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Giugno<br />

20<strong>13</strong><br />

5<br />

Sara Gilotta<br />

Papa Francesco, visitando per<br />

la seconda volta dopo la sua<br />

ascesa al soglio pontificio, la<br />

basilica di Santa Maria Maggiore, mater<br />

populi romani (ed io aggiungerei populorum<br />

omnium) vi ha recitato il Rosario<br />

ed ha poi parlato ai presenti , cui ha<br />

ricordato che i cristiani devono essere<br />

miti ed umili come le pecorelle, capaci<br />

di ascoltare la voce del pastore che<br />

le salva.<br />

Parole molto semplici pronunciate con<br />

quella dolcezza, cui il nuovo pontefice<br />

ci ha già abituato. Eppure le parole<br />

del papa proprio perché apparentemente<br />

semplici devono indurre a riflettere<br />

per trarne una lezione di fede e<br />

di vita. Tanto più che il nostro tempo<br />

non sembra incline alla mitezza<br />

e alla umiltà, anzi, direi, che non conosciamo<br />

nemmeno più il significato autentico<br />

delle due parole, immersi come<br />

siamo in un clima sociale e familiare,<br />

dove conta solo primeggiare, affermando<br />

se stessi con tutti i mezzi.<br />

Perché essere miti vuol dire, non solo<br />

vivere nella moderazione e nella clemenza<br />

verso gli altri, ma soprattutto<br />

vivere privi di sentimenti di rancore<br />

e di violenza, che, purtroppo, sembrano<br />

essere segni distintivi quotidiani.<br />

E nel Vangelo la mitezza viene<br />

ricordata innanzitutto nel discorso<br />

della montagna, in cui Gesù, tra<br />

l’altro, dice ”Beati i poveri poiché vostro<br />

è il regno dei cieli”dove il termine “povero”<br />

non indica davvero uno stato economico, ma, appunto, la mitezza<br />

del cuore, che conduce ad una vita in cui si sceglie di non abbandonarsi<br />

all’ira, di essere tolleranti, pazienti e totalmente alieni da ogni forma di<br />

violenza, come ha mostrato Gesù in tutta la sua vita terrena. Ma il Pontefice<br />

ha citato anche la parabola del buon samaritano, in cui il concetto di<br />

prossimo e quello di misericordia appaiono evidenti, giacché tra tanti è<br />

solo il samaritano che si ferma a curare l’uomo rapinato e ferito dai ladroni,<br />

preoccupandosi di lasciare<br />

due denari all’albergatore,<br />

affinché, lui partito, non lo abbandonasse.<br />

Il Samaritano, dunque, è<br />

mite e misericordioso e<br />

comprende il vero significato<br />

del termine “prossimo”.<br />

Significato che noi oggi abbiamo<br />

in gran parte perso,perché<br />

siamo chiusi in uno smisurato<br />

egoismo, che nega la<br />

mitezza, ma ancora di più rende<br />

gli animi fiacchi, incapaci<br />

di sentimenti profondi e veri.<br />

Così la mitezza è diventata per<br />

molti sinonimo di debolezza<br />

e arrendevolezza paurosa, come<br />

dimostrano gli atteggiamenti,<br />

le parole, le scelte di tanti<br />

giovani, che adeguano la<br />

loro vita ai costumi peggiori,<br />

seguendo l’esempio di chi, a sua volta,<br />

debole e confuso, non può che<br />

nascondere la propria fragilità dietro<br />

il turpiloquio, la violenza delle parole<br />

e dei comportamenti.<br />

Ai giovani, infatti, si è , altresì, rivolto<br />

il Papa, per ammonirli sulla<br />

necessità di essere diversi, di non seguire,<br />

cioè, gli esempi negativi, per cercare<br />

se stessi nell’amore per il prossimo<br />

e forse prima ancora per se stessi,<br />

perché è certo che si riesce ad<br />

amare gli altri, se si è equilibrati personalmente<br />

e se si considera la moderazione<br />

non effetto di remissività e<br />

di arrendevolezza fine a se stessa,<br />

ma un modo di essere consapevole<br />

di quel che si è e di quel che si<br />

vuole essere nella vita.<br />

D’ altra parte è anche vero che la mitezza,<br />

prima ancora che nel vero e proprio<br />

esercizio del potere, si è persa<br />

nel vocabolario stesso di chi detiene<br />

il potere , qualunque esso sia.<br />

Si è finita per perdere così la misura<br />

stessa delle parole e poi dei gesti<br />

che ci rapportano agli altri, facendo<br />

in modo che forse inconsapevolmente<br />

si sia finito per dimenticare tutti gli<br />

atteggiamenti miti, umili e comprensivi.E<br />

citare Palazzeschi a questo<br />

proposito può essere illuminante<br />

. Egli dice: ”Meglio, cento volte meglio<br />

aveste dato ascolto al vostro mite istinto<br />

e non vi foste lasciato lusingare<br />

e intimidire , né tampoco spinger avanti<br />

e indietro da chicchesia….”.<br />

Sembrano parole scritte oggi per descrivere<br />

la condizione di molti che vivono trascinati verso il male da cattivi<br />

esempi , che, talora, cancellano persino il loro carattere fondamentalmente<br />

buono. Lo stesso Dante ne Purgatorio dice: “Che farem noi a<br />

chi mal desira, se quei che ci ama è per noi condannato?”<br />

Il signore è Pisistrato che alla moglie con volto sereno chiede che cosa<br />

si può volere e fare a chi ci vuole male, se si riesce a condannare anche<br />

chi ci ama.

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