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Giugno<br />

20<strong>13</strong><br />

7<br />

don Antonio Galati<br />

La Chiesa ha sempre conosciuto il<br />

sacramento della penitenza, anche se<br />

nel corso della storia questo ha conosciuto<br />

diverse forme di celebrazione. Ripercorrere<br />

brevemente lo sviluppo storico di questo sacramento<br />

permette di individuare quell’elemento che<br />

si è mantenuto costante nel corso dello sviluppo<br />

e che, quindi, permette di individuare il nucleo<br />

centrale di questo sacramento.<br />

La celebrazione penitenziale<br />

fino al VI secolo<br />

La forma della penitenza nella Chiesa antica era<br />

pubblica e irripetibile. Pubblica nel senso che<br />

il rito sacramentale avveniva davanti l’assemblea<br />

liturgica, con riti più o meno prestabiliti nel<br />

corso della storia: l’ingresso nel gruppo dei penitenti<br />

e l’imposizione della penitenza, stabiliti dal<br />

vescovo dopo un colloquio privato con il peccatore<br />

attraverso il quale confessava i propri peccati.<br />

L’ingresso nell’ordine dei penitenti era, di<br />

norma, un atto liturgico in cui il peccatore veniva<br />

messo fuori dalla comunità affinché si manifestasse<br />

a lui lo stato in cui si trovava già spiritualmente<br />

e perché la comunità pregasse per<br />

la sua conversione.<br />

Insieme con l’ingresso nell’ordine dei penitenti,<br />

il vescovo dava al penitente una penitenza<br />

che doveva soddisfare durante questo periodo<br />

che, in genere, consisteva in digiuni e pratiche<br />

di carità, comunque molto esigenti; la riconciliazione,<br />

che sancisce la fine del periodo penitenziale,<br />

in cui il vescovo impone le mani al penitente<br />

donandogli l’assoluzione e la riammissione<br />

piena all’interno della comunità.<br />

Da questo momento il riconciliato poteva partecipare,<br />

di nuovo, pienamente alla celebrazione<br />

eucaristica. Inoltre essa era irripetibile, cioè si<br />

poteva celebrare una sola volta nella vita.<br />

La celebrazione del sacramento<br />

della penitenza dopo il VI secolo<br />

Probabilmente in Gran Bretagna si inizia a sviluppare,<br />

a partire dal VI secolo, una nuova forma<br />

rituale del sacramento della penitenza, che<br />

diventa privata, reiterabile e tariffata.<br />

Riguardo alla sua celebrazione, tutto si svolgeva<br />

in privato:<br />

- il penitente si rivolgeva al confessore, che ordinariamente<br />

era un presbitero, e non più solo il<br />

vescovo, e si accusava dei suoi peccati, oppure<br />

rispondeva alle domande fatte dal confessore;<br />

- il confessore, ascoltata la penitenza, dava al<br />

penitente la penitenza (normalmente periodi di<br />

digiuno e pellegrinaggi) secondo delle tariffe prestabilite;<br />

- dopo che il penitente aveva assolto i suoi obblighi<br />

penitenziali ritornava dal sacerdote per ricevere<br />

l’assoluzione dai peccati.<br />

Rispetto alla penitenza antica, questa nuova forma<br />

mantiene, di quella antica, la durezza delle<br />

penitenze, per cui la somma delle penitenze<br />

per i peccati, spesso, superava l’aspettativa<br />

di vita del penitente.<br />

Per questo motivo si ammise la possibilità di<br />

commutare i lunghi periodi di penitenza “accumulati”<br />

con periodi più brevi, ma più intensi. Accanto<br />

a questo sorse anche la possibilità di sostituire<br />

le penitenze con il far celebrare un determinato<br />

numero di messe. Inoltre si affiancò la possibilità<br />

di far scontare le proprie penitenze a un<br />

numero di sostituti dividendo su di loro il periodo<br />

di tempo di penitenza del singolo penitente.<br />

Queste due ultime possibilità di assolvere<br />

il periodo penitenziale avvenivano sempre sotto<br />

compenso economico, il che fece sorgere degli<br />

abusi che videro la Chiesa obbligata a ritirare<br />

la forma della penitenza tariffata.<br />

Dal IX secolo circa convivevano, quindi, la forma<br />

della penitenza pubblica e quella privata che,<br />

dalla Gran Bretagna, si estese per tutta<br />

l’Europa. Inoltre, il forte impulso dell’espansione<br />

della forma privata e reiterabile della confessione<br />

portò presto, tutta la Chiesa, ad ammettere<br />

la reiterabilità del sacramento della penitenza.<br />

Infine, nel XII secolo, tutte le forme della<br />

penitenza si ridussero alla penitenza privata<br />

che assunse la struttura rituale che è in vigore<br />

ancora oggi, per cui il penitente si accusa<br />

dei suoi peccati e riceve la penitenza e, insieme<br />

con questa, l’assoluzione del sacerdote.<br />

La prassi della penitenza privata e auricolare<br />

(cioè di dire al sacerdote i propri peccati) non<br />

fu esente essa stessa da abusi, questa volta<br />

dovuti al forte peso dato dalla Chiesa al momento<br />

della confessione dei peccati. In alcuni periodi<br />

del medioevo, infatti, si sottolineò molto questo<br />

momento del sacramento della penitenza,<br />

che si pensava che fosse l’unico elemento necessario<br />

per ricevere il perdono. Ciò portò i penitenti,<br />

specie se in fin di vita, a confessare i propri<br />

peccati a chiunque, anche se non erano sacerdoti<br />

e, delle volte, anche a cose o ad animali,<br />

perché l’importante non era ricevere l’assoluzione,<br />

ma dire i peccati. Comunque, escludendo<br />

queste esagerazioni, che comunque rivelano la<br />

necessità per il cristiano di voler morire sapendo<br />

di essere stato riconciliato con Dio, a partire<br />

dal XII secolo l’attenzione della Chiesa non<br />

si pone più sul rito del sacramento, ormai stabilito<br />

e accettato, ma sulla sua teologia e sulle<br />

implicazioni dottrinali e pastorali.<br />

In conclusione<br />

Anche se molto velocemente, si è tentato di descrivere<br />

le due forme principali con cui questo sacramento<br />

veniva celebrato nella storia. Ciò che emerge<br />

è, sostanzialmente, l’importanza del ruolo del<br />

presbitero nell’ascoltare la confessione dei peccati<br />

e nel dare l’assoluzione, e nel compito del<br />

penitente di confessare a voce i propri peccati,<br />

elemento maggiormente sottolineato, e nel<br />

soddisfare la penitenza data dal sacerdote.<br />

Nell’immagine:<br />

La confessione, di Giuseppe Molteni<br />

segue da pag. 6<br />

gestanti assistite 72 e quello delle non gestanti 104 (in totale 60.000 assistite).<br />

Oltre il 3 per cento delle gravide ha potuto usufruire anche dell’ospitalità<br />

e dell’assistenza nelle Case-Famiglia del MpV. Tutti questi dati<br />

sono stati ricavati dalla relazione annua comparsa sul numero di maggio<br />

di “Sì alla Vita”, la bella rivista mensile del Movimento per la Vita, unica<br />

pubblicazione in Italia (e forse in Europa) che tratta con ampiezza, compiutezza<br />

di materiali e con specifica competenza la materia della difesa<br />

e della promozione della vita soprattutto al suo inizio e alla sua fine, sotto<br />

i vari profili: la cronaca, le scienze, il diritto, la politica, l’etica, la cultura,<br />

a livello nazionale, europeo e mondiale.<br />

La redazione di “Sì alla vita” è a Roma, presso la sede del<br />

Movimento per la Vita, in Lungotevere dei Vallati 2, cap 00186.<br />

Telefono 06.6831.1121, fax 06.686.5725;<br />

e-mail: siallavita@mpv.org.<br />

Abbonamento annuale € 18,00; sostenitore € 50,00.

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