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Giugno 18 2013 don Ettore Capra La natura, in giugno, intona l’estivo suo canto nelle messi piene di forza vitale, evocate dal testo (siriaco?) della Didaché, riprodotto, nel rinnovato rito della Messa, in luogo dell’antico offertorio, che, incuranti dell’imminente mietitura paiono, con l’ondeggiare sereno, voler insegnare che solo nel sacrificio generoso potranno mutarsi nel pane che nutre chi percorre la terra e nell’azzimo che placa chi abita i Cieli. In questa danza di messi rivedo le processioni del Corpus Domini nelle campagne, espressioni di fede dei nostri avi e della loro speranza, che il Signore, passato un giorno a spigolare con gli apostoli nei campi, ed ora ugualmente presente nei veli del Sacramento, si degnasse di benedire la terra. Cesare Angelini, sacerdotale cometa di delicata profondità spirituale per molti letterati del “secolo breve”, di giugno scrive nel suo “Zodiaco” 1 : “Se il fico intenerisce il ramo, dite che l’estate è vicina...” e giugno arriva. Densi colombi ombrano la riva del Lambro, ebbri del fiore della vite. Se biade bionde ondeggiano granite tal che ogni campo oro circoscriva, cresce il bene del vivere, s’avviva la fiducia alla Sua presenza mite. Giugno, mese virile, età perfetta dell’anno, che recessi ombrosi accampi tra l’entusiasmo dei tuoi luoghi soli; plaudono balenando i primi lampi e la nitida nuova cicaletta lima il silenzio ai piedi dei quercioli. Ma è il suo commento alla sequenza della Messa del Corpus Domini che mi permetto di proporre di seguito per questo mese eucaristico: …L’inno si apre con impeto, quasi torrente in piena: Lauda Sion Salvatorem Lauda ducem et Pastorem In imnis et canticis. Notare che San Tommaso, qui e negli altri inni eucaristici (l’ufficiatura del Sacramento è sua) abbandona la metrica quantitativa ed inaugura l’accentuativa o ritmica, con la prima comparsa della rima. Nel Lauda Sion 2 è già presente l’ottonario italiano; e in questo rinnovamento metrico, come nella evoluzione o trasformazione della lingua, la Chiesa è all’avanguardia. L’inno continua con slancio, con perizia entusiastica: Quantum potes, tantum audes Quia maior omni laude Nec laudare sufficis Anche in funzione di poeta, San Tommaso non può dimenticare se stesso teologo e loico; e la prima parte dell’inno è un trattatello che riassume la dottrina intorno alla presenza reale, e le figure antiche che l’hanno simboleggiata, e i miracoli che realizza, e le condizioni per riceverla, e gli effetti che peroduce. Par di vederlo, il professore della Sorbona, mentre muove le tre dita della destra, come nei ritratti, quasi continuando le Quaestiones della Summa col famoso respondeo quod…: Dogma datur Christianis Quod in carnem transit panis Et vinum in sanguinem. Quod non capis, quod non vides, animosa firmat fides, praeter rerum ordinem. Caro cibus, sanguis potus, manet tamen Christus totus sub utraque specie. Poesia dogmatica in tono espositivo; quasi formule di disquisizione. Ma la schiettezza del sentimento e la fede animosa e la popolare precisione del linguaggio sollevano le parole in una vibrazione lirica autentica mettendo lo spirito in contatto col Mistero. Il dogma diventa fede, canto, luce. Certo, molte cose sono esteriori, più del ritmo e della rima, come in talune strofe rotonde e un po’ rumorose. Ma ci sono momenti di fresca grazia poetica; è difficile cantare l’ineffabile con più umana commozione: Ecce panis angelorum Factus cibus viatorum, vere panis filiorum non mittendus canibus. Anche la strofa si è allungata da tre a quattro versi, sotto l’ispirazione più piena; e le rime si fanno più fitte e festose intorno alla vericontinua a pag.19
Giugno 2013 19 segue da pag.18 tà: quasi chiari campanelli che accompagnano la danza nell’odorosa festa d’estate illuminata di frumenti e di fieni. Sul finire, ogni sonorità si vela; diventa intima e ardente preghiera; la strofa si allunga anche di più, e la rima incalzante ha una sua funzione di suggestione: Bone pastor, panis vere, Iesu nostri miserere: tu nos pasce, nos tuere, tu nos bona fac videre in terra viventium. L’inno non è tutto un’esaltazione del divino banchetto che il maestro ci ha imbandito quaggiu? Ed è giusto che si chiuda con l’augurio che tutti i fedeli si ritrovino un girno raccolti intorno al banchetto celeste: Tu qui cuncta scis et vales. Qui nos pascis hic mortales, tuos ibi commensales coeredes et sodales fac sanctorum cicium. La sequenza mi ricorda un quadro, ci sia o non ci sia il pittore, l’abbia io visto o l’abbia appena sognato. La sua musica esiste in me. Dice dell’uomo Elia, l’Ulisside dei profeti, che è in giro per la terra alla maniera sua, senza pane e con una sete aridissima.. dorme in non so qual parte del continente atlantide, che è la bibbia. Dorme e sogna. Gli vien giù, prima vicino poi lontano, una gran musica d’acque. Lo risveglia con fragorosi salti: Sit laus plena sit sonora, sit iucunda, sit decora mentis iubilatio. Il profeta si guarda attorno e, d’un tratto, lampeggia un sorriso crdile. Trova sotto il suo capo il pane del pellegrino: Ecce Panis angelorum factus cibus viatorum… ne gusta, ne pregusta: vere panis filiorum… e ha un movimento di collera stupenda: non mittendus canibus! L’acqua ancora balza e precipita fra sassi: In figuris presignatur, cum Isaac immolatur, Agnus Paschae deputatur Datur manna patribus… Così, per un pezzo. Fin che il cuore è tutto in gioia, e la gran sete è spenta. Poi, su una distesa di acque crespoline, un velo perlato, un tremito di flauto: tu qui cunta scis et vales, qui nos pasces hic mortales… Rinfrancato dal viatico, il profeta cammina verso il deserto, verso il Cielo. Amen. Alleluia. 1 C. Angelini, Il piacere della memoria, Milano,1977. 2 C. Angelini, I doni del Signore, Milano,1970.
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