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Ottobre - Sardinews

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Cinema<br />

Successo dopo Capalbio, il libro di Michela Murgia, il volume del 2003 di Alessandro Bucarelli<br />

Deu ci sia, Femmina accabbadora a New York<br />

E Clara Murtas ricorda i “brebus” della nonna<br />

a buona morte”, come si era soliti chiamare quella procurata<br />

“Ldalla Femmina Accabbadora, non è da intendersi nel senso<br />

di ‘bella’ o ‘gradevole, bensì ‘buona’ nel senso di ‘utile’, necessaria ad<br />

alleviare un’estrema o in altro modo irrimediabile sofferenza. Era un<br />

atto insieme pietoso ed egoistico, in quanto serviva a porre fine alle<br />

atroci sofferenze del moribondo, ma anche ad “alleggerire” il gravoso<br />

impegno da parte dei parenti”, specialmente in tempi di condizioni<br />

di precarietà economica. Così nel suo libro pubblicato nel<br />

2003 il professor Alessandro Bucarelli, allora direttore dell’Istituto<br />

di Medicina legale dell’università di Sassari, insieme all’altro autore<br />

Carlo Lubrano, descriveva il tema scottante dell’eutanasia ante litteram<br />

praticata in Sardegna con certezza per lo meno fino ai primi<br />

decenni del XX secolo. Il suo fu il primo testo scientifico mai scritto<br />

sull’argomento e comunque il primo in assoluto sul tema. Anche se<br />

pochi anni dopo divenne presto tema piuttosto popolare e diffusamente<br />

discusso fino a che anche la cultura “pop” se n’è voracemente<br />

appropriata. Il premio Campiello di quest’anno è andato alla scrittrice<br />

Michela Murgia con un romanzo dal titolo Sa Accabbadora. E<br />

corre voce nel mondo cinematografico nazionale che ne siano stati<br />

immediatamente acquisiti i diritti d’autore per realizzarne un film.<br />

Intanto però il primo prodotto del cinema non è soltanto da poco<br />

stato presentato al prestigiosissimo New York Film Festival, uno dei<br />

due film italiani in concorso ed unico cortometraggio del nostro<br />

paese, ma ha già vinto il primo premio al Festival di Capalbio lo<br />

scorso ottobre. Si intitola Deu ci sia, è firmato da Gianluigi Tarditi<br />

che ne ha realizzato la regia, scritto la sceneggiatura e le musiche ed è<br />

prodotto dalla Ophir Production, di Simone Montaldo e Felicina<br />

della Vecchia, isolani con sede e dimora stabile a Roma.<br />

Deu ci sia è un’opera eccellente, molto apprezzata dal pubblico<br />

newyorkese, di raffinata esecuzione, in cui spicca la presenza scenica<br />

di Clara Murtas, nel ruolo della protagonista e di un ottimo cast,<br />

prevalentemente isolano, che comprende Clara Farina, già nota e<br />

apprezzata dal pubblico sardo, Mario Olivieri, Carla Orrù, Daniele<br />

Meloni e Michele Carboni, con l’eccezione della romana Guja<br />

Quaranta e di Fabio Vannozzi, livornese.<br />

Gianluigi Tarditi, a New York per la presentazione del cortometraggio,<br />

alla domanda di come e perché ha iniziato ad interessarsi<br />

alla figura di Sa Accabbadora, risponde: “Me ne hanno parlato la<br />

prima volta Simone e Felicina e per me è una figura fantastica, paragonabile<br />

ai grandi Miti greci, merita di stare nell’Olimpo, sia da<br />

un punto di vista antropologico che drammaturgico.” Tarditi ha un<br />

tono di voce basso, esprime le sue idee con intensa partecipazione e<br />

manifesta una fine sensibilità. Anche se questa volta il suo lavoro era<br />

di fiction, ha fatto con attenzione la sua ricerca. Conosce il libro di<br />

Bucarelli e Lubrano, ha letto diverse altre cose in materia, e mentre<br />

girava il film in Sardegna, ha intervistato alcune persone che hanno<br />

conosciuto delle Accabbadoras. Poi ha realizzato il suo corto di fiction<br />

e lo ha fatto bene.<br />

“Questa figura aveva a che fare con l’intero ciclo della vita dell’uomo,<br />

da levatrice ad Accabbadora, il che la rende fascinosissima,<br />

continua. Per me rappresenta un aspetto fondamentale della vita<br />

che oggi, in gran parte invece, si cerca di evitare. A prescindere dal<br />

modo, in questa società dell’Accabbadora, la morte si affrontava.<br />

Viviana Bucarelli<br />

Oggi si evita. Si evita di pensarci, di parlarne, di considerare che<br />

esista. Sembra che siamo tutti immortali. Prima credo se ne avesse<br />

più consapevolezza”.<br />

Quando Tarditi ha dovuto rappresentare la scena in cui la Accabbadora<br />

deve agire, lo ha fatto in modo che non può non descriversi<br />

come cruento. “Volevo che la morte fosse drammatica. Senza che<br />

nulla venisse tolto alla responsabilità dell’Accabbadora, né della famiglia,<br />

dice. E da qui deriva la complessità di questo gesto, il fascino<br />

di questa figura e di questa difficile questione. E apre il dibattito,<br />

necessariamente”.<br />

Come dice Tarditi stesso, citando il testo di Bucarelli, è un atto ambiguo.<br />

Si tratta di pietà o è compiuto per liberarsi di un peso?<br />

Sul perché queste donne si ritrovassero a rivestire questo ruolo e<br />

perché si cimentassero per anni e anni in questa pratica che certamente<br />

le isolava, nonostante la comunità si servisse di loro, Tarditi<br />

commenta, “La frase “Speriamo di no”, che dice l’Accabbadora ad<br />

una giovane che ha appena aiutato a partorire e questa le dice che il<br />

suo bambino appena nato è forte “come lei”, è il punto cruciale di<br />

tutto. Ci sono alcune persone che nascono con un compito da assolvere,<br />

cui non si sottraggono; hanno una certa personalità e, davanti<br />

alle scelte che la vita pone, non si tirano indietro ma percorrono una<br />

certa strada senza esitare.”<br />

A proposito della sua preparazione per il ruolo da protagonista di Sa<br />

Accabbadora, Clara Murtas ha detto “dovendo affrontare l’interpretazione<br />

del personaggio ho cercato di rievocare la figura di mia nonna<br />

che praticava sa mexina e che con disinvoltura recitava i brebus,<br />

le parole magiche contro il malocchio, e che con le sue mani dure<br />

come tavole sistemava slogature e curava noi e il vicinato. Queste<br />

donne ritenevano fosse loro compito far fronte alle necessità della<br />

comunità e non si chiedevano se fosse giusto o meno.”<br />

E su Sa Accabbadora Tarditi sta già ricominciando a lavorare. Realizzerà<br />

infatti presto un documentario.<br />

ottobre 2010<br />

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