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Marzo - Sardinews

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voro contenuto, sennonché i valori così stabiliti incorporano saggi<br />

di profitto diversi e legati al rapporto fra capitale costante e capitale<br />

variabile di ciascuna impresa; mentre sul mercato i prezzi incorporano<br />

un saggio di profitto unico. C’è quindi una divergenza fra i<br />

valori e i prezzi e fra plusvalore e profitto, che deve essere spiegata.<br />

Il problema viene affrontato da Marx nel terzo libro del Capitale,<br />

dove egli afferma che le singole merci si scambiano sulla base dei<br />

prezzi che incorporano un unico saggio di profitto e non sulla base<br />

dei valori, ma dimostra che a livello macroeconomico non c’è alcuna<br />

differenza tra valori e prezzi e quindi il profitto non è altro<br />

che il plusvalore, risultato dello sfruttamento della forza lavoro. La<br />

soluzione di Marx, chiamata trasformazione dei valori in prezzi, significa<br />

quindi che il mercato opera una distribuzione del plusvalore<br />

fra i capitalisti non in funzione del capitale variabile ma dell’intero<br />

capitale (variabile e costante) da essi investito.<br />

La soluzione di Marx non risolse il problema e scatenò polemiche,<br />

anche in ragione di un errore logico, derivante dal fatto che in essa<br />

la trasformazione dei valori in prezzi opera solo in riferimento alle<br />

merci prodotte e non anche a quelle impiegate come mezzi di produzione.<br />

Marx è ben consapevole di questo errore ma sostiene che<br />

“l’indagine che stiamo presentemente compiendo non richiede che ci si<br />

addentri in un esame più particolareggiato di questo punto.”<br />

Il problema della trasformazione dei valori in prezzi diventò in breve<br />

uno degli aspetti più discussi e controversi della teoria marxiana<br />

dello sfruttamento. Si aprì la questione se e in quale misura la teoria<br />

dello sfruttamento fosse coinvolta nelle difficoltà incontrate dalla<br />

teoria del valore lavoro. In questa discussione si assiste ad un ampio<br />

spettro di posizioni: dal rifiuto della teoria dello sfruttamento<br />

come conseguenza del fallimento della teoria del valore lavoro, al<br />

tentativo di operare correttamente la trasformazione con risultati<br />

ambigui, all’idea di separare nettamente la teoria dello sfruttamento<br />

dalla teoria del valore.<br />

La teoria dello sfruttamento rientra nella problematica del sovrappiù,<br />

già sviluppata da Ricardo. Intorno ad essa si svolge l’analisi<br />

marxiana della dinamica del capitalismo, caratterizzata da contraddizioni<br />

e crisi, dalle quali il sistema esce radicalmente modificato.<br />

Anche su questo aspetto l’interpretazione del pensiero di Marx si<br />

presta a conclusioni contrastanti, dovute sia al fatto che Il Capitaleè<br />

un’opera incompiuta sia alle forti implicazioni sociali e politiche<br />

che ogni aspetto della teoria di Marx comporta. In particolare la<br />

discussione si accese, con toni a volte dogmatici e faziosi, sulla questione<br />

della fine del capitalismo, se essa fosse da intendere come<br />

il risultato di trasformazioni ed evoluzioni intrinseche o invece il<br />

risultato dell’intensificarsi della lotta di classe.<br />

Quello che sembra chiaro è che Marx non intendesse tanto occuparsi<br />

delle modalità della fine del capitalismo, su cui peraltro non<br />

aveva dubbi, ma analizzare i caratteri delle trasformazioni cui il<br />

sistema è esposto. Espansione e crisi si susseguono, sfociando in<br />

processi di concentrazione che trasformano il capitalismo da concorrenziale<br />

in monopolistico e nel dominio del capitale finanziario<br />

sul capitale industriale, con crisi sempre più frequenti e profonde.<br />

Secondo Marx il capitalismo ha una intrinseca capacità di espandersi,<br />

di generare un incessante progresso tecnologico e un formidabile<br />

aumento della ricchezza, ma sviluppa anche ostacoli al<br />

dispiegamento delle forze produttive da esso stesso suscitate. L’espansione<br />

del capitalismo comporta l’aumento del capitale costante<br />

rispetto al capitale variabile, riducendo così la fonte del plusvalore<br />

e quindi del profitto che, pur aumentando in termini assoluti, diminuisce<br />

in termini di saggio di profitto. Contemporaneamente, la<br />

contrazione relativa del capitale variabile provoca l’aumento dell’esercito<br />

industriale di riserva, cioè dei disoccupati, e la riduzione<br />

della quota di prodotto che va ai lavoratori, una miseria crescente<br />

della classe operaia, che sembra doversi intendere in termini relativi<br />

e non assoluti. Due fenomeni contradditori, ed esposti in termini<br />

ambigui, che esprimono un processo di trasformazione dell’impoverimento<br />

e della concentrazione di ricchezza in uno sviluppo ordinato<br />

e progressivo.<br />

Così intesa, la teoria di Marx è esente da profezie sul futuro; liberata<br />

da dispute dottrinarie e da interpretazioni dogmatiche, resta<br />

un potente strumento di analisi per comprendere i processi che<br />

investono la struttura e la dinamica dell’economia capitalistica, un<br />

sistema che ha mostrato più vitalità di quanto Marx avesse immaginato.<br />

Nonostante le difficoltà e i problemi che la sua teoria presenta, per<br />

potenza di visione e per profondità analitica Marx non ebbe rivali<br />

nella sua epoca e ne ebbe pochi in altre. Le sue idee ispirarono grandi<br />

movimenti e non c’è dubbio che, liberate da ogni dogmatismo<br />

e da pretese ortodossie, abbiano ancora molte cose da dire per chi<br />

vuole cambiare il mondo.<br />

marzo 2012<br />

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