Ottobre - Sardinews
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Le interviste<br />
Parla Giampaolo Galli, direttore generale della Confindustria durante un convegno ad Alghero<br />
Guaio Italia: burocrazia incapace, norme opache<br />
La politica non si concentra sui temi dei cittadini<br />
Ritiene “molto improbabile che si torni<br />
alla recessione” ma di ottimismo ne<br />
distribuisce poco. Perché fotografa un’Italia<br />
economica lumaca: “Il miglioramento<br />
c’è, ma è lento, molto lento. Nei prossimi<br />
trimestri e anni cresceremo a ritmi molto<br />
modesti, più vicini a un punto percentuale<br />
anziché al 2-3 di altri Paesi europei”.<br />
Lo ha detto Giampaolo Galli, nella foto,<br />
direttore generale della Confindustria italiana<br />
chiudendo ad Alghero (2 ottobre,<br />
hotel Porto Conte) il convegno fra i vertici<br />
delle associazioni industriali di tutto il<br />
Paese. È un “economista matematico”. Lo<br />
conferma un curriculum che dalla Bocconi<br />
di Milano (dove è nato 59 anni fa) lo<br />
ha portato prima al Mit di Boston a fianco<br />
di due Nobel (Franco Modigliani e Robert<br />
Solow), al Fondo monetario di Washington,<br />
poi quindici anni di BankItalia dove<br />
era approdato con Carlo Azeglio Ciampi,<br />
insegnamento alla Luiss. Dal febbraio<br />
2009 è alla direzione degli imprenditori<br />
privati guidati da Emma Marcegaglia. Dice<br />
Galli: “Il fenomeno-Italia è complesso. Da<br />
quando l’Europa si è data parametri certi,<br />
l’Italia non si è saputa adeguare a quella<br />
svolta. Anche perché non possiamo usare<br />
più quelle droghe – svalutazioni e debito<br />
pubblico - che nei decenni precedenti ci<br />
consentivano aggiustamenti sia pure temporanei.<br />
Con gli anni sono venuti fuori i<br />
problemi strutturali di cui soffre il Paese”.<br />
Il principale qual è, se proprio se ne può<br />
individuare uno?<br />
“Il primo posto in negativo è quello della<br />
burocrazia congiuntamente a un’opacità<br />
e difficoltà di interpretazione delle norme<br />
internazionali del gioco. Oggi un’impresa<br />
non sa quali norme applicare. E un imprenditore<br />
o un cittadino difficilmente sa<br />
a chi rivolgersi nell’amministrazione pubblica<br />
per trovare una soluzione al proprio<br />
problema. L’Italia così è frenata. A Roma<br />
come a Sassari, a Milano come a Cagliari.<br />
Se la burocrazia non è svelta non può esserlo<br />
l’economia. Eppure alcuni tentativi, da<br />
parte dei ministeri della Pubblica amministrazione<br />
e della Semplificazione burocratica,<br />
sono stati fatti anche in modo positivo”.<br />
Resta il tema sul quale Confindustria<br />
batte spesso sull’incudine: quello della<br />
formazione. L’Italia è in coda e la Sardegna<br />
è ultima in Italia. Nessuna università<br />
Mariano Deiana<br />
isolana rientra nel ranking dei principali<br />
atenei.<br />
“L’Ocse ha più volte detto che noi abbiamo<br />
una buona scuola elementare. Male le<br />
medie e le superiori. Idem per le università.<br />
Basse le competenze in lettura, in matematica,<br />
in scienze. Venti, trent’anni fa non<br />
eravamo messi così male. Su seicento atenei<br />
il primo italiano è Bologna al posto 174.<br />
La popolazione con istruzione universitaria<br />
(25-64 anni) nella media Ocse è al 28 per<br />
cento, l’Italia è a quota 14, la Germania è<br />
a 25, il Regno Unito a 33, gli States a 41.<br />
Dobbiamo convincerci che più istruzione<br />
vuol dire più occupazione. Se non risolviamo<br />
questo problema le parole continuano<br />
a volare nel vento. La formazione deve essere<br />
la regola non l’eccezione. E deve essere<br />
continua, non basta prendere una laurea”.<br />
Gli italiani hanno visto in tv gli abbracci<br />
tra Guglielmo Epifani e la Marcegaglia.<br />
È solo bon ton – che certo non guasta in<br />
un’Italia sguaiata - tra Cgil e Confindustria<br />
dopo un’estate rovente?<br />
“Tra le associazioni sindacali e le organizzazioni<br />
di impresa ci sono punti di convergenza.<br />
Riteniamo che quella che viene<br />
chiamata società civile si debba ritrovare a<br />
convergere sul maggior numero possibile<br />
dei problemi. Domani ci sarà un nuovo<br />
incontro. E se Confindustria e sindacati<br />
dialogano e concordano è solo un fatto positivo<br />
per l’Italia”.<br />
La chimica europea è leader mondiale,<br />
lo è quella tedesca. In Germania la chimica<br />
produce utili, brilla nella proprietà<br />
intellettuale dei brevetti. Da noi è tangentopoli<br />
e incapacità. Portotorres, Ottana<br />
e Macchiareddu docent.<br />
“È una palla al piede la chimica ereditata<br />
dall’impresa pubblica. Esiste anche nel<br />
nostro Paese una chimica fine sviluppata,<br />
competitiva, l’azienda di Squinzi, la Mapei<br />
ne è un esempio, ci sono aziende attive e<br />
competitive nel mercato, vendono anche<br />
in Germania. Il problema è uno: l’Italia, al<br />
di là delle emergenze tra le quali spicca la<br />
Sardegna, non si è dotata di fattori di competitività.<br />
E la chimica ne soffre come tutta<br />
l’industria, dal tessile al metalmeccanico È<br />
un settore da resettare, anche per mantenere<br />
una zoccolo industriale produttivo in<br />
Sardegna”.<br />
Pochi giorni fa, proprio per l’isola, il leader<br />
della Confindustria regionale Massimo<br />
Putzu ha definito una commedia<br />
la politica sarda riferendosi al balbettìo<br />
di una giunta regionale incancrenita sul<br />
non agire.<br />
“È il guaio di tutto il Sud o di tutto il Paese.<br />
È evidente che a Roma come a Cagliari<br />
ci sono problemi reali nella politica. Incontriamo<br />
tutte la parti sociali non per sostituirci<br />
alla politica ma per chiedere che la<br />
politica, nazionale o locale che sia, si concentri<br />
sui temi veri dei cittadini. E sono,<br />
ripeto, la burocrazia da rendere efficiente,<br />
gli investimenti in ricerca e innovazione,<br />
la realizzazione delle infrastrutture programmate<br />
e già approvate, una politica per<br />
ridurre il gap formativo con i competitori<br />
occidentali. Sono temi centrali lo sviluppo<br />
del Mezzogiorno e la riforma fiscale”.<br />
Avete parlato di un decennio perduto<br />
davanti a un’Italia che non agisce.<br />
“Negli ultimi quindici anni gli indici di<br />
crescita sono stati molto bassi: per il Pil,<br />
per la produttività industriale, per il reddito<br />
pro capite, per le retribuzioni. Ma questi<br />
problemi non si risolvono se non si crea un<br />
ambiente favorevole all’impresa. Occorre<br />
agire sui fattori di fondo. E se non si fertilizza<br />
il terreno continueremo a trovarci di<br />
fronte delle emergenze”.<br />
4 ottobre 2010