Ottobre - Sardinews
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Eventi storici<br />
È stato quindi progettato e realizzato il foro con un diametro più<br />
grosso che avrebbe permesso di raggiungere le profondità previste<br />
con una piccola “gabbia” per portare all’esterno, ad uno ad uno,<br />
tutti i 33 minatori.<br />
Alla piccola “gabbia” sapientemente progettata, è stato dato il nome<br />
di FENIX. Questa Fenix è diventata in poco tempo la gabbia più<br />
conosciuta nel mondo. Poco o niente oggi si ricorda in Europa<br />
degli innumerevoli profondi pozzi, attrezzati con grandi gabbie,<br />
che per circa 150 anni hanno costituito l’unico collegamento tra le<br />
migliaia di minatori che lavoravano nel sottosuolo e la vita che si<br />
svolgeva alla luce del sole.<br />
Il 14 ottobre, finalmente, un numero immenso di telespettatori<br />
ha potuto gioire nel vedere che tutti i minatori erano risaliti sani<br />
e salvi in superficie, festeggiati da parenti, amici e tantissima gente<br />
che nel mondo faceva un tifo da stadio per il grande successo<br />
raggiunto.<br />
Tutti i telegiornali hanno inquadrato i 33 minatori e di essi hanno<br />
sviscerato tutte le vicende della loro giovane vita. Le immagini dei<br />
33 minatori, delle loro famiglie e delle massime autorità politiche<br />
del Paese, hanno fatto in brevissimo tempo il giro del mondo. Il<br />
grande miracolo si era realizzato e credo che la gioia per questo<br />
evento sia stata di carattere planetario.<br />
I nostri minatori, alla vista dei minatori cileni risaliti in superficie e<br />
che nonostante 70 giorni di isolamento nel profondo della miniera,<br />
avevano la forza e lo spirito per fare un sorriso e dire alcune battute<br />
a chi andava loro incontro ad abbracciarli, commentavano, con<br />
l’esperienza di chi appartiene a quel particolare mondo: sono forti,<br />
coraggiosi e sicuri perché sono minatori.<br />
Da tecnico, dico la verità, avrei avuto un grande piacere di osservare<br />
anche i visi e sentire quali sensazioni avessero riportato tutti<br />
i tecnici e maestranze del gruppo dei soccorritori che giorno e<br />
notte impiegavano la loro intelligenza e capacità per la soluzione<br />
del delicato problema. Mi riferisco ai progettisti, ai topografi, ai<br />
meccanici, agli operatori delle macchine e a tutti coloro che con le<br />
loro valutazioni e operatività, in silenzio, erano riusciti ad ottenere<br />
quel formidabile miracolo. Forse sono stati ripresi dalle telecamere<br />
e intervistati, ma credo molto velocemente.<br />
Dico questo perché, nei primi anni ’80 del secolo scorso, per la<br />
realizzazione del Pozzo P, il Pozzo realizzato per l’impianto di eduzione<br />
– 200 di Monteponi, oggi dedicato al Papa Giovanni Paolo<br />
II, tecnici altrettanto abili, realizzarono con la stessa tecnica<br />
utilizzata oggi in Cile, un foro pilotato (e per chi ne conosce le<br />
problematiche sa che non è cosa semplice neanche oggi) avente una<br />
lunghezza di 375 metri che centrò in pieno la camera in profondità<br />
consentendo la realizzazione delle opere successive. Degli uomini<br />
che realizzarono tale opera oggi poco si ricorda. Come si tende a<br />
dimenticare tutta la grande cultura tecnica ed umana che ha caratterizzato<br />
le nostre miniere.<br />
E’ evidente che la situazione del recupero dei minatori cileni e<br />
quello della realizzazione del Pozzo di Monteponi siano estremamente<br />
differenti per la posta in gioco, tuttavia è da segnalare come<br />
nelle miniere sarde venissero utilizzate le tecniche più moderne. A<br />
distanza di trent’anni sono cambiate le macchine, ma non le professionalità<br />
degli operatori che, in questa felice occasione hanno<br />
riscosso il plauso del mondo intero ma che, purtroppo, qui da noi<br />
si sono perse forse per sempre.<br />
E’ stato un evento felice che rimarrà nella storia non solo del Cile,<br />
ma di tutto ciò che è legato alle storie della miniera i cui racconti,<br />
da Cronin a Zola e numerosi altri scrittori, sono permeati di una<br />
profonda tristezza. Si pensi soltanto che il numero delle vittime in<br />
miniera, supera di gran lunga quello di alcune guerre cruente del<br />
passato.<br />
Si può ancor più valutare la felicità dell’evento se rileggiamo alcune<br />
considerazioni che Gabriele D’Annunzio, in visita alle nostre miniere<br />
nel 1882, ci ha lasciato sui minatori e il loro ambiente di vita:<br />
“…Noi andavamo, con quelle lucerne in mano, tenendoci in mezzo<br />
alle rotaie per non ruinare in qualche frana. Non si vedeva nulla:<br />
le muraglie nere respingevano le ombre dei corpi umani; la melma<br />
stagnante fra le rotaie respingeva i riflessi della luce. Era una<br />
durezza da e per tutto, una durezza di macigno nero inflessibile e<br />
indomabile.” E ancora “ … E i minatori stanno lì, e picchiano. Sono<br />
giovani muscolosi, dalle braccia di ferro, dal petto ampio; sono uomini<br />
invecchiati troppo presto, invecchiati nella battaglia, invecchiati<br />
nella tenebra fonda; gobbi, gialli, sconfitti, sembrano piante cresciute<br />
allo scuro. Nella carne hanno la terra, la terra infeconda e argillosa<br />
e gravida di piombo; negli occhi hanno luccicori di bestie”. Mentre,<br />
riferendosi alle povere case dei minatori, riferisce:<br />
“ …Gente per cui il senso della vita è angoscioso, costretta ad estenuarsi<br />
i polmoni nell’aria attossicata delle gallerie, frangersi le braccia<br />
contro la pietra, a dormire poi sulla terra umida, senza strame,<br />
sotto le travi nere di fumo.<br />
Per quegli uomini la famiglia non ha gioie: dentro quelle tane ogni<br />
affetto intristisce.”<br />
Cesare Pascarella che accompagnava D’Annunzio nella visita, in<br />
una breve poesia, racconta ciò che ha visto: la difficoltà dei lavori e<br />
le sofferenze dei minatori e conclude:<br />
“Bè: ieri che so’ stato a le miniere,<br />
‘Ste cose che te pare che t’inventi,<br />
Tutte ‘ste cose qui l’ho viste fare!<br />
Oggi molte cose sono cambiate nelle tecniche di lavorazione, ma<br />
l’unica cosa che non cambia, che resta immutata è lei, la miniera<br />
spesso padrona incontrastata di tragici destini di tanti uomini.<br />
L’auspicio è che tanti validissimi tecnici aiutati dai gioielli della<br />
tecnologia possano in futuro compiere altri simili miracoli, ma il<br />
principale auspicio è che la messa a punto delle più sofisticate apparecchiature<br />
di sicurezza nelle diverse miniere possa contribuire<br />
a ridurre drasticamente, se non ad eliminare del tutto, le cause di<br />
tragici eventi.<br />
Ai 33 minatori, alle loro famiglie e a tutto il Cile che festeggia<br />
il “Miracolo”, un grande plauso e un augurio da parte di tutti i<br />
minatori della Sardegna che oggi, ancora più di ieri, si sentono<br />
orgogliosi di essere o essere stati minatori.<br />
ottobre 2010<br />
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