Cantina Santa Maria La Palma 2 ottobre 2010
Impari opportunità Il retrò di Villa Devoto, il riapparire dei Floris e degli Oppi, il non vedere la società sarda Il Giunto di Cappellacci ha 678 anni Perché tanta chiusura verso le donne? Aspettando con sereno scetticismo gli omissis, e magari i dimissis, di questa storia tormentata e complessa che ha condotto al capolavoro del Cappellacci bis, ci concediamo qualche riflessione su questa Giunta che non vogliamo chiamare “nuova” perché con i suoi 678 anni complessivi non ci pare abbia la “novità” fra i suoi pregi, e che, a pensarci bene, non vogliamo neanche chiamare “giunta”. Perciò la chiameremo Giunto. Forse che il presidente, in preda a ricordi liceali a causa di quei locali un po’ retrò di Villa Devoto, abbia pensato a una meccanica soluzione dei suoi problemi attraverso una sorta di “giunto” cardanico che faccia leva sulla sua debolezza, preso atto che essa è il suo unico punto di forza? Che pensi che lo stare in mezzo, facendo perno, tra quei due “assi” (nel senso della fisica meccanica) degli ex democristiani Floris e Oppi, gli permetta di trasmettere almeno un’idea di movimento, seppur rotatorio e quindi fine a se stesso? In realtà vedere i due grandi vecchi, icone del potere che non tramonta mai, seduti a latere di Cappellacci a pregustare la preda, fa pensare più a un triste gioco della vecchia politica che alla fisica meccanica, perché di fronte al nulla politico, da Cappellacci rappresentato, il tempo assolve ogni peccato e riabilita certi seniores a rientrare dalla porta principale. E se questo Giunto non ha niente di rosa, ma molto grigio (e non solo per le tempie dei suoi assessori) è perché, dice Cappellacci: “la nostra attenzione era concentrata sull’obiettivo di aggredire i punti del programma”. Ma che diamine deve fare il Giunto di Cappellacci che necessita di cotanta mascolina attività? Deve spostare l’intero mobilio a Villa Devoto? O ha intenzione di perforare il sottosuolo alla ricerca di risorse impensabili che ci faranno diventare tutti ricchi e sorridenti come promesso? Per ora l’impressione è che l’obiettivo non sia quello di governare, ma quello di tirare a campare per un paio di mesi, per prendere magari due piccioni con una fava. La fava sono le elezioni, i due piccioni il presidente della Regione e il sindaco di Cagliari. Credo che i sardi agli effetti speciali del giunto che “eppur si muove”, avrebbero preferito e meritato una giunta Marina Spinetti in grado di governare, di “aggredire” i disagi della Sardegna e trasformarli in opportunità. Ma, per governare, un esecutivo deve anche essere specchio della società, che è formata da entrambi i generi. E le donne sono una risorsa importante da mettere in campo proprio per “aggredire” e invertire la crisi economica e di valori civili in cui ci troviamo. Le donne possano tutto e anche meglio di ciò che sinora è stato fatto da una società maschilista. Possono non solo in virtù dei loro punti di forza: la sensibilità, l’amore, lo spirito di sacrificio di cui si avvarrebbero anche in ruoli di responsabilità ma anche perché portano utili modelli di una diversa organizzazione amministrativa di vita, utilità di cui parte dell’Europa e del mondo si è accorto. Vogliamo ricordare che questo Giunto nasce mentre a Strasburgo si ribadisce che “non si può vincere se metà della squadra resta negli spogliatoi”, mentre l’America ha affidato la sua politica estera ad Hillary Clinton, l’Australia ha scelto la fascinosa Julia Gillard come premier e la Finlandia si è affidata a Mari Kiviniemi, 41 anni, per lo stesso incarico e mentre nel continente latino americano c’e’ un’autentica star politica e mediatica a tenere banco: Cristina Fernandez Kirchner, presidente dell’Argentina. Ma se Cappellacci ritiene questi modelli geograficamente troppo lontani per il suo orizzonte culturale, gli basterebbe voltarsi indietro per guardare avanti, all’esperienza della precedente legislatura. Quando Renato Soru guidava una Giunta con ben sei donne e la Sardegna era orgogliosamente esempio nel campo delle pari opportunità per l’intera penisola, in un momento in cui l’Italia scivolava rovinosamente nelle zone basse di una classifica internazionale sulle pari opportunità. Perciò la domanda non credo sia quella sottesa alla risposta di Cappellacci e cioè: “C’è posto per le quote rose in questa urgenza di aggredire la crisi?” ma piuttosto: “La Sardegna, e con lei l’Italia e le economie e le politiche moderne possono permettersi di non sfruttare pienamente la risorsa che le donne sono?” Se iniziassimo a pensare alle donne come un’opportunità e non un optional, credo agevoleremmo anche l’uscita dalla crisi. Ma per vincere conformismo e complessi di inferiorità, alcuni addirittura autoindotti servono leggi ad hoc. Come ha fatto la Norvegia. Oggi, in quella parte della Scandinavia, i temi non li affrontano partendo dalla prospettiva ideologica, come facciamo noi, ma provano a considerarli esclusivamente dal versante di praticità, efficacia, sostenibilità e senso critico, dunque tenendo conto degli effetti sulla popolazione, promuovendo un’autentica alleanza generazionale, dall’infanzia alla vecchiaia, trasversale ai sessi. Il punto non è se le donne siano migliori degli uomini o viceversa, ma piuttosto che insieme si aprono altre prospettive. Per fare più strada e in modo migliore. Tutti. ottobre 2010 3