzione ai sensi dell’art. 670 c.p.p..<br />

Nella fase esecutiva vera e propria può essere rimesso in <strong>di</strong>scussione non<br />

solo il titolo esecutivo ma anche il suo corretto iter <strong>di</strong> formazione.<br />

Un titolo esecutivo può essere formalmente corretto ma, in realtà, non si<br />

è mai venuto a formare perché per esempio sono state effettuate<br />

irritualmente le notifiche dell’estratto contumaciale della sentenza,<br />

soprattutto se si tratta <strong>di</strong> soggetto irreperibile.<br />

Con una norma <strong>di</strong> portata generale il legislatore ha <strong>di</strong>sciplinato, tramite<br />

l’art. 670 del co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> procedura penale, l’incidente <strong>di</strong> esecuzione teso a<br />

<strong>di</strong>mostrare la mancanza o l’inefficacia <strong>di</strong> un titolo esecutivo.<br />

La rubrica della norma è “questioni <strong>di</strong> un titolo esecutivo”; quin<strong>di</strong>,<br />

qualunque tipo <strong>di</strong> questione può essere posta.<br />

Il legislatore ha specificato che il principale compito cui è chiamato il<br />

Giu<strong>di</strong>ce dell’Esecuzione è la verifica, anche nel merito, “dell’osservanza<br />

delle garanzie previste nel caso <strong>di</strong> irreperibilità del condannato”.<br />

Un decreto <strong>di</strong> irreperibilità vale per una fase del giu<strong>di</strong>zio, per un grado,<br />

ma non per tutto il processo.<br />

Ogni fase processuale prevede che vengano fatte nuove ricerche a partire<br />

dall’ultima residenza conosciuta e accertando se il soggetto sia ristretto<br />

in un istituto <strong>di</strong> pena.<br />

Ad ogni grado <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio questa verifica deve essere ripetuta; se non è<br />

ripetuta (e soprattutto se non viene effettuata questa verifica al momento<br />

29


della notifica dell’estratto contumaciale della sentenza), il titolo<br />

esecutivo non potrà <strong>di</strong>rsi validamente formato.<br />

Altrettanto può <strong>di</strong>rsi per la verifica della correttezza (formale e<br />

sostanziale) <strong>di</strong> una elezione <strong>di</strong> domicilio che, come è noto, costituisce un<br />

atto negoziale e che prevede, tra l’altro, la necessità <strong>di</strong> in<strong>di</strong>care anche le<br />

generalità del domiciliatario (art. 62 <strong>di</strong>sposizioni attuaz. c.p.p.).<br />

“Ove tale identificazione manchi viene meno la possibilità stessa <strong>di</strong><br />

in<strong>di</strong>viduare il luogo che dovrebbe svolgere la funzione <strong>di</strong> punto <strong>di</strong><br />

riferimento per le notificazioni, per cui è da considerare priva <strong>di</strong> valore<br />

una elezione <strong>di</strong> domicilio sfornita della necessaria in<strong>di</strong>cazione della<br />

precisa identità della persona chiamata a fungere da tramite ai fini<br />

suddetti” (Cass. Sez. I Pen., 13/03/2007, ine<strong>di</strong>ta).<br />

L’art. 161 c.p.p. laddove prevede che la notifica all’imputato irreperibile<br />

venga effettuata tramite consegna dell’atto al <strong>di</strong>fensore “trova<br />

applicazione solo per il caso in cui la notifica che non si è potuta<br />

effettuare sia stata tentata presso il domicilio eletto o <strong>di</strong>chiarato” (Cass.<br />

Pen., Sez. V, 08/05/2003 n. 24081, ric. Iasiello).<br />

Il mancato rispetto delle formalità previste per la notifica corretta<br />

dell’estratto contumaciale <strong>di</strong> sentenza ha come conseguenza la<br />

inefficacia del titolo esecutivo poiché l’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> carcerazione non si è<br />

validamente formato.<br />

In tali casi l’interessato può chiedere <strong>di</strong> essere restituito in termini per<br />

proporre impugnazione.<br />

Non a caso il III comma dell’art. l’art. 670 c.p.p. rimanda all’art. 175 del<br />

co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> procedura penale che <strong>di</strong>sciplina la cd. restituzione <strong>di</strong> termini.<br />

6.a) l’istituto della restituzione in termini<br />

La restituzione termini è uno <strong>degli</strong> istituti che ha visto l’Italia paese<br />

negletto a livello europeo, più volte oggetto <strong>di</strong> condanne da parte della<br />

Giustizia comunitaria.<br />

Fino a pochi anni orsono la restituzione <strong>di</strong> termini era concessa solo in<br />

caso in cui si fosse verificato un caso fortuito o <strong>di</strong> forza maggiore.<br />

Ora non è più così perché dopo due pronunce della Corte Europea <strong>di</strong><br />

Strasburgo (sentenza 18/05/04, Somogyi c/ Italia e 10/11/2004, Sejdovic<br />

c/ Italia) il legislatore ha riscritto (tramite la legge 22 aprile 2005 n. 60)<br />

l’art. 175 prevedendo, in via generale, il <strong>di</strong>ritto per l’imputato contumace<br />

ad essere restituito nei termini per proporre impugnazione, salvo che non<br />

30


venga <strong>di</strong>mostrato (l’onere probatorio non è quin<strong>di</strong> del ricorrente) che egli<br />

abbia avuto effettiva conoscenza del provve<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> condanna o del<br />

proce<strong>di</strong>mento a suo carico e, ciò nonostante, abbia volutamente<br />

rinunciato a comparire o a proporre impugnazione.<br />

Questo accertamento, <strong>avv</strong>iene attraverso la procedura <strong>di</strong>sciplinata<br />

dall’art. 666, potendo il giu<strong>di</strong>ce dell’esecuzione chiedere documenti e<br />

assumere prove testimoniali in merito.<br />

Di notevole importanza è l’evoluzione giurisprudenziale che si è andata<br />

via via affermando in questi ultimi anni.<br />

Si è, in buona sostanza , affermato il principio secondo cui costituisce<br />

un <strong>di</strong>ritto la restituzione nei termini per proporre appello, laddove non<br />

venga provato che l’imputato stesso si sia volontariamente sottratto al<br />

giu<strong>di</strong>zio pur avendone avuto conoscenza.<br />

Segnalo una recente sentenza della Corte <strong>di</strong> Cassazione <strong>di</strong> cui riporto i<br />

passaggi essenziali (Cassazione Penale, Pen. IV, del 26/01/2010 n.<br />

3618):<br />

“L'effettiva conoscenza da parte dell'imputato contumace del<br />

proce<strong>di</strong>mento contro <strong>di</strong> lui pendente o celebratosi non può farsi<br />

<strong>di</strong>scendere dalla sola elezione <strong>di</strong> domicilio presso il <strong>di</strong>fensore d'ufficio e<br />

nemmeno dalla mera notifica <strong>degli</strong> atti a quest'ultimo.”<br />

“è stata introdotta una vera e propria inversione dell'onere probatorio,<br />

nel senso che non incombe più sull'imputato l'onere <strong>di</strong> <strong>di</strong>mostrare <strong>di</strong><br />

avere ignorato l'esistenza del proce<strong>di</strong>mento o del provve<strong>di</strong>mento senza<br />

sua colpa, ma è il giu<strong>di</strong>ce che deve provare, sulla base <strong>degli</strong> atti <strong>di</strong><br />

causa, che l'imputato abbia avuto effettiva conoscenza del proce<strong>di</strong>mento<br />

o del provve<strong>di</strong>mento e che abbia volontariamente rinunciato a comparire<br />

o a proporre gravame […] al giu<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> verificare l'effettività”<br />

“…fermo restando il valore legale delle notificazioni ritualmente<br />

effettuate, in subiecta materia il giu<strong>di</strong>ce è tenuto a dare contezza della<br />

ritenuta vali<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> una notificazione, validamente eseguita alla stregua<br />

della vigente normativa al riguardo, al fine <strong>di</strong> ritenere la effettiva<br />

conoscenza dell'atto da parte dell'interessato, con la conseguenza che,<br />

ovviamente, tale effettiva conoscenza non può definitivamente ritenersi,<br />

iuris et de iure, solo in virtù <strong>di</strong> una notificazione pur effettuata nelle<br />

prescritte forme <strong>di</strong> rito.”<br />

31


“nonostante l'espressione apparentemente impropria <strong>di</strong> "proce<strong>di</strong>mento"<br />

contenuta nell'art. 175 e.p.p., comma 2, è da ritenere che esso si riferisca<br />

alla fase del "processo" tecnicamente inteso, unica sede in cui trova<br />

applicazione l'istituto della contumacia e si colloca un intervento<br />

<strong>di</strong>fensivo qualificato dalla presenza dell'imputato ... […] la "conoscenza<br />

effettiva" del proce<strong>di</strong>mento presuppone un atto formale <strong>di</strong> contestazione<br />

idoneo ad informare l'accusato ... al fine <strong>di</strong> consentirgli <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendersi nel<br />

merito...”<br />

“…elementi in<strong>di</strong>cativi della conoscenza effettiva del proce<strong>di</strong>mento sono<br />

stati ritenuti dalla giurisprudenza <strong>di</strong> legittimità la nomina <strong>di</strong> un <strong>di</strong>fensore<br />

<strong>di</strong> fiducia, l'elezione <strong>di</strong> domicilio presso lo stesso, l'effettività della <strong>di</strong>fesa<br />

fiduciaria nel corso del processo, la notifica <strong>degli</strong> atti nel domicilio<br />

eletto […] la rinuncia tacita deve consistere in un comportamento<br />

incompatibile con l'esercizio del <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> partecipare al proprio<br />

processo preceduta, almeno, da una comunicazione all'imputato, che,<br />

secondo la Corte europea, può essere fornita anche al <strong>di</strong>fensore, qualora<br />

l'imputato abbia eletto domicilio presso quest'ultimo”<br />

7. L’applicazione della <strong>di</strong>sciplina del reato continuato nella fase<br />

esecutiva.<br />

E questo è uno dei compiti principali del Giu<strong>di</strong>ce dell’Esecuzione.<br />

Fino al 1989 la continuazione era una prerogativa del Giu<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> merito,<br />

il quale valutata la sussistenza <strong>di</strong> un medesimo <strong>di</strong>segno criminoso ai<br />

sensi dell’art. 81 c.p. aumentava la pena inflitta per il reato più grave<br />

(fino al triplo). Non vi era possibilità <strong>di</strong> applicare la continuazione fra<br />

sentenze passate in giu<strong>di</strong>cato.<br />

La <strong>di</strong>sciplina del reato continuato nasce come temperamento al cumulo<br />

materiale delle pene, perché con il riconoscimento del vincolo della<br />

continuazione, la pena non può superare la somma aritmetica delle pene<br />

inflitte per i singoli reati (e, <strong>di</strong> solito, è determinata in misura inferiore).<br />

Il Co<strong>di</strong>ce Vassalli varato il 24/10/1988 ha preso atto <strong>di</strong> una situazione<br />

che aveva portato a conseguenze inaccettabili: per reati palesemente<br />

commessi in esecuzione <strong>di</strong> un medesimo <strong>di</strong>segno criminoso (oggetto<br />

però <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi processi tutti oramai definiti con sentenza passata in<br />

32


giu<strong>di</strong>cato) era impossibile riconoscere a posteriori la unicità del <strong>di</strong>segno<br />

criminoso.<br />

Proprio per questo motivo è stato creato l’art. 671 c.p.p..<br />

Alcune regole (create per lo più dalla prassi giurisprudenziale) per<br />

valutare la proponibilità <strong>di</strong> un incidente <strong>di</strong> esecuzione teso a ottenere<br />

l’applicazione della <strong>di</strong>sciplina del reato continuato tra più sentenze<br />

irrevocabili.<br />

a) L’instante non ha nessun onere <strong>di</strong> allegazione. Non vi è bisogno<br />

neppure <strong>di</strong> produrre le sentenze perché l’art. 186 c.p.p. delle <strong>di</strong>sposizioni<br />

<strong>di</strong> attuazione prevede che le stesse vengano acquisite d’ufficio qualora<br />

l’interessato non vi abbia provveduto.<br />

b) Non occorre fornire la prova delle sussistenza del medesimo <strong>di</strong>segno<br />

criminoso ma eventualmente sottolineare <strong>degli</strong> in<strong>di</strong>ci che fanno ritenere<br />

sussistente un medesimo <strong>di</strong>segno criminoso, quali la medesima indole<br />

dei reati, la vicinanza temporale <strong>degli</strong> stessi e anche la contiguità<br />

spaziale.<br />

In caso <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza temporale molto vicina, <strong>di</strong> reati della stessa indole si<br />

può ritenere che il soggetto abbia agito seguendo un medesimo filo<br />

conduttore quantomeno nella fase ideativa, comune ai reati che gli<br />

vengono addebitati e per i quali ha riportato condanna.<br />

In particolare, in tema <strong>di</strong> elementi rivelatori dell’unicità del <strong>di</strong>segno<br />

criminoso, la Corte <strong>di</strong> Cassazione, con la recente pronuncia n. 22236 del<br />

20 aprile 2011, ha precisato che tra essi “non possono non essere<br />

apprezzati la <strong>di</strong>stanza cronologica tra i fatti, le modalità della condotta,<br />

la sistematicità e le abitu<strong>di</strong>ni programmate <strong>di</strong> vita, la tipologia dei reati,<br />

il bene protetto, l’omogeneità delle violazioni, la causale, le con<strong>di</strong>zioni<br />

<strong>di</strong> tempo e <strong>di</strong> luogo ed è proprio attraverso questi in<strong>di</strong>ci od alcuni<br />

soltanto <strong>di</strong> questi in<strong>di</strong>ci – purchè siano preganti ed idonei ad essere<br />

privilegiati in <strong>di</strong>rezione del riconoscimento o del <strong>di</strong>niego del vincolo<br />

della continuazione – che il giu<strong>di</strong>ce deve apprezzare la sussistenza o no<br />

della deliberazione unitaria <strong>di</strong> fondo idonea a “cementare” le singole<br />

violazioni.”.<br />

Come autorevolmente stabilito con sentenza 16/11/2006, dalla Corte <strong>di</strong><br />

Cassazione (ricorrente Sgura, ine<strong>di</strong>ta) “non grava sull’interessato l’onere<br />

<strong>di</strong> fornire la prova dell’unicità del <strong>di</strong>segno criminoso, avendo egli<br />

soltanto un obbligo <strong>di</strong> mera allegazione delle condanne – come è stato<br />

33


più volte precisato da questa Corte, spetta al Giu<strong>di</strong>ce della Esecuzione<br />

procedere alla <strong>di</strong>samina della fattispecie così come rilevabili dalle<br />

sentenze <strong>di</strong> condanna riportate dal richiedente, e verificare se i reati<br />

esaminati siano rapportabili o meno, eventualmente anche per blocchi<br />

omogenei, ad un <strong>di</strong>segno criminoso unitario (v., sul punto Cass. Sez. I,<br />

sent. n. 5153 del 19/11/1996, Iapicca; Sez. I, sent. n. 784 del 12/03/1996,<br />

Durando; Sez. I, sent. n. 4019 del 03/08/1995, Colombrita ecc.).”<br />

“Vero è, infatti, che il legame della continuazione non può dedursi<br />

esclusivamente dalla identità del titolo <strong>di</strong> reato e dalla contiguità<br />

temporale. Ma, “in caso <strong>di</strong> episo<strong>di</strong> criminosi assolutamente omogenei,<br />

alcuni dei quali commessi a brevissima <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> tempo l’uno<br />

dall’altro, va fatta da parte del Giu<strong>di</strong>ce dell’Esecuzione una verifica<br />

approfon<strong>di</strong>ta con specifici riferimenti ai casi concreti” (Cass.<br />

16/11/2006, citata).<br />

Nella u<strong>di</strong>enza davanti al Giu<strong>di</strong>ce dell’Esecuzione (in contrad<strong>di</strong>ttorio)<br />

vengono esposte le ragioni <strong>di</strong> fatto, <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto che fanno ritenere<br />

sussistente il <strong>di</strong>segno criminoso e il Giu<strong>di</strong>ce dell’Esecuzione<br />

conseguentemente decide.<br />

La decisione è ricorribile per Cassazione.<br />

La cosiddetta Legge ex-Cirielli ha introdotto dei limiti alla applicazione<br />

della <strong>di</strong>sciplina del reato continuato per i soggetti reci<strong>di</strong>vi reiterati.<br />

Tali limiti sono in<strong>di</strong>cati espressamente nell’art. 81, 4° comma che si<br />

applica anche in sede esecutiva perché richiamato espressamente dal<br />

comma 2 bis dell’art. 671 c.p.p..<br />

Fermi restando i limiti in<strong>di</strong>cati al 3° comma, se reati in concorso formale<br />

in continuazione a quello più grave sono stati commessi da soggetti ai<br />

quali sia stata applicata la reci<strong>di</strong>va prevista dall’art. 99, 4° comma,<br />

l’aumento <strong>di</strong> pena a titolo <strong>di</strong> continuazione non può essere comunque<br />

inferiore ad un terzo dalla pena stabilita per il reato più grave.<br />

Per il soggetto reci<strong>di</strong>vo ex art. 99, 4° comma c.p., questa norma significa<br />

che non sempre la continuazione può essere un vantaggio.<br />

Si prenda il caso <strong>di</strong> soggetto che ha commesso una rapina e rubato anche<br />

un’autovettura per commettere il primo reato. Viene condannato per la<br />

rapina a 3 anni, per il furto dell’autovettura la pena viene aumentata <strong>di</strong> 3<br />

mesi a titolo <strong>di</strong> continuazione.<br />

34


Ma se si tratta <strong>di</strong> soggetto reci<strong>di</strong>vo reiterato l’aumento della pena per il<br />

reato meno grave, cioè per il furto, non può essere inferiore ad un terzo<br />

della pena stabilita per il reato più grave; significa che il soggetto<br />

reci<strong>di</strong>vo non può vedersi inflitti meno <strong>di</strong> 3 anni per la rapina oltre ad 1<br />

anno per il furto!<br />

Una volta riconosciuta l’identità del <strong>di</strong>segno criminoso il Giu<strong>di</strong>ce non<br />

può <strong>di</strong>scostarsi da questi parametri dettati dall’art. 81, 4° comma.<br />

Si deve pertanto giungere alla conclusione (abbastanza amara) che un<br />

istituto che è nato con ispirazione al principio del favor rei, ovvero come<br />

mezzo <strong>di</strong> temperamento della pena può finire, in alcuni casi (che<br />

riguardano i reci<strong>di</strong>vi reiterati), per arrecare uno svantaggio al soggetto<br />

che lo richiede.<br />

Anche su questo ultimo punto è auspicabile un intervento della Corte<br />

Costituzionale.<br />

In tema <strong>di</strong> applicazione della <strong>di</strong>sciplina del reato continuato in sede<br />

esecutiva, va segnalata una recente pronuncia della I Sezione Penale<br />

della Corte <strong>di</strong> Cassazione (sent. 21/4/2010 n. 20881) secondo cui<br />

“allorché il Giu<strong>di</strong>ce dell’Esecuzione riconosca la continuazione tra più<br />

reati, alcuni dei quali oggetto <strong>di</strong> condanna all’esito <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio<br />

abbreviato, la riduzione spettante a norma dell’art. 442 c.p.p. deve<br />

essere riconosciuta anche quando, risultando violazione più grave quella<br />

giu<strong>di</strong>cata con il rito or<strong>di</strong>nario, la pena autonomamente determinata per<br />

il reato definito con il rito speciale, sulla quale è stata operata la<br />

<strong>di</strong>minuzione ai sensi del citato art. 442, si trasformi in aumento ex art.<br />

81 c.p., che va pertanto ridotto <strong>di</strong> un terzo”.<br />

Si tratta <strong>di</strong> principio peraltro già affermato con precedenti decisioni (ex<br />

pluribus Cass. Sez. I 4/11/09 n. 44477) in base al quale la <strong>di</strong>sciplina del<br />

reato continuato in sede esecutiva, comporta in caso <strong>di</strong> condanne l’una<br />

conseguente a giu<strong>di</strong>zio or<strong>di</strong>nario, l’altra a giu<strong>di</strong>zio abbreviato,<br />

l’applicazione della <strong>di</strong>minuente <strong>di</strong> un terzo della pena anche alla<br />

condanna inflitta con rito or<strong>di</strong>nario.<br />

<strong>Ivrea</strong>, 6 luglio 2012<br />

35<br />

<strong>avv</strong>. <strong>Cosimo</strong> Palumbo

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