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Giugno 20 2013 don Gaetano Zaralli Mentre le chiese si svuotano, vengono cercate nuove forme di spiritualità alla periferia del cristianesimo. Buddismo e induismo, per esempio, offrono alle giovani generazioni, da tempo ormai, materiale e tecniche che aiutano a venir fuori dalla confusione e dall’agitazione, restituendo alle proprie esperienze qualcosa che va oltre il limite di una coscienza finita. E’ doloroso constatare che pochissimi sacerdoti sono in grado di presentare la ricca tradizione mistica del cristianesimo come sorgente di rinascita. Quando nel passato vi è tanto poco a cui aggrapparsi e pel futuro tanto poco da aspettarsi, ciò che può dare significato alla vita deve essere sperimentato al presente. Aveva ragione Papa Benedetto XVI quando parlava di “atrofia spirituale dell’uomo moderno”. A modo suo richiamava le coscienze ad un cammino che sapesse riportare nel proprio cuore lo spessore del trascendente. Ma nulla accadrà di nuovo, se le persone addette ai lavori, pur avendo una preparazione accurata, non sono abbastanza libere di aprire un varco entro i confini restrittivi della normale disciplina, di quella che nel tempo può diventare, anzi, è diventata stantia. Quando Papa Francesco, rivolgendosi ai giovani, li invita con forza ad andare controcorrente, provo dentro di me un sussulto. Quante volte nella vita di un qualsiasi cristiano s’è creata l’esigenza di rompere con tradizioni vecchie che, pesanti come zavorra, impedivano e impediscono ancora cammini diversi dalle solite devozioni che assecondano, purtroppo, più le voglie di un paradiso certo che non il rischio di confondersi con lo scandalo di chi “andando controcorrente”, appunto, propone soluzioni “altre” per una chiesa “altra”. Ho provato dentro di me un sussulto speranzoso alle parole di Papa Francesco, come se da queste mi venisse la certezza di un probabile cambiamento all’interno della stessa Chiesa, di quella Chiesa non più avvezza a misurarsi con una umanità che mostra ormai una faccia diversa. E’ bello invogliare i giovani a misurarsi con esperienze che rompono gli schemi abituali, però, portare queste giovani forze a contrastare le acque scroscianti del torrente, significa anche invitarli a “cantare fuori del coro”… e chi si esibisce negli “assoli”, in genere, rischia di diventare eroe e gli eroi subiscono inevitabilmente il sacrificio estremo. E’ facile rivolgersi ai giovani, ricordando loro che alle mode dell’effimero va sostituito l’interesse per ciò che è essenziale… Meno facile è chiedere loro, sempre nello spirito dell’andare controcorrente, la gestione delle cose sacre in modo più vicino a chi spera in Dio; è meno facile pretendere da loro un atteggiamento critico e costruttivo che incida più profondamente sulle scelte che le gerarchie sfornano di tanto in tanto nella solitudine di chi deve esercitare un potere. La Chiesa con Papa Francesco non è più l’isola felice, dove il credente si addormenta tranquillo, sognando verità annunciate e sottoscritte, senza il condimento di riflessioni che ne maturino l’accettazione. Con Papa Francesco l’autoritarismo si sbriciola e diventa servizio; l’indottrinamento cieco e irresponsabile diventa presa di coscienza e voglia di esserci; la severità delle leggi cede il passo all’accoglienza sincera e alla misericordia che in Dio non trova limiti. Un tempo si inneggiava alla Verità e nella sua assolutezza si tracciavano i confini dell’appartenenza, si decideva, financo nei dubbi, chi fosse il reprobo da condannare e chi al contrario il prediletto da salvare… Ed era solenne l’”anatema sit” che si scagliava senza indugio contro chi nelle idee e nei comportamenti si manifestava non ubbidiente… Al presente, temo, non sia cambiato un gran che attorno alla superbia di essere possessori della unica verità, anche se nei risvolti delle argomentazioni si cerca di offrire più spazio all’esercizio di una certa libertà interiore… Già, la libertà… La libertà è nella verità, si diceva; e anche l’amore deve essere nella verità si aggiungeva, quando nel groviglio di soluzioni che rasentavano il tanto deprecato relativismo si cercava di raggiungere un pacato giudizio morale. E, se la libertà e l’amore sono nell’esperienza umana frutto di un cammino guidato dalla Grazia, è giusto che la stessa verità si trovi sbriciolata lungo le strade di quell’amore. Libertà e amore non sono ancelle della verità, ma insieme sono il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. E così, come Dio che è dentro di noi sbaracca la misura della nostra recettività, anche l’Amore, la Libertà e la Verità, se accolte da una coscienza generosa, rompono i limiti della razionalità e si librano con vigore in un atto di fede. E’ difficile, però, compiere atti di fede in solitudine, si fa necessaria, se non indispensabile, perciò, la presenza viva di altri con cui confrontarsi, di altri con cui fare COMUNITA’. Si assapora il gusto dello stare insieme come avvenimento straordinario, solo quando si percepisce che qualcosa è là ad aspettarci… E le voci si intrecciano allora e diventano le une eco delle altre… nel celebrare il mistero delle cose vere. Celebrare seriamente significa vivere l’attimo e riconoscere che c’è qualcosa che deve essere “visibile” nelle persone che partecipano, e “concreto” nei problemi che le stesse portano con sé. Ciò significa essere presenti nel presente… significa essere in grado di intercettare… intercettare… Torno or ora da una breve passeggiata e il cuore mi batte per l’emozione. Una ragazza mi si è fatta in contro col sorriso che sa di confidenziale: - Sono la biondina che qualche tempo fa ti offrì un caffè sulla strada… - Come sulla strada!… - Sì, sulla strada, non ricordi? Venivo dal Bar e sul cabaret portavo delle tazzine di caffè per le mie colleghe. Ti vidi triste e mi venne spontaneo offrirtene una… L’ho abbracciata e baciandola le ho sussurrato il mio “Grazie!”. Non sapevo come concludere questo pezzo, ora so: la trasparenza della ragazza che quel giorno intercettò la mia tristezza col sapore amaro d’un caffè, oggi ha celebrato in semplicità l’antica amicizia. Nell’immagine: particolare di un’opera di Boyko Kolev
Giugno 2013 21 Stanislao Fioramonti Camillo Ruini lo ha consacrato nella Basilica Lateranense. Il 28 gennaio 2006 fu chiamato a succedere a mons. Andrea M. Erba nella sede suburbicaria di Velletri-Segni. Nell’ambito della Conferenza Episcopale Italiana mons. Apicella è membro della Commissione per i problemi sociali, il lavoro, la giustizia e la pace. Anche in questa veste la sera di sabato 27 aprile ha presieduto nella Collegiata di Valmontone la veglia di preghiera del mondo del Lavoro, organizzata dalla Commissione diocesana per la pastorale Nato a Napoli il 22 gennaio 1947 da famiglia di Maiori (Costiera Amalfitana), Vincenzo Apicella si trasferì a Roma a 5 anni, nel 1952, e dopo avervi frequentato le scuole fino al liceo classico, è entrato in seminario nell’Almo Collegio Capranica (1965-72). Decisiva per la sua formazione spirituale e la sua vocazione sacerdotale è stata la figura di don Nino Miraldi, prima parroco a Roma e poi missionario fidei donum in Brasile, morto a Nova Iguazu nel 1990 a soli 60 anni. Licenziato in Filosofia e Teologia alla Gregoriana, don Vincenzo fu ordinato sacerdote il 25 marzo 1972 e per i successivi 24 anni ha lavorato nelle parrocchie romane, prima come viceparroco nei quartieri Appio-Latino e Pineta Sacchetti, poi come parroco alla Garbatella (1986-96). Il 19 luglio 1996 papa Giovanni Paolo II lo ha eletto vescovo ausiliare di Roma e il 14 settembre successivo il cardinal Vicario sociale e il lavoro, Giustizia e Pace, Custodia del Creato. Nello stesso giorno ha concluso con una celebrazione serale la sua settimana di visita pastorale nella parrocchia valmontonese di S. Maria Maggiore, dopo che nelle settimane precedenti l’aveva svolta nelle altre due parrocchie del paese. Indetta con suo decreto del 4 aprile 2012, la prima visita pastorale di mons. Apicella alla diocesi di Velletri-Segni è iniziata il 27 gennaio a Montelanico. Nei mesi successivi ha visitato Gavignano, le due parrocchie di Segni, le tre di Artena e, nel mese di aprile, le tre di Valmontone. In maggio sarà a Lariano, poi dopo l’estate sarà la volta di Colleferro e infine di Velletri. La conclusione della Visita è prevista per febbraio 2014. Una visita pastorale diocesana serve a conoscere in maniera più dettagliata e approfondita tutte le situazioni umane e sociali di una parrocchia, di una comunità, di un continua a pag. 22
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