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le scienze fisiche nel settecento - fisica/mente

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IL SETTECENTO<br />

LE SCIENZE FISICHE NEL<br />

SETTECENTO<br />

di Roberto Renzetti<br />

PRIMA PARTE: IL MECCANICISMO, L'ILLUMINISMO,<br />

I BERNOULLI, EULER<br />

1 - INTRODUZIONE<br />

FISICA/MENTE<br />

FISICA/MENTE<br />

E' necessario fare un discorso preliminare sul perché passo ora a discutere di un<br />

secolo e non più dei singoli scienziati.<br />

Durante il Seicento, a partire dai lavori di Gali<strong>le</strong>o, si erano moltiplicati in tutta<br />

Europa studi che tendevano ad approfondire, correggere, ampliare la grande mo<strong>le</strong> di<br />

argomenti che improvvisa<strong>mente</strong> si erano presentati. Ricordo che con la progressiva<br />

demolizione della <strong>fisica</strong> di Aristote<strong>le</strong> vi era <strong>le</strong>tteral<strong>mente</strong> un intero mondo da<br />

ricostruire: una meccanica, una dinamica, un'astronomia, un'ottica, un'acustica, un<br />

fluidodinamica, .... e, per la necessità di sempre maggiore comprensione e precisione,<br />

erano diventati di enorme importanza affinare, perfezionare ed inventare gli strumenti<br />

matematici necessari ad elaborare quanto la ricerca sperimenta<strong>le</strong> veniva offrendo. Si<br />

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IL SETTECENTO<br />

era infatti capito che il mero empirismo non faceva fare passi in avanti, occorreva<br />

passare all'interpretazione non ingenua della realtà e per far questo occorreva<br />

coniugare la matematica con i risultati del<strong>le</strong> esperienze. Dopo Gali<strong>le</strong>o, abbiamo<br />

seguito i principali contributi di vari scienziati fino ad arrivare a Newton ed al<strong>le</strong><br />

critiche principali ai suoi lavori. Con Newton abbiamo in mano i fondamenti della<br />

meccanica ed anche enormi aperture verso l'ottica senza dimenticare l'avvio di quello<br />

strumento matematico che è l'analisi matematica, indispensabi<strong>le</strong> per fare passi in<br />

avanti <strong>nel</strong>l'elaborazione dei dati dell'esperienza. Tutto questo deve essere messo in<br />

relazione con gli importanti lavori di Huygens, con la formulazione <strong>le</strong>ibniziana<br />

dell'analisi e con altri e differenti contributi, ai quali abbiamo accennato, includendo <strong>le</strong><br />

critiche di Leibniz e Berke<strong>le</strong>y ai lavori di Newton.<br />

Il Settecento si apre con una panoramica in ambito scientifico che vede la<br />

meccanica al centro degli interessi e con Newton come lo scienziato per eccel<strong>le</strong>nza. In<br />

tutto il secolo si vivrà una situazione strana di quasi blocco di ulteriori ricerche in<br />

ambiti indagati da Newton per la sudditanza in cui ci si metteva di fronte a quell'opera<br />

così comp<strong>le</strong>ta, articolata e determinata logica<strong>mente</strong>. Si avranno importanti<br />

avanzamenti, non vi è dubbio, ma soprattutto in studi particolari su quanto Newton<br />

aveva fatto o sola<strong>mente</strong> abbozzato. E' questo il secolo in cui nasce ed arriva a<br />

perfezione la meccanica raziona<strong>le</strong> (con il seguito in quella analitica), quella scienza<br />

che studia con sommi dettagli ogni minima articolazione della meccanica newtoniana<br />

passando da casi ideali a situazioni reali ed introducendo, <strong>nel</strong>lo studio del moto, la<br />

meccanica dei vincoli. Per realizzare questa mo<strong>le</strong> di lavori estrema<strong>mente</strong> comp<strong>le</strong>ssi si<br />

dovette spingere su quell'analisi matematica che con Newton e Leibniz era rimasta ai<br />

primi vagiti e che, alla fine del Settecento, sarà entrata <strong>nel</strong>la piena maturità. Insomma il<br />

Settecento è il secolo in cui si formalizzerà quanto Newton aveva descritto o trattato<br />

solo per via geometrica e con l'introduzione di alcuni principi fondamentali come<br />

quelli di conservazione (centro di gravità, momento, aree, forza viva, ...) per rendere<br />

più agevo<strong>le</strong> la trattazione dei prob<strong>le</strong>mi teorici che la meccanica proponeva. Intorno a<br />

questi studi e ricerche, con il raffinamento degli strumenti, in connessione ad un<br />

importante avanzamento della tecnica, si perfezioneranno alcune osservazioni<br />

astronomiche ed altre <strong>scienze</strong> particolari che inizieranno a svilupparsi e potranno<br />

affermarsi proprio perché da quel<strong>le</strong> parti Newton non aveva indagato (e<strong>le</strong>ttrologia,<br />

chimica e termologia, principal<strong>mente</strong>).<br />

La più imponente scuola di <strong>fisica</strong> (meglio <strong>fisica</strong>-matematica) è certa<strong>mente</strong> quella<br />

francese (in cui occorre comprendere anche quella svizzera) che fornirà scienziati<br />

eccelsi che daranno contributi fondamentali allo sviluppo della scienza. Può sembrare<br />

strano ma la Gran Bretagna che in qualche modo vedeva chiudersi il periodo del<strong>le</strong><br />

feroci lotte di successione ed affermarsi un regime libera<strong>le</strong>, va perdendo il primato che<br />

per qualche tempo aveva avuto. Ta<strong>le</strong> primato passa decisa<strong>mente</strong> alla Francia dominata<br />

dalla chiusa, imbel<strong>le</strong> e bigotta monarchia assoluta, in stretta connessione con un c<strong>le</strong>ro<br />

autoritario e privi<strong>le</strong>giato.<br />

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IL SETTECENTO<br />

2 - IL MECCANICISMO NELLA SECONDA META' DEL<br />

'700<br />

I primi anni del '700 videro un'aspra lotta negli ambienti scientifico-filosofici per<br />

l'affermazione di un programma di ricerca su di un altro (quello cartesiano, quello<br />

newtoniano e quello <strong>le</strong>ibniziano). Questa lotta si accompagnava ad un'altra lotta,<br />

ancora più dura, che ormai da anni si portava avanti per la gestione del potere politicoeconomico<br />

da parte della nuova classe emergente: la borghesia. Il cambiamento del<br />

modo di produzione (dall'economia feuda<strong>le</strong> a quella capitalistica) che si era avuto <strong>nel</strong><br />

secolo precedente, insieme alla rivoluzione agricola della metà del '700, soprattutto in<br />

Gran Bretagna, <strong>nel</strong>la Francia settentriona<strong>le</strong> e nei Paesi Bassi, aveva comportato<br />

l'affermarsi della nuova classe che disponeva ora di ingenti capitali (1) . La produzione<br />

di molte merci e la conseguente necessità di maggiori scambi rendeva la borghesia<br />

insofferente ai condizionamenti del potere politico ed al<strong>le</strong> chiusure doganali. Si<br />

richiedeva un cambiamento radica<strong>le</strong> di indirizzo politico, la rottura di vecchi schemi,<br />

che vedevano ancora i proprietari terrieri (la nobiltà sostenuta dal c<strong>le</strong>ro ed il c<strong>le</strong>ro<br />

medesimo) come detentori del potere, il passaggio dal<strong>le</strong> chiusure nazionali al<br />

liberalismo economico (2) . In campo naziona<strong>le</strong> occorreva creare nuovi bisogni, in<br />

campo internaziona<strong>le</strong> occorreva aprirsi nuovi mercati di sbocco (colonialismo). Queste<br />

aspirazioni si erano andate realizzando in Gran Bretagna già a partire dalla seconda<br />

metà del secolo precedente ed in modo abbastanza indolore. La rivoluzione borghese<br />

(3) era stata non del tutto traumatica in quel paese e la monarchia non aveva più il<br />

potere assoluto. Un regime parlamentare, dominato dall'alta borghesia (banchieri,<br />

industriali, compagnie coloniali, ...), si era sostituito ad essa <strong>nel</strong> governo dello Stato.<br />

La Francia invece, come accennato, restava dominata da una monarchia assoluta<br />

(sostenuta salda<strong>mente</strong> dal c<strong>le</strong>ro) ed era dilaniata ed impoverita da continue guerre. In<br />

questo paese i contrasti tra i detentori del potere e la borghesia si accentuarono per<br />

tutto il secolo fino a sfociare <strong>nel</strong>la Rivoluzione del 1789.<br />

E la scienza non era immune dal<strong>le</strong> influenze di questa situazione. Durante la prima<br />

metà del secolo vi fu un notevo<strong>le</strong> calo di sforzi e di interesse <strong>nel</strong>la scienza pura ed<br />

applicata; questo periodo, al confronto con quelli immediata<strong>mente</strong> precedente e<br />

seguente, risultò particolar<strong>mente</strong> steri<strong>le</strong>. Fu proprio la ripresa della borghesia, dopo la<br />

stasi che si ebbe agli inizi del '700 in seguito a grossi crolli economici e successive<br />

risistemazioni sia in campo agricolo che industria<strong>le</strong>, che ridette, a partire dalla metà del<br />

secolo, nuovo slancio alla ricerca scientifica. Nel periodo che va dalla fine del '600 alla<br />

metà del '700, la scienza visse di rendita, organizzando, sistemando ed elaborando<br />

quanto era stato precedente<strong>mente</strong> sviluppato, senza avere alcun <strong>le</strong>game con il mondo<br />

della produzione (al contrario di quanto era accaduto <strong>nel</strong> secolo precedente in cui<br />

qualche <strong>le</strong>game vi era pur stato). In questo senso Newton fu una miniera inesauribi<strong>le</strong><br />

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IL SETTECENTO<br />

cui attingere ma, per altri versi, la sua grandezza risultò un 'handicap': il suo sistema<br />

risultava cosi apparente<strong>mente</strong> perfetto da scoraggiare i più a criticarlo ed a superarlo (i<br />

progressi che <strong>nel</strong>la ricerca si fecero durante il '700 furono in gran parte in settori che<br />

Newton aveva appena toccato o non aveva trattato per niente). Il successivo balzo in<br />

avanti della borghesia dette nuovo slancio alla ricerca scientifica che, viste <strong>le</strong> peculiari<br />

situazioni politico-economiche, particolar<strong>mente</strong> della Gran Bretagna in confronto al<br />

continente (4) , si sviluppò su strade e metodologie di carattere naziona<strong>le</strong>.<br />

In Inghilterra presto si impose la <strong>fisica</strong> newtoniana che, in connessione con la<br />

filosofia di Locke, rappresentò un notevo<strong>le</strong> avanzamento rispetto al razionalismo<br />

cartesiano e all' induttivismo baconiano. L'esigenza costante era quella di fondare ogni<br />

conoscenza scientifica su una solida base sperimenta<strong>le</strong> ed i filosofi naturali a questo si<br />

dedicarono tralasciando per lungo tempo ogni aspetto immediata<strong>mente</strong> applicativo<br />

della ricerca scientifica (5) . In ogni caso l'attività pratica dell'uomo veniva tenuta in<br />

grande considerazione, fatto che è proprio dell'ideologia borghese. Ci si liberò subito<br />

dei residui metafisici presenti <strong>nel</strong>l'opera di Newton del qua<strong>le</strong> si prende a modello<br />

essenzial<strong>mente</strong> l'"Optics" per lo sviluppo di modelli meccanici basati su corpuscoli o<br />

su fluidi meccanici. Il processo di 'laicizzazione' della scienza si portava a compimento<br />

con la scomparsa di Dio dalla spiegazione dei fatti naturali.<br />

Ben diversa è la situazione <strong>nel</strong> resto dell'Europa continenta<strong>le</strong>.<br />

In Francia i filosofi naturali si occupavano essenzial<strong>mente</strong> di scienza pura.<br />

Soprattutto <strong>nel</strong>la prima metà del secolo, l'eredità del razionalismo cartesiano, faceva<br />

discutere della concezione del mondo, del<strong>le</strong> dottrine della Chiesa e della struttura dello<br />

Stato. Nel clima politico che ho precedente<strong>mente</strong> delineato ed in questa prospettiva<br />

cultura<strong>le</strong> si inseriva la diffusione dell'Illuminismo.<br />

3 - L'ILLUMINISMO<br />

Il movimento cultura<strong>le</strong> che prende il nome di Illuminismo nacque in Inghilterra ed<br />

ebbe i suoi maggiori sviluppi in Francia, nazione che contribuì grande<strong>mente</strong> alla sua<br />

diffusione <strong>nel</strong> resto d'Europa.<br />

L'Illuminismo, che si ispira alla filosofia di Newton e di Locke e che ha <strong>nel</strong> primo<br />

un riferimento costante come rappresentante della ragione scientifica (osservazioni<br />

sperimentali e conseguenti elaborazioni teoriche, con la matematica, del<strong>le</strong> medesime)<br />

contro ogni meta<strong>fisica</strong>, si svolse essenzial<strong>mente</strong> su tre grandi linee-guida:<br />

1) La ragione è in grado di spiegare tutti i più grandi prob<strong>le</strong>mi dell'uomo.<br />

Lo spirito scientifico ha il primato su ogni forma di oscurantismo.<br />

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IL SETTECENTO<br />

2) L'uomo 'illuminato' ha il dovere di difendere la cultura. Occorre che i<br />

filosofi naturali, essi stessi, facciano i divulgatori dello spirito scientifico.<br />

L'operazione di divulgazione porta con sé il superamento del<strong>le</strong> vecchie<br />

credenze che sono ancora alla base della diffusione, e quindi del potere,<br />

della religione. (6)<br />

3) La condizione umana può essere radical<strong>mente</strong> migliorata proprio<br />

dall'abbattimento di miti, pregiudizi, superstizioni. L'uomo che si è<br />

impadronito dello spirito scientifico può progredire.<br />

Questa grande fiducia <strong>nel</strong><strong>le</strong> possibilità dell'uomo nasceva certa<strong>mente</strong> dai grandi<br />

successi che, <strong>nel</strong> secolo precedente, la filosofia natura<strong>le</strong> aveva conseguito. Ed il<br />

massimo sintetizzatore di quei successi e di quella filosofia natura<strong>le</strong> era proprio<br />

Newton che ora si ergeva a modello da imitare.<br />

Con l'uso dei metodi scientifici indicati da Newton sarebbe stato possibi<strong>le</strong><br />

sbarazzarsi dei residui scolastici e metafisici presenti in Descartes ed in Leibniz.<br />

D'altra parte <strong>le</strong> filosofie cartesiana e <strong>le</strong>ibniziana rispondevano bene agli interessi di chi<br />

manteneva vecchi privi<strong>le</strong>gi e pertanto, da questi ultimi, erano state accettate e rese<br />

funzionali al loro sistema di potere. La lotta quindi contro il cartesianesimo ed il<br />

<strong>le</strong>ibnizianesimo, per l'affermazione della filosofia di Newton, aveva in sé una grande<br />

carica rivoluzionaria e si configurava come lotta di potere con l’illusione che, di per sé,<br />

l'affermazione del newtonianesimo avrebbe comportato quella di nuove classi sociali<br />

(la borghesia). (7)<br />

Fu certa<strong>mente</strong> il grande impegno di un uomo come Voltaire (1694-1778) che<br />

riuscì a far conoscere (8) al grande pubblico francese l’opera di Newton. (9)<br />

Furono poi i lavori di Condillac, Helvetius, Diderot, D’A<strong>le</strong>mbert e molti altri fino<br />

a Laplace che imposero la filosofia di Newton <strong>nel</strong> continente. Ma questo passaggio<br />

dall’Inghilterra al resto d’Europa avverrà con notevoli cambiamenti della stessa. Pur<br />

mantenendo formal<strong>mente</strong> l’azione a distanza si introdurranno modelli fluidistici<br />

(calore, e<strong>le</strong>ttricità, magnetismo) che di fatto hanno bisogno di una trattazione ‘a<br />

contatto’; <strong>le</strong> forze, che nonostante tutto risultano oscure e vaghe, non sono più<br />

considerate come cause di acce<strong>le</strong>razioni ma come ‘semplici variabili del<strong>le</strong> equazioni<br />

differenziali che ne formulano <strong>le</strong> condizioni di equilibrio e di conservazione’; l’etere,<br />

che per Newton assolveva un ruolo importante, viene piano piano accantonato; lo<br />

spazio ed il tempo perdono il loro ruolo centra<strong>le</strong> diventando meri e<strong>le</strong>menti di calcolo;<br />

<strong>le</strong> equazioni del moto si vanno sempre più configurando come ristrutturazione e non<br />

come ampliamento del<strong>le</strong> premesse newtoniane; Dio scompare <strong>nel</strong>la spiegazione e <strong>nel</strong><br />

sostegno del mondo. (10)<br />

Dunque il movimento illuminista, in Francia, si staccò sempre più radical<strong>mente</strong><br />

dal razionalismo aprioristico di tipo cartesiano per abbracciare un nuovo tipo di<br />

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IL SETTECENTO<br />

razionalismo fondato su fatti empirici (11) . In definitiva si lavora sempre più per<br />

risolvere prob<strong>le</strong>mi concreti piuttosto che occuparsi di concezioni del mondo. Le<br />

questioni tecniche, <strong>nel</strong> secolo precedente affidate in gran parte alla pratica del lavoro<br />

artigiana<strong>le</strong>, vengono sempre più sottomesse a trattamento teorico e questo fatto<br />

comporterà un progressivo avvicinamento tra scienza e tecnica (anche se per tutto il<br />

XVIII secolo almeno, sarà la tecnica ad avere il primato del<strong>le</strong> conquiste più originali e<br />

feconde). Anche qui con i dovuti distinguo. Mentre infatti in Inghilterra, ancora per<br />

lungo tempo, il fatto tecnico potrà evolvere autonoma<strong>mente</strong> e con grande e<br />

riconosciuta dignità come conseguenza della scelta, fatta dalla cultura ing<strong>le</strong>se, di<br />

prendere a modello lo sperimentalismo del’”0ptics” di Newton per avvicinarsi alla<br />

comprensione dei fenomeni, ben altrimenti <strong>le</strong> cose si svolgeranno in Francia. In questo<br />

paese il modello metodologico cui i filosofi della natura si ispirano è quello<br />

matematico dei “Principia” e, non a caso proprio in Francia, la Meccanica diventerà<br />

Meccanica Raziona<strong>le</strong>, Meccanica cioè che partendo dal fatto concreto, <strong>nel</strong> suo<br />

svolgersi, sempre più perde di vista il punto di partenza per passare ad elaborazioni in<br />

cui la matematica assume un ruolo determinante e che sempre di più usa metodi propri<br />

della matematica stessa. Si lavora per fornire alla Meccanica una validità scientifica<br />

che non dipenda più dal<strong>le</strong> semplici osservazioni empiriche.<br />

Si tratta di ricavare tutti i fenomeni e tutte <strong>le</strong> <strong>le</strong>ggi da alcuni principi molto<br />

generali. All'interno poi dei processi di elaborazione matematica dei lavori di Newton<br />

che, come abbiamo già accennato, trascendono l'opera stessa del nostro per<br />

configurarsi come ristrutturazione piuttosto che come generalizzazione di quest'opera,<br />

scaturiranno fatti nuovi come conseguenza della mera formalizzazione della teoria. La<br />

matematica non può qui, in alcun modo, essere considerata come puro e semplice<br />

strumento tecnico, come linguaggio che descrive fatti già noti, ma, al contrario, come<br />

qualcosa che, partendo dalla descrizione dei fenomeni, è in grado di predirne degli altri<br />

al suo interno. Sempre più quindi la matematica diventerà indispensabi<strong>le</strong> per<br />

comprendere <strong>le</strong> tematiche in discussione e per poterne discutere con cognizione. Ed il<br />

filosofo che si sente sfuggire l’immediata <strong>le</strong>ttura di un fatto natura<strong>le</strong> a causa del suo<br />

occultamento in equazioni via via più comp<strong>le</strong>sse, non potrà far altro che richiamarsi<br />

alla realtà che lui conosce, quella che i sensi gli sottopongono (ad esempio: Berke<strong>le</strong>y).<br />

La potenza della matematica, <strong>nel</strong>l’interpretazione e <strong>nel</strong>la predizione di nuovi<br />

fenomeni, era molto chiara agli addetti ai lavori dell’epoca e non a caso insisteranno<br />

molto sulla sua insostituibilità scienziati come Daniel Bernouilli (1700-1782) e J.<br />

Fourier (1768-1850) e filosofi come I. Kant (1724- -1604). E questa potenza risulta<br />

tutta <strong>nel</strong>la meccanica raziona<strong>le</strong> ed analitica.<br />

La ‘meccanica raziona<strong>le</strong>’ è "una scienza che studia rigorosa<strong>mente</strong> (a partire da un<br />

ristretto numero di <strong>le</strong>ggi generali - n.d.r.) i sistemi meccanici perfetti, macchine ideali<br />

senza attriti, sul modello della ‘macchina ce<strong>le</strong>ste’, retta da forze agenti a distanza<br />

lungo la congiungente con intensità [inversa<strong>mente</strong>] proporziona<strong>le</strong> al quadrato della<br />

distanza." (11) E quindi, in nome del meccanicismo newtoniano, Lagrange (1736-1813)<br />

potrà affermare (12) <strong>nel</strong>la prefazione della sua Meccanica Analitica (1788):<br />

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IL SETTECENTO<br />

"Non si troveranno figure in quest'opera. I metodi che io espongo non<br />

richiedono né costruzioni né ragionamenti geometrici o meccanici, ma<br />

sola<strong>mente</strong> operazioni algebriche soggette ad un andamento regolare ed<br />

uniforme. Quelli che amano l’Analisi vedranno con piacere la meccanica<br />

divenirne una nuova branca e mi saranno grati d'averne esteso così il<br />

dominio." (13)<br />

Ed anche D’A<strong>le</strong>mbert, come del resto tutta la scienza che si affermò come<br />

ufficia<strong>le</strong> (14) , non era alieno da avere una visione aristocratica del progresso socia<strong>le</strong>, in<br />

ogni caso condizionato dalla conoscenza “dei principi razionali e matematici”.<br />

Alcuni però iniziarono una revisione di questa concezione e "Diderot, in<br />

particolare, attaccò, in ‘De l’Interpretation de la Nature’ (1753), l’eccessiva<br />

matematizzazione della scienza francese <strong>nel</strong> quadro di una rivalutazione baconiana<br />

della pratica degli artigiani." (15)<br />

Per tutto il ‘700, comunque, la Francia privi<strong>le</strong>gerà la scienza teorica pura, mentre<br />

l'Inghilterra la scienza sperimenta<strong>le</strong> ed applicativa (solo nei primi anni dell’ ‘800<br />

questo dato si invertirà ed, in particolare, in Francia ci si occuperà di prob<strong>le</strong>mi<br />

applicativi soprattutto al fine di sostenere <strong>le</strong> necessità degli eserciti di Napo<strong>le</strong>one). (16)<br />

In ogni caso, quanto abbiamo detto sull’accettazione della filosofia di Newton da<br />

parte degli illuministi francesi, non deve far intendere che non permanessero fortissimi<br />

influssi cartesiani che si compenetravano via via sempre di più con alcune<br />

prob<strong>le</strong>matiche <strong>le</strong>ibniziane. Ed a proposito degli influssi di Leibniz sul ‘700 francese, si<br />

osservi che "D’A<strong>le</strong>mbert, pur combattendo anche lui i principi della meta<strong>fisica</strong><br />

<strong>le</strong>ibniziana, manifesta sempre la più grande ammirazione per il genio filosofico e<br />

matematico di Leibniz; e l’articolo di Diderot su Leibniz <strong>nel</strong>l’Encyclopedie ne tesse un<br />

elogio entusiastico.” (17)<br />

Anche in questo secolo quindi, come avevamo già osservato a proposito della<br />

rivoluzione scientifica del secolo precedente, non c’è l'egemonia incontrastata di una<br />

sola filosofia, ma l’ intrecciarsi di varie tematiche e prob<strong>le</strong>matiche che certa<strong>mente</strong><br />

vedranno il preva<strong>le</strong>re, per un lungo periodo, della filosofia di Newton ma che, allo<br />

stesso tempo, ali<strong>mente</strong>ranno e nutriranno quel<strong>le</strong> correnti di pensiero che, prendendo <strong>le</strong><br />

mosse essenzial<strong>mente</strong> da Leibniz, confluiranno, agli inizi del secolo seguente, in<br />

un'aspra critica del meccanicismo stesso (senza più alcuna distinzione sul tipo di<br />

meccanicismo).<br />

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IL SETTECENTO<br />

4 - IL TRIONFO DEL MECCANICISMO E LE PRIME<br />

ISTANZE CRITICHE.<br />

In tutto ciò che ho scritto fin qui ho cercato di delineare i caratteri fondamentali<br />

del XVIII secolo, il secolo dell'Illuminismo.<br />

Resta, a questo punto, da comp<strong>le</strong>tare il quadro genera<strong>le</strong>, da aggiungere qualche<br />

considerazione, da trarre qualche conclusione e di cercar di mettere insieme <strong>le</strong> prime<br />

istanze critiche emergenti.<br />

Gli ideali dell'Illuminismo, programma di emancipazione della borghesia, trovano<br />

un importante compimento, alla fine del secolo, con <strong>le</strong> rivoluzioni americana e<br />

francese; (18) con esse si sanziona il trionfo della borghesia e si comincia a delineare lo<br />

stato democratico-borghese con i suoi principi che saranno poi alla base di tutta la<br />

concezione libera<strong>le</strong>. Dagli Stati Uniti e dalla Francia questi principi ai propagheranno<br />

per tutta Europa e faranno da punto di riferimento ai moti liberali ottocenteschi.<br />

Per altri versi il secolo assolverà al fondamenta<strong>le</strong> ruolo di acce<strong>le</strong>rare, portando a<br />

compimento, il processo di diffusione e laicizzazione della cultura. Da una parte, sulla<br />

scorta di quanto iniziato <strong>nel</strong> secolo precedente, si rafforzano e si moltiplicano <strong>le</strong><br />

Accademie Scientifiche, dall'altra vengono fondate nuove scuo<strong>le</strong>, col<strong>le</strong>gi ed università.<br />

(19) A questa operazione lavorano sia privati che regnanti illuminati. L'insegnamento<br />

assume caratteri che sempre più vanno a laicizzarlo e a toglierlo dal<strong>le</strong> mani di vari<br />

ordini religiosi. La cacciata dei gesuiti da molti paesi (Portogallo - 1759; Francia -<br />

1762; Spagna, Regno di Napoli, Ducato di Parma - 1767/1768) e la soppressione di<br />

questo ordine da parte di Papa C<strong>le</strong><strong>mente</strong> XIV (20) <strong>nel</strong> 1773 contribuirà grande<strong>mente</strong> a<br />

ciò. Possono cominciare a penetrare gli insegnamenti di Newton (forte<strong>mente</strong> osteggiati<br />

proprio dai gesuiti) e nuovo slancio acquista la separazione tra scienza e religione,<br />

iniziatasi alla fine del '600. Questo <strong>le</strong>game non era ancora sciolto del tutto, "anche in<br />

questioni riguardanti pura<strong>mente</strong> la scienza della natura si osservava e si difendeva con<br />

zelo l'autorità della Scrittura." (21) Durante questo secolo molte cose cambiano e "lo<br />

scherno che Voltaire riversa continua<strong>mente</strong> sulla «<strong>fisica</strong> biblica» ci sembra oggi<br />

sorpassato ed insipido; ma chi voglia dare un giusto giudizio storico non deve<br />

dimenticare che <strong>nel</strong> secolo XVIII quello scherno era lanciato contro un avversario<br />

serio e pericoloso." (21) "Si tratteggia per la prima volta una storia <strong>fisica</strong> del mondo,<br />

lontana da ogni sorta di dogmatismo religioso e desiderosa di basarsi soltanto sui<br />

principi universali della conoscenza teorica della natura" (21) e Voltaire, per più di 50<br />

anni, lavorò allo smantellamento del sistema tradiziona<strong>le</strong> portando a termine una<br />

"opera di distruzione che fu condizione indispensabi<strong>le</strong> della nuova costruzione<br />

della <strong>fisica</strong>". (21) E tutta quest'epoca confluirà, da una parte, <strong>nel</strong> lavoro di Kant, in cui<br />

definitiva<strong>mente</strong> si affermerà l'impossibilità di una scienza meta<strong>fisica</strong> (22) e, dall'altra,<br />

nei lavori di Laplace, dei quali par<strong>le</strong>remo più oltre, in cui la natura è descritta come<br />

comp<strong>le</strong>ta<strong>mente</strong> indipendente da Dio ed intera<strong>mente</strong> comprensibi<strong>le</strong> all'uomo (è solo<br />

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IL SETTECENTO<br />

questione di tempo). A lato di ciò, durante il '700, cambierà lo status dello scienziato. Il<br />

lavoro scientifico, che fino al secolo precedente era essenzial<strong>mente</strong> affidato a singoli<br />

ingegni, che usavano del<strong>le</strong> loro rendite da altre attività, per fare della scienza, diventa<br />

ora sempre più opera di professionisti con la conseguenza di allargare sempre di più la<br />

base socia<strong>le</strong> degli addetti ai lavori. Insomma per fare scienza <strong>nel</strong> '700 si è di più, si<br />

proviene da strati sociali un poco più differenziati , si comincia ad essere pagati.<br />

Ma il carattere saliente di questo secolo, da un punto di vista filosofico e<br />

scientifico, è il trionfo del meccanicismo che per molti versi ho cercato di delineare<br />

<strong>nel</strong><strong>le</strong> pagine precedenti. L'opera di Newton, con gli aggiustamenti, <strong>le</strong> sistemazioni, <strong>le</strong><br />

integrazioni e <strong>le</strong> omissioni di tutto quel comp<strong>le</strong>sso di fisici - matematici che vi<br />

lavorarono, viene universal<strong>mente</strong> accettata. La meccanica, <strong>nel</strong>la sua nuova<br />

formulazione, acquista piena e superiore dignità scientifica. Il sistema del mondo di<br />

Newton trova clamorose conferme in tutta l' osservazione astronomica e geodetica. E<br />

non solo. Anche in campi che Newton non aveva toccato o solo sfiorato, la sua <strong>fisica</strong><br />

trova grandi applicazioni portando ad ulteriori e fondamentali conferme. La <strong>le</strong>gge<br />

dell'inverso del quadrato della distanza, a fondamento della gravitazione, la si ritrova<br />

in magnetostatica (Michell) ed in e<strong>le</strong>ttrostatica (Coulomb) e Laplace potrà affermare<br />

che questa <strong>le</strong>gge "relativa alla forza, va<strong>le</strong> per tutte <strong>le</strong> emanazioni che provengono da<br />

un centro come quella della luce." (23)<br />

Certo il pregiudizio non era estraneo al<strong>le</strong> ricerche di e<strong>le</strong>ttricità e magnetismo: <strong>le</strong><br />

<strong>le</strong>ggi dell'inverso del quadrato sono trovate perché sono cercate; i modelli di fluido o di<br />

particel<strong>le</strong> per l'e<strong>le</strong>ttricità discendono diretta<strong>mente</strong> dall'adesione a Descartes - Huygens<br />

o a Newton. In ogni caso, al di là di pur autorevoli contraddittori, il mondo ordinato e<br />

determinato della <strong>fisica</strong> newtoniana aveva preso comp<strong>le</strong>ta<strong>mente</strong> piede alla fine del<br />

XVIII secolo.<br />

La natura sembrava obbedire tutta a quella <strong>le</strong>gge dell'inverso del quadrato e a<br />

quel<strong>le</strong> forze che agivano istantanea<strong>mente</strong> <strong>nel</strong> vuoto, (24) a distanza e lungo la<br />

congiungente rettilinea i centri del<strong>le</strong> masse o del<strong>le</strong> cariche in gioco. Tutti i fenomeni<br />

naturali, il mondo, sembravano comp<strong>le</strong>ta<strong>mente</strong> determinati; occorreva solo il tempo<br />

necessario ad effettuare material<strong>mente</strong> tut te <strong>le</strong> operazioni e poi nulla sarebbe più<br />

sfuggito alla capacità dell'uomo di tutto comprendere e descrivere. Questo stato<br />

d'animo, questo atteggiamento, è ben rappresentato da Laplace che, <strong>nel</strong> suo Saggio<br />

filosofico sul<strong>le</strong> probabilità (1814) si rammaricò di non poter essere comp<strong>le</strong>ta<strong>mente</strong><br />

determinista per mancanza di dati. Egli scrisse:<br />

Un'Intelligenza che, per un dato istante, conoscesse tutte <strong>le</strong> forze da cui è<br />

animata la natura e la situazione rispettiva di tutti gli esseri che la<br />

compongono, se per di più fosse abbastanza profonda per sottomettere<br />

questi dati all'analisi, abbraccerebbe <strong>nel</strong>la stessa formula i movimenti dei<br />

più grandi corpi dell'universo e dell'atomo più <strong>le</strong>ggero: nulla sarebbe<br />

incerto per essa e l'avvenire, come il passato, sarebbe presente ai suoi<br />

occhi. (25)<br />

E' questo il manifesto del meccanicismo a cavallo dei secoli XVIII e XIX che<br />

Pagina 9


IL SETTECENTO<br />

illustra bene il substrato cultura<strong>le</strong> su cui lavoravano i fisici-matematici francesi di quel<br />

periodo. Ma, si badi bene, questa enunciazione laplaciana introduce degli e<strong>le</strong>menti non<br />

perfetta<strong>mente</strong> in linea con la filosofia natura<strong>le</strong> di Newton. L'introduzione della<br />

probabilità per la comprensione dei fenomeni fisici, che Laplace introduce per<br />

rimpiazzare provvisoria<strong>mente</strong> la mancanza di quell'Intelligenza, è un e<strong>le</strong>mento<br />

destinato a diventare sempre più estraneo al<strong>le</strong> primitive costruzioni newtoniane.<br />

In definitiva, a parte questo e<strong>le</strong>mento non in linea con Newton, restano forze a<br />

distanza, <strong>le</strong>gge dell'inverso del quadrato, azioni rettilinee <strong>nel</strong> vuoto e corpuscoli,<br />

particel<strong>le</strong> che, a partire dalla teoria corpuscolare della luce di Newton, avevano sancito<br />

il loro successo con la teoria cinetica dei gas di Daniel Bernouilli (1738). Ormai la<br />

spiegazione del mondo consisteva <strong>nel</strong> ridurre tutti i fenomeni naturali al<strong>le</strong> interazioni<br />

meccaniche di particel<strong>le</strong> considerate come parti ultime della materia. Bastava, come<br />

abbiamo visto or ora per Laplace, conoscere <strong>le</strong> condizioni iniziali (posizioni e<br />

velocità) di un dato sistema di particel<strong>le</strong> per calcolarsi, con la meccanica, la sua<br />

successiva evoluzione a stati diversi in fenomeni diversi. Ed è importante notare che,<br />

con la meccanica, non era soltanto possibi<strong>le</strong> calcolarsi l'evoluzione in avanti, ma anche<br />

l'evoluzione all'indietro. Niente infatti, a partire dalla formulazione newtoniana,<br />

impediva la reversibilità dei fenomeni naturali proprio perché <strong>le</strong> equazioni della<br />

meccanica risultano simmetriche rispetto al tempo (e questo almeno dal punto di vista<br />

degli sviluppi analitici poiché rimanevano i «piccoli» particolari costruttivi sui quali<br />

da anni si affannavano i tecnici, costruttori di macchine a vapore, per cercare di<br />

ottenere un poco più di lavoro meccanico dalla quantità di calore che impiegavano).<br />

5 - ALCUNI ASPETTI DEL PROGRESSO DELLA<br />

RICERCA SCIENTIFICA NEL XVIII SECOLO<br />

Non è in alcun modo possibi<strong>le</strong> avvicinarsi alla comprensione dei profondi<br />

mutamenti che si ebbero <strong>nel</strong>l'interpretazione dei fenomeni naturali durante tutto l'800,<br />

se non si colgono alcuni aspetti del<strong>le</strong> ricerche scientifiche che si svilupparono <strong>nel</strong><br />

secolo dell'Illuminismo.<br />

Durante il XVIII secolo, soprattutto <strong>nel</strong>la sua prima metà, la scienza, come<br />

abbiamo già. detto, non fece quei balzi prodigiosi e spettacolari che erano stati<br />

caratteristica del secolo precedente. Ciò nondimeno si lavorò molto gettando <strong>le</strong> basi<br />

dell'ulteriore grande sviluppo della scienza dell'800.<br />

E' comunque ora molto più diffici<strong>le</strong> che per il passato seguire i vari filoni di<br />

ricerca <strong>nel</strong>la loro comp<strong>le</strong>ssa articolazione ed intersezione, con una qualche pretesa di<br />

comp<strong>le</strong>tezza: oltre alla grande opera di sistemazione analitica della meccanica<br />

newtoniana, a cui si scompagnarono possenti sviluppi della matematica, si tratterebbe<br />

di indagare gli avanzamenti dell'astronomia osservativa e <strong>le</strong> ricerche in nuovi campi<br />

Pagina 10


IL SETTECENTO<br />

della <strong>fisica</strong> (termologia, e<strong>le</strong>ttricità, magnetismo, ...). Per quel che riguarda i nostri<br />

scopi, basterà solo dare un quadro di riferimento con la preoccupazione di cogliere<br />

quegli aspetti che, seppure non immediata<strong>mente</strong>, risulteranno avere una connessione<br />

più o meno stretta con <strong>le</strong> prob<strong>le</strong>matiche che stiamo cercando di discutere in questo<br />

lavoro.<br />

A partire dai lavori di Newton, si assiste ad una grande divaricazione dei vari<br />

campi di ricerca. Lo sforzo che si tenta à proprio quello di interpretare ogni singolo<br />

fatto, che sembra del tutto s<strong>le</strong>gato da ogni altro fatto, in termini di meccanica<br />

newtoniana: si tenta cioè di ricondurre tutto alla meccanica. Gran parte poi del<strong>le</strong><br />

indagini sperimentali che vengono portate a compimento, vanno a ricercare nei<br />

fenomeni quel<strong>le</strong> azioni alla Newton (rettilinee, a distanza, inversa<strong>mente</strong> proporzionali<br />

al quadrato della distanza) che devono necessaria<strong>mente</strong> regolare ogni fatto natura<strong>le</strong>. Le<br />

prob<strong>le</strong>matiche sono comp<strong>le</strong>sse ed il tentativo che uno fa di ricercare una traccia, un<br />

filone, potrebbe indurre all'erronea ammissione di uno sviluppo lineare e cumulativo<br />

della scienza, fatto che in nessun modo intendo sottoscrivere. (26)<br />

E passiamo ora a dare un quadro dei principali scienziati del XVIII secolo<br />

(alcuni di essi saranno solo menzionati, mentre altri, più significativi per gli sviluppi<br />

successivi, saranno trattati con qualche dettaglio) che, a vario titolo, si sono inseriti in<br />

quanto ho tentato di delineare. Il posto preminente, per quanto ho detto, andrà ai fisicimatematici<br />

francesi.<br />

6 - LA FAMIGLIA BERNOULLI<br />

Come osserva Boyer, <strong>le</strong> scoperte di un grande matematico, come Newton, non<br />

diventano immediata<strong>mente</strong> patrimonio di tutti. Anzi, rischiano di venire dimenticate ed<br />

obso<strong>le</strong>te se non vengono comunicate e se qualcuno non si prende l'onere di divulgar<strong>le</strong>,<br />

approfondir<strong>le</strong>, diffonder<strong>le</strong>. In questo senso Newton è un pessimo esempio, egli infatti<br />

era incapace di comunicare ed anche il suo metodo, quello del<strong>le</strong> flussioni era ostico<br />

alla divulgazione. Dove mancò Newton, riuscì Leibniz che era invece estrema<strong>mente</strong><br />

disponibi<strong>le</strong> al confronto, alla spiegazione, alla divulgazione del<strong>le</strong> sue scoperte ad altri<br />

scienziati. Tra questi vi furono due eminenti studiosi e scienziati che si assunsero il<br />

ruolo di proseguire la sua opera, due fratelli di una famiglia con una storia travagliata,<br />

Jacob e Johann Bernoulli. (27) Il primo personaggio noto della famiglia è Jacob il<br />

Vecchio, ugonotto belga costretto a fuggire a Basi<strong>le</strong>a in Svizzera <strong>nel</strong> 1583 per <strong>le</strong><br />

persecuzioni dei cattolici spagnoli. Un suo figlio, Nikolaus, fu il padre dei due<br />

Bernoulli citati che, a loro volta, dettero vita a molti altri noti matematici e fisici come<br />

mostrato <strong>nel</strong>la genealogia seguente.<br />

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IL SETTECENTO<br />

Esula dagli scopi di questo lavoro entrare nei dettagli degli sviluppi del calcolo<br />

e pertanto molti dei lavori sia dei matematici Bernoulli, sia di altri, saranno solo citati o<br />

accennati se non immediata<strong>mente</strong> <strong>le</strong>gati a questioni di carattere fisico.<br />

6 - 1 - JACOB I BERNOULLI (1654 - 1705)<br />

Nel senso di quanto appena detto occorre ricordare che fu Jacob I, il primo dei<br />

Bernoulli che dette contributi importanti al calcolo. Nacque e visse in Svizzera,<br />

indirizzato alla carriera teologica dal padre. In uno dei suoi molti viaggi, in questo caso<br />

in Inghilterra, per imparare e scambiare opinioni con <strong>le</strong> principali persone colte<br />

dell'epoca, conobbe Robert Boy<strong>le</strong> (1676). Da questo momento iniziò la sua passione<br />

per la scienza ed in particolare per la matematica (che condivise con il fratello minore<br />

Johann I, che invece il padre avrebbe voluto o mercante o medico) diventandone<br />

professore a Basi<strong>le</strong>a <strong>nel</strong> 1687. Si formò sugli scritti di Wallis e Barrow ma fu Leibniz,<br />

con il qua<strong>le</strong> intrattenne una lunga corrispondenza, che gli aprì la strada al calcolo<br />

differenzia<strong>le</strong>. A lui è dovuto il termine calcolo integra<strong>le</strong> (Leibniz utilizzava il termine<br />

calcolo sommatorio) ed il fatto che la derivata di una funzione in un suo punto di<br />

massimo o minimo non è necessaria<strong>mente</strong> ugua<strong>le</strong> a zero, potendo risultare o infinita o<br />

indeterminata.<br />

Pagina 12


IL SETTECENTO<br />

Jacob I Bernoulli<br />

La sua opera principa<strong>le</strong>, Ars conjectandi, fu pubblicata postuma <strong>nel</strong> 1713. In<br />

essa si riprendeva un lavoro minore di Huygens, De ludo a<strong>le</strong>ae, che aveva iniziato lo<br />

studio della probabilità <strong>nel</strong>la teoria dei giochi. Qui la probabilità diventava una scienza<br />

degna di diventare un nuovo capitolo della matematica (che sarà sviluppata anche da<br />

altri componenti la famiglia). L'opera risulta divisa in quattro parti. Nella prima è<br />

riportato il lavoro citato di Huygens con opportuni commenti. Nella seconda parte si<br />

affronta lo studio del<strong>le</strong> permutazioni e combinazioni che già avevano avuto una<br />

qualche trattazione in Wallis. Qui troviamo l'introduzione dei coefficienti binomiali e<br />

polinomiali oltre alla dimostrazione della potenza del binomio. Nella terza e quarta<br />

parte vi sono esemplificazioni di calcolo del<strong>le</strong> probabilità con l'enunciazione della<br />

famosa <strong>le</strong>gge<br />

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IL SETTECENTO<br />

dei grandi numeri o <strong>le</strong>gge empirica del caso. (28) A proposito di cose che già altri<br />

avevano fatto (e con Jacob I Bernoulli inizia a porsi questo prob<strong>le</strong>ma) va<strong>le</strong> la pena<br />

ricordare che in questo periodo, a parte i plagi dei quali non mi occupo, vi sono varie<br />

scoperte simultanee e varie cose sono semplice<strong>mente</strong> riscoperte senza che l'autore<br />

abbia conosciuto il primo che ha realizzato una data cosa. Ciò dipende stretta<strong>mente</strong><br />

dalla pubblicità che una data scoperta ha ed all'epoca <strong>le</strong> cose si conoscevano o per un<br />

circuito importantissimo di corrispondenze o per <strong>le</strong> conferenze periodiche che si<br />

tenevano <strong>nel</strong>la varie accademie scientifiche che, ad imitazione di quel<strong>le</strong> italiane ormai<br />

morenti a causa della Chiesa (quella dei Lincei a Roma, fondata <strong>nel</strong> 1609, venne chiusa<br />

<strong>nel</strong> 1630; quella del Cimento a Firenze, fondata <strong>nel</strong> 1657, venne chiusa <strong>nel</strong> 1665) si<br />

andavano creando in giro per l'Europa (la prima fu la Royal Society di Londra, fondata<br />

<strong>nel</strong> 1660, alla qua<strong>le</strong> seguì l’Académie des Sciences di Parigi, fondata <strong>nel</strong> 1666) (19) o<br />

per <strong>le</strong> prime riviste scientifiche che, spesso come emanazioni del<strong>le</strong> Accademie,<br />

venivano pubblicate (<strong>le</strong> Philosophical Transactions della Royal Society dal 1665; il<br />

Journal des Sçavans dell’Académie des Sciences dal 1665; gli Acta Eruditorum, su cui<br />

pubblicherà Jacob I, dell'Accademia del<strong>le</strong> Scienze di Berlino dal 1668). Può sembrare<br />

qualcosa di molto esteso ma in realtà riguardava pochissime persone. Tornando a<br />

Jacob I, <strong>nel</strong>la seconda parte dell'Ars Conjectandi compaiono i famosi numeri di<br />

Bernoulli che sono i coefficienti di una formula ricorsiva che egli utilizzava per trovare<br />

<strong>le</strong> somme del<strong>le</strong> potenze degli interi. In particolare questi numeri sono molto utili per<br />

realizzare gli sviluppi in serie di funzioni trigonometriche e iperboliche. E qui vi è<br />

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IL SETTECENTO<br />

l'occasione per ricordare che la grande passione di Jacob I, oltre allo studio della<br />

probabilità e del<strong>le</strong> funzioni, era proprio lo sviluppo in serie e lo studio del<strong>le</strong><br />

convergenze di tali serie.<br />

A Jacob I è dovuto lo studio di una curva, la <strong>le</strong>mniscata (luogo dei punti per i quali<br />

è costante il prodotto del<strong>le</strong> distanze da due punti fissi chiamati fuochi), studio che<br />

comparve negli Acta Eruditorum <strong>nel</strong> 1694, fatto notevo<strong>le</strong> è che la scrisse in coordinate<br />

polari che erano state usate anni prima (1671) da Newton ma che, come priorità di<br />

pubblicazione, spettano proprio a Jacob I.<br />

La <strong>le</strong>mniscata di Bernoulli: r2 = a2 .cos 2θθθθ (in coordinate polari r,θ; ,θ; con a costante)<br />

2a 2 (x 2 - y 2 ) = (x 2 + y 2 ) 2 (in coordinate cartesiane)<br />

Altra curva cui si dedicò fu la spira<strong>le</strong> logaritmica, già nota a Torricelli e<br />

Descartes, individuando sue notevoli proprietà e scrivendola ancora in cordinate polari<br />

ed ortogonali (era tal<strong>mente</strong> orgoglioso del<strong>le</strong> cose realizzate relativa<strong>mente</strong> a questa<br />

spira mirabilis, che la vol<strong>le</strong> sulla sua tomba con la scritta Eadem mutata resurgo).<br />

La spira<strong>le</strong> logaritmica : r = ρbθ θ (in coordinate polari r,θ; ,θ; con b e ρ costanti)<br />

Un solo cenno ad un altro grande contributo di questo Bernoulli, all'equazione<br />

differenzia<strong>le</strong> che porta il suo nome:<br />

y' + P(x)y = Q(x)y n<br />

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IL SETTECENTO<br />

che fu risolta da lui medesimo, da Leibniz e dal fratello Johann (si tratta di dividere<br />

ciascun termine per y n e quindi operare la trasformazione<br />

z = 1/y n-1<br />

in modo da ottenere un'equazione lineare in z).<br />

6 - 2 - JOHANN I BERNOULLI (1667-1748)<br />

Pur avendo iniziato negli studi mercantili che gli aveva indicato il padre ed<br />

avendoli conclusi <strong>nel</strong> 1690, <strong>nel</strong> 1691 iniziò a scrivere manuali che erano l'espressione<br />

della sua grande passione, il calcolo differenzia<strong>le</strong>. Nel 1692, mentre si trovava a Parigi,<br />

dette <strong>le</strong>zioni ad un giovane nobi<strong>le</strong>, il marchese de l'Hôpital (1661 - 1704). Johann I<br />

aveva firmato un contratto che, in cambio di un salario<br />

Johann I Bernoulli<br />

fisso, lo obbligava ad insegnargli ogni cosa che conoscesse, includendo ciò che avesse<br />

scoperto. E fu così che una del<strong>le</strong> più importanti scoperte di Johann I sul<strong>le</strong> forme<br />

indeterminate è passata alla storia con il nome di de l'Hôpital perché quest'ultimo la<br />

riportò <strong>nel</strong> primo libro d'analisi mai pubblicato, Analyse des infiniment petits (1696).<br />

Di che si tratta ? Se f(x) e g(x) sono due funzioni differenziabili <strong>nel</strong> punto x = a <strong>nel</strong><br />

qua<strong>le</strong> risulta f(a) = 0 e g(a) = 0, e se esiste anche il limite:<br />

Pagina 16


allora risulterà:<br />

IL SETTECENTO<br />

Il libro di de l'Hôpital ebbe un grande successo mentre quello di Johann I non vide<br />

la luce che <strong>nel</strong> 1924. Johann I aveva comunque pubblicato molti contributi all'analisi<br />

su varie riviste ed acquistò fama sufficiente per essere chiamato <strong>nel</strong> 1705, a ricoprire il<br />

posto del fratello scomparso <strong>nel</strong>l'insegnamento della matematica a Basi<strong>le</strong>a. A lui si<br />

debbono vari contributi <strong>nel</strong>lo studio del<strong>le</strong> funzioni (brachistocrona) da cui prese spunto<br />

l'inizio del calcolo del<strong>le</strong> variazioni; lavorò in geometria differenzia<strong>le</strong> e studiò <strong>le</strong><br />

geodetiche di una superficie; inventò il calcolo esponenzia<strong>le</strong> e studiò <strong>le</strong> aree sottese da<br />

funzioni esponenzziali, trovando alcuni importanti sviluppi in serie; ...<br />

Era persona di carattere molto aggressivo, probabil<strong>mente</strong> per il torto inizia<strong>le</strong><br />

ricevuto in quella sua scoperta che rese famoso un altro. Fu uno strenuo difensore di<br />

Leibniz <strong>nel</strong>la disputa con Newton per l'invenzione dell'analisi e si imbarcò in molte<br />

altre po<strong>le</strong>miche (famosa quella con Taylor per la priorità <strong>nel</strong>la scoperta degli sviluppi<br />

in serie di Taylor (1685 - 1731) poiché ambedue disconoscevano che la priorità era di<br />

Gregory), addirittura con suo figlio Daniel che vinse un premio dell'Académie des<br />

Sciences di Parigi al qua<strong>le</strong> aveva concorso anche lui<br />

6 - 3 - DANIEL BERNOULLI (1700 - 1782)<br />

Tra i molti Bernoulli, tutti prima o poi professori di matematica, l'ultimo che<br />

merita di essere citato anche per i suoi contributi alla <strong>fisica</strong> à Daniel, figlio di Johann I.<br />

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IL SETTECENTO<br />

Daniel Bernoulli<br />

A seguito degli spostamenti del padre, Daniel nacque a Groningen <strong>nel</strong> 1700 ma<br />

tornò a Basi<strong>le</strong>a <strong>nel</strong> 1705. La sua formazione fu con il padre ed il fratello Nicolaus, Nel<br />

1716 si iscrisse a medicina prima a Basi<strong>le</strong>a, poi ad Heidelberg e quindi a Strasburgo<br />

dove si laureò <strong>nel</strong> 1721. In quel momento non vi erano cattedre disponibili a Basi<strong>le</strong>a e<br />

Daniel optò per continuare la sua preparazione a Venezia (1723), presso il primario di<br />

quella città, il professor Mico<strong>le</strong>tti.<br />

Durante la sua vita ebbe il privi<strong>le</strong>gio di lavorare con eminenti personaggi come<br />

Eu<strong>le</strong>r e D'A<strong>le</strong>mbert (dei quali mi occuperò in seguito). Tra il 1725 ed 1733 fu<br />

professore a Pietroburgo pubblicando sui Commentarii della neonata Accademia del<strong>le</strong><br />

Scienze della medesima città ma la gran parte della sua vita si svolse a Basi<strong>le</strong>a dove<br />

insegnò varie discipline (astronomia, medicina, filosofia) e dove morì <strong>nel</strong> 1782. La sua<br />

opera principa<strong>le</strong> fu l' Hydrodynamica, sive de viribus et motibus fluidorum<br />

commentarii pubblicata <strong>nel</strong> 1738.<br />

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IL SETTECENTO<br />

Daniel Bernoulli, come accennato, fu matematico che seguì negli studi di calcolo<br />

di probabilità iniziati in famiglia. Il suo contributo più importante a ta<strong>le</strong> calcolo è<br />

relativa alla distinzione che egli fece tra speranza matematica e speranza mora<strong>le</strong> (si<br />

può anche dire: tra fortuna <strong>fisica</strong> e fortuna mora<strong>le</strong>). Come spiega Boyer, Daniel<br />

Bernoulli assumeva che un piccolo aumento dei mezzi materiali di una persona<br />

produce un aumento del suo grado di soddisfazione che è inversa<strong>mente</strong> proporziona<strong>le</strong><br />

ai mezzi. Ciò porta alla conclusione che, con il crescere della fortuna <strong>fisica</strong> in<br />

proporzione geometrica, la fortuna mora<strong>le</strong> cresce in proporzione aritmetica. Ancora<br />

relativa<strong>mente</strong> al<strong>le</strong> probabilità a lui è anche dovuto uno studio sui vantaggi del<strong>le</strong><br />

vaccinazioni contro il vaiolo ed a lui e a suo fratello maggiore (Nicolaus II, che si trovò<br />

con lui un certo periodo a San Pietroburgo) un prob<strong>le</strong>ma noto come paradosso di San<br />

Pietroburgo che fu alla base della teoria economica e finanziaria dell'avversione al<br />

rischio (29) . Altri suoi contributi in matematica si ebbero <strong>nel</strong>lo studio del<strong>le</strong> equazioni<br />

differenziali di Riccati e sul<strong>le</strong> proprietà del<strong>le</strong> figure curve delimitate.<br />

Ma Daniel, <strong>nel</strong>la sua Hydrodinamica (30) , dette dei contributi fondamentali alla<br />

<strong>fisica</strong> ed in particolare all'idrodinamica, risultando colui che gettò <strong>le</strong> basi della teoria<br />

cinetica dei gas.<br />

Il trattato si apre con una storia dell'idraulica, seguita da una breve presentazione<br />

dell'idrostatica in cui sono discusse, velocità, durata e quantità di fluido uscente<br />

dall'apertura di un recipiente.<br />

Egli, prendendo spunto dal principio di conservazione della forza viva, costruì<br />

una equazione che descriveva il moto in un condotto di un fluido idea<strong>le</strong> (cioè<br />

incomprimibi<strong>le</strong>, non viscoso e privo di vortici). Uguagliando <strong>le</strong> variazioni di<br />

descensus actualis con quel<strong>le</strong> dell'ascensus potentialis relative al centro di gravità,<br />

Pagina 19


trovò che:<br />

IL SETTECENTO<br />

In un condotto <strong>nel</strong> qua<strong>le</strong> un fluido idea<strong>le</strong> si muove in regime stazionario<br />

con velocità v, in tutte <strong>le</strong> sezioni del condotto risulta:<br />

p + ρgh + ½ ρ v 2 = costante<br />

dove p è la pressione che spinge il fluido <strong>nel</strong> condotto, ρ è la densità del<br />

fluido, g è l'acce<strong>le</strong>razione di gravità ed h è l'altezza del centro di massa<br />

della sezione rispetto al sistema di riferimento prefissato.<br />

Nella relazione scritta il secondo termine è chiamato pressione idrostatica e<br />

rappresenta la pressione esercitata sul fondo di una colonna di fluido di altezza h e<br />

densità ρ mentre il terzo termine è chiamato pressione dinamica e rappresenta la<br />

pressione esercitata da un fluido per il solo fatto di trovarsi in moto con velocità v.<br />

Quanto qui scritto compendia molte proprietà del moto dei fluidi. Intanto abbiamo a<br />

che fare con il principio di continuità (scoperto due secoli prima da Leonardo da Vinci<br />

e qui riconfermato) secondo il qua<strong>le</strong> l'acqua, scorrendo da un tubo più largo ad uno più<br />

stretto, aumenta di velocità e, scorrendo da un tubo più stretto ad uno più largo,<br />

diminuisce di velocità. A ciò Daniel aggiunse osservazioni fondamentali del tutto<br />

inedite e cioè che l'acqua <strong>nel</strong> tubo largo che scorre <strong>le</strong>nta<strong>mente</strong> ha sempre una pressione<br />

maggiore di quella <strong>nel</strong> tubo piccolo che scorre veloce<strong>mente</strong>. Ciò vuol dire che vi è una<br />

relazione precisa tra pressione e velocità del fluido, ad aumentare di una grandezza<br />

diminuisce l'altra e viceversa con la conseguenza che vi è una somma che resta<br />

costante. Riguardando all'indietro quanto scritto si può ben capire che da questi<br />

ragionamenti Daniel pensò di poter applicare ai fluidi la conservazione <strong>le</strong>ibniziana<br />

della forza viva azzardando un'operazione che, fino a lui, era pensata va<strong>le</strong>re solo per i<br />

corpi solidi (per assimilare i fluidi ai solidi Daniel si servì di alcuni concetti in uso<br />

<strong>nel</strong>l'analisi matematica: immaginò il fluido che scorre in un condotto come costituito<br />

da tanti dischi infinitesimi rigidi successivi e solidi, spingentisi l'un l'altro).<br />

E' da notare che <strong>le</strong> motivazioni che spinsero Daniel Bernoulli ad occuparsi di<br />

questi prob<strong>le</strong>mi fu un prob<strong>le</strong>ma medico che gli era sorto dallo studio della scoperta di<br />

Harvey della circolazione del sangue. Ancora <strong>nel</strong> 1727 non si aveva a disposizione<br />

nessuno strumento per misurare velocità e pressione del sangue e si operava sugli<br />

infermi con metodi più o meno aristotelici (salassi o incisione di vene per togliere il<br />

surplus di sangue che si riteneva causa della malattia). Iniziò a Pietroburgo a cercare<br />

sperimental<strong>mente</strong> di misurare la pressione dell'acqua che scorreva in tubi di ferro. Non<br />

riuscì a realizzare quanto si proponeva.<br />

Occorre qui ricordare che il francese Edme Mariotte (1620 - 1684) era riuscito una<br />

cinquantina di anni prima a misurare la pressione dell'acqua non che scorre in un tubo<br />

ma che fuoriesce da esso. Egli mandò questo getto ad urtare contro l'estremità di una<br />

piccola bilancia equilibrata dall'altra parte con del<strong>le</strong> masse di piombo. Con facili<br />

calcoli aveva trovato la pressione dell'acqua che fuoriesce da un tubo. Ma la cosa, per<br />

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IL SETTECENTO<br />

ovvii motivi, non sembrava opportuna per la misura della pressione sanguigna. Fu<br />

rif<strong>le</strong>ttendo su questo che Daniel ricordò alcune affermazioni di Harvey: se si fora<br />

un'arteria il sangue schizzerà ad una data altezza, maggiore se la foratura avviene al<br />

momento della contrazione del cuore. Daniel provò allora a fare un piccolo foro in un<br />

tubo in cui scorreva acqua ed a sistemare in corrispondenza di ta<strong>le</strong> foro un tubicino di<br />

vetro. Fu così che, dalla quota a cui l'acqua saliva in quel tubicino, si poteva risalire<br />

alla pressione dell'acqua <strong>nel</strong> tubo e, fatto notevo<strong>le</strong>, negli esperimenti realizzati,<br />

neppure una goccia d'acqua andò versata. E la realizzazione pratica dello strumento<br />

non si fece<br />

Disegno di Daniel Bernoulli che illustra il modo di<br />

misurare la pressione di un liquido in un condotto.<br />

attendere (intorno al 1730): si trattava di un tubicino di vetro che aveva un'estremità<br />

appuntita ed in grado di forare un'arteria per permettere al sangue di salire <strong>nel</strong> tubicino<br />

medesimo. Il sistema permetteva di conoscere la pressione sanguigna (anche la<br />

minima e la massima) con la perdita di quantità piccolissime di sangue, quello che<br />

restava <strong>nel</strong> tubicino (occorrerà attendere il 1896 per la realizzazione, da parte del<br />

medico italiano Scipione Riva Rocci, di quello strumento gonfiabi<strong>le</strong> a forma di<br />

braccia<strong>le</strong> da mettere intorno al braccio in grado di misurare la pressione senza forare<br />

nessuna arteria).<br />

Nell'Hydrodynamica troviamo un ultimo contributo (scritto <strong>nel</strong> 1733) che non<br />

può essere taciuto di Daniel Bernouilli. Si tratta dei primi calcoli che gettano <strong>le</strong> basi<br />

della teoria cinetica (e statistica !) dei gas a partire da ipotesi relative alla struttura della<br />

materia. In realtà era stato Eu<strong>le</strong>r a elaborare qualcosa in proposito in un articolo sui<br />

Commentarii del 1729 (Tentamen explicationis phaenomenorum aeris). A partire da<br />

Pagina 21


IL SETTECENTO<br />

un articolo di Johann Bernoulli che discuteva dei vortici di Descartes, egli concepì<br />

l'aria come costituita da minute particel<strong>le</strong> sferiche in rotazione a distanze differenti tra<br />

loro. La mo<strong>le</strong>cola di Eu<strong>le</strong>r era molto comp<strong>le</strong>ssa perché costituita da tre strati: un'anima<br />

sferica di etere involta di una cappa della vera sostanza dell'aria che a sua volta era<br />

avvolta ancora da una cappa d'acqua. Le forze scambiate tra questi costituenti<br />

originavano i comportamenti della mo<strong>le</strong>cola ed in particolare la forza centrifuga di<br />

rotazione, l'umidità, e così via. Senza andare oltre, questo modello era molto<br />

rudimenta<strong>le</strong> e solo lontana<strong>mente</strong> adombrava quello cinetico che oggi accettiamo.<br />

Daniel Bernoulli invece immaginò un gas costituito da mo<strong>le</strong>co<strong>le</strong> elastiche in<br />

continuo movimento <strong>nel</strong> vuoto. Gli urti tra queste mo<strong>le</strong>co<strong>le</strong>, <strong>nel</strong> suo modello teorico,<br />

hanno un ruolo fondamenta<strong>le</strong>, anche perché, con questo innocuo modello, si metteva in<br />

discussione la visione corpuscolarista di Newton basata sul<strong>le</strong> forze repulsive agenti tra<br />

particel<strong>le</strong> e non sugli urti tra di esse. In ta<strong>le</strong> visione i fenomeni termici erano studiati,<br />

utilizzando <strong>le</strong> <strong>le</strong>ggi della dinamica ed il continuo movimento intorno a posizioni<br />

prefissate dei corpuscoli ed i gas erano pensati come fluidi elastici costituiti da<br />

mo<strong>le</strong>co<strong>le</strong> non puntiformi ma sferiche che occupavano piccoli volumi. Le particel<strong>le</strong><br />

erano omogenee, rigide, elastiche, dotate di peso, soggette ad un moto molto rapido<br />

che espandendosi in modo casua<strong>le</strong> in tutte <strong>le</strong> direzioni obbediva al<strong>le</strong> <strong>le</strong>ggi della<br />

meccanica classica; la loro distribuzione <strong>nel</strong> fluido era irregolare e non soggetta a forze<br />

esterne, così che il moto in assenza di urti poteva<br />

essere considerato rettilineo. Tali corpuscoli erano altresì supposti come perfetta<strong>mente</strong><br />

lisci: un eventua<strong>le</strong> moto rotatorio intorno all'asse passante per il loro centro avrebbe<br />

potuto così essere trascurato e la loro velocità sarebbe stata calcolata esclusiva<strong>mente</strong> in<br />

relazione alla velocità del centro. Il sistema così descritto prevedeva una quantità<br />

considerevo<strong>le</strong> di collisioni, responsabili a livello microscopico dei fenomeni<br />

macroscopica<strong>mente</strong> controllabili in termini di volume, pressione e temperatura; queste<br />

proprietà non erano più distinte in due classi, l'una concernente la densità e la<br />

pressione, l'altra riguardante la relazione tra calore ed espansione, ma riunite sotto<br />

l'unica tesi della struttura corpuscolare della materia.<br />

Mediante <strong>le</strong> argomentazioni di Daniel era possibi<strong>le</strong> constatare che gli urti si<br />

verificavano con maggiore frequenza in proporzione alla diminuzione del<strong>le</strong> distanze<br />

reciproche fra <strong>le</strong> particel<strong>le</strong>, di conseguenza il numero del<strong>le</strong> collisioni era inversa<strong>mente</strong><br />

proporziona<strong>le</strong> alla distanza media che intercorreva tra esse. Le distanze medie erano<br />

calcolate utilizzando la cinetica e la statistica, in tal modo si poteva determinare, in<br />

riferimento al<strong>le</strong> condizioni microscopiche del sistema, l'incremento della pressione in<br />

relazione alla diminuzione del volume e all'aumento della temperatura e accertare la<br />

dipendenza del calore della materia dalla velocità dei singoli corpuscoli e dall'intensità<br />

degli urti. La figura che Daniel ci presenta è la seguente. Essa è di per sé<br />

esemplificativa del suo modello.<br />

Pagina 22


Scrive Bernoulli:<br />

IL SETTECENTO<br />

Figura di Daniel Bernoulli (Hydrodinamica, 1738)<br />

1. Le proprietà dei fluidi elastici dipendono in modo particolare dai<br />

seguenti fatti: 1) essi hanno peso; 2) essi si espandono in tutte <strong>le</strong> direzioni a<br />

meno che non vengano ostacolati; e 3) essi si lasciano comprimere sempre<br />

di più, al crescere della forza pre<strong>mente</strong>. Sono queste <strong>le</strong> proprietà dell'aria<br />

cui ora ora rivolgiamo in particolare la nostra attenzione.<br />

2. Immaginiamo pertanto un contenitore cilindrico ACDB situato in<br />

posizione vertica<strong>le</strong> [vedi figura], e, in esso, un pistone mobi<strong>le</strong> EF sul qua<strong>le</strong><br />

si trova un peso P. Supponiamo che lo spazio ECDF contenga del<strong>le</strong><br />

particel<strong>le</strong> molto picco<strong>le</strong> che siano in moto molto rapido; in quanto esse<br />

colpiscono il pistone EF e lo tengono innalzato con i loro urti, allora esse<br />

costituiscono un fluido elastico che si espande non appena il peso P viene<br />

rimosso o viene ridotto; ma se P viene fatto aumentare, allora il fluido<br />

diventa più denso e preme sul fondo orizzonta<strong>le</strong> eD come se non fosse<br />

dotato di proprietà elastica. Invero, sia che <strong>le</strong> particel<strong>le</strong> siano in quiete, sia<br />

che si trovino in movimento, il loro peso non muta, così che la base<br />

sopporta simultanea<strong>mente</strong> il peso e l'elasticità del fluido. Sostituiamo<br />

dunque l'aria con un fluido che sia conforme rispetto al<strong>le</strong> principali<br />

proprietà dei fluidi elastici, e passiamo a spiegare alcune sue proprietà che<br />

già sono state notate ed a gettar luce su altre che non sono ancora state<br />

prese in considerazione.<br />

Siamo, come si può notare, di fronte al<strong>le</strong> ipotesi fondamentali della teoria cinetica dei<br />

gas al<strong>le</strong> quali seguono altre ipotesi:<br />

3. Consideriamo che <strong>le</strong> particel<strong>le</strong> racchiuse <strong>nel</strong> nostro cilindro cavo siano<br />

infinite di numero. Quando esse riempiono lo spazio ECDF allora diciamo<br />

che esse costituiscono l'aria ordinaria, che sarà il nostro campione di<br />

Pagina 23


IL SETTECENTO<br />

riferimento. Il peso P che mantiene il pistone <strong>nel</strong>la posizione EF è egua<strong>le</strong> al<br />

peso dell'atmosfera sovrastante, che indichiamo con P [ ... ]<br />

Ed un peso che agisce su una superficie è una pressione. Troviamo quindi che una<br />

grandezza macroscopica come la pressione viene descritta da una enorme quantità di<br />

fatti microscopici come gli urti di mo<strong>le</strong>co<strong>le</strong> piccolissime.<br />

Proseguendo <strong>nel</strong>l'elaborazione del modello, Daniel passa al quantitativo con<br />

ragionamenti che, semplificando, sono i seguenti. Supponiamo che il recipiente sia di<br />

forma cubica, di lato d e quindi di volume V = d 3 .<br />

Dentro ta<strong>le</strong> cubo iniziamo con il sistemare un solo atomo di massa m. Anche qui<br />

semplifichiamo e supponiamo che la sua traiettoria sia paral<strong>le</strong>la a quattro facce del<br />

cubo e perpendicolare al<strong>le</strong> altre due, come mostrato in figura. Questo atomo, ad un<br />

dato istante, abbia velocità v. Esso urterà su una parete del recipiente e, appena dopo<br />

l'urto, la sua velocità sarà rimasta invariata in modulo v, ma avrà verso opposto - v.<br />

Vediamo <strong>le</strong> cose dal punto di vista della variazione della quantità di moto. Prima<br />

dell'urto l'atomo avrà quantità di moto q 1 = mv, dopo l'urto questa quantità di moto<br />

sarà q 2 = - mv. La variazione della quantità di moto Δq in questo urto sarà data da:<br />

Δq = q 1 - q 2 = mv - (- mv) = 2 mv<br />

L'atomo rimbalzerà alternativa<strong>mente</strong> sul<strong>le</strong> due facce opposte della scatola.<br />

Vediamo quanto tempo t intercorre tra due urti successivi dell'atomo contro la stessa<br />

faccia. Si ha:<br />

t = 2d/v.<br />

Ci chiediamo ora: quanti urti n farà su quella faccia il nostro atomo in un dato<br />

tempo, mettiamo Δt ? Questo numero n sarà dato dal tempo comp<strong>le</strong>ssivo Δt, diviso per<br />

il tempo t che intercorre tra due urti successivi:<br />

Pagina 24


IL SETTECENTO<br />

n = Δt/t => n = Δt/(2d/v) = (v/2d).Δt.<br />

Quindi, per ogni urto si ha una variazione di quantità di moto pari a 2d/v; <strong>nel</strong><br />

tempo Δt si ha il numero di urti ora visto; qua<strong>le</strong> sarà la variazione tota<strong>le</strong> di quantità di<br />

moto ΔQ <strong>nel</strong> tempo Δt? Si ha:<br />

Ma una variazione tota<strong>le</strong> di quantità di moto <strong>nel</strong> tempo non è altro che il secondo<br />

principio della dinamica, quello che ci definisce la forza:<br />

In definitiva, quell'atomo che rimbalza su quella superficie del cubo gli trasmette,<br />

<strong>nel</strong> tempo dato, una forza data dalla relazione precedente. Poiché poi questa forza la si<br />

esercita su una superficie (S = d 2 ), si avrà a che fare con una pressione che è proprio il<br />

rapporto tra forza e superficie (P = F/S):<br />

Occorre ora passare dall'un atomo solo all'enorme quantità di atomi che si hanno<br />

dentro il recipiente e lo facciamo con un ragionamento, dello stesso tipo di quello di<br />

Daniel Bernoulli che affrontava questo prob<strong>le</strong>ma con una grande preparazione in<br />

questioni di statistica e probabilità.<br />

Debbo ora fare un'osservazione. Ho iniziato con una ipotesi semplificativa: il fatto<br />

che la traiettoria di quell'atomo fosse paral<strong>le</strong>la a quattro facce e perpendicolare al<strong>le</strong><br />

altre due. Potrebbe sorgere il dubbio che, il comp<strong>le</strong>sso dei ragionamenti sia vincolato a<br />

questa ipotesi ed infici <strong>le</strong> conclusioni. Non è così. Se la traiettoria fosse diretta come vi<br />

pare, noi possiamo sempre scomporre il vettore velocità <strong>nel</strong><strong>le</strong> sue tre componenti<br />

spaziali paral<strong>le</strong><strong>le</strong> agli spigoli del cubo. Allora l'operazione che noi abbiamo fatto<br />

corrisponde ad aver studiato una sola del<strong>le</strong> tre componenti e, identici ragionamenti si<br />

possono fare per <strong>le</strong> altre due componenti, arrivando ad identiche conclusioni. Passo ora<br />

al numero degli atomi: essi avranno <strong>le</strong> traiettorie più varie ed urteranno in modo<br />

comp<strong>le</strong>ta<strong>mente</strong> imprevedibi<strong>le</strong> <strong>le</strong> facce del cubo oltre ad urtarsi tra loro. Ma, anche qui,<br />

possiamo pensare di scomporre i vettori velocità di ogni singolo atomo sempre<br />

paral<strong>le</strong>la<strong>mente</strong> agli spigoli del cubo. Cosa ci si aspetta? Che un terzo di queste<br />

componenti avrà una direzione spazia<strong>le</strong>, un terzo un'altra ed un terzo l'ultima!<br />

Insomma, non vi sono motivi per pensare che una direzione dello spazio sia<br />

privi<strong>le</strong>giata rispetto ad altre (in assenza di forze esterne). In tal modo, se il numero<br />

Pagina 25<br />

.


IL SETTECENTO<br />

degli atomi <strong>nel</strong> cubo è N, quelli che dovremo considerare sbattere su una faccia (o<br />

come tali o come componenti del<strong>le</strong> loro velocità, il che alla fine è lo stesso), quella che<br />

abbiamo preso in considerazione, sarà N/3, cioè un terzo di quelli che abbiamo a<br />

disposizione. Ciò vuol dire che l'ultima relazione scritta si comp<strong>le</strong>ta moltiplicandola<br />

per N/3:<br />

Si vede subito che al primo membro abbiamo il prodotto PV pressione per volume<br />

del gas. Al secondo membro abbiamo una quantità che, se fosse costante, ci darebbe la<br />

<strong>le</strong>gge che Boy<strong>le</strong> aveva trovato sperimental<strong>mente</strong>. Ora su Nm/3 non vi sono dubbi (Nm<br />

rappresenta la massa tota<strong>le</strong> del gas). Il prob<strong>le</strong>ma si pone per v 2 e la cosa era presente a<br />

Daniel quando scriveva:<br />

6. La pressione dell'aria aumenta non solo a causa della riduzione del<br />

volume, ma anche a causa di un aumento di temperatura. Poiché è ben noto<br />

che il calore cresce di intensità con il crescere del movimento interno del<strong>le</strong><br />

particel<strong>le</strong>, ne segue che ogni aumento <strong>nel</strong>la pressione dell'aria, a cui non<br />

corrisponda una variazione di volume, indica un più intenso moto del<strong>le</strong> sue<br />

particel<strong>le</strong>: e ciò è in accordo con la nostra ipotesi. Ed invero è chiaro che,<br />

qualora <strong>le</strong> particel<strong>le</strong> siano in moto più vio<strong>le</strong>nto, il peso P deve essere più<br />

grande al fine di mantenere l'aria <strong>nel</strong> volume ECDF.<br />

In ogni caso, all'epoca, fu supposta la costanza di v 2 ad una data temperatura.<br />

L'ipotesi era stata avanzata da Eu<strong>le</strong>r <strong>nel</strong> 1729 e non è scontata: occorreranno i lavori,<br />

piuttosto elaborati, di Jou<strong>le</strong> e Maxwell della metà dell'Ottocento, per poter affermare<br />

una cosa del genere. Lo stesso Bernoulli interpretava la sua analisi come la<br />

dimostrazione del fatto che incrementi di pressione prodotti da medesime variazioni di<br />

temperatura devono essere proporzionali al<strong>le</strong> densità. Propose quindi di considerare v 2<br />

come una scala di temperatura, per la misura della qua<strong>le</strong> progettò e costruì un<br />

termometro ad aria). Il tutto andò comunque <strong>nel</strong> senso di interpretare i conti di Daniel<br />

Bernoulli come un ritrovare, per via pura<strong>mente</strong> teorica, la <strong>le</strong>gge di Boy<strong>le</strong>.<br />

7 - LEONHARD EULER (1707 - 1783)<br />

Eu<strong>le</strong>r, senza esagerare uno dei massimi matematici di tutti i tempi, nacque a<br />

Basi<strong>le</strong>a <strong>nel</strong> 1707. Anche questo giovanetto aveva un padre, pastore calvinista, che lo<br />

vo<strong>le</strong>va <strong>nel</strong>la carriera ecc<strong>le</strong>siastica ma fortunata<strong>mente</strong> e rapida<strong>mente</strong> i tempi<br />

Pagina 26


IL SETTECENTO<br />

cambiavano. E la fortuna vestì anche i panni di un bravo maestro che lo ebbe sotto <strong>le</strong><br />

sue cure, Johann Bernoulli, il padre di Daniel del qua<strong>le</strong> ho già parlato. Gli stessi figli di<br />

Johann, sia Daniel che Nicolaus, frequentarono il giovane Eu<strong>le</strong>r che, attraverso tanta<br />

matematica che lo circondava, scoprì la sua vera vocazione, la matematica appunto.<br />

Ma, accanto ad essa, egli coltivò anche teologia, medicina, astronomia, <strong>fisica</strong>, lingue<br />

orientali. Studiò a Basi<strong>le</strong>a (teologia ed ebraico ed in seguito medicina) e divenne<br />

magister a 17 anni (1724) con una tesi che metteva in paral<strong>le</strong>lo la filosofia di Descartes<br />

e quella di Newton. A 19 anni pubblicò il suo primo lavoro negli Acta Eruditorum e<br />

partecipò ad un concorso dell'Académie des Sciences di Parigi relativo all'alberatura<br />

del<strong>le</strong> navi. Lo studio della medicina insieme a quello della matematica lo portarono a<br />

studiare l'orecchio e quindi a quello del suono e del<strong>le</strong> vibrazioni in genere. Poiché,<br />

come con Daniel, quando vol<strong>le</strong> provare a fare l'insegnante (o di matematica o di<br />

fisiologia) a Basi<strong>le</strong>a, tutti i posti erano occupati, ebbe una sorta di chiamata da Daniel a<br />

San Pietroburgo dove invece si era in situazione di grande espansione (la sovrana era<br />

l'illuminata Caterina I di Russia). Furono i giovani Bernoulli, Daniel e Nicolaus, che<br />

avvertirono Eu<strong>le</strong>r dell'apertura di una scuola di medicina presso la loca<strong>le</strong> Accademia.<br />

Eu<strong>le</strong>r raggiunse allora l'amico Daniel (l'anno prima, infatti, Nicolaus era morto<br />

annegato) ma, per disgrazia, Caterina moriva proprio allora e ci vol<strong>le</strong> un poco perché<br />

in Russia si tornassero a coltivare <strong>le</strong> <strong>scienze</strong>. Intanto Eu<strong>le</strong>r trovò impiego come<br />

luogotenente di marina fino al 1730 quando, con la salita al trono di Anna Ivanovna<br />

(nipote di Pietro il Grande), si ricominciò con <strong>le</strong> <strong>scienze</strong>. Eu<strong>le</strong>r divenne allora<br />

professore di <strong>fisica</strong> all'Accademia con molto tempo libero da poter dedicare ai suoi<br />

studi. In tali condizioni, appena sei anni dopo, vide la luce un'opera imponente di<br />

Eu<strong>le</strong>ro in due volumi, la Mechanica sive Motus Scientia analytice exposita, il primo<br />

grande trattato in cui l'analisi matematica veniva<br />

Pagina 27


IL SETTECENTO<br />

applicata allo studio del movimento (il comp<strong>le</strong>tamento di questa impresa fu, come<br />

vedremo, di Lagrange). Rivolgimenti politici in Russia crearono instabilità. Daniel<br />

Bernouilli tornò in Svizzera <strong>nel</strong> 1733 per assumere la cattedra di matematica a Basi<strong>le</strong>a<br />

ma Eu<strong>le</strong>r decise di restare. Lavorava instancabil<strong>mente</strong> in ogni questione che attraesse il<br />

suo interesse. Vinse per 12 volte il premio bienna<strong>le</strong> bandito dall'Académie des<br />

Sciences di Parigi (Daniel Bernoulli lo vinse 10 volte). Conosceva molto bene <strong>le</strong><br />

lingue e ciò gli fu di grande aiuto in un'epoca in cui gli scienziati erano costretti<br />

amuoversi da una parte all'altra dell'Europa per trovare impiego. Pubblicò a ritmo<br />

forsennato sui Commentarii dell'Accademia. Pubblicò oltre 500 tra articoli e libri ed i<br />

Commentarii ebbero materia<strong>le</strong> da pubblicare fino a 50 anni dopo la morte di Eu<strong>le</strong>r.<br />

Aveva una facilità di inventare e scrivere matematica che riusciva a produrre articoli<br />

anche quando giocava con i suoi 13 figli (in tota<strong>le</strong> si contano come suoi lavori,<br />

compresi i postumi, 886 titoli). Continuò anche quando perse la vista dell'occhio destro<br />

a seguito di una cataratta (1735). Ma pian piano anche l'altro occhio subì la stessa<br />

sorte. A nulla valse un'operazione che risolse per poco tempo ma poi procurò<br />

un'infezione che rese Eu<strong>le</strong>r comp<strong>le</strong>ta<strong>mente</strong> cieco (1776) all'età di 69 anni. Nel 1741<br />

Eu<strong>le</strong>r aveva lasciato<br />

Pagina 28


IL SETTECENTO<br />

San Pietroburgo accettando l'invito di Federico il Grande di Prussia come membro<br />

dell'Accademia di Berlino. Restò 25 anni a Berlino ma non smise mai di collaborare<br />

con l'Accademia di San Pietroburgo che continuava a passargli l'assegno. In realtà<br />

Eu<strong>le</strong>r non era soddisfatto della sua permanenza a Berlino perché Federico preferiva i<br />

filosofi ai matematici ed in particolare gli preferiva Voltaire che risultava più<br />

divertente. Cercò comunque di assecondare <strong>le</strong> sue richieste occupandosi di matematica<br />

finanziaria (annualità, ammortamenti, pensioni, assicurazioni e ... vedove di guerra), di<br />

meccanica pratica, di navigazione di canali. Inoltre lavorò molto <strong>nel</strong>la divulgazione<br />

prendendo occasione da un interesse per <strong>le</strong> nuove meraviglie della <strong>fisica</strong> che <strong>nel</strong> 1760<br />

espresse la principessa Filippina di Anhalt-Dessau, nipote di Federico. Le <strong>le</strong>zioni di<br />

Eu<strong>le</strong>r furono raccolte in un famoso libro divulgativo: Lettres a une princesse<br />

d'Al<strong>le</strong>magne. Alla fine però, <strong>nel</strong> 1766, il ciclope matematico (così lo chiamava<br />

Federico), lasciò Berlino per tornarsene in Russia da Caterina II dove, come accennato,<br />

divenne cieco. La disgrazia lo accompagnò per gli ultimi 17 anni di vita ma egli non<br />

cessò di produrre lavori che dettava ai figli e che si era esercitato a scrivere su una<br />

grande lavagna. Morì improvvisa<strong>mente</strong> <strong>nel</strong> 1783, mentre prendeva un tè con un nipote,<br />

all'età di 76 anni.<br />

A questo punto occorre rendere conto, natural<strong>mente</strong> molto in breve, dei contributi<br />

di questo gigante della matematica, soprattutto, come <strong>nel</strong>lo scopo di questo lavoro,<br />

Pagina 29


IL SETTECENTO<br />

relativa<strong>mente</strong> a ciò che più si approssima al<strong>le</strong> <strong>scienze</strong> <strong>fisiche</strong> a cominciare dal suo<br />

lavoro del 1736, Mechanica sive Motus Scientia analytice exposita.<br />

Egli diede importanti contributi alla geometria e<strong>le</strong>mentare, studiò <strong>le</strong> funzioni<br />

trigonometriche, scoprì i logaritmi immaginari dei numeri negativi, mostrò che un<br />

numero comp<strong>le</strong>sso ha un numero infinito di logaritmi. Dimostrò l'identità<br />

<strong>nel</strong>la qua<strong>le</strong> se si pone θ = π si trova:<br />

e iϕ = cosϕ + i senϕ<br />

e iπ + 1 = 0<br />

che è una del<strong>le</strong> formu<strong>le</strong> più sorprendenti ed importanti che si conoscano. In essa, in una<br />

sintesi straordinaria, compaiono tre costanti matematiche fondamentali, che derivano<br />

da storie e contesti diversi, <strong>le</strong>gate insieme in una relazione breve, e<strong>le</strong>gante e di<br />

profondo contenuto (osservo che ta<strong>le</strong> formula è anche una dimostrazione della<br />

trascendenza di π e quindi dell'irresolubilità del prob<strong>le</strong>ma della quadratura del cerchio<br />

- Lindemann, 1882).<br />

Ma di Eu<strong>le</strong>r è anche la moderna nomenclatura della matematica, suo è il numero e base<br />

dei logaritmi neperiani, sua è l'unità immaginaria i (rilanciata dall'uso che ne fece<br />

Gauss), suo è il simbolo Σ che denota la sommatoria, sua è stato l'impulso all'uso di π,<br />

suo è il simbolo del fattoria<strong>le</strong> n!, sua è l'introduzione della costante eu<strong>le</strong>riana γ, fu egli<br />

che per primo introdusse il concetto di derivata prima di una funzione come limite del<br />

rapporto tra due quantità variabili e suo è il denotare una funzione di x con f(x), ancora<br />

suo è il simbolismo del<strong>le</strong> derivate parziali ed il teorema della permutabilità dell'ordine<br />

del<strong>le</strong> derivazioni parziali (1734). Nell'analisi offrì una sistemazione dell'idea di<br />

funzione: un'espressione analitica che contiene la variabi<strong>le</strong> ed una o più costanti,<br />

Pagina 30


IL SETTECENTO<br />

combinando operazioni algebriche, logaritmi, esponenziali, funzioni goniometriche.<br />

Distinse poi i vari tipi di funzioni in algebriche e trascendenti. Chiarì il concetto di<br />

funzioni esplicite ed implicite, di funzioni univoche e plurivoche. Fece i primi passi<br />

<strong>nel</strong>lo studio del<strong>le</strong> funzioni analitiche (poi riprese da Lagrange). Introdusse poi <strong>le</strong><br />

funzioni a variabi<strong>le</strong> comp<strong>le</strong>ssa (1748) <strong>nel</strong>la ricerca di punti comuni tra due curve<br />

algebriche. Anche in geometria egli introdusse del<strong>le</strong> rego<strong>le</strong> ancora oggi seguite:<br />

l'indicare i lati di un triangolo con <strong>le</strong> <strong>le</strong>ttere minusco<strong>le</strong> a, b, c ed i vertici opposti con <strong>le</strong><br />

<strong>le</strong>ttere maiusco<strong>le</strong> A, B, C; l'indicare con r, R ed s rispettiva<strong>mente</strong> i raggi dei cerchi<br />

inscritti e circoscritti ed il semiperimetro del triangolo stesso. Sua è la semplice<br />

formula seguente relativa ad un triangolo: 4rRs = abc e sua è anche la scoperta che in<br />

un triangolo qualsiasi ortocentro, baricentro e circocentro, giacciono su di una<br />

medesima retta (retta di Eu<strong>le</strong>r) e che la distanza tra il primo ed il secondo è doppia di<br />

quella fra il secondo ed il terzo. Dette un notevo<strong>le</strong> contributo al teorema fondamenta<strong>le</strong><br />

dell'algebra (un'equazione di grado ennesimo ha n soluzioni, reali o comp<strong>le</strong>sse) al<br />

qua<strong>le</strong> aveva lavorato D'A<strong>le</strong>mbert e che sarà enunciato definitiva<strong>mente</strong> da Gauss (1799)<br />

. Lavorò in geometria analitica (trasformazione di coordinate, coordinate polari ed<br />

intrinseche, studio di funzioni fino al quarto grado, funzioni trascendenti ... alla luce<br />

del calcolo differenzia<strong>le</strong>) e sui triangoli sferici (rettangoli o no). Integrò molte<br />

equazioni differenziali, di tipi ed ordine diversi. Suoi sono gli integrali eu<strong>le</strong>riani (1731)<br />

, oggi noti come funzioni B e Γ). Espresse il volume del tetraedro in funzione dei suoi<br />

spigoli e dimostrò la relazione che in un poliedro <strong>le</strong>ga il numero F del<strong>le</strong> facce a quello<br />

V dei vertici e S degli spigoli (F + V = S + 2). Altri importanti contributi si ebbero<br />

<strong>nel</strong>lo studio del<strong>le</strong> serie (che egli usava troppo disinvolta<strong>mente</strong>, però), <strong>nel</strong>la teoria dei<br />

numeri, nei logaritmi dei numeri negativi, ... Notevo<strong>le</strong> è lo studio della convergenza<br />

della serie infinita dei reciproci dei quadrati dei numeri interi, un prob<strong>le</strong>ma che molti<br />

matematici avevano tentato invano di risolvere. Egli trovò:<br />

Non poteva mancare ad uno spirito così profonda<strong>mente</strong> indagatore un profondo<br />

interesse per i numeri primi. Sua è una formula empirica che molto spesso ci fornisce<br />

numeri primi:<br />

a 2 + a + 41,<br />

con a numero natura<strong>le</strong>. Se sostituiamo a con un numero natura<strong>le</strong>, otterremo spesso<br />

numeri primi (dal numero 41 2 in poi iniziano ad aversi numeri composti.). Ed altro suo<br />

grande successo in ta<strong>le</strong> campo fu la dimostrazione di una formula che Fermat aveva<br />

dato senza dimostrazione (una sorta di ma<strong>le</strong>dizione quella di Fermat). I numeri primi<br />

possono essere di due tipi: quelli equiva<strong>le</strong>nti a 4n + 1 e quelli equiva<strong>le</strong>nti a 4n - 1,<br />

dove n un numero intero qualsiasi. Il teorema di Fermat affermava che tutti i numeri<br />

del primo tipo sono sempre la somma di due quadrati (ad esempio, 29 = 2 2 + 5 2 ),<br />

Pagina 31


IL SETTECENTO<br />

mentre quelli del secondo tipo non possono essere espressi in questo modo (23 = x 2 +<br />

y 2 , non ha soluzioni). Eu<strong>le</strong>r, in sette anni di lavoro, riuscì a trovare la dimostrazione di<br />

questo teorema.<br />

I primi prob<strong>le</strong>mi topologici, che aprirono la strada all'universo della topologia,<br />

furono posti da Eu<strong>le</strong>r ed il primo e più famoso sembra essere quello dei ponti di<br />

Königsberg. Nella figura seguente: l'area grigia rappresenta il fiume Pregel che<br />

attraversa Königsberg, C rappresenta l'iso<strong>le</strong>tta di Kneiphof, D un'altra isola mentre A e<br />

B sono <strong>le</strong> rive del fiume. Il tutto è col<strong>le</strong>gato mediante 7 ponti.<br />

La domanda è la seguente: è possibi<strong>le</strong> attraversare tutti i 7 ponti in un modo<br />

qualsiasi, ritornando al punto di partenza senza passare più di una volta suil medesimo<br />

ponte ? A ta<strong>le</strong> quesito si erano avute risposte empiriche che sembravano dare risposta<br />

negativa. Occorreva però una risposta di carattere genera<strong>le</strong> che avesse validità assoluta<br />

e ta<strong>le</strong> risposta la fornì Eu<strong>le</strong>r <strong>nel</strong> 1735. Egli stabilì che la posizione esatta dei ponti e<br />

del<strong>le</strong> iso<strong>le</strong> è irri<strong>le</strong>vante, quindi semplificò il prob<strong>le</strong>ma <strong>nel</strong> modo seguente:<br />

- la terra è schematizzata con punti che sono dei nodi<br />

- i ponti sono schematizzati con segmenti o archi<br />

- si tratta allora di riuscire a percorrere la figura precedente (oggi nota come grafo)con<br />

un tratto continuo di penna senza passare mai su una linea già percorsa.<br />

Pagina 32


IL SETTECENTO<br />

La soluzione genera<strong>le</strong> che egli dette al prob<strong>le</strong>ma di percorribilità di una dato<br />

tragitto è che il relativo grafo composto soltanto da nodi pari, col<strong>le</strong>gato cioè a un<br />

numero pari di archi, è sempre percorribi<strong>le</strong> e si può ritornare al punto di partenza senza<br />

sovrapposizioni di percorso. Se un grafo contiene nodi pari e soltanto due nodi dispari<br />

è ancora percorribi<strong>le</strong>, ma non si può più ritornare al punto di partenza. Se contiene<br />

invece più di due nodi dispari, non è più percorribi<strong>le</strong>, senza sovrapposizioni di<br />

percorso. La passeggiata sui ponti di Königsberg è di quest'ultimo tipo, e porta a un<br />

grafo composto da quattro nodi dispari, quindi non ha soluzione. Quello che sembrava<br />

un piccolo rompicapo senza importanza, <strong>nel</strong><strong>le</strong> mani di Eu<strong>le</strong>ro diventò un grande<br />

prob<strong>le</strong>ma matematico, punto di partenza della teoria dei grafi e di una nuova scienza:<br />

la topologia, che investe oggi notevo<strong>le</strong> importanza <strong>nel</strong>lo studio del<strong>le</strong> reti come internet.<br />

Lo studio dei grafi portò a risultati sorprendenti. Uno di questi è la cosiddetta<br />

formula di Eu<strong>le</strong>ro, scoperta dal matematico <strong>nel</strong> 1751. Se in un grafo piano contiamo il<br />

numero di vertici e lo chiamiamo V, il numero di lati e lo chiamiamo E, e il numero di<br />

facce e <strong>le</strong> chiamiamo F, è sempre vera la seguente relazione V - E + F = 1.<br />

Altre ricerche, più vicine alla <strong>fisica</strong> matematica, riguardarono lo studio del<br />

complicato prob<strong>le</strong>ma dei tre corpi che risultò di grandissimo aiuto al calcolo esatto<br />

del<strong>le</strong> tavo<strong>le</strong> lunari che erano di notevolissima importanza all'astronomia nautica (date<br />

<strong>le</strong> posizioni ed i moti di So<strong>le</strong>, Terra e Luna, corpi attraentisi mutua<strong>mente</strong>, determinare<br />

<strong>le</strong> loro posizioni ed i loro movimenti ad un dato istante assegnato). Il metodo, e non<br />

poteva essere altrimenti, era approssimato ma permetteva di fornire risultati utili <strong>nel</strong>la<br />

pratica se solo ci si sottometteva a lunghi calcoli.<br />

Eu<strong>le</strong>r partecipò anche ad una querel<strong>le</strong>, tra <strong>le</strong> tante, che si pose all'epoca, quella del<br />

principio di minima azione (in ogni mutamento che si produce in natura, risulta<br />

minima l'azione spesa <strong>nel</strong> mutamento, dove con azione, almeno in un primo tempo, si<br />

intendeva il prodotto dello spazio percorso per la velocità di un mobi<strong>le</strong>). Ta<strong>le</strong> principio<br />

era stato enunciato dal francese Pierre Louis Moreau de Maupertuis (1698 - 1759),<br />

molto amico di Eu<strong>le</strong>r. Nel 1751 Maupertuis si scagliò contro l'olandese Samuel Koenig<br />

(1712 - 1757) perché aveva assegnato la paternità di ta<strong>le</strong> principio a Leibniz e perché<br />

aveva osato metterlo in dubbio (<strong>nel</strong> suo enunciato, affermava, la parola minimo deve<br />

talvolta essere sostituita con massimo e con ciò crollano <strong>le</strong> conseguenze teistiche che<br />

lo stesso Maupertuis ne aveva tratto: un principio pieno di saggezza, degno dell'essere<br />

supremo). Oggi sappiamo che aveva ragione Koenig ed infatti i principi del tipo<br />

minima azione oggi sono chiamati variazionali proprio perché sottendono la<br />

possibilità di minimo o di massimo). Maupertuis chiese addirittura l'intervento di re<br />

Federico contro Koenig e chiamò a raccolta tutti gli accademici amici perché lo<br />

condannassero e lo radiassero dal numero degli accademici. A ta<strong>le</strong> appello aderì<br />

immediata<strong>mente</strong> Eu<strong>le</strong>r che scrisse a nome di vari accademici una dura <strong>le</strong>ttera a<br />

Koenig. Quest'ultimo rispose con un appello rivolto al<strong>le</strong> persone colte: Appel au<br />

public. Ta<strong>le</strong> appello fu bene accolto, in particolare da Voltaire che ridicolizzò sia<br />

Maupertuis che Eu<strong>le</strong>r in un suo pamph<strong>le</strong>t, Diatribe du docteur Akakia, médicin du<br />

Pape. Voltaire specificò poi che aveva scritto quel<strong>le</strong> cose, tra l'altro, per rivendicare la<br />

Pagina 33


IL SETTECENTO<br />

libertà degli uomini di cultura in una corte, quella tedesca, in cui nessuno aveva osato<br />

parlare in difesa di Koenig.<br />

Ho poco fa fatto una rapida rassegna degli infiniti contributi di Eu<strong>le</strong>r alla<br />

matematica. E' appena il caso dire che i lavori di Eu<strong>le</strong>r decretarono il trionfo del<br />

calcolo di Leibniz rispetto al metodo del<strong>le</strong> flussioni di Newton. Sul fronte fisico,<br />

invece, Eu<strong>le</strong>r si schiera con Newton. In particolare aderisce al<strong>le</strong> idee di spazio e tempo<br />

dei Principia di Newton. Le sue idee in proposito <strong>le</strong> troviamo <strong>nel</strong>la citata Mechanica<br />

sive Motus Scientia analytice exposita del 1736, <strong>nel</strong><strong>le</strong> Réf<strong>le</strong>xions sur l'espace et <strong>le</strong><br />

temps del 1748 e <strong>nel</strong>la Theoria motus corporum solidorum seu rigidorum ex primis<br />

nostrae cognitionis principiis stabilita et ad omnes motus qui in huiusmodi corpora<br />

cadere possunt accomodata del 1765. Vi è però una profonda e fondamenta<strong>le</strong> novità<br />

che distingue questa sua adesione da quel<strong>le</strong> di Cotes, Clarke e Newton medesimo. Non<br />

vi sono in Eu<strong>le</strong>r adesioni con qualche implicazione teologica, egli rimane sempre in un<br />

ambito sola<strong>mente</strong> scientifico e, più in genera<strong>le</strong>, la sua posizione riguarda anche la<br />

filosofia che, a suo giudizio, non può entrare ad indirizzare la scienza, soprattutto se<br />

non la conosce. Il filosofo deve quindi comprendere il significato della scienza,<br />

analizzarne i fondamenti e solo dopo questo processo può cercare di dire quali sono <strong>le</strong><br />

cose che suggerisce al pensiero. In queste considerazioni c'è la sua adesione allo spazio<br />

e tempo assoluti. Questi concetti funzionano in un edificio molto solido che è la<br />

meccanica e, di conseguenza, non possono essere solo del<strong>le</strong> astrazioni del pensiero:<br />

E' invero evidente<strong>mente</strong> assurdo affermare che del<strong>le</strong> pure invenzioni<br />

possano servire di fondamento ai principî reali della meccanica. [...]<br />

E' impossibi<strong>le</strong> affermare che il primo principio della meccanica sia fondato<br />

su qualcosa che esiste solo <strong>nel</strong>la nostra immaginazione. Perciò dobbiamo<br />

necessaria<strong>mente</strong> concludere che l'idea matematica del luogo non è<br />

immaginaria, e che, al contrario, esiste <strong>nel</strong>l'universo qualcosa di rea<strong>le</strong> che<br />

corrisponde a ta<strong>le</strong> idea. Nel mondo, dunque, oltre ai corpi che lo<br />

costituiscono sussiste una qualche realtà che noi ci rappresentiamo con<br />

l'idea di luogo [Réf<strong>le</strong>xions sur l'espace et <strong>le</strong> temps].<br />

Il luogo è qualcosa che non dipende dai corpi, pur non essendo un semplice<br />

concetto dell'intel<strong>le</strong>tto. Non voglio però tentare di determinare qua<strong>le</strong> realtà<br />

esso possegga all'infuori dell'intel<strong>le</strong>tto, per quanto si debba pure<br />

riconoscere ad esso una qualche specie di realtà. Quando per contro i<br />

filosofi dividono in determinate classi tutto ciò che è rea<strong>le</strong>, e dimostrano<br />

che il luogo non appartiene ad alcuna di esse, io sono indotto a credere che<br />

tali classi siano state stabilite in modo ingiustificato, per mancanza di<br />

un'analisi approfondita [Theoria motus corporum ...].<br />

Cassirer commenta questa posizione in modo definitivo: è l'emancipazione della<br />

matematica che da ora vivrà di vita propria e non si lascerà più guidare da indirizzi od<br />

interessi estranei. Comincia a delinearsi un'idea di spazio libero da <strong>le</strong>gami metafisici e<br />

Pagina 34


IL SETTECENTO<br />

vicino alla concezione di Kant. Attenzione che il passaggio è, in tutte <strong>le</strong> sue<br />

articolazioni, di estrema importanza. Tralascio <strong>le</strong> conseguenze di quello sciocchino,<br />

non a caso filosofo, di Comte per soffermarmi sulla novità che deve essere presente a<br />

tutti coloro che hanno seguito fin qui quanto vado scrivendo di storia del pensiero<br />

scientifico. Sparisce Dio all'interno del mondo, Lo scienziato può essere o meno<br />

credente ma non è più bigotto. Sa distinguere tra la sua posizione di fede dalla scienza<br />

che della fede non solo non ha bisogno ma deve sbarazzarsi per poter tranquilla<strong>mente</strong><br />

elaborare. Il pregiudizio è cosa uti<strong>le</strong> perché indirizza la ricerca ma quello metafisico è<br />

la morte della libera ricerca scientifica.<br />

Ma torniamo ai contributi di Eu<strong>le</strong>r alla meccanica, alla trasformazione della<br />

trattazione geometrica newtoniana a quella fondata sul calcolo differenzia<strong>le</strong>. Le cose<br />

più notevoli, come accennato, si ritrovano <strong>nel</strong>la Mechanica ... del 1736 che è una sorta<br />

di programma eu<strong>le</strong>riano. Fu Eu<strong>le</strong>r che riuscì a formulare diversa<strong>mente</strong> alcuni prob<strong>le</strong>mi<br />

che avevano affrontato Huygens e Jacob Bernouilli, lavorando in modo da farli<br />

diventare un corollario del<strong>le</strong> tre <strong>le</strong>ggi fondamentali della dinamica. Con D'Agostino, si<br />

deve riconoscere che ci troviamo di fronte non ad una bana<strong>le</strong> prosecuzione dell'opera<br />

di Newton ma alla fondazione di un approccio alternativo alla meccanica.<br />

Il programma di Eu<strong>le</strong>r è ben delineato proprio in questa sua Mechanica, sive<br />

motus scientia analytice exposita che, mediante assiomi, definizioni e deduzioni<br />

logiche fa della meccanica una meccanica raziona<strong>le</strong> o meglio una meccanica analitica.<br />

L'inizio pare innocuo ed è centrato sulla non chiara definizione che Newton fornisce di<br />

corpo. Eu<strong>le</strong>r osservò che gli enunciati di Newton sono corretti in senso lato solo<br />

quando si applicano a masse concentrate in un punto ed allo scopo introdusse il<br />

concetto di massa puntua<strong>le</strong>. Passò poi a studiare l'acce<strong>le</strong>razione come una grandezza<br />

cinematica definita <strong>nel</strong> movimento lungo una curva qualsiasi. Introdusse poi il<br />

concetto di vettore <strong>nel</strong>lo studio di forze, velocità, acce<strong>le</strong>razioni, ed altre innumerevoli<br />

grandezze. Studiò sistematica<strong>mente</strong> il moto in tre dimensioni con riferimento esplicito<br />

a masse puntuali. Scompose <strong>le</strong> acce<strong>le</strong>razioni (ed anche <strong>le</strong> forze) secondo componenti<br />

predeterminate in moti con traiettorie curvilinee. Vi è quindi l'estensione di questi<br />

primi parziali risultati di meccanica raziona<strong>le</strong> alla meccanica dei mezzi continui<br />

applicabi<strong>le</strong> ai più vari tipi di sistemi: corpi infinita<strong>mente</strong> piccoli; corpi rigidi finiti;<br />

corpi f<strong>le</strong>ssibili; corpi che si estendono e si contraggono; corpi interagenti; fluidi. In ta<strong>le</strong><br />

lavoro diventava indispensabi<strong>le</strong> dare una definizione più precisa della massa che, come<br />

abbiamo visto in Newton, è all'inizio dello sviluppo della dinamica. Eu<strong>le</strong>r passa dal<br />

concetto newtoniano di vis inertiae ad una mera costante di proporzionalità tra forza ed<br />

acce<strong>le</strong>razione, un coefficiente numerico caratteristico degli oggetti che si studiano in<br />

<strong>fisica</strong>. E' un salto logico importantissimo che ci avvicina alla modernità e che è in<br />

accordo con il riconoscimento di Eu<strong>le</strong>r della forza a fondamento della dinamica.<br />

Eu<strong>le</strong>r enuncia il principio d'inerzia come conseguenza del principio di ragion<br />

sufficiente:<br />

Non vi è alcuna ragione per cui un corpo debba muoversi in questa<br />

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direzione piuttosto che in quella<br />

segue poi affermando che:<br />

IL SETTECENTO<br />

La forza d'inerzia di un corpo qualsiasi è proporziona<strong>le</strong> alla quantità di<br />

materia che esso contiene<br />

E qui si fa strada un nuovo concetto e cioè l'ammissione che la vis inertiae è<br />

determinata dalla forza o potenza necessaria a rimuovere il corpo dal suo stato di<br />

quiete o di moto. Ciò vuol dire che corpi diversi necessitano di forze diverse in<br />

proporzione alla quantità di materia o massa che posseggono. Da ciò segue che <strong>le</strong><br />

masse sono determinate dal<strong>le</strong> forze motrici ed Eu<strong>le</strong>ro dice in modo esplicito che la<br />

massa di un corpo è la forza necessaria ad impartirgli la sua acce<strong>le</strong>razione che è la<br />

formulazione moderna della Seconda <strong>le</strong>gge di Newton.<br />

I lavori di Eu<strong>le</strong>r proseguirono con lo studio del corpo rigido e con una visione più<br />

estensiva del principio d'inerzia: l'inerzia non è determinata dalla massa ma dal tensore<br />

d'inerzia a sei componenti riferite ai tre assi principali d'inerzia del corpo (Ciascun<br />

corpo rigido ha tre assi ortogonali intorno a ciascuno dei quali può oscillare<br />

libera<strong>mente</strong> con moti infinitesimi). E ciò era il preludio al considerare la proprietà dei<br />

corpi come stretta<strong>mente</strong> dipendenti da quel<strong>le</strong> dello spazio (e qui siamo fuori dalla<br />

<strong>fisica</strong> di Newton per avvicinarci al<strong>le</strong> posizioni di Leibniz). E da questo germe partì<br />

Einstein per sviluppare la sua relatività genera<strong>le</strong>.<br />

Egli tenta di riscrivere la meccanica fornendo, come detto, nuove definizioni del<strong>le</strong><br />

grandezze in gioco. Egli parte da una cosa oggi evidente, dalla semplice equazione<br />

differenzia<strong>le</strong> che <strong>le</strong>ga la velocità all'acce<strong>le</strong>razione: du = a.dt (u = velocità ed a =<br />

acce<strong>le</strong>razione) che è parte fondamenta<strong>le</strong> del secondo principio. Il suo studio inizia dai<br />

sistemi discreti di punti per poi arrivare alla meccanica dei corpi rigidi e dei fluidi.<br />

Egli, come vedremo più oltre, mostra che la conservazione della quantità di moto può<br />

essere applicata a tutti i sistemi meccanici, indipendente<strong>mente</strong> dalla loro specificità,<br />

indipendente<strong>mente</strong> cioè se sono discreti o continui. In un lavoro pubblicato <strong>nel</strong> 1752<br />

egli ci presenta <strong>le</strong> equazioni:<br />

F x = Ma x ; F y = Ma y ; F z = Ma z<br />

come assiomi che comprendono in sé tutte <strong>le</strong> <strong>le</strong>ggi della meccanica e che<br />

corrispondono alla scomposizione del secondo principio secondo i tre assi di<br />

riferimento, con la particolarità che la massa M è ora una mera costante di<br />

proporzionalità e può risultare sia finita che infinitesima. Le equazioni presentate<br />

saranno chiamate più oltre da Eu<strong>le</strong>r i primi principi della meccanica. Esse, note come<br />

equazioni di Newton, sono per la prima volta proposte come equazioni generali ed<br />

esplicite per prob<strong>le</strong>mi meccanici di ogni tipo. Prendendo <strong>le</strong> mosse da tali equazioni,<br />

mediante sostituzione all'acce<strong>le</strong>razione dell'e<strong>le</strong>mento di massa con il vettore velocità<br />

angolare introdotto dal medesimo Eu<strong>le</strong>r, egli risolse il prob<strong>le</strong>ma del moto di un corpo<br />

Pagina 36


IL SETTECENTO<br />

rigido fornendone <strong>le</strong> equazioni differenziali generali anche <strong>nel</strong> caso di rotazione del<br />

corpo intorno al centro di massa (equazioni di Eu<strong>le</strong>r per un corpo rigido al qua<strong>le</strong> sia<br />

applicata una coppia di forze rispetto al centro di massa). In queste elaborazioni<br />

discendono come conseguenza <strong>le</strong> sei componenti del tensore d'inerzia che vanno ad<br />

ampliare il concetto di momento d'inerzia introdotto dallo stesso Eu<strong>le</strong>r. Si fa più chiaro<br />

il concetto d'inerzia e la sua distinzione da quello di massa. L'inerzia, come espressione<br />

della tendenza di un corpo di restare in moto è riferibi<strong>le</strong> a moti di traslazione ed<br />

applicabi<strong>le</strong> solo ad una classe molto ristretta di movimenti rotatori (si deve tener conto<br />

degli assi di rotazione di ogni corpo che vanno da un minimo di tre ad un numero che<br />

può diventare molto grande). Quindi, come ricavò successiva<strong>mente</strong> Eu<strong>le</strong>r (tra il 1758<br />

ed il 1765) e come vedremo più oltre, la resistenza al cambiamento dello stato di moto<br />

non è determinato dalla massa ma dal tensore d'inerzia. Così come era abbastanza<br />

chiara, già da Newton, la differenza tra massa e peso, ora si chiarisce e perfeziona ta<strong>le</strong><br />

differenza anche con la distinzione tra massa ed inerzia. Con ciò si capisce l'ambito di<br />

applicabilità della seconda <strong>le</strong>gge di Newton: solo per corpi infinita<strong>mente</strong> piccoli o per<br />

centri di massa di corpi finiti.<br />

Debbo, a questo punto, osservare che Eu<strong>le</strong>r sbagliava <strong>nel</strong> considerare <strong>le</strong> sue<br />

equazioni in grado di risolvere ogni prob<strong>le</strong>ma meccanico infatti ai suoi primi principi<br />

occorreva aggiungere i secondi, come vedremo.<br />

In un lavoro del 1744, Methodus inveniendi lineas curves maximi minime<br />

proprietate gandentes, Eu<strong>le</strong>r si occupò di calcolo variaziona<strong>le</strong> (in qualche modo<br />

riprendendo quanto era stato discusso a proposito del principio di minima azione di<br />

Maupertuis) ponendo il prob<strong>le</strong>ma in termini di un sistema di equazioni differenziali.<br />

Fino ad allora il metodo di Eu<strong>le</strong>ro, in accordo con Johann Bernoulli, non era un metodo<br />

analitico generalizzabi<strong>le</strong>, ma un ordinario prob<strong>le</strong>ma geometrico di ricerca di punto<br />

estremo che vedeva <strong>le</strong> curve sostituite da segmenti costituenti una poligona<strong>le</strong>. In<br />

questo lavoro Eu<strong>le</strong>r afferma che <strong>nel</strong><strong>le</strong> traiettorie descritte dai corpi sotto l'azione di<br />

forze centrali, l'integra<strong>le</strong> della velocità moltiplicato per l'e<strong>le</strong>mento di curva è sempre un<br />

massimo o un minimo che è un modo più corretto, rispetto a quello di Maupertuis, di<br />

enunciare il principio di minima azione che, in formula, si enuncia affermando che l' ∫<br />

mv.ds è un estremo (e <strong>nel</strong>la formula, m è la massa, v la velocità e ds l'e<strong>le</strong>mento<br />

infinitesimo di traiettoria). Questa formulazione sarà riconosciuta da Lagrange (1788)<br />

come la corretta formulazione del principio di minima azione.<br />

Nel 1760 Eu<strong>le</strong>r pubblica la Theoria motus corporum solidorum seu rigidorum ...<br />

In ta<strong>le</strong> lavoro, in cui si estende la meccanica del punto al corpo rigido, mantiene molte<br />

del<strong>le</strong> cose che aveva elaborato <strong>nel</strong> 1736 ed aggiunge che un corpo rigido è quello in cui<br />

restano immutate <strong>le</strong> distanze tra ogni copia di punti che si scelgano <strong>nel</strong> corpo.<br />

Definisce poi un centro di massa o centro d'inerzia per ogni corpo ed afferma che<br />

centro di gravità di un corpo rigido implica un concetto più stringente che quello di<br />

centro di massa o centro d'inerzia. Gli ultimi due concetti sono meglio definiti<br />

dall'inerzia quando si può trascurare il sistema di forze che agisce sul corpo rigido. Egli<br />

introduce quindi il concetto di momento d'inerzia di un corpo rigido che semplifica il<br />

Pagina 37


IL SETTECENTO<br />

linguaggio e la soluzione dei prob<strong>le</strong>mi. Passa quindi a calcolarsi i momenti d'inerzia di<br />

alcuni corpi omogenei. Inoltre egli usa un sistema di riferimento solida<strong>le</strong> con il corpo<br />

rigido e scopre gli assi principali d'inerzia. Il passo successivo fu quello di studiare la<br />

dinamica del corpo rigido mediante la scomposizione del moto in due componenti: la<br />

traslazione del centro di massa e la rotazione intorno a ta<strong>le</strong> centro. In questo ambito<br />

introdusse angoli che si chiamano di Eu<strong>le</strong>r e studiò prob<strong>le</strong>mi rotazionali in<br />

connessione con al precessione degli equinozi.<br />

Nel 1755 Eu<strong>le</strong>r scrisse un altro lavoro: Principes généraux de l’état d’équilibre<br />

des fluides <strong>nel</strong> qua<strong>le</strong> si studia l'equilibrio dei fluidi estendendo ad essi la meccanica<br />

newtoniana con la distinzione tra aspetti cinematici e dinamici del loro moto. Egli<br />

considera due tipi di fluidi, uno compressibi<strong>le</strong> ed uno incompressibi<strong>le</strong>, ambedue<br />

sottoposti ad un sistema di forze. Si considera poi la massa del fluido contenuta in un<br />

paral<strong>le</strong><strong>le</strong>pipedo infinitesimo di dimensioni dx, dy e dz. Se <strong>le</strong> componenti del<strong>le</strong> forze<br />

che agiscono sul corpo sono P, Q, R e la densità del corpo è q, l'e<strong>le</strong>mento di volume del<br />

fluido dxdydz ha come componenti della forza: Pqdxdydz, Qqdxdydz, Rqdxdydz e<br />

l'equazione di equilibrio che ricava Eu<strong>le</strong>r ha la forma:<br />

dp/p = Pdx + Qdy + Rdz<br />

con alcune semplici condizioni sulla forma differenzia<strong>le</strong> a secondo membro (<strong>le</strong> forze<br />

P, Q, R devono essere tali che la forma differenzia<strong>le</strong> sia integrabi<strong>le</strong> quando la densità q<br />

è costante o unica<strong>mente</strong> dipendente dall'elasticità p, oppure divenga integrabi<strong>le</strong><br />

mediante moltiplicazione per alcune determinate funzioni).<br />

Ancora in questo lavoro del 1755 Eu<strong>le</strong>r stabilisce, a partire dal<strong>le</strong> premesse ora<br />

dette, <strong>le</strong> equazioni generali dell'idrodinamica come cinematica dei mezzi continui. Egli<br />

considera un dato stato di un fluido come la configurazione del<strong>le</strong> particel<strong>le</strong> che lo<br />

compongono e del<strong>le</strong> loro velocità. Ta<strong>le</strong> stato è dato come noto ad un dato istante e sono<br />

date per note anche <strong>le</strong> forze che agiscono su ta<strong>le</strong> fluido. Il prob<strong>le</strong>ma consiste <strong>nel</strong><br />

calcolare ad ogni istante successivo la pressione in ciascun punto del fluido, la densità<br />

e la velocità degli e<strong>le</strong>menti di fluido che passano attraverso questo punto. Per definire<br />

lo stato attua<strong>le</strong> del fluido, Eu<strong>le</strong>r usa <strong>le</strong> componenti della forza che origina<br />

acce<strong>le</strong>razione P, Q, R che sono funzioni note di x, y, z e t. La densità q, la pressione p e<br />

<strong>le</strong> componenti u, v e w della velocità dell'e<strong>le</strong>mento di fluido al punto Z sono, all'istante<br />

t, grandezze incognite. Nel suo articolo Principia motus fluidorum, Eu<strong>le</strong>r calcola la<br />

forma che il paral<strong>le</strong><strong>le</strong>pipedo e<strong>le</strong>mentare di fluido, che in origine si trovava in Z ed<br />

aveva dimensioni dx, dy e dz, assumerà al tempo t + dt a causa del moto del fluido.<br />

Questo prob<strong>le</strong>ma è estrema<strong>mente</strong> comp<strong>le</strong>sso e risolubi<strong>le</strong> solo in casi particolari, come<br />

lo stesso Lagrange riconoscerà più oltre, ed Eu<strong>le</strong>r lo risolse solo <strong>nel</strong> caso in cui la<br />

quantità udx + vdy + wdz è un differenzia<strong>le</strong> esatto (caso in cui esiste una velocità<br />

potenzia<strong>le</strong> o in cui non si creano vortici <strong>nel</strong> fluido).<br />

Ma l'aspetto più importante di tutto il lavoro di Eu<strong>le</strong>r in idrodinamica è di mettere<br />

insieme tutte <strong>le</strong> idee che si erano sviluppate (ad esempio dai Bernoulli) sui fluidi, con<br />

l'introduzione del concetto genera<strong>le</strong> di pressione interna secondo il qua<strong>le</strong> la forza<br />

Pagina 38


IL SETTECENTO<br />

esercitata da un fluido su qualunque superficie si possa immaginare dentro di esso è<br />

equipol<strong>le</strong>nte all'azione di un campo di pressioni perpendicolari alla data superficie,<br />

qualunque sia la geometria e la posizione che essa occupi dentro il fluido. La scoperta<br />

fu riconosciuta ecceziona<strong>le</strong> da Lagrange che scrisse:<br />

Mediante questa scoperta, tutta la meccanica dei fluidi diventò un<br />

prob<strong>le</strong>ma di analisi, e quindi se <strong>le</strong> equazioni che lo descrivono fossero<br />

integrabili, si potrebbero determinare comp<strong>le</strong>ta<strong>mente</strong> i dettagli del moto e<br />

l'azione di un fluido mosso da forze arbitrarie. Disgraziata<strong>mente</strong> [tali<br />

equazioni] sono risultate tanto intrattabili che fino ad ora si sono potuti<br />

risolvere solo alcuni casi molto semplici [citato da Truesdell]<br />

Un ultimo cenno devo darlo sull'intervento di Eu<strong>le</strong>r in ottica. Egli criticherà la<br />

posizione newtoniana (1762) contraria<strong>mente</strong> a Priest<strong>le</strong>y che invece la difenderà (1772)<br />

sostenendo che <strong>le</strong> particel<strong>le</strong> di luce sono tanto picco<strong>le</strong> da poter penetrare la materia. E<br />

questa sarà una caratteristica di tutto il secolo, che comunque non vide avanzamenti di<br />

rilievo in ottica, una po<strong>le</strong>mica tra i sostenitori ed i detrattori della teoria corpuscolare<br />

della luce di Newton.<br />

Eu<strong>le</strong>r dimostra che rifrangenza e dispersione non sono proporzionali e che<br />

pertanto era possibi<strong>le</strong> acromatizzare gli obiettivi mediante opportuna combinazione di<br />

due <strong>le</strong>nti di vetro diverso.<br />

Quell'inconveniente dovuto alla diversa natura dei raggi che anche al<br />

sommo Newton sembrò così grave da giudicare impossibi<strong>le</strong> assoluta<strong>mente</strong><br />

il liberarne gli strumenti diottrici, ormai è certo che si può facil<strong>mente</strong><br />

eliminare, almeno per quanto riguarda il margine iridato, cui special<strong>mente</strong><br />

Newton si riferiva; cosicché almeno per questa causa non vi è più ragione<br />

di ricorrere ai te<strong>le</strong>scopi catottrici". [Eu<strong>le</strong>r, Diopticae, 1769]<br />

Eu<strong>le</strong>r aveva ripreso anche la teoria ondulatoria di Huygens e vi aveva inserito il<br />

concetto di Grimaldi che i colori fossero dovuti alla diversa lunghezza d'onda del<strong>le</strong><br />

ondulazioni.<br />

Effettiva<strong>mente</strong> il fatto che la dispersione non era proporziona<strong>le</strong> alla rifrangenza,<br />

ossia che la variazione dell'attrazione dei raggi di vario colore non era una funzione<br />

caratteristica dei raggi stessi, ma era anche una funzione complicata della<br />

composizione chimica (e non della sola massa) della materia attraente, metteva sul<br />

tappeto un'altra difficoltà grave per la teoria corpuscolare. Ma questo argomento era<br />

troppo sotti<strong>le</strong> per il grosso pubblico.<br />

SEGUE ...<br />

Pagina 39


IL SETTECENTO<br />

NOTE<br />

(1) All’inizio del secolo, in Inghilterra, la lavorazione della lana e <strong>le</strong> operazioni di tessitura<br />

avevano ancora carattere artigiana<strong>le</strong>. Erano essenzial<strong>mente</strong> i contadini che operavano al<br />

telaio <strong>nel</strong><strong>le</strong> loro case sparse <strong>nel</strong><strong>le</strong> campagne (e ciò non sarebbe stato possibi<strong>le</strong> in una<br />

economia agricola di tipo feuda<strong>le</strong>). Il prodotto finito veniva venduto ai commercianti che lo<br />

raccoglievano spostandosi di casa in casa. In queste transazioni il commerciante aveva un<br />

ta<strong>le</strong> margine di guadagno che presto fu in grado di acquistare Macchine in proprio che<br />

cedeva, insieme alla materia prima, in affitto. Pian piano queste macchine furono riunite in<br />

un unico luogo (l'opificio) dando ravvio a quella che ancora oggi conosciamo come industria.<br />

Come conseguenza della perdita dei mezzi di produzione da parte dell'artigiano si origina<br />

l'operaio salariato. Altro aspetto, ampia<strong>mente</strong> indagato (ad esempio da K. Marx), che merita<br />

di essere preso in considerazione come fattore fondamenta<strong>le</strong> dello sviluppo capitalistico, è<br />

quello che va sotto il nome di profitto (la parte del lavoro operaio che non è pagato dal<br />

salario; ad esempio: la merce che si accumula nei magazzini). Per aumentare il profitto il<br />

padrone di una azienda poteva operare in due modi: o spingere i limiti di resistenza umana<br />

dell'operaio, allungando la giornata lavorativa oltre <strong>le</strong> 16 ore, o introducendo macchine. Le<br />

due strade furono percorse contemporanea<strong>mente</strong>. Da una parte la giornata lavorativa<br />

arrivava fino ad oltre 16 ore, dall'altra si introdussero molte macchine <strong>nel</strong> processo<br />

produttivo (telai automatici, filatoi di vari tipi, macchina a vapore, telai meccanici, presse<br />

idrauliche, torni di vario tipo, telai a vapore -1787- , mulini automatici,...). Ed ogni volta che<br />

una macchina riassumeva in sé più funzioni essa significava il licenziamento di vari operai.<br />

Per altri versi, queste macchine, alla base della seconda rivoluzione industria<strong>le</strong> (seconda<br />

metà dell''800), ponevano da una parte una gran quantità di prob<strong>le</strong>mi tecnico-scientifici e<br />

dall'altra notevoli bisogni energetici (fatto, quest'ultimo, molto più sentito in Gran Bretagna<br />

che non <strong>nel</strong> resto d'Europa a causa del fatto che in questo paese vi è una carenza di corsi<br />

d'acqua diffusi su tutto il territorio). Si usò dapprima l'acqua fluente, quindi l'acqua in<br />

caduta da dislivelli naturali, e poi l'acqua in caduta da dislivelli artificiali; si passò poi alla<br />

macchina a vapore alimentata a <strong>le</strong>gna e poi, vista la crisi di disponibilità di quest'ultima, a<br />

carbon fossi<strong>le</strong>. Accompagnata al<strong>le</strong> innovazioni tecniche <strong>nel</strong>la produzione durante il '700 vi<br />

fu l' introduzione di una massa imponente di tecnologie in tutte <strong>le</strong> attività umane e<br />

soprattutto nei trasporti (navi a vapore -1786 - , ponti, strade, rotaie, ...) e nei settori vicini<br />

alla produzione tessi<strong>le</strong> (sviluppo enorme della chimica che inizia a darsi <strong>le</strong> basi per diventare<br />

una scienza sperimenta<strong>le</strong>; produzione dell'acido solforico e della soda). Sul primato dei<br />

fattori economici su quelli tecnici si veda: P.BAIROCH - Scienza, tecnica ed economia <strong>nel</strong>la<br />

rivoluzione industria<strong>le</strong> - SAPERE n° 695, Novembre 1967, pagg. 628 -633.<br />

(2) Nel '700 la borghesia ebbe il suo teorico in economia politica <strong>nel</strong>la persona di Adam<br />

Smith (1723-1790) il qua<strong>le</strong>, per altro, fu per certi versi anticipato dal suo amico D. Hume.<br />

(3) Per quel che riguarda vari aspetti di questo paragrafo ho seguito la traccia suggerita da<br />

Geymonat. Nonostante quanto affermato si ricordi che, ancora <strong>nel</strong> 1722, in Inghilterra si<br />

bruciavano *streghe* <strong>nel</strong><strong>le</strong> piazze.<br />

(4) Allo scopo si veda Mason. Le innovazioni in agricoltura consistettero essenzial<strong>mente</strong><br />

<strong>nel</strong>l'introduzione di metodi di rotazione del<strong>le</strong> colture e <strong>nel</strong>la razionalizzazione<br />

dell'al<strong>le</strong>vamento del bestiame.<br />

(5) Proprio per questo <strong>le</strong> grosse scoperte del secolo furono fatte da una nuova figura di<br />

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IL SETTECENTO<br />

intel<strong>le</strong>ttua<strong>le</strong>, il tecnico formatosi all'interno del nuovo modo di produzione e per questo più<br />

sensibi<strong>le</strong> al<strong>le</strong> esigenze che qui emergevano.<br />

(6) Già Locke aveva osservato: “C’è ragione di credere che se gli uomini fossero più istruiti,<br />

tenterebbero molto meno di imporsi al proprio prossimo.” Bibl. 7, Vol. 4, pagg. 105-106. Si<br />

noti che la più grande opera di divulgazione che fino ad allora fosse stata intrapresa è<br />

l’Encyclopedie, alla cui realizzazione lavorarono quasi tutti i principali pensatori francesi<br />

sotto la direzione di D’A<strong>le</strong>mbert e Diderot. Per saperne di più, anche in relazione al<strong>le</strong><br />

enormi difficoltà cui andarono incontro i redattori fino alla condanna dell’opera di Papa<br />

C<strong>le</strong><strong>mente</strong> VIII, si veda: D'ALEMBERT, DIDEROT - La filosofia dell'Encyclopedie -<br />

LATERZA, 1966 .<br />

(7) Allo scopo vedi anche lo stimolante: A.ROSSI - Illuminismo e sperimentalismo <strong>nel</strong>la <strong>fisica</strong><br />

del '700 - SAPERE 741, Ottobre 1971.<br />

(8) Per questa sua opera Voltaire fu a lungo perseguitato dal governo francese. Allo scopo si<br />

può vedere, ad esempio, l'introduzione a: VOLTAIRE - La filosofia di Newton - LATERZA,<br />

1978. Si osservi, che l’ammirazione di Voltaire per Newton era incondizionata. Egli <strong>nel</strong>la<br />

XIV del<strong>le</strong> sue ‘Lettere ing<strong>le</strong>si’, quella che traccia un paral<strong>le</strong>lo tra Descartes e Newton, dopo<br />

aver esordito: "Un francese che capiti a Londra trova che <strong>le</strong> cose sono molto cambiate <strong>nel</strong>la<br />

filosofia come in tutto il resto. Ha lasciato il mondo pieno e lo ritrova vuoto,” continua<br />

affermando: “Non credo, per vero, che si osi paragonare in nulla la filosofia [di Descartes] con<br />

quella di Newton la prima è solo un tentativo, la seconda un capolavoro". (ibidem, pagg. 53-<br />

59)<br />

E’ interessante notare che anche D’A<strong>le</strong>mbert avrà modo di dare del giudizi piuttosto<br />

sarcastici su Descartes. Nel ‘Discorso preliminare’ dell’Encyclopedie affermerà: "[Descartes]<br />

aveva cominciato con il dubbio universa<strong>le</strong>; e <strong>le</strong> armi che noi rivolgiamo contro di lui furono<br />

forgiate da lui stesso" (In D'ALEMBERT, DIDEROT, citato, pag.112).<br />

(9) Essenzial<strong>mente</strong> <strong>nel</strong><strong>le</strong> sue opere ‘Lettere ing<strong>le</strong>si’ (1734) ed ‘E<strong>le</strong>menti della filosofia di<br />

Newton’ (1738). Si osservi che l’amante di Voltaire, la marchesa di Châte<strong>le</strong>t, curerà la prima<br />

edizione in francese dei Principia di Newton (1756).<br />

(10) A lato di ciò vi fu il tentativo di estendere il newtonianesimo ai fatti che hanno attinenza<br />

con la vita dell’uomo, ad un campo cioè non immediata<strong>mente</strong> riconducibi<strong>le</strong> alla filosofia<br />

natura<strong>le</strong>. Condillac sostenne la necessità di ricavare ogni cosa dall’esperienza. Helvetius,<br />

prendendo <strong>le</strong> mosse da Condillac, argomentò che, “se tutto deriva dall’esperienza, sarà<br />

l’ambiente esterno – unica fonte dell’esperienza stessa – il vero responsabi<strong>le</strong> del<strong>le</strong><br />

inclinazioni o azioni, buone o cattive. E’ inuti<strong>le</strong> predicare o correggere severa<strong>mente</strong>, quando<br />

invece occorrerebbe migliorare l’ambiente socia<strong>le</strong> in cui l’uomo vive e, in primo luogo,<br />

riformare i governi corrotti” (U.FORTI - Storia della scienza - DALL'OGLIO, 1969, Vol. 4,<br />

pag. 118). Ed a questo Diderot aggiungeva: ”Esaminate <strong>le</strong> varie istituzioni politiche, civili e<br />

religiose. Troverete che da secoli il genere umano si curva sotto il giogo impostogli da un<br />

certo numero di bricconi! Ordinare significa sempre erigersi a signore degli altri uomini”<br />

(ibidem, pag. 119). Infine De Lamettrie propugnò un materialismo assoluto (‘la materia<br />

pensa’) <strong>nel</strong>la sua opera dal titolo eloquente, “L’uomo macchina”, in cui negò in modo<br />

categorico la realtà dell’anima.<br />

Pagina 41


IL SETTECENTO<br />

(11) Abbiamo già osservato che la filosofia della natura <strong>nel</strong> XVIII secolo si sviluppò su linee<br />

razionali. Per quanto riguarda <strong>le</strong> diverse caratterizzazioni che l’Illuminismo ebbe, c’è da<br />

osservare che: in Inghilterra esso si fondò sull’empirismo puro; in Francia sul razionalismo<br />

empirico; in Germania sul razionalismo accompagnato da ampi margini metafisici (eredità<br />

<strong>le</strong>ibniziana). In ogni caso la grande novità del secolo fu il ribaltamento del rapporto esistente<br />

tra concetti e fenomeni, “non si passa dai concetti e dai principi ai fenomeni, ma viceversa”<br />

(E.CASSIRER - La filosofia dell'illuminismo - LA NUOVA ITALIA, 1973, pagg. 23-24).<br />

(12) A.BARACCA, R. LIVI - Natura e storia: <strong>fisica</strong> e sviluppo del capitalismo <strong>nel</strong>l'0ttocento -<br />

D'ANNA, 1976, pagg. 12-13.<br />

(13) Si osservi che il modello newtoniano cui si rifacevano i francesi erano i Principia, primo<br />

esempio di <strong>fisica</strong> sottoposta ad ano spinto trattamento teorico ed analitico. Si potrebbe<br />

osservare, forse, che Newton, pur disponendo del metodo del<strong>le</strong> flussioni, usò il metodo<br />

geometrico affinché gli argomenti trattati fossero più accessibili ai suoi <strong>le</strong>ttori.<br />

(14) N.ABBAGNANO - Storia del<strong>le</strong> <strong>scienze</strong> - UTET, 1965, Vol. II, pag. 162. E’ un grosso<br />

salto che si fa e, come osserva Bellone, "La differenza che separa i lavori di Eu<strong>le</strong>r o di<br />

Lagrange da quelli di Newton è, perlomeno, altrettanto grande di quella che separa i Principia<br />

dal<strong>le</strong> ricerche degli scienziati pregali<strong>le</strong>iani". (E.BELLONE - Le <strong>le</strong>ggi del movimento da Hume a<br />

Laplace - LOESCHER, 1979, pag. 557).<br />

(15) Si osservi che ancora alla fine del secolo XVIII venivano rifiutati brevetti, anche<br />

importanti, a coloro che non avevano una cultura scientifica superiore.<br />

(16) A.ROSSI - Illuminismo e sperimentalismo <strong>nel</strong>la <strong>fisica</strong> del '700 - SAPERE 741, Ottobre<br />

1971, pag. 23. A questo proposito è interessaste <strong>le</strong>ggere un brano di Diderot, tratto dalla<br />

voce "Arte" dell'Encyclopedie, in cui risalta tutta l'illusione ottimistica degli illuministi:<br />

“La bontà del<strong>le</strong> materie prime sarà il principa<strong>le</strong> fattore della superiorità di una<br />

manifattura su un'altra, insieme con la speditezza del lavoro e con la sua perfetta<br />

esecuzione. La bontà dei materiali è questione d'attenzione, mentre la speditezza e<br />

perfezione del lavoro sono soltanto in funzione del numero degli operai impiegati,<br />

(quando una fabbrica ha numerosi operai, ciascuna fase di lavorazione occupa un<br />

uomo diverso. Un operaio ha eseguito ed eseguirà per tutta la vita una sola ed<br />

unica operazione; un altro, un’altra; perciò ognuna è compiuta bene e<br />

pronta<strong>mente</strong> e la migliore esecuzione coincide con il minimo costo.<br />

Inoltre, il gusto e la destrezza si perfezionano indubbia<strong>mente</strong> fra un gran numero<br />

d'operai, poiché è diffici<strong>le</strong> che non ve ne siano taluni capaci di rif<strong>le</strong>ttere, combinare<br />

e scoprire infine il solo modo che consenta loro di superare i compagni; ossia come<br />

risparmiare il materia<strong>le</strong>, guadagnar tempo, o far progredire l’industria, sia con<br />

una nuova macchina, sia con una manovra più comoda”.<br />

Cento anni più tardi K. Marx teorizzerà invece il ruolo antagonista che la classe degli<br />

operai esercita nei confronti della borghesia, proprietaria dei mezzi di produzione,<br />

Si osservi che già alla fine del secolo vi furono, ad esempio in Inghilterra, dei massicci<br />

Pagina 42


IL SETTECENTO<br />

fenomeni di rifiuto del<strong>le</strong> macchine da parte degli operai. Questi ultimi, minacciati della<br />

perdita del lavoro da parte di macchine che racchiudevano in sé un sempre maggior<br />

numero di processi operativi, arrivarono <strong>nel</strong> 1791 a distruggere, a Manchester, una fabbrica<br />

con 400 telai.<br />

Sui prob<strong>le</strong>mi del ‘macchinismo’ si può <strong>le</strong>ggere il fondamenta<strong>le</strong> testo di K. Marx ‘Sul<strong>le</strong><br />

macchine’ (dal quaderno V del Manoscritto - 1861-l863 – “Per la critica dell’economia<br />

politica” , riportato sulla rivista Marxiana del 2 dell'ottobre 1976) e l'importante lavoro di P.<br />

Rossi “I filosofi e <strong>le</strong> macchine (1400-1700)” edito da Feltri<strong>nel</strong>li.<br />

(17) E.CASSIRER - La filosofia dell'illuminismo - LA NUOVA ITALIA, 1973, pag. 60.<br />

(18) La dichiarazione d'indipendenza del<strong>le</strong> colonie americane è del 1776. Come conseguenza<br />

di ciò inizia una lunga guerra con la Gran Bretagna che porterà (1783) al riconoscimento di<br />

questa indipendenza. La costituzione è del 1767, mentre la nascita ufficia<strong>le</strong> degli Stati Uniti<br />

d'America è del 1789. La Rivoluzione Francese ha inizio <strong>nel</strong> 1780 con la convocazione degli<br />

Stati Generali e termina <strong>nel</strong> 1794 con la caduta di Robespierre. Tra il 1794 ed il 1799 si ha<br />

da una parte l'esplosione di fermenti controrivoluzionari e dall'altra l'ascesa dell'astro-<br />

Napo<strong>le</strong>one che, appunto <strong>nel</strong> 1799, col colpo di stato del 18 Brumaio, prenderà il potere (che<br />

manterrà, con alterne vicende, fino al l8l5 - Waterloo e Congresso di Vienna).<br />

(19) Nel 1700, a Berlino, Federico I, su consiglio di Leibniz, crea la Société des Sciences; <strong>nel</strong><br />

1701, in America, viene fondata l'università di Ya<strong>le</strong>; <strong>nel</strong> 1702 quella di Breslavia (Polonia);<br />

la Società Rea<strong>le</strong> del<strong>le</strong> Scienze nasce <strong>nel</strong> 1710 ad Uppsala (Svezia); mentre <strong>nel</strong> 1713 viene<br />

fondata l'Accademia Rea<strong>le</strong> Spagnola (che avrà vita tormentata a causa della Chiesa). Nel<br />

1716 nascono scuo<strong>le</strong> tecniche in Francia e <strong>nel</strong> 1717 a Praga. Nel 1725 viene istituita<br />

l'Accademia del<strong>le</strong> Scienze di Pietroburgo; <strong>nel</strong> 1727 si costituisce il «Junto», prima vera<br />

accademia del<strong>le</strong> <strong>scienze</strong> americana, dai cui sviluppi nascerà l'American Philosophical<br />

Society. Nel 1737 viene aperta l'Università di Gottinga. Nel 1741 apre l'Accademia Rea<strong>le</strong><br />

svedese e <strong>nel</strong> 1742 quella danese. Nel 1745 riapre la vecchia Accademia dei Lincei (Roma).<br />

Nel 1740 è fondato il Col<strong>le</strong>gio di Filadelfia, <strong>nel</strong> 1746 il Col<strong>le</strong>gio di New Jersey (che diventerà<br />

l'Università di Princeton) e <strong>nel</strong> 1754 il King's Col<strong>le</strong>ge (che diventerà la Columbia University)<br />

. Nel 1755 nasce l'Università di Mosca. Nel 1757 l'Accademia Rea<strong>le</strong> del<strong>le</strong> Scienze di Torino<br />

inizia la sua attività. L'Accademia Rea<strong>le</strong> del Belgio è del 1772, la Società del<strong>le</strong> Scienze di<br />

Praga è del 1774, l'Accademia del<strong>le</strong> Scienze di Lisbona è del 1779. A partire dal 1776 la<br />

Royal Society di Londra istituisce un premio (la Cop<strong>le</strong>y Medal) per <strong>le</strong> migliori ricerche<br />

sperimentali. Tra il 1780 ed il 1789 vedono la luce: l'Accademia del<strong>le</strong> Arti e del<strong>le</strong> Scienze di<br />

Boston, la Società Italiana della Scienza a Roma, la Rea<strong>le</strong> Accademia Irlandese a Dublino, la<br />

Royal Society di Edimburgo, l'Accademia Svedese a Stoccolma e varie altre istituzioni<br />

scientifiche e culturali. Data fondamenta<strong>le</strong> è quella della nascita dell'Éco<strong>le</strong> Polytechnique a<br />

Parigi (1794), dalla qua<strong>le</strong> usciranno i massimi futuri rappresentanti della scienza francese<br />

(questa scuola era nata, sotto la guida di Monge, per preparare scientifica<strong>mente</strong>, durante la<br />

Rivoluzione, coloro che vo<strong>le</strong>vano intraprendere la carriera militare o per formare ingegneri.<br />

Ancora <strong>nel</strong> 1794 nasce l'Éco<strong>le</strong> Norma<strong>le</strong> Superieure (per la formazione degli insegnanti) e<br />

quindi, <strong>nel</strong> 1795, l'Institut National des Sciences et des Arts (che prende il posto della<br />

soppressa Academie des Sciences).<br />

(20) L'ordine dei gesuiti fu ristabilito <strong>nel</strong> 1814 da Papa Pio VII. Si noti che tutti i<br />

provvedimenti citati contro i gesuiti non erano certa<strong>mente</strong> presi con propositi progressisti,<br />

Pagina 43


ma, se possibi<strong>le</strong>, ancora più conservatori.<br />

IL SETTECENTO<br />

(21) Vedi Cassirer. Per chi vo<strong>le</strong>sse approfondire i termini della continua negazione che <strong>le</strong><br />

scoperte scientifiche del '700 rappresentavano della <strong>fisica</strong> biblica si consiglia l'intero brano di<br />

Bibliografia citata.<br />

(22) A questo proposito si veda Forti, vol. 4, pagg. 337-341.<br />

(23) Mason, II, pag. 309. L'analogia forma<strong>le</strong> tra la <strong>le</strong>gge di gravitazione universa<strong>le</strong> (F = G.<br />

mM/r ² ) tra due masse a distanza r , quella di Coulomb (F = K.qQ/r²) tra due cariche a<br />

distanza r e quella di Michell (F = K. pP/r²) tra due poli magnetici a distanza r, è evidente.<br />

C'è solo da osservare che <strong>le</strong> forze, <strong>nel</strong> caso gravitaziona<strong>le</strong>, sono solo attrattive, mentre, sia<br />

<strong>nel</strong> caso e<strong>le</strong>ttrico che magnetico, sono attrattive e repulsive.<br />

(24) Ricordo che dire «istantanea<strong>mente</strong>» significa che un' azione si propaga da un punto<br />

all'altro dello spazio in un tempo zero, cioè con velocità infinita. In proposito si veda il mio<br />

lavoro sulla Relatività (classica), quello riportato in bibliografia 3.<br />

(25) Vedi Laplace, Opere, pag. 243. Si osservi che Laplace conduceva una grossa po<strong>le</strong>mica<br />

contro il «finalismo» al qua<strong>le</strong>, appunto, contrapponeva il determinismo.<br />

(26) Si capisce meglio quanto ho qui solo accennato, se si ricordano <strong>le</strong> varie interpretazioni<br />

che vennero date dell'esperienza di Oersted. Mi interessa ora sottolineare la mia adesione<br />

alla convinzione (dibattuta in modo articolato da vari epistemologi) secondo cui il progresso<br />

del pensiero scientifico non consiste in un processo di accumulazione di conoscenze ma in<br />

scontri, a volte aspri, tra linee diverse. Riguardo poi ai motivi che concorrono<br />

all'affermazione di una linea su di un'altra, almeno dal punto di vista della storia interna al<strong>le</strong><br />

teorie scientifiche, sono di natura diversa ed essenzial<strong>mente</strong> consistono <strong>nel</strong> maggior numero<br />

di indizi o prove che si riescono a trovare a sostegno di quella teoria (fermo restando il fatto<br />

che una data esperienza che si accordi con una data teoria può solo fortificare quest'ultima e<br />

non renderla vera, mentre una sola esperienza non in accordo con quella data teoria la<br />

falsifica comp<strong>le</strong>ta<strong>mente</strong> - Popper preceduto dal più autorevo<strong>le</strong> Gali<strong>le</strong>o). Altri motivi vanno<br />

poi ricercati <strong>nel</strong>la struttura stessa della teoria: la sua semplicità; la sua e<strong>le</strong>ganza; il fatto che<br />

essa goda di alcuna proprietà di simmetria, di gruppo, ... ; ... L'insieme di questi ultimi<br />

motivi fa sì che una teoria venga preferita ad un' altra per motivi euristici.<br />

Da questi pochi cenni discende che è illusorio ritenere l'approccio alla conoscenza<br />

scientifica come mera<strong>mente</strong> empirico o sperimentalista; c'è, evidente<strong>mente</strong>, una convinzione<br />

a priori, una teoria, un «pregiudizio» che fa muovere il ricercatore su di una strada, su di<br />

una esperienza piuttosto che su di un'altra. E' proprio l'articolazione del 'pregiudizio' in<br />

'teoria' che fa sperimentare in un certo modo e ricercare certe cose piuttosto che altre. Ed in<br />

definitiva si va a cercare ciò che si vuo<strong>le</strong> trovare. C'è poi il prob<strong>le</strong>ma dei risultati forniti da<br />

un dato esperimento: come interpretarli ? Uno stesso esperimento, fermo restando il dato<br />

empirico, può essere suscettibi<strong>le</strong> di interpretazioni diverse al variare dei termini teorici che<br />

ne accompagnano la spiegazione; ed in genere si tenta di far dire all'esperimento ciò che e' in<br />

accordo con la teoria a priori. Esempi di questo genere ne sono offerti in quantità dalla<br />

storia della <strong>fisica</strong>: il pregiudizio di universo 'piccolo' e la a non osservazione della parallasse<br />

stellare (a causa di strumenti non adatti) fa concludere a Tycho Brahe che la teoria<br />

copernicana non e' corretta con la conseguenza che la Terra torna ad essere immobi<strong>le</strong>; il<br />

Pagina 44


IL SETTECENTO<br />

pregiudizio di azioni a distanza fa si che Ampère dia una spiegazione comp<strong>le</strong>ta<strong>mente</strong> diversa<br />

- da quella che poi si affermerà - dell'esperienza di Oersted; la non osservazione del vento<br />

d'etere fa concludere a Michelson che la sua esperienza è stata un insuccesso; ... .<br />

Quanto fin qui detto dovrebbe far intendere quanto sia dannoso <strong>nel</strong>la didattica il<br />

lavorare (quando lo si fa!) con un mero approccio che si vorrebbe sperimenta<strong>le</strong> su fenomeni<br />

già 'sterilizzati' e preparati al fine che l'insegnante ha già <strong>nel</strong>la <strong>mente</strong> e quanto, invece,<br />

potrebbe risultare fecondo il lavorare, almeno ad un primo approccio, su fenomeni 'grezzi',<br />

da scomporre cioè in fenomeni più semplici - e quindi più facil<strong>mente</strong> studiabili - mediante il<br />

processo di separazione del<strong>le</strong> variabili in gioco, fatto quest'ultimo che presuppone una teoria<br />

che il ragazzo si deve costruire.<br />

In altri momenti poi della storia del pensiero scientifico, altre linee, altre teorie, che <strong>nel</strong><br />

frattempo si sono sviluppate underground, magari al di fuori della scienza ufficia<strong>le</strong>, riescono<br />

ad emergere o sulla falsificazione della teoria dominante o sulla raccolta di maggiori indizi o<br />

prove a loro sostegno o su tutte e due <strong>le</strong> cose. Quindi, in nessun modo, credo si possa<br />

sostenere una linearità <strong>nel</strong> progresso scientifico, una teoria cioè che si afferma come mero<br />

superamento o ampliamento della teoria precedente. Se poi si ricol<strong>le</strong>ga tutto ciò all'esistenza<br />

anche di una storia esterna, allora si capisce l'enorme comp<strong>le</strong>ssità del prob<strong>le</strong>ma.<br />

(27) Il nome Bernoulli può anche essere trovato come Bernouilli. Inoltre i nomi di battesimo<br />

possono variare a seconda se sono chiamati alla francese (Jacques e Jean), all'ing<strong>le</strong>se (James<br />

e John), alla tedesca (Jakob e Johann).<br />

(28) Ricordo l'enunciato della <strong>le</strong>gge dei grandi numeri o <strong>le</strong>gge empirica del caso:<br />

La frequenza relativa di un dato evento (intesa come rapporto fra i casi favorevoli<br />

osservati ed ilo numero di prove sperimentali eseguite) si approssima<br />

indefinita<strong>mente</strong> alla probabilità teorica dell'evento stesso con l'aumentare del<br />

numero del<strong>le</strong> prove.<br />

(29) Una discussione del Paradosso si trova in http://plato.stanford.edu/entries/paradoxstpetersburg/<br />

ed in http://www.bun.kyoto-u.ac.jp/phisci/Gal<strong>le</strong>ry/D.bernoulli_note.html<br />

(30) La pubblicazione dell' Hydrodinamica ebbe una storia profonda<strong>mente</strong> sgradevo<strong>le</strong>.<br />

Daniel inviò il manoscritto ad Eu<strong>le</strong>r, suo carissimo amico, da lui stesso invitato e poi restato<br />

a San Pietroburgo, per la pubblicazione. Passò molto tempo ma non accadeva nulla. Poi<br />

Eu<strong>le</strong>r gli disse che a lui era arrivato un altro manoscritto di suo padre Johann Bernoulli (il<br />

qua<strong>le</strong> era stato professore di Eu<strong>le</strong>r) che, secondo Johann, conteneva ricerche originali sul<br />

moto dei fluidi e che aveva per titolo Hydraulica. Eu<strong>le</strong>r si era così trovato a <strong>le</strong>ggere insieme i<br />

due manoscritti. Dopo la pubblicazione <strong>nel</strong> 1743 dell'opera del padre, Daniel restò di sasso<br />

<strong>nel</strong>lo scoprire che vi era come data di pubblicazione il 1732, cioè precedente a quella della<br />

sua opera. Inoltre il suo caro amico si era rivelato un bugiardo perché aveva dissimulato<br />

varie cose, ritardando opportuna<strong>mente</strong> e scrivendo una prefazione all'opera di Johann in<br />

cui pratica<strong>mente</strong> tutti i meriti del<strong>le</strong> scoperte sul moto dei fluidi erano assegnate al padre. La<br />

sua amarezza per l'evidente plagio del padre, gli fece abbandonare gli studi di matematica.<br />

Così egli scrisse:<br />

«Avrei fatto meglio a imparare il mestiere del calzolaio, anziché quello del<br />

Pagina 45


IL SETTECENTO<br />

matematico. Inoltre, dopo quegli avvenimenti, non sono più stato capace di<br />

convincere me stesso a elaborare qualcosa che avesse a che fare con questa<br />

disciplina. Tutto il piacere che mi resta è scrivere di quando in quando sulla<br />

lavagna qualche progetto destinato all'oblio».<br />

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17) L.GEYMONAT - Storia del pensiero filosofico e scientifico - GARZANTI,<br />

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18) N.ABBAGNANO - Storia del<strong>le</strong> <strong>scienze</strong> - UTET, 1965.<br />

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24) A.BARACCA, R. LIVI - Natura e storia: <strong>fisica</strong> e sviluppo del capitalismo<br />

<strong>nel</strong>l'0ttocento - D'ANNA, 1976.<br />

25) A.MARCHESE - La battaglia degli illuministi - SEI, 1974.<br />

26) E.CASSIRER - La filosofia dell'illuminismo - LA NUOVA ITALIA, 1973.<br />

27) VOLTAIRE - La filosofia di Newton - LATERZA, 1978.<br />

28) J.O.DE LAMETTRIE - L'uomo macchina ed altri scritti - FELTRINELLI, 1955.<br />

29) A.ROSSI - Illuminismo e sperimentalismo <strong>nel</strong>la <strong>fisica</strong> del '700 - SAPERE 741,<br />

Ottobre 1971.<br />

30) M. GUILLEN - Le cinque equazioni che hanno cambiato il mondo -<br />

LONGANESI, 1997.<br />

31) P.BAIROCH - Scienza, tecnica ed economia <strong>nel</strong>la rivoluzione industria<strong>le</strong> -<br />

SAPERE n° 695, Novembre 1967.<br />

32) D'ALEMBERT, DIDEROT - La filosofia dell'Encyclopedie - LATERZA, 1966 .<br />

33) AA.VV. - Scienziati e tecnologi (dal<strong>le</strong> origini al 1875) - MONDADORI, 1975.<br />

34) A.BARACCA, R.RIGATTI - Aspetti dell' interazione tra scienza e tecnica<br />

durante la rivoluzione industria<strong>le</strong> del XVIII secolo in Inghilterra 1-La nascita dei<br />

concetti di lavoro ed energia - IL GIORNALE DI FISICA, Vol. XV, n° 2; 1974 .<br />

35) A.BARACCA, R.RIGATTI - Idem . 2- Sviluppi della macchina a vapore - IL<br />

Pagina 47


IL SETTECENTO<br />

GIORNALE DI FISICA, Vol. XV, n° 3; 1974.<br />

36) P.PLEURY, J.P. MATHIEU - Fisica genera<strong>le</strong> e sperimenta<strong>le</strong> - ZANICHELLI,<br />

1970.<br />

37) C. MAFFIOLI - Una strana scienza - FELTRINELLI, 1979.<br />

46) L.GALVANI - Opere - UTET, 1967.<br />

38) A.VOLTA - Opere - UTET, 1967 .<br />

39) P.S.LAPLACE - Opere - UTET, 1967.<br />

40) A.M.AMPÈRE - Opere - UTET, 1967.<br />

41) G.TRUESDELL - Essays in the History of Mechanics - SPRINGER, 1968<br />

42) Y.ELKANA - The Historical Roots of Modern Physics - SCUOLA<br />

INTERNAZIONALE DI FISICA 'E.FERMI', Varenna, LVII Corso.<br />

43) AA.VV. - Sul marxismo e <strong>le</strong> <strong>scienze</strong> - CRITICA MARXISTA, .Quaderno n° 6;<br />

1972.<br />

44) LAVOISIER - E<strong>le</strong>ments of Chemistry; FOURIER - Analytical Theory of Heat -<br />

ENCYCLOPAEDIA BRITANNICA, 1952.<br />

45) S.C.BROWN - Il conte Rumford - ZANICHELLI, 1968.<br />

46) BARACCA, ROSSI - Materia ed energia - FELTRINELLI, 1978.<br />

47) E.BELLONE - I modelli e la concezione del mondo - FELTRINELLI, 1973.<br />

62) J.FALLOT - Marx e la questione del<strong>le</strong> macchine - NUOVA ITALIA, 1971..<br />

48) G.MONETI - Lezioni di storia della <strong>fisica</strong> - IFUR, A.A. 1965/1966.<br />

49) F.CAJORI - Storia della <strong>fisica</strong> e<strong>le</strong>mentare - R.SANDRON, 1930.<br />

50) P.STRANEO - Le teorie della <strong>fisica</strong> <strong>nel</strong> loro sviluppo storico -<br />

MORCELLIANA,1950<br />

51) D.PAPP - Historia de la Fisica - ESPASA CALPE, 1961.<br />

52) S.D'AGOSTINO - Il contributo di Newton allo sviluppo dell'ottica - IL<br />

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Pagina 48


IL SETTECENTO<br />

53) M.BORN - La sintesi einsteniana - BORINGHIERI, 1965 (L'opera è del 1920).<br />

54) EINSTEIN, INFELD - L'evoluzione della <strong>fisica</strong> - BORINGHIERI, 1965 (L'opera<br />

è del 1938).<br />

55) P.A.DAGUIN - Traité élémentaire de physique - PRIVAT, LAGRAVE, 1868.<br />

56) E.BELLONE - Le <strong>le</strong>ggi della termodinamica da Boy<strong>le</strong> a Boltzmann -<br />

LOESCHER, 1978.<br />

96) F.BEVILACQUA - Storia del concetto di energia - AIF-PAVIA, 1978.<br />

57) E.MACH - La meccanica <strong>nel</strong> suo sviluppo storico-critico - BORINGHIERI,<br />

1968.<br />

58) E.DU BOIS-REYMOND - I confini della conoscenza della natura -<br />

FELTRINELLI,1973.<br />

59) E.WHITTAKER - A History of the Theories of Aether and E<strong>le</strong>ctricity - NELSON<br />

and SONS, London; 1951/1953. .<br />

61) R.DUGAS - Histoire de la mécanique - DUNOD, Paris, 1950.<br />

62) E.BELLONE - Il mondo di carta - MONDADORI, 1976.<br />

63) http://www.tesionline.it/__PDF/4987/4987p.pdf<br />

64) http://www.thedailybit.net/index.phpmethod=section&action=zoom&id=2324<br />

65)<br />

http://areeweb.polito.it/didattica/polymath/htmlS/Interventi/Articoli/Eu<strong>le</strong>roAnniversario/Img/<br />

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