Ottobre - Sardinews
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Società civile<br />
Convegno a Cagliari al Palazzo di Giustizia con Sonia Alfano, Gianmario Demuro e Gianni Loy<br />
Ingroia: in pericolo lo Stato di diritto<br />
Sì, è in aumento il modello mafioso<br />
flemmatico Antonio Ingroia, deciso e sicuro come chi si muove<br />
sempre in punta di diritto. E anche quando gli capita, una<br />
È<br />
sera a cena, di trovarsi di fronte un imputato che sostiene di esser<br />
stato assolto in due procedimenti a Palermo, Ingroia - procuratore<br />
aggiunto della Procura Antimafia siciliana - smette solo per un attimo<br />
di mangiare. Il tempo necessario per ribattere allo stentoreo<br />
Nichi Grauso che “è grave non essersi accorto di aver avuto una<br />
condanna”. Ma di incontri non piacevoli Antonio Ingroia deve averne<br />
fatti tanti, sembra imperturbabile, quasi fatalista.<br />
Etica. A Cagliari Ingroia è relatore di un incontro pubblico, a Palazzo<br />
di Giustizia, organizzato da tre donne, come il magistrato decise<br />
e convinte che di giustizia ed etica si parli sempre troppo poco, Laura<br />
Pisano, Katya Esposito e Annarita Dionisi. Insieme a Ingroia<br />
non a caso hanno coinvolto l’europarlamentare dell’Italia dei Valori,<br />
Sonia Alfano, il docente di Diritto Costituzionale, Gianmario<br />
Demuro, il giuslavorista Gianni Loy. Prima di loro era toccato al<br />
magistrato Domenico Fiordalisi, della difficile e problematica Procura<br />
di Lanusei, esser protagonista di un incontro sul tema della<br />
giustizia. Ingroia arriva in città e viene preso in consegna da discreti<br />
e protettivi angeli custodi. Ci è abituato, non potrebbe essere diversamente<br />
per chi ogni giorno rischia la vita per combattere la mafia.<br />
Non lo dice, ma per essere a Cagliari ha incastrato impegni di lavoro<br />
e orari del Palermo – Cagliari. Neanche un’ora persa, nella giornata<br />
tipo del procuratore: sveglia presto, alle 8 in Procura, alle 20 a casa<br />
se tutto va bene e se non ci sono inviti a parlare di cosa significa il<br />
termine mafia nel 2010. Non rifiuta mai inviti a incontri pubblici,<br />
anche parlare di mafia è combattere la mafia. Davanti a una platea<br />
preparata e a tratti adorante, il magistrato palermitano inizia con le<br />
scuse. “Scusate per l’iniezione di pessimismo che vi somministrerò.<br />
Ma occorre – aggiunge - una sana dose di realismo per guardare<br />
con franchezza la situazione di oggi e cosa si profila all’orizzonte dei<br />
cittadini. E diventa difficile non evidenziare i concreti pericoli per lo<br />
Stato di diritto democratico, come descritto nella Carta costituzionale,<br />
dall’attuale periodo di controriforme che ci attendono”.<br />
Questione morale. Niente giri di parole, Ingroia parla chiaramente<br />
di “questione morale che è diventata una questione squisitamente<br />
criminale. Il tasso di condotte illecite criminali riconducibili a<br />
soggetti della nostra classe dirigente, dice subito, è senza precedenti<br />
nella storia repubblicana. È sotto gli occhi di tutti, la corruzione<br />
è dilagante a tutti i livelli, dai vertici ai livelli medio, medio bassi.<br />
Il livello di compenetrazione tra poteri criminali e pezzi della classe<br />
dirigente, spesso politica e con importanti incarichi istituzionali,<br />
è senza precedenti, e dobbiamo chiederci come e perché siamo<br />
arrivati a tutto questo. Quale strade imboccare e a quali pericoli<br />
stiamo andando incontro”. A chi dice che il fattore principalmente<br />
responsabile è un’invasione della politica nella magistratura, Ingroia<br />
risponde che “è esattamente il contrario. La caratteristica degli ultimi<br />
20 anni nel Paese è l’assenza di politica, il venir meno del ruolo<br />
di mediazione che la politica dovrebbe svolgere tra interessi privati<br />
e interessi pubblici. Quello che si evidenzia, anche da indagini e<br />
investigazioni, è che interessi privati si sono impadroniti dei luoghi<br />
pubblici utilizzando la politica per la propria autoconservazione. Le<br />
indagini degli anni ‘90 riguardavano la classe politica che depredava,<br />
oggi sono gli uomini, i singoli. C’è più corruzione privata, ed è<br />
Francesca Zoccheddu<br />
Antonio Ingroia, sostituto procuratore antimafia a Palermo, sotto con il Procuratore<br />
della Repubblica di Cagliari Mauro Mura, a destra l’europedutato Sonia Alfano<br />
e il costituzionalista Gianmario Demuro durante il dibattito in Corte d’Appello.<br />
aumentato il modello mafioso”.<br />
Modelli nella storia. Sono due, sostiene il magistrato, i modelli<br />
nella storia italiana : “quello Lima e quello Ciancimino. Sono apparentemente<br />
uguali ma diversi. Salvo Lima era il massimo esponente<br />
della corrente andreottiana siciliana. Era un politico che aveva stretto<br />
rapporti con la mafia, faceva a suo modo un ruolo di mediazione<br />
politica tra interessi della mafia e quelli del suo partito. Vito Ciancimino,<br />
invece, era il mafioso entrato in politica, portatore di interessi<br />
mafiosi, utilizzava la politica per questi interessi”. Fino all’omicidio<br />
Lima, ha spiegato ancora, il modello prevalente era quello dell’esponente<br />
democristiano, mentre Ciancimino perse padrini politici e<br />
finì la sua carriera per vicende giudiziarie. Salvo Lima venne ucciso<br />
perché il suo modello non è stato all’altezza delle aspettative dei mafiosi.<br />
Capimafia come Leoluca Bagarella si convinsero che non ci<br />
si poteva più fidare dei politici, volevano avere un controllo diretto.<br />
Ruolo della magistratura. L’equilibrio instabile dell’Italia ante anni<br />
‘90 era garantito dalla politica, gli illeciti dilaganti non venivano<br />
24 ottobre 2010