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Giugno<br />

20<strong>13</strong><br />

<strong>13</strong><br />

segue da pag. 12<br />

tempo ai nostri ragazzi, educhiamoli ad avere<br />

occhi vigili, orecchio allenato e mani pronte ad<br />

aiutare. Aiutiamo a far comprendere che il volontariato<br />

e la Caritas non è robba da vecchi!<br />

Per spiegare certe cose,<br />

c’è bisogno di un gesto.<br />

Stefano Dal Bianco<br />

“Ho posato una ciotola di sassi tra me e voi, sul<br />

pavimento. Vorrei parlare di questi sassi, ma non<br />

della loro forma o del loro colore, e nemmeno<br />

della loro sostanza o del loro peso. Vorrei parlare<br />

di questi sassi, ma prima vorrei essere sicuro<br />

di non essere frainteso.<br />

Per esempio, nemmeno del mio gesto mi posso<br />

fidare: forse è sembrato un gesto teatrale,<br />

magari fatto male, senza stile, ma pur sempre<br />

con dentro qualcosa di simbolico. Invece io non<br />

voglio questo. Io vorrei che tutta l’attenzione si<br />

concentrasse proprio sui sassi che stanno lì e<br />

al tempo stesso che questa fosse più simile a<br />

una poesia che a un monologo. E un’altra cosa<br />

non vorrei: che questa dei sassi fosse considerata<br />

una ‘trovata’; perché sarebbe vero solo in parte:<br />

io sono veramente preoccupato che noi non<br />

parliamo la stessa lingua, ed è così che ho scritto<br />

una poesia dimostrativa.<br />

Ma io sono preoccupato soprattutto in questo<br />

momento, ed è un momento, un attimo, in cui<br />

non voglio dimostrare niente, voglio solo andarmene<br />

contento, nella sicurezza di aver parlato<br />

con qualcuno, e che qualcosa sia successo.<br />

Non mi interessa se ciò che sto facendo<br />

sia vecchio o nuovo, bello o brutto, ma mi<br />

dispiacerebbe se fosse inteso come falso, e sto<br />

rischiando. Allora, vorrei che ci si concentrasse<br />

su quei sassi. Non perché siano importanti<br />

di per sé, e non perché siano un simbolo di qualcosa,<br />

ma proprio perché sono una cosa come<br />

un’altra: sassi. Hanno però delle qualità: sono<br />

visibili e toccabili, sono tanti e sono separati. Noi<br />

dobbiamo stare con i sassi. Sono una cosa del<br />

mondo. E dobbiamo cercare di capirli. È per questo<br />

che ho scritto una poesia che ha bisogno<br />

di un gesto e di un pensiero.<br />

Adesso io starei qualche secondo in silenzio,<br />

pensando ai sassi.”<br />

Racconto di una serata alla mensa<br />

Laura Russo<br />

14 Gennaio 20<strong>13</strong>, Caritas di Roma.<br />

C’era solo lo specchio di una mensa della Caritas<br />

e le voci pesanti di chi ti parla parole spazientite<br />

e rassegnate. Tutto intorno una corsa continua.<br />

Mani attente a dosare non solo il cibo e<br />

il contatto. In quel formicaio di persone, che è<br />

vita e famiglia, c’era il sorriso di Iuliano e le canzoni<br />

di Mario.<br />

«Conosco Claudio Villa ma posso cantarti anche<br />

qualcosa di più recente, non so, Lucio Battisti<br />

lo conosci?».<br />

Mario si presentò<br />

così, con un colpo di<br />

tosse a schiarire la<br />

voce, cantando a<br />

tutto cuore.<br />

Non appena finito continuò:<br />

«A casa ho una<br />

radio, la accendo<br />

ogni mattina perché<br />

mi fa compagnia.<br />

Amo la musica, anche<br />

quella moderna, quella<br />

che sentite voi giovani.<br />

Da quando mi<br />

è calata la vista non<br />

riesco più a leggere<br />

e la televisione mi mette<br />

tanta tristezza;<br />

così accendo la radio e ricordo. Mi vuoi chiedere<br />

come sto? Non chiedermelo, vedo tanti volontari<br />

ogni giorno e mentre sorridi, adesso, mi sento<br />

bene. Sì, sto bene. Lo sai quanti anni ho?<br />

Ne faccio 80 a <strong>giugno</strong> e sono di puro sangue<br />

romano, ho otto fratelli, saremmo dovuti essere<br />

dodici ma quattro sono morti alla nascita, ho<br />

cinque figli e dieci nipoti, il maggiore ha trent’anni<br />

e mi ha fatto diventare bis-nonno.<br />

Quasi non riesco a crederci: Bis nonno, mi sento<br />

così vecchio. Il più piccolo della famiglia si<br />

chiama Gabriele, ha 10 mesi».<br />

Davanti al suo petto, poggiato sul tavolo freddo<br />

forchetta e coltello nel piatto di plastica, una<br />

brocca d’acqua quasi vuota e le mani di Mario.<br />

«Lo sai? La mia famiglia mi<br />

ha promesso una grande festa<br />

per quando compirò ottant’anni.<br />

Rivedrò i miei figli e<br />

tutti i nipoti, ci pensi? Una<br />

festa. Per me».<br />

Mario è strepitoso, una<br />

memoria d’acciaio, tanta forza<br />

nelle gambe e nel cuore.<br />

Tutti i giorni, con metro<br />

e autobus, arriva alla mensa<br />

della Caritas di Ponte<br />

Casilino, dalla parte opposta<br />

di Rebibbia dove vive solo,<br />

solo come sarà il giorno del<br />

suo ottantesimo compleanno.<br />

L’ironia fa parte di Mario e<br />

dopo aver raccontato barzellette<br />

ed indovinelli inizia<br />

il suo racconto sulla guerra,<br />

una guerra che ha vissuto<br />

dai cinque ai dodici anni.<br />

La racconta con tono di eroe,<br />

intonazione perfetta di un<br />

anziano che ha toccato<br />

con mano quella parte di vita<br />

strappata dal nulla nei giorni<br />

vuoti della sua infanzia.<br />

C’era solo il sorriso di<br />

Iuliano e le canzoni di<br />

Mario in quel formicaio di vita,<br />

Era come vivere in un altro<br />

tempo con la consapevolezza<br />

che sarebbero serviti altri giorni<br />

per sentire quel freddo che ci salutava, imparare<br />

un’altra lingua, bussare a una porta socchiusa,<br />

entrare.<br />

E’ questo: è un semplice gesto con la mano, la<br />

si solleva fino al volto per poi stenderla verso<br />

chi la aspetta da sempre, in quel momento si<br />

fa il nostro dovere di uomini liberi, accendiamo<br />

delle luci nel buio per poi contarle, si cerca il<br />

bene nascosto al di là di un muro che solo rinunciando<br />

a tutti i muri brilla.<br />

Mattone su mattone si costruisce una casa, mattoni<br />

che esistono, spaccati con il sudore; mattoni<br />

che contano più delle parole e che come<br />

le parole si poggiano l’uno sull’altro in un bellissimo<br />

quadro di comunicazione.

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