Ottobre - Sardinews
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Quindici anni fa moriva il giovane grande scrittore di “Passavamo sulla terra leggeri”<br />
Sergio Atzeni, identità sarda guerriera<br />
contro le logiche di ogni dominazione<br />
Sardi illustri<br />
Stefania Marongiu<br />
<strong>Sardinews</strong> ha chiesto a Stefania Marongiu, laureata in Operatore culturale<br />
per il turismo alla Facoltà di Lettere e Filosofia di Cagliari con<br />
una tesi su Sergio Atzeni, cosa resta del pensiero dello scrittore nella<br />
cultura della Sardegna a quindici anni dalla morte.<br />
cosa pensiamo quando parliamo di “identità”? Il tema è estremamente<br />
attuale e al contempo, frutto di dibattiti e riflessioni<br />
A<br />
di lunga durata. L’identità acquisisce diverse accezioni, nell’impossibilità<br />
di circoscrivere i caratteri che ipoteticamente possono essere<br />
definiti come “identitari”. Nell’opera di Sergio Atzeni, l’identità ha<br />
avuto un ruolo centrale, sia come tematica interna ai romanzi, sia<br />
come spunto di riflessione critica sulle pagine dei giornali. Ad oggi,<br />
il dibattito al quale anche Atzeni ha partecipato, ha ricevuto e riceve<br />
contributi differenti e non sempre concordi. Identità inclusiva o<br />
esclusiva? Identità radicata (e radicale) o identità aperta alle influenze<br />
esterne?<br />
Certo è impossibile dare una risposta univoca, ma è almeno possibile<br />
rintracciare nelle pagine di Atzeni – il quale rappresenta un<br />
esempio di intellettuale “sardo” e insieme “europeo”- stralci di idee,<br />
opportunità di ragionamento e soprattutto una visione personale<br />
dell’“essere sardi” che può però risultare condivisa anche oggigiorno.<br />
Facciamo qualche esempio. Il romanzo postumo Passavamo sulla<br />
terra leggeri, pubblicato nel 1996 dalla Mondadori, racconta la genesi<br />
del popolo sardo dagli albori fino all’inizio dell’epoca medievale.<br />
La storia descrive con quali modalità – culturali, linguistiche,<br />
tradizionali- i sardi strutturano la loro identità, affrontando diverse<br />
problematiche, su tutte il contrasto con le popolazioni che tentano<br />
di invadere l’isola. Nel conflitto con lo straniero è individuabile l’ansia<br />
collettiva rispetto al preservare l’integrità del popolo ma allo stesso<br />
tempo l’impossibilità di sottrarsi alle influenze culturali esterne.<br />
Quello che Atzeni sottolinea è che la commistione tra popoli è uno<br />
degli elementi principali nella formazione di un’ identità (collettiva<br />
e individuale); da questo punto di vista, l’idea di identità in Atzeni<br />
affonda le proprie radici in un contesto preciso ma senza dimenticare<br />
l’importanza dell’apporto straniero. Il contatto tra popolo sardo e<br />
popoli invasori, nonostante i traumi, si basa sull’arricchimento reciproco.<br />
Questo dialogo s’interrompe quando poi l’invasore non è più<br />
portatore di cultura ma di aggressione: i romani irrompono nello<br />
scenario isolano con la volontà di soggiogare i sardi e di sfruttare le<br />
risorse. In qualche modo, sotto la finzione narrativa, Atzeni ricorda<br />
e ripete come la storia della Sardegna sia funestata dall’invasività di<br />
popolazioni – o, spostando l’attenzione sul passato recente, di elitèpiù<br />
forti-. È evidente che per Atzeni, raccontare l’ascesa e il declino<br />
del popolo sardo significava raccontare come forse certe dinamiche<br />
di potere ed egemonia si siano delineate in tempi remoti e di come<br />
questo abbia mutato la percezione dell’identità, trasformandola in<br />
un obiettivo da colpire e non in uno strumento di comunicazione<br />
tra persone. L’idea di un’ identità “vulnerabile”, tanto da essere difesa<br />
strenuamente in modo forse eccessivamente esclusivo, nasce da<br />
un passato di dominazione? Non è meglio ricordarci che nel romanzo<br />
ciò che emerge è la commistione culturale e che il predominio<br />
non ha nulla a che fare con l’identità ma solo col potere?<br />
Si parla di identità anche in un altro romanzo di Atzeni, Apologo<br />
del giudice bandito, pubblicato nel 1986 dalla Sellerio. La prospettiva<br />
è ora mutata: dagli orizzonti sconfinanti e l’identità radicata di<br />
Passavamo, si è arrivati allo spazio ristretto della città di Cagliari e<br />
un concetto di identità completamente cambiato. Il personaggio di<br />
Itzoccor, il giudice bandito, è simbolo di una sardità “guerriera”,<br />
che ha subito l’invasione e ora tenta di preservare ciò che sembra<br />
perduto a causa della supremazia. È un eroe solitario che custodisce<br />
gelosamente il patrimonio identitario. Nella descrizione di questa<br />
vicenda, Atzeni sembra voler raccontare tra le righe l’attaccamento<br />
all’essere sardi davanti alle difficoltà della propria epoca. Ancora una<br />
volta però, l’identità si distacca da contesti politici, per diventare<br />
metafora “universale” dei popoli oppressi: Itzoccor ha imparato un<br />
gioco simile agli scacchi da suo padre, che a sua volta l’ha imparato<br />
da un arabo. Lo scambio di conoscenze racconta un destino<br />
condiviso. Esiste quindi un carattere di “inclusività” nel concetto di<br />
identità di Itzoccor, da intendersi come accettazione di coloro che<br />
si riconoscono in determinati valori, pur non essendo parte di una<br />
identità definibile come “sarda”. Quello che emerge insomma, è che<br />
ciò che conta è l’opposizione alle logiche di dominazione, atteggiamento<br />
che è insieme proprio di ogni popolo che ha subito un’invasione<br />
e, al contempo, attinente alla specificità sarda.<br />
Sergio Atzeni non c’è più e non possiamo sapere quale sarebbe stato<br />
il suo atteggiamento rispetto alla situazione culturale e “politica”<br />
della Sardegna di oggi. Ciò che conta è l’eredità che ha lasciato e<br />
che ognuno può cogliere. A ogni modo, si può ipotizzare che all’interno<br />
dei suoi romanzi siano presenti tracce di idee e di pensieri<br />
che rinviano a una visione dell’identità e dell’essere sardi che può<br />
risultare attuale, soprattutto per coloro che non si riconoscono nelle<br />
etichette e nelle definizioni “senza se e senza ma”, e che anzi, riconoscono<br />
un bisogno intimo di convivere con più anime: da una<br />
parte, una salda appartenenza “identitaria” che però, dall’altra, non<br />
esclude l’apertura verso il mondo e soprattutto verso un progetto<br />
di riforma – culturale, sociale, politica, economica- che non guarda<br />
solo al proprio territorio ma in generale all’orizzonte più ampio di<br />
una società nuova per tutti.<br />
ottobre 2010<br />
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