1. - Clinica malattie apparato respiratorio
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BRONCOPNEUMOPATIA CRONICA OSTRUTTIVA<br />
IL VOLTO<br />
DELLABPCO<br />
CHE CAMBIA<br />
AUTORI<br />
Gestione del paziente<br />
N. Ambrosino ♦ Come si valutano gli effetti del trattamento della BPCO<br />
R. Antonelli-Incalzi ♦ Gestione della BPCO<br />
V. Bellia<br />
♦ Aspetti educazionali del trattamento della BPCO<br />
G. Bettoncelli ♦ Management clinico della BPCO<br />
M. Carone<br />
♦ Ruolo del medico di medicina generale nella gestione<br />
R. Del Negro<br />
della BPCO<br />
A. Gerace<br />
♦ BPCO: cosa è successo di nuovo dal giugno 2000<br />
S.E. Giustini<br />
(quando i Quaderni sono stati programmati)<br />
S. Nava<br />
P. Navalesi<br />
M. Neri<br />
P. Paggiaro<br />
R. Pistelli<br />
A. Potena<br />
6<br />
C. Rampulla<br />
F. Rengo<br />
A. Rossi<br />
C. GIUNTINI L.M. FABBRI V. GRASSI<br />
C. Tantucci
L’opera I Quaderni della BPCO - Il volto della BPCO che cambia<br />
è un’iniziativa per la Medicina Respiratoria<br />
Edizione riservata Boehringer Ingelheim<br />
Fuori commercio - Omaggio ai Signori Medici<br />
© 2003 UTET S.p.A. Scienze Mediche<br />
Sede Legale: C.so Raffaello 28, 10125 Torino<br />
Sede Operativa: V.le Tunisia 37, 20124 Milano<br />
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento<br />
totale o parziale, con qualsiasi mezzo (microfilm e copie fotostatiche compresi), sono<br />
riservati per tutti i paesi.<br />
L’Editore potrà concedere a pagamento l’autorizzazione a riprodurre una porzione non<br />
superiore a un decimo del presente volume e fino a un massimo di settantacinque<br />
pagine.<br />
Le richieste di riproduzione vanno inoltrate all’Associazione Italiana per i diritti di<br />
Riproduzione delle Opere dell’ingegno (AIDRO), via delle Erbe, 2 - 20122 Milano<br />
Tel. e Fax 02/809506<br />
Le illustrazioni in copertina sono tratte dal volume di Eric N. C. Milne e Massimo<br />
Pistolesi: Reading the Chest Radiograph, Mosby,1993<br />
Redazione: Rosy Bajetti<br />
Progetto grafico: Benedetta Bini<br />
Impaginazione: Fotocompos S.r.l. - Gussago (BS)<br />
Fotocomposizione: Fotocompos S.r.l. - Gussago (BS)<br />
Stampa: Grafiche Mazzucchelli - Settimo Milanese (MI)<br />
Finito di stampare nel mese di luglio 2003
I QUADERNI DELLA BPCO<br />
PRESENTAZIONE<br />
Razionale di un Progetto<br />
L<br />
a BPCO (Morris, 1965) ha da poco superato la maggiore età: entrando nella fase della maturità – come<br />
si conviene a un adulto – cambia volto. Il che significa l’acquisizione di un più definito assetto sul piano<br />
fisiopatologico e clinico-terapeutico e di una più precisa presa di coscienza dei problemi da affrontare.<br />
Al di là delle suggestioni che evocano e delle informazioni che veicolano, i nomi restano nomi ed è bene non<br />
scambiarli subito per “fatti”. In realtà, da che lo si è introdotto e lo si usa, questo acronimo è sembrato fatto apposta<br />
per semplificare e per favorire la pigrizia intellettuale più che per stimolare l’approfondimento. Onde la<br />
qualificazione di “termine ombrello” (utile a sottendere realtà cliniche diverse) e di “rifugio clinico” (buono per<br />
tutte le stagioni).<br />
Ma, per fortuna, non per tutti e per sempre è stato così.<br />
La “svolta” è iniziata a metà anni ’90 con il concorso di una serie di informazioni che in quegli anni si sono<br />
rese disponibili:<br />
● la pubblicazione (e la relativa diffusione) a opera delle due maggiori Società di Medicina Respiratoria (USA-<br />
ATS, Europa-ERS) di Linee Guida per la BPCO. Si è trattato di un evento importante: di chiarezza (sulle<br />
conoscenze esistenti) e di stimolo (per ulteriori ricerche);<br />
● la politica sanitaria “basata sull’evidenza” di questa sindrome clinica multiforme e complessa ha valutato il<br />
“peso” (in termini di morbosità e mortalità) anche prospettico: ed è stato così stimato che entro il 2020 la<br />
BPCO rappresenterà (a livello mondiale) la 5 a più importante condizione sanitaria (nel 1990 era la 12 a )<br />
a gravare sulla società;<br />
● nello stesso periodo il Lung Health Study (studio a lungo termine promosso dal NHLBI) documentava che<br />
l’unico intervento capace di modificare la storia naturale della malattia era costituito dalla cessazione dell’abitudine<br />
al fumo.<br />
Ma altri eventi hanno contribuito a creare valide premesse per un rinnovato interesse nei confronti della BPCO:<br />
● la crescente attenzione per l’Aging Lung e per la Medicina respiratoria in età geriatrica (valgano per<br />
tutti i risultati del SARA – salute respiratoria nel paziente anziano –, studio multicentrico condotto a livello<br />
nazionale) determinata dal fatto che la patologia respiratoria cronica diventa sintomatica prevalentemente<br />
in questa fascia di età;<br />
● il progressivo ingresso della biologia in clinica che ha incominciato a interessare anche la BPCO e che, auspicabilmente,<br />
finirà col chiarire come nasce la malattia;<br />
● il crescente interesse – a motivo della loro rilevanza clinica – nei confronti:<br />
– delle riacutizzazioni della malattia;<br />
– dello stato nutrizionale del paziente (nella BPCO “grasso è bello”) fattore di rischio parzialmente controllabile;<br />
– delle prove da sforzo cardio-<strong>respiratorio</strong> (“quando osservi un paziente è meglio se lo guardi quando<br />
sale le scale”);<br />
– della costante attenzione, infine, per la valutazione della qualità della vita in corso di patologia cronica<br />
anche in rapporto ai diversi interventi (farmacologici e non).<br />
III
IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />
Questi elementi – non disgiunti da un motivato interesse dell’industria nella ricerca di farmaci a potenzialità<br />
preventiva e sintomatico-curativa – hanno accelerato la “svolta” nel senso presumibilmente più produttivo: modificando<br />
l’atteggiamento (il modo di porsi) nei confronti della malattia, che da nichilista-minimalista, sfuggenterinunciatario<br />
è diventato attento e attivo.<br />
Ne sono testimonianza:<br />
● l’incalzante susseguirsi (su riviste internazionali di Medicina Respiratoria e di Medicina Interna) di Editoriali,<br />
Relazioni di Simposi, Consensus Conferences ecc.;<br />
● il Progetto GOLD (Global iniziative for chronic Obstructive Lung Disease) promosso congiuntamente dal<br />
WHO e dal NHLBI per approntare linee guida per la definizione, epidemiologia, storia naturale, fattori di<br />
rischio, istopatologia, diagnosi e trattamento della BPCO.<br />
Di questi aspetti, molti sono ancora quelli in cerca di un’efficace soluzione:<br />
● la necessità (oggi resa possibile) di un adeguato inquadramento nosografico del paziente BPCO, ossia<br />
delle diverse forme cliniche che compongono la sindrome (per la quale comincia a essere giustificato l’uso del<br />
plurale: le BPCO);<br />
● l’urgenza di un efficace sistema di stadiazione in grado di caratterizzare l’eterogenea popolazione dei pazienti<br />
BPCO per studi clinico-epidemiologici e di valutare la gravità della malattia e la risposta alla terapia;<br />
● la soluzione del paradosso clinico-terapeutico (esempio unico in medicina) per il quale la BPCO viene<br />
definita come condizione caratterizzata da un basso valore di FEV 1 – che poco si modifica a seguito della<br />
somministrazione di broncodilatatori – per poi utilizzare le variazioni di FEV 1 quale indice per valutare<br />
l’effetto della terapia.<br />
La soluzione del paradosso comporta necessariamente l’individuazione di nuovi metodi di valutazione della<br />
risposta ai “trattamenti”. Il che significa, in prima istanza, la riacquisizione dell’antica familiarità con i volumi<br />
e le capacità polmonari in attesa di un (per il momento ipotetico) “FEV 1 allargato” (che incorpori altre misure<br />
utili a valutare l’efficacia terapeutica).<br />
I problemi restano molti, ma adeguati appaiono finalmente gli strumenti per affrontarli.<br />
Del “cambiamento di volto” questa iniziativa vuole essere testimonianza e a esso fornire qualche contributo.<br />
Carlo Giuntini<br />
Ordinario di Medicina Respiratoria, Università degli Studi di Pisa<br />
Dipartimento Cardio-Toracico, U.O. di Pneumologia e Fisiopatologia Respiratoria<br />
Ospedale di Cisanello - Pisa<br />
Leonardo M. Fabbri<br />
Dipartimento di Scienze Mediche Oncologiche e Radiologiche,<br />
Cattedra di Malattie dell’Apparato Respiratorio,<br />
Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia - Modena<br />
Vittorio Grassi<br />
Ordinario di Medicina Interna, Università degli Studi di Brescia<br />
Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche<br />
1 a Medicina Spedali Civili - Brescia<br />
IV
I QUADERNI DELLA BPCO<br />
PIANO DELL’OPERA<br />
<strong>1.</strong> I NTRODUZIONE ALLA BPCO – BIOLOGIA DELLA BPCO<br />
Nel primo Quaderno vengono descritte le modificazioni strutturali che sono alla base delle diverse forme<br />
cliniche della BPCO (bronchite cronica ed enfisema, cioè BPCO in senso stretto, cui si fa specifico riferimento<br />
nei Quaderni, e asma bronchiale), le definizioni che di queste si danno, i rapporti che tra esse intercorrono.<br />
Della sindrome clinica vengono definite la prevalenza, i fattori di rischio acquisiti, la predisposizione<br />
genetica e l’eziopatogenesi.<br />
2. FISIOLOGIA CLINICA<br />
Nel secondo Quaderno vengono descritti i rapporti tra alterazioni strutturali e funzionali con particolare<br />
riguardo ai fenomeni della broncostruzione, della limitazione del flusso <strong>respiratorio</strong>, della broncodilatazione<br />
e dell’iperinflazione. Si esaminano, inoltre, il comportamento del circolo polmonare e il rapporto<br />
che per l’<strong>apparato</strong> <strong>respiratorio</strong> esiste tra “centro” e “periferia” (controllo della ventilazione, genesi della<br />
dispnea).<br />
3. DIAGNOSI<br />
Il terzo Quaderno è dedicato all’approccio diagnostico alle BPCO partendo dall’analisi dei dati anamnestico-clinici<br />
e integrandoli con quelli strumentali. Si ripercorrono così le varie fasi del ragionamento diagnostico<br />
quantitativo, nella misura in cui è applicabile a queste condizioni morbose, nell’intento di giungere<br />
a un inquadramento nosografico del paziente con BPCO e a una stadiazione della malattia.<br />
4. IL PAZIENTE ELASUA MALATTIA<br />
Il quarto Quaderno è dedicato alla prevenzione e alla storia naturale della BPCO, nonché alle interazioni<br />
di quest’ultima con l’invecchiamento dell’<strong>apparato</strong> <strong>respiratorio</strong> del paziente, con la qualità della vita,<br />
con la comorbilità e con lo stato nutrizionale.<br />
5. TRATTAMENTO<br />
Nel quinto Quaderno si prendono in esame gli aspetti terapeutici (farmacologici e non) e riabilitativi che<br />
possono influenzare, o meno, la progressione delle BPCO.<br />
6. GESTIONE DEL PAZIENTE<br />
Il sesto e ultimo Quaderno è dedicato alla definizione degli aspetti gestionali (ivi compresa la valutazione<br />
della risposta ai trattamenti) posti da condizioni morbose difficili da diagnosticare, poco sensibili ai trattamenti,<br />
spesso progressive e prevalenti nell’anziano dove sono frequente causa di morte.<br />
V
I QUADERNI DELLA BPCO<br />
PREFAZIONE<br />
La rilevanza clinica del sesto (e ultimo) Quaderno di questa collana è indicata dal titolo (Gestione del paziente<br />
con BPCO) e dai Capitoli in cui si sostanzia.<br />
Assolutamente cruciale è il primo (Come si valutano gli effetti del trattamento della BPCO: farmacologico<br />
e non farmacologico) perché illustra il “come” e il “perché” e getta luce in un ambito che troppo a lungo<br />
è rimasto grigio, privo di criteri di valutazione (o quanto meno con criteri vaghi e parziali).<br />
Si fa dunque chiarezza sulla “Valutazione clinico-funzionale” (sintomi e prove funzionali) affidato a Pierluigi<br />
Paggiaro e Claudio Tantucci, sulla “Ventilazione meccanica non invasiva” (Andrea Rossi, Stefano Nave<br />
e Lorenzo Appendini), sull’ “Ossigenoterapia e ventilazione a lungo termine e riabilitazione” (Nicolino<br />
Ambrosino, Paolo Navalesi, Pamela Frigerio e Stefano Nava), sugli effetti del “Trattamento chirurgico”<br />
(Claudio Tantucci), per concludere, opportunamente, con l’ “Impatto del trattamento sullo stato di salute<br />
(qualità di vita)” (Raffaelle Antonelli-Incalzi e Mauro Carone).<br />
I quesiti sono molti, ma molte anche le risposte fornite.<br />
Il secondo Capitolo tratta della Gestione della BPCO con “Programmi di screening” (come si ricerca la malattia,<br />
i risultati dei programmi di diagnosi precoce), svolto da Riccardo Pistelli, Carlo Giuntini e Sandra Sammarro,<br />
delle “Raccomandazioni GOLD” (Leonardo M. Fabbri e Micaela Romagnoli), che si spera facciano<br />
lievitare, a livello internazionale, l’interesse per la BPCO, e, di vitale interesse nei nostri giorni, i “rapporti<br />
costo/beneficio” (“BPCO: impatto socio-economico e percorsi gestionali evedence-based”) affidato<br />
all’esperienza di Roberto Dal Negro e Ciro Rampulla.<br />
In una Sanità che cambia, in una Sanità che deve ripensare se stessa, gli “Aspetti educazionali del trattamento<br />
della BPCO” rivestono un valore emergente. Li svolge, con la consueta competenza, Margherita Neri.<br />
La BPCO nel contesto delle discipline affini è l’argomento del quarto Capitolo: come è vista e come è valutata.<br />
In casa propria intanto (“La BPCO nel contesto della pneumologia”: Alfredo Potena) e nell’ambito,<br />
importante, della medicina interna (in “La BPCO in medicina interna” Vittorio Grassi, Stefania Cossi e<br />
Roberto Zulli si pongono alcune domande e forniscono alcune risposte) e in quello, cruciale, della geriatria (“La<br />
BPCO nel contesto della geriatria”:Vincenzo Bellia, Franco Rengo e Salvatore Battaglia).<br />
Lungo questo percorso non poteva mancare, perché è a tutti gli effetti determinante, il punto di vista del medico<br />
di medicina generale. “Ruolo del medico di medicina generale nella gestione della BPCO” è il titolo<br />
del quinto Capitolo affidato a tre esperti del settore, di tre diverse aree geografiche del nostro Paese (Germano<br />
Bettoncelli – Nord; Saffi-Ettore Giustini – Centro; Antonio Gerace – Sud).<br />
Il loro contributo arricchisce questo Quaderno.<br />
Si conclude con uno sguardo alla BPCO oltre il 2000 (anno in cui questa collana, con meticolosa cura, è stata<br />
programmata) con “BPCO: cosa è successo di nuovo dal giugno 2000 (quando i quaderni sono stati<br />
programmati)”. Opportunamente si dedica attenzione al progetto GOLD e, in questo ambito, con rigore,<br />
alla definizione di limitazione al flusso nelle vie aeree e ai rapporti tra questa e i sintomi della BPCO.<br />
È l’ultimo numero. Un po’ di nostalgia la lascia.<br />
Perché questa “avventura culturale” – disegnare il volto della BPCO che cambia – è stata concepita e condotta<br />
con un alto grado di “affettività”.<br />
La chiudiamo, ora, con la serena consapevolezza di aver prodotto un’opera intellettualmente onesta.<br />
Dobbiamo molto a molti:<br />
● a tutti coloro che ci hanno dato il loro tempo e il loro sapere;<br />
● allo staff UTET che con pazienza, competenza e premura ci ha tenuto per mano;<br />
● a chi – Boehringer Ingelheim – ci ha consentito di realizzare quest’opera.<br />
È stata una bella avventura<br />
Carlo Giuntini<br />
Leonardo M. Fabbri<br />
Vittorio Grassi<br />
VII
IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />
Autori<br />
Nicolino Ambrosino<br />
UO Pneumologia, Dipartimento Cardio-Toracico,<br />
Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana, Pisa<br />
Raffaele Antonelli-Incalzi<br />
Università Cattolica del Sacro Cuore,<br />
Istituto di Medicina Interna e Geriatria, Roma<br />
Vincenzo Bellia<br />
Cattedra di Malattie Apparato Respiratorio,<br />
Università degli Studi di Palermo, Palermo<br />
Germano Bettoncelli<br />
Medico di Medicina Generale, SIMG, Ospitaletto, Brescia<br />
Mauro Carone<br />
Fondazione Salvatore Maugeri, Divisione di Pneumologia,<br />
IRCCS Istituto Scientifico di Veruno, Veruno (NO)<br />
Roberto Dal Negro<br />
UOC Pneumologia, ASL 22 Regione Veneto,<br />
Ospedale Orlandi, Bussolengo (VR)<br />
Antonio Gerace<br />
Medico di Medicina Generale, Presidente Regionale SIMG, Calabria<br />
Saffi-Ettore Giustini<br />
Medico di Medicina Generale,<br />
SIMG Responsabile nazionale Area Farmaco<br />
Stefano Nava<br />
Fondazione Salvatore Maugeri, IRCCS, Pavia,<br />
Dipartimento di Pneumologia Riabilitativa e Terapia Intensiva Respiratoria<br />
Paolo Navalesi<br />
Fondazione Salvatore Maugeri, IRCCS, Pavia,<br />
Dipartimento di Pneumologia Riabilitativa e Terapia Intensiva Respiratoria<br />
Margherita Neri<br />
Fondazione Salvatore Maugeri, IRCCS, Tradate (VA),<br />
UO Pneumologia<br />
Pierluigi Paggiaro<br />
Dipartimento Cardio Toracico, Sezione Pneumologia,<br />
e Fisiopatologia Respiratoria, Università di Pisa, Pisa<br />
Riccardo Pistelli<br />
Università Cattolica del Sacro Cuore, Istituto di Medicina<br />
Interna e Geriatria, Servizio di Fisiopatologia Respiratoria,<br />
Complesso Integrato Columbus, Roma<br />
Alfredo Potena<br />
UO Fisiopatologia Respiratoria,<br />
Azienda Ospedaliera Universitaria Arcispedale S. Anna, Ferrara<br />
Ciro Rampulla<br />
Fondazione Salvatore Maugeri, IRCCS, Pavia,<br />
Dipartimento di Pneumologia Riabilitativa e Terapia Intensiva Respiratoria<br />
Franco Rengo<br />
Cattedra di Gerontologia e Geriatria,<br />
Università Federico II, Napoli<br />
Andrea Rossi<br />
UO Pneumologia,<br />
Ospedali Riuniti, Bergamo<br />
Claudio Tantucci<br />
Cattedra di Malattie Apparato Respiratorio,<br />
Università degli Studi di Brescia,<br />
1 a Medicina Spedali Civili, Brescia<br />
Collaboratori<br />
Lorenzo Appendini<br />
UO Pneumologia,<br />
Ospedali Riuniti, Bergamo<br />
Salvatore Battaglia<br />
Cattedra di Malattie Apparato Respiratorio,<br />
Istituto di Medicina Generale e Pneumologia,<br />
Università degli Studi di Palermo, Palermo<br />
Stefania Cossi<br />
1 a Medicina, Geriatria, Spedali Civili,<br />
Università degli Studi di Brescia, Brescia,<br />
OP Richiedei, Gussago<br />
Pamela Frigerio<br />
Dipartimento di Emergenza,<br />
Azienda Ospedaliera Riguarda Ca’ Granda, Milano<br />
Micaela Romagnoli<br />
Dipartimento Misto di Specialità Mediche e Chirurgiche,<br />
<strong>Clinica</strong> di Malattie dell’Apparato Respiratorio,<br />
Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, Modena<br />
Sandra Sammarro<br />
Università Cattolica del Sacro Cuore, Istituto di Medicina<br />
Interna e Geriatria, Servizio di Fisiopatologia Respiratoria,<br />
Complesso Integrato Columbus, Roma<br />
Roberto Zulli<br />
Università degli Studi di Brescia,<br />
1 a Medicina Spedali Civili, Brescia<br />
VIII
I QUADERNI DELLA BPCO<br />
Sommario<br />
Gestione del paziente<br />
<strong>1.</strong>COME SI VALUTANO GLI EFFETTI DEL TRATTAMENTO DELLA BPCO 3<br />
TRATTAMENTO FARMACOLOGICO 3<br />
VALUTAZIONE CLINICO/FUNZIONALE 3<br />
Pierluigi Paggiaro, Claudio Tantucci<br />
Introduzione 3<br />
Obiettivi della terapia 3<br />
Valutazione clinica 4<br />
Valutazione funzionale 7<br />
Tolleranza allo sforzo 8<br />
Bibliografia 11<br />
TRATTAMENTO NON FARMACOLOGICO 13<br />
VENTILAZIONE MECCANICA NON INVASIVA 13<br />
Andrea Rossi, Stefano Nava, Lorenzo Appendini<br />
Introduzione 13<br />
NPPV e insufficienza respiratoria ipercapnica 14<br />
NPPV e svezzamento 17<br />
Problemi pratici 17<br />
Effetti collaterali 19<br />
Conclusioni 20<br />
Bibliografia 20<br />
OSSIGENOTERAPIA E VENTILAZIONE A LUNGO TERMINE,<br />
RIABILITAZIONE 23<br />
Nicolino Ambrosino, Paolo Navalesi, Pamela Frigerio, Stefano Nava<br />
Obiettivi e razionale delle forme di trattamento non farmacologico della<br />
BPCO 23<br />
Valutazione dell’outcome 24<br />
Impairment 24<br />
IX
IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />
Disability 24<br />
Handicap 27<br />
Allenamento all’esercizio 27<br />
Effetti dell’allenamento all’esercizio fisico sull’impairment 27<br />
Effetti dell’allenamento all’esercizio fisico sulla disability 27<br />
Effetti dell’allenamento all’esercizio fisico sull’handicap 27<br />
Effetti dell’allenamento all’esercizio fisico sulle misure di outcome<br />
complementari 28<br />
Ossigenoterapia a lungo termine 28<br />
Effetti dell’OLT sull’impairment 28<br />
Effetti dell’OLT sulla disability 28<br />
Effetti dell’OLT sull’handicap 28<br />
Effetti dell’OLT su misure di outcome complementari 28<br />
Ventilazione non invasiva a lungo termine 29<br />
Effetti della VNI sull’impairment 29<br />
Effetti della VNI sulla disability 29<br />
Effetti della VNI sull’handicap 30<br />
Effetti della VNI su misure di outcome complementari 30<br />
Bibliografia 30<br />
TRATTAMENTO CHIRURGICO 34<br />
Claudio Tantucci<br />
Introduzione 34<br />
Fisiopatologia 34<br />
Selezione dei pazienti 34<br />
Studi randomizzati 35<br />
Studi non randomizzati 35<br />
Criteri di valutazione longitudinale 35<br />
Conclusioni 35<br />
Bibliografia 36<br />
IMPATTO DEL TRATTAMENTO SULLO STATO DI SALUTE<br />
(QUALITÀ DI VITA) 37<br />
TRATTAMENTO FARMACOLOGICO E STATO DI SALUTE 37<br />
Raffaele Antonelli-Incalzi<br />
Anticolinergici 37<br />
β2-agonisti 38<br />
β2-agonisti più anticolinergici o teofillina 38<br />
Steroidi inalatori 38<br />
Teofillina 38<br />
TRATTAMENTO NON FARMACOLOGICO E STATO DI SALUTE 39<br />
Mauro Carone<br />
Ossigenoterapia a lungo termine (LTOT) 39<br />
Ventilazione non invasiva a lungo termine (NIPPV) 39<br />
Programmi di riabilitazione 40<br />
Programmi educazionali 41<br />
X
I QUADERNI DELLA BPCO<br />
Conclusioni 41<br />
Bibliografia 43<br />
2.GESTIONE DELLA BPCO 47<br />
PROGRAMMI DI SCREENING 47<br />
Riccardo Pistelli, Carlo Giuntini, Sandra Sammarro<br />
Introduzione 47<br />
Metodologia di screening e di case-finding 47<br />
Le nostre conoscenze sulla BPCO e la ricerca attiva dei casi 49<br />
La ricerca attiva della BPCO 50<br />
Conclusioni 51<br />
Bibliografia 51<br />
RACCOMANDAZIONI GOLD 52<br />
Leonardo M. Fabbri, Micaela Romagnoli<br />
Introduzione 52<br />
Identificazione dei soggetti a rischio 52<br />
Quali sono i fattori di rischio 52<br />
Soggetti a rischio: fumatori con o senza sintomi di bronchite cronica 52<br />
Stadio 0 delle linee guida GOLD: controversie 53<br />
Educazione 53<br />
Cos’è la BPCO 53<br />
Riduzione dei fattori di rischio: programmi educazionali per la dissuasione<br />
dall’abitudine tabagica 53<br />
Ruolo del paziente e degli operatori sanitari nella gestione della BPCO 54<br />
Prevenzione nei confronti del fumo 54<br />
Ruolo degli operatori sanitari nei programmi antifumo 55<br />
Diagnosi di BPCO 55<br />
Monitoraggio della progressione della malattia e sviluppo di complicanze 56<br />
Gestione delle riacutizzazioni di BPCO 57<br />
Prevenzione delle riacutizzazioni 57<br />
Diagnosi di riacutizzazione e valutazione di gravità 58<br />
Gestione domiciliare od ospedaliera delle riacutizzazioni 58<br />
Indicazioni al trattamento ospedaliero delle riacutizzazioni 58<br />
Bibliografia 59<br />
BPCO: IMPATTO SOCIO-ECONOMICO E PERCORSI GESTIONALI<br />
EVIDENCE-BASED 61<br />
Roberto Dal Negro, Ciro Rampulla<br />
Introduzione 61<br />
Prevenzione 62<br />
Riduzione dei costi ospedalieri 63<br />
Diagnosi precoce di BPCO 63<br />
Ottimizzazione della terapia 64<br />
Organizzazione sanitaria 65<br />
XI
IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />
Prevenzione e trattamento della disabilità 68<br />
Conclusioni 69<br />
Bibliografia 70<br />
3.ASPETTI EDUCAZIONALI DEL TRATTAMENTO DELLA BPCO 75<br />
Margherita Neri<br />
Introduzione 75<br />
Educazione dei pazienti 75<br />
La corretta assunzione della terapia inalatoria 76<br />
Ossigenoterapia a lungo termine 77<br />
Educazione e BPCO in ventiloterapia domiciliare 78<br />
Abolizione del fumo 78<br />
Aspetti nutrizionali 80<br />
Bibliografia 80<br />
4.MANAGEMENT CLINICO DELLA BPCO 83<br />
LA BPCO NEL CONTESTO DELLA PNEUMOLOGIA 83<br />
Alfredo Potena<br />
Diagnosi e monitoraggio ambulatoriale della malattia 84<br />
Ricovero ospedaliero 85<br />
Riabilitazione 87<br />
Ossigenoterapia 87<br />
Disturbi del sonno e altri disturbi sistemici 87<br />
Conclusioni 88<br />
Bibliografia 88<br />
LA BPCO IN MEDICINA INTERNA 91<br />
Vittorio Grassi, Stefania Cossi, Roberto Zulli<br />
Qual è il percorso della BPCO in ospedale 91<br />
Fino a che punto la BPCO è una malattia internistica e quando invece<br />
diventa una malattia specialistica 94<br />
Qual è il ruolo della medicina interna nell’eterogeneo mondo della<br />
BPCO 95<br />
Conclusioni 95<br />
Bibliografia 96<br />
LA BPCO NEL CONTESTO DELLA GERIATRIA 96<br />
Vincenzo Bellia, Franco Rengo, Salvatore Battaglia<br />
Introduzione 96<br />
Gestione del paziente con BPCO in età geriatrica 96<br />
Cura continuativa dell’anziano con BPCO 98<br />
Bibliografia 99<br />
XII
I QUADERNI DELLA BPCO<br />
5.RUOLO DEL MEDICO DI MEDICINA GENERALE NELLA GESTIONE<br />
DELLA BPCO 101<br />
INTRODUZIONE 101<br />
Germano Bettoncelli<br />
Bibliografia 101<br />
L’APPROCCIO DIAGNOSTICO 102<br />
Antonio Gerace<br />
Bibliografia 106<br />
IL DISEASE MANAGEMENT DELLA BPCO 106<br />
Saffi-Ettore Giustini<br />
La “gestione integrata” 107<br />
Integrazione delle diverse strutture e dei diversi servizi 107<br />
Condivisione delle informazioni tra i vari attori 107<br />
Benefici clinici e organizzativi di un percorso assistenziale diagnostico<br />
e terapeutico 108<br />
Ruolo del MMG 108<br />
Strumenti di gestione 109<br />
Indicazioni per il consulto dello specialista 110<br />
Follow-up 111<br />
Bibliografia 111<br />
IL PAZIENTE CON BPCO RIACUTIZZATA 111<br />
Germano Bettoncelli<br />
La diagnosi di riacutizzazione 112<br />
L’inquadramento di gravità del paziente 112<br />
Le indagini diagnostiche praticabili 113<br />
La gestione della terapia a domicilio 114<br />
Il paziente ospedalizzato: criteri di stabilizzazione clinica e di dimissione 115<br />
Organizzazione dell’assistenza domiciliare 115<br />
Bibliografia 116<br />
6.BPCO: COSA È SUCCESSO DI NUOVO DAL GIUGNO 2000 (QUANDO I<br />
QUADERNI SONO STATI PROGRAMMATI) 117<br />
Carlo Giuntini, Leonardo M. Fabbri,Vittorio Grassi<br />
Definizione di limitazione di flusso espiratorio 117<br />
Limitazione di flusso espiratorio e sintomi respiratori 118<br />
Conclusioni 120<br />
Bibliografia 120<br />
XIII
Gestione<br />
del paziente
I QUADERNI DELLA BPCO<br />
<strong>1.</strong> Come si valutano gli effetti<br />
del trattamento della BPCO<br />
TRATTAMENTO FARMACOLOGICO<br />
Valutazione clinico/funzionale<br />
Pierluigi Paggiaro, Claudio Tantucci<br />
INTRODUZIONE<br />
Dopo aver inizialmente impostato la terapia farmacologica,<br />
in base alla presenza e alla gravità dei<br />
sintomi respiratori, alla frequenza anamnestica delle<br />
riacutizzazioni, all’entità della riduzione del flusso<br />
aereo 1 , alla risposta sia in flusso sia in volume ai<br />
broncodilatatori,misurata acutamente e,quando ritenuto<br />
utile, anche dopo un breve periodo di trattamento<br />
con steroidi, è indispensabile conoscerne<br />
e giudicarne gli effetti nel tempo. A questo scopo,<br />
accanto all’insostituibile valutazione clinica (rilevazione<br />
anamnestica dell’andamento dei sintomi, riquantificazione<br />
degli stessi, esame obiettivo, controllo<br />
delle modalità di assunzione dei farmaci nei<br />
dosaggi prescritti e dell’aderenza alla terapia ecc.)<br />
è possibile e auspicabile anche una valutazione<br />
obiettiva della funzione respiratoria e della tolleranza<br />
allo sforzo.<br />
Non esiste una prassi codificata circa la cadenza dei<br />
controlli clinici e funzionali nei pazienti con<br />
BPCO in assenza di riacutizzazioni, tuttavia sulla<br />
scorta dell’esperienza accumulata e delle conoscenze<br />
derivanti dagli studi longitudinali sul declino<br />
della funzione respiratoria 2 è possibile suggerire<br />
uno schema di monitoraggio che tiene conto<br />
della gravità dell’ostruzione al flusso aereo (tabella<br />
<strong>1.</strong>1) 3 .<br />
È necessario ricordare, tuttavia, che al momento attuale<br />
le BPCO devono essere considerate <strong>malattie</strong><br />
ad andamento progressivo e che, pertanto, tendono<br />
a peggiorare con il tempo anche in presenza del<br />
migliore trattamento disponibile.<br />
Obiettivi della terapia<br />
Tabella <strong>1.</strong>1<br />
Possibile schema di monitoraggio clinico-funzionale<br />
dei pazienti con BPCO in fase stabile (modificata da 3 )<br />
Gravità di<br />
ostruzione<br />
al flusso<br />
VEMS ><br />
70% del<br />
predetto<br />
VEMS <<br />
70% e ><br />
50% del<br />
predetto<br />
VEMS <<br />
50% del<br />
predetto<br />
Visita<br />
specialistica<br />
Ogni 12<br />
mesi<br />
Ogni 6<br />
mesi<br />
Ogni 3<br />
mesi<br />
Ogni 12<br />
mesi<br />
Ogni 6<br />
mesi<br />
Ogni 3<br />
mesi<br />
EGA<br />
Ogni 24<br />
mesi<br />
Ogni 12<br />
mesi<br />
Ogni 3<br />
mesi<br />
La BPCO è una malattia cronica progressiva e invalidante.<br />
Se l’obiettivo di modificare la storia na-<br />
Spirometria<br />
Ergometria<br />
Ogni 3-4<br />
anni<br />
Ogni 2<br />
anni<br />
3
IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />
turale della malattia e la progressiva riduzione della<br />
funzione respiratoria nel tempo sembra attualmente<br />
possibile solo con la cessazione precoce dell’abitudine<br />
al fumo, ciò non vuol dire che il trattamento<br />
farmacologico sia inefficace. Esso, infatti,<br />
è capace di migliorare i sintomi e ridurre le limitazioni<br />
funzionali connesse alla malattia (come, per<br />
esempio,la tolleranza allo sforzo),migliorare la qualità<br />
della vita, ridurre il numero e la gravità delle<br />
riacutizzazioni e rallentare lo sviluppo delle complicazioni<br />
della malattia 1 . La sola riduzione delle<br />
riacutizzazioni può essere responsabile di una riduzione<br />
della mortalità 4 . Quindi, un atteggiamento<br />
rinunciatario nel trattamento della BPCO non<br />
è giustificato e ogni paziente dovrebbe essere attentamente<br />
valutato per ottenere il massimo miglioramento<br />
possibile nelle condizioni cliniche e<br />
funzionali connesse alla sua malattia. Per altro verso,<br />
anche un eccesso di trattamento non è giustificato,<br />
in quanto non sarebbe capace di modificare<br />
l’evoluzione della malattia.<br />
Gli obiettivi che devono essere perseguiti dal trattamento<br />
farmacologico e devono quindi essere attentamente<br />
ricercati e valutati nei controlli periodici<br />
sono riportati nella tabella <strong>1.</strong>2.<br />
La maggior parte di questi obiettivi è raggiungibile<br />
con un’adeguata scelta del trattamento farmacologico<br />
e non farmacologico e con l’educazione del<br />
paziente. Gli ultimi due obiettivi sono, al momento,<br />
difficilmente ottenibili con la terapia farmacologica,<br />
ma sia la cessazione del fumo sia l’ossigenoterapia<br />
domiciliare a lungo termine hanno mostrato<br />
la capacità di influire positivamente su questi<br />
aspetti della malattia. Molti di questi parametri<br />
sono valutabili con un’attenta indagine anamnestica,<br />
alla portata quindi anche del medico di medicina<br />
generale, altri richiedono l’utilizzo di test strumentali,a<br />
cui occorre comunque ricorrere,data anche<br />
la scarsa relazione esistente tra sintomi e alterazioni<br />
della funzione respiratoria o parametri che<br />
esprimono la tolleranza allo sforzo.<br />
Tabella <strong>1.</strong>2 Obiettivi del trattamento (modificata da 1 )<br />
Migliorare i sintomi, in particolare la dispnea<br />
Migliorare la tolleranza allo sforzo<br />
Migliorare lo stato di salute<br />
Prevenire le riacutizzazioni e le ospedalizzazioni<br />
Ridurre il ricorso alle strutture sanitarie<br />
Rallentare il declino progressivo della funzione respiratoria<br />
Prevenire le complicanze (insufficienza respiratoria, cuore<br />
polmonare)<br />
Valutazione clinica<br />
I sintomi respiratori (la tosse, l’espettorazione, la dispnea<br />
da sforzo, il respiro sibilante) possono migliorare<br />
con il trattamento farmacologico, sia con<br />
l’uso dei broncodilatatori 5-8 sia, meno frequentemente,<br />
con l’uso dei corticosteroidi inalatori 9,10 o<br />
con la terapia di combinazione 11,12 .L’entità dell’effetto<br />
dipende dalle caratteristiche della malattia<br />
(in particolare dall’entità della componente di reversibiltà<br />
dell’ostruzione bronchiale di base) e dalla<br />
gravità della malattia, anche se solo pochi studi<br />
sono stati fatti in tal senso.<br />
La tosse e l’espettorazione risentono favorevolmente<br />
della cessazione del fumo e, meno frequentemente,<br />
sono riportati come migliorati dopo trattamento<br />
farmacologico. A oggi non esistono metodi<br />
standardizzati per la valutazione di questi sintomi.Valutazioni<br />
semiquantitative per i singoli sintomi<br />
sono state applicate in alcuni studi multicentrici<br />
6,11,12 , mentre altri autori hanno proposto una<br />
scala di punteggio globale dei principali sintomi (tra<br />
cui anche tosse ed espettorazione) che sembra essere<br />
sensibile al miglioramento apportato dalla terapia<br />
farmacologica 13 .<br />
La dispnea è il sintomo principale della BPCO e<br />
rappresenta quindi un obiettivo importante del<br />
trattamento farmacologico. La valutazione della<br />
dispnea è resa difficile dall’eterogeneità dei meccanismi<br />
che la determinano in ciascun soggetto<br />
(alterazioni della meccanica respiratoria, trofismo<br />
dei muscoli scheletrici, stato psicologico del paziente,<br />
comorbilità cardiovascolare ecc.) e dalla diversa<br />
modalità di espressione dei pazienti 14 .I metodi<br />
più semplici per la valutazione della dispnea<br />
sono il ricorso alla classificazione MRC (Medical<br />
Research Council) della dispnea 15 e la scala<br />
BDI/TDI (Baseline and Transition Dyspnea Indexes)<br />
16 . La prima si basa sulla distinzione in cinque<br />
gradi di attività fisica di intensità decrescente<br />
che causano dispnea. Questa classificazione è molto<br />
utile per la distinzione della gravità della dispnea<br />
tra soggetti, è parzialmente correlata con<br />
l’entità della compromissione funzionale respiratoria,<br />
ma è poco sensibile alle variazioni apportate<br />
dalla terapia farmacologica 5,10 . La scala<br />
BDI/TDI proposta da Mahler si compone di una<br />
valutazione iniziale della gravità della dispnea, distinta<br />
in diverse componenti e personalizzata per<br />
ogni individuo (baseline dyspnea index, BDI), e in<br />
una valutazione delle variazioni che si realizzano<br />
in un periodo più o meno lungo di follow-up (tran-<br />
4
<strong>1.</strong> COME SI VALUTANO GLI EFFETTI DEL TRATTAMENTO DELLA BPCO<br />
1,6<br />
1,4<br />
1,2<br />
1,0<br />
***<br />
***<br />
*** ***<br />
***<br />
Figura <strong>1.</strong>1<br />
Valore medio del punteggio TDI (transitional<br />
dyspnea index) nel corso del periodo di trattamento<br />
con placebo (rombi, N = 325) e con tiotropio<br />
(triangoli,N = 507),dopo aggiustamento<br />
per il valore BDI (baseline dyspnea index), per<br />
il diverso centro e per il trattamento 8 .<br />
Punteggio TDI<br />
0,8<br />
0,6<br />
0,4<br />
0,2<br />
0,0<br />
–0,2<br />
–0,4<br />
0 40 80<br />
120 160 200 240 280 320 360<br />
Giorni<br />
sitional dyspnea index,TDI). Questa scala è stata utilizzata<br />
in vari studi multicentrici per valutare l’efficacia<br />
della terapia farmacologica nella BPCO,<br />
mostrando risultati positivi, in particolare per alcuni<br />
broncodilatatori 8 (figura <strong>1.</strong>1). Comunque la<br />
scala di Mahler, che è stata tradotta in varie lingue<br />
tra cui l’italiano, è di difficile comprensione per il<br />
paziente e di non facile somministrazione. La sua<br />
correlazione con il VEMS (volume espiratorio<br />
massimo nel primo secondo) e altri parametri funzionali<br />
respiratori (come per esempio la massima<br />
pressione inspiratoria, indice indiretto della forza<br />
dei muscoli respiratori) è modesta. Presenta tuttavia<br />
una discreta ripetibilità intrasoggetto ed è sensibile<br />
all’andamento progressivo della malattia negli<br />
anni 17 .<br />
Un altro modo per quantizzare la dispnea è quello<br />
di far ricorso alla scala di Borg prima e dopo un test<br />
da sforzo (sia la prova da sforzo cardio<strong>respiratorio</strong> o<br />
più semplicemente il test dei 6 minuti o altri test<br />
analoghi).Tale parte verrà trattata in seguito.<br />
Negli ultimi anni sono stati sviluppati e applicati alla<br />
gestione della BPCO vari questionari di valutazione<br />
della qualità della vita.Tali questionari indagano<br />
con appropriate domande l’importanza dei<br />
sintomi della malattia, la loro influenza sulle attività<br />
della vita quotidiana, le limitazioni apportate dalla<br />
malattia e l’impatto psicologico prodotto 18 . Si distinguono<br />
in questionari generici di malattia (il Sickness<br />
Impact Profile, SIP, o il questionario SF-36) e<br />
specifici per le <strong>malattie</strong> respiratorie croniche; tra<br />
questi ultimi, i più conosciuti e applicati sono il Chronic<br />
Respiratory Questionnaire (CRQ) e il St. George’s<br />
Respiratory Questionnaire (SGRQ). Quest’ultimo<br />
questionario, autosomministrato dal paziente, si<br />
compone di tre sezioni che indagano i sintomi respiratori,<br />
le attività della vita quotidiana e l’impatto<br />
della malattia sul paziente 19 . Il questionario è stato<br />
tradotto e validato in varie lingue, tra cui l’italiano.<br />
Dal questionario sono ricavabili un punteggio<br />
specifico per le varie sezioni e un punteggio<br />
globale che permette di quantizzare la risposta al<br />
questionario. È stata anche valutata quale potrebbe<br />
essere la variazione minima clinicamente significativa,<br />
che per il SGRQ è stata valutata attorno a 4<br />
punti 20 .Vari studi hanno dimostrato che tali questionari<br />
di qualità della vita sono sensibili agli effetti<br />
positivi del trattamento farmacologico 6,8,11,12,21,22<br />
(figura <strong>1.</strong>2), anche se sono stati maggiormente utilizzati<br />
per la valutazione dell’efficacia della riabilitazione<br />
respiratoria 23 ,dove hanno mostrato una<br />
maggiore sensibilità, forse in relazione alla maggiore<br />
complessità e complementarietà dell’intervento<br />
terapeutico riabilitativo rispetto a quello puramente<br />
farmacologico. I questionari sulla qualità della vita<br />
sono comunque fortemente influenzati da fattori<br />
psicosociali difficilmente controllabili e, pertanto,<br />
presentano una correlazione scarsa o talora assente<br />
con altri indicatori clinici o funzionali della<br />
BPCO. Sono di non facile somministrazione e interpretazione<br />
e si prestano più a valutazioni di gruppi<br />
di pazienti che di un singolo soggetto.<br />
Nella pratica clinica è comunque importante sottolineare<br />
che, in maniera più o meno standardizza-<br />
5
IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />
p = 0,0007<br />
p = 0,01<br />
0<br />
p = 0,4<br />
Punteggio<br />
SGRQ<br />
–1<br />
–2<br />
–3<br />
–4<br />
–5<br />
–6<br />
–7<br />
–8<br />
–9<br />
Soglia di variazione<br />
clinicamente<br />
significativa<br />
–10<br />
Placebo<br />
Salmeterol<br />
50 µg<br />
Salmeterol<br />
100 µg<br />
Figura <strong>1.</strong>2<br />
Variazioni nel punteggio totale del SGRQ nelle 16 settimane di trattamento con placebo, salmeterolo 50 µg 2 volte al giorno e salmeterolo 100 µg<br />
2 volte al giorno. Una riduzione nel punteggio indica un miglioramento nella qualità della vita 21 .<br />
ta, è necessario che la raccolta dei sintomi sia considerata<br />
un elemento importante per la valutazione<br />
dell’efficacia del trattamento farmacologico. Ciò<br />
vale particolarmente per il medico di medicina generale,<br />
anche se l’interpretazione del significato dei<br />
sintomi respiratori dipende dalla conoscenza dei risultati<br />
delle indagini strumentali.Alcuni autori hanno<br />
suggerito una specie di check-list di informazioni<br />
importanti da richiedere attentamente al paziente<br />
con BPCO per capire se il trattamento farmacologico<br />
è stato efficace 24 (tabella <strong>1.</strong>3).<br />
Un altro indice clinico che è stato frequentemente<br />
utilizzato per la valutazione dell’efficacia della<br />
terapia è stato il consumo del farmaco d’emergenza,<br />
in particolare del β 2 -agonista a rapida azione<br />
utilizzabile al bisogno per il miglioramento della<br />
dispnea.Tale indice è stato mutuato per la BPCO<br />
dalle informazioni ricavate dagli studi sull’asma,dove<br />
si è dimostrato effettivamente una buona “spia”<br />
del controllo della malattia. Ciò, tuttavia, non è vero<br />
per la BPCO, almeno per quei soggetti che non<br />
hanno un’importante componente di variabilità e<br />
di reversibilità dell’ostruzione bronchiale. Infatti, il<br />
paziente con BPCO non reversibile ha dispnea fondamentalmente<br />
in relazione all’attività fisica, che il<br />
paziente può quindi volontariamente limitare, limitando<br />
conseguentemente l’uso del farmaco. Comunque<br />
alcuni studi hanno dimostrato anche per<br />
questo indice un miglioramento con l’instaurarsi di<br />
un trattamento regolare 5,8,11 .<br />
La valutazione clinica deve inoltre comprendere<br />
informazioni relative al numero e alla gravità delle<br />
riacutizzazioni di BPCO che si sono realizzate nel<br />
periodo di trattamento farmacologico,nonché informazioni<br />
dettagliate sull’entità di ricorso alle risorse<br />
sanitarie (visite mediche, ricoveri ospedalieri ecc.).<br />
Una riduzione della gravità e della frequenza delle<br />
Tabella <strong>1.</strong>3<br />
Proposta di uno schema di raccolta anamnestica relativa<br />
alle variazioni apportate dal trattamento alla sintomatologia del<br />
paziente (modificata da 24 )<br />
Domanda iniziale<br />
La cura è stata efficace<br />
Ulteriori domande<br />
Rispetto a prima:<br />
ha osservato qualche miglioramento di un certo rilievo<br />
nelle sue attività quotidiane oppure: è ora capace di<br />
effettuare una maggiore attività fisica, come camminare, o<br />
sociale, come uscire con amici<br />
c’è un qualche miglioramento nella mancanza di respiro<br />
durante le attività quotidiane<br />
c’è un qualche miglioramento nella tosse<br />
c’è un qualche miglioramento nel catarro<br />
c’è un qualche miglioramento nell’uso del suo farmaco<br />
d’emergenza<br />
le sembra di dormire meglio<br />
ha notato qualche altro miglioramento<br />
6
<strong>1.</strong> COME SI VALUTANO GLI EFFETTI DEL TRATTAMENTO DELLA BPCO<br />
riacutizzazioni di BPCO, in termini sia di minor frequenza<br />
sia di maggior tempo intercorso al momento<br />
della prima riacutizzazione,è stata riportata da vari<br />
studi che hanno utilizzato sia broncodilalatori 6-8,25<br />
sia corticosteroidi inalatori 9,10 o terapia di combinazione<br />
11,12 .Va comunque considerato che la riduzione<br />
nella frequenza di riacutizzazioni ottenuta dal<br />
trattamento farmacologico è di modesta entità (al<br />
massimo del 20-30% in un periodo di uno o più<br />
anni) e che,quindi,l’efficacia del trattamento nel singolo<br />
paziente per questo specifico outcome non è prevedibile.Il<br />
limite di queste misurazioni risiede in una<br />
non precisa definizione di riacutizzazione, che si basa<br />
più sulle procedure terapeutiche adottate che su<br />
un quadro clinico ben definito. Anche la riduzione<br />
del ricorso alle prestazioni sanitarie (minor visite mediche,<br />
minor uso di farmaci d’emergenza) può essere<br />
utilizzata come una “spia” di un miglior controllo<br />
della malattia. D’altra parte, è noto che un’elevata<br />
frequenza di riacutizzazioni di BPCO si associa a<br />
un più rapido declino nella funzione respiratoria 26 ;<br />
se esista una relazione causale tra questi due fenomeni<br />
o se entrambi siano espressione di una maggiore<br />
gravità della malattia non è noto.<br />
Nel complesso, la valutazione clinica dell’efficacia<br />
della terapia farmacologica richiede un’attenta indagine<br />
anamnestica che consideri la frequenza e<br />
l’entità sia dei sintomi respiratori sia delle riacutizzazioni<br />
della malattia. L’utilizzo di schemi codificati<br />
di raccolta di queste informazioni, o anche di<br />
strumenti più standardizzati per la valutazione dei<br />
sintomi e della qualità della vita (peraltro poco validati<br />
per l’uso nel singolo soggetto), potrebbe aiutare<br />
la raccolta di tali informazioni.<br />
Valutazione funzionale<br />
Premessa ovvia ma necessaria è quella di sottolineare<br />
che le condizioni in cui vengono eseguiti i<br />
test utilizzati per la valutazione della funzione respiratoria<br />
dovrebbero essere standardizzate e precisate<br />
(per lo meno per il singolo paziente). La posizione<br />
corporea, il tempo dall’assunzione dei farmaci,<br />
il momento della giornata e la strumentazione<br />
utilizzata influenzano i parametri funzionali ottenuti<br />
mediante le usuali metodiche di laboratorio.<br />
L’indagine spirometrica è alla base del monitoraggio<br />
del trattamento farmacologico nei pazienti con<br />
BPCO.<br />
A partire dal livello di fine-espirazione durante respirazione<br />
tranquilla a riposo, l’esecuzione di una<br />
manovra lenta di massima inspirazione e successivamente<br />
di massima espirazione (in fondo limitata<br />
dal tempo di apnea del paziente) consente la misurazione<br />
della capacità inspiratoria (CI) e della capacità<br />
vitale espiratoria lenta (CVe). La CI è ridotta<br />
nei pazienti BPCO con flusso-limitazione espiratoria<br />
e iperinflazione polmonare, in quanto specularmente<br />
riflette un aumento della capacità funzionale<br />
residua (CFR) dinamica 27 . Inoltre, rappresentando<br />
la riserva volumetrica per l’incremento<br />
del volume corrente (Vt), non è sorprendente che<br />
la CI sia il più significativo predittore indipendente<br />
del picco di consumo di ossigeno (V O 2 ,picco)<br />
durante esercizio incrementale in questi pazienti,<br />
influenzandone marcatamente la tolleranza allo<br />
sforzo 27,28 .Dato che nei pazienti con BPCO i broncodilatori<br />
non modificano la capacità polmonare<br />
totale (CPT) 29,30 , un aumento di CI rispetto al valore<br />
basale in corso di terapia con broncodilatatori<br />
(ed eventualmente anche con steroidi inalatori)<br />
costituisce un indice di buon controllo funzionale<br />
dell’ostruzione al flusso, documentando una riduzione<br />
dell’iperinflazione dinamica 30 (figura <strong>1.</strong>3) e<br />
verosimilmente favorendo una migliore tolleranza<br />
allo sforzo. Per gli stessi presupposti, la CVe permette<br />
indirettamente di stimare l’andamento del<br />
Volume (l)<br />
8<br />
6<br />
4<br />
2<br />
0<br />
NFL<br />
n = 7<br />
CI<br />
CFR<br />
FL<br />
n = 11<br />
Pre Post Pre Post<br />
Figura <strong>1.</strong>3<br />
Variazione della capacità funzionale residua (CFR) e della capacità inspiratoria<br />
(CI) in pazienti con BPCO dopo somministrazione di un<br />
broncodilatatore.Una significativa riduzione rispetto al basale della CFR<br />
si osserva solo in pazienti con flusso-limitazione espiratoria (FL).Tale<br />
riduzione si associa a un aumento della CI (modificata da 30 ).<br />
*<br />
7
IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />
volume residuo (VR), in quanto un aumento (o diminuzione)<br />
della CVe riflette essenzialmente una<br />
diminuzione (o aumento) del VR, fornendo informazioni<br />
sulle modificazioni dell’intrappolamento<br />
aereo ottenute (o meno) dalla terapia medica.<br />
L’esecuzione della manovra di espirazione forzata a<br />
partire da CPT (e successiva inspirazione a partire<br />
da VR), analizzata in termini di relazione (curva)<br />
sia volume/tempo sia flusso/volume, consente di<br />
misurare i volumi e i flussi espiratori (e inspiratori)<br />
massimali. In particolare, il VEMS, parametro di<br />
riferimento per la stadiazione dell’ostruzione al<br />
flusso nelle BPCO 1 ,è sicuramente utile anche per<br />
valutare l’andamento dell’ostruzione bronchiale e,<br />
in tempi più lunghi, l’entità del declino della funzione<br />
respiratoria. Per quanto noto, tuttavia, il trattamento<br />
farmacologico attualmente disponibile, a<br />
eccezione di un miglioramento che si verifica nelle<br />
prime fasi della sua attuazione, non è in grado<br />
di modificare il declino del VEMS nella maggioranza<br />
dei pazienti con BPCO 31-34 .<br />
La misurazione del VR (in pratica della CFR), e di<br />
conseguenza della CPT, comporta spesso problemi<br />
metodologici (di esecuzione e interpretazione) e di<br />
tecnica (pletismografica e/o diluizionale di vario tipo)<br />
non indifferenti che, in tutti i casi, risentono<br />
intrinsecamente della gravità dell’ostruzione delle<br />
vie aeree e non solo dell’efficacia del trattamento<br />
farmacologico. Non appare pertanto idonea a fornire,<br />
se non accuratamente eseguita, chiara informazione<br />
aggiuntiva ai test spirometrici prima menzionati<br />
nella valutazione (ed eventualmente modificazione)<br />
della terapia in atto.<br />
La determinazione della capacità di diffusione polmonare<br />
per il monossido di carbonio (DL CO ), assoluta<br />
e normalizzata per il volume alveolare, a differenza<br />
delle pneumopatie interstiziali, non è utile<br />
per la valutazione del trattamento farmacologico<br />
nelle BPCO. Pertanto, la misurazione della DL CO<br />
dovrebbe essere utilizzata per monitorare l’evoluzione<br />
della malattia, piuttosto che per valutare l’effetto<br />
della terapia.<br />
Contemporaneamente all’indagine spirometrica, nei<br />
pazienti BPCO con SaO 2
<strong>1.</strong> COME SI VALUTANO GLI EFFETTI DEL TRATTAMENTO DELLA BPCO<br />
Volume polmonare (%)<br />
100 10<br />
P<br />
95<br />
S<br />
8<br />
90<br />
VTI/CPT<br />
85<br />
Vt<br />
6<br />
80<br />
75<br />
70<br />
65<br />
V†<br />
Basale<br />
VTE/CPT<br />
MPE<br />
P<br />
S<br />
Punteggio Borg (a MPE)<br />
4<br />
2<br />
0<br />
Placebo<br />
Salbutamolo<br />
Figura <strong>1.</strong>4<br />
Confronto tra placebo (P) e salbutamolo (S) prima e al termine di un<br />
test da sforzo incrementale a massima potenza equivalente (MPE) in<br />
un gruppo di 13 pazienti con BPCO da moderata a severa. A sinistra,<br />
si osserva una riduzione del volume polmonare telespiratorio<br />
(VTE), misurato in rapporto alla capacità polmonare totale<br />
(VTE/CPT), già in condizioni basali dopo S. Ciò consente lo sviluppo<br />
di un maggior volume corrente (Vt) con un minor grado di iperinflazione<br />
dinamica (VTE/CPT) a MPE.A destra, il grado di dispnea<br />
a MPE misurato secondo la scala di Borg è minore dopo S nella<br />
maggioranza dei pazienti.VTI = volume polmonare teleinspiratorio<br />
(modificata da 35 ).<br />
aumenta a ogni minuto seguendo il ritmo acusticamente<br />
imposto da un metronomo. Il risultato del<br />
test si esprime o in metri o in tragitti percorsi 38 .<br />
Anche in questo caso FC, SaO 2 e dispnea possono<br />
essere misurate a intervalli regolari (di tempo o di<br />
percorso) e alla fine del test. Lo shuttle walking test,<br />
quando ben appreso, è riproducibile e si correla<br />
strettamente con misure più complesse quali il consumo<br />
massimo di ossigeno (V O 2 ,picco) 39 .<br />
Entrambi questi test si sono dimostrati sensibili a<br />
procedure di intervento terapeutico nei pazienti<br />
con BPCO e pertanto, conoscendone i vantaggi e<br />
i limiti, è possibile utilizzarli per giudicare anche<br />
l’effetto del trattamento farmacologico in base alla<br />
variazione della distanza finale percorsa e, soprattutto,alle<br />
modificazioni a iso-distanza della FC,della<br />
SaO 2 e della dispnea riferita.<br />
In laboratori più attrezzati esiste l’opportunità di<br />
eseguire test da sforzo cardio<strong>respiratorio</strong> più complessi,<br />
utilizzando cicloergometri o tappeti ruotanti,<br />
attualmente comandati da programmi computerizzati,<br />
mediante i quali poter eseguire con modalità<br />
strettamente standardizzate esercizi di tipo<br />
steady-state o incrementale.<br />
Misurando le concentrazioni inspiratorie ed espiratorie<br />
dei gas respiratori, il flusso aereo durante<br />
l’inspirazione e l’espirazione, insieme al tracciato<br />
ECG e alla pressione arteriosa, è possibile calcolare<br />
una serie di parametri (sia respiro per respiro, che<br />
mediati in un certo numero di respiri o in un dato<br />
tempo) utili per valutare la capacità di esercizio<br />
prima e dopo un intervento farmacologico.<br />
A tale scopo in pazienti con BPCO, nel corso di<br />
esercizio incrementale submassimale, limitato dai<br />
sintomi, particolare significato assume la determinazione<br />
della soglia anaerobica (AT) quando rilevabile,<br />
degli equivalenti respiratori per l’ossigeno e<br />
soprattutto per l’anidride carbonica (V E/V O 2 e<br />
VE/VCO 2 ), della massima ventilazione/minuto<br />
(VE,max) e delle sue componenti: frequenza respiratoria<br />
e volume corrente (Fr,max e Vt,max), del<br />
massimo consumo di ossigeno (V O 2 ,picco) e della<br />
massima potenza sostenibile (Watt,max). È inoltre<br />
importante valutare contemporaneamente l’andamento<br />
della SaO 2 e della dispnea e del distress dei<br />
muscoli scheletrici impegnati, riferiti a intervalli di<br />
tempo o di potenza prestabiliti.<br />
In questo modo si possono confrontare i parametri<br />
sopramenzionati non solo in termini di variazione<br />
massima, cioè in termini di incremento di<br />
prestazione assoluta, ma anche e sopratutto relativamente<br />
a uguali livelli di potenza (a iso-watt), fornendo<br />
elementi più indicativi di un’eventuale migliore<br />
tolleranza allo sforzo, sia funzionale sia sintomatica,<br />
indotta dai farmaci (figura <strong>1.</strong>4).<br />
In alternativa, disponendo della stessa strumentazione<br />
e rilevando gli stessi parametri, è possibile testare<br />
l’effetto di un trattamento farmacologico utilizzando<br />
una metodica di sforzo costante (steady state),<br />
che consiste nel fare esercitare i pazienti a un<br />
determinato carico, espresso in watt, deciso in base<br />
a una certa percentuale del V O 2 ,picco (sia teorico<br />
sia misurato nel singolo paziente) che è richiesta<br />
per eseguirlo.<br />
L’esercizio viene eseguito per un tempo determinato<br />
(di solito per 6 minuti), se richiede un V O 2<br />
inferiore alla AT, o per il tempo in cui è sostenibile,<br />
se il V O 2 è superiore alla AT.<br />
Questa metodica è meno stressante, più semplice<br />
da ripetere e più vicina all’entità dello sforzo normalmente<br />
richiesto nello svolgimento delle attività<br />
quotidiane. Due esempi di questo approccio dinamico<br />
sono riportati nelle figure <strong>1.</strong>5 e <strong>1.</strong>6 in cui<br />
vengono valutati, sulla base della differente relazione<br />
tra parametri funzionali e dispnea da sforzo, gli<br />
effetti di un trattamento broncodilatatore in pazienti<br />
con BPCO con ostruzione basale da moderata<br />
a grave, condotto rispettivamente con un farmaco<br />
anti-colinergico 36 ) e β 2 -agonista selettivo 37 .<br />
9
IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />
Volume polmonare (l)<br />
0<br />
1<br />
2<br />
3<br />
0<br />
Ipratropio bromuro<br />
Placebo<br />
CPT<br />
0<br />
}<br />
IRV*<br />
} IRV<br />
∆CI<br />
V<br />
V<br />
}<br />
T<br />
2 4 6 8 10 12<br />
Tempo di esercizio (min)<br />
Volume polmonare (l)<br />
1<br />
2<br />
}<br />
T<br />
3<br />
0 2 4 6 8 10 12<br />
Tempo di esercizio (min)<br />
CPT<br />
Fr (resp/min)<br />
32<br />
30<br />
28<br />
26<br />
24<br />
22<br />
20<br />
18<br />
16<br />
0,6 0,8 1,0 1,2 1,4<br />
Volume corrente (I)<br />
Fr (resp/min)<br />
32<br />
30<br />
28<br />
26<br />
24<br />
22<br />
20<br />
18<br />
16<br />
0,6 0,8 1,0 1,2 1,4<br />
Volume corrente (I)<br />
A<br />
6<br />
Ipratropio bromuro<br />
6<br />
Placebo<br />
Dispnea (Borg)<br />
5<br />
4<br />
3<br />
2<br />
*<br />
Dispnea (Borg)<br />
5<br />
4<br />
3<br />
2<br />
1<br />
post-IB<br />
pre-IB<br />
0<br />
0 2 4 6 8 10 12<br />
Tempo di esercizio (min)<br />
1<br />
post-P<br />
pre-P<br />
0<br />
0 2 4 6 8 10 12<br />
Tempo di esercizio (min)<br />
B<br />
Figura <strong>1.</strong>5<br />
Confronto tra placebo e ipratropio bromuro in 29 pazienti con BPCO durante un esercizio a carico costante (pari al 50% del V O 2 ,max misurato).<br />
(A) Dopo il broncodilatatore, a differenza del placebo, già in condizioni basali si osserva un aumento di capacità inspiratoria (∆CI), che riflette<br />
una minore iperinflazione polmonare dinamica. Ciò permette un tempo di esercizio più lungo, con una minor frequenza respiratoria e una riserva<br />
inspiratoria più ampia (IRV) alla fine dello sforzo. (B) Contemporaneamente la dispnea da sforzo riferita appare diminuita a tempi equivalenti di<br />
esercizio dopo IB, ma non dopo P (modificata da 36 ).<br />
In entrambi i casi si osserva che in una quota di<br />
pazienti il trattamento broncodilatatore permetteva<br />
di eseguire uno stesso sforzo con un minore incremento<br />
della dispnea. Ciò avveniva essenzialmente<br />
in coloro in cui il farmaco aveva determinato<br />
una diminuzione dell’iperinflazione dinamica,<br />
riflessa dalla riduzione della CI a riposo. Dal lavoro<br />
di Boni et al. 37 si evince chiaramente che ciò<br />
può verificarsi solo in pazienti BPCO con flussolimitazione<br />
espiratoria a riposo (figura <strong>1.</strong>6).<br />
Una sistematica revisione degli effetti dei broncodilatatori<br />
sulla capacità di esercizio (per carichi di lavori<br />
sia costanti sia incrementali) e sulla dispnea da sforzo<br />
in pazienti con BPCO è stata recentemente messa<br />
a punto 40 . In circa la metà degli studi si è potuto<br />
documentare un significativo effetto benefico dei<br />
broncodilatatori, in particolare anticolinergici a dosi<br />
elevate e β 2 -agonisti a breve durata d’azione, sulla capacità<br />
di esercizio, soprattutto quando testati in condizioni<br />
di carico di lavoro costante. Risultati meno<br />
soddisfacenti venivano riportati per le teofilline,mentre<br />
dati insufficienti non permettono attualmente un<br />
giudizio di merito per i β 2 -agonisti a lunga durata<br />
d’azione.Tuttavia, anche in assenza di chiari miglioramenti<br />
funzionali, si riscontrava una ridotta dispnea<br />
da sforzo nella maggioranza degli studi recensiti.<br />
10
<strong>1.</strong> COME SI VALUTANO GLI EFFETTI DEL TRATTAMENTO DELLA BPCO<br />
∆Borg, esercizio<br />
2<br />
1<br />
0<br />
–1<br />
–2<br />
–3<br />
y = 0,18 - 0,05x<br />
r s = 0,69; p < 0,05<br />
y = 0,52 + 0,04x<br />
r s = 0,18; p = ns<br />
∆CI (%pre)<br />
NFL<br />
–4<br />
–10 0 10 20 30 40 50<br />
Figura <strong>1.</strong>6<br />
Variazione del grado di dispnea da sforzo, misurata con la scala di<br />
Borg (∆Borg,esercizio), durante un esercizio a carico costante (33%<br />
del VO 2 ,max predetto) in un gruppo di 20 pazienti con BPCO dopo<br />
salbutamolo, in relazione alla rispettiva modificazione della capacità<br />
inspiratoria basale (∆CI,%pre). La diminuzione della dispnea risulta<br />
correlata all’aumento di CI che, tuttavia, si verifica dopo il broncodilatatore<br />
solamente nei pazienti con flusso limitazione espiratoria<br />
(FL) (modificata da 37 ).<br />
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11
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12
<strong>1.</strong> COME SI VALUTANO GLI EFFETTI DEL TRATTAMENTO DELLA BPCO<br />
TRATTAMENTO NON FARMACOLOGICO<br />
Ventilazione meccanica non invasiva<br />
Andrea Rossi, Stefano Nava, Lorenzo Appendini<br />
INTRODUZIONE<br />
L’introduzione e la diffusione della ventilazione meccanica<br />
non invasiva,soprattutto per i pazienti con insufficienza<br />
respiratoria acuta (IRA) determinata da<br />
una grave riacutizzazione di BPCO, è da considerarsi<br />
uno dei maggiori progressi nella clinica della<br />
recente pneumologia. Monografie recenti a livello<br />
nazionale 1 e internazionale 2 hanno estesamente affrontato<br />
l’argomento sul piano culturale e applicativo.<br />
Una recente metanalisi conclude che la ventilazione<br />
meccanica non invasiva, nella sua modalità a<br />
pressione positiva, dovrebbe costituire il trattamento<br />
di prima linea e in fase precoce dell’IRA causata da<br />
riacutizzazione di BPCO, in aggiunta all’ottimizzazione<br />
della terapia medica e all’ossigenazione 3 .<br />
La ventilazione meccanica non è una terapia, ma<br />
una tecnica di supporto vitale necessaria finché la<br />
terapia medica non abbia posto sotto controllo l’episodio<br />
alla base dello scompenso acuto 4 . La ventilazione<br />
meccanica va considerata quando, nonostante<br />
la massimizzazione e l’ottimizzazione della<br />
terapia medica:<br />
● persiste una dispnea intollerabile a riposo, spesso<br />
associata a:<br />
– tachipnea,<br />
– evidente utilizzazione dei muscoli accessori<br />
della respirazione,<br />
– respiro paradosso (rientro dell’addome con lo<br />
sforzo inspiratorio);<br />
● il pH arterioso è
IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />
sciuta molto negli ultimi anni. Cercare di mettere<br />
ordine e trarre un filo logico da tutti questi studi<br />
pubblicati è assai difficile per varie ragioni:<br />
●<br />
●<br />
●<br />
la maggior parte dei lavori ha gravi limitazioni<br />
nel protocollo di studio, visto che pochi di essi<br />
sono controllati e randomizzati, essendo nella<br />
maggioranza retrospettivi o basati, se controllati,<br />
su confronto con gruppi di pazienti storici;<br />
molti studi non sono focalizzati su una patologia<br />
particolare, ma eseguiti su miscellanee di pazienti,<br />
reclutati per lo più seguendo criteri di<br />
ammissione non omogenei. Per esempio il pH<br />
medio basale, cioè quello registrato prima di intervenire<br />
con il supporto meccanico, varia a seconda<br />
degli studi da 7,18 a 7,35;<br />
le tecniche ventilatorie impiegate e l’esperienza<br />
dei gruppi coinvolti sono differenti nei vari studi.<br />
Basti pensare che approssimativamente la<br />
metà dei pazienti studiati veniva sottoposta a<br />
ventilazione con maschera facciale e l’altra metà<br />
con maschera nasale. Nei primi lavori pubblicati<br />
si dava la preferenza alle modalità volumetriche,<br />
mentre ora si è portati a ventilare i pazienti<br />
con modalità pressometriche.<br />
NPPV E INSUFFICIENZA<br />
RESPIRATORIA IPERCAPNICA<br />
Al di là di queste limitazioni appare comunque evidente<br />
e costante che la percentuale di successo della<br />
NPPV si aggira sul 75-80% dei pazienti trattati,<br />
contro il 40-50% di quelli sottoposti a terapia medica<br />
tradizionale. Questa percentuale viene definita<br />
come il numero di pazienti che:<br />
●<br />
●<br />
●<br />
tollerano la NPPV;<br />
migliorano i gas e il pH arteriosi;<br />
evitano l’intubazione e tutti i rischi a essa connessi.<br />
È corretto comunque tenere presente che i risultati<br />
riportati si riferiscono a popolazioni selezionate<br />
di pazienti. I lavori di Brochard et al. 12 e di Bott et<br />
al. 13 hanno dato, con le limitazioni descritte, una dignità<br />
culturale propria a questa tecnica ventilatoria,<br />
nel cui inizio e sviluppo (particolarmente in Italia)<br />
è stato determinante l’apporto della pneumologia.<br />
Dopo alcuni studi pionieristici di Barach 14 sull’edema<br />
polmonare acuto, Meduri et al. 15 nel 1989<br />
furono i primi a utilizzare una tecnica di ventilazione<br />
non invasiva con maschera facciale, in uno<br />
studio clinico non controllato, su 10 pazienti affetti<br />
da insufficienza respiratoria acuta, di cui 6 BPCO<br />
affetti da grave ipercapnia (83 mmHg). La NPPV<br />
fu efficace nella correzione dei gas ematici in tutti<br />
i pazienti, anche se tre di essi necessitarono poi di<br />
intubazione endotracheale a causa di complicanze<br />
subentrate. Gli stessi autori 16 pubblicarono due anni<br />
dopo uno studio in cui 18 pazienti, la maggioranza<br />
dei quali affetti da BPCO e insufficienza respiratoria<br />
acuta ipercapnica (PaCO 2 = 72 mmHg),<br />
vennero trattati con PSV o CPAP tramite maschera<br />
facciale. In 13 di questi pazienti fu possibile evitare<br />
l’intubazione, mentre le cause di fallimento negli<br />
altri furono un mancato miglioramento dei gas<br />
ematici in tre pazienti, un eccesso di secrezioni ed<br />
eccessiva sedazione in altri due pazienti.Al di là dei<br />
limiti di questo secondo studio, non controllato ed<br />
eseguito su un campione di pazienti limitato, due<br />
messaggi devono essere tenuti in considerazione:<br />
●<br />
●<br />
il primo è legato al fatto che gli autori dimostrarono<br />
come un miglioramento del pH su valori<br />
>7,30 a distanza di 2-5 ore dall’inizio della<br />
NPPV poteva essere considerato un fattore di<br />
successo con un valore predittivo pari al 92%;<br />
il secondo punto importante, anche se non discusso<br />
direttamente nello studio, è che vennero<br />
utilizzati per la NPPV ventilatori da terapia intensiva,<br />
per cui si speculò che tale tipo di ventilazione<br />
doveva essere limitata alle unità di terapia<br />
intensiva (UTI), dove tra l’altro esiste la possibilità<br />
immediata di intubazione in caso di fallimento.<br />
In un altro studio, invece, Elliott et al. 17 dimostrarono,<br />
su sei pazienti affetti da malattia polmonare<br />
cronica, come fosse possibile applicare con successo<br />
la NPPV al di fuori di una terapia intensiva.<br />
Tuttavia, questo gruppo era mediamente meno<br />
grave rispetto a quelli dello studio di Meduri (Pa-<br />
CO 2 = 65 mmHg).<br />
L’articolo che richiamò più l’attenzione e contribuì<br />
in misura determinante alla popolarità della<br />
NPPV fu pubblicato nel 1990 dal gruppo di Laurent<br />
Brochard 18 . Gli autori studiarono 13 pazienti<br />
affetti da BPCO trattati con NPPV tramite maschera<br />
facciale (costruita ad hoc sul modello di quella<br />
dei piloti del Mirage), durante un episodio di insufficienza<br />
respiratoria acuta ipercapnica (pH = 7,29<br />
PaCO 2 = 65 mmHg) e li confrontarono con 13<br />
controlli “storici” compatibili per pH, età, SAPS<br />
14
<strong>1.</strong> COME SI VALUTANO GLI EFFETTI DEL TRATTAMENTO DELLA BPCO<br />
(simplified acute physiologic score, punteggio fisiologico<br />
acuto semplificato) PaO 2 /FiO 2 e bicarbonati<br />
plasmatici, sottoposti a terapia medica tradizionale.<br />
Solo 1 dei pazienti trattati con NPPV necessitò di<br />
intubazione endotracheale vs 11 su 13 del gruppo<br />
di controllo storico. La mortalità fu di 2 pazienti in<br />
ciascun gruppo (15%). Chiaramente i risultati di<br />
questo studio possono risentire del miglioramento<br />
negli standard terapeutici con gli anni.<br />
Dal 1990 si moltiplicarono gli studi sull’efficacia<br />
della NPPV. Nel 1993 fu pubblicato il primo studio<br />
prospettico e randomizzato su 60 pazienti con<br />
BPCO e insufficienza respiratoria 13 . Nel gruppo<br />
trattato con NPPV mediante un ventilatore a volume,<br />
il pH, la PaCO 2 e la dispnea migliorarono<br />
più rapidamente e inferiore fu la mortalità, rispetto<br />
al gruppo curato con terapia medica e ossigenazione<br />
ottimizzate. Nell’intervallo, i lavori proposti<br />
in letteratura non erano controllati o impiegavano<br />
ancora gruppi di controllo storici.Tuttavia, alcuni<br />
di questi lavori meritano una citazione.<br />
Lo studio di Benhamiou et al. 19 , sebbene non controllato,<br />
ebbe l’originalità di impiegare la NPPV in<br />
pazienti molto anziani, con età media superiore ai<br />
76 anni, nei quali l’intubazione veniva giudicata<br />
controindicata, a causa dell’età avanzata. La ventilazione<br />
venne offerta in maniera continua per circa<br />
24-36 ore e poi in maniera discontinua per i<br />
giorni successivi, permettendo, nel 60% dei casi<br />
(18/30), di migliorare gli scambi gassosi e di essere<br />
svezzati dal presidio.<br />
Altri due studi importanti dei primi anni ’90 furono<br />
eseguiti in Italia. Il primo riportò risultati deludenti<br />
20 ,mentre il secondo,eseguito due anni più tardi<br />
dagli stessi autori, fu caratterizzato da una percentuale<br />
di successo dell’82% del gruppo ventilato<br />
vs 54% del gruppo di controllo storico trattato con<br />
terapia medica tradizionale 21 . La più probabile causa<br />
di risultati così diversi è rappresentata, verosimilmente,<br />
dalla maggiore esperienza e dalla diversa<br />
mentalità sviluppate nel corso degli anni all’interno<br />
dei gruppi. È infatti intuibile come, con il passare<br />
degli anni, l’intera équipe assistenziale abbia sviluppato<br />
maggiore competenza e confidenza con il nuovo<br />
metodo di ventilazione e questo abbia portato a<br />
una maggiore efficacia nel trattamento dei pazienti.<br />
Sette sono gli studi prospettici, randomizzati e controllati<br />
(vs terapia medica) in pazienti con grave insufficienza<br />
respiratoria acuta ipercapnica nella<br />
BPCO 12,13,22-26 .Già nel 1997,una metanalisi di Keenan<br />
et al. 27 concludeva che l’evidenza favoriva l’offerta<br />
di NPPV nei pazienti con BPCO riacutizzata<br />
e insufficienza respiratoria acuta rispetto alla terapia<br />
medica convenzionale. È interessante notare come<br />
6/7 degli studi siano nettamente favorevoli a NPPV.<br />
Fa eccezione lo studio di Barbè et al. 23 , condotto<br />
peraltro su pazienti di gravità lieve. Diversamente da<br />
quanto suggerito dalle conclusioni, quello studio dimostra<br />
come la NPPV debba comunque essere riservata<br />
a pazienti relativamente compromessi e non<br />
essere quindi impiegata quando la terapia medica ha<br />
ragionevoli possibilità di successo. La recente metanalisi<br />
sul BMJ 3 conferma sostanzialmente i positivi<br />
risultati di NPPV nell’IRA da BPCO riacutizzata.<br />
A questo proposito, è interessante analizzare la studio<br />
multicentrico di Brochard et al. 12 , che coinvolse<br />
cinque UTI di vari stati europei e reclutò 275 pazienti<br />
BPCO affetti da insufficienza respiratoria acuta<br />
ipercapnica (pH medio = 7,27 e PaCO 2 media<br />
= 68 mmHg) con un indice di gravità SAPS pari a<br />
circa 12,5 punti. L’arruolamento dei pazienti fu più<br />
ampio degli studi condotti in precedenza. I criteri<br />
di esclusione dalla NPPV furono:<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
instabilità cardiovascolare grave:<br />
– pressione arteriosa sistolica
IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />
BPCO e insufficienza respiratoria acuta ipercapnica<br />
può essere considerata una modalità di trattamento<br />
che ha indubbi vantaggi in termini di risultato<br />
clinico e probabilmente economico rispetto<br />
alla terapia medica tradizionale.Tuttavia, essa<br />
non può essere applicata alla totalità dei pazienti,<br />
dato che solo il 31% dei casi selezionati rispettò<br />
i criteri di arruolamento. Quindi, NPPV<br />
non può essere considerata a tutti gli effetti sostitutiva<br />
della ventilazione meccanica invasiva. Tuttavia,<br />
un recente studio prospettico e randomizzato<br />
di Conti et al. 28 ha confrontato NPPV (23<br />
pazienti) con la ventilazione meccanica convenzionale<br />
(26 pazienti) dopo aver prefissato i criteri<br />
che rendevano necessaria l’assistenza meccanica<br />
alla ventilazione. Nel primo gruppo, la metà<br />
(48%) dei pazienti evitò l’intubazione, nonostante<br />
avessero gli stessi criteri di selezione del gruppo<br />
che fu immediatamente intubato. La durata<br />
della degenza in terapia intensiva fu maggiore per<br />
il gruppo intubato, mentre il gruppo NPPV ebbe<br />
una migliore sopravvivenza e una minore frequenza<br />
di ricadute a un anno. Questo studio, che<br />
per primo confronta NPPV e ventilazione invasiva,<br />
conclude che anche pazienti tradizionalmente<br />
candidati all’intubazione possono trarre vantaggio<br />
dalla precoce applicazione della NPPV. È tuttavia<br />
necessario considerare che lo studio fu eseguito in<br />
una terapia intensiva e non in una corsia pneumologica.<br />
Sono generalmente accettati come criteri di esclusione<br />
da NPPV e suggestivi di una necessità di intubazione<br />
quasi immediata:<br />
● arresto <strong>respiratorio</strong>;<br />
● instabilità cardiovascolare (ipotensione, aritmie<br />
incontrollabili, infarto del miocardio);<br />
● stato mentale molto compromesso, sonnolenza<br />
pesante, coma, incapacità alla collaborazione;<br />
● secrezioni vischiose e abbondanti con rischio di<br />
aspirazione;<br />
● recente chirurgia facciale o gastroesofagea;<br />
● traumi cranio-facciali o anomalie stabili del nasofaringe;<br />
● ustioni gravi ed estese;<br />
● obesità grave.<br />
L’intubazione deve essere considerata anche quando<br />
il pH e i gas nel sangue arterioso e/o le condizioni<br />
cliniche generali del paziente non migliorino o addirittura<br />
peggiorino dopo l’applicazione della NPPV.<br />
Un altro aspetto molto importante è il “dove” è<br />
somministrata la NPPV. La maggioranza degli studi<br />
pubblicati, infatti, è stata eseguita in luoghi cosiddetti<br />
protetti come UTI generali o UTI Respiratorie,<br />
dove il training del personale, il monitoraggio<br />
e lo standard tecnico sono molto accurati ed<br />
elevati. Invece, il recente lavoro di Plant et al. 25 è<br />
stato condotto “nel mondo reale” della cosiddetta<br />
general ward (corsia pneumologica) con un monitoraggio<br />
di minima (saturimetria) e un ventilatore domiciliare<br />
direttamente regolato dal personale infermieristico.<br />
Furono reclutati circa 200 pazienti randomizzati<br />
per ricevere ventilazione non invasiva o<br />
terapia medica. L’uso della prima ridusse significativamente<br />
il ricorso all’intubazione e aumentò significativamente<br />
la sopravvivenza.Tuttavia, l’effetto<br />
statistico era principalmente dovuto al maggior successo<br />
dei pazienti ammessi con un pH ≥7,30, mentre<br />
nel sottogruppo con pH 45 e
<strong>1.</strong> COME SI VALUTANO GLI EFFETTI DEL TRATTAMENTO DELLA BPCO<br />
mostrando come non esista un effetto placebo legato<br />
alla ventilazione. Vi era infatti il dubbio che il<br />
successo della NPPV potesse dipendere non dall’azione<br />
della stessa, ma dalla maggior attenzione che<br />
il personale sanitario dedicava ai pazienti ventilati<br />
rispetto alla terapia più convenzionale.<br />
Per quanto riguarda nuove modalità di ventilazione,Vitacca<br />
et al. 30 dimostrarono, in uno studio<br />
soprattutto fisiologico, come la PAV (proportional<br />
assist ventilation) potesse migliorare lo scambio gassoso<br />
e ridurre lo sforzo muscolare in pazienti con<br />
iniziale insufficienza respiratoria acuta. Due studi<br />
clinici randomizzati e controllati paragonarono la<br />
PAV con la pressione di supporto 31,32 e dimostrarono<br />
una sostanziale equivalenza nel risultato clinico,<br />
anche se fu osservata una migliore tolleranza<br />
alla PAV.<br />
NPPV E SVEZZAMENTO<br />
Un’altra importante e nuova pagina sull’uso della<br />
NPPV è dedicata al suo possibile impiego per<br />
lo svezzamento dalla ventiloterapia invasiva. Gli<br />
effetti collaterali della ventilazione meccanica invasiva<br />
comprendono il barotrauma, la possibile<br />
atrofia da disuso 33 e le infezioni nosocomiali 34 .È<br />
noto che dopo il terzo giorno di ventiloterapia<br />
invasiva l’incidenza della polmonite associata al<br />
ventilatore aumenta dell’1% al giorno 34 . Purtroppo,<br />
però, non tutti i pazienti sono in grado di sostenere<br />
e di adattarsi alla NPPV. Al di là dei pazienti<br />
in cui l’intubazione è inevitabile, come nell’ARDS<br />
o in caso di instabilità emodinamica, la<br />
maggior causa di insuccesso della ventilazione non<br />
invasiva risiede nella mancata compliance dovuta a<br />
uno stato neurologico compromesso, oppure in<br />
un’abbondante componente secretiva con riflesso<br />
della tosse totalmente o parzialmente abolito<br />
che non permette la clearance delle vie aeree. Per<br />
questo, una volta intubati, quei pazienti sono ad<br />
alto rischio di sviluppare complicanze, spesso fatali.<br />
La NPPV potrebbe aiutare lo svezzamento,<br />
riducendo il tempo di intubazione e diminuendo<br />
nel contempo gli effetti collaterali della ventilazione<br />
invasiva.<br />
Due recenti studi controllati e randomizzati hanno<br />
confermato l’ipotesi sopra esposta. Nel primo 35 ,sono<br />
stati estubati precocemente (dopo 24-48 ore)<br />
pazienti non in grado di respirare autonomamente,<br />
al fine di svezzarli definitivamente con la ventiloterapia<br />
non invasiva. La metodica impiegata si è<br />
dimostrata efficace quanto la PSV tradizionale nello<br />
svezzamento di questi pazienti, ma il tempo di<br />
ventilazione è risultato significativamente inferiore<br />
nel gruppo sottoposto a NPPV. È interessante notare<br />
come, sempre nello stesso gruppo, la percentuale<br />
di polmoniti sia stata nettamente inferiore e,<br />
di conseguenza, anche il tempo di degenza in UTI<br />
respiratoria sia notevolmente ridotto. Le morti durante<br />
ventiloterapia sono state più numerose nel<br />
gruppo di pazienti intubati e questo ha portato a<br />
una sopravvivenza a due mesi significativamente<br />
maggiore nei soggetti ventilati non invasivamente.<br />
Risultati molto simili furono pubblicati l’anno successivo<br />
da Girault et al. 36 . Nonostante non possa<br />
essere applicata sistematicamente in tutti gli ambienti<br />
rianimatori o pneumologici, dato che necessita<br />
di attenta e continua sorveglianza da parte<br />
del personale sanitario, questa modalità di svezzamento<br />
può snellire i tempi di degenza in pazienti<br />
con BPCO, da sempre considerati come particolarmente<br />
difficili da svezzare.<br />
PROBLEMI PRATICI<br />
Quest’ultima parte del capitolo illustra brevemente<br />
i problemi “pratici” legati a questa modalità ventilatoria.<br />
Esistono, come visto in precedenza, molte<br />
tecniche di ventilazione non invasiva, nessuna<br />
delle quali si è dimostrata chiaramente superiore alle<br />
altre nel trattamento dell’insufficienza respiratoria<br />
acuta 21 .I pazienti, infatti, hanno dato risposte<br />
individuali e imprevedibili, per cui, al momento,<br />
l’atteggiamento comune è di utilizzare il ventilatore<br />
e la modalità che permettono di raggiungere l’obiettivo<br />
al minor costo umano e finanziario con i<br />
minori effetti indesiderati per il paziente.<br />
L’aggiunta di una PEEP estrinseca o di una CPAP<br />
può notevolmente ridurre lo sforzo inspiratorio.<br />
Studi eseguiti su pazienti stabili 37,38 e su pazienti<br />
acuti da Appendini et al. 6 hanno infatti chiaramente<br />
evidenziato che l’addizione di una PEEP<br />
esterna pari a circa il 90% della PEEPi dinamica<br />
può ridurre di circa il 30-40% il lavoro a cui è sottoposta<br />
la pompa ventilatoria. Particolare attenzione<br />
va posta nel non superare il valore dalla PEE-<br />
Pi, in quanto ciò provocherebbe il rischio di ulteriore<br />
iperinflazione. Nel caso di grave insufficienza<br />
respiratoria acuta è preferibile, soprattutto nelle<br />
prime ore, l’uso di ventilatori sufficientemente<br />
sofisticati per una completa monitorizzazione di<br />
alcuni parametri essenziali e per una corretta im-<br />
17
IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />
postazione del ventilatore, non ultima appunto la<br />
misura della PEEPi.<br />
Posta una corretta indicazione alla NPPV, il suo successo<br />
dipende fondamentalmente da quattro fattori:<br />
● il primo è il grado di cooperazione del paziente,<br />
che non dovrebbe ricadere nei due estremi<br />
rappresentati dall’eccessiva agitazione o dal completo<br />
letargismo, anche se è forse più facile tentare<br />
un approccio ventilatorio in quest’ultima categoria<br />
di pazienti, utilizzando modalità controllate.<br />
Quando si menziona lo stato del sensorio,<br />
si deve sempre considerare se il riflesso della<br />
tosse è integro e se il paziente tende a ritenere<br />
secrezioni. In questi casi si dovrebbe procedere<br />
alla broncoaspirazione mediante sondino<br />
nasotracheale per liberare le vie aeree superiori,<br />
tenendo però presente che un riflesso della tosse<br />
abolito e una componente secretiva abbondante<br />
sono fattori prognostici negativi per la riuscita<br />
della NPPV;<br />
● il monitoraggio del paziente ventilato è il secondo<br />
fattore importante per la riuscita di questo<br />
tipo di NPPV. Come già discusso in precedenza,<br />
gli strumenti di monitoraggio dipendono<br />
anche dalla struttura in cui si opera. In linea<br />
teorica, una terapia “semi” intensiva sarebbe il<br />
luogo ideale per le varie possibilità di studio anche<br />
invasivo che essa offre. In realtà, spesso i malati<br />
polmonari vengono trattati nella comune<br />
corsia di degenza anche quando la gravità delle<br />
condizioni non lo consentirebbe. Di sicuro<br />
non si può parlare di UTI respiratoria 39,40 se<br />
non si possiede un sistema di monitoraggio di<br />
minima. Non ci si stanchi di ripetere che, durante<br />
un grave episodio di insufficienza respiratoria<br />
acuta trattata con ventilazione non invasiva,è<br />
necessario conoscere per lo meno il volume<br />
corrente del paziente;<br />
● la scelta della corretta interfaccia paziente-ventilatore<br />
è il terzo fattore critico per il successo<br />
della NPPV. Esistono in commercio diversi tipi<br />
di interfacce e cioè maschere facciali e nasali, il<br />
sistema a olive nasali, il boccaglio, il casco, ecc.<br />
Le maschere devono essere applicate fermamente<br />
per mantenere una buona aderenza e pertanto<br />
possono provocare arrossamenti e lesioni<br />
del naso. Qualsiasi sia il tipo di maschera adottato<br />
è essenziale ridurre al minimo la possibilità<br />
di perdite del sistema, dal momento che non<br />
tutti i ventilatori sono costruiti per compensarle.<br />
Un problema comune alle maschere nasali è<br />
●<br />
che una buona parte dei pazienti ventila tenendo<br />
la bocca aperta e ciò provoca una riduzione<br />
di volume corrente. Uno studio di Carrey et<br />
al. 41 ha dimostrato che la non perfetta chiusura<br />
delle fauci è responsabile della mancata messa<br />
a riposo dei muscoli respiratori durante<br />
NPPV.Questi problemi sono naturalmente esaltati<br />
durante la notte, quando la maggior parte<br />
dei pazienti dorme a bocca aperta. In questi casi<br />
è utile l’applicazione di una mentoniera elastica<br />
che fissa la mandibola al resto del massiccio<br />
facciale;<br />
l’ultimo fattore critico nella riuscita della NPPV<br />
è rappresentato dall’ambiente dove essa viene applicata<br />
e dall’assistenza medica e infermieristica<br />
dedicata soprattutto durante le prime ore di ventiloterapia.<br />
È importante come la NPPV non sia<br />
più dispendiosa in termini umani rispetto alla<br />
terapia medica tradizionale e alla ventilazione per<br />
via invasiva. Al di là delle inevitabili prime 6-8<br />
ore di sorveglianza pressoché continua, non vi è<br />
poi un carico di lavoro così elevato come veniva<br />
calcolato approssimativamente negli anni passati<br />
42 . Il cosiddetto “fattore umano” è, inoltre,<br />
una delle maggiori determinanti del successo<br />
della NPPV. È stato infatti dimostrato come il<br />
progressivo training del personale sanitario possa<br />
influire positivamente sull’outcome dei pazienti<br />
ventilati e, in particolare, consentire di ottenere<br />
nel tempo simili outcome per tipologia di pazienti<br />
più gravi 43 .<br />
Esiste poi una serie di problemi cosiddetti minori<br />
quando si decida di ventilare non invasivamente<br />
un paziente.<br />
L’umidificazione delle vie aeree è un fattore spesso<br />
sottostimato, ma che va tenuto in considerazione<br />
per evitare la secchezza nasale e delle fauci,<br />
presente anche dopo poche ore di ventilazione.<br />
L’inserzione di un semplice sistema di filtraggio<br />
posizionato sul circuito inspiratorio può ovviare<br />
questi problemi, tenendo presente che esso<br />
può aumentare il lavoro <strong>respiratorio</strong>. Per prevenire<br />
il rischio di infezioni, filtri e circuiti del ventilatore<br />
dovrebbero essere cambiati, i primi con frequenza<br />
gionaliera e i secondi almeno settimanalmente.<br />
Sarebbe una buona norma impiegare circuiti<br />
monouso.<br />
Un problema venuto alla ribalta solo recentemente<br />
è il presunto rebreathing o ri-respirazione della<br />
CO 2 durante NPPV. A onor del vero, tale problema<br />
è stato evidenziato solo utilizzando il ventila-<br />
18
<strong>1.</strong> COME SI VALUTANO GLI EFFETTI DEL TRATTAMENTO DELLA BPCO<br />
tore BiPAP, dato che tale effetto non veniva riscontrato<br />
con ventilatori da terapia intensiva. Due<br />
studi, eseguiti quasi contemporaneamente da Ferguson<br />
et al. 44 e Lofaso et al. 45 hanno messo in luce<br />
che usando il connettore tradizionale Whisper<br />
Swiwel il volume di aria espirata residua nel circuito<br />
a fine espirazione era pari al 55% del volume<br />
corrente,quando il ventilatore era regolato con PSV<br />
di 10 cmH 2 O a una frequenza di 15 atti/min. La<br />
caduta di PaCO 2 utilizzando una valvola non-rebreathing<br />
ad hoc fu quantificata in 5±3 mmHg, ma<br />
l’uso di questa valvola aumentava anche le resistenze<br />
espiratorie. L’applicazione di livelli di PEEP esterna<br />
>4 cmH 2 O riduce sensibilmente il problema<br />
del rebreathing.<br />
EFFETTI COLLATERALI<br />
Gli effetti collaterali e le complicanze della NPPV<br />
sono sostanzialmente meno importanti rispetto a<br />
quelli dell’intubazione e ventilazione invasiva convenzionale.<br />
Per esempio, due tra i maggiori effetti<br />
indesiderati di quest’ultima modalità, come il barotrauma<br />
e il diminuito ritorno venoso, non sembrano<br />
essere problemi sostanziali durante NPPV.Infatti,<br />
per quanto riguarda il barotrauma non esistono<br />
in letteratura studi che paragonino gli effetti dei<br />
due tipi di ventilazione.<br />
Gli effetti emodinamici della ventilazione non invasiva<br />
in modalità pressometrica sono stati studiati<br />
su pazienti stabili e non sono emerse modificazioni<br />
tali da giustificare rischi cardiocircolatori. Infatti,<br />
venne riportato un significativo ma piccolo<br />
aumento della pressione di incuneamento rispetto<br />
alla ventilazione in respiro spontaneo e una diminuzione<br />
della gettata cardiaca, ma solo con aggiunta<br />
di PEEP esterna 46 .È tuttavia da segnalare<br />
lo studio di Diaz et al. 7 , che osservarono una riduzione<br />
media della gittata cardiaca di circa 1 litro.<br />
Questo può essere sopportabile dal punto di<br />
vista emodinamico, ma può avere un effetto negativo<br />
sull’ossigenazione per la riduzione del trasporto<br />
di ossigeno e la conseguente possibile riduzione<br />
della PO 2 nel sangue venoso misto. Quest’ultima<br />
è uno dei fattori extrapolmonari che controllano<br />
la PaO 2 .<br />
Le complicanze più frequenti della NPPV sono le<br />
seguenti:<br />
●<br />
●<br />
intenso eritema facciale;<br />
congestione nasale;<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
ulcerazione del ponte nasale;<br />
dolore sinusale e/o auricolare;<br />
secchezza oro-nasale;<br />
irritazione oculare;<br />
gonfiore e irritazione gastrica;<br />
polmonite da aspirazione;<br />
scarso e insufficiente controllo delle secrezioni.<br />
L’effetto collaterale più serio e più frequente è<br />
rappresentato dalle lesioni nasali, che superficialmente<br />
vengono talvolta liquidate col termine “arrossamento<br />
nasale”. Se è vero che nella maggior<br />
parte dei pazienti questo è l’unico segno presente,<br />
è altrettanto noto che una minoranza di soggetti<br />
sviluppa lesioni ben più gravi che portano,<br />
in alcuni casi, a necrosi totale del ponte nasale e<br />
quindi a immediata sospensione della ventiloterapia.<br />
Tali lesioni sono causate dall’eccessiva pressione<br />
sviluppata dalle maschere, nel tentativo di<br />
prevenire le perdite di aria e pertanto, venendo a<br />
mancare l’irrorazione necessaria, si sviluppa arrossamento<br />
allo stesso modo delle piaghe da decubito.<br />
La prevenzione viene fatta applicando delle<br />
protezioni, tipo quelle utilizzate intorno agli stomi<br />
addominali, sulla parte nasale a contatto con la<br />
maschera oppure cercando di minimizzare la pressione<br />
mediante rinforzi applicati sulle maschere<br />
che dovrebbero tenere sollevato l’apice del presidio<br />
dalla cute; in alternativa si utilizzano maschere<br />
full face o il casco.<br />
La buona riuscita di queste tecniche dipende non<br />
solo dalla competenza dell’operatore,ma anche dallo<br />
stato fisico e nutrizionale del paziente, nonché<br />
dalla possibilità di una periodica disconnessione del<br />
paziente dal ventilatore seppure per brevi periodi.<br />
Occasionalmente i pazienti possono anche lamentare<br />
rinorrea o eccessiva secchezza del naso e delle<br />
fauci, che possono essere evitate con la somministrazione<br />
di ipratropium bromuro nel primo caso<br />
e con l’umidificazione nell’altra evenienza. Il ristagno<br />
di secrezioni può creare un blocco del condotto<br />
nasale, che potrebbe interferire con la ventilazione,<br />
aumentando inoltre le resistenze inspiratorie,<br />
ma facilmente risolvibile con l’assunzione di<br />
farmaci topici o device ad hoc 47 .<br />
La distensione gastrica è un altro di quegli effetti<br />
associati a NPPV e può essere particolarmente fastidiosa<br />
quando impedisce una corretta espansione<br />
dell’addome durante la fase inspiratoria o quando<br />
il paziente non respira in sintonia con il ventilatore.<br />
In alcuni casi può essere ovviata riducen-<br />
19
IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />
do la pressione di insufflazione oppure utilizzando<br />
un sistema di trigger molto sensibile, in modo<br />
tale da accorciare il tempo di latenza fra sforzo inspiratorio<br />
e apertura delle valvole. Questo inconveniente<br />
è presente, anche se non frequentemente,<br />
soprattutto in pazienti ventilati per via facciale<br />
e a rischio di aspirazione del rigurgito; per questo<br />
motivo le maschere facciali dovrebbero essere<br />
tutte trasparenti. È inoltre buona norma, in questi<br />
soggetti, usufruire di un sondino nasogastrico,<br />
che interferisce minimamente con l’aderenza della<br />
maschera, specie di quelle di ultima generazione<br />
che dispongono di un canale di posizionamento.<br />
Il rischio di iperventilazione può sussistere, specie<br />
durante le ore notturne nei pazienti neuromuscolari,<br />
dove l’impedenza del sistema è particolarmente<br />
bassa e la PaCO 2 può diminuire bruscamente<br />
causando chiusura acuta della glottide, per prevenire<br />
l’ipocapnia 48 .<br />
Come nella ventilazione invasiva convenzionale,<br />
l’interazione paziente-ventilatore è importante e<br />
non semplice. Infatti, la ventilazione risultante dipende<br />
da due “centri di controllo”: quello interno<br />
al paziente e la regolazione del ventilatore. Nel<br />
vecchio concetto è il paziente che si deve adattare<br />
al ventilatore. Nel caso di un paziente che<br />
“combatte il ventilatore”, non era infrequente la<br />
sedazione fino alla paralisi 49 . Con la NPPV questo<br />
non è possibile perché la collaborazione del<br />
paziente è necessaria. È quindi la regolazione del<br />
ventilatore che si deve adattare alle modalità di<br />
ventilazione del paziente.Tuttavia,come nella ventilazione<br />
convenzionale, si può manifestare un<br />
asincronismo paziente-ventilatore durante PSV<br />
per via non invasiva 50 . In questo caso alcuni sforzi<br />
inspiratori del paziente non sono seguiti dal<br />
ventilatore: “sforzi inefficaci”. Durante NPPV<br />
questo fenomeno può essere esaltato anche da una<br />
PEEP esterna eccessiva che non permetterebbe al<br />
paziente di raggiungere in breve tempo la caduta<br />
di flusso inspiratorio necessaria a invertire il ciclo<br />
in/espirazione e allungherebbe considerevolmente<br />
il Ti (fenomeno dell’hang-up) 51 . Cambiare la<br />
modalità di ventilazione (per esempio, da pressione<br />
di supporto a pressione controllata) potrebbe<br />
essere un’altra alternativa capace di ridurre l’incidenza<br />
del fenomeno 51 . Alternativamente, una<br />
PEEP insufficiente non consente al paziente di superare<br />
la PEEP intrinseca e quindi di attivare il<br />
ventilatore. Una buona modalità di regolazione è<br />
osservare empiricamente che tutti gli sforzi inspiratori<br />
del paziente si traducano in un respiro assistito.<br />
Questa regolazione può essere eseguita con<br />
ogni ventilatore, ma è certamente facilitata nei<br />
modelli che hanno uno schermo di monitoraggio<br />
delle variabili più semplici come flusso, volume e<br />
pressione in maschera.<br />
CONCLUSIONI<br />
Nei pazienti con insufficienza respiratoria acuta da<br />
riacutizzazione di BPCO, rispetto alla terapia medica<br />
convenzionale e ottimizzata e alla somministrazione<br />
di aria arricchita in O 2 , la NPPV in aggiunta<br />
a tutta la terapia menzionata:<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
migliora il pH e i gas nel sangue arterioso;<br />
migliora le condizioni cliniche dei pazienti;<br />
diminuisce la percentuale di intubazione;<br />
riduce i giorni di degenza ospedaliera e i costi;<br />
minimizza le complicanze;<br />
riduce la mortalità a breve e a medio termine.<br />
La NPPV si è dimostrata utile 52 :<br />
● nel trattamento dell’insufficienza respiratoria<br />
(evidenza A);<br />
● come tecnica di svezzamento (evidenza B).<br />
È comunque da ricordare che due condizioni sono<br />
particolarmente determinanti per il successo<br />
della NPPV:<br />
●<br />
●<br />
la selezione dei pazienti, per escludere quelli per<br />
i quali la NPPV non sarebbe un intervento salvavita<br />
ma solo un inutile e potenzialmente fatale<br />
ritardo nell’intubazione;<br />
l’esperienza e l’attenzione degli operatori sanitari,<br />
che, almeno nelle prime ore, non devono<br />
essere inferiori a quelle rivolte a un paziente ventilato<br />
con intubazione.<br />
La ventilazione non invasiva a pressione positiva dovrebbe<br />
essere la prima linea di trattamento, in aggiunta<br />
alla terapia medica ottimizzata e all’adeguata<br />
ossigenazione,per l’insufficienza respiratoria acuta<br />
conseguente a una riacutizzazione di BPCO 3 .<br />
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21
IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />
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Am J Respir Crit Car Med 2001; 163:1256-1276.<br />
22
<strong>1.</strong> COME SI VALUTANO GLI EFFETTI DEL TRATTAMENTO DELLA BPCO<br />
Ossigenoterapia e ventilazione a lungo termine,<br />
riabilitazione<br />
Nicolino Ambrosino, Paolo Navalesi, Pamela Frigerio, Stefano Nava<br />
Nei pazienti affetti da BPCO, al progredire della<br />
severità del deficit disventilatorio corrispondono<br />
la comparsa e la progressione di una serie<br />
di alterazioni extrapolmonari. Il sintomo che<br />
più di ogni altro caratterizza la ridotta capacità funzionale<br />
del paziente con BPCO è la dispnea da sforzo,<br />
a causa della quale il paziente è indotto a diminuire<br />
l’attività fisica quotidiana. Ciò porta all’instaurarsi<br />
di un vero e proprio circolo vizioso in cui<br />
la ridotta attività causa ipotrofia muscolare da non<br />
uso e ipostenia e, per carichi di lavoro sempre più<br />
modesti, ulteriore peggioramento della dispnea.<br />
Questa limitazione a eseguire attività fisiche giunge,<br />
nelle fasi più avanzate, a interferire con lo svolgimento<br />
delle comuni attività della vita quotidiana<br />
1 . L’instaurarsi di alterazioni emogasanalitiche<br />
rappresenta il viraggio verso un quadro di vera e<br />
propria insufficienza respiratoria, cui corrisponde<br />
un corteo sintomatologico direttamente o indirettamente<br />
legato all’ipossiemia e all’ipercapnia.<br />
Allenamento all’esercizio fisico, ossigenoterapia<br />
(OLT) e ventilazione non invasiva (VNI) a lungo<br />
termine rappresentano le più comuni forme di trattamento<br />
non farmacologico atte ad attenuare queste<br />
problematiche. Al di là dei loro effetti specifici,<br />
queste terapie “non farmacologiche” possono essere<br />
considerate come parti integranti di un programma<br />
di riabilitazione, inteso come “insieme<br />
multidisciplinare di servizi diretti al paziente e alla<br />
sua famiglia”, di solito da parte di un team interdisciplinare<br />
di operatori tra cui, oltre al medico pneumologo,<br />
devono essere previste diverse figure professionali<br />
quali fisioterapista, infermiere professionale,<br />
nutrizionista, psicologo, terapista occupazionale<br />
e assistente sociale 2 .<br />
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha operato<br />
una sostanziale distinzione tra il fatto morboso in<br />
quanto tale (disease), la compromissione o minorazione<br />
funzionale (impairment) causata dalla malattia<br />
stessa, la disabilità (disability) che ne residua e infine<br />
lo svantaggio (handicap) che da questa deriva 3 .In presenza<br />
di patologie a evoluzione cronica che, pur<br />
avendo una patogenesi strettamente legata a uno specifico<br />
organo o <strong>apparato</strong>, si comportano come <strong>malattie</strong><br />
sistemiche, l’impiego di questa classificazione<br />
permette un più completo inquadramento delle risposte<br />
alle varie forme di intervento, superando le<br />
limitazioni legate alla sola valutazione funzionale degli<br />
organi o apparati primitivamente colpiti 4 .<br />
OBIETTIVI E RAZIONALE DELLE<br />
FORME DI TRATTAMENTO<br />
NON FARMACOLOGICO<br />
DELLA BPCO<br />
C’è evidenza che la ridotta tolleranza allo sforzo<br />
dei pazienti affetti da BPCO è dovuta all’instaurarsi<br />
di un circolo vizioso per cui il paziente riduce<br />
l’attività fisica a causa della dispnea e quindi tende<br />
a perdere trofismo e forza dei muscoli periferici.<br />
Questa spirale negativa si rinforza anche attraverso<br />
fattori concausali quali ansietà e depressione,<br />
generalmente presenti nel quadro clinico del paziente<br />
con BPCO. In buona sostanza, il deficit si<br />
estende dall’<strong>apparato</strong> <strong>respiratorio</strong> alla muscolatura<br />
periferica striata nel suo insieme 5 . Il paziente sviluppa<br />
quindi disabilità, perdita dell’autonomia, limitazione<br />
nelle attività della vita quotidiana e isolamento<br />
sociale, riducendo in modo drammatico la<br />
propria qualità di vita. Rompere questa spirale negativa<br />
è l’obiettivo principale di un programma di<br />
riabilitazione respiratoria in cui gioca funzione cardine<br />
il programma di allenamento allo sforzo 1 di<br />
cui si è parlato diffusamente in un altro capitolo.<br />
L’OLT rappresenta l’intervento terapeutico elettivo<br />
dell’insufficienza respiratoria cronica ipossiemica.Attraverso<br />
l’OLT continua o quasi continua (non<br />
meno di 15 ore al giorno) si migliora l’ossigenazione<br />
tissutale, si diminuisce la policitemia e si riducono<br />
le resistenze vascolari del piccolo circolo,<br />
ottenendo così un controllo dell’ipertensione polmonare<br />
e conseguentemente un rallentamento dell’evoluzione<br />
verso il “cuore polmonare cronico” 6 .<br />
Tra le forme di OLT vengono spesso impropriamente<br />
comprese quelle forme di ossigenoterapia<br />
23
IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />
effettuate per periodi inferiori alle 15 ore al giorno,<br />
quali l’ossigenoterapia notturna e quella durante<br />
attività fisica.<br />
I meccanismi attraverso i quali la VNI può portare<br />
a una riduzione dei valori di capnia sono essenzialmente<br />
legati a una correzione dell’ipoventilazione<br />
alveolare e a una riduzione del lavoro imposto<br />
sui muscoli respiratori 7 . Infatti, mentre la somministrazione<br />
di ossigeno è in grado di correggere<br />
l’ipossiemia quando il meccanismo che la sostiene<br />
è principalmente legato a un’alterazione del rapporto<br />
ventilazione-perfusione, non altrettanto semplice<br />
è correggere ipossiemia e ipercapnia che derivano<br />
dall’ipoventilazione alveolare conseguente<br />
allo squilibrio tra aumentato costo energetico della<br />
ventilazione e ridotte prestazioni dei muscoli respiratori.<br />
Mentre gli effetti dell’ipercapnia cronica<br />
risultano essere a tutt’oggi largamente inesplorati,<br />
è comunemente accettato che nei pazienti BPCO<br />
la ritenzione di CO 2 sia da attribuirsi a un alterato<br />
rapporto tra la forza dei muscoli respiratori e il<br />
carico imposto su questi in conseguenza delle alterate<br />
proprietà meccaniche del sistema <strong>respiratorio</strong><br />
8 e che questo squilibrio rappresenti un indicatore<br />
di avanzamento della malattia. Diversi studi fisiologici<br />
hanno mostrato che l’impiego di VNI in<br />
pazienti BPCO con ipercapnia stabile è in grado<br />
di diminuire lo sforzo inspiratorio e di migliorare<br />
gli scambi gassosi 9,10 e che questo miglioramento<br />
si protrae anche durante i periodi in cui il paziente<br />
respira spontaneamente senza assistenza ventilatoria<br />
11 . Ciononostante, i dati della letteratura circa<br />
l’utilità della VNI a lungo termine nel trattamento<br />
dell’insufficienza respiratoria ipercapnica sono per<br />
i pazienti con BPCO, diversamente da altre popolazioni<br />
di pazienti quali i neuromuscolari e quelli<br />
con deformità della parete toracica, pochi e conflittuali<br />
e non esiste una solida evidenza scientifica<br />
che giustifichi l’uso incondizionato e generalizzato<br />
di questo trattamento 7 .<br />
VALUTAZIONE DELL’OUTCOME<br />
Impairment<br />
È una menomazione dovuta a perdita o anomalia<br />
delle strutture anatomiche o delle funzioni fisiologiche.<br />
L’impairment è di solito definito da una valutazione<br />
clinica, radiologica o di laboratorio. Nel<br />
paziente BPCO i segni clinici sono di scarsa utilità<br />
per definire la severità della malattia. Benché<br />
le nuove tecniche di TC ad alta risoluzione possano<br />
aiutare a quantificare l’entità della componente<br />
enfisematosa, l’impiego di esami radiologici<br />
può in alcuni casi risultare addirittura fuorviante.<br />
Per quanto concerne le <strong>malattie</strong> respiratorie<br />
ostruttive, l’impairment è meglio definito dagli indici<br />
spirometrici in generale e dalla riduzione del<br />
FEV 1 e dell’indice di Tiffeneau in particolare. Infatti,<br />
la gravità della BPCO viene comunemente<br />
definita dal grado di impairment espresso come deterioramento<br />
dei valori spirometrici espressi come<br />
percentuale dei valori predetti 12 .Una modalità di<br />
valutazione dell’impairment non limitata alla sola<br />
problematica polmonare, ma estesa alle problematiche<br />
cardiache e muscolari associate, è rappresentata<br />
dalla misura del massimo consumo di ossigeno<br />
(V O 2 ) ottenibile durante esercizio 13 .Test specifici<br />
di valutazione della forza della muscolatura<br />
degli arti inferiori in generale e del quadricipite<br />
in particolare sono in grado di valutare il grado di<br />
impairment legato al decondizionamento muscolare<br />
14 . Quando si instaura un quadro di insufficienza<br />
respiratoria cronica, la valutazione dell’impairment<br />
può essere definita puntualmente dai valori<br />
di PaO 2 e PaCO 2 .<br />
Disability<br />
È l’incapacità a eseguire attività causata dall’impairment.<br />
Nel paziente BPCO la disability si manifesta<br />
quasi sempre come riduzione nella capacità<br />
di eseguire sforzi fisici. Le cause di questa ridotta<br />
capacità di esercizio sono molteplici. La risposta<br />
ventilatoria all’esercizio è sicuramente un’importante<br />
causa della ridotta capacità di tolleranza dell’attività<br />
fisica in questi pazienti. Ciononostante,<br />
questa disabilità non deve essere necessariamente<br />
collegata solo alla limitazione dei flussi espiratori,<br />
ma anche ad altri fattori quali l’ipostenia della muscolatura<br />
periferica sostenuta dal decondizionamento<br />
da non uso, dalla malnutrizione, dall’ipossiemia<br />
e ipercapnia cronica, dall’impiego di terapia<br />
steroidea 1,5 . La dispnea da sforzo è il sintomo cardine<br />
della disability respiratoria, benché non sia caratteristica<br />
solo di questa e sia influenzata anche da<br />
fattori esterni 15 .Poiché i punteggi clinici atti a misurare<br />
il grado di dispnea e i test di funzione polmonare<br />
sono fattori o quantità separate che descrivono<br />
differenti aspetti della BPCO, la severità<br />
della dispnea si correla solo parzialmente con i dati<br />
funzionali 15 . Il grado di dispnea indotta dallo<br />
24
<strong>1.</strong> COME SI VALUTANO GLI EFFETTI DEL TRATTAMENTO DELLA BPCO<br />
sforzo fisico può essere valutata direttamente, attraverso<br />
metodi psicofisici, o indirettamente, tramite<br />
scale multidimensionali.<br />
I metodi diretti sono indicati per misurare il sintomo<br />
dispnea in relazione a uno specifico stimolo come,<br />
per esempio, una richiesta di esercizio, la somministrazione<br />
di un farmaco o di un trattamento<br />
non farmacologico da cui è atteso un cambiamento<br />
della dispnea nel breve periodo.Tra i metodi diretti<br />
(psicofisici) ricordiamo:<br />
●<br />
●<br />
la scala di Borg:originariamente ideata per la valutazione<br />
della percezione dello sforzo fisico, è<br />
stata modificata per renderla idonea alla valutazione<br />
di altri sintomi tra i quali la dispnea 16 .Ne<br />
è derivata una scala numerica non lineare di<br />
dieci punti a cui sono affiancati dei descrittori<br />
verbali definiti “ancore” (figura <strong>1.</strong>7). Nei pazienti<br />
BPCO questa scala ha dimostrato una<br />
correlazione significativa con la ventilazione<br />
minuto (r = 0,98) e con il V O 2 (r = 0,95) durante<br />
esercizio 17 ;<br />
la scala analogica visiva (VAS): è rappresentata da<br />
una linea retta, orizzontale o verticale, solitamente<br />
lunga 10 cm con due trattini di chiusura<br />
agli estremi cui corrispondono espressioni<br />
verbali o figure (descrittori) che ne definiscono<br />
la polarità 18 (figura <strong>1.</strong>8). Analogamente alla scala<br />
di Borg modificata, la VAS è uno strumento<br />
riproducibile di valutazione della dispnea a parità<br />
di intensità di esercizio e a livelli massimali<br />
di sforzo fisico 19 .<br />
Tra i metodi indiretti abbiamo a disposizione indici<br />
multidimensionali che possono essere utilizzati<br />
per valutare gli effetti del trattamento a lungo ter-<br />
Figura <strong>1.</strong>7<br />
Scala di Borg modificata.<br />
0 Nessuna<br />
0,5 Molto molto lieve<br />
1 Molto lieve<br />
2 Lieve<br />
3 Moderata<br />
4 Piuttosto severa<br />
5 Severa<br />
6<br />
7 Molto severa<br />
8<br />
9 Molto molto severa<br />
10 Massima<br />
Dispnea<br />
assente<br />
Figura <strong>1.</strong>8<br />
Scala analogica visuale (VAS).<br />
Massima<br />
dispnea<br />
mine e in modo estensivo in corso di ricerche cliniche.Tra<br />
questi vale la pena ricordare:<br />
● il Baseline Dyspnea Index (BDI)/Transitional Dyspnea<br />
Index (TDI), che considera tre differenti<br />
aspetti legati al sintomo dispnea e cioè il grado<br />
di difficoltà che il paziente avverte nelle attività<br />
della vita quotidiana, lo sforzo complessivo che<br />
viene percepito dal paziente nel produrre una<br />
determinata attività fisica e infine l’entità dello<br />
sforzo che provoca l’insorgenza del sintomo 20 .<br />
Il punteggio del BDI è espresso da un range di<br />
valori compreso tra 0 e 12 e si ottiene sommando<br />
i risultati di ognuna delle tre componenti.Tanto<br />
più il punteggio totale è basso, tanto<br />
maggiore è l’intensità della dispnea e l’influenza<br />
di questa sulle attività della vita quotidiana.<br />
Il TDI valuta invece le modificazioni indotte<br />
da un periodo di trattamento rispetto alla<br />
valutazione basale espressa dal BDI. Il punteggio<br />
totale del TDI varia da +9 a -9. Di entrambi<br />
questi indici esiste una traduzione italiana.<br />
È stato valutato il grado di riproducibilità<br />
delle somministrazioni del BDI e del TDI eseguite<br />
da due diversi osservatori e i risultati dimostrano<br />
una riproducibilità e un accordo di<br />
definizione tra i due osservatori molto soddisfacente<br />
20 ;<br />
● la scala di misurazione della Medical Research<br />
Council (MRC) è una scala clinica di 5 punti che<br />
correla il sintomo dispnea con l’esecuzione di<br />
attività di diversa intensità 21 .È una scala poco<br />
sensibile in quanto poco precisa riguardo alle<br />
modalità con cui vengono eseguite le attività indagate,ma<br />
essendo di facile somministrazione risulta<br />
utile per uno screening iniziale dei pazienti.<br />
Analogo discorso vale per altre scale cliniche<br />
quali, per esempio, quella proposta dall’American<br />
Thoracic Society 22 ;<br />
● tra i questionari della qualità della vita, il Chronic<br />
Respiratory Questionnaire (CRQ) misura insieme<br />
ad altri tre aspetti (fatica, funzioni emo-<br />
25
IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />
zionali, padronanza della malattia) l’intensità della<br />
dispnea e i suoi effetti 23 . Anche in questo caso<br />
si tratta di uno strumento dimostratosi alquanto<br />
riproducibile 24 .<br />
Nei pazienti in cui la dispnea è tale da precludere<br />
anche attività minime o è addirittura presente a riposo,<br />
la disability è da considerarsi completa quando<br />
sia consensualmente consistente con l’entità dell’impairment.<br />
Nei pazienti con impairment più moderato<br />
la valutazione della disability necessita di test<br />
più oggettivi come:<br />
● il test del cammino in piano ha come scopo la determinazione<br />
della massima distanza percorribile<br />
dal paziente in un dato periodo di tempo.Prevede<br />
che il paziente cammini il più velocemente<br />
possibile per un tempo che è generalmente<br />
di 2, 6 o 12 minuti 25 ; le pause di riposo eventualmente<br />
necessarie sono permesse, ma vengono<br />
calcolate nel tempo totale a disposizione. I<br />
vantaggi offerti da questo tipo di test sembrano<br />
essere principalmente legati alla relativa semplicità<br />
ed economicità e alla rapidità di esecuzione.<br />
È importante ricordare l’impatto sulla prestazione<br />
dell’effetto apprendimento e dell’incoraggiamento<br />
da parte dell’operatore. In un recente<br />
studio disegnato per valutare l’effetto apprendimento<br />
sul risultato del test di 12 minuti<br />
di cammino in piano, è stato osservato un incremento<br />
dei metri percorsi del 7% circa fra il<br />
primo e il secondo test, del 4% fra il secondo e<br />
il terzo e solo del 2% fra il terzo e il quarto 26 .<br />
Appare quindi ragionevole eseguire almeno tre<br />
valutazioni, intervallate da periodi di riposo, prima<br />
di prendere in considerazione la misura di<br />
valutazione basale. Analogamente, l’incoraggiamento<br />
del paziente durante l’esecuzione del test<br />
sembra aumentare i metri percorsi in 6 minuti<br />
di circa 30 metri, miglioramento che, soprattutto<br />
in pazienti con performance modesta,può coincidere<br />
con l’effetto dell’intervento riabilitativo<br />
27 . Entrambi questi bias possono essere superati<br />
mediante l’utilizzo di procedure dettagliate<br />
sia per il numero di prove da eseguire (almeno<br />
due e una terza in caso di miglioramenti superiori<br />
al 10% tra il primo e il secondo) e con protocollo<br />
di spiegazione del test e di incoraggiamento<br />
standardizzato. Steele et al. hanno pubblicato<br />
un protocollo per l’esecuzione del test<br />
del cammino in piano di 6 minuti 28 . Sebbene vi<br />
sia una buona correlazione tra i risultati ottenuti<br />
nei test di 2, 6 e 12 minuti, il test di 2 minu-<br />
●<br />
●<br />
ti andrebbe limitato, a nostro parere, a casi particolarmente<br />
compromessi, mentre, anche se il<br />
test di 12 minuti descrive in modo più efficace<br />
la capacità di endurance ed è quindi potenzialmente<br />
più sensibile nella discriminazione di limitazioni<br />
funzionali, il test di 6 minuti è oggigiorno<br />
preferito in quanto più semplice e meno<br />
dispendioso in termini di tempo e risorse 25 .<br />
Il test del cammino si correla solo parzialmente<br />
con la severità dell’ostruzione 29 e una scarsa<br />
performance al test del cammino basale non preclude<br />
un risultato positivo dopo trattamento riabilitativo<br />
30 ;<br />
lo shuttle test è un test che serve a misurare la<br />
tolleranza all’esercizio fisico durante il cammino<br />
in piano 31 . Durante questo test il paziente deve<br />
camminare avanti e indietro in un corridoio lungo<br />
10 metri a velocità progressivamente maggiori.<br />
La velocità è dettata da segnali sonori registrati<br />
su un’audiocassetta ascoltata dal paziente<br />
durante la prova. Al paziente viene chiesto di<br />
camminare a una velocità tale da permettergli di<br />
raggiungere un marker visivo al momento del segnale<br />
sonoro. Il test viene interrotto quando il<br />
paziente non è più in grado di terminare il giro<br />
(shuttle) nel tempo indicato dal segnale sonoro.<br />
Il risultato calcolato è dato dalla distanza totale<br />
(numero di shuttle completati x 10 metri)<br />
percorsa dal paziente. Lo shuttle test è un test<br />
molto riproducibile e che ben si correla con il<br />
V O 2 determinato durante test incrementale al<br />
treadmill (r = 0,88) 32 ;<br />
la prova da sforzo (ergospirometria). Il test da<br />
sforzo consente di determinare con precisione il<br />
massimo carico di lavoro tollerabile (Watt) e il<br />
V O 2 a esso corrispondente (V O 2 ,picco). Questo<br />
parametro indica la massima potenzialità di<br />
metabolismo aerobico dei muscoli ed è funzione<br />
sia della capacità di apporto di O 2 ai tessuti<br />
da parte del sistema <strong>respiratorio</strong> e cardiocircolatorio<br />
sia della capacità di estrazione di O 2 da<br />
parte dei tessuti stessi 13 .<br />
Infine, è possibile valutare le limitazioni imposte al<br />
paziente nell’esecuzione delle attività della vita<br />
quotidiana (ADL), e quindi la disability, attraverso<br />
l’impiego di questionari o di schede di valutazione<br />
dedicate.Tra queste è disponibile una varietà di<br />
sistemi di misura non specifici per le patologie respiratorie,<br />
tra i quali ricordiamo il Canadian Occupational<br />
Performance Measure, disponibile in edizione<br />
italiana 33 , il Barthel Index 34 e il Modified Barthel<br />
26
<strong>1.</strong> COME SI VALUTANO GLI EFFETTI DEL TRATTAMENTO DELLA BPCO<br />
Index 35 ,specificamente ideati per la valutazione delle<br />
ADL nei pazienti colpiti da ictus, il Katz Index<br />
of Activities of Daily Living 36 , largamente diffuso,<br />
molto conciso e redatto con una precisa descrizione<br />
dei criteri di classificazione, o ancora la Rivermead<br />
ADL Scale 37 che ha il vantaggio, rispetto alle<br />
altre scale, di non considerare aspetti di scarso rilievo<br />
per la patologia respiratoria quali l’incontinenza<br />
intestinale e vescicale.<br />
Esistono poi sistemi di valutazione delle ADL specifici<br />
per pazienti con problematiche respiratorie,<br />
autosomministrati,tra i quali l’Additive Activities Profile<br />
Test (ADAPT), ideato per misurare il livello di<br />
attività sostenibile dai pazienti che partecipano a<br />
programmi di riabilitazione respiratoria 38 , il Pulmonary<br />
Functional Status Scale (PFSS) 39 , il Pulmonary<br />
Functional Status Scale and Dyspnea Questionnaire<br />
(PFSDQ) 40 , la cui compilazione richiede circa 10-<br />
15 minuti, il London Chest Activity of Daily Living<br />
Scale (LCADL) 41 .<br />
Handicap<br />
L’handicap è lo svantaggio sofferto da un individuo<br />
in conseguenza della sua disabilità, che gli impedisce<br />
di espletare un ruolo considerato normale sulla<br />
base dell’età, del sesso e di fattori sociali e culturali.<br />
Diversamente dalla disabilità, la valutazione<br />
dell’handicap coinvolge quindi considerazioni sociali<br />
e psicologiche ed è perciò meno facile da oggettivare.<br />
Grande importanza hanno le attività lavorative<br />
o comunque correlate ad attività occupazionali.L’American<br />
Thoracic Society ha definito,a questo<br />
proposito, i valori di V O 2 richiesti per l’espletamento<br />
di diverse attività per differenti tempi di<br />
esecuzione 42 .Tuttavia, la valutazione dell’handicap<br />
non può essere ristretta alle sole attività lavorative<br />
od occupazionali. Una misura di outcome che include<br />
una stima dell’handicap è rappresentata dai<br />
questionari della Qualità della Vita correlati alla salute<br />
(QoL), che valutano tra l’altro l’impatto dello<br />
stato di salute di un paziente sulla sua capacità di<br />
espletare le attività della vita quotidiana. Questi<br />
questionari hanno buona riproducibilità, benché<br />
abbiano una debole correlazione con gli indici di<br />
funzionalità polmonare e la tolleranza allo sforzo 43 .<br />
Tra i questionari specifici per patologia a tutt’oggi<br />
validati vi sono il già menzionato CRQ 23 e il St.<br />
George’s Respiratory Questionnaire (SGRQ) 43 , mentre<br />
il Maugeri Respiratory Failure (MRF28) è stato<br />
sviluppato specificamente per l’insufficienza respiratoria<br />
cronica 44 .<br />
ALLENAMENTO ALL’ESERCIZIO<br />
Effetti dell’allenamento<br />
all’esercizio fisico sull’impairment<br />
L’allenamento allo sforzo non modifica il processo<br />
patologico di base della malattia, non determina variazioni<br />
del volume polmonare e non migliora l’efficacia<br />
dello scambio dei gas 45 . Sono stati invece osservati<br />
significativi miglioramenti nella performance di<br />
esercizi massimali e submassimali dopo programmi<br />
di allenamento ad alta intensità 46-48 . Una revisione<br />
della letteratura dimostra un miglioramento del carico<br />
massimale sostenibile al test da sforzo e dell’endurance<br />
rispettivamente di circa il 30% e il 70%,<br />
dopo programma di allenamento all’esercizio 46-53 .<br />
Tutti questi studi hanno mostrato un miglioramento<br />
del metabolismo aerobico attraverso una riduzione<br />
significativa della Ventilazione Minuto, del livello<br />
di acido lattico prodotto e della Frequenza Cardiaca<br />
a parità di carico di lavoro. Questi risultati sul<br />
miglioramento del metabolismo aerobico sono inoltre<br />
confermati dall’incremento (16-40%) degli enzimi<br />
ossidativi del muscolo quadricipite di pazienti<br />
BPCO (dimostrato tramite biopsia muscolare) dopo<br />
un programma di allenamento all’esercizio 46 .<br />
Effetti dell’allenamento<br />
all’esercizio fisico sulla disability<br />
Viene riportato un incremento della distanza percorsa<br />
al test del cammino di 6 e 12 minuti di circa<br />
il 10-25% 47,51-53 . Inoltre, esiste ormai consenso<br />
riguardo alla riduzione della dispnea dopo un programma<br />
di riabilitazione respiratoria comprendente<br />
allenamento all’esercizio e tale riduzione è confermata<br />
sia con metodi diretti (scala di Borg) 47 utilizzati<br />
a parità di carico di lavoro prima e dopo un<br />
programma di riabilitazione, sia con metodi indiretti<br />
multidimensionali 53 .<br />
Effetti dell’allenamento<br />
all’esercizio fisico sull’handicap<br />
Vari studi dimostrano che la riabilitazione respiratoria<br />
determina un miglioramento della qualità della<br />
vita 51,52,54 .Inoltre,alcuni studi dimostrano un aumentato<br />
reinserimento dei pazienti nelle attività lavorative<br />
dopo un programma di riabilitazione re-<br />
27
IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />
spiratoria 55 . Purtroppo i dati presentati a questo riguardo<br />
sono limitati, non supportati da studi clinici<br />
controllati e pertanto inconclusivi 56 .<br />
Effetti dell’allenamento<br />
all’esercizio fisico sulle misure di<br />
outcome complementari<br />
Sono disponibili pochi studi controllati e randomizzati<br />
che abbiano valutato l’impatto della riabilitazione<br />
respiratoria sul ricorso alle cure mediche<br />
53,57 . Uno di questi riporta una riduzione lieve<br />
e non statisticamente significativa dei giorni spesi<br />
in ospedale nell’anno successivo al programma di<br />
riabilitazione 52 , mentre un altro mostra in pazienti<br />
ad alto rischio una significativa riduzione del numero<br />
di ospedalizzazioni in un periodo di sei mesi<br />
57 .Vale comunque la pena sottolineare che numerosi<br />
studi non controllati 58,59 o di tipo osservazionale<br />
60-62 mostrano una tendenza favorevole verso<br />
una riduzione del numero di ospedalizzazioni<br />
negli anni successivi al programma di riabilitazione<br />
respiratoria rispetto al periodo precedente alla<br />
riabilitazione.<br />
OSSIGENOTERAPIA<br />
A LUNGO TERMINE<br />
Effetti dell’OLT sull’impairment<br />
I più importanti effetti della somministrazione<br />
cronica di ossigeno sono ovviamente valutabili a<br />
livello emogasanalitico ove si determina un miglioramento<br />
dei valori di PaO 2 e di saturazione<br />
del sangue arterioso 63 . Altrettanto importanti sono<br />
gli effetti valutabili dal punto di vista emodinamico<br />
a carico del piccolo circolo e principalmente<br />
rappresentati da una riduzione dei fenomeni<br />
di vasocostrizione ipossica con conseguente<br />
diminuzione delle resistenze vascolari polmonari<br />
e della pressione arteriosa polmonare 64,65 e<br />
attenuazione dei picchi di ipertensione polmonare<br />
sotto sforzo 66 o durante il sonno 67-69 . Sono stati<br />
evidenziati effetti positivi dell’OLT sulla gittata<br />
cardiaca e sulle aritmie cardiache 65 . Inoltre, è<br />
ampiamente documentato il miglioramento dei<br />
valori di ematocrito che grazie all’OLT può ridursi<br />
a livelli fisiologici in 2-3 mesi 65 .È infine opportuno<br />
segnalare che nei pazienti con BPCO l’ostruzione<br />
al flusso delle vie aeree continua a peggiorare<br />
indipendentemente dall’OLT e che il deficit<br />
del FEV 1 rimane il più significativo indice<br />
predittivo di sopravvivenza in questi pazienti 70 .Infine,un<br />
recente studio europeo mostra che la maggior<br />
parte dei pazienti in OLT muore comunque<br />
per complicanze respiratorie 71 .<br />
Effetti dell’OLT sulla disability<br />
La somministrazione di ossigeno migliora la dispnea<br />
a riposo nei pazienti BPCO ipossiemici 72 .<br />
La somministrazione di ossigeno durante esercizio<br />
fisico migliora la percezione della dispnea 72 ,<br />
mentre la massima capacità di esercizio migliora<br />
in meno della metà dei pazienti 73,74 .I pazienti che<br />
sviluppano ipossiemia durante esercizio fisico possono<br />
incrementare la loro performance ed endurance<br />
durante esercizio 75 .Va inoltre ricordato che i<br />
pazienti BPCO presentano spesso una qualità del<br />
sonno compromessa con frequenti risvegli 76 e che<br />
l’OLT si è dimostrata in grado di correggere le<br />
desaturazioni notturne e di migliorare la qualità<br />
del sonno 69,77 .<br />
Effetti dell’OLT sull’handicap<br />
La somministrazione di OLT non ha mostrato un<br />
miglioramento della qualità della vita in pazienti<br />
BPCO 78 , anche se la maggiore tolleranza allo sforzo<br />
fisico indotta dall’OLT può permettere al paziente<br />
di riprendere un certo livello di attività fisica,<br />
eventualmente anche lavorativa, e una vita di<br />
relazione.<br />
Effetti dell’OLT su misure<br />
di outcome complementari<br />
Alcuni studi non controllati degli anni ’60 e ’70 indicavano<br />
per OLT potenziali effetti favorevoli sulla<br />
sopravvivenza in pazienti con BPCO 79-81 . Fu comunque<br />
negli anni ’80 che due studi controllati dimostrarono<br />
definitivamente i benefici dell’OLT in<br />
pazienti affetti da BPCO, sottolineando che questa,<br />
somministrata per almeno 15 ore al giorno, era in<br />
grado di migliorare la sopravvivenza e di ridurre la<br />
pressione arteriosa polmonare ritardando l’evoluzione<br />
verso il cuore polmonare cronico 82-83 .A questo<br />
proposito giova ricordare che, pur essendo re-<br />
28
<strong>1.</strong> COME SI VALUTANO GLI EFFETTI DEL TRATTAMENTO DELLA BPCO<br />
lativamente modesti gli effetti dell’OLT sulla pressione<br />
arteriosa polmonare in termini assoluti, questi<br />
potrebbero avere un significato prognostico, come<br />
suggerito dai risultati dello studio NOTT (Nocturnal<br />
Oxygen Therapy Trial Group) 82 , in cui la sopravvivenza<br />
a 8 anni era correlata con la riduzione<br />
della pressione arteriosa polmonare media (PAP)<br />
osservata durante i primi sei mesi di trattamento.<br />
Per contro, nell’altro trial inglese 83 , nel gruppo trattato<br />
non si osservava alcuna riduzione della PAP,<br />
anche se l’OLT sembrava prevenire l’incremento<br />
dei valori di PAP rispetto a quanto osservato nel<br />
gruppo di controllo.<br />
VENTILAZIONE NON INVASIVA<br />
A LUNGO TERMINE<br />
Effetti della VNI sull’impairment<br />
Alcuni studi a carattere osservazionale avevano rilevato<br />
un miglioramento dei valori emogasanalitici<br />
diurni dopo trattamento con VNI durante le ore<br />
notturne 84 . Oltre al miglioramento dei valori emogasanalitici<br />
10,11 ,altri indicatori di efficacia della VNI<br />
a lungo termine sull’impairment possono essere una<br />
maggiore efficienza del sonno 85 e l’incremento di<br />
forza ed endurance dei muscoli respiratori 86 .A seguito<br />
di questi studi pionieristici sono stati intrapresi<br />
sei studi randomizzati e controllati, l’ultimo<br />
dei quali multicentrico. I risultati di questi studi sono<br />
sostanzialmente in conflitto tra loro. Strumpf et<br />
al. 87 hanno utilizzato un disegno randomizzato<br />
cross-over per valutare gli effetti dell’aggiunta di VNI<br />
notturna al trattamento standard. Né i valori gasanalitici,<br />
né gli indici di forza dei muscoli respiratori,<br />
né l’efficienza del sonno risultarono migliorati a<br />
seguito del trattamento con VNI. Alcuni anni dopo<br />
Meechan-Jones et al. 11 raggiunsero risultati<br />
completamente diversi con un protocollo di studio<br />
in larga parte sovrapponibile a quello di Strumpf et<br />
al., in cui in pazienti in O 2 terapia a lungo termine<br />
venivano valutati gli effetti dell’aggiunta di VNI<br />
notturna. Tre mesi di trattamento con VNI determinarono<br />
un significativo miglioramento dei gas<br />
arteriosi e della durata e dell’efficienza del sonno.<br />
È interessante rilevare che il grado di miglioramento<br />
dei valori di PaCO 2 diurna (in respiro spontaneo)<br />
era proporzionale al grado di riduzione determinato<br />
dalla VNI (nelle ore notturne). In nessuno<br />
dei successivi quattro studi randomizzati controllati<br />
88-91 , in cui il tempo di osservazione variava<br />
dalle 2 settimane ai 2 anni, veniva osservato alcun<br />
miglioramento dell’impairment in termini né di<br />
correzione dei valori emogasanalitici né di miglioramento<br />
degli indici di forza dei muscoli respiratori<br />
o di efficienza del sonno (tabella <strong>1.</strong>4).<br />
Effetti della VNI sulla disability<br />
La VNI risultava efficace nel produrre una certa<br />
qual riduzione della dispnea in tre 87,90,91 dei sei<br />
studi già citati (tabella <strong>1.</strong>4). Due studi indicavano<br />
un miglioramento delle performance neuropsicologiche<br />
nei pazienti trattati. È interessante rilevare<br />
come in nessuno di questi studi questi effetti positivi<br />
della VNI si associassero a miglioramento dei<br />
valori emogasanalitici e del profilo ipnico.Due studi<br />
randomizzati 87,91 e uno controllato ma non randomizzato<br />
10 hanno valutato l’impatto della VNI<br />
sulla tolleranza all’esercizio, entrambi senza rilevare<br />
alcun beneficio.<br />
Tabella <strong>1.</strong>4<br />
Valori medi di PaCO 2 dei pazienti arruolati e outcome clinici degli studi randomizzati e controllati che hanno valutato gli<br />
effetti della ventilazione non invasiva a lungo termine<br />
Studio PaCO 2 basale Gas Sonno Dispnea Funzione neuropsicologica QoL N. ricoveri Mortalità<br />
Strumpf (91) 49,2 ↔ ↔ ↔↓ ↑ ↔ X X<br />
Meecham-Jones (95) 55,8 ↑ ↑ X X X X X<br />
Gay (96) 54,7 ↔ ↔ X X X X X<br />
Lin (96) 50,5 ↔ ↔↓ X X X X X<br />
Casanova (00) 50,7 ↔ X ↔↓ ↔↑ X ↔ ↔<br />
Clini (02) 52,9 ↔ X ↓ X ↔↑ ↔ ↔<br />
29
IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />
Effetti della VNI sull’handicap<br />
Solo tre studi valutano l’impatto della VNI sulla<br />
qualità della vita (tabella <strong>1.</strong>4). Lo studio di Strumpf<br />
et al. non evidenzia alcun miglioramento 87 . Meechan-Jones<br />
et al. 11 evidenziano invece un miglioramento<br />
significativo della qualità della vita dopo<br />
tre mesi di terapia. Clini et al. 91 utilizzano due diversi<br />
questionari, uno specifico per la patologia respiratoria<br />
cronica (SGRQ) e uno ancor più specificatamente<br />
disegnato per i pazienti affetti da insufficienza<br />
respiratoria cronica (MRF-28). Solo<br />
quest’ultimo risultava significativamente migliorato<br />
dopo 24 mesi di trattamento, mentre le variazioni<br />
rilevate dal SGRQ erano più modeste e non<br />
significative.<br />
Effetti della VNI su misure<br />
di outcome complementari<br />
Due studi hanno valutato gli effetti della VNI a<br />
lungo termine sul numero di ricoveri ospedalieri<br />
a seguito di riacutizzazioni e sulla mortalità senza<br />
evidenziare alcuna differenza rispetto al gruppo<br />
di controllo 90,91 .A questo proposito giova ricordare<br />
che la dimensione del campione è un elemento<br />
critico per valutare l’eventuale impatto di<br />
una determinata terapia sulla mortalità e, sfortunatamente,<br />
l’applicazione cronica della ventilazione<br />
non invasiva non è strategia terapeutica facile<br />
da applicare su un vasto campione di pazienti. I<br />
dati negativi dello studio di Clini vanno pertanto<br />
considerati in quest’ottica, tenendo presente che<br />
uno studio multicentrico randomizzato francese<br />
tuttora in corso sembra evidenziare un significativo,<br />
seppur relativamente modesto, effetto sulla<br />
sopravvivenza nel sottogruppo di pazienti di età<br />
superiore ai 65 anni sottoposti alla VNI a lungo<br />
termine 92 .<br />
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33
IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />
Trattamento chirurgico<br />
Claudio Tantucci<br />
INTRODUZIONE<br />
La chirurgia riduttiva volumetrica del polmone<br />
(LVRS) recentemente riproposta per il trattamento<br />
dell’enfisema polmonare 1 ha lo scopo di ridurre<br />
la dispnea e aumentare la tolleranza allo sforzo<br />
migliorando la qualità della vita in soggetti con enfisema<br />
(prevalentemente disomogeneo) e BPCO che,<br />
anche dopo ottimale trattamento farmacologico e<br />
riabilitativo (muscolare, nutrizionale, educazionale<br />
e psicologico), rimangono dal punto di vista sintomatologico<br />
e funzionale molto limitati e/o insoddisfatti.<br />
Il raggiungimento di questi obiettivi dovrebbe basarsi<br />
su un razionale fisio-patologico condiviso e<br />
dimostrabile; i risultati attesi dovrebbero essere statisticamente<br />
e clinicamente superiori a quelli ottenibili<br />
con un corretto trattamento medico-riabilitativo<br />
e dovrebbero esserlo per un periodo sufficientemente<br />
lungo da compensare i disagi di una<br />
procedura invasiva (morbilità); infine, la procedura<br />
stessa dovrebbe essere gravata da una mortalità perioperatoria<br />
molto bassa, tale da non influenzare la<br />
mortalità complessiva per il periodo in cui il miglioramento<br />
ottenuto è significativo.<br />
Al momento attuale molti di questi requisiti necessari<br />
rimangono solo parzialmente soddisfatti e<br />
pertanto è d’obbligo limitarsi a un’analisi su quanto<br />
finora riscontrato in attesa di dati ulteriori, indispensabili<br />
per poter dare un giudizio circostanziato<br />
e definitivo sull’utilità della LVRS in aggiunta<br />
a un’ottimale terapia farmacologica-riabilitativa<br />
nei pazienti con BPCO ed enfisema avanzato.<br />
Fisiopatologia<br />
La rimozione di una quota sufficiente di parenchima<br />
polmonare gravemente enfisematoso (circa il 20-<br />
30% in volume), ma tendenzialmente localizzato<br />
(enfisema disomogeneo), in presenza di una marcata<br />
iperinflazione toraco-polmonare, consentirebbe:<br />
● un aumento della pressione elastica polmonare<br />
(dovuto a un più congruo rapporto dimensionale<br />
tra i polmoni e la gabbia toracica) con una<br />
conseguente miglior interdipendenza tra parenchima<br />
polmonare e bronchioli e un aumento dei<br />
flussi espiratori massimali 2 ;<br />
● una più adeguata configurazione operazionale<br />
del diaframma (fibre più lunghe, minor raggio<br />
di curvatura e più estesa zona di apposizione)<br />
con un maggior contributo dell’addome all’acquisizione<br />
del volume corrente 3 e minor presenza<br />
di movimento paradosso 4 ;<br />
● una migliore interdipendenza cardio-polmonare<br />
con un incremento del riempimento ventricolare<br />
destro;<br />
● una riduzione del “drive” centrale con una minore<br />
risposta ventilatoria alla CO 2 5;<br />
● una diminuzione dell’iperinflazione dinamica 6 ;<br />
● una minore dissociazione neuro-meccanica del<br />
diaframma 7 .<br />
Queste modificazioni sono in grado di favorire una<br />
riduzione della dispnea e un miglioramento della<br />
tolleranza all’esercizio.<br />
SELEZIONE DEI PAZIENTI<br />
La scelta dei candidati che più potrebbero giovarsi<br />
della LVRS è stata basata su:<br />
● criteri strutturali: presenza di estese zone enfisematose,<br />
ma tendenzialmente localizzate, in particolare<br />
ai lobi superiori, evidenziate all’esame<br />
radiologico con tomografia computerizzata ad<br />
alta risoluzione (HRTC) e con marcata riduzione<br />
della perfusione all’indagine scintigrafica;<br />
● criteri funzionali: prove di funzionalità respiratoria,<br />
emogasanalisi;<br />
● entrambi i criteri strutturali e funzionali.<br />
Tuttavia, differenti studi hanno mostrato differenti<br />
indici predittivi. Per esempio, in un gruppo di 29 pazienti<br />
con BPCO il parametro funzionale pre-operatorio<br />
più predittivo di miglioramento post-operatorio<br />
del FEV 1 si è dimostrato la minor resistenza<br />
polmonare inspiratoria al flusso (RL,i) 8 , suggerendo<br />
che il miglior beneficio in seguito a LVRS interesserebbe<br />
soggetti con marcata perdita di ritorno ela-<br />
34
<strong>1.</strong> COME SI VALUTANO GLI EFFETTI DEL TRATTAMENTO DELLA BPCO<br />
stico polmonare ma con vie aeree strutturalmente<br />
normali. In uno studio successivo, invece, il parametro<br />
funzionale basale più predittivo di miglioramento<br />
del FEV 1 dopo LVRS, ottenuto essenzialmente<br />
attraverso un marcato incremento post-operatorio di<br />
FVC, è stato il rapporto VR/CPT, indice di alterazione<br />
dimensionale tra polmone e torace 9 . In altre<br />
casistiche ancora, la CV e la FVC sono risultate i soli<br />
indici pre-operatori significativamente correlati<br />
con l’incremento del FEV 1 post-operatorio 10 .<br />
STUDI RANDOMIZZATI<br />
Gli unici due studi randomizzati, uno di piccole dimensioni<br />
eseguito in Inghilterra su 48 pazienti 11 e<br />
uno di maggiori dimensioni eseguito negli Stati<br />
Uniti su 139 pazienti, funzionalmente più gravi 12 ,<br />
hanno dimostrato una maggiore mortalità a breve<br />
termine, non significativa nello studio inglese e altamente<br />
significativa nello studio nord-americano<br />
con una frequenza pari a 0,43 per paziente/anno<br />
nel gruppo trattato con LVRS vs 0,11 per paziente/anno<br />
nel gruppo di controllo e con un rischio<br />
relativo di 3,9 (1,9-9,5; IC 95%) nel gruppo sottoposto<br />
a LVRS.<br />
Nei pazienti sopravvissuti modesti miglioramenti<br />
del FEV 1 , della distanza percorsa in 6 minuti e della<br />
qualità della vita venivano osservati a 12 mesi in<br />
14 su 19 pazienti nello studio inglese e, mediamente,<br />
del solo FEV 1 e della distanza percorsa in 6<br />
minuti nello studio nord-americano.<br />
Basandosi su questi risultati occorre concludere che<br />
la LVRS debba essere ancora una pratica terapeutica<br />
da confinarsi in studi clinici.Tuttavia, è doveroso<br />
osservare che nello studio NETT 12 la mortalità riportatata<br />
a 30 giorni era inaccettabilmente alta [16%<br />
(8-27%; IC 95%)] e che probabilmente il reclutamento<br />
ha selezionato per la successiva randomizzazione<br />
pazienti con indici di malattia troppo gravi<br />
(FEV 1 20% del predetto 13 .<br />
STUDI NON RANDOMIZZATI<br />
Impressione differente si riporta dai risultati, ottenuti<br />
su casistiche anche importanti (senza gruppi<br />
di controllo randomizzati) e pubblicati da gruppi<br />
di lavoro particolarmente impegnati nell’applicazione<br />
della LVRS. La mortalità perioperatoria, per<br />
esempio, varia tra il 5 e 10% nei differenti centri<br />
specialistici. In particolare, nei lavori pubblicati dal<br />
gruppo di Cooper 14 , la mortalità risulta intorno al<br />
4% a 90 giorni e l’aumento del FEV 1 , la riduzione<br />
della CPT e del VR, l’entità della distanza percorsa<br />
in 6 minuti, l’incremento della PaO 2 in aria,<br />
la riduzione nell’utilizzo supplementare di ossigeno<br />
e il miglioramento della qualità della vita appaiono<br />
decisamente superiori e mantenuti a 6, 12<br />
e 24 mesi. Altri studi 6,15,16 mostrano sostanzialmente<br />
risultati simili a questi (e quindi più incoraggianti<br />
rispetto agli studi randomizzati). È tuttavia<br />
possibile che in questi lavori l’eccessiva selezione<br />
dei pazienti effettivamente sottoposti a LVRS,<br />
la perdita di pazienti nel successivo follow-up e i risultati<br />
(funzionali e sintomatici) riportati in valori<br />
medi, rappresentino dei “bias” a favore dei benefici<br />
della LVRS in assenza di gruppi di controllo paragonabili.<br />
CRITERI DI VALUTAZIONE<br />
LONGITUDINALE<br />
In ogni caso, gli strumenti per valutare gli effetti a<br />
distanza della LVRS sono a tutt’oggi necessariamente<br />
complessi, includendo la misurazione dei<br />
sintomi, essenzialmente la dispnea (con scale e questionari<br />
adeguati), dei parametri funzionali (spirometrici<br />
ed emogasanalitici), della tolleranza allo<br />
sforzo (test del cammino in 6 minuti, shuttle walking<br />
test o prove da sforzo incrementale) e della qualità<br />
della vita (questionari sia generici che specifici in<br />
relazione alla patologia respiratoria).<br />
CONCLUSIONI<br />
Sulla base dell’attuale conoscenza appare giustificato<br />
sottolineare che la procedura di LVRS necessiti<br />
di essere eseguita in centri di provata esperienza nel<br />
settore, capaci di utilizzare tecniche operatorie ben<br />
standardizzate e su pazienti con enfisema e BPCO<br />
ben selezionati (tabella <strong>1.</strong>5). Tutto ciò perchè la<br />
LVRS possa essere un’opzione proponibile con risultati<br />
(positivi) accettabili a medio termine e non<br />
rimanere una tecnica chirurgica sperimentale con<br />
elevati rischi e pochi benefici in rapporto a una<br />
corretta e ottimale terapia medica e riabilitativa.<br />
35
IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />
Tabella <strong>1.</strong>5<br />
Criteri di inclusione ed esclusione attualmente consigliati<br />
per la procedura di riduzione volumetrica polmonare chirurgica<br />
in pazienti con enfisema e BPCO<br />
Criteri di inclusione<br />
Età inferiore a 75 anni<br />
Astinenza dal fumo di sigaretta > 6 mesi dall’intervento<br />
Peso coporeo compreso tra 70-130% del peso ideale<br />
Severa dispnea e disabilità<br />
Enfisema disomogeneo, prevalente ai lobi superiori, con<br />
iperinflazione polmonare<br />
Capacità di eseguire un esercizio > 40 watt negli uomini e<br />
> 25 watt nelle donne<br />
FEV 1 < 35% predetto<br />
DL CO > 30% predetto<br />
Capacità di completare un programma riabilitativo vigoroso<br />
Criteri di esclusione<br />
Età superiore a 75 anni<br />
Abitudine al fumo di sigaretta < 6 mesi dall’intervento<br />
Grave comorbidità o altra malattia fatale<br />
Obesità e cachessia gravi<br />
Enfisema diffuso, non prevalente ai lobi superiori<br />
Incapacità di eseguire un esercizio > 40 watt negli uomini<br />
e > 25 watt nelle donne<br />
FEV 1 < 20% predetto<br />
DL CO < 20% predetto<br />
Ipertensione arteriosa polmonare grave<br />
Incapacità a completare un programma riabilitativo*<br />
PaCO 2 > 50 mmHg*<br />
* Relativi.<br />
In questa logica la recentissima pubblicazione dei risultati<br />
relativi a mortalità,capacità di esercizio e qualità<br />
della vita riportati nell’ambito di un “follow-up”<br />
medio di 29 mesi in <strong>1.</strong>218 soggetti reclutati nel<br />
NETT fornisce, dopo esclusione di 140 pazienti ad<br />
alto rischio di mortalità chirurgica, alcuni elementi<br />
di precisazione 17,18 . Nei pazienti randomizzati per la<br />
terapia chirurgica (n = 538) non si riscontra,rispetto<br />
ai pazienti randomizzati per il solo trattamento medico-riabilitativo<br />
(n = 540), una sopravvivenza più<br />
elevata (p = 0,31).Tuttavia, nel sottogruppo di 290<br />
pazienti con enfisema prevalentemente localizzato<br />
ai lobi superiori e con bassa capacità di esercizio (inferiore<br />
a 25 watt per le donne e 40 watt per gli uomini),<br />
di cui 139 randomizzati per la terapia chirurgica<br />
e 151 per il trattamento conservativo, la probabilità<br />
di morte appare significativamente minore<br />
(p = 0,005) in quelli sottoposti a LVRS. In relazione<br />
alla capacità di esercizio e alla qualità della vita,<br />
i pazienti randomizzati per la terapia chirurgica hanno<br />
dimostrato a 24 mesi un miglioramento significativo<br />
(p < 0,001) in rapporto ai pazienti trattati solo<br />
con terapia medico-riabilitativa,ma anche in questo<br />
caso sono stati essenzialmente i pazienti con enfisema<br />
localizzato preferibilmente ai lobi superiori<br />
a trarne il maggior giovamento.<br />
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lung-volume-reduction surgery. N Engl J Med<br />
354:1075-1083.<br />
36
<strong>1.</strong> COME SI VALUTANO GLI EFFETTI DEL TRATTAMENTO DELLA BPCO<br />
13. Damato S,Angeletti CA,Allegra L et al (per il Gruppo<br />
di Lavoro LVRS della SIMeR): Linee Guida. La<br />
riduzione chirurgica di volume polmonare (LVRS)<br />
nel trattamento della BPCO severa: linee guida per<br />
la selezione e il follow-up di pazienti. Medicina Toracica<br />
1999; 21:181-195.<br />
14. Cooper JD, Patterson GA, Sundaresan RS et al: Results<br />
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15. Keller CA, Ruppel G, Hibbett A et al:Thoracoscopic<br />
lung volume reduction surgery reduces dyspnea<br />
and improves exercise capacity in patients with<br />
emphysema. Am J Respir Crit Care Med 1997;<br />
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16. Argenziano M, Moazami N, Thomashow B et al:<br />
Extended indication for lung volume reduction surgery<br />
in advanced emphysema. Ann Thorac Surg<br />
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17. National Emphysema Treatment Trial (NETT) Research<br />
Group:A randomized trial comparing lungvolume-reduction<br />
surgery with medical therapy for<br />
severe emphysema. N Engl J Med 2003; 348:2059-<br />
2073.<br />
18. Drazen JM e Epstein AM: Guidance concerning<br />
surgery for emphysema. N Engl J Med 2003;<br />
348:2134-2136.<br />
IMPATTO DEL TRATTAMENTO<br />
SULLO STATO DI SALUTE (QUALITÀ DI VITA)<br />
La stima degli effetti di un determinato trattamento,<br />
farmacologico o meno, sullo stato di<br />
salute può essere diretta, vale a dire affidata a strumenti<br />
di valutazione dello stato di salute, o indiretta,<br />
cioè basata su indicatori di performance. Nel<br />
secondo caso si assume che la performance fisica e<br />
cognitiva rifletta lo stato di salute, in ciò contraddicendo<br />
la componente soggettiva del giudizio.<br />
Lo stato di salute è, infatti, percepito in primo<br />
luogo dal malato e, pur non rappresentando<br />
una dimensione assolutamente soggettiva come la<br />
qualità di vita, non può essere stimato da un osservatore.<br />
Ne consegue che le evidenze sul rapporto<br />
tra terapia e stato di salute vanno interpretate<br />
cautamente se le metodiche utilizzate sono<br />
indirette. Tuttavia, la variazione della frequenza<br />
delle esacerbazioni può essere assunta come affidabile<br />
indice indiretto dello stato di salute, essendo<br />
ovvie le sfavorevoli implicazioni fisiche e psicologiche<br />
di una riacutizzazione, specie se comporta<br />
il ricovero ospedaliero.<br />
È però l’utilizzo della valutazione diretta tramite<br />
questionari specifici che permette di stimare più correttamente<br />
non solo il livello di stato di salute dei<br />
pazienti, ma anche l’eventuale risposta ai trattamenti,<br />
siano essi farmacologici o non farmacologici.<br />
Trattamento farmacologico e stato di salute<br />
Raffaele Antonelli-Incalzi<br />
ANTICOLINERGICI<br />
Gli anticolinergici, utilizzati nella BPCO stabile,<br />
hanno un effetto positivo sulla capacità di esercizio,<br />
in particolare a carico costante e specialmente<br />
se impiegati ad alte dosi 1 . In media, alleviano la<br />
dispnea e migliorano lo stato di salute indagato<br />
tramite strumenti specifici di malattia 2 .Tali effetti<br />
sono evidenti nella comparazione con placebo;pure<br />
evidente è l’alta incidenza di secchezza delle<br />
37
IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />
fauci correlata all’uso degli anticolinergici 3 .Tra i<br />
vari preparati, il tiotropio sembra essere il più efficace<br />
nel migliorare lo stato di salute, ma è anche<br />
associato con la massima incidenza di secchezza<br />
delle fauci 4 . La numerosità degli studi comparabili<br />
per metodologia valutativa non consente un’analisi<br />
cumulativa dei risultati, né alcuno studio ha<br />
dimensioni tali da rendere questi risultati sicuramente<br />
univoci.<br />
In confronto con la teofillina, l’ossitropio bromuro<br />
ha analoga potenza broncodilatatrice, ma un migliore<br />
effetto sullo stato di salute esplorato mediante<br />
il St. George’s Respiratory Questionnaire<br />
(SGRQ) 5 . In confronto con il salmeterolo, l’ipratropio<br />
bromuro è meno capace di alleviare i sintomi<br />
e prevenire le riacutizzazioni 6,7 . Il tiotropio<br />
si è dimostrato più efficace dell’ipratropio e del salmeterolo<br />
nel ridurre la dispnea e migliorare lo stato<br />
di salute 8 .<br />
β 2 -AGONISTI<br />
I β 2 -agonisti a breve durata d’azione sono in grado<br />
di aumentare la capacità di esercizio, mentre incerto<br />
è l’effetto dei preparati a lunga durata d’azione<br />
1 .L’efficacia del salmeterolo, il β 2 -agonista a<br />
lunga durata più utilizzato, nel migliorare la sezione<br />
“Impatti” del SGRQ è evidente al dosaggio<br />
di 50 µg 2 volte al giorno, ma viene meno per un<br />
dosaggio di 100 µg 2 volte al giorno 9 . Una recente<br />
Cochrane review centrata su salmeterolo e<br />
formoterolo documenta effetti modesti sullo stato<br />
di salute 10 .<br />
β 2 -AGONISTI PIÙ<br />
ANTICOLINERGICI<br />
O TEOFILLINA<br />
Il salmeterolo ha effetto additivo a quello dell’ipratropio<br />
nel migliorare il punteggio del Chronic Respiratory<br />
Questionnaire e a quello della teofillina nell’aumentare<br />
il numero di giorni liberi da sintomi 11 ;<br />
quest’ultimo effetto è condiviso dal formoterolo 12 .<br />
La teofillina potenzia l’effetto benefico del salmeterolo<br />
sulla dispnea 13 .L’albuterolo, preparato a breve<br />
durata d’azione, e l’ipratropio hanno effetto additivo<br />
sulla performance spirometria postdose e sul<br />
picco di flusso espiratorio serale, ma non sulla qualità<br />
di vita 14 .<br />
STEROIDI INALATORI<br />
L’uso cronico di steroidi non sembra giovare allo<br />
stato di salute, almeno se esplorato con strumenti<br />
non specifici per <strong>malattie</strong> respiratorie 15 . Lo studio<br />
ISOLDE ha documentato un minore “fisiologico”<br />
peggioramento nel tempo dello score “Sintomi” del<br />
SGRQ in pazienti cronicamente trattati con fluticasone<br />
rispetto a quelli che assumevano placebo; tale<br />
reperto è imputabile alla diminuita frequenza delle<br />
esacerbazioni 16 .Altri studi non hanno confermato<br />
questo risultato,ma la minore gravità media dei malati<br />
arruolati potrebbe giustificare la differenza 17 .Tale<br />
ipotesi è contraddetta dal riscontro di un miglioramento<br />
dello stato di salute in pazienti con BP-<br />
CO lieve-moderata durante trattamento con fluticasone<br />
18 .Nello studio ISOLDE, al miglioramento<br />
dello stato di salute non ha corrisposto una riduzione<br />
dell’ostruzione bronchiale, ma ciò potrebbe<br />
ascriversi alla mancata correzione dei risultati per i<br />
soggetti con malattia rapidamente progressiva precocemente<br />
usciti dallo studio 16 .È quindi possibile<br />
che gli effetti degli steroidi inalatori sullo stato di<br />
salute meritino di essere reinterpretati in sottogruppi<br />
omogenei di pazienti. Tali effetti sono stati<br />
anche studiati dopo sospensione del trattamento: i<br />
punteggi del Chronic Respiratory Disease Questionnaire<br />
sono rimasti invariati dopo sospensione del beclometasone,<br />
malgrado sia l’ostruzione bronchiale<br />
che la dispnea siano peggiorate, mentre la sospensione<br />
del fluticasone ha comportato una maggiore<br />
frequenza di esacerbazioni e un peggioramento dei<br />
punteggi del SGRQ 19,20 . In questi studi, l’età media<br />
di 67 e 64 anni lascia ipotizzare che la comorbilità<br />
abbia condizionato lo stato di salute, rendendo<br />
disagevole l’interpretazione dei risultati 21 .<br />
TEOFILLINA<br />
Non sono dimostrati effetti positivi sulla capacità<br />
di esercizio,mentre l’effetto sullo stato di salute,misurato<br />
da una scala generica, pur significativo, è inferiore<br />
a quello del salmeterolo 1,22 . Alla sospensione<br />
del farmaco segue un peggioramento della performance<br />
fisica e della dispnea 23 .<br />
38
<strong>1.</strong> COME SI VALUTANO GLI EFFETTI DEL TRATTAMENTO DELLA BPCO<br />
Trattamento non farmacologico<br />
e stato di salute<br />
Mauro Carone<br />
Un altro campo nel quale le misurazioni dello stato<br />
di salute sono in grado di fornire evidenze di<br />
efficacia e/o di risultato sono i cosiddetti trattamenti<br />
non farmacologici.Tra questi verranno trattati<br />
i più importanti, quali l’ossigenoterapia a lungo<br />
termine, la ventilazione non invasiva a lungo<br />
termine,i programmi di riabilitazione e quelli educazionali.<br />
OSSIGENOTERAPIA<br />
A LUNGO TERMINE (LTOT)<br />
Allo stato attuale non è possibile giungere a una<br />
conclusione definitiva sull’effetto dell’ossigenoterapia<br />
sulle funzioni cognitive,sullo stato dell’umore<br />
e sullo stato di salute globale dei pazienti con insufficienza<br />
respiratoria cronica.Gli studi sinora eseguiti<br />
hanno fornito poche evidenze in un senso o<br />
nell’altro, ma ciascuno studio pubblicato presenta<br />
dei limiti.<br />
Il NOTT 24 e l’IPPB 25 hanno utilizzato il Sickness<br />
Impact Profile (SIP) 26 prima che questo fosse validato<br />
completamente. Tra l’altro, il SIP è un questionario<br />
generico e non specifico per le <strong>malattie</strong><br />
respiratorie.<br />
Più recentemente, Okubadejo 27 ha utilizzato il St.<br />
George’s Respiratory Questionnaire (SGRQ) 28 , un<br />
questionario specifico per la BPCO e l’asma ma<br />
non per l’insufficienza respiratoria, per verificare<br />
l’impatto dell’ossigenoterapia a lungo termine<br />
(LTOT) sullo stato di salute dei pazienti BPCO.<br />
Anche in questo studio gli autori non hanno trovato<br />
alcuna correlazione statistica tra LTOT e stato<br />
di salute durante un periodo di osservazione di<br />
6 mesi, concludendo che la LTOT non migliora<br />
lo stato di salute dei pazienti, ma solo la sopravvivenza.<br />
Questo tipo di conclusione è fortemente criticabile<br />
in quanto deve essere tenuto in considerazione<br />
il tipo di erogatore di ossigeno utilizzato. Gli<br />
autori sono, infatti, inglesi e in tale paese il sistema<br />
sanitario non rimborsa l’ossigeno liquido: si limita<br />
a fornire ai pazienti esclusivamente il concentratore<br />
di ossigeno. Di conseguenza, può essere<br />
supposto che nello studio di Okubadejo lo stato<br />
di salute fosse influenzato negativamente dall’impossibilità<br />
di utilizzare l’ossigenoterapia durante<br />
le uscite di casa, cioè proprio quando si presentano<br />
le desaturazioni più marcate e la dispnea più<br />
intensa.<br />
Deve essere inoltre tenuto in considerazione il fatto<br />
che nessuno dei succitati questionari è specifico<br />
per i pazienti BPCO in ossigenoterapia. È per<br />
questo che in seguito è stato ideato un questionario<br />
specifico per i pazienti con insufficienza respiratoria<br />
cronica, il Maugeri Respiratory Questionnaire<br />
(MRF28) 29 .<br />
È allora postulabile che uno studio che utilizzi ossigeno<br />
liquido con fonte portatile (stroller) e il corretto<br />
questionario (MRF28) possa evidenziare i<br />
reali benefici dell’ossigenoterapia a lungo termine<br />
(LTOT) non solo in termini di riduzione della<br />
mortalità, ma anche di miglioramento dello stato<br />
di salute.<br />
VENTILAZIONE NON INVASIVA<br />
A LUNGO TERMINE (NIPPV)<br />
Per quanto concerne la ventilazione non invasiva<br />
a lungo termine, i dati sono maggiori rispetto a<br />
quelli dell’ossigenoterapia e dimostrano l’efficacia<br />
della ventilazione non invasiva a lungo termine<br />
(NIPPV) nel migliorare lo stato di salute dei pazienti.<br />
Per esempio, utilizzando il questionario SF36 30 ,è<br />
stato dimostrato che i pazienti BPCO ipossiemici<br />
sottoposti alla NIPPV 31 presentano valori di stato<br />
di salute migliori rispetto ai pazienti BPCO ipossiemici<br />
che, per motivi vari, non effettuavano<br />
LTOT né NIPPV 32 .<br />
39
IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />
0<br />
Attività Impatto Sintomi Totale<br />
Variazione del punteggio del SGRQ<br />
–2<br />
–4<br />
–6<br />
–8<br />
–10<br />
Soglia<br />
di significatività<br />
clinica<br />
–12<br />
Figura <strong>1.</strong>9<br />
Variazioni del punteggio del SGRQ dopo 6 mesi di trattamento con NIPPV.Valori negativi indicano miglioramento dello stato di salute. NIPPV<br />
= ventilazione non invasiva a lungo termine; SGRQ = St. George’s Respiratory Questionnaire 33 .<br />
Un altro studio sulla NIPPV 33 ha utilizzato il<br />
SGRQ e ha evidenziato che dopo 6 mesi di trattamento<br />
lo stato di salute migliorava significativamente<br />
sia dal punto di vista statistico (p = 0,04)<br />
sia da quello clinico (soglia clinica di miglioramento<br />
per il SGRQ = -4 unità) (figura <strong>1.</strong>9). Questo<br />
miglioramento era particolarmente evidente<br />
nel punteggio dell’impatto (-9 unità) e in quello<br />
totale (-10 unità).<br />
Ancora più interessante è uno studio multicentrico<br />
italiano della durata di 2 anni, il quale ha paragonato<br />
su 122 pazienti con BPCO la differenza<br />
in efficacia della NIPPV associata a LTOT rispetto<br />
alla sola LTOT 34 .Unprimo dato importante<br />
è che, mentre il SGRQ non è riuscito a rilevare<br />
differenze tra i due gruppi, il più specifico<br />
MRF28 è risultato più sensibile e specifico. Infatti,<br />
al termine dei due anni di follow-up, ipazienti<br />
trattati solo con LTOT hanno lievemente<br />
peggiorato i punteggi di stato di salute. Al contrario,<br />
i pazienti sottoposti a ventilazione non invasiva<br />
a lungo termine oltre che a ossigenoterapia<br />
hanno manifestato un miglioramento del proprio<br />
stato di salute (figura <strong>1.</strong>10). Questo è indice<br />
che quando si utilizza il corretto strumento per la<br />
valutazione dello stato di salute in una determinata<br />
popolazione è possibile evidenziare risultati<br />
che, con altri strumenti meno specifici, non sarebbero<br />
rilevabili.<br />
PROGRAMMI<br />
DI RIABILITAZIONE<br />
Sull’efficacia clinica dei programmi riabilitativi nella<br />
BPCO oggigiorno non vi sono più dubbi, tanto<br />
che anche le più recenti linee guida internazionali<br />
ne segnalano l’importanza 35 .<br />
Traitanti studi vorremmo segnalarne un paio. Il<br />
primo fu eseguito su 60 pazienti randomizzati a<br />
entrare in un programma riabilitativo di 6 settimane<br />
oppure in un gruppo controllo 36 . All’arruolamento<br />
il punteggio SGRQ era identico nei<br />
due gruppi. Al contrario, al terzo e al sesto mese<br />
la differenza tra i due gruppi era statisticamente<br />
e clinicamente favorevole al gruppo che aveva<br />
partecipato al programma riabilitativo, con mi-<br />
40
<strong>1.</strong> COME SI VALUTANO GLI EFFETTI DEL TRATTAMENTO DELLA BPCO<br />
LTOT<br />
NIPPV+LTOT<br />
5<br />
0<br />
MRF28<br />
-5<br />
-10<br />
Figura <strong>1.</strong>10<br />
Variazioni dello stato di salute di un gruppo di pazienti BPCO con insufficienza respiratoria cronica.Valori negativi indicano miglioramento.Valori<br />
positivi indicano peggioramento. LTOT = ossigenoterapia a lungo termine; MRF28 = Maugeri Respiratory Questionnarie; NIPPV = ventilazione<br />
non invasiva a lungo termine (modificata da 34 ).<br />
glioramento dello stato di salute rispetto all’arruolamento<br />
presente solo nel gruppo riabilitato<br />
(figura <strong>1.</strong>11).<br />
Un secondo studio fu eseguito su 182 pazienti<br />
BPCO, di cui 93 entrarono in un programma riabilitativo<br />
di 2 ore giornaliere per 3 mezze giornate<br />
la settimana per 6 settimane 37 . Come nello studio<br />
precedente, al termine del programma il miglioramento<br />
dello stato di salute era presente solo<br />
nel gruppo riabilitato e non in quello controllo.<br />
Similmente, il miglioramento era importante sia<br />
dal punto di vista statistico (p
IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />
70<br />
60<br />
p < 0,01 p < 0,02<br />
Controllo<br />
Riabilitazione<br />
Differenza<br />
50<br />
40<br />
30<br />
20<br />
10<br />
0<br />
Basale 3 mesi 6 mesi<br />
Soglia<br />
di significatività<br />
clinica<br />
Figura <strong>1.</strong>11<br />
Punteggi totali del St. George’s Respiratory Questionnarie (SGRQ) suddivisi tra gruppo di pazienti che non avevano eseguito riabilitazione o che<br />
avevano partecipato a un programma riabilitativo. Per quanto riguarda la differenza tra i due gruppi, valori positivi indicano migliore stato di salute nel<br />
gruppo partecipante al programma riabilitativo rispetto al gruppo controllo (modificata da 36 ).<br />
dunque importante tenere sempre presenti i risultati<br />
non solo in termini di efficacia clinica, strumentale<br />
e sintomatologica, ma anche in termini di<br />
reale miglioramento dello stato di salute globale.<br />
I dati sinora disponibili permettono di evidenziare<br />
un effetto mediamente positivo degli anticolinergici<br />
e dei β 2 -agonisti sullo stato di salute, mentre<br />
meno chiaro è l’effetto degli steroidi e probabilmente<br />
assai modesto quello della teofillina.Tuttavia,<br />
l’eterogeneità delle situazioni fisiopatologiche<br />
e cliniche riunite sotto la definizione BPCO<br />
e il significato di alcune di queste nei riguardi dello<br />
stato di salute rendono opportuna una migliore<br />
caratterizzazione di base dei pazienti, essendo<br />
possibili effetti differenziati per sottogruppi 40 .Inoltre,<br />
l’accresciuta attenzione verso le forme iniziali<br />
di BPCO, quando l’ostruzione bronchiale è iniziale<br />
e/o non sintomatica, induce a prendere in<br />
considerazione la prevenzione del deterioramento<br />
dello stato di salute nei numerosi soggetti che ne<br />
soffrono. Queste e altre considerazioni sono riassunte<br />
nella tabella <strong>1.</strong>6.<br />
Per quanto riguarda invece i trattamenti non farmacologici,<br />
a oggi necessitiamo di studi che dimostrino<br />
l’efficacia dell’ossigeno liquido sul miglioramento<br />
dello stato di salute. Al contrario, la riabilitazione<br />
è una metodica che ha ampiamente dimostrato<br />
non solo di migliorare la capacità di performance<br />
dei pazienti respiratori, riducendo altresì i loro<br />
livelli di dispnea, ma anche di migliorare concretamente<br />
il livello di stato di salute dei pazienti.<br />
Infine, i programmi educazionali sono sicuramente<br />
da attuare in tutti i pazienti affetti da BPCO. Infatti,<br />
i pur pochi dati scientifici, insieme all’impressione<br />
clinica che ha fatto sì che tali programmi<br />
siano raccomandati dalle varie linee guida, indicano<br />
chiaramente come vi sia la possibilità di ridurre<br />
le riacutizzazioni bronchiali e di migliorare<br />
lo stato di salute.<br />
42
<strong>1.</strong> COME SI VALUTANO GLI EFFETTI DEL TRATTAMENTO DELLA BPCO<br />
Tabella <strong>1.</strong>6<br />
Alcuni problemi che complicano l’interpretazione del rapporto tra terapia e stato di salute nella BPCO stabile<br />
Problema<br />
Mancata valutazione della comorbilità<br />
Scarsa caratterizzazione fisiopatologica<br />
Mancata valutazione della coping strategy<br />
Utilizzo di strumenti non ottimali<br />
Mancata valutazione cognitiva<br />
Prevalenza di maschi negli studi<br />
Durata del periodo di osservazione<br />
Effetto di valutazioni ripetute<br />
Significato<br />
Malattie coesistenti con la BPCO possono condizionare l’effetto del<br />
trattamento oppure far sì che una terapia efficace nel ridurre<br />
l’ostruzione bronchiale non consegua effetti parimenti positivi sullo<br />
stato di salute<br />
I pazienti con BPCO a impronta enfisematosa hanno in genere una<br />
più bassa soglia della dispnea. Potrebbero avere diversa sensibilità ai<br />
broncodilatatori rispetto ai malati a impronta bronchitica<br />
La coping strategy individuale condiziona il vissuto di malattia,<br />
l’adattamento alle limitazioni e la stessa risposta alla terapia in<br />
termini di stato di salute<br />
Molti studi basano la stima dello stato di salute su misure indirette,<br />
non sull’autovalutazione mediante strumento standardizzato<br />
Deficit cognitivi, non rari in soggetti anziani ipossiemici, possono<br />
condizionare la qualità della valutazione dello stato di salute<br />
La tendenza attuale è a favore di una crescente proporzione di<br />
femmine tra i malati di BPCO. Inoltre, la BPCO ha un impatto<br />
maggiore sullo stato di salute delle femmine<br />
Non sappiamo quale sia la durata ottimale degli studi in rapporto al<br />
tipo di farmaco da studiare. Per alcuni farmaci, una valutazione<br />
troppo remota potrebbe cadere in coincidenza con un calo di<br />
efficacia da desensibilizzazione. Per altri, l’effetto potrebbe<br />
emergere alla distanza<br />
La somministrazione di un questionario sullo stato di salute più di<br />
due volte potrebbe introdurre un bias di compilazione per effetto<br />
pratica<br />
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44
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45
I QUADERNI DELLA BPCO<br />
2. Gestione della BPCO<br />
Programmi di screening<br />
Riccardo Pistelli, Carlo Giuntini, Sandra Sammarro<br />
INTRODUZIONE<br />
La BPCO è una malattia a elevata prevalenza e a<br />
elevato impatto sullo stato di salute e sulla mortalità<br />
della popolazione. In tutte le più recenti revisioni<br />
della letteratura e dei dati epidemiologici disponibili,<br />
pur con le cautele dovute alla carenza di<br />
uniformità dei criteri diagnostici utilizzati, è stato<br />
evidenziato il problema della sottodiagnosi della<br />
malattia, che assume talora dimensioni sorprendenti<br />
1-4 .Per esempio, in un recente lavoro in cui<br />
sono stati confrontati i dati di prevalenza di BPCO<br />
negli USA stimati a partire dalle diagnosi mediche<br />
e dai risultati dell’inchiesta campionaria NHANES<br />
III 4 si è evidenziato che, a fronte di una prevalenza<br />
stimata di 10 milioni di casi sulla base delle diagnosi<br />
mediche,i dati dello studio NHANES III fornivano<br />
una stima di prevalenza di 24 milioni di soggetti<br />
affetti da una limitazione funzionale tale da<br />
identificarli come casi di BPCO. Le grandi dimensioni<br />
della sottodiagnosi e la possibilità di ridurle<br />
con uno strumento di facile applicazione, a basso<br />
costo, non invasivo e assolutamente innocuo quale<br />
la spirometria, unite alla speranza di efficacia di un<br />
intervento precoce in grado di evitare o rallentare<br />
l’evoluzione della malattia, hanno suggerito a molti<br />
autori di proporre un atteggiamento attivo dei<br />
servizi sanitari (screening o case-finding) nella ricerca<br />
dei casi di BPCO. Scopi di questo capitolo sono la<br />
revisione di alcuni concetti generali sulle metodologie<br />
di screening e case-finding, la loro possibile applicazione<br />
alla BPCO e la revisione dei risultati di<br />
alcuni programmi di diagnosi precoce di BPCO riportati<br />
nella letteratura internazionale.<br />
Metodologia di screening<br />
e di case-finding<br />
L’attività di screening per il controllo di una malattia<br />
può essere definita come “la valutazione di soggetti<br />
asintomatici al fine di classificarli come probabilmente<br />
affetti o probabilmente non affetti dalla malattia<br />
oggetto dello screening” 5 .I soggetti classificati<br />
come probabilmente affetti devono essere studiati ulteriormente,<br />
al fine di giungere alla diagnosi finale<br />
o, per meglio dire, a una diagnosi che abbia un livello<br />
di verosimiglianza adeguato rispetto al trattamento<br />
che si considera indicato per la malattia. L’applicazione<br />
organizzata delle attività di diagnosi precoce<br />
e trattamento su larghi gruppi di popolazione<br />
costituisce lo “screening di massa” o “screening di popolazione”.<br />
Scopo dello screening è la riduzione della<br />
morbosità e della mortalità per una malattia mediante<br />
il trattamento precoce dei casi trovati. In altri<br />
termini,lo screening si propone di anticipare ed estendere<br />
il processo per mezzo del quale un soggetto<br />
percepisce i sintomi della malattia da cui è affetto e<br />
si rivolge al medico per la diagnosi e la terapia.<br />
Una possibile definizione di case-finding è “procedimento<br />
di valutazione di un paziente per potenziali<br />
<strong>malattie</strong> non correlate al disturbo principale<br />
per il quale si è rivolto a un medico”. Per esempio,<br />
l’esecuzione al momento dell’ingresso in ospe-<br />
47
IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />
dale di una serie di esami ematochimici su pazienti<br />
che si ricoverano per un intervento chirurgico<br />
su sindrome del tunnel carpale può essere definita<br />
come attività di case-finding.<br />
Volendo riassumere in breve le caratteristiche che<br />
differenziano le due modalità di ricerca attiva di casi<br />
di malattia, si può dire che:<br />
● nell’attività di screening si esaminano volontari<br />
sani, tratti dalla popolazione generale, ai quali si<br />
propone una valutazione e un beneficio certo<br />
qualora si individui una specifica condizione<br />
patologica;<br />
● nell’attività di case-finding vengono esaminati pazienti<br />
che si rivolgono per un qualunque motivo<br />
al medico e in cui viene fatta una valutazione<br />
globale dello stato di salute. In questo caso<br />
non vi sono per il paziente prestabilite garanzie<br />
di beneficio, qualora si individui una<br />
qualsivoglia patologia, ma soltanto l’offerta del<br />
più elevato standard di assistenza in relazione al<br />
luogo e al tempo in cui l’attività di case-finding<br />
viene svolta.<br />
Pur con le notevoli differenze summenzionate, sia<br />
lo screening sia il case-finding si propongono come<br />
interventi di diagnosi precoce la cui utilità dipende<br />
dal verificarsi delle condizioni illustrate nella figura<br />
2.1 per un modello di malattia cronica. Nella<br />
figura 2.1A è riportata la storia naturale di una<br />
malattia cronica, che presenta un inizio biologico<br />
al tempo A, una diagnosi clinica effettuata quando<br />
la malattia ha cominciato a presentare sintomi<br />
al tempo B, un’evoluzione con aggravamento dei<br />
sintomi al tempo C e un esito mortale al tempo<br />
D. In questo modello è possibile ipotizzare la presenza<br />
di un tempo À, situato fra il tempo A e il<br />
tempo B, in cui sia possibile individuare la malattia<br />
prima della comparsa dei sintomi. Un’attività<br />
diagnostica collocata in tale posizione corrisponde<br />
alla definizione di ricerca attiva dei casi, sia essa<br />
screening o case-finding.Tuttavia, la disponibilità<br />
di una tecnica diagnostica adeguata al tempo À,<br />
utile per una diagnosi preclinica, è una condizione<br />
necessaria ma non sufficiente a giustificare la<br />
ricerca attiva dei casi. Possono infatti verificarsi le<br />
condizioni riportate nella figura 2.1B e 2.1C in<br />
cui, rispettivamente, la malattia non presenta alcuna<br />
tendenza evolutiva, e il caso individuato presenterà<br />
sintomi e morirà solo per altre <strong>malattie</strong>,<br />
oppure la malattia non è curabile, e il caso individuato<br />
in fase preclinica avrà una storia naturale<br />
della malattia identica a quella del caso individuato<br />
in fase clinica. In entrambe queste condizioni<br />
l’attività di ricerca attiva dei casi anticiperà la diagnosi,<br />
creando una fase più o meno lunga di pseudomalattia<br />
sicuramente inutile e potenzialmente<br />
dannosa. In conclusione, soltanto il ritardo di insorgenza<br />
dei sintomi gravi e della morte o la com-<br />
A<br />
A A’ B C D<br />
Inizio<br />
biologico<br />
Diagnosi<br />
preclinica<br />
Diagnosi<br />
clinica<br />
Malattia<br />
grave<br />
Morte<br />
B<br />
A A’ B<br />
Morte per altra causa<br />
dopo la diagnosi clinica<br />
Pseudomalattia<br />
C<br />
Nessun effetto sulla malattia<br />
A A’ B C D<br />
Pseudomalattia<br />
D<br />
Ritardo aggravamento e morte<br />
A A’ C D<br />
Figura 2.1<br />
Un modello di malattia cronica e di intervento<br />
con diagnosi in fase preclinica.<br />
E<br />
A A’<br />
Morte per altra malattia<br />
48
2. GESTIONE DELLA BPCO<br />
pleta abolizione di queste fasi (figura 2.1D e 2.1E)<br />
giustificano, quando ne sia possibile l’esecuzione,<br />
l’attività di ricerca attiva di casi di una determinata<br />
malattia.<br />
Le considerazioni esposte illustrano a sufficienza la<br />
necessità di valutare accuratamente, prima di intraprendere<br />
un’attività di ricerca attiva di casi, la disponibilità<br />
dei seguenti elementi di conoscenza in<br />
merito a una malattia:<br />
●<br />
●<br />
●<br />
storia naturale della malattia;<br />
validità e potere predittivo degli strumenti diagnostici<br />
nelle varie fasi della malattia;<br />
efficacia delle terapie disponibili nelle varie fasi<br />
della malattia.<br />
Quando queste conoscenze siano disponibili e si<br />
propenda per una plausibile efficacia dell’intervento<br />
di ricerca attiva dei casi, rimane la necessità di<br />
valutare l’efficacia dell’intervento compiuto con una<br />
metodologia adeguata sia per disegno dello studio<br />
sia per metodo di analisi dei risultati. Crediamo sia<br />
facilmente intuibile la necessità di un tempo spesso<br />
assai lungo prima che gli entusiasmi con cui si è<br />
partiti per una ricerca attiva dei casi possano trovare<br />
conferma o,malauguratamente,essere smentiti dai<br />
risultati ottenuti. È inoltre evidente che, in una fase<br />
intermedia di acquisizione di conoscenze e in<br />
considerazione dei minori impegni etici e organizzativi,<br />
un’attività di case-finding è proponibile assai<br />
più facilmente di un’attività di screening.<br />
LE NOSTRE CONOSCENZE<br />
SULLA BPCO<br />
ELARICERCA ATTIVA DEI CASI<br />
La serie di Quaderni in cui s’inserisce questo capitolo<br />
è un’eloquente testimonianza dell’ampiezza<br />
delle nostre conoscenze sulla BPCO. In particolare,<br />
il capitolo su storia naturale e prognosi della malattia<br />
6 riassume lo stato delle conoscenze scientifiche<br />
sul decorso della BPCO in relazione alle caratteristiche<br />
eterogenee del suo fenotipo. Fin dai<br />
tempi delle ricerche di Fletcher e Peto 7 è stato definito,<br />
e mai più sostanzialmente negato, il lungo<br />
percorso temporale tipico dell’evoluzione della<br />
BPCO, indipendentemente dallo specifico fenotipo<br />
della malattia. Partendo da una prima fase, in<br />
parte o completamente asintomatica 6 , in cui esiste<br />
soltanto una lieve alterazione funzionale dell’<strong>apparato</strong><br />
<strong>respiratorio</strong> dovuta a una riduzione del calibro<br />
e/o del numero dei bronchi e dei bronchioli,<br />
la BPCO evolve verso una seconda fase, in cui i<br />
sintomi (soprattutto la dispnea) portano il soggetto<br />
a rivolgersi a un medico, e infine verso un’ultima<br />
fase caratterizzata da sintomi assolutamente invalidanti,<br />
seguiti dalla morte in un tempo variabile.<br />
Sotto il profilo della storia naturale della malattia<br />
è evidente che il modello riportato nella figura<br />
2.1A ben si adatta alla BPCO.<br />
Le alterazioni funzionali tipiche della BPCO possono<br />
essere individuate con molto anticipo rispetto alla<br />
comparsa dei sintomi della malattia. Secondo le<br />
più recenti linee guida sulla BPCO 8 , esisterebbe una<br />
fase della malattia, definita “stadio 0” o del soggetto<br />
a rischio, in cui sarebbero presenti alcuni sintomi e<br />
una condizione funzionale normale. Questa definizione<br />
è tuttavia limitativa poiché prende in considerazione<br />
il solo fenotipo caratterizzato da ipersecrezione<br />
di muco e il solo rapporto FEV 1 /FVC come<br />
rappresentativo delle alterazioni funzionali tipiche<br />
della BPCO. In effetti, sappiamo che in alcuni fenotipi<br />
della BPCO la cronica ipersecrezione di muco<br />
è assente o di scarso rilievo e che una valutazione<br />
funzionale che comprenda indici più sensibili del<br />
rapporto FEV 1 /FVC può risultare alterata in soggetti<br />
esposti a fattori di rischio prima che compaia<br />
l’ipersecrezione di muco. Crediamo che gli studi<br />
condotti negli anni 1970-1990 abbiano fornito sufficienti<br />
evidenze in proposito 9 . Purtroppo, alcuni indici<br />
funzionali sensibili non sono facilmente misurabili,<br />
per altri non è stata eseguita un’adeguata standardizzazione<br />
e per altri sono stati condotti soltanto<br />
pochi studi adeguati al fine di definirne il valore predittivo<br />
rispetto a una futura condizione francamente<br />
patologica 10 . Soltanto con la piena consapevolezza<br />
di queste limitazioni possiamo accettare la definizione<br />
di uno “stadio 0” secondo le linee guida<br />
GOLD.Tuttavia, anche il rapporto FEV 1 /FVC è un<br />
indice continuo la cui utilizzazione ai fini della diagnosi<br />
attiva dipende dalla scelta di un valore di confine<br />
fra soggetti con bassa ed elevata probabilità di<br />
malattia.Esistono dimostrazioni in letteratura del fatto<br />
che differenze apparentemente piccole nella scelta<br />
del valore di confine per il rapporto FEV 1 /FVC<br />
possono portare a stime di prevalenza di BPCO molto<br />
diverse fra loro 11 . Questo fatto, unito all’assenza di<br />
chiare evidenze su quale valore di confine raggiunga<br />
il miglior compromesso fra sensibilità e specificità<br />
rispetto all’evoluzione della BPCO, deve indurre a<br />
grande prudenza quando da proposte sicuramente<br />
valide sul piano dell’asserzione scientifica si voglia<br />
49
IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />
passare a una fase operativa di ricerca attiva di casi.<br />
Non è senza significato il fatto che gli estensori delle<br />
linee guida GOLD abbiano proposto una classificazione<br />
di severità della malattia con finalità meramente<br />
esemplificative e didattiche poiché, anche per<br />
un indice funzionale molto utilizzato come il rapporto<br />
FEV 1 /FVC, si dispone di evidenze adeguate a<br />
sostenere soltanto un intervallo relativamente ampio<br />
di valori come confine fra soggetti con elevata o bassa<br />
probabilità di sviluppare una malattia evolutiva 12,13 .<br />
Un ultimo punto metodologico di rilievo deriva<br />
dall’analisi dell’efficacia degli interventi atti a evitare<br />
un’evoluzione della BPCO quando sia stata posta<br />
una diagnosi in fase precoce. Non sussistono<br />
dubbi sull’efficacia della sospensione dell’esposizione<br />
al fumo di sigaretta e sull’efficacia della rimozione<br />
di altre esposizioni nocive fra cui, in primo<br />
luogo, le esposizioni professionali e le esposizioni a<br />
inquinanti sia nell’ambiente esterno sia negli ambienti<br />
confinati. Altri interventi terapeutici di provata<br />
efficacia non trovano indicazione in soggetti<br />
affetti da BPCO in cui la diagnosi sia stata posta in<br />
fase precoce 8 . Gli interventi efficaci e proponibili<br />
in fase precoce di diagnosi di BPCO coincidono<br />
con misure di igiene generale, che rientrano nelle<br />
misure di profilassi primaria da proporre a qualunque<br />
individuo o da porre in atto negli ambienti di<br />
vita e di lavoro nei confronti dell’intera popolazione.<br />
La diagnosi precoce di BPCO dovrebbe quindi<br />
essere valutata, primariamente, in termini di efficacia<br />
rispetto al rafforzamento delle raccomandazioni<br />
individuali nell’ambito di un programma di<br />
cessazione dal fumo di sigaretta, alla rimozione di<br />
eventuali esposizioni ambientali o alla salvaguardia<br />
di individui particolarmente suscettibili nei confronti<br />
di esposizioni considerate innocue per la<br />
maggioranza della popolazione 14,15 . Una forte evidenza<br />
su questi punti è purtroppo carente. D’altra<br />
parte, non si può escludere l’utilità di un intervento<br />
terapeutico precoce, per esempio di terapia inalatoria<br />
combinata, non ancora “testata” in questa fase<br />
della BPCO. Ciò può giustificare uno o più studi<br />
pilota di una ricerca attiva di casi di BPCO.<br />
Le considerazioni fatte in merito ai limiti di un intervento<br />
di ricerca attiva dei casi di BPCO orienterebbero<br />
quindi fortemente per la scelta di un intervento<br />
di case-finding, da svolgere a livello di medicina<br />
generale nei confronti di soggetti a rischio<br />
per classe d’età ed esposizione al fumo di sigaretta<br />
o nei confronti di soggetti con sintomatologia iniziale<br />
o dubbia 16,17 . Alcune recenti valutazioni suggeriscono<br />
inoltre che sarebbe corretto limitare il case-finding<br />
ai soli soggetti a rischio per esposizione al<br />
fumo di sigaretta, non essendo la presenza di sintomi<br />
un predittore significativo di malattia quando<br />
non sia associata al fumo di sigaretta 18 . In effetti, se<br />
i sintomi sono largamente reversibili e quindi non<br />
predittivi 18 , la percentuale di fumatori fra i soggetti<br />
identificati come BPCO è risultata simile a quella<br />
degli altri soggetti in un campione random della popolazione<br />
generale 19 .Pertanto, almeno per gli studi<br />
pilota di ricerca attiva di casi di BPCO, l’orientamento<br />
dovrebbe essere verso un intervento rivolto<br />
alla popolazione generale in una data fascia di età.<br />
LA RICERCA ATTIVA<br />
DELLA BPCO<br />
A fronte di un dibattito sicuramente interessante e<br />
acceso da oltre trent’anni, esiste un solo studio che<br />
abbia finora prodotto risultati utili ai fini della valutazione<br />
di fattibilità, efficacia ed efficienza di un<br />
programma di ricerca attiva dei casi di BPCO: lo<br />
studio “Detection, Intervention and Monitoring of<br />
COPD and Asthma (DIMCA)”. I risultati più rilevanti<br />
sinora pubblicati sono:<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
è stata confermata un’elevata sottodiagnosi di<br />
asma e BPCO nella popolazione 19 ;<br />
la percezione dei sintomi e il loro impatto sulla<br />
qualità di vita sono fattori determinanti della<br />
sottodiagnosi assai più rilevanti della prestazione<br />
medica 20 ;<br />
l’esposizione al fumo di sigaretta, in contrasto con<br />
altri studi 18 , non è risultata essere un fattore rilevante<br />
di rischio per la presenza di patologia ostruttiva<br />
delle vie aeree in soggetti asintomatici 19 ;<br />
la somministrazione di steroidi inalatori si dimostra<br />
un mezzo efficace ed efficiente di prevenzione<br />
dell’evoluzione della malattia, quando<br />
si ricerchi la compliance del paziente 21,22 .Va detto<br />
che quest’ultimo risultato, sicuramente il più<br />
rilevante fra tutti quelli prodotti, deve essere accettato<br />
con cautela per le seguenti considerazioni:<br />
la difficoltà di separare nettamente i soggetti<br />
asmatici dai soggetti affetti da BPCO nel<br />
valutare l’efficacia; la necessità di assumere che<br />
l’efficacia dimostrata nel breve periodo si mantenga<br />
nel lungo periodo, al fine di rendere i costi<br />
dell’oneroso programma di screening a due stadi,<br />
previsto dal disegno dello studio, compatibili<br />
con l’efficienza economica dell’intervento.<br />
50
2. GESTIONE DELLA BPCO<br />
CONCLUSIONI<br />
La BPCO è sicuramente una malattia molto più<br />
diffusa di quanto possa essere stimato sulla base delle<br />
statistiche correnti. È una malattia per la quale si<br />
dispone di strumenti idonei a fornire una diagnosi<br />
in fase precoce, prima della comparsa di sintomi<br />
rilevanti. Vi sono molti presupposti che rendono<br />
plausibile un intervento di ricerca attiva di casi a<br />
livello di medicina generale. Restano ancora non<br />
dimostrate l’efficacia e l’efficienza di un simile intervento,<br />
che sia posto a integrazione rispetto a misure<br />
di prevenzione primaria sui principali fattori<br />
di rischio.<br />
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of the DIMCA program. Am J Respir Crit Care<br />
Med 2001; 164(11):2057-2066.<br />
51
IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />
22. van Grunsven PM, van Schayck CP, van Deuveren<br />
M et al: Compliance during long-term treatment<br />
with fluticasone propionate in subjects with<br />
early signs of asthma or chronic obstructive pulmonary<br />
disease (COPD): results of the Detection,<br />
Intervention, and Monitoring Program of COPD<br />
and Asthma (DIMCA) Study. J Asthma 2000;<br />
37(3):225-234.<br />
Raccomandazioni GOLD<br />
Leonardo M. Fabbri, Micaela Romagnoli<br />
INTRODUZIONE<br />
La BPCO è una patologia delle vie aeree causata dal<br />
fumo di sigaretta e rappresenta una delle principali<br />
cause di morbilità cronica e di mortalità nel mondo.<br />
Infatti, la BPCO è oggi stimata essere la quarta<br />
causa di morte (World Health Organization. World<br />
health report. Geneva:World Health Organization; 2000.<br />
Disponibile sul sito:http://www.who.int/whr/2000/<br />
en/statistics.htm.) e un ulteriore incremento della<br />
sua prevalenza e della mortalità è previsto nei prossimi<br />
decenni 1 .<br />
Il Progetto Mondiale BPCO (GOLD) è stato realizzato<br />
in collaborazione con l’Organizzazione<br />
Mondiale della Sanità (OMS) e l’Istituto Statunitense<br />
per lo studio delle Malattie Polmonari, Cardiache<br />
e del Sangue (NHLBI) per fronteggiare il<br />
crescente problema costituito dalla BPCO 2 .Lo scopo<br />
principale del progetto GOLD è di migliorare<br />
la gestione della BPCO, in primis prevenendone l’evoluzione<br />
attraverso un intervento sui fattori di rischio,<br />
in particolare il fumo di sigaretta (smettere<br />
di fumare), ma anche curando coloro che ne sono<br />
affetti e che pur smettendo di fumare continuano<br />
a esserne affetti. I trattamenti oggi a disposizione<br />
permettono infatti di alleviare i sintomi, migliorare<br />
la tolleranza allo sforzo e la qualità di vita, prevenire<br />
e trattare le complicazioni e le riacutizzazioni<br />
che fanno parte di questa malattia. Scopo finale<br />
è ovviamente quello di riuscire a intervenire<br />
all’inizio, durante le fasi precoci della malattia, sia<br />
per prevenire l’evoluzione sia per prevenire la mortalità<br />
che da essa consegue.<br />
In questo capitolo non verrà affrontato il trattamento<br />
farmacologico della BPCO, già estesamente<br />
trattato nel Capitolo 1 di questo Quaderno, ma<br />
verrà valutata la gestione del paziente BPCO in termini<br />
di prevenzione, educazione e gestione medica<br />
in fase stabile e di riacutizzazione.<br />
IDENTIFICAZIONE<br />
DEI SOGGETTI A RISCHIO<br />
Quali sono i fattori di rischio<br />
L’identificazione dei fattori di rischio costituisce un<br />
importante obiettivo nell’ambito delle strategie di<br />
prevenzione e di trattamento di tutte le <strong>malattie</strong>, e<br />
nel caso specifico della BPCO. La comprensione<br />
del fatto che il fumo di sigaretta sia uno dei più<br />
importanti fattori di rischio per lo sviluppo della<br />
BPCO ha favorito la diffusione di programmi di<br />
dissuasione nei confronti del fumo.Tali programmi<br />
costituiscono un presidio fondamentale nella prevenzione<br />
della malattia, oltre che un intervento indispensabile<br />
per coloro che hanno già sviluppato la<br />
BPCO. Sebbene il fumo sia il fattore di rischio più<br />
studiato, non si tratta certamente dell’unico fattore<br />
in gioco.<br />
I fattori di rischio per la BPCO sono attualmente<br />
divisi in due gruppi: i fattori individuali, quali le<br />
basi genetiche (per esempio, deficit di α 1 -antitripsina),<br />
l’iperreattività bronchiale, il livello di sviluppo<br />
del polmone e i fattori ambientali, primo fra<br />
tutti il fumo di sigaretta, ma anche i fattori professionali,<br />
l’inquinamento degli ambienti interni ed<br />
esterni. La malattia è prodotta dall’interazione fra<br />
questi due ordini di fattori.<br />
Soggetti a rischio: fumatori con o<br />
senza sintomi di bronchite cronica<br />
L’identificazione dei soggetti a rischio rappresenta,<br />
pertanto, il primo passo nella gestione della BPCO.<br />
Il personale sanitario, medico e paramedico dovrebbe,<br />
perciò, essere sensibilizzato nell’individuazione<br />
dei soggetti fumatori o ex fumatori, con o senza sin-<br />
52
2. GESTIONE DELLA BPCO<br />
tomi di bronchite cronica (tosse cronica produttiva)<br />
per inviarli, in prima istanza, a eseguire una spirometria<br />
e una visita specialistica pneumologica, per<br />
porre o escludere la diagnosi di BPCO.Nel caso questi<br />
soggetti non abbiano già sviluppato la malattia,<br />
ma siano solo sintomatici, i cosiddetti soggetti a rischio<br />
di BPCO 2 , lo scopo è di seguirli per la prevenzione<br />
dello sviluppo della malattia, attraverso l’educazione<br />
alla sospensione del fumo di sigaretta, oppure<br />
di monitorarli nel tempo eseguendo visite di<br />
controllo con prove spirometriche. Qualora alla spirometria<br />
venga riscontrata la presenza di una sindrome<br />
ostruttiva non reversibile o scarsamente reversibile<br />
e, pertanto, la malattia sia già in atto, il paziente<br />
deve essere valutato e monitorato per la corretta<br />
diagnosi, per la sua educazione e quella dei suoi<br />
familiari,per la classificazione di gravità e per un adeguato<br />
trattamento farmacologico a lungo termine.<br />
Stadio 0 delle linee guida GOLD:<br />
controversie<br />
Le linee guida GOLD hanno introdotto nella classificazione<br />
di gravità della BPCO lo stadio 0, considerato<br />
come stadio di soggetti a rischio, che include<br />
soggetti con sintomi di bronchite cronica ma<br />
che alla spirometria mostrano volumi e flussi polmonari<br />
nella norma 2 .Tuttavia, non è chiaro se la<br />
presenza di sintomi di bronchite cronica in assenza<br />
di ostruzione bronchiale rappresenti un reale fattore<br />
di rischio per lo sviluppo della BPCO. Un recente<br />
studio epidemiologico sembra escludere che<br />
i criteri indicati dallo stadio 0 della classificazione<br />
GOLD (sintomi di bronchite cronica) possano<br />
identificare realmente i soggetti che svilupperanno<br />
ostruzione delle vie aeree 3 .<br />
EDUCAZIONE<br />
Cos’è la BPCO<br />
Broncopneumopatia cronica ostruttiva è un termine<br />
medico ostico che riassume <strong>malattie</strong> comunemente<br />
chiamate bronchite cronica,enfisema o bronchite<br />
asmatica e, nonostante circa 1 persona su 3 di<br />
età superiore ai 60 anni sia affetta da questa malattia,<br />
essa è quasi completamente sconosciuta sotto tale<br />
denominazione (BPCO) dalla popolazione generale.<br />
In genere il paziente fumatore sa di correre<br />
rischi per lo sviluppo di neoplasia polmonare, data<br />
l’informazione massiva degli ultimi decenni su questa<br />
patologia, ma non sa cos’è la BPCO. Non solo<br />
i pazienti, ma a volte anche il personale medico o<br />
paramedico che non opera in campo specialistico<br />
pneumologico non è adeguatamente informato su<br />
questa patologia, invece così diffusa.<br />
Se si considera l’impatto di questa malattia, a livello<br />
assistenziale, dei costi umani e dei costi sociali, si<br />
nota un interesse limitato della comunità medica in<br />
quanto questa malattia è essenzialmente dovuta al<br />
fumo e quindi considerata una conseguenza naturale<br />
che accompagna la vita del fumatore. In realtà<br />
è un’importantissima causa di morbilità, di invalidità<br />
e di ricoveri e costituisce la prima causa di ricovero<br />
in ambiente pneumologico, una significativa causa<br />
di ricovero in ambiente internistico e una causa<br />
primaria di assenza dal lavoro e di ricadute sociali.<br />
Pertanto,lo scopo principale del documento GOLD<br />
è di diffondere la conoscenza di questa patologia e<br />
di migliorarne la gestione.A tale scopo è stata di recente<br />
pubblicata una guida pratica, breve, tascabile,<br />
contenente informazioni semplici sulla BPCO<br />
comprensibili dalla maggior parte dei pazienti.<br />
Riduzione dei fattori di rischio:<br />
programmi educazionali per la<br />
dissuasione dall’abitudine tabagica<br />
Nonostante l’educazione del paziente venga considerata<br />
un momento essenziale della cura in tutte le<br />
<strong>malattie</strong> croniche, non è molto chiaro il suo ruolo<br />
nella BPCO. È difficile stabilire l’importanza dell’educazione<br />
in questa malattia per il lungo periodo di<br />
tempo necessario prima che si osservino miglioramenti,<br />
quando presenti, della funzionalità respiratoria.<br />
Gli studi pubblicati dimostrano che la sola educazione<br />
del paziente non migliora le capacità fisiche<br />
e la funzionalità respiratoria 4-7 .Tuttavia, possono migliorare<br />
lo stato di salute e la capacità e l’abilità nel<br />
far fronte alla malattia 8 . Questi indici non vengono<br />
di solito considerati negli studi clinici, ma possono<br />
essere importanti nella BPCO,laddove le terapie farmacologiche<br />
hanno di solito modesta influenza sui<br />
parametri funzionali. Idealmente, gli aspetti educazionali<br />
dovrebbero essere presenti in tutte le fasi del<br />
trattamento della BPCO,dalla consultazione del medico<br />
o di altri operatori sanitari, dai programmi di<br />
terapia domiciliare e da quelli riabilitativi. È di fondamentale<br />
importanza per i pazienti con BPCO<br />
53
IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />
comprendere la natura del loro disturbo, i fattori di<br />
rischio in grado di favorirne la progressione, il loro<br />
ruolo e quello degli operatori sanitari nell’ottimizzare<br />
il trattamento con risultati clinicamente apprezzabili.<br />
L’educazione dovrebbe essere adattata alle<br />
esigenze e all’ambiente del singolo paziente, dovrebbe<br />
essere interattiva, volta a migliorare la qualità<br />
della vita, pratica e appropriata alle capacità intellettuali<br />
e sociali dei pazienti e degli operatori sanitari.<br />
Ruolo del paziente<br />
e degli operatori sanitari<br />
nella gestione della BPCO<br />
Nel trattamento della BPCO è essenziale la discussione<br />
fra paziente e medico. Oltre a essere attenti<br />
e comunicativi, gli operatori sanitari dovrebbero<br />
prestare attenzione alle paure e alle apprensioni<br />
del paziente, focalizzare sugli obiettivi educazionali,<br />
adattare le terapie al singolo individuo, prevenire<br />
le alterazioni funzionali e ottimizzare le abilità<br />
pratiche del paziente.<br />
Specifiche strategie di educazione si sono dimostrate<br />
efficaci nel migliorare la compliance del paziente al<br />
trattamento e ai regimi terapeutici.La compliance non<br />
è limitata semplicemente alla verifica della corretta<br />
assunzione della terapia da parte del paziente. Nella<br />
BPCO, laddove i farmaci costituiscono solo uno<br />
degli aspetti del piano di trattamento, la compliance<br />
riguarda anche una serie di terapie non farmacologiche,<br />
cioè seguire un programma di mantenimento<br />
al termine della riabilitazione polmonare, la possibilità<br />
di smettere e continuare a non fumare, utilizzare<br />
in modo corretto nebulizzatori, distanziatori<br />
e concentratori d’ossigeno.<br />
I programmi di educazione prevedono diverse fasi.<br />
Gli argomenti che sembrano più importanti in<br />
un programma educazionale sono: informazione e<br />
consiglio di ridurre i fattori di rischio e quindi la<br />
dissuasione dall’abitudine tabagica; diffusione di<br />
informazioni di base relative alla malattia e alla fisiopatologia<br />
della malattia; concetti generali di terapia<br />
e aspetti specifici del trattamento medico;possibilità<br />
di autotrattamento; strategie che aiutino a<br />
ridurre al minimo la dispnea; consigli relativi a<br />
quando chiedere aiuto; autotrattamento e gestione<br />
delle riacutizzazioni; questioni relative alla qualità<br />
della vita e alla progressione della malattia.<br />
Vi sono diversi tipi di programmi educazionali: dalla<br />
semplice distribuzione di materiale prestampato<br />
a incontri organizzati per fornire informazioni sulla<br />
BPCO, a riunioni organizzate per insegnare ai<br />
pazienti specifiche nozioni (per esempio, autotrattamento,<br />
monitoraggio del picco di flusso).<br />
PREVENZIONE<br />
NEI CONFRONTI DEL FUMO<br />
La sospensione dell’abitudine tabagica è considerata<br />
l’intervento più efficace ed economicamente più<br />
vantaggioso per ridurre il rischio di sviluppare la<br />
BPCO. La sospensione dell’abitudine tabagica può<br />
prevenire o ritardare lo sviluppo di ostruzione delle<br />
vie aeree 9 .<br />
Campagne contro il consumo di tabacco e programmi<br />
con messaggi chiari, coerenti e ripetuti in<br />
favore della dissuasione dall’abitudine tabagica (disassuefazione<br />
dal fumo) dovrebbero essere diffusi<br />
attraverso ogni possibile canale, comprendendo<br />
cioè gli operatori sanitari, le scuole, la radio, la televisione<br />
e i giornali. Dovrebbero essere organizzate<br />
campagne d’informazione sia nazionali sia locali,<br />
al fine di ridurre l’esposizione al fumo di tabacco<br />
nei locali pubblici. Dovrebbero essere promulgate<br />
leggi che bandiscano il fumo dalle scuole,<br />
dalle strutture pubbliche e dall’ambiente di lavoro.<br />
I programmi di prevenzione del fumo dovrebbero<br />
riguardare in particolare i bambini, gli<br />
adolescenti, i giovani adulti, le donne in gravidanza.<br />
I medici e gli operatori della sanità pubblica dovrebbero<br />
incoraggiare le persone a non fumare nelle<br />
loro abitazioni.<br />
Gli sforzi e gli interventi volti alla sospensione dell’abitudine<br />
tabagica sono risultati efficaci in entrambi<br />
i sessi, in tutti i gruppi razziali ed etnici e<br />
nelle donne in gravidanza. L’età influenza il tasso<br />
di sospensione: i giovani smettono con minore probabilità;<br />
tali programmi presentano tuttavia un’efficacia<br />
in tutte le fasce di età.<br />
I dati internazionali sull’impatto economico della<br />
sospensione dell’abitudine tabagica sono sorprendentemente<br />
simili: investire risorse in tali programmi<br />
è economicamente vantaggioso in termini<br />
di costi medici per ogni anno di vita guadagnato.<br />
La letteratura relativa agli studi costo-efficacia<br />
riporta vari tipi di interventi che comprendono i<br />
cerotti per il rilascio transdermico di nicotina, i<br />
consigli del medico e di altre figure sanitarie (con<br />
o senza il cerotto di nicotina), programmi di autoaiuto,<br />
di gruppo e di sospensione in comunità.<br />
54
2. GESTIONE DELLA BPCO<br />
RUOLO<br />
DEGLI OPERATORI SANITARI<br />
NEI PROGRAMMI ANTIFUMO<br />
Tabella 2.1<br />
Linee guida per la sospensione dell’abitudine tabagica<br />
“Trattare l’abuso tabagico e la sua dipendenza: linee guida pratiche<br />
per il clinico” 11<br />
La dipendenza tabagica è una condizione cronica che<br />
necessita trattamenti ripetuti a lungo termine per<br />
raggiungere una disassuefazione totale<br />
Esistono trattamenti efficaci per la dipendenza da tabacco<br />
che dovrebbero essere offerti a tutti i fumatori<br />
A ogni visita il medico e l’operatore sanitario devono dare<br />
spiegazioni, motivazioni e documentazione del<br />
trattamento<br />
Un breve trattamento di disassuefazione dal fumo è<br />
efficace e dovrebbe essere offerto a ciascun fumatore<br />
C’è un tempo dose-risposta, che dipende dall’intensità<br />
della dipendenza dal fumo, tra la raccomandazione e<br />
l’effetto<br />
Tre tipi di counseling sembrano essere particolarmente<br />
efficaci: consigli pratici, supporto psicosociale come parte<br />
integrante del trattamento, supporto sociale esterno al<br />
trattamento<br />
Cinque sono i farmaci di prima linea efficaci per la<br />
disassuefazione dal tabacco: bupropione SR, gomma alla<br />
nicotina, inalatori alla nicotina, spray nasale alla nicotina<br />
e cerotti transdermici alla nicotina. Devono essere<br />
prescritti in assenza di controindicazioni<br />
I trattamenti della dipendenza da fumo sono efficaci<br />
rispetto ad altre terapie e altri interventi preventivi<br />
I programmi antifumo richiedono un approccio<br />
multidisciplinare, che comprenda le politiche pubbliche,<br />
la diffusione di programmi di informazione<br />
e l’educazione sanitaria attraverso i mezzi di informazione<br />
e le scuole 10 .Tuttavia, gli operatori sanitari,<br />
comprendenti medici, infermieri, dentisti, psicologi,<br />
farmacisti e altre figure professionali sono<br />
elemento chiave per diffondere i messaggi relativi<br />
alla disassuefazione dal fumo ed eseguire gli interventi<br />
necessari.Allo stesso tempo,varie strategie dovrebbero<br />
essere promosse nell’ambito della prevenzione.<br />
Gli operatori sanitari dovrebbero incoraggiare<br />
tutti i pazienti fumatori a smettere, anche<br />
quelli che si rivolgono al medico per ragioni di diversa<br />
natura e che non presentano né sintomi della<br />
BPCO né evidenza di una riduzione del flusso<br />
aereo espiratorio.<br />
Le linee guida per la sospensione dell’abitudine tabagica,<br />
recentemente pubblicate (tabella 2.1) 11 , enfatizzano<br />
il concetto che la dipendenza da tabacco<br />
costituisce una malattia cronica e i medici dovrebbero<br />
inoltre riconoscere che le ricadute sono frequenti<br />
e che riflettono la natura cronica della dipendenza,<br />
non il loro fallimento o quello dei tentativi<br />
dei pazienti.<br />
I consigli forniti dal medico o da altre figure professionali<br />
sono più efficaci delle strategie autosomministrate<br />
12 nell’indurre il paziente a smettere di fumare.<br />
In uno studio clinico multicentrico controllato<br />
la combinazione del consiglio del medico, di educatori<br />
specializzati e di terapia sostitutiva con nicotina<br />
ha determinato un tasso di sospensione del 35%<br />
annuo, mantenuto nel 22% dei casi per 5 anni 9 .<br />
Sono oggi disponibili diverse terapie farmacologiche<br />
efficaci per la sospensione dell’abitudine tabagica<br />
10 , come i prodotti che rilasciano nicotina, o altri<br />
farmaci quali gli antidepressivi bupropione e<br />
nortriptilina 13,14 .<br />
Numerosi studi indicano che i prodotti che rilasciano<br />
nicotina somministrati in qualunque modo<br />
(la gomma di nicotina, la nicotina somministrata<br />
per via inalatoria, la nicotina spray nasale, il cerotto<br />
di nicotina, le compresse sublinguali e le pastiglie)<br />
determinano un aumento dei tassi di astinenza<br />
dal fumo a lungo termine 11,13 .<br />
DIAGNOSI DI BPCO<br />
La diagnosi di BPCO dovrebbe essere presa in considerazione<br />
da parte del personale medico, specialista<br />
e non, in tutti i pazienti che riferiscono una<br />
storia di esposizione ai fattori di rischio per la malattia<br />
e/o lamentano tosse, espettorazione e/o dispnea.<br />
La diagnosi verrà poi confermata dalla spirometria.<br />
La presenza di un rapporto VEMS/CVF<br />
IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
storia familiare di BPCO o di altre <strong>malattie</strong> respiratorie<br />
croniche;<br />
tipo di sintomi sviluppati. I sintomi della BPCO<br />
si manifestano tipicamente durante la vita adulta.<br />
Inoltre, tali soggetti sono consapevoli dell’aggravamento<br />
della dispnea, più frequentemente<br />
durante l’inverno per un certo numero di anni<br />
prima che si richieda l’intervento medico;<br />
storia di riacutizzazioni e di precedenti ricoveri<br />
per disturbi respiratori. I pazienti possono essere<br />
consapevoli del periodico peggioramento dei<br />
sintomi anche se questi episodi non vengono<br />
considerati riacutizzazioni della malattia di base;<br />
presenza di patologie concomitanti. La limitazione<br />
delle attività quotidiane può essere aggravata<br />
dalla presenza di patologie concomitanti, quali le<br />
patologie cardiache e l’artrite reumatoide;<br />
appropriatezza delle terapie farmacologiche in<br />
atto. Per esempio, i pazienti possono assumere β-<br />
bloccanti per curare concomitanti <strong>malattie</strong> cardiache,<br />
le quali possono risultare controindicate<br />
in pazienti con BPCO;<br />
impatto della malattia sulla quotidianità del paziente,<br />
che comporta la limitazione delle attività<br />
quotidiane, la perdita del lavoro e il conseguente<br />
impatto economico, le conseguenze sulla<br />
quotidianità familiare, la comparsa di depressione<br />
e ansia;<br />
disponibilità di sostegno sociale e familiare;<br />
possibilità di ridurre l’esposizione ai fattori di rischio,<br />
in particolare la sospensione dell’abitudine<br />
tabagica.<br />
La progressione della malattia fa sì che i pazienti si<br />
rivolgano con maggiore frequenza agli operatori<br />
sanitari. La tipologia di specialisti consultati e la frequenza<br />
delle visite dipenderanno dal tipo di sistema<br />
sanitario. Lo scopo del monitoraggio e della valutazione<br />
nella BPCO è di assicurare che gli obiettivi<br />
del trattamento siano garantiti e che interessino<br />
diversi ambiti:<br />
● l’esposizione ai fattori di rischio, in particolare il<br />
fumo di tabacco;<br />
● la progressione della malattia e la comparsa di<br />
complicanze;<br />
● la terapia farmacologica e le altre terapie;<br />
● la storia delle riacutizzazioni;<br />
● le patologie concomitanti.<br />
Tabella 2.2<br />
Questionario da somministrare eventualmente durante<br />
il follow-up*<br />
Monitoraggio dell’esposizione a fattori di rischio<br />
Hai continuato a non fumare<br />
Se no, quante sigarette al giorno<br />
Hai intenzione di sospendere<br />
Hai cambiato ambiente di lavoro<br />
Monitoraggio della progressione della malattia e sviluppo<br />
di complicanze<br />
Quando avverti dispnea (quando sali una rampa di<br />
scale, percorri una salita o una strada piana)<br />
La dispnea è migliorata, peggiorata o rimasta uguale<br />
dall’ultima visita<br />
Hai ridotto la tua attività per la dispnea o per altri<br />
sintomi<br />
Gli altri sintomi sono peggiorati dall’ultima visita<br />
Sono comparsi nuovi sintomi dall’ultima visita<br />
Il sonno è disturbato dalla dispnea o da altri sintomi<br />
Dall’ultima visita, hai perso molto lavoro per questa<br />
malattia<br />
Monitoraggio della terapia farmacologica e non<br />
Quali farmaci stai assumendo<br />
Assumi sempre ogni farmaco<br />
Rispetti il tempo di assunzione<br />
Per quale ragione hai interrotto o sospeso l’assunzione<br />
della terapia<br />
Mi fai vedere come usi l’inalatore<br />
Esegui altra terapia<br />
La terapia che assumi beneficia i sintomi<br />
La terapia che assumi causa problemi<br />
Monitoraggio delle riacutizzazioni<br />
Dall’ultima visita, c’è stato qualche episodio di<br />
peggioramento della sintomatologia<br />
Se così, quanto è durato Cosa ritieni l’abbia causato<br />
Che cosa hai fatto per controllare i sintomi<br />
* Questo questionario non rappresenta uno strumento di valutazione<br />
standardizzato. La validità del questionario non è ancora convalidata.<br />
Nella tabella 2.2 sono elencate le domande da porsi<br />
alle visite di controllo di un paziente con diagnosi<br />
di BPCO. Il modo migliore per evidenziare modificazioni<br />
nei sintomi e nello stato di salute complessivo<br />
è rivolgere le stesse domande a ogni visita.<br />
MONITORAGGIO<br />
DELLA PROGRESSIONE<br />
DELLA MALATTIA<br />
E SVILUPPO DI COMPLICANZE<br />
La BPCO è una malattia progressiva. Pertanto, la<br />
funzionalità respiratoria è destinata a peggiorare nel<br />
tempo, nonostante la somministrazione delle terapie<br />
farmacologiche. È importante monitorare i segni,<br />
i sintomi e le misurazioni della riduzione del<br />
flusso aereo espiratorio al fine di determinare quando<br />
e come modificare la terapia, o identificare la<br />
comparsa di complicanze. Sia al momento della valutazione<br />
iniziale sia durante le visite di controllo è<br />
56
2. GESTIONE DELLA BPCO<br />
necessario eseguire l’esame obiettivo e soprattutto<br />
discutere con il paziente, in particolare per accertare<br />
la comparsa di nuovi sintomi o il peggioramento<br />
di quelli esistenti. Per adeguare la terapia all’aggravarsi<br />
della malattia, ogni visita di controllo dovrebbe<br />
comprendere una valutazione relativa alle terapie<br />
che il paziente sta assumendo: il dosaggio dei<br />
vari farmaci, la compliance del paziente alle terapie,<br />
le modalità di somministrazione dei farmaci per via<br />
inalatoria, l’efficacia delle terapie assunte nel controllare<br />
i sintomi, gli effetti collaterali delle terapie.<br />
Il peggioramento della funzionalità respiratoria è meglio<br />
seguito attraverso l’esecuzione di spirometrie periodiche.<br />
L’esecuzione di più di una spirometria l’anno<br />
è improbabile che fornisca informazioni circa il<br />
peggioramento della funzionalità respiratoria. La spirometria<br />
dovrebbe essere eseguita se un paziente riferisce<br />
un peggioramento dei sintomi o una complicanza.Altri<br />
test di funzionalità respiratoria quali la<br />
curva flusso/volume, la determinazione della DL CO<br />
e la misura dei volumi polmonari non vengono determinati<br />
di routine, ma possono essere utili nel valutare<br />
l’impatto globale della malattia e possono fornire<br />
preziose informazioni nei casi in cui vi siano incertezze<br />
diagnostiche o sia necessario valutare i pazienti<br />
da sottoporre a trattamenti chirurgici.<br />
La misura della pressione parziale dei gas ematici dovrebbe<br />
essere considerata in tutti i pazienti con valori<br />
di VEMS
IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />
La vaccinazione antinfluenzale sembra ridurre il<br />
numero delle riacutizzazioni di BPCO 18 ed è pertanto<br />
raccomandata nei pazienti affetti da questa<br />
malattia 2 .<br />
Alcuni studi clinici controllati condotti con corticosteroidi<br />
per via inalatoria hanno valutato l’influenza<br />
di tale trattamento sull’incidenza delle riacutizzazioni<br />
di BPCO rivelandone un effetto positivo,<br />
soprattutto nei pazienti con BPCO di grado<br />
moderato-grave, che mostrano una significativa riduzione<br />
del numero delle riacutizzazioni 20-22 .Tali<br />
evidenze supportano,pertanto,la possibilità di somministrare<br />
corticosteroidi inalatori a lungo termine<br />
nei pazienti con BPCO moderato-grave con<br />
frequenti riacutizzazioni all’anno 2 .<br />
Anche il trattamento con broncodilatatori, come<br />
ipratropio bromuro 23 e salmeterolo 24 , sembra ridurre<br />
le riacutizzazioni. Recentemente è stato dimostrato<br />
che il trattamento a lungo termine con<br />
un anticolinergico a lunga durata d’azione (tiotropio<br />
bromuro) riduce l’incidenza delle riacutizzazioni<br />
di BPCO 25,26 .È stato inoltre dimostrato che<br />
la terapia combinata inalatoria corticosteroidibroncodilatatori<br />
riduce l’incidenza delle riacutizzazioni<br />
di BPCO 27,28 . La revisione di 22 studi clinici<br />
ha evidenziato che la somministrazione di mucolitici<br />
orali riduce le riacutizzazioni del 29% 29 .<br />
Alcuni studi osservazionali suggeriscono che la riabilitazione<br />
respiratoria di pazienti esterni od ospedalizzati<br />
può ridurre la frequenza delle riacutizzazioni<br />
30,31 .<br />
Diagnosi di riacutizzazione<br />
evalutazione di gravità<br />
Tabella 2.3<br />
Anamnesi<br />
Durata del<br />
peggioramento o<br />
nuovi sintomi<br />
Numero di precedenti<br />
episodi<br />
Attuali terapie<br />
Anamnesi e valutazione di gravità per episodi<br />
Segni di gravità<br />
Utilizzo dei muscoli respiratori<br />
accessori<br />
Movimenti paradossi della parete<br />
toracica<br />
Peggioramento o insorgenza di<br />
cianosi centrale<br />
Sviluppo di edemi periferici<br />
Instabilità emodinamica<br />
Segni di scompenso cardiaco<br />
destro<br />
La BPCO è spesso associata a riacutizzazione della<br />
sintomatologia. Il peggioramento della dispnea<br />
rappresenta il principale sintomo di una riacutizzazione,<br />
spesso associata anche a respiro sibilante,<br />
senso di costrizione toracica, incremento della tosse<br />
e dell’escreato, e/o viraggio del colore e/o della<br />
viscosità dell’escreato e comparsa di febbre. Le<br />
riacutizzazioni possono essere accompagnate anche<br />
da sintomi non specifici quali malessere, astenia,<br />
insonnia o sonnolenza, depressione e confusione<br />
mentale. Una ridotta tolleranza allo sforzo,<br />
la febbre e/o nuove alterazioni radiologiche suggestive<br />
di patologia polmonare possono precedere<br />
la riacutizzazione.<br />
È importante la valutazione della gravità di una riacutizzazione,<br />
ai fini della gestione della stessa (domiciliare<br />
od ospedaliera), che si basa sull’anamnesi<br />
prima della riacutizzazione (gravità della BPCO,<br />
comorbidità), sui sintomi, sull’esame obiettivo, sulla<br />
misura della funzionalità respiratoria, sulla misura<br />
dei gas nel sangue arterioso e su altri esami di<br />
laboratorio (tabella 2.3).Quando disponibili,è sempre<br />
di grande utilità poter confrontare le prove di<br />
funzionalità respiratoria e l’emogasanalisi eseguite<br />
durante l’episodio acuto con quelle eseguite in occasione<br />
di precedenti controlli.Tale comparazione<br />
può essere più importante rispetto alla valutazione<br />
dei numeri assoluti. I medici dovrebbero avvertire<br />
i loro pazienti di portare con sé le documentazioni<br />
delle ultime valutazioni quando giungono in<br />
ospedale per una riacutizzazione.<br />
Gestione domiciliare od<br />
ospedaliera delle riacutizzazioni<br />
È motivo di discussione quando trattare una riacutizzazione<br />
a domicilio o in ambiente ospedaliero.<br />
Nell’algoritmo della figura 2.2 sono riportate le<br />
modalità di trattamento di una riacutizzazione domiciliare,<br />
in base a un approccio terapeutico a gradini<br />
2,32-34 .<br />
INDICAZIONI AL<br />
TRATTAMENTO OSPEDALIERO<br />
DELLE RIACUTIZZAZIONI<br />
La mortalità in corso di riacutizzazione di BPCO<br />
è strettamente correlata all’insorgenza di acidosi respiratoria,<br />
alla presenza di patologie concomitanti e<br />
alla necessità di ventilazione 35 .I pazienti che non<br />
presentano queste caratteristiche non sono a rischio<br />
di morte, ma quelli che presentano una BPCO di<br />
58
2. GESTIONE DELLA BPCO<br />
Inizio o aumento dei broncodilatatori<br />
Eventuale antibiotico-terapia<br />
Figura 2.2<br />
Algoritmo per il trattamento di una riacutizzazione<br />
di BPCO a domicilio<br />
Rivalutare entro poche ore<br />
Risoluzione o miglioramento<br />
dei segni e dei sintomi<br />
Nessun miglioramento<br />
Continua il trattamento<br />
riducendolo quando possibile<br />
Corticosteroidi per via orale<br />
Rivalutare il trattamento a lungo termine<br />
Rivalutare entro poche ore<br />
Peggioramento dei sintomi<br />
Ospedalizzare<br />
Tabella 2.4<br />
Indicazioni al ricovero ospedaliero per riacutizzazione<br />
di BPCO<br />
Marcato peggioramento dei sintomi, quale l’improvviso<br />
aumento della dispnea a riposo<br />
Presenza di una storia di BPCO grave<br />
Insorgenza di nuovi segni all’esame obiettivo (per esempio<br />
cianosi o edemi periferici)<br />
Assenza di miglioramento con il trattamento medico<br />
iniziale<br />
Importanti patologie associate<br />
Aritmie cardiache di recente insorgenza<br />
Incertezza diagnostica<br />
Età avanzata<br />
Insufficiente supporto familiare<br />
Tabella 2.5<br />
Indicazione al ricovero in unità di terapia intensiva<br />
per una riacutizzazione di BPCO<br />
Dispnea ingravescente che non risponde al trattamento<br />
medico iniziale<br />
Confusione mentale, obnubilamento del sensorio, coma<br />
Peggioramento o stabile ipossiemia (PaO 2 < 6,7 kPa, 50<br />
mmHg), e/o peggioramento o grave ipercapnia (PaCO 2<br />
> 9,3 kPa, 70 mmHg), e/o peggioramento o grave acidosi<br />
respiratoria (pH < 7,30)<br />
grado grave in fase di stabilità necessitano spesso dell’ospedalizzazione.<br />
Il tentativo di trattare questi pazienti<br />
completamente a domicilio ha avuto solo un<br />
successo limitato 36 , ma il loro ritorno a casa con un<br />
maggiore supporto sociale e un piano terapeutico<br />
monitorato dopo l’iniziale valutazione in pronto<br />
soccorso ha riscosso un successo molto maggiore 37 .<br />
Diversi studi randomizzati e controllati hanno confermato<br />
che questo intervento rappresenta una valida<br />
alternativa all’ospedalizzazione, anche se applicabile<br />
solo al 25% circa dei pazienti ospedalizzati.<br />
I costi necessari per mantenere un team di assistenza<br />
domiciliare sono controbilanciati dal risparmio<br />
delle spese di ospedalizzazione. Si attendono tuttavia<br />
dettagliate analisi costo-beneficio.<br />
La valutazione per il ricovero ospedaliero dovrebbe<br />
essere presa in considerazione per tutti quei pazienti<br />
che rientrano nei criteri presenti nella tabella<br />
2.4. Alcuni pazienti richiedono l’immediato ricovero<br />
in terapia intensiva (tabella 2.5). Il ricovero<br />
dei pazienti con riacutizzazione grave di BPCO<br />
nelle “unità intermedie” può essere utile se sono<br />
disponibili personale adeguatamente addestrato e<br />
attrezzature per identificare e trattare adeguatamente<br />
l’insufficienza respiratoria.<br />
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BPCO: impatto socio-economico<br />
e percorsi gestionali evidence-based<br />
Ciro Rampulla, Roberto Dal Negro<br />
INTRODUZIONE<br />
Così come ai medici viene sempre più richiesto di<br />
gestire il paziente con BPCO facendo riferimento<br />
alle linee guida basate sulle prove d’efficacia, anche<br />
gli obiettivi e le strategie dell’organizzazione sanitaria<br />
per ridurre l’impatto economico e sociale della<br />
BPCO devono ispirarsi alle evidenze scientifiche.<br />
L’affrontare il problema rappresentato dalla BPCO<br />
è sicuramente un obiettivo prioritario e urgente<br />
per l’organizzazione sanitaria. Infatti, le BPCO sono<br />
sempre più rilevanti dal punto di vista epidemiologico<br />
1 , sono state la quarta causa di morte nel<br />
1997 negli USA ed è previsto che diventeranno la<br />
terza causa di morte in tutto il mondo nel 2020 2 .<br />
Inoltre, le BPCO rappresentano un importante costo<br />
per la società. Grasso et al. 3 hanno dimostrato<br />
che nel 1992, negli Stati Uniti, un paziente con<br />
COPD costava $ 8.482 rispetto a un costo medio<br />
di un paziente assistito da Medicare di $ 3.311 e<br />
un paziente con COPD in ossigenoterapia a lungo<br />
termine costava addirittura circa il 400% in più.<br />
Mapel et al. 4 hanno valutato che i pazienti con BPCO<br />
costano ogni anno 2,5 volte in più rispetto ai controlli<br />
per i ricoveri ospedalieri, 1,6 volte per i servizi<br />
ambulatoriali, 2 volte per quanto riguarda il<br />
consumo di farmaci.<br />
Il costo totale della BPCO negli Stati Uniti nel 1993<br />
è stato valutato in 24 miliardi di dollari, di cui il<br />
61% rappresentato dai costi diretti, il 18% legato alla<br />
perdita di guadagno per la precoce mortalità e il<br />
20% indotto dalla morbilità 5 . Fra i costi diretti, la<br />
maggior quota (>70%) è rappresentata dai ricoveri<br />
ospedalieri. Bisogna però tenere presente che<br />
questi costi sono spesso sottostimati poiché si riferiscono<br />
agli episodi di ricovero in cui la BPCO appare<br />
come prima diagnosi, ma andrebbero considerate<br />
anche le dimissioni per patologie strettamente<br />
61
IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />
connesse alla BPCO, quali l’insufficienza respiratoria<br />
e le esacerbazioni infettive 6 . Infatti, nel 1998 negli<br />
USA, alle 662.000 ospedalizzazioni attribuite alla<br />
BPCO andrebbero aggiunti anche 2.530.000 episodi<br />
di ricovero in cui la BPCO era segnalata come<br />
concausa del ricovero 7 .Anche nel nostro paese<br />
le BPCO hanno un impatto rilevante, come recentemente<br />
dimostrato da Dal Negro et al. 8 .<br />
L’influenza della BPCO sull’attività lavorativa è stata<br />
studiata da Eisner 9 , che ha rilevato come solo il<br />
46% dei pazienti in età lavorativa (18-64 anni) sia<br />
stabilmente occupato e che il rischio di prolungata<br />
assenza dal lavoro per BPCO è particolarmente<br />
elevato (OR = 2,92). Inoltre, recenti dati riferiscono<br />
che la BPCO ha causato una perdita di lavoro<br />
negli USA nel 1994 valutabile approssimativamente<br />
in 9,9 miliardi di dollari 10 .<br />
Infine, la BPCO è una delle maggiori cause di disabilità<br />
valutata in termini di perdita in DALYs (disability-adjusted<br />
life years). Nel 1996 è stato stimato<br />
che la BPCO è l’ottava causa di DALYs negli uomini<br />
e la settima nelle donne 11 e, dalle previsioni<br />
dello studio di Lopez e Murray 12 , ci si aspetta che<br />
in tutto il mondo la BPCO diventi, nel 2020, la<br />
quinta causa di disabilità, mentre era la dodicesima<br />
del 1990.<br />
Tutti questi dati rappresentano con estrema drammaticità<br />
l’impatto economico e sociale della BPCO<br />
non solo sui servizi sanitari ma su tutta la società e<br />
giustificano la necessità di affrontare il problema in<br />
modo complessivo. Gli obiettivi prioritari potrebbero<br />
(dovrebbero) essere:<br />
●<br />
●<br />
●<br />
la prevenzione della BPCO;<br />
la riduzione dei costi ospedalieri;<br />
la prevenzione e il trattamento della disabilità.<br />
Anche nella valutazione dei possibili interventi in<br />
questi campi bisogna tenere conto delle evidenze<br />
scientifiche derivanti dagli studi di tipo economico.<br />
Numerosi, infatti, sono gli studi costo-beneficio<br />
e soprattutto quelli costo-efficienza pubblicati<br />
e ritenuti utili al fine di strutturare i programmi<br />
d’intervento sulla BPCO, non soltanto nel modo<br />
apparentemente meno costoso, ma soprattutto più<br />
efficace ed efficiente a parità di costi.<br />
PREVENZIONE<br />
In quest’ottica è fuori dubbio che la prevenzione<br />
della BPCO rappresenta un punto chiave.<br />
La prevenzione deve evidentemente essere orientata<br />
a controllare i fattori di rischio in generale e,<br />
fra questi, soprattutto l’esposizione a fumo di sigaretta.<br />
I programmi di cessazione del fumo sono efficaci<br />
per la prevenzione non solo della BPCO, ma<br />
di tutte le <strong>malattie</strong> correlate al fumo di sigaretta, in<br />
particolare le <strong>malattie</strong> cardiovascolari e il tumore<br />
del polmone. Non è questa la sede per discutere<br />
l’organizzazione e i risultati dei programmi educazionali<br />
per la cessazione del fumo di sigaretta: basta<br />
ricordare che questi programmi hanno dimostrato<br />
di avere un rapporto costo/efficacia di £ 212-<br />
873 per anno di vita guadagnato 13 . Inoltre, l’efficacia<br />
della cessazione del fumo di tabacco è stata anche<br />
recentemente confermata da studi danesi condotti<br />
su un ampio campione di popolazione esaminato<br />
fra il 1967 e il 2000 e che hanno dimostrato<br />
come la cessazione del fumo di sigaretta comporti<br />
una significativa riduzione del rischio di morte<br />
per tutte le cause 14 e una riduzione del rischio<br />
di ricovero ospedaliero per BPCO 15 . Al contrario,<br />
la sola riduzione del fumo di sigaretta non sortisce<br />
effetti sulla mortalità e sulla riduzione dei ricoveri<br />
ospedalieri.<br />
Bisogna essere consapevoli che le eventuali favorevoli<br />
conseguenze dei programmi di cessazione del<br />
fumo non si registreranno nel medio e breve periodo.<br />
Feenstra et al. 16 hanno dimostrato, con un<br />
modello matematico, che dal 1995 al 2015 vi sarà<br />
un aumento della prevalenza delle BPCO dal 21 al<br />
33 per <strong>1.</strong>000 nei maschi e dal 10 al 23 per <strong>1.</strong>000<br />
nelle donne, con un aumento dei costi di circa il<br />
90%. I cambiamenti nell’abitudine al fumo provocano<br />
una modesta attenuazione della prevalenza<br />
della BPCO nei maschi, ma non nelle donne, dimostrando<br />
che i cambiamenti nell’abitudine al fumo<br />
di tabacco hanno solo un piccolo effetto nell’immediato<br />
futuro.<br />
Da questo modello appare significativo l’aumento<br />
della BPCO nelle donne, comunemente attribuito<br />
all’incremento all’abitudine al fumo di sigaretta 17<br />
che nelle donne sembra avere anche un effetto particolarmente<br />
dannoso 18 ,ma che potrebbe essere anche<br />
attribuito al rapido incremento del numero di<br />
donne inserite in tutte le categorie di lavoratori.<br />
Infatti, negli Stati Uniti il numero di donne che lavorano<br />
è aumentato del 30% dal 1980 al 1994 19 .<br />
Nei programmi di prevenzione delle BPCO non<br />
bisogna però dimenticare gli altri fattori di rischio;<br />
infatti, anche recentemente è stato evidenziato che<br />
soggetti non fumatori sviluppano la BPCO e che<br />
anche fra i pazienti morti per BPCO circa il 17%<br />
62
2. GESTIONE DELLA BPCO<br />
non aveva mai fumato 20 .Tra gli altri fattori di rischio,<br />
soprattutto l’esposizione professionale sembra<br />
avere una significativa rilevanza.Viegi e Di Pede 21<br />
hanno evidenziato, in una recente revisione della<br />
letteratura, che il rischio della popolazione (PAR)<br />
in relazione all’esposizione occupazionale varia dal<br />
4 al 29% (mediana 15%) per la bronchite cronica e<br />
dal 12 al 55% (mediana 18%) per le alterazioni funzionali<br />
respiratorie coerenti con la diagnosi di BPCO.<br />
Recentemente Hnizdo et al. 22 , in uno studio epidemiologico<br />
basato su un campione esteso di soggetti<br />
in età lavorativa in cui la diagnosi di BPCO<br />
era basata sui criteri delle linee guida GOLD 23 ,hanno<br />
evidenziato un rischio di BPCO attribuibile all’esposizione<br />
professionale del 19,2% nell’intera popolazione<br />
e ben del 31,1% nei non fumatori. Bisogna<br />
inoltre considerare anche l’interazione tra fumo<br />
di sigaretta ed esposizione occupazionale: infatti,<br />
è possibile che alcuni fumatori non sviluppino<br />
la BPCO se non hanno avuto anche un’esposizione<br />
professionale o, al contrario, che alcune persone<br />
esposte a rischi occupazionali non presentino<br />
la malattia se non sono anche fumatori abituali.Non<br />
vi sono molti dati sull’interazione tra fumo di sigaretta<br />
ed esposizione occupazionale, ma Donato et<br />
al. 24 hanno evidenziato che il rischio di BPCO attribuibile<br />
al fumo di sigaretta nei maschi in età lavorativa<br />
è del 52,9%, quello attribuibile all’esposizione<br />
occupazionale dell’8,8% e quello attribuibile<br />
ai due rischi considerati insieme sale al 60,3%.<br />
Recentemente Leigh et al. 25 hanno calcolato il costo<br />
della BPCO dovuta all’esposizione occupazionale<br />
negli USA nel 1996. Questi autori hanno concluso<br />
che il costo totale della BPCO correlata all’esposizione<br />
professionale varia da 3,3 a 6,6 miliardi<br />
di dollari secondo il rischio attribuibile utilizzato,<br />
mentre per l’asma bronchiale varia da 1,2 a<br />
2,1 miliardi di dollari. Dei costi totali, il 57% era<br />
rappresentato dai costi diretti soprattutto legati all’ospedalizzazione,<br />
mentre il 17,6% era costituto dai<br />
costi indiretti legati alla mortalità e il 25,3% dai costi<br />
indiretti legati alla morbilità.<br />
Questi dati sottolineano come accanto ai programmi<br />
di prevenzione della BPCO orientati alla<br />
cessazione del fumo di tabacco sia necessario anche<br />
intraprendere programmi di prevenzione<br />
orientati sia all’esposizione occupazionale di per<br />
sé 26 , sia a programmi specifici sulle categorie di lavoratori<br />
nei quali l’abitudine al fumo di tabacco<br />
sembra essere particolarmente frequente 22 .<br />
Infine, fra i rischi per BPCO andrebbero anche<br />
considerati quelli legati all’inquinamento atmosferico<br />
urbano. Se sono ben noti gli effetti acuti dell’inquinamento<br />
atmosferico 27 , non è ancora ben<br />
conosciuta la relazione fra questo e lo sviluppo o<br />
l’aggravamento della BPCO 28 : tuttavia, anche tutte<br />
le iniziative per abbattere l’inquinamento atmosferico<br />
urbano andrebbero considerate assieme agli<br />
altri programmi di prevenzione della BPCO.<br />
Non vi sono dati conclusivi sui rapporti costo-efficacia<br />
di questi ultimi programmi di prevenzione, anche<br />
perché se possono essere facilmente calcolati i<br />
costi attuali è molto difficile prevederne l’efficacia e<br />
valutarne i benefici economici nel lungo periodo.<br />
RIDUZIONE<br />
DEI COSTI OSPEDALIERI<br />
Come già rilevato, il numero e i costi dei ricoveri<br />
ospedalieri per BPCO sono particolarmente elevati<br />
in tutti i paesi industrializzati. Le BPCO, come<br />
già detto, hanno notevoli costi d’ospedalizzazione<br />
e rappresentano una delle maggiori cause di ricovero<br />
ospedaliero, soprattutto a causa delle esacerbazioni.<br />
Infatti, è stato valutato che i pazienti con<br />
BPCO hanno da 1 a 4 esacerbazioni l’anno, situazione<br />
che condiziona un gran numero di ricoveri<br />
ospedalieri 29 . Le cause sono molteplici e fra l’altro<br />
comprendono la ritardata diagnosi di BPCO, la terapia<br />
domiciliare non ottimale e non guidata dall’applicazione<br />
delle più recenti linee guida, l’organizzazione<br />
assistenziale ancora fondata sul ricovero<br />
ospedaliero. Con l’obiettivo di un costante miglioramento<br />
della qualità e dell’efficienza bisognerebbe<br />
impostare una profonda revisione dell’organizzazione<br />
sanitaria su questi punti.<br />
Diagnosi precoce di BPCO<br />
Per decidere della necessità o meno di sforzarsi di<br />
porre una diagnosi precoce per una data malattia<br />
bisogna poter rispondere affermativamente a una<br />
serie di domande di cui le più rilevanti sono:<br />
● la diagnosi precoce migliora effettivamente il risultato<br />
clinico in termini di mantenimento delle<br />
funzioni, qualità della vita e sopravvivenza;<br />
● i costi, l’accuratezza e l’accettabilità dei test di<br />
screening sono adeguati 30 .<br />
In un altro Capitolo di questo Quaderno viene più<br />
completamente affrontato il problema della defini-<br />
63
IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />
zione, dell’organizzazione e dei risultati dei programmi<br />
di screening ed è fornita la risposta alla domanda<br />
di Budgett e Tanaka sulla giustificazione di<br />
questi programmi per la BPCO 31 . Qui vorremmo<br />
porre l’accento sul fatto che le campagne di screening<br />
non sempre hanno trovato entusiastici sostenitori,<br />
soprattutto fra gli economisti sanitari. In effetti,<br />
esse sembrano avere un relativo basso costo<br />
per soggetto studiato, ma spesso hanno un alto costo<br />
per caso diagnosticato, sia in rapporto alla prevalenza<br />
della malattia, sia in funzione della sensibilità<br />
e specificità dei test utilizzati 32 . Il solo studio in<br />
letteratura sulla diagnosi precoce di BPCO ha però<br />
ben dimostrato che il costo per caso diagnosticato<br />
era di $ 564, inferiore a quasi tutti i programmi di<br />
screening per altre <strong>malattie</strong>, quali per esempio l’ipercolesterolemia<br />
33 . Da rilevare che, in questo studio,<br />
oltre ai questionari era impiegata la spirometria prima<br />
e dopo farmaco broncodilatatore e in laboratorio<br />
era studiata l’iper-reattività all’istamina 33 .<br />
Un altro motivo che per alcuni limita l’attuazione<br />
di sistematici programmi di screening è rappresentato<br />
dal fatto che essi potrebbero causare costi aggiuntivi<br />
ai sistemi sanitari legati soprattutto a un<br />
maggiore utilizzo dei servizi sanitari ed eventualmente<br />
a successive indagini diagnostiche e trattamento<br />
dei falsi positivi.Van den Boom 34 , utilizzando<br />
i dati dello studio olandese DIMCA, ha però dimostrato<br />
che per la BPCO non vi è un significativo<br />
aumento dei costi sanitari dopo il programma di<br />
screening.Tuttavia, i soggetti in cui era stata posta la<br />
diagnosi di COPD o d’asma utilizzavano una maggiore<br />
quantità di risorse sanitarie dopo il programma<br />
di screening valutabile in circa $ 385 per anno.<br />
Non vi sono ancora dati sui rapporti costo-efficacia<br />
dei programmi di diagnosi precoce delle BPCO,<br />
soprattutto per la difficoltà di valutare i benefici futuri.<br />
È certo, tuttavia, che la diagnosi precoce associata<br />
a un monitoraggio e alla corretta terapia è assolutamente<br />
indispensabile per ridurre gli alti costi<br />
d’ospedalizzazione,essendo il più efficace modo per<br />
rallentare l’evoluzione della BPCO.<br />
Ottimizzazione della terapia<br />
Fatto salvo il concetto che la sospensione del fumo<br />
di sigaretta è in grado di produrre un efficace<br />
miglioramento della funzione respiratoria e che<br />
pertanto ciò va incoraggiato nei soggetti fumatori,<br />
quando comunque persiste una significativa ostruzione<br />
delle vie aeree va instaurata una strategia terapeutica<br />
farmacologica, d’impegno crescente e<br />
proporzionale alla sua gravità. Gli algoritmi comportamentali<br />
più condivisi si basano su dati che documentano<br />
come i broncodilatatori rappresentino<br />
l’opzione più utile ed efficace nella grande maggioranza<br />
dei soggetti con BPCO, e a fronte di una<br />
trascurabile incidenza d’effetti collaterali rilevanti:<br />
sia i β 2 -adrenergici sia gli anticolinergici, anche in<br />
associazione fra loro, sono, infatti, in grado di migliorare<br />
la funzione respiratoria dei soggetti, la loro<br />
qualità di vita, di ridurre il consumo di farmaci<br />
al bisogno e di contenere il numero di riacutizzazioni<br />
35 .I più recenti broncodilatatori ad azione<br />
long-acting hanno ulteriormente ottimizzato il loro<br />
impiego regolare nel trattamento long-term della<br />
BPCO, fornendo significativi miglioramenti in<br />
termini sia di compliance e aderenza alla terapia da<br />
parte dei soggetti, sia in termini di contenimento<br />
delle risorse impiegate. A fronte, infatti, di un possibile<br />
maggior costo farmaceutico, sono molti gli<br />
studi farmaco-economici che hanno dimostrato<br />
durante il loro impiego un consistente contenimento<br />
dei costi complessivi della malattia (cost-ofillness),<br />
prevalentemente attribuibile alla significativa<br />
diminuzione delle più rilevanti voci di costo,<br />
quali il numero dei ricoveri ospedalieri e il ricorso<br />
ai dipartimenti d’emergenza. A questo proposito<br />
va detto che, rispetto agli short-acting, i più attuali<br />
principi attivi ad azione long-acting richiedono,<br />
per la copertura delle 24 ore, un minor numero<br />
complessivo di somministrazioni giornaliere: ciò<br />
consente una più facile adesione alla strategia terapeutica<br />
che, in definitiva, si traduce in una migliore<br />
effectiveness della terapia stessa. Rispetto a questa<br />
strategia, l’aggiunta di teofillina long-acting nei casi<br />
più severi sembra non spostare sensibilmente gli<br />
outcomes, a fronte però di un incremento dei costi<br />
di circa 350/paziente/anno, in parte anche dovuti<br />
ai test di laboratorio effettuati periodicamente per<br />
monitorarne i livelli plasmatici 36 .È tuttora dibattuto<br />
l’impiego regolare degli steroidi inalatori ad<br />
alte dosi nella BPCO: mentre in un recente passato<br />
alcuni studi ne hanno sottolineato l’importanza<br />
clinica, altri, più critici, hanno invece enfatizzato gli<br />
effetti collaterali degli steroidi inalatori, la loro incapacità<br />
a condizionare positivamente il progressivo<br />
declino del FEV 1 in corso di BPCO e, pur a<br />
fronte di una certa riduzione del numero d’esacerbazioni,<br />
l’incapacità a contenere i costi della gestione<br />
della malattia. Ciononostante, più di recente,<br />
l’impiego regolare degli steroidi inalatori è comunque<br />
stato previsto nel documento GOLD nei<br />
64
2. GESTIONE DELLA BPCO<br />
casi in cui la risposta a tali principi attivi sia stata<br />
documentata 23 .È peraltro del tutto recente la documentazione<br />
che l’uso combinato long-term di β 2 -<br />
adrenergico e steroide inalatorio si è rivelato particolarmente<br />
conveniente in termini di miglioramento<br />
funzionale e di qualità di vita, giorni liberi<br />
da sintomi, numero di riacutizzazioni 37 e di sopravvivenza<br />
dei soggetti affetti da BPCO 38 . Resta<br />
comunque assolutamente aperto, in termini sia clinici<br />
sia farmaco-economici, il problema della gestione<br />
delle riacutizzazioni della BPCO. Uno dei<br />
maggiori punti di variabilità nella pratica medica è<br />
ancora dato infatti dai criteri impiegati per la sua<br />
definizione e, una volta raggiunta, dalla difficoltà di<br />
rappresentarne la gravità e l’indicazione all’ospedalizzazione<br />
(GOLD). L’impiego delle risorse farmaceutiche<br />
e di beni sanitari si fa particolarmente elevato<br />
in fase di riacutizzazione e soprattutto durante<br />
le forme più gravi, per le quali può essere richiesto,<br />
fra l’altro, l’impiego di terapia infusionale,<br />
di terapia antibiotica aggressiva, di steroidi sistemici:<br />
a questo proposito va comunque tenuto sempre<br />
presente che la gran parte dei costi deriva dalla non<br />
diagnosi, dall’insufficiente terapia regolare e dai fallimenti<br />
terapeutici, particolarmente in quelle situazioni<br />
che conducono all’ospedalizzazione 39 .<br />
Purtroppo, numerose segnalazioni indicano che<br />
molti medici non mostrano comportamenti ispirati<br />
dalle linee guida 40 e molto spesso la terapia prescritta<br />
ai pazienti non risulta ottimale 41 ,o per<br />
un’insufficiente prescrizione di farmaci, o, viceversa,<br />
per prescrizioni incongrue e ridondanti 42 .Bisogna<br />
peraltro sottolineare che l’aderenza alle prescrizioni<br />
dei pazienti con BPCO in terapia cronica<br />
è spesso molto scarsa, ma può essere significativamente<br />
aumentata dall’azione di sensibilizzazione<br />
da parte del medico di medicina generale 43 .Un<br />
non corretto o un inadeguato approccio farmacologico,<br />
in ciò comprendendo anche la somministrazione<br />
a lungo termine di ossigeno domiciliare,<br />
può determinare un improprio sperpero di risorse,<br />
con un sensibile incremento delle ospedalizzazioni.<br />
Pertanto, i costi necessari per implementare<br />
le linee guida devono essere intesi come investimenti<br />
per ridurre i costi sanitari.<br />
Organizzazione sanitaria<br />
In tutti i paesi industrializzati, fra cui l’Italia, la politica<br />
sanitaria per controllare i costi utilizza sistemi<br />
di incentivi/disincentivi economici per ottenere una<br />
riduzione del numero dei ricoveri ospedalieri per<br />
acuti e una riduzione della durata della degenza, ma<br />
la sperimentazione di forme alternative di assistenza<br />
sanitaria, quali l’ospedale a domicilio e la telemedicina,<br />
non sono particolarmente incentivate.<br />
Malgrado queste indicazioni, buona parte dei pazienti<br />
vengono ancora ammessi all’ospedalizzazione<br />
perché, di fatto, non hanno alternative. Probabilmente,<br />
più che le pressioni economiche, l’evoluzione<br />
tecnologica potrà in futuro portare alla sostituzione<br />
dell’ospedalizzazione con altri modelli<br />
assistenziali 44 .<br />
I programmi educazionali che si sono dimostrati<br />
particolarmente utili per un miglior controllo dell’asma<br />
non hanno ancora dato, nella BPCO, risultati<br />
apprezzabili in termini di riduzione dei ricoveri<br />
ospedalieri, riduzione delle visite di emergenza<br />
e di rapporti costo-efficacia 45 .Pertanto, anche<br />
per la BPCO si deve cercare di prospettare soluzioni<br />
alternative al ricovero ospedaliero.<br />
Uno dei primi studi pubblicati sull’argomento dimostrava<br />
che il trattamento dei pazienti con BPCO<br />
con un programma specifico di Home Care basato<br />
sull’impiego di personale infermieristico specializzato<br />
nelle <strong>malattie</strong> respiratorie non aveva risultati<br />
clinico-funzionali superiori a programmi standard<br />
di Home Care o al trattamento condotto dal medico<br />
di medicina generale, ma costi decisamente più<br />
elevati 46 .Tuttavia, la discussione se questa organizzazione<br />
assistenziale effettivamente produce un miglioramento<br />
dei risultati sanitari e una riduzione<br />
dei costi è tuttora aperta e si è spostata dalla valutazione<br />
di programmi domiciliari a cui sono teoricamente<br />
ammessi tutti i pazienti con BPCO di<br />
una determinata zona geografica a quella di programmi<br />
specifici e limitati nel tempo solo per pazienti<br />
che presentino la necessità di ricovero ospedaliero.<br />
Coast et al. 47 hanno dimostrato che l’ospedalizzazione<br />
domiciliare permette una precoce dimissione<br />
di pazienti anziani dall’ospedale per acuti<br />
e genera un risparmio significativo dei costi ospedalieri,<br />
ma i loro risultati sono generalizzabili a organizzazioni<br />
domiciliari simili a quella utilizzata dagli<br />
Autori. Jones et al. 48 hanno valutato che l’ospedalizzazione<br />
a domicilio di pazienti anziani in sostituzione<br />
del ricovero ospedaliero permette di erogare<br />
un trattamento a costi simili o più bassi. Altri<br />
Autori hanno sottolineato che i costi dell’ospedalizzazione<br />
domiciliare sono solo apparentemente<br />
più bassi rispetto ai costi ospedalieri in quanto la<br />
più lunga durata della degenza pareggia, di fatto, i<br />
costi 49 . Inoltre, nell’ospedalizzazione domiciliare<br />
65
IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />
troppo spesso non vengono calcolati i costi per le<br />
famiglie e quelli sociali, per cui i costi totali potrebbero<br />
essere sovrapponibili, se non superiori, a<br />
quelli ospedalieri.<br />
Infine, non per tutte le tipologie di pazienti è proponibile<br />
l’ospedalizzazione domiciliare e soprattutto<br />
non per tutti gli stadi di gravità delle <strong>malattie</strong>,<br />
così che il modello non appare completamente generalizzabile.<br />
Per quanto riguarda la BPCO, Gravil et al. 50 hanno<br />
fra i primi suggerito la possibilità di trattare a domicilio<br />
pazienti con BPCO riacutizzata dopo una<br />
formale valutazione clinico-funzionale in un dipartimento<br />
pneumologico ospedaliero. In questo studio<br />
i pazienti venivano ricoverati solo in presenza di<br />
un severo score di gravità della riacutizzazione, ma<br />
anche sulla base di considerazioni sociali,quali la non<br />
possibilità di assistenza familiare. L’organizzazione<br />
del loro programma di assistenza domiciliare era<br />
piuttosto complessa e relativamente costosa e nello<br />
studio non vengono riportati dati di costo-efficacia<br />
rispetto al ricovero ospedaliero, ma bisogna sottolineare<br />
che ben il 12% dei pazienti trattati a domicilio<br />
è stato successivamente ricoverato in ospedale.<br />
La possibilità di una precoce dimissione dall’ospedale<br />
con il supporto di un’organizzazione assistenziale<br />
domiciliare è stato studiata da Cotton et al. 51<br />
presso il Glasgow Royal Infirmary. La selezione dei<br />
pazienti avveniva in base alla gravità clinica, alla<br />
mancanza di complicazioni e ad altri fattori sociali.<br />
Solo il 36,6% delle ammissioni d’urgenza per riacutizzazione<br />
della BPCO è stato ritenuto eleggibile<br />
per lo studio che prevedeva l’assegnazione randomizzata<br />
o al proseguimento del ricovero ospedaliero<br />
o a un’immediata dimissione con successivo<br />
trattamento domiciliare. I criteri di risultato utilizzati<br />
sono stati l’efficacia delle cure misurata come<br />
durata del trattamento, il successo definito dalla necessità<br />
di nuovo ricovero entro 60 giorni e, infine,<br />
la sicurezza definita come il decesso entro 60 giorni.<br />
Fra i due gruppi non vi erano differenze se non<br />
per la durata del trattamento, che risultava inferiore<br />
di 3 giorni nel gruppo trattato a domicilio. La<br />
conclusione degli autori era che è possibile dimettere<br />
precocemente i pazienti con esacerbazione della<br />
BPCO senza acidosi respiratoria o altre complicazioni<br />
mediche, ma questi pazienti devono essere<br />
seguiti a domicilio da personale specializzato.<br />
Analoghe conclusioni sono state raggiunte da<br />
Skwarska et al. 52 , che hanno condotto uno studio<br />
randomizzato in cui i pazienti venivano assegnati all’ospedalizzazione<br />
domiciliare o al proseguimento<br />
del ricovero ospedaliero il giorno dell’ammissione<br />
in ospedale o il giorno successivo. I criteri per inserire<br />
i pazienti nello studio si basavano sulla severità<br />
dell’esacerbazione e sulla mancanza di altre condizioni<br />
mediche e sociali che rendessero indispensabile<br />
il ricovero ospedaliero. Da rilevare che su<br />
<strong>1.</strong>006 pazienti solo il 21% è stato ritenuto eleggibile<br />
per lo studio. Questo dato sottolinea che l’organizzazione<br />
assistenziale a domicilio trova indicazione<br />
solo in una piccola percentuale di pazienti con<br />
esacerbazione della BPCO. Il 9,8% dei pazienti in<br />
terapia domiciliare è stato ricoverato in ospedale e<br />
la durata della degenza era nei pazienti ospedalizzati<br />
di 5 giorni rispetto ai 7 giorni del gruppo dei pazienti<br />
trattati a domicilio.Tuttavia, i principali risultati<br />
sanitari (sicurezza, successo del trattamento, utilizzo<br />
di cure primarie e riammissione all’ospedale<br />
nelle 8 settimane successive) erano analoghi nei due<br />
gruppi, con un costo sanitario per paziente significativamente<br />
inferiore nel gruppo dei pazienti trattati<br />
a domicilio (£ 877), rispetto a quelli ospedalizzati<br />
(£ <strong>1.</strong>753). Purtroppo non sono riferiti i costi<br />
indiretti che potrebbero rendere assolutamente meno<br />
importante la differenza fra i due gruppi.<br />
Da questi due studi si rileva la possibilità di trattare<br />
a domicilio solo una parte relativamente ridotta<br />
di pazienti con esacerbazione della BPCO, in particolare<br />
solo quelli senza complicazioni mediche, e<br />
che il programma di supporto per il trattamento domiciliare<br />
deve essere organizzativamente complesso.<br />
Risultati meno incoraggianti sono stati quelli di<br />
Shepperd et al. 53 , che hanno condotto uno studio<br />
randomizzato analogo ai precedenti su cinque gruppi<br />
diversi di pazienti, di cui uno era rappresentato da<br />
BPCO. Questi autori hanno infatti rilevato che nei<br />
pazienti con BPCO l’ospedalizzazione domiciliare<br />
aumenta i costi sanitari totali. In particolare, hanno<br />
rilevato che in questi pazienti l’ospedalizzazione sposta<br />
costi dall’ospedale verso le cure primarie.<br />
Recentemente Macintyre et al. 54 hanno valutato<br />
l’efficacia e i costi del trattamento domiciliare rispetto<br />
al solo trattamento ospedaliero e al trattamento<br />
combinato ospedaliero-domiciliare di episodi<br />
di malattia in diversi gruppi di malati, fra cui<br />
pazienti con problemi respiratori. I risultati dimostrano<br />
che il costo medio di questi episodi in trattamento<br />
domiciliare era inferiore del 38% al puro<br />
ricovero ospedaliero e del 22% al trattamento combinato<br />
a parità di risultati clinici. Purtroppo in questo<br />
studio non vi sono dati espliciti sulla BPCO e<br />
sulla gravità dell’esacerbazione, cosa che non permette<br />
di generalizzare il modello a questa malattia<br />
66
2. GESTIONE DELLA BPCO<br />
che peraltro sembra essere,assieme alle <strong>malattie</strong> cardiovascolari,<br />
una delle maggiori sorgenti di costo.<br />
Dall’insieme dei dati disponibili non sembra che<br />
esistano evidenze tali da poter affermare che l’organizzazione<br />
assistenziale a domicilio sia sicuramente<br />
efficace per ridurre i costi ospedalieri. Bisogna<br />
anche rilevare che i modelli proposti sono<br />
molto differenti sia dal punto di vista organizzativo<br />
generale, per la quantità e le caratteristiche del<br />
personale medico, infermieristico e riabilitativo<br />
utilizzato, sia per i criteri di selezione dei pazienti.<br />
L’ospedalizzazione domiciliare sembra trovare<br />
applicazione solo in un ristretto numero di pazienti<br />
non complicati e necessita di una specifica e collaudata<br />
organizzazione. Per quanto riguarda i costi<br />
bisogna ancora valutare l’entità dello spostamento<br />
di questi dall’ospedale alla comunità e alle famiglie<br />
54 , per fare una completa valutazione dei rapporti<br />
costo-efficacia.<br />
Un miglioramento organizzativo della gestione domiciliare<br />
dei pazienti con BPCO potrebbe derivare<br />
dai recenti progressi tecnologici che consentono<br />
di sviluppare programmi di telemedicina. Attualmente<br />
la definizione di telemedicina è “l’uso<br />
di informazioni elettroniche e di tecnologie della<br />
comunicazione che rendono possibile il trattamento<br />
sanitario quando una certa distanza separa<br />
i partecipanti” 55 oppure quella più restrittiva di<br />
“pratica clinica per la diagnosi, la revisione e il management<br />
di un paziente condotto in tempo reale o<br />
successivamente per mezzo di informazioni trasmesse<br />
con tecnologie delle telecomunicazioni a<br />
eccezione del telefono o del fax” 56 . In buona sostanza,telemedicina<br />
è un termine ombrello che copre<br />
tutte le situazioni in cui la comunicazione medico-paziente<br />
avviene attraverso tecnologie di telecomunicazione.<br />
La completa implementazione della telemedicina<br />
fra i servizi medici e soprattutto le modalità di remunerazione<br />
a essa collegate sono state in gran parte<br />
rallentate per la mancanza di evidenze scientifiche<br />
sulla sua efficacia clinica ed economica 57 . Stanberry<br />
58 , pur sottolineando che essa rappresenta una<br />
straordinaria opportunità per i medici e i pazienti,<br />
mette in guardia sull’eccessiva fiducia nelle nuove<br />
tecnologie che potrebbero peggiorare il tradizionale<br />
rapporto medico-paziente e sui rischi e sulle<br />
responsabilità collegate a un intervento medico a<br />
distanza. I rischi medico-legali sono stati peraltro<br />
recentemente sottolineati da Johnson 59 .<br />
Tuttavia, numerose sono le esperienze di telemedicina<br />
condotte in diverse applicazioni quali la radiologia<br />
57 , la cardiologia 60 o il rapporto fra medico<br />
di medicina generale e specialista 61 , come dimostrato<br />
dalle 864 pubblicazioni recensite sull’argomento.<br />
In pneumologia la telemedicina ha dimostrato<br />
di essere particolarmente efficiente per la<br />
terapia di pazienti con problemi polmonari in un’area<br />
rurale, avendo un costo per paziente per anno<br />
di $ 335 rispetto a un costo di $ 585 quando il paziente<br />
si spostava per essere curato e ai <strong>1.</strong>166 $ necessari<br />
quando il paziente riceveva cure al proprio<br />
domicilio 62 .Per quanto riguarda l’utilizzo della telemedicina<br />
per il monitoraggio e la terapia della<br />
BPCO non vi sono molti dati.<br />
In Italia è stata dimostrata la convenienza delle strategie<br />
di gestione domiciliare di pazienti con severa<br />
BPCO 63 sia in termini di qualità delle prestazioni<br />
erogate, sia di cost-effectiveness del programma<br />
di intervento. In tempi più recenti, l’implementazione<br />
con i più attuali sistemi di controllo telematico<br />
ha fornito un’ulteriore quota di “valore aggiunto”<br />
a questi programmi di gestione, tanto da<br />
renderli degni di grande attenzione presso i “soggetti<br />
pagatori” istituzionali e i decision maker: Ciò<br />
per la versatilità offerta dai sistemi stessi e per la loro<br />
ormai comprovata economicità, anche in termini<br />
di assorbimento di risorse umane da dedicare 64 .<br />
Mortalità e morbilità delle riacutizzazioni infettive<br />
si sono drasticamente ridotte lungo i primi tre anni<br />
di monitoraggio telematico domiciliare, con un<br />
sensibile ridimensionamento (circa 6 volte di meno)<br />
del cost-of-illness, risultando il contenimento<br />
delle ospedalizzazioni, la riduzione del consumo di<br />
beni sanitari e quella del costo farmaceutico, i tre<br />
punti fondamentali della convenienza gestionale.A<br />
ciò si deve aggiungere un sensibile miglioramento<br />
della qualità di vita dei pazienti così gestiti e persino<br />
una netta riduzione dell’assenteismo lavorativo<br />
e dei costi assicurativi per coloro che, pur in tali<br />
severe condizioni, erano comunque ancora attivamente<br />
inseriti nel mondo lavorativo.<br />
Johnston et al. 65 hanno studiato due gruppi di pazienti<br />
in assistenza domiciliare: in un gruppo è stato<br />
anche fornito al paziente un equipaggiamento<br />
video che permetteva contatti con il personale infermieristico<br />
durante tutte le 24 ore. In ambedue i<br />
gruppi il numero delle giornate di degenza ospedaliera,<br />
il numero delle visite nel dipartimento di<br />
emergenza, di quelle urgenti e di quelle nell’ambulatorio<br />
medico non sono risultati differenti, così come<br />
la soddisfazione del paziente. I costi diretti medi<br />
totali erano però inferiori nel gruppo seguito con<br />
la tecnologia video remota rispetto al gruppo di<br />
67
IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />
controllo. Fra i pazienti studiati vi erano anche BP-<br />
CO, ma i dati vengono riferiti senza alcuna distinzione<br />
della patologia.Al contrario, Mair et al. 66 non<br />
sono stati in grado di implementare un servizio di<br />
teleassistenza per pazienti con esacerbazione della<br />
BPCO per le difficoltà tecniche e organizzative incontrate.<br />
Questo rilievo sottolinea come un servizio<br />
di telemedicina nella sua accezione più ampia<br />
non sia facilmente organizzabile e gestibile e comporti<br />
anche investimenti di una certa entità, tuttavia<br />
è un’opportunità che non può essere persa, soprattutto<br />
per offrire ai pazienti con esacerbazione<br />
della BPCO un’alternativa sicura, efficiente e meno<br />
costosa del ricovero ospedaliero.<br />
PREVENZIONE E<br />
TRATTAMENTO DELLA DISABILITÀ<br />
Come già detto, la BPCO è causa di importante<br />
disabilità e l’approccio riabilitativo a questa malattia<br />
è ormai accettato nella gestione di questi malati.<br />
Numerose revisioni hanno dimostrato l’efficacia<br />
del trattamento 67 e anche nelle linee guida<br />
GOLD 23 la riabilitazione respiratoria è stata inserita<br />
nel trattamento di tutti i gradi di severità della<br />
BPCO. Malgrado le dimostrazioni di efficacia, la<br />
riabilitazione respiratoria non è ancora completamente<br />
entrata nell’immaginario collettivo come<br />
una pratica medica importante, ma viene vista solo<br />
come un’appendice non indispensabile del trattamento<br />
medico che comporta comunque costi aggiuntivi<br />
relativamente elevati.<br />
In un altro Capitolo dei Quaderni vengono approfonditamente<br />
trattati le indicazioni, i programmi<br />
e i risultati della riabilitazione respiratoria 68 ;in<br />
questa sede vorremmo sottolineare le evidenze anche<br />
delle analisi economiche.<br />
Gli studi dedicati a questo argomento sono relativamente<br />
scarsi, alcuni condotti negli anni ’80 e solo<br />
pochi relativamente recenti. I primi studi avevano<br />
dimostrato che i programmi riabilitativi nei pazienti<br />
con BPCO riducevano il numero di giorni<br />
di ricovero in ospedale con un significativo risparmio<br />
di risorse sanitarie anche quando erano calcolati<br />
i costi della riabilitazione 69-71 .I programmi di<br />
riabilitazione erano in parte ambulatoriali e in parte<br />
in regime di ricovero e la selezione dei pazienti<br />
comprendeva BPCO con media o severa ostruzione<br />
bronchiale, ma raramente con insufficienza<br />
respiratoria cronica e quasi tutti gli studi non erano<br />
randomizzati. Più recentemente, però, questi risultati<br />
sono stati confermati da diversi autori. Foglio<br />
et al. 72,73 hanno seguito pazienti con BPCO<br />
sottoposti a trattamento riabilitativo in ospedale per<br />
1 e 2 anni, riscontrando una significativa riduzione<br />
del numero dei ricoveri e degli episodi di esacerbazione<br />
della BPCO.Griffith et al. 74 hanno confermato<br />
i precedenti risultati dimostrando, con uno<br />
studio randomizzato, che i pazienti stabili ammessi<br />
a un programma ambulatoriale di riabilitazione<br />
della durata di 2 mesi presentavano, nell’anno successivo,<br />
un minor numero di ricoveri ospedalieri e<br />
un minor numero di giorni di ricovero rispetto ai<br />
controlli, anche quando si consideravano soltanto i<br />
pazienti ancora vivi dopo 1 anno. Anche il numero<br />
di visite richieste al medico di medicina generale<br />
sia in ambulatorio sia a domicilio era significativamente<br />
ridotto nei pazienti che avevano seguito<br />
il programma riabilitativo.<br />
Accanto a questi studi costo-beneficio esiste uno<br />
studio costo-efficacia che ha dimostrato che il costo<br />
di un programma di riabilitazione per produrre<br />
un anno di vita di buona qualità (QALY) era di<br />
circa $ 23.000 75 decisamente inferiore all’intervento<br />
di Bypass cardiaco per un solo vaso coronario o<br />
ai programmi di screening con la mammografia 76 .<br />
Griffiths et al. 77 hanno valutato che il costo per<br />
QALY di un programma ambulatoriale di riabilitazione<br />
respiratoria nei pazienti con BPCO era tale<br />
da far ritenere il programma vantaggioso dal punto<br />
di vista del rapporto costo-efficienza e la sua aggiunta<br />
al programma standard di cure mediche produceva<br />
un risparmio di £ 152.<br />
Ancora aperta è la discussione sull’organizzazione<br />
della riabilitazione in programmi di ricovero ospedaliero<br />
o in programmi ambulatoriali. Si può ritenere<br />
che, soprattutto per i pazienti più gravi, i programmi<br />
ospedalieri possano essere un ponte, talora<br />
indispensabile, fra il ricovero per acuti e il domicilio.<br />
Questa affermazione può essere vera soprattutto<br />
per i pazienti ricoverati nelle ICU e per<br />
i pazienti ancora instabili 78,79 .<br />
Bisogna anche considerare che Clini et al. 80 hanno<br />
dimostrato che un breve ma intensivo programma<br />
di 12 sessioni di riabilitazione respiratoria<br />
in circa 3 settimane condotto in ospedale ottiene<br />
gli stessi effetti clinici di un più lungo programma<br />
ambulatoriale di 24 sessioni per >8 settimane con<br />
costi significativamente inferiori. Peraltro Green et<br />
al. 81 hanno dimostrato che programmi ambulatoriali<br />
di breve durata, meno di 7 settimane, hanno<br />
modesti risultati clinici.<br />
68
2. GESTIONE DELLA BPCO<br />
Infine, alcuni lavori hanno dimostrato come programmi<br />
di riabilitazione respiratoria possano avere<br />
efficacia anche sul ritorno alle attività lavorative e<br />
sulla riduzione dei giorni di assenza dal lavoro dei<br />
pazienti con BPCO con riduzione dei costi indiretti<br />
legati alla morbilità della malattia 82 .<br />
Dall’insieme di questi dati emerge come programmi<br />
di riabilitazione respiratoria trovino una motivata<br />
collocazione nella gestione della BPCO con<br />
effetti sulla disabilità rappresentati da una riduzione<br />
della dispnea e da un incremento delle abilità<br />
nelle attività quotidiane e sulla qualità della vita 67<br />
cui consegue un minor utilizzo di risorse sanitarie.<br />
CONCLUSIONI<br />
Da quanto sopra riportato emerge come l’impatto<br />
della BPCO sia proporzionale alla sua gravità clinica<br />
e anche come risulti ancora largamente insufficiente<br />
la “percezione” stessa e la considerazione<br />
della malattia, sia fra gli stessi pazienti, sia fra i medici<br />
e i decisori in ambito sanitario 83 . Eppure le<br />
previsioni sono pressoché tutte concordi nel confermare<br />
un importante incremento dell’impatto<br />
della BPCO nel prossimo futuro, fino a raggiungere<br />
livelli impensati fino a qualche lustro fa.<br />
Indipendentemente quindi dalle differenze fra modelli<br />
sanitari e di costo adottati (o adottabili) nei diversi<br />
Paesi,è assolutamente rilevante ritenere il concetto<br />
che la BPCO rappresenta ormai un problema<br />
emergente, che a sua volta necessita dell’urgente<br />
considerazione dei sistemi sanitari più evoluti.<br />
Come logica conseguenza ne deriva la necessità dell’attuazione<br />
di un’attenta e capillare strategia d’intervento<br />
finalizzata al contenimento di tale forma<br />
morbosa; in altre parole, un piano di intervento che<br />
integri i diversi attori coinvolti, come la medicina<br />
ambulatoriale specialistica e quella generale, gli istituti<br />
di ricovero, le strutture territoriali, le istituzioni<br />
per la programmazione sanitaria, ognuno per la<br />
sua giusta competenza e responsabilità.<br />
C’è tuttavia da segnalare che, nonostante il suo elevato<br />
impatto socioeconomico, la BPCO rappresenta<br />
a tutt’oggi il “brutto anatroccolo” della programmazione<br />
sanitaria, tanto è che ancora solo poche<br />
Regioni italiane hanno previsto nei loro piani<br />
sanitari delle azioni coordinate e finalizzate al contenimento<br />
delle patologie ostruttive croniche delle<br />
vie aeree: e all’appello mancano purtroppo ancora<br />
Regioni a elevato tasso di industrializzazione.<br />
È evidente che più basso risulterà il livello di attenzione<br />
al problema, minore sarà la disponibilità<br />
di quei dati sulla base dei quali il decision maker in<br />
tema di salute pubblica sarebbe viceversa tenuto a<br />
intervenire, nel rispetto, non fosse altro, della società<br />
cui egli stesso appartiene. A questo riguardo<br />
va sottolineato che è anche un problema di indicatori<br />
e di specificità degli stessi. Nel caso della<br />
BPCO non può infatti risultare altrettanto efficace<br />
basare i criteri decisionali e di convenienza delle<br />
scelte comportamentali sulla raccolta, prima, e<br />
sulla valutazione, poi, degli stessi indicatori (FEV 1<br />
o PEF) impiegati per la valutazione di altre forme<br />
respiratorie ostruttive (per esempio, asma bronchiale,<br />
ove l’alterazione fondamentale è in buona<br />
parte reversibile), risultando per definizione tali indici<br />
solo scarsamente influenzabili da qualsivoglia<br />
scelta gestionale.Viceversa, nel caso della BPCO risulteranno<br />
maggiormente ricche di contenuti<br />
informativi le indicazioni che potranno emergere<br />
dalle ricerche di esito, quali, per esempio, la qualità<br />
di vita, i giorni di assenza dal lavoro, il numero di<br />
ospedalizzazioni ecc.<br />
Verosimilmente lo storico approccio nichilista alla<br />
BPCO (luoghi comuni come, per esempio, la malattia<br />
non lascia margine di intervento, non esistono<br />
terapie efficaci ecc.) ha finito per condizionare<br />
l’attuale basso livello medio di considerazione della<br />
malattia perfino in non trascurabili settori della<br />
classe medica. Per poter cambiare le cose, in primo<br />
luogo urge la disponibilità di indicatori specifici,<br />
efficaci e consensualmente ritenuti rilevanti da parte<br />
di tutti gli attori in gioco: il paziente, il medico,<br />
il “soggetto pagante”. Studi recenti in questo ambito<br />
84 hanno confermato come l’indicatore che<br />
meglio di tutti si presta a fungere da denominatore<br />
comune ai tre diversi punti di vista è rappresentato<br />
dal “numero di esacerbazioni”: nell’ottica del<br />
paziente, perché la frequenza delle esacerbazioni è<br />
di grande impatto sulla sua qualità di vita; nell’ottica<br />
del medico, perché ciò è di grande impatto sulla<br />
frequenza di richiesta del suo intervento, oltre<br />
che sul consumo di farmaci e sulla richiesta di ospedalizzazione;<br />
nell’ottica, infine, del “soggetto pagante”,<br />
perché le riacutizzazioni rappresentano una<br />
voce di costo di grande rilevanza, in termini di costi<br />
sia diretti (farmaceutici e, soprattutto, da ospedalizzazione)<br />
sia indiretti, cui egli è tenuto a far<br />
fronte in un’ottica di comunità (tabella 2.6).<br />
In termini di programmazione degli interventi, è<br />
indubbio che andrebbe enfatizzata la necessità di<br />
una diagnosi nosologicamente sostenibile e più pre-<br />
69
IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />
Tabella 2.6<br />
BPCO: i punti di vista dei diversi stakeholder e il<br />
loro comune denominatore<br />
Paziente<br />
Medico<br />
Soggetto pagatore<br />
Sintomi, riacutizzazioni, qualità della vita<br />
Evolutività della malattia, morbilità,<br />
farmaci, giorni senza sintomi,<br />
riacutizzazioni, mortalità<br />
Soddisfazione del cliente, riacutizzazioni,<br />
ospedalizzazioni, disabilità, costi<br />
coce rispetto a quanto avviene usualmente. Nel<br />
momento infatti che a tutto il corteo di sintomi<br />
che ancora troppo spesso passano sotto il nome di<br />
“inevitabili disturbi del fumatore” venisse dato, previa<br />
valutazione spirometrica, che fornisce il gold standard<br />
della diagnosi, il nome di BPCO,“l’effetto diagnosi”<br />
si farebbe beneficamente sentire sulla gestione<br />
della malattia. Allora sì che le scelte comportamentali<br />
del medico e/o del decision maker sarebbero<br />
inquadrate, in modo più scientifico e ortodosso,<br />
così come avviene per tutte le altre affezioni<br />
di impatto sociale, e con paritetica dignità.<br />
Inoltre, una volta inquadrato il problema nei suoi<br />
termini diagnostici e nosologici generali, diventa<br />
consequenziale la necessità di un efficace follow-up,<br />
allo scopo di contenere quanto più possibile, mediante<br />
una più attenta gestione domiciliare, il fenomeno<br />
delle riacutizzazioni, quel fenomeno che, come<br />
visto prima, tutti i soggetti coinvolti sono concordi<br />
nel ritenere come il più oneroso in termini<br />
sia di qualità di vita, sia di costi sanitari e sociali.<br />
Ecco allora che viene ad assumere significato concreto<br />
l’attuazione dei progetti gestionali (aziendali,<br />
piuttosto che regionali o nazionali) indirizzati all’assistenza<br />
domiciliare di questo tipo di pazienti, pur<br />
con i limiti prima descritti:progetti,ove attivati,non<br />
a caso condotti sulla base di una forte integrazione<br />
locale fra medicina specialistica e territoriale.Tenuto<br />
conto della progressiva regionalizzazione delle<br />
scelte sanitarie, è prevedibile che nel prossimo futuro<br />
si assisterà sempre più a un mosaico di iniziative<br />
periferiche in tal senso (più o meno coordinate<br />
a livello regionale), augurabilmente nell’ambito<br />
di un modello definito anche su scala nazionale.<br />
È comunque sempre più necessario che le scelte<br />
delle strategie comportamentali e/o terapeutiche in<br />
tema di contenimento dell’impatto della BPCO non<br />
siano più solo basate sulle evidenze in termini di efficacy,<br />
ma vengano altresì considerate sulla base di<br />
misure di effectiveness in real life delle stesse, impiegando<br />
cioè indicatori più adatti a rifletterne e rappresentarne<br />
l’utilità in termini di costi sanitari globali<br />
e indici capaci di combinare l’analisi dei costi e<br />
le misure di esito a beneficio dei decisori.A tale proposito,<br />
un aspetto che non va certo dimenticato in<br />
ambito di programmazione è quello relativo al fatto<br />
che se la prevalenza della BPCO è fatalmente destinata<br />
a incrementare anche in virtù del progressivo<br />
allungamento della vita media delle popolazioni,<br />
ciò, altrettanto fatalmente, comporterà un progressivo<br />
incremento di rilevanti comorbilità negli<br />
stessi soggetti: e ciò soprattutto in campo cardiovascolare,<br />
neurologico, gastroenterologico e neoplastico,<br />
con ulteriori appesantimenti dei costi sociali.<br />
A ulteriore conferma dell’importanza di una definizione<br />
diagnostica possibilmente precoce,oltre che<br />
di un’efficace condotta gestionale e terapeutica, ancora<br />
di recente è stato sottolineato come la gran<br />
parte dei costi di gestione correlati alla BPCO derivi<br />
dai fallimenti terapeutici delle riacutizzazioni,<br />
specie dei casi che esitano in ricovero ospedaliero 39 .<br />
A oggi, purtroppo, non sono molte le esperienze<br />
che hanno consentito un monitoraggio long term di<br />
indicatori di efficacia nel contesto di programmi di<br />
questo tipo. Ove ciò è stato possibile, i dati hanno<br />
confermato sistematicamente l’utilità e la convenienza<br />
di tali sistemi di gestione, indicando il contenimento<br />
dei costi diretti e indiretti come un risultato<br />
perseguibile.<br />
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IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />
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73
I QUADERNI DELLA BPCO<br />
3. Aspetti educazionali<br />
del trattamento della BPCO<br />
INTRODUZIONE<br />
Nonostante la produzione di numerose linee guida<br />
nazionali e internazionali e, recentemente, del documento<br />
GOLD 1 , che dovrebbe essere il riferimento<br />
condiviso da tutta la comunità scientifica, è piuttosto<br />
diffusa l’impressione che vi sia tuttora una discrepanza<br />
tra comportamento “ideale” e “reale” del<br />
medico nella gestione del paziente con BPCO. Sembrerebbe<br />
infatti che l’utilizzo appropriato degli interventi<br />
più efficaci non sia ancora una pratica consolidata<br />
dell’intera classe medica: retaggi del passato,<br />
dubbi sull’efficacia di un trattamento che non modifica<br />
parametri facilmente misurabili e, a volte, semplici<br />
dimenticanze (più o meno volute) portano ancora<br />
il medico a non sfruttare tutto l’armamentario<br />
diagnostico e terapeutico oggi disponibile 2 .<br />
Gli obiettivi del trattamento in un paziente con<br />
BPCO sono noti:<br />
● ridurre o rallentare la progressione del deterioramento<br />
funzionale;<br />
● prevenire e trattare le maggiori complicanze<br />
quali ipossiemia e riacutizzazioni;<br />
● ridurre i sintomi;<br />
● migliorare la qualità di vita;<br />
● utilizzare razionalmente le risorse disponibili.<br />
I dati a nostra disposizione sembrano evidenziare<br />
una situazione nella quale questi obiettivi non sono<br />
sempre perseguiti con i mezzi più appropriati.<br />
Gli studi che, per esempio, si sono proposti di rivedere<br />
criticamente il tipo di prescrizione effettuata<br />
al paziente con BPCO al momento della visita<br />
ambulatoriale hanno evidenziato che solo in una<br />
piccola percentuale dei casi veniva discusso in modo<br />
esauriente il tema dell’abolizione del fumo. La<br />
stessa terapia farmacologica presentava situazioni<br />
molto frequenti di prescrizione eccessiva o insufficiente<br />
rispetto alle raccomandazioni basate sull’evidenza<br />
scientifica disponibile 2,3 . Altri studi evidenziano<br />
una sottovalutazione dei sintomi sia da<br />
parte dei pazienti sia da parte del medico e quindi<br />
una mancata diagnosi in una percentuale molto<br />
elevata di casi, superiore al 50% 2-4 .<br />
La causa delle discrepanze tra strategie raccomandate<br />
e pratica clinica corrente rimane tuttora da indagare<br />
a fondo. Sono ipotizzabili diverse spiegazioni su<br />
cui eventualmente realizzare una riflessione personale.<br />
In primo luogo, le linee guida possono peccare<br />
di scarsa praticità e ricaduta concreta, assumendo<br />
piuttosto la caratteristica di “stato dell’arte”, oppure<br />
il medico può essere coscientemente in disaccordo<br />
con le raccomandazioni (che, è bene ricordare, non<br />
sono delle “tavole della legge”, ma il prodotto di un<br />
consenso tra esperti) e ritenere più affidabile la propria<br />
esperienza o il parere dei colleghi più stimati.<br />
È quindi innegabile che non si debba parlare solo<br />
di necessità di educare e di ottenere aderenza al<br />
trattamento da parte dei pazienti, ma anche di compliance<br />
da parte del medico nei confronti delle linee<br />
guida, e su questo tema sembra che la riflessione<br />
sia solo agli inizi.<br />
EDUCAZIONE DEI PAZIENTI<br />
È evidente la necessità di un precoce riconoscimento<br />
e quindi trattamento dell’affezione prima di<br />
tutto nell’ambito della medicina generale e, poi, in<br />
ogni occasione di contatto fra il paziente e i Ser-<br />
Margherita Neri<br />
75
IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />
Tabella 3.1<br />
Contenuti di un programma di educazione rivolto<br />
al paziente BPCO<br />
Nozioni di anatomia e fisiologia respiratoria e cardiaca<br />
Cosa vuol dire e cos’è la BPCO<br />
I test di laboratorio e strumentali: procedure e<br />
interpretazione dei risultati<br />
I farmaci per la cura della BPCO: meccanismo d’azione,<br />
benefici attesi, effetti collaterali, modalità di assunzione,<br />
metodi per ricordarsi di assumere il farmaco<br />
Il fumo di sigaretta e le abitudini di vita corrette e<br />
scorrette<br />
L’esercizio fisico: quale, quando, perché<br />
Le tecniche di conservazione dell’energia nelle normali<br />
attività quotidiane<br />
Le tecniche di rilassamento e di riduzione dello stress<br />
Come gestire gli aspetti emotivi relativi alla malattia<br />
La nutrizione ideale<br />
Come trattare i sintomi principali<br />
Il razionale e le modalità di utilizzo dei presidi non<br />
farmacologici (l’ossigenoterapia, il ventilatore)<br />
Come riconoscere le riacutizzazioni e le emergenze e<br />
cosa fare<br />
Chi contattare in caso di necessità<br />
vizi sanitari. È stato sottolineato come tale sforzo<br />
non dovrebbe essere esercitato solo sui soggetti sintomatici,<br />
ma anche nei confronti di chi viene considerato<br />
ad alto rischio di ammalarsi successivamente<br />
di BPCO (in particolare i fumatori).<br />
Diversi studi hanno confermato anche nel campo<br />
della BPCO ciò che già era evidente per l’asma<br />
bronchiale: l’aderenza al trattamento da parte dei<br />
pazienti è generalmente scarsa. Persino nel corso<br />
dei clinical trial più rigorosi, provvisti di stretti interventi<br />
di controllo e supervisione dei pazienti, il<br />
fenomeno ha assunto spesso caratteristiche disarmanti.<br />
Nel corso del Lung Health Study 5 , per esempio,<br />
l’utilizzo del broncodilatatore dopo un anno<br />
dalla prescrizione veniva riferito solo nel 60% dei<br />
casi, nel 50% dopo cinque anni. Se poi, anziché riferirsi<br />
a quanto riportato dal paziente, si utilizzasse<br />
una metodica obiettiva per verificare realmente l’assunzione<br />
dei farmaci (conteggio delle dosi residue,<br />
sistemi computerizzati di registrazione delle assunzioni,<br />
monitoraggio delle ricette farmaceutiche) i<br />
riscontri sarebbero sicuramente peggiori.<br />
Ma scarsa aderenza al trattamento vuole anche dire<br />
uso eccessivo o improprio dei farmaci. In quest’ultimo<br />
caso è importante il livello di conoscenza<br />
dei principi di utilizzo dei presidi attualmente<br />
in uso come aerosol predosati, inalatori di polvere<br />
secca, nebulizzatori ed erogatori di ossigeno.<br />
L’educazione nei confronti del paziente con BPCO<br />
(tabella 3.1) è quindi l’intervento mirato a preparare<br />
il miglior terreno possibile per l’attecchimento<br />
del programma terapeutico proposto.<br />
Educazione non è solo apprendimento nozionistico<br />
da parte del paziente, ma anche attività di supporto<br />
da parte del medico. Per il primo obiettivo<br />
è indispensabile la comunicazione di messaggi basati<br />
su rigorose informazioni scientifiche, per il secondo<br />
sono necessarie l’individualizzazione del<br />
messaggio e la strutturazione di un reale rapporto<br />
di cogestione della malattia.<br />
La BPCO viene gestita in un’ottica multidisciplinare<br />
che conferisce il diritto/dovere di esercitare<br />
un’azione educazionale a tutte le figure sanitarie e<br />
non che entrano in contatto con il paziente, quindi<br />
non solo il medico curante e lo specialista pneumologo,<br />
ma anche i terapisti della riabilitazione, gli<br />
infermieri professionali, i familiari e le associazioni<br />
di volontariato e di assistenza.<br />
Mediante l’intervento educazionale è possibile promuovere<br />
l’instaurazione di abitudini comportamentali<br />
corrette, tra cui quelle alimentari, che vanno<br />
a incidere sul mantenimento delle condizioni di<br />
stabilità della malattia.<br />
Nelle fasi di riacutizzazione, anche in ambiente specialistico<br />
ospedaliero 6 ,è possibile e quindi doveroso<br />
sensibilizzare il paziente affinché metta in atto precoci<br />
azioni di contrasto, come per esempio seguire<br />
scrupolosamente la terapia prescritta, imparare a utilizzare<br />
correttamente gli inalatori, evitare ipnotici e<br />
sedativi, mantenere una sufficiente idratazione, mantenere<br />
un’alimentazione basata su pasti ridotti e frequenti<br />
e praticare l’autodrenaggio delle secrezioni.<br />
È ipotizzabile l’utilità, per il paziente e i suoi familiari,<br />
di disporre di istruzioni scritte che rammentino<br />
i segni e i sintomi indicativi di una situazione<br />
di pericolo con le relative azioni da intraprendere,<br />
così come viene suggerito per quanto riguarda<br />
la gestione dell’asma bronchiale.<br />
La corretta assunzione<br />
della terapia inalatoria<br />
La gestione della terapia inalatoria (principale via<br />
di assunzione dei farmaci in questi pazienti) è particolarmente<br />
delicata perché influenza il successo<br />
terapeutico. In vari studi 7,8 è stata rilevata una scarsa<br />
aderenza alle terapie prescritte da parte dei pazienti<br />
con BPCO. Alcuni lavori mettono in evidenza<br />
addirittura un comportamento del paziente<br />
deliberatamente teso a ingannare il medico sulla<br />
reale assunzione dei farmaci, per esempio azio-<br />
76
3. ASPETTI EDUCAZIONALI DEL TRATTAMENTO DELLA BPCO<br />
nando l’erogatore di aerosol o polvere anche centinaia<br />
di volte in poco tempo allo scopo di svuotarlo.<br />
È evidente che, al di fuori di queste situazioni<br />
che auspicabilmente costituiscono un’eccezione,<br />
in ogni caso il paziente con BPCO, qualora<br />
assuma terapia inalatoria, necessita dello stesso<br />
tipo di informazioni al riguardo e delle stesse istruzioni<br />
pratiche che vengono ormai d’abitudine fornite<br />
all’asmatico. Vale anzi la pena di sottolineare<br />
che il paziente con BPCO è di età mediamente<br />
più avanzata rispetto all’asmatico e pertanto può<br />
più spesso avere problemi a utilizzare correttamente<br />
la terapia inalatoria, per esempio per artrite<br />
alle mani o difficoltà maggiori nel leggere correttamente<br />
le prescrizioni 9 .<br />
Alcuni studi non sembrano evidenziare un miglioramento<br />
dei risultati clinici in un gruppo di<br />
pazienti BPCO sottoposti a trattamento riabilitativo<br />
comprendente un intervento educazionale rispetto<br />
al gruppo di pazienti non trattati 10 .<br />
Altri autori hanno, per contro, dimostrato che un<br />
intervento educazionale specifico rivolto a pazienti<br />
BPCO può rivelarsi efficace in termini di miglioramento<br />
delle conoscenze della malattia, dell’utilizzo<br />
corretto dei farmaci e del PEF, nonché di<br />
ricorso ai servizi sanitari 11 .<br />
Non sempre tali studi hanno potuto dimostrare un<br />
rapporto costo/beneficio favorevole anche in termini<br />
economici, soprattutto perché una maggiore<br />
consapevolezza dei segni e sintomi di aggravamento<br />
della malattia può portare a un aumento di<br />
richieste di visite mediche e, in taluni casi, un aumento<br />
del ricorso al ricovero ospedaliero.<br />
Una metanalisi 12 condotta nell’intento di esaminare<br />
specificamente i risultati dell’educazione presa<br />
singolarmente nella BPCO conclude con la necessità<br />
di ulteriori ricerche, perché l’evidenza dell’efficacia<br />
dell’educazione esiste ma è piuttosto debole.<br />
Un punto a favore dell’educazione riguarda i rischi<br />
di ripetuti ricoveri ospedalieri che sono riconducibili<br />
anche a fattori che potrebbero essere modificati<br />
da un corretto intervento di educazione 13 . Sono<br />
interessanti i risultati di uno studio italiano 14 che ha<br />
messo a confronto l’efficacia di due interventi diversi<br />
nei confronti di pazienti con BPCO, assegnati<br />
a un programma educativo specifico oppure a un<br />
trattamento “standard”. I risultati dell’intervento di<br />
educazione e rinforzo motivazionale si sono tradotti<br />
in miglioramenti statisticamente significativi della<br />
qualità di vita e della capacità di performance.<br />
Mancano tuttora, e sono necessari, altri studi di lunga<br />
durata, per valutare l’efficacia di un intervento<br />
educazionale in sé sulla qualità della vita e la sopravvivenza<br />
a lungo termine del malato con BPCO.<br />
Ossigenoterapia a lungo termine<br />
La storia naturale della BPCO è caratterizzata dall’inarrestabile<br />
progressione del danno funzionale<br />
polmonare che esita in una franca alterazione degli<br />
scambi gassosi con stabile ipossiemia. Uno stato<br />
ipossiemico può però anche presentarsi transitoriamente<br />
nel corso degli episodi di riacutizzazione, situazione<br />
che può scompensare ulteriormente il paziente<br />
per le conseguenze della mancanza di ossigeno<br />
all’encefalo e al muscolo cardiaco.<br />
È dei primi anni ’80 l’acquisizione che la somministrazione<br />
di ossigeno a lungo termine (OLT) aumenta<br />
la sopravvivenza dei pazienti affetti da BP-<br />
CO di grado severo con ipossiemia a riposo e che<br />
tale effetto è più marcato quanto più la terapia viene<br />
condotta in modo regolare e continuativo 15 .I<br />
meccanismi fisiopatologici alla base dell’aumento<br />
della sopravvivenza, pur non del tutto chiariti, risiederebbero<br />
nella riduzione dello stato policitemico<br />
e ipertensivo polmonare e nell’incremento della<br />
funzionalità ventricolare.Altri effetti indotti dalla<br />
somministrazione di ossigeno, quali la riduzione<br />
della dispnea, il miglioramento delle funzioni cognitive<br />
e l’incremento della tolleranza allo sforzo<br />
fisico, generano poi importanti ripercussioni sulla<br />
qualità di vita, influenzando così la prognosi non<br />
solo quoad vitam, ma anche quoad valetudinem.<br />
L’intervento educazionale in tema di OLT è soprattutto<br />
finalizzato a convincere il paziente a rispettare<br />
le ore di somministrazione quotidiana prescritte<br />
e a curare soprattutto quei momenti, come<br />
il sonno e l’attività fisica, in cui è maggiore il rischio<br />
di ipossiemia. Purtroppo, questo presidio terapeutico<br />
è, da un lato, ancora utilizzato non correttamente<br />
da molti medici e, dall’altro, è accettato<br />
con difficoltà da parte di molti pazienti: ciò si traduce<br />
spesso in una scarsa compliance. Esistono alcune<br />
evidenze 16 che un intervento di informazione<br />
ed educazione, reiterato e approfondito, potrebbe<br />
ancora una volta essere la chiave per ottenere un<br />
aumento della compliance a questa fondamentale terapia.<br />
In questi lavori viene messa in luce la frequente<br />
carenza di informazioni sull’utilizzo corretto<br />
dell’ossigenoterapia da parte dei medici prescrittori<br />
che, per esempio, in più della metà di casi<br />
non informano il paziente della necessità di utilizzare<br />
l’ossigeno durante l’attività fisica. Solo un<br />
77
IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />
terzo circa dei pazienti utilizza lo “stroller” portatile<br />
quando esce di casa: ancora una volta è fondamentale<br />
l’opera di educazione del medico di medicina<br />
generale che segue e conosce bene il paziente.<br />
Quest’opera di convincimento è spesso particolarmente<br />
difficile a causa del senso di disagio<br />
che i pazienti manifestano nella comune vita di relazione:<br />
può essere necessario coinvolgere l’entourage<br />
del malato, fornendo informazioni basilari sull’ossigenoterapia<br />
a tutti coloro che ne fanno parte.<br />
Educazione e BPCO<br />
in ventiloterapia domiciliare<br />
Negli ultimi anni il paziente affetto da BPCO in<br />
insufficienza respiratoria globale, in passato purtroppo<br />
considerato per definizione non suscettibile<br />
di intervento terapeutico di tipo ventilatorio,viene<br />
sempre più frequentemente avviato a ventiloterapia<br />
domiciliare, sia pur in alcuni casi selezionati<br />
(in particolare pazienti con severa ipossiemia notturna<br />
o segni di fatica dei muscoli respiratori) e soprattutto<br />
per via non invasiva 17 .<br />
La prescrizione di una protesi ventilatoria domiciliare<br />
comporta la necessità di affrontare e risolvere<br />
numerosi problemi pratici organizzativi e gestionali<br />
e molti problemi relazionali e psicologici che<br />
coinvolgono il paziente e tutta la sua famiglia, modificandone<br />
radicalmente l’impostazione della vita<br />
quotidiana. È evidente, pertanto, che va posta grandissima<br />
attenzione a fornire sia al paziente sia al suo<br />
gruppo familiare tutte le informazioni e le spiegazioni<br />
disponibili sulla necessità e finalità della ventiloterapia,<br />
nonché tutte le informazioni pratiche<br />
per la manutenzione quotidiana dell’apparecchiatura.<br />
Il paziente non potrà essere dimesso dall’ospedale<br />
se non dopo un adeguato training, che deve<br />
coinvolgere anche i suoi familiari, e dopo aver<br />
verificato l’accettazione e la comprensione di alcuni<br />
concetti fondamentali riguardanti questa particolare<br />
terapia. È parimenti molto importante fornire<br />
un supporto psicologico al paziente e alla famiglia<br />
e prevedere la possibilità di prolungare questo<br />
intervento anche dopo le dimissioni in occasione<br />
di controlli ambulatoriali o domiciliari.<br />
Abolizione del fumo<br />
Non sarà mai sottolineato abbastanza che il fumo<br />
di sigaretta costituisce il maggiore fattore di rischio<br />
della BPCO e che la sua sospensione è il solo intervento<br />
terapeutico (con l’OLT nelle fasi avanzate<br />
della malattia) che influenzi la sopravvivenza:<br />
questi dati, di fatto, impongono al medico il dovere<br />
di fare opera di educazione in proposito in ogni<br />
possibile occasione 18 .<br />
Come evidenziato dal Lung Health Study 5 , che negli<br />
USA ha arruolato più di cinquemila pazienti<br />
fumatori con segni di moderata ostruzione bronchiale<br />
indicativi di alto rischio di sviluppare una<br />
BPCO conclamata, un programma aggressivo di<br />
eradicazione dell’abitudine tabagica riduce significativamente<br />
il declino annuale del FEV 1 , fenomeno<br />
che comincia a manifestarsi già dopo un anno<br />
e che la terapia con broncodilatatori accentua solo<br />
in piccola parte. Nonostante questi risultati, è innegabile<br />
che lo sforzo richiesto sia il più delle volte<br />
estremamente oneroso. Sempre nel caso del Lung<br />
Health Study, i pazienti venivano infatti sottoposti<br />
a colloqui individuali con il medico e a successive<br />
frequenti sedute di gruppo (12 incontri in 10 settimane)<br />
guidate da opportune figure sanitarie; in<br />
tale programma venivano considerati anche l’eventuale<br />
instaurazione di un supporto farmacologico<br />
(terapia nicotinica sostitutiva) e un tentativo precoce<br />
“di salvataggio” in caso di ricaduta.<br />
Se quindi ogni iniziativa tesa a strutturare in centri<br />
selezionati unità di riferimento per la cosiddetta<br />
smoking cessation è certamente da considerarsi<br />
di grande utilità e impatto sociale, è pur vero<br />
che anche ogni contatto tra medico e paziente,<br />
dall’ambulatorio territoriale alla corsia ospedaliera,<br />
deve essere visto come un’occasione di intervento.<br />
Anche se i messaggi che si possono trasmettere<br />
sono spesso saltuari e di scarso effetto, essi<br />
hanno il vantaggio della semplicità, dell’economicità<br />
e della vasta quota di soggetti raggiungibili,<br />
per cui in una prospettiva globale i risultati derivabili<br />
non sono poi così inferiori rispetto a quelli<br />
di interventi maggiormente strutturati su piccoli<br />
gruppi di persone.<br />
Alcune considerazioni possono opportunamente<br />
guidare l’intervento di sensibilizzazione alla cessazione<br />
del fumo che il medico può esercitare nella<br />
sua pratica quotidiana.<br />
In primo luogo è evidente che i soggetti maggiormente<br />
motivati hanno le maggiori possibilità di<br />
smettere definitivamente di fumare; tuttavia, anche<br />
in coloro che manifestano le più serie intenzioni il<br />
cammino è spesso tortuoso e costellato di insuccessi<br />
e ricadute. Esistono poi situazioni temporanee<br />
in cui, per una particolare congiuntura psico-<br />
78
3. ASPETTI EDUCAZIONALI DEL TRATTAMENTO DELLA BPCO<br />
logica o ambientale, il messaggio diventa maggiormente<br />
recepibile. È questo, per esempio, il caso della<br />
sensazione di ansia anticipatoria nei confronti di<br />
una diagnosi ancora ignota o del timore generato<br />
dall’individuazione di una certa malattia in una persona<br />
vicina. Senza ricorrere a politiche di “terrorismo<br />
psicologico”, appare quindi opportuno sfruttare<br />
anche qualsiasi ricorso al medico da parte del<br />
paziente che lamenta vaghi sintomi respiratori o<br />
cardiaci, a maggior ragione se non conducenti a<br />
una diagnosi definitiva.<br />
Il supporto dei familiari è importante, soprattutto<br />
se è stata ufficializzata con il medico una data precisa<br />
di sospensione del fumo e se esiste la possibilità<br />
di non lasciare il paziente a gestire in solitudine<br />
la tentazione della ricaduta.<br />
Nel paziente con BPCO conclamata può essere utile<br />
utilizzare i test di funzionalità respiratoria come<br />
strumento di motivazione, sia per la conoscenza in<br />
termini di crude percentuali del proprio danno funzionale<br />
all’inizio del trattamento, sia per l’effetto<br />
confortante che il miglioramento dei parametri può<br />
esercitare nel tempo.<br />
Un adeguato invito all’abolizione del fumo non dovrebbe<br />
poi limitarsi a poche bonarie parole di disapprovazione<br />
verso un’abitudine tanto letale ma,<br />
come consigliato dal National Cancer Institute,deve<br />
comprendere almeno quattro azioni da parte del<br />
medico: informarsi sull’abitudine tabagica del paziente,<br />
informare dei rischi per la salute, considerare<br />
i possibili interventi per l’abolizione del fumo<br />
e pianificare un follow-up.<br />
Nel sistema di classificazione americano dei disturbi<br />
mentali vengono codificati i seguenti sintomi<br />
da astinenza da nicotina, che raggiungono l’acme<br />
di norma entro la prima settimana dall’abolizione<br />
del fumo: irritabilità, ansia, difficoltà di concentrazione,<br />
riduzione della frequenza cardiaca, sudorazione,<br />
insonnia, incremento dell’appetito e<br />
perdita di peso.<br />
Le possibilità di interventi di sostegno farmacologico<br />
sono ormai ampie.<br />
La terapia nicotinica sostitutiva (nicotine replacement<br />
therapy,NRT) viene usualmente prescritta con l’intento<br />
di aiutare il paziente ad attenuare le ripercussioni<br />
comportamentali e psicologiche che la<br />
brutale astensione dal fumo sviluppa soprattutto nei<br />
primi mesi, quelli dove infatti avviene la maggior<br />
parte delle ricadute. I livelli plasmatici di nicotina<br />
che il fumo assicura non sono però raggiunti mediante<br />
NRT e ciò, in aggiunta alla perdita di quello<br />
che viene comunemente identificato come “il<br />
piacere di fumare”, giustifica i bassi tassi di successo,<br />
dell’ordine del 15-25% a 12 mesi.<br />
Numerose sono le vie di rilascio della nicotina utilizzate<br />
per la terapia sostitutiva: i chewing gum,i cerotti<br />
transdermici, gli spray nasali e gli inalatori.<br />
Ogni sistema ha delle peculiarità in termini di modalità<br />
di utilizzo e di successo terapeutico a brevemedio<br />
termine. Uno dei vantaggi dei chewing gum<br />
è la possibilità di modificare autonomamente le dosi<br />
di nicotina assunte rispetto, per esempio, ai cerotti<br />
transdermici che rilasciano una dose fissa, ma<br />
questo può potenzialmente portare anche a fenomeni<br />
di sottodosaggio. I cerotti hanno dimostrato<br />
di essere efficaci soprattutto se utilizzati come supporto<br />
di minimi interventi educazionali e rappresentano<br />
probabilmente l’attuale prima scelta di trattamento<br />
nei casi più importanti. Nel soggetto che<br />
fuma meno di dieci sigarette al giorno, le gomme<br />
da masticare e gli inalatori possono essere più adatti.<br />
Oltre alla terapia nicotinica sostitutiva sono stati<br />
testati anche altri interventi farmacologici.La clonidina,<br />
gli antidepressivi (bupropione) e le benzodiazepine<br />
si sono dimostrati in parte efficaci su particolari<br />
tipologie di pazienti, ma la presenza di effetti<br />
collaterali non rende questi farmaci di largo<br />
utilizzo. Il bupropione, in particolare, è un agente<br />
dopaminergico con meccanismo d’azione centrale:<br />
associato alla terapia nicotinica sostitutiva per via<br />
transdermica, ha presentato tassi di successo più alti<br />
rispetto al solo cerotto. Questo farmaco ha però<br />
anche mostrato di favorire la comparsa di uno stato<br />
convulsivo, soprattutto nei soggetti affetti da epilessia<br />
e bulimia, perciò deve essere usato con molta<br />
cautela.<br />
Tra gli interventi non farmacologici la terapia comportamentale<br />
si dipana da interventi strutturati in<br />
modo semplice a programmi complessi gestiti da<br />
veri e propri smoking specialist.I programmi più aggressivi<br />
raggiungono tassi di successo approssimativi<br />
del 20%, probabilmente più elevati se uniti al<br />
supporto farmacologico.<br />
La BPCO è attualmente riconosciuta come una<br />
delle più importanti cause di morbilità/mortalità e<br />
ha un profondo impatto sulla società anche in termini<br />
economici.In un’epoca caratterizzata dalla necessità<br />
di comprimere la spesa sanitaria e dalla conseguente<br />
competizione di diverse strategie terapeutiche,<br />
si sta assistendo alla realizzazione di molti<br />
studi che indagano i diversi aspetti della cura della<br />
BPCO alla luce di considerazioni economiche.<br />
Investire risorse nei programmi di abolizione del<br />
fumo si è dimostrato essere costo-efficace se si<br />
79
IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />
prendono in considerazione termini di rallentamento<br />
del declino della funzionalità respiratoria e<br />
incremento della sopravvivenza 5 .<br />
Aspetti nutrizionali<br />
Non è infrequente che il paziente con BPCO presenti<br />
caratteristiche costituzionali riconducibili a<br />
due tipologie caratteristiche: l’eccedenza ponderale<br />
del bronchitico cronico e la magrezza dell’enfisematoso.<br />
Nel primo caso è comune uno stato edematoso periferico<br />
con ritenzione idrica agli arti inferiori e<br />
ipotrofismo di cute e annessi, mentre nel paziente<br />
con enfisema prevale la mancanza di appetito e la<br />
tendenza a perdere peso.<br />
Raggiungere e mantenere un peso corporeo ideale<br />
è un obiettivo importante nella terapia della BPCO.<br />
In condizioni di sovrappeso risulta infatti incrementato<br />
il lavoro dell’<strong>apparato</strong> cardio<strong>respiratorio</strong> per garantire<br />
un’adeguata ossigenazione a tutti i distretti<br />
dell’organismo e l’eccesso di tessuto adiposo in regione<br />
addominale, ostacolando i movimenti del diaframma,<br />
non consente l’ottimale espansione dei polmoni.<br />
Nel paziente denutrito, all’opposto, si assiste a<br />
una situazione di ipotonia e ipotrofia della muscolatura<br />
corporea, inclusa quella deputata al meccanismo<br />
della respirazione, con la conseguente instaurazione<br />
di un circolo vizioso in cui la deplezione muscolare<br />
incrementa ulteriormente il fabbisogno calorico.<br />
Lo stato nutrizionale del paziente ha importanti ripercussioni<br />
anche sul versante delle difese immunitarie:<br />
nel paziente con BPCO una dieta povera di<br />
calorie, vitamine, minerali e in particolare di proteine<br />
ostacola la produzione delle immunoglobuline.<br />
La dieta ideale del paziente con BPCO dovrebbe<br />
quindi includere un adeguato apporto idrico, in<br />
grado di ridurre la viscosità delle secrezioni e di<br />
contrastare la secchezza delle mucose secondaria all’ossigenoterapia.<br />
L’apporto proteico, importante<br />
per i processi di difesa e di riparazione cellulare,<br />
dovrebbe essere individualizzato. L’introito supplementare<br />
di calcio è utile soprattutto nelle donne e<br />
nei pazienti che assumono terapia steroidea, mentre<br />
l’aggiustamento del potassio regola il controllo<br />
della pressione arteriosa, della contrazione muscolare<br />
e della trasmissione nelle fibre nervose. La correzione<br />
di eventuali squilibri dei fosfati e del magnesio<br />
può favorire la funzionalità diaframmatica.<br />
Rimane ancora da chiarire il ruolo del contenuto<br />
lipidico nella dieta: se da una parte una dieta iperlipidica<br />
contribuirebbe a ridurre la formazione di<br />
anidride carbonica, dall’altra la minore assunzione<br />
di grassi favorirebbe lo svuotamento gastrico con<br />
ripercussioni sulla meccanica respiratoria 19 .<br />
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80
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81
I QUADERNI DELLA BPCO<br />
4. Management clinico della BPCO<br />
La BPCO nel contesto della pneumologia<br />
Alfredo Potena<br />
La prevalenza elevata e progressivamente crescente<br />
della BPCO,gli elevati costi necessari per<br />
sostenerne le cure, l’importanza di razionalizzare<br />
l’impiego di risorse, in un sistema come quello sanitario<br />
che vede crescere i costi ma non la disponibilità<br />
economica per sopportarli, e l’eterogeneità<br />
clinica che ne caratterizza la durata rendono il management<br />
clinico di questa malattia uno degli aspetti<br />
più interessanti e stimolanti per la moderna pneumologia,<br />
consentendole di esprimere, all’interno<br />
delle aziende sanitarie, la sua massima capacità di<br />
integrazione tra ospedale e territorio.<br />
La BPCO è una malattia sottostimata ed è penalizzata<br />
anche dagli scarsi finanziamenti disponibili<br />
per la ricerca, soprattutto se si pensa al peso sociale<br />
che assumerà nei prossimi 15 anni. È una malattia<br />
progressiva, caratterizzata da una limitazione al<br />
flusso delle vie aeree solo parzialmente reversibile,<br />
che genera disabilità rendendo impossibile per un<br />
individuo compiere attività che comportano sforzo<br />
fisico, come il salire le scale o altro, nelle fasi più<br />
severe di malattia. In poco più di due decenni si<br />
può arrivare con costante evoluzione a una situazione<br />
irreversibile di handicap <strong>respiratorio</strong>.<br />
Considerato l’enorme peso assistenziale che la<br />
BPCO richiede, i migliori risultati si possono ottenere<br />
se il processo di cura sarà organizzato in<br />
modo tale da distribuire il carico di lavoro su diversi<br />
protagonisti, siano essi i familiari o gli infermieri,<br />
il medico di medicina generale o lo specialista<br />
ospedaliero 1 .<br />
La moderna pneumologia può offrire all’ospedale<br />
elevate competenze cliniche e tecniche per il trattamento<br />
degli episodi di riacutizzazione della bronchite<br />
cronica, sia essa accompagnata o meno da insufficienza<br />
respiratoria acuta o cronica riacutizzata.<br />
Al territorio extraospedaliero la pneumologia può<br />
offrire l’organizzazione per intervenire tempestivamente<br />
nel processo diagnostico, grazie ai laboratori<br />
di fisiopatologia respiratoria, o nell’assistenza e<br />
nel monitoraggio delle forme già cronicizzate, evitandone<br />
il ricovero ospedaliero non necessario o<br />
inappropriato, innescando altresì un processo virtuoso<br />
di risparmio economico.<br />
Un sistema di cura organizzato, infatti, può avere un<br />
impatto rilevante sull’insieme delle risorse necessarie<br />
se un’équipe specialistica pneumologica assume<br />
il controllo dell’assistenza extraospedaliera di un paziente<br />
affetto da BPCO di grado severo, abbattendo<br />
i costi di circa 13.000 dollari per paziente 2 .<br />
È stato dimostrato, inoltre, che i processi di disease<br />
management, basati su una strategia organizzata di<br />
cura, sono in grado di migliorare la qualità nei pazienti<br />
con <strong>malattie</strong> croniche 3 .<br />
Il fumo di sigaretta è, senza alcun dubbio, il principale<br />
responsabile della BPCO e i processi infiammatori<br />
e proteolitici che si realizzano in questa patologia<br />
sono il risultato di un’amplificata risposta infiammatoria<br />
agli stimoli prodotti dal fumo di sigaretta<br />
4 : per questo motivo lo sforzo per ridurre il numero<br />
di fumatori, aiutando soprattutto quelli affetti<br />
da BPCO a smettere di fumare, deve essere prioritario.Lo<br />
smettere di fumare si è rivelato l’unico provvedimento<br />
in grado di rallentare la progressione della<br />
malattia 5 , mentre i grandi trial condotti a tutt’oggi<br />
sui principali farmaci prescritti nella BPCO, i ß 2 -<br />
83
IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />
agonisti long acting, pur raggiungendo variazioni significative<br />
su outcome primari legati all’ostruzione<br />
delle vie aeree (VEMS) o alla qualità della vita non<br />
sono stati in grado di dimostrare un significativo cambiamento<br />
della storia naturale della malattia 6 .L’impiego<br />
degli attuali sistemi adottati per smettere di fumare<br />
necessita di una metodologia più concreta, anche<br />
perché alcuni risultati incoraggianti sono stati ottenuti<br />
con le terapie sostitutive della nicotina (cerotti<br />
transdermici,gomme da masticare,inalatori che rilasciano<br />
nicotina) o farmaci come il bupropione 7 .<br />
L’utilizzo di corticosteroidi sistemici è efficace negli<br />
episodi di riacutizzazione e consente di raggiungere<br />
un miglioramento clinico, insieme a una<br />
riduzione della durata di degenza ospedaliera 8 .<br />
L’impiego di steroidi per via inalatoria nel paziente<br />
cronico, in fase stabile, può avere un ruolo nel management<br />
terapeutico farmacologico delle BPCO, riducendo<br />
la severità degli episodi di riacutizzazione 9 ,<br />
ma i trial randomizzati controllati costruiti nel tentativo<br />
di dimostrare una riduzione della rapidità di<br />
declino dei flussi aerei forzati non hanno documentato<br />
evidenze a supporto di questa ipotesi 10-13 .<br />
Un’azione di prevenzione primaria deve inoltre essere<br />
messa in atto attraverso il controllo dell’inquinamento<br />
atmosferico, specialmente nei centri urbani.Vi<br />
è evidenza che l’aumento della concentrazione<br />
di polveri sottili induce una risposta inappropriata<br />
o eccessiva delle vie aeree, causando un aumento<br />
correlato del numero di ricoveri e di richiesta di visita<br />
presso i pronto soccorso, i medici di medicina<br />
generale oltre che di morti cardiorespiratorie 14,15 .<br />
In questo caso è compito della pneumologia e degli<br />
stessi specialisti pneumologi diffondere le conoscenze<br />
sul danno <strong>respiratorio</strong> da inquinanti ambientali,<br />
segnalare i risultati di studi epidemiologici o clinici<br />
e rappresentare una “coscienza scientifica”a supporto<br />
di decisioni politiche apparentemente impopolari<br />
da assumere nell’interesse stesso della salute<br />
del cittadino,come per esempio la riduzione del traffico<br />
automobilistico o la trasformazione di aree industriali<br />
troppo vicine agli insediamenti urbani.<br />
DIAGNOSI E MONITORAGGIO<br />
AMBULATORIALE<br />
DELLA MALATTIA<br />
È importante definire con precisione l’inquadramento<br />
diagnostico; infatti, tra i soggetti con ostruzione<br />
poco reversibile delle vie aeree, i pazienti con<br />
anamnesi positiva per BPCO presentano caratteristiche<br />
del tutto differenti rispetto a quelli con una<br />
storia di asma. Ne consegue che la strategia di management<br />
terapeutico è diversa 16 .<br />
È altrettanto utile cercare di identificare i pazienti<br />
il più precocemente possibile 17 .Diverse strategie<br />
possono essere messe in atto per ottenere un risultato,<br />
ma esse devono essere oggettive al fine di inquadrare<br />
il paziente rilevandone, soprattutto, le caratteristiche<br />
di limitazione funzionale 18 e di poter<br />
adattare le diverse strategie alla realtà locale o nazionale.<br />
Molti pazienti con tosse cronica e catarro<br />
possono, nel breve volgere di pochi anni, perdere<br />
queste caratteristiche cliniche rendendo di fatto<br />
l’inquadramento nello stadio 0 della classificazione<br />
GOLD poco affidabile, specialmente quando il paziente,<br />
smettendo di fumare, interrompe il declino<br />
funzionale <strong>respiratorio</strong> più accelerato rispetto al<br />
soggetto sano non fumatore 19,20 .<br />
Una volta individuato il soggetto a rischio, si può<br />
restringere a esso il follow-up, abbattendo sensibilmente<br />
i costi. Poiché tosse ed età si associano al fumo<br />
quali fattori predittivi di malattia, si potrebbe<br />
fare lo screening di un soggetto al giorno con il risultato<br />
di individuare almeno un soggetto a rischio<br />
per settimana 17 .<br />
La diagnosi precoce e un intervento intenso possono<br />
rivelarsi le migliori strategie per intervenire<br />
sulla mortalità e la morbilità crescenti della BPCO.<br />
Il sospetto clinico-anamnestico è in genere confermato<br />
dalla spirometria, che dimostra una riduzione<br />
dei valori di VEMS (volume espiratorio massimo<br />
per secondo) non reversibile alla somministrazione<br />
di broncodilatatori e permette, dunque,<br />
una prima classificazione di severità legata al danno<br />
funzionale (tabella 4.1) 21,22 .<br />
Ai fini del management della malattia, in aggiunta al<br />
VEMS, si rivelano utili altri fattori quali per esempio<br />
l’età, i valori di pH di PaO 2 e PaCO 2 rilevati<br />
con l’emogasanalisi arteriosa, il grado di dispnea,<br />
l’indice di massa corporea e la distanza percorsa dopo<br />
un test del cammino di 6 minuti 18 .<br />
La valutazione dello stadio di severità e del miglioramento<br />
ottenuto da uno specifico trattamento<br />
di un paziente BPCO diventa ottimale quando<br />
viene fatto con un test dinamico, come per esempio<br />
il test incrementale del cammino o il test della<br />
distanza percorsa in 6 minuti, oppure con la somministrazione<br />
di questionari sulla qualità della vita<br />
specifici per malattia. Molti studi di ricerca sulla<br />
BPCO escludono i pazienti più anziani, che invece<br />
meriterebbero maggiore attenzione sia per ciò<br />
84
4. MANAGEMENT CLINICO DELLA BPCO<br />
Tabella 4.1<br />
Classificazione di severità della BPCO (modificata<br />
da 22 )<br />
Stadio 0<br />
(a rischio)<br />
Stadio I<br />
(lieve)<br />
Stadio II<br />
(moderato)<br />
Stadio III<br />
(severo)<br />
Assenza di alterazioni spirometriche<br />
Sintomi cronici (tosse, escreato)<br />
VEMS/CVF < 70%<br />
VEMS > 80% del teorico di riferimento<br />
Con o senza sintomi cronici (tosse, escreato)<br />
VEMS/CVF < 70%<br />
VEMS con valore tra il 30 e l’80% del<br />
teorico di riferimento<br />
II a VEMS con valore tra il 50 e l’80%<br />
I b VEMS con valore tra il 30 e l’49%<br />
Con o senza sintomi cronici (tosse, escreato)<br />
VEMS/CVF < 70%<br />
VEMS < 30% del teorico di riferimento o<br />
presenza di insufficienza respiratoria o<br />
segni clinici riferibili a scompenso cardiaco<br />
che riguarda la loro valutazione sia per le strategie<br />
di management 23 .<br />
Esiste, oggi, anche il problema dell’applicazione<br />
pratica di linee guida, documenti rilevanti elaborati<br />
con l’intento di assistere il medico nella cura dei<br />
suoi pazienti, ottimizzare le risorse e ridurre la variabilità<br />
della pratica clinica, spesso totalmente disattesi<br />
a causa di diversi ostacoli che ne limitano di<br />
fatto l’applicabilità 24,25 .<br />
Le linee guida hanno un senso quando l’evidenza<br />
scientifica riesce a dare una risposta sull’appropriatezza<br />
di un atto medico, diversamente non incidono<br />
sufficientemente sulla realtà assistenziale di una<br />
malattia 26 .<br />
Nel caso delle BPCO si è assistito, nel corso degli<br />
anni ’90, a una proliferazione di linee guida che<br />
presentavano diversi problemi metodologici e suggerimenti<br />
di diverso orientamento, privi di solide<br />
evidenze scientifiche a sostegno 27 . La mancanza di<br />
un approccio multidisciplinare, con uno scarso<br />
coinvolgimento del paziente, la lunghezza dei documenti<br />
e la carenza di allegati sintetici per facilitarne<br />
la lettura o di flow-chart di rapida consultazione<br />
sono sembrati i punti deboli. Spesso l’elaborazione<br />
di linee guida si è basata su manifestazioni<br />
di consensus da parte di esperti piuttosto che su evidenze<br />
scientificamente rilevanti. Altrettanto spesso<br />
si è osservata una lacuna nella mancata dichiarazione<br />
su possibili conflitti di interesse, considerato<br />
che la maggioranza delle linee guida viene costruita<br />
con il supporto diretto o indiretto dell’industria<br />
farmaceutica 24,28 .<br />
La pubblicazione delle linee guida GOLD 22 ha di<br />
fatto riportato suggerimenti più concreti e sostenuti<br />
da evidenze scientifiche dotate di un corretto<br />
grading della forza con cui le evidenze venivano trasformate<br />
in suggerimento e le stesse principali società<br />
scientifiche pneumologiche hanno rivisto i loro<br />
documenti di linee guida. Purtroppo, ancora oggi<br />
non è stato chiarito l’impatto clinico di questi<br />
documenti 28 .<br />
Tra i problemi più rilevanti vi è quello di un’efficace<br />
implementazione su ciò che è effettivamente<br />
noto, anche quando le evidenze citate a supporto<br />
sono uno standard indiscusso, e come allocare le risorse<br />
necessarie per rendere generalizzabile questo<br />
beneficio ai pazienti che ne possono trarre utilità 29 .<br />
Diversi interventi di diagnosi e cura delle BPCO<br />
si sono rivelati efficaci, mantenendo come obiettivi<br />
strategici un’azione volta a: rallentare l’ostruzione<br />
progressiva del flusso nelle vie aeree, prevenire<br />
e trattare le complicazioni della malattia, come per<br />
esempio le riacutizzazioni, minimizzare la sintomatologia,<br />
qualsiasi fosse lo stadio della malattia, e<br />
migliorare la qualità della vita 30 .<br />
Il trattamento ambulatoriale è strutturato generalmente<br />
in funzione della severità del paziente.Viene<br />
proposto un programma a “gradini” con l’obiettivo<br />
di indurre il miglior livello raggiungibile<br />
di broncodilatazione, ridurre al minimo il grado di<br />
infiammazione e facilitare l’espettorazione, anche<br />
se il ruolo del trattamento antinfiammatorio e di<br />
quello mucolitico è supportato da evidenze scientifiche<br />
“deboli” 22 .<br />
RICOVERO OSPEDALIERO<br />
La BPCO rappresenta, anche in Italia, una causa<br />
di ricovero molto frequente. Purtroppo mancano<br />
indicatori di esito sufficientemente sicuri per permettere<br />
una stratificazione del rischio di pazienti<br />
BPCO con riacutizzazione. I criteri di ospedalizzazione<br />
proposti, anche dalle recenti linee guida<br />
GOLD, sembrano poco selettivi (età, sintomi, supporto<br />
familiare, co-morbilità), ma occorre sottolineare<br />
che i pazienti BPCO riacutizzati ricoverati<br />
in ospedale hanno un tasso di mortalità superiore<br />
a quello dell’infarto miocardio e necessitano di<br />
uno stretto monitoraggio dei parametri cardiorespiratori<br />
31 .<br />
Il problema del ricovero ospedaliero per riacutizzazione<br />
da BPCO è piuttosto complesso. In uno<br />
studio di farmacoeconomia è stato dimostrato che<br />
il 16,5% di 507 pazienti BPCO riacutizzati ha richiesto<br />
un ricovero ospedaliero, determinando una<br />
85
IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />
spesa aggiuntiva del 58% rispetto al totale dei costi.<br />
Il maggiore peso economico era sostenuto per<br />
far fronte a un precedente fallimento terapeutico.<br />
È stato poi dimostrato che, riducendo del 50% il<br />
costo di un fallimento grazie a un uso appropriato<br />
di farmaci come per esempio alcuni antibiotici,<br />
si potrebbe determinare una riduzione totale<br />
del 33% della spesa sostenuta per trattare le riacutizzazioni<br />
32 .<br />
È ancora da sottolineare come la maggioranza dei<br />
pazienti ammessi in ospedale attraverso il pronto<br />
soccorso non venga, ancora oggi, sottoposta a procedure<br />
diagnostiche particolari, arrivando all’ammissione<br />
in strutture di medicina interna e geriatria<br />
dove lo stato ipossiemico e/o ipercapnico viene<br />
diagnosticato con un ritardo variabile tra 1 e 4<br />
ore. Considerato quanto sia fondamentale l’intervento<br />
di correzione precoce dell’ipossiemia e dell’ipercapnia<br />
con metodiche non invasive di ventilazione,<br />
per prevenire l’intubazione endotracheale<br />
e le sue severe complicanze, è necessario che sia attivato,<br />
all’interno dell’ospedale, un percorso appropriato<br />
di cura che porti rapidamente il paziente nella<br />
struttura più idonea al suo trattamento 33,34 .<br />
Il paziente BPCO, che viene ricoverato nelle unità<br />
di pneumologia con maggiore frequenza, ha una<br />
durata media di degenza sostanzialmente stabile<br />
negli ultimi 3 anni: nel 2001 è stata di 8,3 giorni.<br />
In conseguenza di ciò il DRG 88, “Malattia<br />
polmonare cronica ostruttiva”, è quello più frequentemente<br />
osservato, anche se negli ultimi due<br />
anni, 2001-2002, la sua frequenza è diminuita. Il<br />
suo trend in riduzione è in realtà solo apparente:<br />
non è legato infatti a una diminuzione dell’incidenza<br />
e della prevalenza della BPCO, ma a un determinato<br />
comportamento nella codifica della diagnosi<br />
principale, reso possibile dalla codifica delle<br />
diagnosi a 5 cifre (tabella 4.2). Il sistema di classificazione<br />
ICD9-CM, attivato a partire dall’anno<br />
2000 in tutti gli ospedali italiani, permette infatti<br />
una precisa definizione dell’insufficienza respiratoria<br />
e la produzione del suo specifico DRG 87.<br />
In presenza di insufficienza respiratoria acuta, o<br />
acuta in paziente cronico, nel malato BPCO in<br />
stadi di severità avanzata, la diagnosi principale<br />
può essere appunto l’insufficienza respiratoria<br />
(cod. 518.81) anziché la BPCO (cod. 49<strong>1.</strong>2-).<br />
Questo comportamento è giustificato in quanto<br />
la BPCO è caratterizzata da un ampio spettro di<br />
gravità clinica, dalla bronchite semplice alla bronchite<br />
cronica ostruttiva con insufficienza respiratoria,<br />
e funzionale con livelli estremamente diver-<br />
Tabella 4.2<br />
Variazioni del case mix e del peso medio dei DRG di pazienti trattati in unità di terapia intensiva respiratoria pneumologiche<br />
dopo applicazione del sistema di classificazione ICD9-CM<br />
DRG Peso relativo N. casi ICD9 Peso totale ICD9 N. casi ICD9-CM Peso totale ICD9-CM<br />
88 0,9941 241 (31,9%) 239,58 238 (31,5%) 236,60<br />
475 3,5965 147 (19,4%) 528,69 147 (19,4%) 528,69<br />
127 1,015 90 (11,9%) 91,35 88 (11,6%) 89,32<br />
102 0,5426 66 (8,7%) 35,81 3 (0,3%) 1,63<br />
101 0,9135 59 (7,8%) 53,90 3 (0,3%) 2,74<br />
79 1,751 53 (7,0%) 92,80 100 (13,2%) 175,10<br />
80 0,9617 49 (6,5%) 47,12 0 0,00<br />
97 0,6191 16 (2,1%) 9,91 0 0,00<br />
78 1,435 13 (1,7%) 18,66 13 (1,7%) 18,66<br />
483 16,659 11 (1,4%) 183,25 29 (3,8%) 483,11<br />
96 0,9369 5 4,70 21 19,73<br />
95 0,5973 3 1,79 0 0,00<br />
94 1,2774 2 2,55 5 6,39<br />
98 0,8924 1 0,89 1 0,89<br />
87 1,3597 0 0,00 108 (14,2 %) 146,85<br />
Totale 756 <strong>1.</strong>311,00 756 <strong>1.</strong>709,70<br />
Peso medio/paziente 1,73 2,26<br />
86
4. MANAGEMENT CLINICO DELLA BPCO<br />
sificati di ostruzione funzionale. Il paziente con<br />
BPCO ricoverato consuma sempre più spesso<br />
molte e costose risorse e il peso relativo attribuito<br />
al DRG 88 è spesso non adeguato; esso andrebbe<br />
probabilmente rivalutato prevedendo, per<br />
esempio, il DRG complicato come nel sistema<br />
DRG australiano 35 .<br />
In Italia, già da tempo, alcune unità operative hanno<br />
attivato al loro interno aree assistenziali per i pazienti<br />
critici, le unità di terapia intensiva respiratoria<br />
(UTIR). Queste strutture forniscono un livello<br />
di assistenza a supporto dei reparti di degenza pneumologica<br />
ordinaria, per i pazienti con insufficienza<br />
respiratoria da scompenso d’organo, e dei reparti<br />
tradizionali di terapia intensiva, soprattutto per i<br />
pazienti divezzati dalla ventilazione meccanica invasiva,<br />
svolgendo un’attività assistenziale qualitativamente<br />
elevata e caratterizzata da un alto peso medio<br />
per paziente assistito 36-39 .<br />
In queste aree di monitoraggio il trattamento dell’insufficienza<br />
respiratoria avviene con tecniche di<br />
ventilazione meccanica non invasiva NIMV e il ricorso<br />
alla ventilazione invasiva avviene soltanto in<br />
seconda istanza e dopo aver constatato il fallimento<br />
del trattamento iniziale.<br />
L’attività delle UTIR italiane è gravata da un carico<br />
assistenziale piuttosto importante, spesso non diverso<br />
da quello delle terapie intensive tradizionali,<br />
ma diversi studi dimostrano che le UTIR rappresentano<br />
una scelta utile, clinica ed economica per<br />
le aziende sanitarie ospedaliere 40,41 .<br />
Nel paziente BPCO che manifesti un’insufficienza<br />
respiratoria secondaria a un episodio di riacutizzazione,<br />
la NIMV è oggi da considerarsi, sulla<br />
base di evidenze documentate, un intervento terapeutico<br />
da attuarsi il più precocemente possibile e<br />
prima che il paziente raggiunga livelli severi di acidosi.<br />
La NIMV si è dimostrata in grado di prevenire<br />
l’intubazione endotracheale, riducendo sia la<br />
mortalità sia gli insuccessi terapeutici 34,42,43 .<br />
funzionali e cliniche tali da rendere il programma<br />
appropriato e giustificarne il rapporto costo-efficacia.<br />
Le evidenze disponibili suggeriscono che i migliori<br />
risultati si ottengono nei pazienti sintomatici<br />
e l’allenamento concentrato sugli arti può dare<br />
particolare beneficio alla capacità del paziente di<br />
sostenere lo sforzo e percepire la dispnea, alla qualità<br />
della vita e all’autosufficienza. Il migliore e più<br />
efficace trattamento riabilitativo è sempre legato allo<br />
smettere di fumare, a un buon programma di assistenza<br />
farmacologica e all’ottimizzazione dei gas<br />
nel sangue 44 .<br />
La riabilitazione riduce la dispnea e la fatica e aumenta<br />
il senso di controllo che il paziente ha verso<br />
la propria condizione, rappresentando una componente<br />
assistenziale importante delle BPCO 45 .<br />
OSSIGENOTERAPIA<br />
Negli stadi in cui compare ipossiemia la correzione<br />
e la prevenzione delle recidive sono fondamentali.<br />
L’ossigenoterapia a lungo termine è in grado<br />
di prolungare la sopravvivenza nei pazienti che ne<br />
fanno un uso appropriato, per un periodo superiore<br />
alle 18 ore giornaliere 47-50 .<br />
Oggi è quantomeno necessaria una rilettura del<br />
trattamento con O 2 a lungo termine.Vi sono pazienti<br />
con buona saturazione diurna che durante la<br />
notte sviluppano importanti desaturazioni che potrebbero<br />
rappresentare un fattore di rischio per lo<br />
sviluppo di insufficienza respiratoria 51,52 . Si osserva<br />
spesso eterogeneità nella prescrizione e si rende<br />
necessario sviluppare programmi assistenziali regionali<br />
o nazionali che permettano, sulla base di registri<br />
o banche dati di pazienti, di chiarire alcune<br />
aree grigie che ancora persistono sull’ossigenoterapia<br />
durante la deambulazione e sulle prescrizioni di<br />
O 2 per uso notturno 53-55 .<br />
RIABILITAZIONE<br />
I programmi di riabilitazione devono essere strutturati<br />
in favore di pazienti ben selezionati, che possano<br />
trarne forte giovamento. È necessario, tuttavia,<br />
sottolineare come le UTIR, che necessitano di<br />
strumenti di valutazione e di personale qualificato,<br />
dovrebbero essere collocate in aree utili per favorire<br />
l’accesso a pazienti che abbiano caratteristiche<br />
DISTURBI DEL SONNO<br />
EALTRI DISTURBI SISTEMICI<br />
Oltre il 50% dei pazienti BPCO soffre di disturbi<br />
del sonno, caratterizzati da periodi più o meno lunghi<br />
di insonnia e/o risvegli improvvisi, che tendono<br />
a essere più severi negli stadi avanzati di malattia<br />
e incidono pesantemente sulla qualità della vita,<br />
anche e soprattutto per gli effetti collaterali che<br />
87
IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />
possono essere indotti da eventuali farmaci somministrati<br />
nel tentativo di correggerli. Alcuni studi<br />
sostengono l’efficacia di diversi farmaci, come le<br />
benzodiazepine, per il trattamento dell’insonnia in<br />
questi pazienti, ma non vi è ancora un’evidenza che<br />
la confermi nei BPCO con ipercapnia severa, anzi<br />
alcuni case reports segnalano la comparsa di effetti<br />
collaterali 56 .<br />
L’ipossiemia e l’ipercapnia sonno-correlate sono un<br />
fenomeno tipico di alcuni pazienti BPCO e intervengono<br />
durante le fasi di sonno REM. Lo studio<br />
polisonnografico, nelle BPCO, trova indicazione<br />
quando si sospetta la presenza di episodi di “apnea<br />
ostruttiva” o quando siano presenti policitemia o<br />
cor pulmonale non spiegabili dai livelli di PaO 2 da<br />
sveglio. In questi casi va regolata la somministrazione<br />
di ossigeno o istituita una ventilazione non<br />
invasiva a pressione positiva. È sempre corretto, tuttavia,<br />
rivalutare gli effetti del trattamento istituito<br />
con un nuovo studio polisonnografico 57 .<br />
La comparsa di ipertensione arteriosa sistemica, associata<br />
o meno a disturbi del sonno, ripropone la<br />
validità di un approccio multidisciplinare al trattamento<br />
di questi pazienti che può giovarsi anche di<br />
un impiego ottimale di alcuni tra i farmaci di più<br />
frequente impiego, come i diuretici, i calcioantagonisti,<br />
gli ACE-inibitori, così come gli antagonisti<br />
del recettore dell’angiotensina II, gli α e i β-<br />
bloccanti 58 .<br />
Vi sono molti altri disturbi clinici rilevanti, anche<br />
extrapolmonari, che accompagnano il decorso della<br />
malattia, come per esempio le alterazioni nutrizionali<br />
con perdita di peso e ridotto indice di massa<br />
corporea, la disfunzione muscolo-scheletrica e<br />
l’infiammazione sistemica, dei quali sia lo pneumologo<br />
sia gli altri specialisti che si occupano del<br />
paziente BPCO devono tenere conto 59 .<br />
CONCLUSIONI<br />
Non esistono a tutt’oggi stime esatte sul peso che<br />
la BPCO ha sulla popolazione in generale, anche<br />
se è noto che l’età media dei pazienti, nella popolazione<br />
europea e nord-americana, è intorno ai 63<br />
anni, con una prevalenza del sesso maschile del 55%<br />
circa.È giusto sottolineare che chi è affetto da BPCO<br />
tende soggettivamente a sottostimare la severità della<br />
malattia rispetto a una scala oggettiva di valutazione<br />
della dispnea 60 .<br />
Il management della BPCO richiede oggi molti<br />
sforzi, soprattutto a causa dell’aumento del numero<br />
dei pazienti e della loro gravità clinica che si<br />
verificherà nei prossimi anni 61 e anche per una certa<br />
disomogeneità di trattamento, che gli stessi<br />
pneumologi evidenziano. In passato la malattia è<br />
stata considerata quasi come una forma intrattabile,<br />
mentre oggi sono disponibili diverse strategie<br />
di management,basate sia sull’uso appropriato di farmaci<br />
sia su efficaci programmi di riabilitazione,tutte<br />
in grado di migliorare la qualità della vita in pazienti<br />
sintomatici 7,62 .<br />
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89
IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />
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90
4. MANAGEMENT CLINICO DELLA BPCO<br />
La BPCO in medicina interna<br />
Vittorio Grassi, Stefania Cossi, Roberto Zulli<br />
La BPCO è la più internistica<br />
delle <strong>malattie</strong> dell’<strong>apparato</strong> <strong>respiratorio</strong><br />
●<br />
Amotivo delle sue complicanze e comorbosità,<br />
degli effetti sistemici e delle frequenti riacutizzazioni,<br />
della sua evoluzione verso l’insufficienza<br />
respiratoria cronica e cronica riacutizzata (si vedano,<br />
a tale proposito, i relativi Capitoli in questa<br />
stessa Collana) 1-3 , riteniamo che l’affermazione<br />
suddetta possa essere largamente condivisa. Tuttavia,<br />
in qualche misura, la BPCO è ancora fuori<br />
dalla “cultura” della medicina interna che, nel nostro<br />
paese, raramente ha avuto un ruolo attivo in<br />
questo settore della patologia. Ne deriva che, in<br />
medicina interna, la BPCO appare come una patologia<br />
“sfuocata” senza un volto ben definito. Ovviamente<br />
le conseguenze sono importanti.<br />
Per dare un contenuto a questo Capitolo cercheremo<br />
intanto di definire, per quanto possibile, il peso<br />
e il volto della BPCO in medicina interna per concludere<br />
provando a rispondere ad alcune domande.<br />
● La BPCO nella trattatistica internistica internazionale<br />
- Il Cecil (2001) 4 e l’Harrison<br />
(2002) 5 . Si tratta di due giustamente famosi trattati<br />
di medicina interna che da circa 50 anni dominano<br />
la scena internazionale: molto “maturi” e<br />
validati nella loro strutturazione. Il numero di pagine<br />
dedicate indica, in qualche misura, il “peso”<br />
attribuito a ciascuna specifica patologia.Abbiamo<br />
a questo scopo valutato quale posizione occupa<br />
la BPCO, come numero di pagine, nell’insieme<br />
delle condizioni patologiche croniche (figura<br />
4.1). I due trattati attribuiscono alla BPCO esattamente<br />
lo stesso “peso” quantitativo: il 6% dello<br />
spazio dedicato alle <strong>malattie</strong> croniche (8,5 pagine<br />
/1267 l’Harrison, 8/1200 il Cecil).A dar retta<br />
alle dimensioni dell’Harrison,cinquantasei <strong>malattie</strong><br />
croniche sono più importanti della BPCO;<br />
nel Cecil quarantadue: che è come dire che, in<br />
ordine di importanza, la BPCO occupa nell’Harrison<br />
la 57 a posizione (a pari merito con altre undici<br />
condizioni) e nel Cecil la 43 a posizione (a<br />
pari merito con altre nove). Ma questi sono soltanto<br />
numeri. Conseguenza, tra l’altro, di una diversa<br />
organizzazione della materia medica: il Cecil<br />
privilegia infatti i piccoli capitoli (3/1, rispetto<br />
all’Harrison, quelli con dimensioni inferiori o<br />
uguali alle tre pagine e 2/1 quelli compresi tra tre<br />
e cinque pagine); l’Harrison privilegia al contrario<br />
gli accorpamenti (2/1, rispetto al Cecil, i capitoli<br />
con più di 15 pagine). Questi trattati esprimono,<br />
necessariamente, la cultura della fine del<br />
secolo scorso. È auspicabile che, già a partire dalla<br />
prossima edizione, la BPCO abbia uno spazio<br />
conforme al suo peso clinico e sociosanitario.<br />
Il volto della BPCO in medicina interna:<br />
l’esperienza di Brescia - Quali sono le caratteristiche<br />
della BPCO che entra in un reparto<br />
di medicina interna È difficile, ovviamente,<br />
tracciare un volto “esportabile” con caratteristiche<br />
di validità generale. Particolarmente<br />
se si parte da un Istituto di medicina interna<br />
che nel corso degli anni ’90 ha sviluppato<br />
precipui interessi in ambito di medicina cardiorespiratoria,<br />
di gastroenterologia e geriatria.<br />
E questi si riflettono nel “volto” illustrato nella<br />
figura 4.2, che riporta le più significative (per<br />
frequenza e rilevanza clinica) condizioni patologiche<br />
associate alla BPCO. È sicuramente<br />
anomala e distorcente – se non si tiene conto<br />
della premessa fatta – l’elevata frequenza di associazione<br />
di alcune condizioni patologiche<br />
(ipertensione arteriosa, cardiopatia ischemica<br />
cronica, scompenso cardiaco, diabete mellito),<br />
dentro le quali la BPCO rischia di risultare come<br />
“affogata”.<br />
Per proseguire nell’analisi può essere utile cercare di<br />
rispondere – con ovvi limiti – ad alcune domande.<br />
QUAL ÈILPERCORSO<br />
DELLA BPCO IN OSPEDALE<br />
Un dato indicativo a questo proposito è fornito dalla<br />
Regione Lombardia: il 60% dei casi di BPCO<br />
non viene ricoverato in pneumologia, il che ha implicazioni<br />
importanti sulle quali torneremo. L’espe-<br />
91
IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />
CECIL (2001) HARRISON (2002)<br />
<br />
Cushing, gozzo, neoplasie tiroide,vasculiti,tiroiditi,<br />
neoplasie gastriche, tumori fegato<br />
Tiroiditi, Addison, FA, ARDS, RAA, neoplasie del fegato,<br />
bronchiectasie<br />
Cefalee, rinite allergica, sclerodermia, meningoencefaliti, sarcoidosi, IRA<br />
IAC, CPC, <strong>malattie</strong> pleura/mediastino, TEP, gotta<br />
Ipertiroidismo, Cushing, miastenia gravis, policitemia, sarcoidosi, etilismo<br />
Leucosi acute, neoplasie intracraniche, Alzheimer, asma, ipertiroidismo,<br />
neoplasie del polmone, IAP, gotta, RAA, epatiti croniche<br />
LES, obesità, TEP, <strong>malattie</strong> glomerulari, AR, Hodgkin, tumori<br />
mammella, TBC, osteoporosi, IRC, epatiti virali<br />
BPCO<br />
PIP, LES, obesità, asma, Alzheimer, neoplasie mammella<br />
Valvulopatie, endocarditi,sclerosi multipla,<br />
malassorbimento, leucemie croniche, PIP<br />
IRA, sclerosi multipla, IRC, leucemia mieloide, neoplasie intestinali<br />
Endocarditi, <strong>malattie</strong> dell'esofago,<br />
miocardiopatie<br />
Tumori SNC, meningiti, tumori polmone, sclerodermia,<br />
osteoporosi<br />
Cirrosi epatica, epilessia, IAS,<br />
cardiopatie congenite<br />
TBC, cirrosi epatica, vasculiti, scompenso cardiaco,<br />
linfomi<br />
IMA, ulcera peptica<br />
IMA, malassorbimento, MICI, epilessia, IAS<br />
Scompenso cardiaco,<br />
diabete mellito<br />
Epatiti virali, tachiaritmie, ulcera peptica<br />
AIDS, <strong>malattie</strong><br />
cerebrovascolari<br />
Malattie cerebrovascolari,<br />
diabete mellito, AIDS<br />
<br />
Figura 4.1<br />
La BPCO nella trattatistica internistica internazionale. Distribuzione a seconda del “peso quantitativo” (numero di pagine) di alcune tra le più rilevanti patologie “croniche” in due trattati internazionali<br />
di medicina interna. Sono riportate, ovviamente, solo alcune tra le molte: suddivise per gruppi con dimensioni omogenee. IMA = infarto acuto del miocardio; MICI = <strong>malattie</strong> infiammatorie<br />
croniche intestinali; IAS = ipertensione arteriosa sistemica;TBC = tubercolosi; PIP = patologia interstiziale polmonare; SNC = sistema nervoso centrale; IRA = insufficienza renale<br />
acuta; IRC = insufficienza renale cronica; LES = lupus eritematoso sistemico; AR = artrite reumatoide; IAP = ipertensione arteriosa polmonare; CPC = cuore polmonare cronico;TEP =<br />
tromboembolia polmonare; FA = fibrillazione atriale; ARDS = sindrome da distress <strong>respiratorio</strong> acuto; RAA = reumatismo articolare acuto.<br />
92
4. MANAGEMENT CLINICO DELLA BPCO<br />
0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50<br />
Ipertensione arteriosa sistemica<br />
Cardiopatia ischemica cronica<br />
Scompenso cardiaco congestizio<br />
Diabete mellito<br />
Insufficienza renale<br />
Cirrosi epatica<br />
Aterosclerosi cerebrale<br />
Fibrillazione atriale<br />
Carcinoma del polmone<br />
Ulcera peptica<br />
Altre aritmie (diverse dalla FA)<br />
Osteartrosi<br />
A<br />
5 10 15 20 25 30 535 40 45 50<br />
Aneurisma aorta<br />
Cuore polmonare cronico<br />
Obesità<br />
Tromboembolia polmonare<br />
Sindrome depressiva<br />
Osteoporosi clinica<br />
5 510 15 20 25 30 35 40 45 50<br />
B<br />
0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50<br />
Figura 4.2<br />
Le più significative – per frequenza (A) o per rilevanza clinica (B) – condizioni cliniche associate alla BPCO (in fase stabile o di riacutizzazione:<br />
1,03/1): 287 casi (M/F: 1,7/1) pari all’8% dei ricoveri totali (fonte: 1 a Medicina, <strong>Clinica</strong> Medica/Brescia).<br />
rienza della nostra sede (Spedali Civili, Brescia) è illustrata<br />
nella figura 4.3. Anche in questo caso una<br />
premessa è doverosa: si tratta della fotografia della<br />
BPCO in un grande ospedale che in nessun caso<br />
può essere generalizzata (tra gli altri motivi: il servizio<br />
di accettazione e pronto soccorso era all’epoca<br />
– 2001 – solo parzialmente autonomo e in larga misura<br />
gestito dalle medicine e chirurgie generali, con<br />
conseguente allocazione aspecifica dei ricoveri).<br />
Nel periodo considerato (2001) il numero totale di<br />
pazienti BPCO ricoverati in ospedale supera largamente<br />
le <strong>1.</strong>800 unità, pari a poco meno del 3% dei<br />
ricoveri totali per qualsiasi causa. Pressoché identico<br />
è risultato il numero dei casi di BPCO in fase<br />
stabile e quelli in fase di riacutizzazione (figura<br />
4.3A). L’esame della distribuzione nei vari reparti<br />
evidenzia (figura 4.3B) che il 40% di questa patologia<br />
si colloca nelle tre divisioni di medicina interna,<br />
poco più del 25% in pneumologia (rapporto<br />
posti letto MG/PN 4/1,rapporto ricoveri 1,5/1)<br />
e la restante quota (oltre 1/3) in altre divisioni medico-chirurgiche:<br />
si deve presumere che in questa<br />
quota la diagnosi di BPCO fosse secondaria ad altre,<br />
più importanti, patologie. La prevalenza dei ricoveri<br />
in altri reparti (che rende ragione della precedente:<br />
è questa a determinare quella) è confermata<br />
dalla distribuzione della BPCO in fase stabile<br />
(figura 4.3C). In questo caso le medicine prevalgono<br />
nettamente sulla pneumologia (rapporto<br />
2,6/1): tenuto conto del numero dei posti letto, si<br />
tratta di un rapporto armonico.<br />
Più equilibrata è la distribuzione illustrata nel quadro<br />
D (BPCO in fase di riacutizzazione): in questo<br />
caso solo il 14% dei ricoveri va in altri reparti, men-<br />
93
IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />
1882<br />
REPARTI<br />
BPCO<br />
2000<br />
1900<br />
A<br />
956<br />
926<br />
MG: Medicina generale<br />
PN: Pneumologia<br />
AA: Altri<br />
B<br />
In fase stabile<br />
In fase di riacutizzazione<br />
N. totale<br />
N. di ricoveri in ospedale<br />
1800<br />
1700<br />
1600<br />
1500<br />
1400<br />
1300<br />
1200<br />
1100<br />
1000<br />
900<br />
752<br />
800<br />
639<br />
700<br />
MG<br />
491<br />
PN<br />
AA<br />
327<br />
MG<br />
C<br />
124<br />
505<br />
AA<br />
425<br />
MG<br />
367<br />
PN<br />
D<br />
134<br />
600<br />
500<br />
400<br />
300<br />
200<br />
%<br />
51 100 49 0 40 26 34 %<br />
PN<br />
% 34 13 53 0 46 40 14 %<br />
AA<br />
100<br />
0<br />
Figura 4.3<br />
Il destino della BPCO in un grande ospedale: Spedali Civili di Brescia, anno 200<strong>1.</strong><br />
tre si riequilibra, e diviene più armonico, il rapporto<br />
medicina/pneumologia (1,2/1).<br />
Ancora una volta si richiama l’attenzione sulla non<br />
possibilità di generalizzazione.<br />
FINO A CHE PUNTO LA BPCO<br />
È UNA MALATTIA INTERNISTICA<br />
EQUANDO INVECE DIVENTA<br />
UNA MALATTIA SPECIALISTICA<br />
Ovviamente è difficile rispondere;soprattutto è difficile<br />
dare risposte “nette” perché è improprio “dissecare”<br />
il decorso di una malattia complessa e ricca<br />
di manifestazioni clinico-funzionali qual è la<br />
BPCO. È difficile, infine, perché la BPCO offre un<br />
esempio classico di malattia di confine: posta lungo<br />
quella sottile e mutevole “linea di demarcazione”<br />
internistico-pneumologica. La scarsa “cultura”<br />
(scarso interesse) pneumologica della medicina interna<br />
nel nostro paese ha radici antiche: sarebbe interessante<br />
(e utile) dibatterne i motivi, ma improprio<br />
farlo in questa sede.<br />
Con questa premessa proviamo a tracciare un percorso<br />
all’interno del quesito che ci siamo posti,<br />
prendendo in esame le diverse fasi della malattia.<br />
●<br />
BPCO in fase iniziale: medicina interna e pneumologia<br />
dovrebbero essere ugualmente in grado<br />
di gestirla: più conscia della sua evoluzione la<br />
pneumologia, più idonea a catturarla (a motivo<br />
delle sue basi più ampie) la medicina interna. A<br />
94
4. MANAGEMENT CLINICO DELLA BPCO<br />
●<br />
●<br />
●<br />
patto che, come sarebbe civile che fosse, quest’ultima<br />
sia in grado di eseguire alcune semplici<br />
misure di funzione respiratoria. È stato detto<br />
e ridetto (ma mai abbastanza, sicché giova ripeterlo)<br />
“così come si misura la pressione arteriosa,<br />
la glicemia, il colesterolo… si dovrebbe misurare<br />
il FEV 1 ”: in questo modo la medicina interna<br />
avrebbe più opportunità di diagnosticarla<br />
in fase precoce.<br />
BPCO in fase stabile: entrambe le strutture (entrambe<br />
le professionalità) dovrebbero essere in<br />
grado di gestirla con eguale efficacia, ma con<br />
maggiore “intelligenza”degli eventi (e della conduzione<br />
della terapia) in ambito pneumologico.<br />
Tuttavia,la necessità di uno studio completo della<br />
funzione respiratoria (indispensabile anche a<br />
valutare gli effetti della terapia) può rendere opportuna,<br />
da parte dell’internista, la consultazione<br />
dello specialista.<br />
BPCO in fase di riacutizzazione: non abbiamo<br />
dubbi in proposito. Lo specialista pneumologo<br />
sa affrontare meglio (molto meglio) i problemi<br />
terapeutici che una simile condizione pone, che<br />
significa anche capire “prima e meglio” quando<br />
la malattia è da Intensive Care Unit.<br />
BPCO in fase avanzata: è la fase in cui, solitamente,<br />
la BPCO non è più solo una malattia<br />
polmonare ma piuttosto “cardiorespiratoria con<br />
manifestazioni sistemiche”. In teoria la medicina<br />
interna dovrebbe essere la sede più idonea se<br />
non avesse le ali tarpate dalla sua scarsa sensibilità<br />
(interesse) e ridotta aggressività terapeutica<br />
nei confronti delle <strong>malattie</strong> dell’<strong>apparato</strong> <strong>respiratorio</strong><br />
(MAR). Sicché, anche in questa fase, uno<br />
pneumologo accanto appare indispensabile.<br />
La risposta. La BPCO è una MAR; sarebbe augurabile<br />
che, in ugual misura, diventasse (con innesto<br />
dello specialista nelle fasi più cruciali) una malattia<br />
da reparto internistico. I dati della Regione Lombardia<br />
(e quelli della nostra piccola indagine locale)<br />
indicano la necessità e l’urgenza di diffondere in<br />
settori extrapneumologici la “cultura” della BPCO.<br />
Il confronto medicina interna-pneumologia è per<br />
molti versi stimolante e di pratica utilità (valutazione<br />
del consumo delle risorse-outcomes). Uno<br />
studio di pochi anni fa 6 , quantitativamente importante,<br />
di confronto tra specialisti (pneumologi)<br />
e generalisti (medici di medicina generale) giungeva<br />
alla conclusione che la scelta era indifferente:<br />
non comportava significative differenze. I confronti<br />
devono rispettare regole precise: per fornire<br />
informazioni vere devono essere omogenei. E<br />
questo ha tutta l’aria di non esserlo. Come è stato<br />
giustamente fatto notare (C. Giuntini) esistono<br />
delle soglie biologiche discriminanti tra il fare con<br />
buone possibilità di successo e il fare con scarse<br />
possibilità di successo. Se queste soglie non sono<br />
comparabili i confronti forniscono risultati distorcenti.<br />
Nello studio citato 6 , in effetti, i pazienti ricoverati<br />
in ambiente pneumologico avevano una riacutizzazione<br />
della BPCO più grave di quella dei pazienti ricoverati<br />
in ambiente internistico e ciò non consente di<br />
applicare i metodi statistici per aggiustare i dati (aggiustamento<br />
reso necessario dalla mancata randomizzazione)<br />
nell’analisi multivariata delle risorse consumate e<br />
della sopravvivenza.<br />
QUAL ÈILRUOLO<br />
DELLA MEDICINA INTERNA<br />
NELL’ETEROGENEO MONDO<br />
DELLA BPCO<br />
Come si è accennato, nella medicina del nostro<br />
paese non si è diffusa una cultura clinica respiratoria<br />
sicché essa (tranne poche eccezioni) non ha<br />
un ruolo attivo in questo settore della patologia.<br />
Lo scenario appare assai diverso da quello della geriatria:<br />
lo sviluppo di una medicina respiratoria in<br />
età geriatrica (grande merito dello studio Sa.R.A)<br />
ha contribuito a migliorare ed espandere le nostre<br />
conoscenze sulla BPCO. Non altrettanto ha fatto<br />
la medicina interna; forse perché la geriatria è una<br />
branca più giovane (e come tale più recettiva) e ha<br />
la volontà di affermare la sua identità. A sua volta<br />
la medicina respiratoria dovrebbe fare “di più e<br />
meglio” per catturare l’interesse della medicina interna,<br />
nel superiore interesse del progresso delle<br />
conoscenze. A nostro giudizio, settori nei quali la<br />
medicina interna è culturalmente attrezzata per<br />
fornire potenziali contributi sono quelli della diagnosi<br />
precoce, delle manifestazioni sistemiche, degli<br />
effetti extrarespiratori, della terapia e – di particolare<br />
importanza – quello della stadiazione della<br />
malattia.<br />
CONCLUSIONI<br />
Malattia “internistica” la BPCO lo è; il problema è<br />
farla diventare “malattia degli internisti”.<br />
95
IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />
BIBLIOGRAFIA<br />
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Grassi V (Eds): I quaderni della BPCO. Il volto della<br />
BPCO che cambia. UTET Periodici Scientifici, Milano<br />
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3. Pistelli R, Sammaro S, Giuntini C: Storia naturale e<br />
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Grassi V (Eds): I quaderni della BPCO. Il volto della<br />
BPCO che cambia. UTET Periodici Scientifici, Milano<br />
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and survival. SUPPORT Investigators. Study to Understand<br />
Prognoses and Preferences for Outcomes and<br />
Risks of Treatment. Am J Med 1998; 105:366-372.<br />
La BPCO nel contesto della geriatria<br />
Vincenzo Bellia, Franco Rengo, Salvatore Battaglia<br />
INTRODUZIONE<br />
L’aumento progressivo del numero degli anziani<br />
nella nostra popolazione non è un rilievo recente:<br />
il fenomeno costituisce invece una costante nella<br />
storia dei progressi dell’umanità, in quanto rappresenta<br />
l’indicatore di condizioni di vita mutate in<br />
misura tale da ridurre la mortalità precoce e, per<br />
conseguenza, aumentare la longevità. In atto, in Italia,<br />
gli ultrasessantacinquenni costituiscono oltre il<br />
18% della popolazione e, fatto ancor più rilevante,<br />
già dal 1997 il numero dei soggetti in età superiore<br />
ai 75 anni ha superato quello dei soggetti di età<br />
inferiore ai 15 anni 1 . La criticità che il fenomeno<br />
assume è correlata in modo particolarmente rilevante,<br />
anche se non esclusivo, agli aspetti medici. Il<br />
prolungarsi della vita si accompagna infatti a una<br />
riduzione delle capacità funzionali. Si creano così<br />
le condizioni per la disabilità che spesso esordisce<br />
in modo manifesto in occasione di <strong>malattie</strong>.<br />
Secondo i risultati di un’indagine condotta dalla<br />
Direzione Generale della Programmazione Sanitaria<br />
del Ministero della Salute e pubblicati nel marzo<br />
2003, i soggetti di età pari o superiore a 65 anni<br />
costituiscono una delle più rilevanti fonti di spesa<br />
per il Sistema Sanitario Nazionale: gli anziani<br />
rendono conto del 37% dei ricoveri ospedalieri ordinari<br />
e del 49% delle giornate di degenza e dei<br />
costi relativi. Le <strong>malattie</strong> polmonari croniche<br />
ostruttive si pongono al quarto posto tra i primi 25<br />
aggregati clinici di diagnosi per numero di ricoveri<br />
in regime ordinario, preceduti soltanto da cataratta,<br />
aterosclerosi coronarica e altre <strong>malattie</strong> ischemiche<br />
cardiache, insufficienza cardiaca congestizia.<br />
Questo ruolo rilevante della BPCO nel panorama<br />
dei fabbisogni e dei consumi assistenziali della popolazione<br />
geriatrica non sorprende: come è noto,<br />
le <strong>malattie</strong> broncostruttive croniche sono caratterizzate<br />
da un ben definito carattere evolutivo nel<br />
tempo, che fa sì che le forme più gravi, più spesso<br />
accompagnate da quadri disfunzionali gravi e da insufficienza<br />
respiratoria, si manifestino proprio nelle<br />
decadi relative all’età matura o senile.<br />
Si pone così il problema della gestione del paziente<br />
anziano con BPCO, che spesso necessita non solo<br />
dell’assistenza specialistica pneumologica, ma anche<br />
di un programma ben più ampio di cure integrate<br />
di competenza geriatrica.<br />
GESTIONE DEL PAZIENTE<br />
CON BPCO<br />
IN ETÀ GERIATRICA<br />
Sotto il profilo appena indicato la principale differenza<br />
tra il paziente con BPCO anziano e quello<br />
di età inferiore è relativa agli effetti della malattia<br />
sullo stato generale. Infatti, negli anziani è<br />
possibile un rapido declino dell’autonomia fun-<br />
96
4. MANAGEMENT CLINICO DELLA BPCO<br />
zionale globalmente intesa ed è aumentato il rischio<br />
di scompenso di <strong>malattie</strong> coesistenti e quello<br />
di morte.<br />
Su questa base, uno dei primi obiettivi della gestione<br />
della BPCO è relativo all’identificazione<br />
delle relazioni che la patologia respiratoria intrattiene<br />
con eventuali <strong>malattie</strong> concomitanti. Occorre<br />
infatti definire attraverso quali possibili e reciproche<br />
relazioni le varie patologie potenzino o<br />
modifichino i loro effetti clinici o funzionali, influenzino<br />
la prognosi quoad vitam, alterino le risposte<br />
farmacodinamiche.Soltanto sulla base di una<br />
chiara definizione del quadro delle comorbilità è<br />
possibile scegliere tra le varie opzioni terapeutiche<br />
quelle più idonee a lenire i sintomi, a migliorare la<br />
qualità di vita, a prevenire o limitare gli effetti delle<br />
riacutizzazioni.<br />
Nella gestione complessiva del paziente anziano<br />
con BPCO un ruolo assai importante rivestono anche<br />
le valutazioni della situazione sociale ed economica<br />
e della performance globale. Questo obiettivo<br />
deve essere realizzato tramite strumenti validati,<br />
gli unici in grado di consentire valutazioni standardizzate<br />
e interpretazioni condivisibili. In questa<br />
parte della gestione del paziente è importante assicurare<br />
il mantenimento delle reti di rapporti sociali<br />
specialmente durante le fasi di riacutizzazione della<br />
malattia e di ospedalizzazione.<br />
Di fondamentale importanza è il programma di<br />
mobilitazione, nutrizione e idratazione dei pazienti.<br />
Questo aspetto della gestione, ampiamente diffuso<br />
in geriatria, assume maggiore rilevanza per il<br />
paziente con BPCO in quanto è stato dimostrato<br />
che questa malattia ha una componente sistemica 2<br />
che spesso si accompagna a quadri di indebolimento<br />
muscolare e di malnutrizione fino alla cachessia.<br />
In questa ottica si inquadrano i programmi<br />
di riabilitazione polmonare dell’anziano con broncostruzione.<br />
La riabilitazione polmonare ha lo scopo<br />
di ridurre i sintomi, di aumentare la capacità<br />
funzionale e di migliorare la qualità di vita complessiva.<br />
Il programma riabilitativo deve adattarsi alle<br />
esigenze del paziente anziano e a tal fine dovrebbe<br />
comprendere la fisiochinesiterapia respiratoria,<br />
l’allenamento all’esercizio fisico, l’allenamento<br />
dei muscoli respiratori, l’educazione, il supporto<br />
psicosociale e quello nutrizionale. La prevenzione<br />
del deterioramento muscolare è particolarmente<br />
importante nell’anziano, in quanto in questa categoria<br />
di pazienti si sommano i danni muscolari<br />
direttamente legati alla BPCO 3 con quelli propri<br />
dell’invecchiamento.<br />
L’efficacia di tale approccio non è tuttavia stata ancora<br />
dimostrata attraverso corretti studi caso controllo:<br />
pertanto l’impiego di una tale strategia appare<br />
raccomandabile soltanto sulla base di considerazioni<br />
epidemiologiche e fisiopatologiche 4 .Tuttavia<br />
lo studio HELP, pur se basato su un disegno<br />
“aperto”, ha dimostrato l’efficacia dell’approccio in<br />
questione in una casistica nella quale erano ben rappresentati<br />
i pazienti pneumopatici 5 .<br />
Nel percorso della gestione del paziente anziano<br />
con BPCO un aspetto critico è rappresentato dalle<br />
riacutizzazioni della malattia. Molto spesso tali<br />
pazienti sono assistiti in ospedale, ma frequentemente<br />
il ritorno a casa alla dimissione è difficoltoso.<br />
Al fine di limitare il disagio sono stati proposti<br />
sistemi alternativi di assistenza medica durante le<br />
riacutizzazioni. Uno studio recente, condotto su un<br />
campione di 222 pazienti BPCO riacutizzati di età<br />
media di 71±10 anni, ha indagato se la cosiddetta<br />
ospedalizzazione domiciliare possa dare migliori risultati<br />
rispetto a quella convenzionale 6 .I risultati<br />
dimostrano che con l’ospedalizzazione domiciliare<br />
è possibile ridurre il numero e la frequenza delle<br />
ospedalizzazioni, diminuire il numero degli accessi<br />
in pronto soccorso a breve distanza dalla dimissione<br />
e migliorare la qualità di vita dei pazienti 6 . Sebbene<br />
la casistica dello studio non sia costituita esclusivamente<br />
da anziani, si può ipotizzare che i possibili<br />
benefici di questo tipo di trattamento siano applicabili<br />
con particolare successo in età geriatrica.<br />
Nel programma di gestione non possono essere trascurati<br />
i problemi connessi con il trattamento farmacologico.<br />
Questi riguardano da una parte i rischi<br />
cui l’anziano è più esposto, quale per esempio quello<br />
degli eventi avversi: sotto questo profilo il ruolo<br />
più critico è svolto dalla terapia steroidea che è spesso<br />
necessaria in questi pazienti. In particolare la cataratta,<br />
l’ulcera peptica, il diabete mellito e l’osteoporosi<br />
possono presentarsi con elevata frequenza.<br />
Tuttavia, la problematica certamente più rilevante<br />
riguarda l’aderenza alla terapia prescritta. Infatti, in<br />
un numero imprecisato (ma certamente molto elevato)<br />
di anziani con BPCO si osserva un deficit<br />
della compliance: ciò può essere dovuto a varie cause,<br />
tra cui la presenza di vari gradi di deficit cognitivo<br />
(con perdita delle capacità di attenzione e<br />
di memoria) o la difficoltà riscontrata nell’uso degli<br />
apparecchi per aerosol e nei dispositivi inalatori<br />
predosati; concorrono anche difficoltà prassiche,<br />
spesso banalmente derivanti dalla presenza di artrosi<br />
alle mani. A ogni visita è pertanto necessario<br />
verificare la presenza di condizioni fisiche o co-<br />
97
IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />
gnitive, che possano limitare l’aderenza alla terapia<br />
prescritta.<br />
Il complesso degli elementi di specificità sin qui<br />
brevemente accennati conferisce alla gestione dell’anziano<br />
con BPCO connotati di complessità tale<br />
da rendere necessari particolari adattamenti dei modelli<br />
di processo di erogazione delle cure. Questi<br />
modelli sono diversi se si devono soddisfare le esigenze<br />
di un paziente anziano con monopatologia<br />
cronica, ovvero se questo è anche un paziente di<br />
interesse geriatrico (anziano fragile). Nel secondo<br />
caso è necessaria l’integrazione delle diverse competenze<br />
sanitarie e dei diversi livelli di assistenza<br />
(compreso quello riabilitativo) in un processo di<br />
cura continuativa.<br />
CURA CONTINUATIVA<br />
DELL’ANZIANO CON BPCO<br />
Il sistema della cura continuativa, che attualmente<br />
è accettato da tutte le specialità mediche per assistere<br />
pazienti affetti da patologie croniche dei vari<br />
organi e apparati, sin dagli anni ’50 è stato sviluppato<br />
nel Regno Unito nell’ambito dell’assistenza<br />
geriatrica.<br />
In questo contesto il paziente di interesse si identifica<br />
nel soggetto di età molto avanzata, che presenti<br />
una condizione di BPCO conclamata e sia<br />
sottoposto a polifarmacoterapia per indicazioni anche<br />
diverse dalla BPCO, manifesti disabilità, sia a<br />
rischio di ospedalizzazione o istituzionalizzazione<br />
o viva in uno stato socio-ambientale critico:il complesso<br />
di questi caratteri definisce il paziente “fragile”<br />
7 . Queste condizioni ricorrono più spesso nella<br />
BPCO che in altre patologie croniche, in quanto<br />
nelle sue forme più conclamate la malattia si accompagna<br />
frequentemente a un corteo di fenomeni<br />
paralleli (per esempio lo scompenso cardiaco, l’ipertensione<br />
sistemica o la ridotta tolleranza glucidica<br />
da corticosteroidi, il deficit nutrizionale secondario<br />
ecc.).<br />
Per questa tipologia di pazienti, ancorché in contesti<br />
diversi dalla BPCO, sono stati segnalati i risultati<br />
clinici ottenuti con un sistema assistenziale<br />
integrato, che coinvolge i diversi livelli di cura e le<br />
diverse figure professionali partecipanti al processo<br />
di erogazione della stessa. Il modello, che non ha<br />
per fine la guarigione delle <strong>malattie</strong> ma il recupero<br />
della miglior condizione funzionale possibile,<br />
fonda il risultato soprattutto sulla rete dei Servizi<br />
Geriatrici che comprende strutture diverse, quali<br />
per esempio l’“Unità Geriatrica per Acuti” (UGA),<br />
la “Spedalizzazione Domiciliare” (SD), la “Residenza<br />
Sanitaria Assistenziale” (RSA), l’“Assistenza<br />
Domiciliare Integrata”(ADI);queste strutture,chiamate<br />
in causa nelle diverse situazioni, operano in<br />
stretta connessione con la rete dei Servizi Riabilitativi<br />
(riabilitazione intensiva multispecialistica,<br />
lungodegenza riabilitativa, RSA riabilitativa, ADI<br />
riabilitativa, riabilitazione ambulatoriale). La rete<br />
dei Servizi Geriatrici, l’unica a poter garantire l’assistenza<br />
continuativa, evitando spreco di risorse, come<br />
ogni “sistema a rete” non funziona seguendo<br />
un percorso obbligato ma,in maniera globale e flessibile,<br />
assegnando il paziente al livello più basso di<br />
assistenza adeguato alla sua condizione anatomofunzionale.<br />
Considerata la complessità e la progressività della patologia<br />
broncostruttiva cronica e l’estrema instabilità<br />
che ne deriva, la valutazione e la definizione del<br />
programma terapeutico-riabilitativo del paziente<br />
con BPCO “fragile” devono essere effettuate da<br />
un’équipe multidisciplinare capace di definire la terapia<br />
farmacologica, ma soprattutto di individuare il<br />
percorso assistenziale e l’intervento riabilitativo più<br />
opportuno.Tale équipe è denominata “Unità di Valutazione<br />
Geriatrica” (UVG) ed è costituita da diverse<br />
figure professionali dell’area sanitaria. L’UVG<br />
utilizza strumenti di valutazione multidimensionale<br />
(VMD), capaci nel contempo di definire la salute fisica,<br />
la salute mentale, la condizione socioeconomica<br />
e la situazione ambientale. La VMD consente di<br />
identificare i molteplici problemi del paziente,di valutare<br />
le sue limitazioni e le sue risorse, di definire<br />
le necessità assistenziali. In seguito a tali riscontri<br />
viene coordinato un programma di cura complessiva<br />
per commisurare gli interventi alle necessità 8-10 .<br />
L’esperienza sull’applicazione di queste metodologie<br />
alla BPCO è assai modesta, tuttavia numerose<br />
ricerche, condotte applicando questo modello ad<br />
altri ambiti,hanno confermato che la UVG,la VMD<br />
e la rete dei Servizi Geriatrici sono capaci di ridurre<br />
significativamente la mortalità e il grado di<br />
invalidità 11-13 , oltre che di contenere i costi di gestione<br />
14 .Inoltre,è stato dimostrato che questo è l’unico<br />
modello assistenziale capace di ridurre le istituzionalizzazioni,<br />
di incrementare il numero degli<br />
ultrasettantacinquenni assistiti a domicilio e di ridurre<br />
i ricoveri ospedalieri 15 .<br />
Su questa base i Piani Sanitari Nazionali 1994-<br />
1996, 1998-2000 e 2002-2004 e molti Piani Sanitari<br />
Regionali hanno previsto anche per l’Italia l’a-<br />
98
4. MANAGEMENT CLINICO DELLA BPCO<br />
dozione del modello della cura continuativa geriatrica,<br />
anche se la sua realizzazione non è costante<br />
su tutto il territorio ed è molto carente soprattutto<br />
nelle regioni centro-meridionali.<br />
BIBLIOGRAFIA<br />
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15. Hollander MJ e Pallan P: The British Columbia<br />
Continuing Care system: service delivery and resource<br />
planning. Aging (Milano) 1995; 7:94-109.<br />
99
I QUADERNI DELLA BPCO<br />
5. Ruolo del medico di medicina<br />
generale nella gestione della BPCO<br />
Introduzione<br />
Germano Bettoncelli<br />
Non è facile definire cosa rappresenti oggi la<br />
BPCO nella pratica quotidiana del medico di<br />
medicina generale (MMG) e se, effettivamente, dal<br />
suo particolare osservatorio, egli verifichi, come la<br />
letteratura scientifica riporta, che vi è un aumento<br />
di mortalità e che cresce la domanda di assistenza da<br />
parte dei suoi pazienti 1 . Certamente egli avverte che<br />
su questo settore si fa sempre più insistente l’attenzione<br />
degli amministratori sanitari, preoccupati per<br />
il lievitare di una spesa che cresce sia per il consumo<br />
di farmaci sia, soprattutto, per l’aumento dei ricoveri<br />
ospedalieri. Paradossalmente, nonostante questi<br />
dati allarmanti, vi è una diffusa sensazione che<br />
l’attenzione nei confronti della BPCO sia ancora<br />
troppo scarsa da parte dei medici, in particolare dei<br />
MMG. Sembra cioè che, a fronte della rilevanza che<br />
sotto molteplici aspetti il problema della BPCO riveste,<br />
il processo delle cure erogate a questi pazienti<br />
presenti ancora degli standard troppo bassi, rispetto<br />
a quanto le conoscenze e i mezzi di cui oggi disponiamo<br />
potrebbero consentire. Le cause di questo<br />
comportamento possono essere molteplici: un difetto<br />
nella preparazione culturale dei medici, la scarsa<br />
accessibilità agli strumenti e ai servizi diagnostici, la<br />
difficoltà di comunicazione tra medici specialisti e<br />
medici di famiglia, ma anche una sorta di rassegnazione<br />
nel considerare ineluttabile il declino del paziente<br />
a fronte di noxae, quali il fumo (responsabile<br />
dell’85-90% dei casi) o l’inquinamento dell’aria, verso<br />
le quali il medico ritiene il proprio intervento<br />
scarsamente efficace 2 . In particolare, due aspetti possono<br />
giocare un ruolo determinante nell’indurre la<br />
sottostima della BPCO in medicina generale: la lentezza<br />
con cui affiorano le manifestazioni cliniche,<br />
che consente al paziente di assuefarsi alla malattia (la<br />
BPCO normalmente diviene sintomatica verso la<br />
quinta-sesta decade di vita) inducendolo a sottovalutarne<br />
l’effettivo impatto sulla salute e la non abitudine<br />
da parte del medico a effettuare indagini di<br />
funzionalità respiratoria, sottoponendo a regolari accertamenti<br />
coloro che presentano fattori di rischio.<br />
Quest’ultimo aspetto assume un ruolo decisivo nel<br />
determinare il ritardo diagnostico cui vanno incontro<br />
molti pazienti e nell’impedire una corretta stadiazione<br />
di gravità della malattia.<br />
In sostanza si può affermare che, nel settore della<br />
medicina generale, non esiste ancora una sufficiente<br />
sensibilizzazione al problema delle patologie<br />
ostruttive respiratorie e della BPCO in particolare,<br />
o per lo meno non si registra un’attenzione paragonabile<br />
a quella abitualmente riservata ad altre<br />
condizioni di altrettanto rilevante impatto sociosanitario,<br />
quali per esempio le <strong>malattie</strong> cardiovascolari.<br />
D’altra parte, la necessità di controllare più efficacemente<br />
fenomeni di così vasta portata non può<br />
prescindere dal coinvolgimento attivo del medico<br />
generale, il cui ruolo deve sapersi correttamente integrare<br />
con quello degli altri operatori sanitari.<br />
BIBLIOGRAFIA<br />
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2. Vermeire P:The burden of chronic obstructive pulmonary<br />
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101
IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />
L’approccio diagnostico<br />
Antonio Gerace<br />
La BPCO deve, in primo luogo, essere correttamente<br />
diagnosticata. Questo è necessario perché<br />
si avvii quel processo di contenimento cui si<br />
deve puntare, per evitare o, almeno, attenuare gli effetti<br />
devastanti che le proiezioni epidemiologiche<br />
preannunciano.<br />
In uno scenario assistenziale nel quale i farmaci in<br />
nostro possesso risultano poco efficaci nel condizionare<br />
la storia naturale e quindi l’evoluzione della malattia,<br />
è evidente come sia necessario intervenire attraverso<br />
un approccio globale, definendo un percorso<br />
assistenziale completo, che partendo da momenti<br />
di prevenzione, educazione sanitaria e counselling, attraversi<br />
tutti gli stadi della malattia, secondo i criteri<br />
codificati nell’ambito di linee guida accreditate 1,2 .<br />
In verità, l’approccio attuale sembra caratterizzato<br />
da numerosi fattori limitanti:<br />
● la BPCO è in larga parte legata a comportamenti<br />
individuali (fumo) o ambientali (inquinamento)<br />
su cui è difficile intervenire;<br />
● la conoscenza delle caratteristiche tipiche della<br />
malattia e dei fattori di rischio impone al MMG<br />
un’attenta “raccolta dati” secondo il criterio del<br />
“minimum data set”, preferibilmente non riferito<br />
solo alla BPCO, quant’anche agli elementi chiave<br />
che caratterizzano le <strong>malattie</strong> a più alto impatto<br />
sociosanitario;<br />
● relativamente all’approccio al paziente a rischio,<br />
così come a quello già affetto da BPCO, disponiamo<br />
di vaste conoscenze, purtroppo a tutt’oggi<br />
ancora in buona parte disattese. Semplici elementi<br />
che rientrano nell’ambito della fase osservazionale<br />
(tosse,dispnea,espettorazione,esposizione a fattori<br />
di rischio) dovrebbero rappresentare informazioni<br />
sufficienti per attivare il reclutamento del<br />
paziente nel senso di una valutazione clinica più<br />
approfondita, comprensiva di esame spirometrico<br />
(gold standard supportato da evidenze “A”);<br />
● il MMG dovrebbe essere formato in maniera<br />
specifica alla gestione delle patologie da dipendenza,<br />
potendo così sfruttare al massimo la sua<br />
posizione di conoscitore del paziente, del contesto<br />
lavorativo e familiare, oltre all’opportunità<br />
di una continuità assistenziale improponibile in<br />
altri ambienti sanitari;<br />
●<br />
●<br />
la diagnosi, molto spesso, viene posta in stadio<br />
avanzato, allorquando il paziente già necessita di<br />
interventi sanitari complessi a causa di un danno<br />
anatomopatologico di grado significativo, nel<br />
mentre i meccanismi che sottendono la “dipendenza<br />
tabagica” risultano già consolidati e sui<br />
quali è più difficile intervenire;<br />
è necessario che maturi un’elevata professionalità<br />
oltre a un congruo livello di competenza<br />
scientifica soprattutto per quanto riferibile alle<br />
capacità organizzative (management) e all’ integrazione<br />
professionale nel senso di una chiara<br />
definizione di ruoli in un percorso assistenziale<br />
globale, anche al fine di evitare sovrapposizioni<br />
e inutili ripetizioni di interventi.<br />
Un discreto grado di demotivazione, mista a scetticismo,<br />
accompagna gli operatori sanitari, allorquando<br />
si propongono momenti di consenso aventi per<br />
obiettivo strategie di prevenzione per la BPCO.<br />
Esiste il falso convincimento che la patologia bronchiale<br />
sia in buona parte una condizione auto-inflitta,su<br />
cui sia difficile intervenire proprio in quanto<br />
il paziente risulterebbe il principale e consapevole<br />
protagonista del proprio danno.<br />
Pur nel convincimento che il fumo di tabacco non<br />
costituisca l’unico fattore di rischio coinvolto nella<br />
patogenesi della BPCO 3 , esso stesso, indubbiamente,<br />
risulta quello meglio studiato e rappresenta,<br />
insieme all’inquinamento ambientale e lavorativo,<br />
un set di facile riscontro e acquisizione per il<br />
MMG.<br />
Le incertezze che traspaiono dalle evidenze scientifiche<br />
circa il ruolo dei vari fattori di rischio e/o<br />
la loro possibile combinazione nell’innesco del danno<br />
bronchiale devono tradursi in atti di concretezza,<br />
attuando strategie e interventi mirati se non altro<br />
verso quelle condizioni note, sulle quali è possibile<br />
proporre e apportare modifiche:<br />
● igiene ambientale;<br />
● interventi sullo stile di vita;<br />
● osservazione/prevenzione generica su possibili<br />
patologie broncopolmonari;<br />
● interventi sullo stato socioeconomico.<br />
102
5. RUOLO DEL MEDICO DI MEDICINA GENERALE NELLA GESTIONE DELLA BPCO<br />
Popolazione generale<br />
Dati (MMG)<br />
Tabella 5.1<br />
Indicatori chiave per la diagnosi di BPCO<br />
Anamnesi positiva per esposizione a fattori di rischio<br />
Tosse cronica<br />
Produzione di escreato<br />
Dispnea da sforzo e/o a riposo<br />
VEMS/CV% predetto<br />
Analisi e catalogazione<br />
Stima e predisposizione<br />
interventi<br />
Figura 5.1<br />
Modello gestionale della maggior parte delle <strong>malattie</strong> ad alto impatto<br />
sanitario e sociale.<br />
Sempre più spesso il MMG viene posto al “centro”<br />
del processo assistenziale proprio in quanto ritenuto<br />
unico depositario della globalità psico-socio-sanitaria<br />
dei propri assistiti.<br />
È tempo che la medicina generale dimostri consapevolezza,<br />
relativamente a tale posizione di centralità<br />
nel sistema di cure, predisponendo modelli di<br />
acquisizione e gestione di dati strutturati secondo<br />
criteri di alta scientificità e quindi di notevole valore<br />
epidemiologico e strategico 4 .<br />
Una sequenza logica e,nel contempo,semplice quale<br />
quella proposta nella figura 5.1 può costituire un<br />
modello gestionale generico e quindi proponibile,<br />
in linea generale, alla maggior parte delle <strong>malattie</strong><br />
oggi ritenute ad alto impatto sanitario e sociale.<br />
I dati inerenti la BPCO, di facile acquisizione da<br />
parte del MMG,selezionati secondo criteri sui quali<br />
esiste consenso, pur non costituendo elementi patognomonici<br />
esclusivi, rappresentano indicatori di<br />
probabilità tanto più verosimili quanto più coesistenti<br />
nello stesso individuo.<br />
L’approccio al problema, in accordo con gli indicatori<br />
espressi nella tabella 5.1,presuppone una preliminare<br />
acquisizione dei dati su cui intervenire,anche<br />
in momenti diversi da quelli dedicati alla visita<br />
medica (gestione degli archivi per una medicina<br />
d’iniziativa), ferma restando la validità degli stessi<br />
indicatori, in occasione di rapporto diretto con il<br />
paziente (medicina di opportunità).<br />
L’elemento chiave responsabile della difficoltà di<br />
approccio, soprattutto al paziente a rischio, sembra<br />
essere, da un lato, la mancanza di dati specifici scrupolosamente<br />
archiviati, relativi a ogni paziente e,<br />
dall’altro, una certa “disattenzione” agli indicatori di<br />
rischio anche allorquando essi stessi appaiono evidenti<br />
in corso di contatto medico (anche per altre<br />
cause).<br />
Esiste una carenza formativa specifica, relativamente<br />
all’osservazione, all’analisi e all’approccio al problema.<br />
Per contro, il bagaglio culturale inerente la<br />
BPCO, in tutte le sue sfaccettature (eziopatogenesi,<br />
fisiopatologia, terapia) sembra sufficientemente<br />
distribuito e acquisito dalla classe medica.<br />
Si verifica, di fatto, una discrepanza fra lo stato delle<br />
conoscenze e quello delle competenze, una grossa<br />
difficoltà affinché lo stato delle conoscenze possa<br />
trovare concreta opportunità di applicazione nella<br />
pratica clinica quotidiana.<br />
La gestione del “problema BPCO”, soprattutto riferita<br />
agli “stadi preclinici”, presuppone, per il medico,<br />
alcune condizioni di base essenziali (tabella<br />
5.2).<br />
La motivazione nasce dal convincimento del forte<br />
impatto sanitario e sociale della malattia, oltre<br />
che dalla fiducia riposta nel proprio operato e dalla<br />
consapevolezza delle ricadute positive di ogni<br />
intervento.<br />
Tali presupposti sono destinati a maturare e rinforzarsi,<br />
in ragione del livello di formazione specifica<br />
cui il medico spontaneamente accede. Molti medici,<br />
infatti, dichiarano scarsa fiducia nell’efficacia<br />
dei propri interventi sia per mancanza di tempo, di<br />
formazione specifica (che fra l’altro li rende ignari<br />
circa la potenzialità educazionale insita nel proprio<br />
Tabella 5.2<br />
Condizioni di base essenziali per il medico nella<br />
gestione del “problema BPCO”<br />
Motivazione<br />
Formazione specifica<br />
Disponibilità di tempo<br />
Pianificazione di una serie di interventi<br />
Strumenti per migliorarne l’efficacia<br />
Strumenti di valutazione<br />
103
IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />
●<br />
ruolo),di strumenti specifici atti a migliorare la qualità<br />
dell’intervento e quindi l’efficacia dello stesso.<br />
L’arte del counselling, per esempio, non può essere<br />
paragonata ad alcuna altra performance basata sull’improvvisazione,<br />
su presunte capacità relazionali<br />
personali, su tentativi educazionali fondati sul terrore<br />
della malattia.<br />
Indurre cambiamenti comportamentali così delicati<br />
e quindi difficili è più spesso il risultato di una<br />
lenta e costante opera di convincimento (counselling),<br />
un percorso che dal dubbio→resistenza→<br />
scetticismo passa progressivamente attraverso stadi<br />
di consapevolezza→necessità→fiducia.<br />
Molti medici, inoltre, fumano anche in presenza dei<br />
pazienti, perciò la loro immagine professionale è<br />
poco credibile in un contesto educazionale finalizzato<br />
all’abolizione del fumo.<br />
Alcuni dati certi, sui quali è necessario riflettere,<br />
anche nel senso di una sicura base statistica utile<br />
per proposte operative, sono:<br />
● l’interruzione dell’abitudine tabagica, in molte<br />
persone, rappresenta l’unica reale soluzione per<br />
prevenire o ridurre il rischio di sviluppare una<br />
BPCO ovvero arrestarne o ritardarne la progressione<br />
(Evidenza A);<br />
● una stragrande maggioranza di fumatori desidera<br />
smettere, mentre solo un terzo di essi ha effettivamente<br />
provato a smettere e fra questi esiste<br />
un’alta percentuale di ricaduta;<br />
● anche brevi periodi di counselling finalizzati all’interruzione<br />
dell’abitudine tabagica esitano in<br />
risultati positivi in percentuali non trascurabili<br />
(5-10%) e le percentuali aumentano per periodi<br />
più lunghi e, ancor di più, fino al 30% se accompagnati<br />
(ove possibile) a trattamento farmacologico<br />
aggiuntivo e supporto psicologico;<br />
l’astensione tabagica porta comunque a benefici,<br />
proporzionalmente al tempo di sospensione<br />
del fumo, per cui i tentativi di counselling antifumo<br />
andrebbero sempre attivati.<br />
La figura 5.2, noto diagramma di Fletcher e Peto 5 ,<br />
esprime il rapporto esistente fra esposizione al fumo<br />
e aspettative di vita in alcuni soggetti fumatori<br />
sottoposti a periodici controlli.<br />
Un ruolo dunque, quello del MMG, che può pertanto<br />
meritare una posizione di centralità solo allorquando<br />
siano soddisfatti alcuni criteri essenziali.<br />
Il MMG deve essere un attento osservatore epidemiologico,<br />
e ciò a conferma di un ruolo strategico<br />
che, per la sua capillare distribuzione, difficilmente<br />
risulta attribuibile ad altri professionisti.Tale<br />
ruolo deve rappresentare il risultato di percorsi formativi<br />
specifici atti a potenziare le capacità osservazionali,<br />
di acquisizione dati e di utilizzo degli stessi<br />
secondo percorsi scientificamente validati (linee<br />
guida) e pertanto di sicura efficacia.<br />
Anche il fattore “tempo” risulta elemento fondamentale<br />
proprio in quanto appare evidente come<br />
“tempi dedicati” siano indispensabili per gestire percorsi<br />
assistenziali particolarmente impegnativi.Momenti<br />
di counselling non possono far parte della frenetica<br />
attività quotidiana.<br />
Interventi e strumenti per produrre e valutare l’efficacia<br />
della propria performance si identificano essenzialmente<br />
nell’utilizzo di strumenti informatici<br />
che, a seguito di una corretta acquisizione dei dati,<br />
consentano:<br />
FEV 1 (% valore iniziale)<br />
100<br />
Non fumatori<br />
Fumatori poco<br />
suscettibili ai danni<br />
75<br />
Fumatori<br />
suscettibili<br />
ai danni<br />
Sospensione<br />
del fumo<br />
50<br />
Disabilità<br />
Sospensione<br />
del fumo<br />
Figura 5.2<br />
Diagramma di Fletcher e Peto che esprime<br />
il rapporto esistente fra esposizione<br />
al fumo e aspettative di vita in alcuni<br />
soggetti fumatori sottoposti a periodici<br />
controlli.<br />
25<br />
Morte<br />
0<br />
25 50<br />
75 Età (anni)<br />
104
5. RUOLO DEL MEDICO DI MEDICINA GENERALE NELLA GESTIONE DELLA BPCO<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
l’interrogazione degli archivi sulla base delle codifiche<br />
ICD IX relative a patologia bronchiale;<br />
il confronto dei valori di prevalenza rispetto a<br />
quelli attesi, provenienti dalla letteratura internazionale<br />
e nazionale;<br />
la verifica dell’applicazione dei protocolli diagnostici<br />
previsti (per esempio, quanti pazienti<br />
diagnosticati BPCO hanno effettuato un esame<br />
spirometrico);<br />
la verifica dell’applicazione dei protocolli terapeutici<br />
e della compliance (per esempio,quanti pazienti<br />
diagnosticati BPCO sono in trattamento<br />
continuativo secondo le linee guida);<br />
la verifica dei risultati, quali per esempio il miglioramento<br />
o la stabilizzazione del FEV 1 ovvero<br />
il numero di accessi al pronto soccorso, a ricoveri,<br />
numero ed entità delle riacutizzazioni, il<br />
ricorso a specialisti.<br />
Pertanto, solo in un contesto di profondo rimodellamento<br />
dell’organizzazione dello studio possono<br />
finalmente essere attribuiti al MMG ruoli di efficace<br />
filtro per intercettare molte patologie tutt’oggi<br />
ancora sottodiagnosticate.<br />
Su tali basi appare più verosimile avvicinarsi alla delicata<br />
fase di approccio al paziente a rischio, ovvero<br />
già BPCO, avanzando un’ipotesi diagnostica e<br />
cercando di soddisfare tutti i criteri necessari (peraltro<br />
contemplati nelle linee guida), sia per formulare<br />
una corretta diagnosi, sia per collocare il paziente<br />
nel relativo stadio di malattia.<br />
La conoscenza dei fattori di rischio, della patogenesi<br />
e della fisiopatologia della BPCO avrebbero poco<br />
valore, se non trovassero riscontro pratico nella possibilità<br />
di attribuire un livello di gravità alla malattia<br />
secondo i criteri concordati nell’ambito delle Linee<br />
Guida Europee 2 , esenti dai limiti delle Linee Guida<br />
GOLD 1-6-7 ,consentendo ai medici di approcciare alla<br />
stessa con strategie d’intervento congrue.<br />
Diagnosticare un paziente utilizzando solo il termine<br />
“BPCO” equivale ad attribuirgli una condizione<br />
patologica incompleta, come significato clinico,<br />
con il grosso limite di non tenere in giusta<br />
considerazione il quadro funzionale in cui tale malattia<br />
si presenta e precludendo, pertanto, non solo<br />
l’opportunità di interventi mirati quant’anche quella<br />
di esprimere un giudizio prognostico affidabile.<br />
È noto, infatti, come la presenza di tosse cronica ed<br />
espettorazione non sempre coincidano con uno stato<br />
di cronica bronco-ostruzione.<br />
In tali casi,sempre valutando il contesto clinico globale<br />
del paziente e la presenza di uno o più indicatori<br />
di rischio, così come eventuali comorbilità,<br />
risulta sempre opportuna una valutazione spirometrica,<br />
tanto più utile quanto più precoce.<br />
Le esperienze cliniche hanno messo infatti in rilievo<br />
come sia di enorme importanza una diagnosi<br />
precoce proprio in quanto l’atteggiamento terapeutico<br />
cambia profondamente offrendo prospettive<br />
prognostiche completamente diverse.<br />
Gestire un paziente nei primi stadi (riuscendo in<br />
particolare ad allontanarlo dai fattori di rischio)<br />
può comportare una restitutio ad integrum che può<br />
giungere al ripristino di condizioni molto vicine<br />
alla normalità, riallineando cioè il margine di rischio<br />
a quello della popolazione generale a parità<br />
di sesso, età ecc.<br />
La valutazione spirometrica rappresenta il gold standard<br />
diagnostico proprio in quanto consente il riscontro<br />
dell’ostruzione bronchiale (deficit ventilatorio<br />
in fase espiratoria), della sua entità, nonché della sede<br />
di prevalenza (FEF 25-50-75).<br />
Oltre al notevole valore diagnostico, la spirometria<br />
rappresenta lo strumento ideale per il monitoraggio<br />
della malattia, eventualmente confortata, negli<br />
stadi più avanzati, da emogasanalisi (EGA), elettrocardiogramma,<br />
Rx torace.<br />
È tempo che la medicina generale, come anche altri<br />
ambienti specialistici, sulla scorta delle evidenze<br />
su descritte, ricorrano con maggiore frequenza a<br />
tale procedura diagnostica, riconoscendole la giusta<br />
importanza tra le procedure diagnostiche di<br />
quotidiano utilizzo.<br />
Circa la possibilità di effettuare l’esame spirometrico<br />
direttamente presso l’ambulatorio di medicina<br />
generale, attualmente non esistono prove concrete<br />
di fattibilità e attendibilità.<br />
Esistono MMG opportunamente formati e con<br />
un’organizzazione di studio in grado di consentire<br />
tale attività: essi andrebbero opportunamente incentivati,<br />
anche al fine di costruire un modello pilota,<br />
esportabile nell’ambito delle attività di screening<br />
dei soggetti a rischio.<br />
Il “management della BPCO” dovrebbe dunque essere<br />
inteso, alla stregua di altre patologie croniche,<br />
come un “percorso assistenziale complesso” nella<br />
cui dinamica intervengono diversi protagonisti di<br />
volta in volta necessari per ruolo specifico 8,9 .<br />
La definizione di compiti e ruoli rappresenta la base<br />
operativa che caratterizza l’interdisciplinarità, la<br />
complementarietà, la non sovrapposizione o duplicazione<br />
di interventi.<br />
Il ruolo del MMG, in tal senso insostituibile, si<br />
estrinseca al meglio nelle fasi di individuazione dei<br />
105
IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />
Individuazione<br />
Follow-up<br />
Diagnosi - Stadiazione<br />
Terapia<br />
Figura 5.3<br />
Modalità d’intervento tempestivo.<br />
Counselling – Sostegno psicologico<br />
soggetti a rischio, nel counselling e nel supporto psicofarmacologico<br />
durante le fasi di astensione dal<br />
fumo così come nella verifica della compliance del<br />
paziente ai programmi terapeutici proposti.<br />
Le competenze della medicina generale per il vero<br />
risultano trasversalmente più estese a tutti gli stadi<br />
della malattia, offrendosi quale osservatorio privilegiato<br />
lungo tutto il lento decorso della malattia.<br />
Intervenire tempestivamente su segnali di aggravamento<br />
o di riacutizzazione può contribuire a prevenire<br />
le stesse o comunque ad attenuarne l’impatto<br />
in caso di ricovero (figura 5.3).<br />
Mantenere contatti con l’équipe pneumologica garantisce<br />
al paziente una “dimissione protetta” e una<br />
reale integrazione assistenziale 10 , interagendo su un<br />
piano di trattamento discusso e condiviso sia in termini<br />
qualitativi sia riguardo i criteri di concreta fattibilità<br />
domiciliare.<br />
BIBLIOGRAFIA<br />
<strong>1.</strong> Global Iniziative for Chronic Obstructive Lung Disease<br />
(GOLD): A collaborative project of the National<br />
Health and Blood Institute, NHI And the<br />
World Health Organizzation.<br />
2. ERS:Consensus Statement:Optimal assessment and<br />
management of chronic obstructive pulmonary disease<br />
(COPD). Eur Respir J 1995; 8:1398-1420.<br />
3. Buist AS e Wollmer WM: Smoking and other risk<br />
factors. In Murray JF, Nadel JA (Eds): Textbook of<br />
Respiratory Medicine. B Philadelphia: WB Saunders<br />
Co, 1994.<br />
4. Van den Boom G, van Schayck CP, van Mollen MP<br />
et al: Active detection of chronic obstructive pulmonary<br />
disease and asthma in the general population.<br />
Results and economic consequences of the<br />
DIMCA program. Am J Respir Crit Care Med<br />
1998; 158:1730-1738.<br />
5. Fletcher C e Peto R:The natural history of chronic<br />
airflow obstruction. Br Med J 1977; 1:1645-1648.<br />
6. Hardie JA,Buist AS,Vollmer WM et al:Risk of overdiagnosis<br />
of COPD in asymptomatic elderly neversmokers.<br />
Eur Respir J 2002; 20:1117-1122.<br />
7. Vestbo J e Lange P: Can GOLD Stage O provide<br />
information of prognostic value in chronic obstructive<br />
pulmonary disese Am J Respir Crit Care<br />
Med 2002; 166:329-332.<br />
8. American Thoracic Society: Standards for the diagnosis<br />
and care of patients with chronic obstructive<br />
pulmonary disease.Am J Respir Crit Care Med 1995.<br />
9. Disease Management Pacini editore 2001 “La Broncopneumopatia<br />
Cronica Ostruttiva”. Bettoncelli G,<br />
Corbetta L.<br />
10. Solfrini V, Altini M et al: La gestione della BPCO:<br />
un modello organizzativo di integrazione ospedaleterritorio.<br />
Ricerca e Sanità 2000; 1:3.<br />
Il disease management della BPCO<br />
Saffi-Ettore Giustini<br />
Gli obiettivi possibili per il MMG sono 1 :<br />
● aumentare il numero dei pazienti che cessano di<br />
fumare;<br />
● diminuire il numero di quanti iniziano;<br />
● ridurre la dipendenza;<br />
● diminuire le ricadute.<br />
L’obiettivo ideale per ogni MMG è certamente la<br />
prevenzione della malattia e del suo evolversi, ma<br />
nelle fasi di malattia conclamata compito del MMG<br />
è di integrare i propri sforzi con lo/gli specialista/i,<br />
allo scopo di rallentare la progressione dell’insufficienza<br />
respiratoria 2,3 .<br />
106
5. RUOLO DEL MEDICO DI MEDICINA GENERALE NELLA GESTIONE DELLA BPCO<br />
Dobbiamo tenere presente che spesso il MMG deve<br />
trattare un paziente con BPCO affetto da altre<br />
patologie e questo pone il problema di un’accurata<br />
selezione del regime terapeutico da instaurare o<br />
da mantenere.<br />
Una gestione integrata che sia efficace per il paziente<br />
con BPCO ha alcuni obiettivi, fra i quali:<br />
● prevenzione dell’evoluzione;<br />
● miglioramento della sintomatologia;<br />
● mantenimento della tolleranza allo sforzo;<br />
● miglioramento della qualità di vita;<br />
● prevenzione e trattamento delle complicanze;<br />
● prevenzione e trattamento delle riacutizzazioni.<br />
LA “GESTIONE INTEGRATA”<br />
In un moderno approccio al paziente è necessario<br />
un cambiamento culturale dei rapporti fra medico<br />
di famiglia e specialista, visto nella sua “qualità” di<br />
consulente.<br />
Una gestione integrata non dovrà, infatti, essere basata<br />
sul solo aspetto diagnostico terapeutico, ma dovrà<br />
essere completata da un’opera comune di informazione-formazione<br />
dei pazienti e più in generale<br />
della collettività nel suo complesso che sia<br />
“uniforme nel contenuto dei messaggi”. Dovrà tenere<br />
conto di un necessario monitoraggio periodico<br />
della popolazione a rischio, per consentire un<br />
miglior controllo della malattia stessa e un’efficace<br />
opera di prevenzione 4 .<br />
Una gestione integrata produrrà non solo un miglioramento<br />
complessivo della qualità dei servizi,<br />
ma anche una razionalizzazione della spesa complessiva<br />
con l’attribuzione di ogni singolo intervento<br />
al MMG o allo specialista, evitando la duplicazione<br />
degli interventi o la scelta di interventi<br />
di scarsa efficacia.<br />
Il concetto di “disease management” si basa sulla considerazione<br />
che i pazienti sono persone e l’assetto<br />
organizzativo è focalizzato nella domanda: il cittadino<br />
e i suoi bisogni al centro di tutto il sistema<br />
delle “cure”.<br />
Un processo tradizionale di gestione delle <strong>malattie</strong><br />
implica che per la stessa patologia il paziente si debba<br />
rivolgere a diverse componenti del sistema assistenziale<br />
ricevendo singoli interventi in modo<br />
frammentato.<br />
Il disease management costituisce invece una metodologia<br />
finalizzata alla gestione dell’intero percorso in<br />
cui si sviluppa una malattia e rivolta quindi a: prevenire,<br />
diagnosticare, curare la malattia e riabilitare il<br />
malato; migliorare la qualità delle cure erogate; migliorare<br />
la qualità della vita del paziente; ridurre il livello<br />
complessivo dei costi dell’intervento sanitario 5 .<br />
Secondo un’accettata definizione il disease management<br />
è:<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
“un sistema rivolto alla tutela della salute…” (in<br />
termini di prevenzione, diagnosi, cura, riabilitazione);<br />
“…integrato, che necessita di cooperazione e il<br />
coordinamento tra i diversi protagonisti del continuum<br />
salute-malattia”…;<br />
“…fondato sulla raccolta, condivisione e applicazione<br />
di informazioni…”;<br />
“…con l’obiettivo finale di migliorare la qualità<br />
delle cure…”;<br />
“… e con l’obiettivo finale di ridurre i costi…”;<br />
“…per una specifica patologia”.<br />
INTEGRAZIONE<br />
DELLE DIVERSE STRUTTURE<br />
E DEI DIVERSI SERVIZI<br />
Una delle caratteristiche fondamentali del disease<br />
management consiste quindi nella necessità di integrare<br />
l’attività delle diverse strutture e dei diversi<br />
servizi. Questo processo consiste nell’identificazione<br />
del contributo di ciascuna componente del servizio<br />
sanitario (shared care o cura condivisa).<br />
L’eliminazione dei procedimenti non necessari (per<br />
esempio dei doppioni di cura) può contribuire a:<br />
● migliorare la qualità della vita del paziente;<br />
● migliorare il contenimento dei costi.<br />
CONDIVISIONE<br />
DELLE INFORMAZIONI<br />
TRA I VARI ATTORI<br />
Elemento di base del disease management è la conoscenza<br />
della storia naturale della malattia, al fine<br />
di considerare la possibilità di misurarne il decorso<br />
in senso favorevole con interventi di tipo preventivo,<br />
diagnostico, terapeutico e riabilitativo.<br />
Un sistema informativo sanitario rappresenta un insieme<br />
di processi e tecnologie che dovrebbero connettere<br />
tutti gli attori coinvolti nella catena di erogazione<br />
di prestazioni sanitarie.<br />
Tuttavia oggi, purtroppo, questo non accade o è<br />
molto raro.<br />
107
IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />
Un sistema informativo trasversale ai fornitori di<br />
servizi e ai gestori della tutela della salute e che leghi<br />
tutti i punti di accesso alla fruizione dei servizi<br />
costituirebbe uno strumento indispensabile per<br />
la definizione e per il perfezionamento delle linee<br />
guida che sono alla base dei percorsi assistenziali di<br />
prevenzione, diagnosi e terapia.<br />
In tal senso sono importanti dimensioni della valutazione<br />
dei processi impiegati nel disease management:<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
la valutazione dei risultati degli interventi sanitari<br />
ottenuta attraverso indicatori;<br />
le misure farmacoeconomiche;<br />
le informazioni tratte dalla farmacoepidemiologia;<br />
le informazioni che ci provengono dall’epidemiologia.<br />
Le informazioni devono essere inoltre condivise da<br />
parte di tutti gli attori del processo assistenziale in<br />
quanto tutti hanno necessità di conoscere ciò che<br />
accade e di sentirsi coinvolti nel perseguimento degli<br />
stessi obiettivi di salute.<br />
Gli attori sono: i pazienti; gli acquirenti dei servizi<br />
(organizzazioni sanitarie pubbliche o private); i<br />
fornitori dei servizi o providers (medici, paramedici,<br />
personale di supporto).<br />
BENEFICI CLINICI<br />
E ORGANIZZATIVI DI UN<br />
PERCORSO ASSISTENZIALE<br />
DIAGNOSTICO E TERAPEUTICO<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
Riduzione della variabilità nella pratica sanitaria.<br />
Aumento della comunicazione e della collaborazione<br />
tra gli operatori.<br />
Eliminazione dei punti di frammentazione del<br />
sistema assistenziale.<br />
Riduzione di duplicazioni diagnostiche.<br />
Minori complicazioni.<br />
Riduzione della degenza ospedaliera.<br />
Migliore controllo del rischio clinico.<br />
Maggiore appropriatezza dei trattamenti.<br />
Maggiore comprensione e soddisfazione del malato.<br />
Maggiore recupero dell’autonomia del paziente.<br />
La tabella 5.3 illustra in maniera sintetica le fasi e<br />
gli indicatori di processo che possono essere messi<br />
in atto per monitorare il miglioramento dei benefici<br />
di un percorso assistenziale 5 , questo alla luce<br />
anche dell’articolo 72 del nostro contratto di lavoro<br />
(Battagia, Giustini 2000) sinteticamente riportato<br />
nella tabella 5.4.<br />
RUOLO DEL MMG<br />
Può svolgere attività di educazione sanitaria sulla<br />
popolazione generale nei confronti dei fattori di rischio<br />
soprattutto dell’abitudine tabagica e dell’inquinamento<br />
ambientale.<br />
Può individuare nella propria popolazione assistita<br />
i pazienti fumatori: attraverso la cartella clinica<br />
informatizzata orientata per problemi; il MMG è<br />
in grado di stabilire il “peso” dei suoi assistiti fumatori,<br />
dei fumatori con segni e sintomi iniziali di<br />
bronchite cronica, dei fumatori con comorbidità.<br />
È in grado di attuare, nei riguardi dei suddetti fumatori,<br />
opera di counselling, di informazione e, se lo<br />
ritiene necessario, di trattamento farmacologico individuale,<br />
al fine di promuovere nei medesimi la<br />
cessazione dal fumo.<br />
È in grado di mettere in atto un follow-up delle azioni<br />
individuali intraprese e individua i pazienti “nonresponders”a<br />
questo tipo di approccio 4 .<br />
Da un punto di vista clinico il MMG:<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
formula il sospetto diagnostico di BPCO;<br />
effettua un corretto inquadramento diagnostico<br />
con l’ausilio dello specialista pneumologo;<br />
valuta il livello di gravità di BPCO con l’ausilio<br />
dello specialista pneumologo;<br />
imposta una corretta terapia, tenendo conto della<br />
complessità del paziente e dei punti di forza<br />
e di debolezza forniti dalla famiglia;<br />
sorveglia gli effetti collaterali della terapia specifica<br />
e le interferenze con altre eventuali terapie<br />
in corso;<br />
educa il paziente alla corretta tecnica inalatoria;<br />
educa il paziente alla registrazione dei sintomi;<br />
enfatizza la necessità di eseguire periodici controlli;<br />
attiva la consulenza dello specialista in casi particolari<br />
e concordati 4 .<br />
STRUMENTI DI GESTIONE<br />
Un progetto di medicina d’iniziativa 6 rivolto alla<br />
gestione del paziente “con malattia infiammatoria<br />
cronica broncostruttiva”, attraverso una collabora-<br />
108
5. RUOLO DEL MEDICO DI MEDICINA GENERALE NELLA GESTIONE DELLA BPCO<br />
Tabella 5.3<br />
Indicatori di processo riferiti al bacino di utenza di un MMG o di un gruppo di MMG sul quale si intende applicare un sistema<br />
di budget per patologia BPCO 5<br />
Fase<br />
Appropriatezza delle<br />
procedure diagnostiche<br />
Appropriatezza della<br />
terapia farmacologica<br />
Appropriatezza del<br />
ricorso in ospedale<br />
Criterio<br />
Indicatore<br />
(x 100)<br />
Standard (Budget come “Percorso<br />
Assistenziale”)<br />
Prevalenza della BPCO N. malati BPCO/n. assistibili Prevalenza della BPCO nel territorio<br />
Percentuale dei malati BPCO<br />
sottoposti a una “x” indagine<br />
(per esempio, PFR)<br />
Percentuale dei malati BPCO<br />
trattati<br />
Percentuale dei malati BPCO<br />
in monoterapia (per esempio,<br />
broncodilatatori)<br />
Percentuale dei malati BPCO<br />
trattati con una determinata<br />
classe di farmaci (per<br />
esempio, anticolinergici)<br />
Percentuale dei malati BPCO<br />
trattati con un determinato<br />
farmaco<br />
Stima della compliance per<br />
un determinato farmaco<br />
Percentuale della spesa per la<br />
BPCO destinata ai ricoveri<br />
N. malati BPCO sottoposti a<br />
“x” indagine/n. malati<br />
N. malati BPCO trattati/n.<br />
malati BPCO<br />
N. malati trattati in<br />
monoterapia BPCO/n. malati<br />
N. malati BPCO trattati con<br />
“quella classe di farmaci”/n.<br />
malati<br />
N. malati BPCO trattati con<br />
“quel farmaco”/n. malati<br />
N. DDD prescritte in un anno<br />
di un determinato farmaco/n.<br />
malati BPCO trattati in un<br />
anno con quel farmaco<br />
Valorizzazione dei DRG<br />
consumati per BPCO in un<br />
anno/spesa globale per la<br />
BPCO in un anno<br />
LG per la gestione della BPCO (%<br />
attesa dei malati da sottoporre a “x”<br />
indagine)<br />
LG per la gestione della BPCO (%<br />
attesa dei malati da trattare<br />
farmacologicamente)<br />
LG per la gestione della BPCO (%<br />
attesa dei malati da trattare in<br />
monoterapia)<br />
LG per la gestione della BPCO (%<br />
attesa dei malati da trattare con<br />
quella classe di farmaci)<br />
LG per la gestione della BPCO (%<br />
attesa dei malati da trattare con quel<br />
farmaco)<br />
LG per la gestione della BPCO (tipo<br />
di trattamento atteso per quel<br />
farmaco)<br />
LG per la gestione della BPCO<br />
(numero e tipologia dei ricoveri<br />
attesi in un anno per la malattia in<br />
esame e per le sue complicanze)<br />
Appropriatezza nell’uso<br />
complessivo di risorse<br />
finanziarie<br />
Spesa annuale per ogni<br />
paziente affetto dalla BPCO<br />
in esame nell’ambito del<br />
bacino d’utenza indagato<br />
Spesa globale annuale per la<br />
BPCO nel bacino d’utenza/n.<br />
assistiti affetti dalla BPCO nel<br />
bacino d’utenza indagato<br />
LG per la gestione della BPCO (spesa<br />
globale attesa per ogni paziente<br />
affetto dalla BPCO per<br />
a) Accertamenti<br />
b) Assistenza farmaceutica<br />
c) Assistenza ospedaliera<br />
d) Assistenza riabilitativa)<br />
zione attiva fra medici generali e personale specialistico<br />
delle UO di Pneumologia o dei Servizi di<br />
Fisiopatologia Respiratoria, e dei Distretti Sociosanitari,<br />
si avvale della promozione di alcuni strumenti,<br />
fra i quali:<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
la raccolta dati sulla malattia e il suo decorso;<br />
la raccolta dati finalizzata alla valutazione degli<br />
esiti clinici (= efficacia) e organizzativi (= efficienza)<br />
di ogni intervento effettuato;<br />
la sensibilizzazione alla cogestione del paziente;<br />
l’interazione fra medici generali e specialista, con<br />
uniformità nell’attività di consulenza;<br />
il miglioramento dell’utilizzo della diagnostica<br />
funzionale;<br />
il miglioramento di terapie appropriate;<br />
●<br />
●<br />
la prevenzione dei ricoveri e delle urgenze;<br />
la diminuzione delle assenze lavorative (migliore<br />
qualità della vita).<br />
Tutto quanto riportato sinteticamente nelle pagine<br />
precedenti comporta dei benefici (tabella 5.5).<br />
È ipotizzabile che un accordo forte fra medici generali<br />
e specialisti-consulenti, al fine di ridurre il<br />
più possibile le prestazioni inefficaci, sia una strada<br />
percorribile e da sperimentare, responsabilizzando<br />
anche questi colleghi all’uso delle risorse nel suo<br />
complesso. Questo richiede una formazione continua,<br />
tesa alla valutazione degli esiti e un aggiornamento<br />
delle conoscenze che deve essere incentivato<br />
adeguatamente 6 .<br />
109
IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />
Tabella 5.4<br />
Definizione<br />
Articolo 72 ACN 2000: livelli di spesa programmati<br />
Obiettivi da raggiungere secondo scaglionamenti e percorsi condivisi e concordati con l’azienda e/o distretto e<br />
OOSS... facenti parte di un dettagliato progetto complessivo che costituisce il supporto tecnico-operativo del<br />
livello programmato di spesa … sono sempre correlati a specifici obiettivi e programmi di attività mirati a<br />
perseguire l’appropriatezza e la razionalizzazione dell’impiego delle risorse<br />
Gradi<br />
Il progetto interessa...<br />
I<br />
Microattività clinico/gestionali distrettuali<br />
II<br />
Macroattività clinico/gestionali distrettuali<br />
III<br />
Aree di attività clinico/gestionali aziendali<br />
Criteri <strong>1.</strong> Spesa storica Indotta direttamente dai MMG<br />
Indotta indirettamente da altri professionisti<br />
2. Analisi della popolazione di riferimento<br />
3. Analisi delle condizioni sociomorfologiche del territorio<br />
4. Analisi della disponibilità di beni e servizi necessari allo sviluppo del progetto<br />
5. Analisi dei costi indipendenti dalle decisioni dei MMG<br />
6. Adeguato scaglionamento degli obiettivi intermedi nel percorso di avvicinamento all’obiettivo finale<br />
7. Eventuali ulteriori disposizioni previste dagli accordi regionali e aziendali<br />
INDICAZIONI PER IL<br />
CONSULTO DELLO SPECIALISTA<br />
Per il MMG avere l’opinione dello specialista può<br />
essere utile in qualsiasi stadio della malattia. Il ricorso<br />
alla consulenza dello specialista può essere indicato<br />
per stabilire la diagnosi,per cercare altre eziologie,<br />
per rassicurare il paziente e/o la famiglia, per<br />
portarlo alla cessazione del fumo, per inquadrare il<br />
trattamento, per ottimizzare la terapia nelle forme<br />
gravi di BPCO 4 .<br />
Il ricorso alla consulenza può quindi essere indicato:<br />
● per confermare la diagnosi, escludere altre eziologie,<br />
sintomi, complicazioni per ottimizzare la<br />
terapia;<br />
Tabella 5.5<br />
Benefici di un sistema integrato di cure<br />
Benefici per i medici generali<br />
Migliore immagine professionale<br />
Possibilità d’inserimento del progetto nell’area contrattuale dell’accordo aziendale locale e quindi possibilità di disporre di incentivi<br />
Possibilità di dialogo con la direzione aziendale sulla base dei dati/esiti<br />
Gestione della propria attività di lavoro per obiettivi<br />
Imparare a lavorare “insieme”<br />
Apprendere un modello di disease management di una patologia cronica e della relativa metodologia d’approccio (esportabile per<br />
altre patologie croniche).<br />
Benefici per specialisti<br />
Migliore selezione dei pazienti<br />
Migliore comunicazione con i medici generali<br />
Possibilità di coordinamento della continuità di cura, limitando gli episodi acuti<br />
Benefici per medici di comunità e di distretto<br />
Conoscere quante risorse assorbe una patologia cronica come la BPCO<br />
Finanziare con dati certi il distretto<br />
Integrarsi con uno o più gruppi di medici generali e specialisti<br />
110
5. RUOLO DEL MEDICO DI MEDICINA GENERALE NELLA GESTIONE DELLA BPCO<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
●<br />
valutare il livello di gravità di BPCO;<br />
per i pazienti con storia di fumo
IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />
le la comparsa delle condizioni che obbligano al ricovero<br />
ospedaliero (ma anche di non ritardare il ricovero<br />
di quanti ne necessitano) e di attivare una<br />
particolare sorveglianza sui pazienti dimessi.<br />
Malgrado circa il 50% delle riacutizzazioni di BPCO<br />
sembra non giunga all’osservazione del medico 2 ,<br />
è frequente che il contatto tra MMG e paziente<br />
BPCO avvenga proprio in occasione di una riacutizzazione.<br />
Questo accade perché è ancora molto<br />
diffuso, se non prevalente, un atteggiamento di “attesa”<br />
nei confronti di questo paziente, piuttosto che<br />
di anticipazione diagnostica. Accade così molto<br />
spesso che, ignorando la diagnosi della malattia di<br />
base, il medico sia indotto a trattare il paziente come<br />
un qualsiasi altro soggetto affetto da un’affezione<br />
acuta delle vie aeree. Per contro, gli episodi<br />
di riacutizzazione potrebbero essere visti non solo<br />
come momento di aggravamento o di rischio per<br />
il paziente, ma anche come un’opportunità per il<br />
recupero di un corretto inquadramento diagnostico.<br />
Nella formazione culturale del MMG dovrebbe<br />
essere ben radicata la propensione a far scattare<br />
il sospetto diagnostico in presenza di un paziente<br />
che per età, esposizione a fattori di rischio, storia<br />
clinica e sintomi recenti sia suscettibile di una diagnosi<br />
di BPCO riacutizzata. Seppure in modo opportunistico<br />
(ma questa è una delle abituali modalità<br />
operative della MMG), proprio in occasione di<br />
questo incontro, potrebbe essere programmato l’iter<br />
diagnostico volto ad accertare o a escludere la<br />
presenza di un’ostruzione bronchiale cronica. Non<br />
va anche dimenticato che una sottovalutazione diagnostica<br />
della BPCO finisce con l’influenzare anche<br />
la sottostima di altre importanti patologie respiratorie,<br />
quali le bronchiettasie, la fibrosi cistica,<br />
la tubercolosi e l’asma bronchiale.<br />
LA DIAGNOSI<br />
DI RIACUTIZZAZIONE<br />
In letteratura trova una buona condivisione l’affermazione<br />
secondo cui per riacutizzazione di BPCO<br />
s’intende una sequenza di manifestazioni cliniche,<br />
comprendenti la comparsa o il peggioramento della<br />
dispnea e l’aumento di volume dell’espettorato,<br />
con l’eventuale viraggio di questo verso la purulenza.<br />
In queste condizioni il paziente può manifestare<br />
anche un quadro di ipossiemia e un peggioramento<br />
dell’ipercapnia 4 .<br />
Sono realmente questi i riferimenti sulla base dei<br />
quali il MMG effettua la diagnosi di BPCO riacutizzata<br />
Un’indagine compiuta su circa 2.000<br />
questionari elaborati da MMG italiani nel 1997 5<br />
ha mostrato in realtà la tendenza ad attribuire importanza<br />
anche ad altre manifestazioni cliniche,<br />
quali l’aumento della tosse, il rialzo della temperatura,<br />
la comparsa di edemi periferici, l’aumento<br />
della frequenza respiratoria, l’aumento dell’entità<br />
dei rumori patologici respiratori. Da questi dati<br />
sembrerebbe delinearsi un tratto comportamentale<br />
peculiare nell’approccio diagnostico, tendente ad<br />
attribuire importanza alla variazione delle condizioni<br />
cliniche, oltre che alla presenza/assenza di determinati<br />
segni e sintomi. Questo atteggiamento<br />
richiama i concetti espressi nella definizione di riacutizzazione<br />
di BPCO, formulata da Rodriguez-<br />
Rosin: “Prolungato peggioramento delle condizioni del<br />
paziente rispetto allo stato stabile e oltre le normali variazioni<br />
giornaliere, insorto acutamente e che determina<br />
una modificazione del trattamento in un paziente affetto<br />
da BPCO” 6 .È evidente come questo approccio<br />
sia essenzialmente fondato sulla conoscenza diretta<br />
del paziente, della sua storia clinica e del suo individuale<br />
comportamento dal punto di vista dell’espressività<br />
clinica: esso rappresenta una modalità<br />
gestionale che ben si confà alla medicina generale.<br />
La conoscenza del paziente,spesso lungamente protratta<br />
nel tempo, e la possibilità di attingere a fonti<br />
informative estese all’ambito famigliare rappresentano<br />
risorse peculiari della medicina generale.<br />
Il processo diagnostico deve considerare anche la<br />
diagnosi differenziale nei confronti di altre patologie,<br />
capaci di simulare le manifestazioni di una<br />
BPCO in fase di riacutizzazione.Tra queste vanno<br />
ricordate le polmoniti, sia batteriche sia virali, lo<br />
scompenso cardiaco congestizio, lo pneumotorace,<br />
i versamenti pleurici, le aritmie e l’embolia polmonare.<br />
È evidente come per il MMG vi siano<br />
spesso oggettive difficoltà nel procedere in questa<br />
differenziazione,considerati gli scarsi strumenti diagnostici<br />
di cui dispone, nel setting in cui abitualmente<br />
opera. È tuttavia possibile che in futuro sistemi<br />
informatizzati di assistenza ai percorsi clinico-diagnostici<br />
e una maggiore facilità nella comunicazione<br />
e nella condivisione di dati tra MMG e<br />
specialista possano migliorare questa condizione.<br />
L’INQUADRAMENTO<br />
DI GRAVITÀ DEL PAZIENTE<br />
Posta la diagnosi, il MMG deve immediatamente valutare<br />
il grado di compromissione del paziente, per<br />
112
5. RUOLO DEL MEDICO DI MEDICINA GENERALE NELLA GESTIONE DELLA BPCO<br />
stabilire se proseguire nella gestione domiciliare o se<br />
predisporne il ricovero ospedaliero. Questo processo<br />
decisionale, di cruciale importanza, avviene ancora<br />
oggi in medicina generale, secondo una sequenza<br />
di valutazioni personali del medico, in assenza di<br />
riferimenti oggettivi condivisi. Per le riacutizzazioni<br />
di BPCO ancora non disponiamo di schemi validati<br />
che consentano, in base ai sintomi del paziente, di<br />
attribuire una classe di gravità e di rischio, come, per<br />
esempio, è stato fatto da Fine 7 per le polmoniti di<br />
comunità.Peraltro i modelli che incrociano i dati clinici<br />
del paziente con accertamenti di laboratorio sono<br />
per lo più non praticabili dai MMG. Anthonisen<br />
4 nel 1987 aveva già proposto una scala di gravità<br />
correlata alle manifestazioni cliniche, come riportato<br />
nella tabella 5.7. Più recentemente le linee guida<br />
GOLD 8 hanno fornito indicazioni valide per tentare<br />
la definizione di uno schema comportamentale,<br />
che potrebbe essere ragionevolmente proposto anche<br />
nel contesto della medicina generale:<br />
Tabella 5.7<br />
Definizione e classificazione della BPCO riacutizzata<br />
Gravità della<br />
riacutizzazione<br />
I<br />
II<br />
III<br />
Manifestazioni<br />
da Anthonisen et al., modificata.<br />
Aumento della dispnea, volume e<br />
purulenza espettorato<br />
Presenza di due dei sintomi precedenti<br />
Uno dei sintomi precedenti più almeno<br />
uno tra:<br />
● infezione delle vie aeree superiori<br />
negli ultimi 5 giorni<br />
● febbre senza altre cause apparenti<br />
● aumento del respiro con sibili<br />
● aumento della tosse<br />
● aumento frequenza respiratoria e/o<br />
cardiaca<br />
i pazienti BPCO con malattia lieve-moderata (stadio<br />
I-II GOLD) che presentano una riacutizzazione<br />
caratterizzata da dispnea e aumento della tosse<br />
e dell’espettorato e in assenza di altri fattori di rischio<br />
aggravanti possono essere trattati a domicilio;<br />
l’episodio di riacutizzazione che si verifica in pazienti<br />
con BPCO severa (stadio III GOLD) espone<br />
questi ultimi al rischio di sviluppare un’insufficienza<br />
respiratoria anche molto grave, essi pertanto<br />
dovrebbero essere trattati in ospedale.<br />
Per il MMG il giudizio di gravità si basa quindi essenzialmente<br />
sulla conoscenza del paziente e della<br />
sua storia clinica, sull’osservazione diretta delle manifestazioni<br />
soggettive e obiettive rilevabili 9 (tabella<br />
5.8) e sull’importanza che egli gli attribuisce,rispetto<br />
alle condizioni generali del paziente. Vi sono altri<br />
parametri che potrebbero servire al MMG per prevedere<br />
il decorso clinico del paziente Secondo alcuni<br />
autori una valutazione del paziente per mezzo<br />
di un misuratore di picco di flusso, facilmente effettuabile<br />
anche dal MMG, potrebbe dare un’idea del<br />
grado di ostruzione 10 e quindi di compromissione<br />
del paziente. Dovrebbe altresì essere promosso l’utilizzo<br />
degli strumenti per la misurazione della saturazione<br />
di ossigeno, oggi disponibili in piccole dimensioni<br />
e a costi accessibili. Questo test, di assai facile<br />
esecuzione, può rivelarsi determinante proprio<br />
nel momento di decidere il ricovero del paziente.<br />
LE INDAGINI DIAGNOSTICHE<br />
PRATICABILI<br />
A differenza del ricovero ospedaliero, la gestione domiciliare<br />
del paziente con riacutizzazione di BPCO<br />
probabilmente si avvale poco degli accertamenti diagnostici.<br />
Al di là di situazioni complesse per gravità<br />
o comorbilità, che peraltro prevedono l’indicazione<br />
al ricovero ospedaliero, non vi sono in letteratura indicazioni<br />
specifiche per altri test, che abbiano il supporto<br />
di un documentato rapporto costo-beneficio.<br />
Tabella 5.8<br />
Storia clinica e segni di gravità in corso di riacutizzazione di BPCO<br />
● Durata del peggioramento o della comparsa di nuovi sintomi<br />
● Numero di episodi precedenti (esacerbazioni, ricoveri)<br />
● Attuale intensità del trattamento<br />
● Uso di muscoli respiratori accessori<br />
● Movimento paradosso della gabbia toracica<br />
● Peggioramento o nuova insorgenza di cianosi di tipo centrale<br />
● Comparsa di edemi periferici<br />
● Instabilità emodinamica<br />
● Segni di scompenso cardiaco destro<br />
● Ridotta vigilanza<br />
113
IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />
In particolare, l’esecuzione di un Rx torace dovrebbe<br />
essere riservata ai casi in cui si sospetti la<br />
presenza di un addensamento polmonare, o di altra<br />
patologia radiologicamente documentabile e<br />
che si pone nella diagnostica differenziale con la<br />
riacutizzazione di BPCO. L’esecuzione della spirometria,<br />
poco praticata seppur in teoria praticabile<br />
nello studio medico o a domicilio del paziente, non<br />
ha ancora dimostrato una sicura possibilità di utilizzo<br />
nell’ambito della routine quotidiana del<br />
MMG e su larghe fasce di pazienti. Secondo alcuni<br />
studi nella riacutizzazione di BPCO non sempre<br />
vi è correlazione tra FEV 1 e PaO 2 , come accade<br />
invece in corso di riacutizzazione nei pazienti<br />
asmatici; inoltre, i valori spirometrici possono variare<br />
nel corso di uno stesso episodio 11 . Altri studi<br />
hanno dimostrato una buona correlazione tra FEV 1<br />
e misura del picco di flusso espiratorio 12 .Dovrebbe<br />
infine essere testata l’utilità, a livello ambulatoriale<br />
e domiciliare, dell’utilizzo di un pulsossimetro<br />
per la misurazione del grado di ossigenazione<br />
del paziente.<br />
LA GESTIONE<br />
DELLA TERAPIA A DOMICILIO<br />
La decisione di trattare il paziente a domicilio dipende<br />
anche da altri fattori, tra cui il grado di supporto<br />
assistenziale disponibile, le condizioni abitative<br />
e, non ultime, l’esperienza e la preparazione<br />
professionale del medico.<br />
Il trattamento domiciliare del paziente con BPCO<br />
riacutizzata, dopo la valutazione diagnostica, prevede<br />
l’utilizzo di farmaci broncodilatatori, di steroidi<br />
per via sistemica e di antibiotici. L’assistenza domiciliare<br />
con la somministrazione di ossigeno o con<br />
strumenti per la ventilazione del paziente è possibile,<br />
anche con ottimi risultati, ma richiede un training<br />
apposito del MMG e una stretta collaborazione<br />
con la struttura specialistica di riferimento.<br />
Vi sono diverse evidenze che dimostrano come il<br />
trattamento del paziente con BPCO riacutizzata effettuato<br />
da parte del MMG sia tendenzialmente<br />
meno aggressivo, rispetto a quanto praticato normalmente<br />
in ospedale, in particolare per quanto riguarda<br />
l’uso degli antibiotici e dei corticosteroidi 13 .<br />
Per contro, è possibile che nella gestione extraospedaliera<br />
del paziente per opera del MMG si ricorra<br />
con una certa frequenza all’utilizzo di antibiotici<br />
anche in situazioni non propriamente indotte<br />
da infezioni batteriche.<br />
A tale proposito, ai MMG viene spesso imputato un<br />
utilizzo improprio degli antibiotici per affezioni non<br />
di origine batterica, uno scarso rispetto della posologia<br />
e dei tempi di trattamento e, in Italia in particolare,<br />
un eccessivo ricorso alle formulazioni iniettive.Tali<br />
osservazioni, in parte vere, devono tuttavia<br />
tenere conto di alcune considerazioni che possono<br />
servire a meglio interpretare questi comportamenti:<br />
● la difficoltà di distinguere infezioni virali da<br />
quelle batteriche in medicina generale;<br />
● i problemi legati alla compliance del paziente;<br />
● la pressione esercitata dal paziente sul MMG per<br />
ottenere un antibiotico e la sua tendenza a iniziare<br />
spesso autonomamente tale terapia;<br />
● il desiderio del MMG di profilassare eventuali<br />
successive complicanze.<br />
Ancora oggi, com’è noto, l’importanza degli agenti<br />
infettivi nell’indurre la riacutizzazione della BPCO<br />
è molto dibattuta, sia perché anche agenti fisici e<br />
chimici possono esserne responsabili,sia perché spesso<br />
le colture sull’espettorato danno risultati negativi<br />
o selezionano germi non diversi da quelli presenti<br />
in questi pazienti nello stato di stabilità clinica 14 .<br />
Si ritiene, in ogni modo, che più della metà delle<br />
riacutizzazioni di BPCO sia in origine di natura infettiva,<br />
di esse il 40-50% è sostenuto da batteri, il<br />
30% da virus, il 5-10% da germi atipici 15 . Nel 10-<br />
20% dei casi si tratta di popolazioni batteriche miste.<br />
I germi più frequentemente isolati sono: Haemophilus<br />
influenzae, Streptococcus pneumoniae e Moraxella<br />
catarrhalis. In effetti, la definizione eziologica<br />
della causa della riacutizzazione è piuttosto difficile<br />
e, per questo come per altri motivi, la ricerca colturale<br />
sull’espettorato di questi pazienti non viene di<br />
norma praticata e la prescrizione di antibiotici è effettuata,<br />
non solo in medicina generale, prevalentemente<br />
in modo empirico. Fortunatamente, a sostegno<br />
della razionalità di tale comportamento è scesa<br />
in campo l’European Respiratory Society, secondo<br />
cui: “In presenza di espettorato purulento bisogna trattare<br />
i pazienti in modo empirico, con antibiotici, per una durata<br />
di 7-14 giorni” 16 . Inoltre, vi sono evidenze secondo<br />
cui i pazienti con BPCO riacutizzata che ricevono<br />
terapia antibiotica hanno una durata degli episodi<br />
nettamente inferiore rispetto ai pazienti che non<br />
la ricevono 4 . In conclusione, i pazienti con riacutizzazione<br />
di BPCO che presentano aumento di volume<br />
dell’espettorato e purulenza dello stesso possono<br />
giovarsi della prescrizione di un antibiotico.Tale prescrizione<br />
dovrebbe basarsi sullo spettro di sensibilità<br />
presente nel nostro paese nei confronti dei principa-<br />
114
5. RUOLO DEL MEDICO DI MEDICINA GENERALE NELLA GESTIONE DELLA BPCO<br />
li ceppi patogeni in causa: Haemophilus influenzae,<br />
Streptococcus pneumoniae, Moraxella catarrhalis.<br />
In presenza di BPCO riacutizzata è indicato l’uso<br />
di broncodilatatori, in prevalenza assunti per via<br />
inalatoria, o l’incremento della dose di quelli eventualmente<br />
già in terapia.<br />
I farmaci broncodilatatori prevalentemente utilizzati<br />
sono i β2-stimolanti e gli anticolinergici. Non è<br />
possibile affermare, a oggi, la superiorità di una categoria<br />
sull’altra. Spesso può essere utile un’associazione<br />
tra broncodilatatori diversi. Non vi è una documentata<br />
superiorità delle formulazioni in erogatori<br />
predosati rispetto alle formulazioni per aerosol.<br />
L‘utilizzo dell’aminofillina rimane controverso e<br />
sembra che la sua aggiunta a una terapia broncodilatatrice<br />
con β2-stimolanti e anticolinergici, correttamente<br />
condotta, non determini miglioramenti sostanziali.<br />
La somministrazione di steroidi sistemici, in<br />
presenza di esacerbazione di BPCO, migliora la respirazione<br />
e i sintomi del paziente,favorisce lo scambio<br />
dei gas, riduce il rischio di fallimento terapeutico<br />
e diminuisce la durata della degenza ospedaliera<br />
17 . La durata media del trattamento steroideo sistemico<br />
(per esempio, metilprednisolone 30 mg/die)<br />
varia da 5 a 10 giorni.<br />
IL PAZIENTE OSPEDALIZZATO:<br />
CRITERI DI STABILIZZAZIONE<br />
CLINICA E DI DIMISSIONE<br />
È auspicabile che il rapporto tra MMG e paziente<br />
non si interrompa durante il periodo di ricovero<br />
ospedaliero. Oltre a essere apprezzato dal paziente,<br />
questo consente di aumentare la conoscenza reciproca<br />
e lo scambio informativo con i colleghi ospedalieri.<br />
Può accadere, per esempio, che alcuni sintomi<br />
siano più facilmente colti o comunicati al<br />
MMG, che non al medico ospedaliero. Infatti, nonostante<br />
in ambiente ospedaliero si possa affrontare<br />
la riacutizzazione della BPCO in modo efficace,<br />
alcuni aspetti della malattia spesso non sono affrontati.<br />
Per esempio la “fatigue” del paziente, la facile<br />
esauribilità durante l’esercizio, la frequente depressione<br />
18 . Ma soprattutto questo contatto è importante<br />
quando si programma la dimissione del<br />
paziente. Mentre oggi la tendenza è di ridurre al<br />
minimo il periodo di degenza ospedaliera, sono ancora<br />
poco sviluppate le conoscenze che ci consentono<br />
di definire con precisione i criteri di stabilizzazione<br />
della malattia e i conseguenti margini di sicurezza<br />
per il paziente, dopo la dimissione.Va anche<br />
precisato che tale garanzia è strettamente dipendente<br />
dall’ambiente socioassistenziale in cui il<br />
paziente viene a trovarsi una volta dimesso: dalla tipologia<br />
abitativa, dalla struttura familiare, dalla presenza<br />
di personale infermieristico generico, del<br />
MMG, fino alla disponibilità di strutture complesse<br />
sul piano delle attrezzature e dell’assistenza per i<br />
pazienti particolarmente gravi. L’analisi di questi<br />
aspetti dovrebbe costituire argomento di approfondita<br />
valutazione tra MMG, colleghi ospedalieri ed<br />
eventuali altre figure assistenziali, con un anticipo<br />
sufficiente a consentire l’organizzazione necessaria<br />
ad accogliere il paziente al suo domicilio, senza interruzione<br />
della continuità assistenziale.<br />
Secondo alcuni studi, possono essere identificati alcuni<br />
indicatori capaci di predire il rischio di ricaduta<br />
del paziente dopo la dimissione, utili quindi<br />
nella programmazione del successivo follow-up. Le<br />
ricadute sembrano più frequenti nei pazienti che<br />
hanno mostrato una riduzione del FEV 1 pre-trattamento<br />
o post-trattamento, in quelli che hanno ricevuto<br />
un incremento della dose di steroidi o broncodilatatori<br />
in occasione della visita e in quelli che<br />
hanno un’anamnesi di frequenti precedenti ricadute<br />
19 . Un buon livello di comunicazione tra MMG<br />
e specialista può portare a concordare un modello<br />
di follow-up del paziente che punti a mettere in atto<br />
tutti gli interventi utili a procrastinare il più possibile<br />
l’eventuale ricaduta o in ogni caso a coglierne<br />
tempestivamente le manifestazioni precoci.<br />
ORGANIZZAZIONE<br />
DELL’ASSISTENZA DOMICILIARE<br />
Un intervento infermieristico regolare a domicilio<br />
di pazienti con recente ricovero per BPCO, volto<br />
a fornire educazione sanitaria e a monitorare il paziente,<br />
ha aumentato le conoscenze di quest’ultimo<br />
nei confronti della malattia e quindi la sua consapevolezza,<br />
ma non ha ridotto il numero di ricoveri<br />
successivi rispetto a un gruppo di controllo 20 .<br />
Probabilmente la struttura di modelli assistenziali di<br />
provata efficacia, al pari di quelli esistenti per altre<br />
patologie quali il diabete o lo scompenso cardiaco,<br />
non può essere automaticamente esportata nel<br />
campo della BPCO. Dovranno essere messi a punto<br />
piani di gestione specifici per il paziente BPCO,<br />
nei quali dovranno essere previste figure assistenziali<br />
diverse, infermieristiche, fisiatriche, pneumologiche,<br />
opportunamente coordinate.<br />
115
IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />
BIBLIOGRAFIA<br />
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116
I QUADERNI DELLA BPCO<br />
6. BPCO: cosa è successo di nuovo<br />
dal giugno 2000<br />
(quando i Quaderni<br />
sono stati programmati)<br />
Nel preparare i sei quaderni della collana “Il volto<br />
della BPCO che cambia” è risultato sempre<br />
più evidente come il divenire della materia trattata,<br />
desumibile dal numero e dal significato degli<br />
studi pubblicati negli ultimi tre anni e citati nei vari<br />
capitoli dei singoli quaderni, giustificasse la scelta<br />
del titolo.<br />
Mentre il contenuto dei quaderni documenta<br />
quanto è successo di nuovo, per quanto concerne<br />
la BPCO, dal giugno 2000, appare appropriato in<br />
questo capitolo finale del sesto e ultimo quaderno<br />
riservare una particolare menzione alla “Global Initiative<br />
for Chronic Obstructive Lung Disease” (acronimo<br />
GOLD), la quale presenta una “Global strategy<br />
for the diagnosis, management, and prevention of chronic<br />
obstructive pulmonary disease” che è stata pubblicata<br />
come NHLBI/WHO Workshop Report nell’aprile<br />
del 2001 1 ed è soggetta a periodici aggiornamenti.<br />
Le principali caratteristiche e i contenuti specifici<br />
di GOLD sono stati illustrati nel primo capitolo del<br />
quinto quaderno e nel secondo capitolo di questo<br />
sesto quaderno da Fabbri (e collaboratori), il quale<br />
è chairman del comitato scientifico dell’iniziativa e<br />
coeditore dei quaderni della BPCO.<br />
È evidente che l’iniziativa GOLD costituisce<br />
un’occasione propizia per diffondere, fra gli addetti<br />
ai lavori e fra i laici a livello mondiale, la conoscenza<br />
della BPCO, a tutt’oggi semisconosciuta, e<br />
per migliorarne gli standard diagnostici, di trattamento<br />
e di prevenzione.<br />
In effetti, alla luce di quanto documentato nei quaderni<br />
della BPCO, l’iniziativa GOLD appare particolarmente<br />
motivata e tempestiva in quanto questi<br />
standard non sono sufficientemente elevati e,<br />
d’altra parte, le condizioni morbose ricomprese<br />
nella sindrome BPCO risultano in netta espansione,<br />
sotto il profilo sia della morbidità sia della mortalità,<br />
nei primi decenni del terzo millennio su scala<br />
mondiale 2 . In base alle stime approssimate di cui<br />
già disponiamo, si può affermare che la prevalenza<br />
della BPCO nella popolazione generale sopra i 25<br />
anni di età è superiore al 10% nei paesi occidentali<br />
3 .Per essere più precisi e, soprattutto, per poterla<br />
monitorare accuratamente nei vari paesi e nel<br />
tempo, onde poter predisporre le opportune misure<br />
di politica sanitaria, è necessario approfondirne<br />
le conoscenze.<br />
In effetti, la BPCO rimane ancora semi-ignorata e<br />
difficile da diagnosticare perché non sono bene documentati<br />
i rapporti esistenti fra i suoi sintomi di<br />
esordio e la limitazione del flusso aereo espiratorio<br />
che la caratterizza. Lo sviluppo e l’adattamento ai<br />
singoli paesi di un programma come GOLD possono<br />
contribuire significativamente a risolvere questi<br />
problemi aperti. Per chiarire questi aspetti si possono<br />
considerare due esempi, dei quali uno fa riferimento<br />
alla definizione di limitazione del flusso<br />
aereo espiratorio e l’altro ai rapporti esistenti fra<br />
questa e la presenza o assenza di sintomi respiratori<br />
di BPCO.<br />
DEFINIZIONE DI LIMITAZIONE<br />
DI FLUSSO ESPIRATORIO<br />
Adottando la definizione proposta dalla European<br />
Respiratory Society (ERS), cioè rapporto FEV 1 /VC<br />
IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />
presentativo della popolazione generale di età<br />
compresa fra 46 e 73 anni,una prevalenza di BPCO<br />
pari al 12,2% 3 . Adottando la definizione proposta<br />
in GOLD, cioè rapporto FEV 1 /FVC
6. BPCO: COSA È SUCCESSO DI NUOVO DAL GIUGNO 2000<br />
Tabella 6.1<br />
Definizione di limitazione di flusso e sintomi di BPCO [sensibilità, specificità e valore predittivo dei criteri ERS per rilevare<br />
limitazione di flusso in soggetti (≥ 25 anni) con ogni sintomo o malattia respiratori cronici*]<br />
Condizione<br />
PRES+ ASS– Totale<br />
FRS+ 108 79 187<br />
FRS– 535 992 1527<br />
Totale 643 1071 1714<br />
108<br />
108<br />
79<br />
Sensibilità: = 0,17 Valore predittivo positivo: = 0,58 = 0,42<br />
643<br />
187<br />
187<br />
992<br />
992<br />
Specificità: = 0,93 Valore predittivo negativo: = 0,65<br />
1071<br />
1527<br />
535<br />
= 0,35<br />
1527<br />
* Tosse cronica, catarro cronico, dispnea (gr 2+), attacchi di dispnea con sibili o fischi, sibili, bronchite cronica, enfisema, asma.<br />
108 + 992<br />
187<br />
643<br />
Accuratezza complessiva: = 0,64 Prevalenza di BPCO: = 0,109 Prevalenza di sintomi/<strong>malattie</strong>: = 0,375<br />
1714<br />
1714<br />
1714<br />
tro. Questo suggerisce che gli standard diagnostici<br />
di queste condizioni morbose basati sui sintomi respiratori<br />
cronici e/o <strong>malattie</strong> diagnosticate sono<br />
necessariamente bassi, a differenza di quanto si osserva<br />
in altre condizioni morbose come l’embolia<br />
polmonare 10 .<br />
Da un punto di vista quantitativo, della frazione di<br />
soggetti con sintomi respiratori cronici e/o <strong>malattie</strong><br />
diagnosticate (24 o 38% nella popolazione generale<br />
fra 25 e 73 anni, in relazione ai sintomi e alle<br />
sindromi considerate, vedi tabelle 6.1 e 6.2) solo<br />
meno di una metà o un terzo, rispettivamente,<br />
ha BPCO in base ai criteri ERS (11% nella popolazione<br />
generale,vedi tabelle 6.1 e 6.2).Questo suggerisce<br />
che la presenza di sintomi respiratori cronici<br />
e/o <strong>malattie</strong> diagnosticate ha un valore limitato<br />
ai fini di predire la presenza di BPCO.<br />
Questa interpretazione è in accordo con una recente<br />
analisi basata su dati del Copenhagen City Heart<br />
Study, la quale suggerisce che i sintomi respiratori<br />
Tabella 6.2<br />
Definizione di limitazione di flusso e sintomi di BPCO [sensibilità, specificità e valore predittivo dei criteri ERS per rilevare<br />
limitazione di flusso in soggetti (≥ 25 anni) con MPC]<br />
Condizione<br />
MPC*+ MPC*– Totale<br />
FRS+ 76 111 187<br />
FRS– 332 1195 1527<br />
Totale 408 1071 1714<br />
76<br />
76<br />
111<br />
Sensibilità: = 0,19 Valore predittivo positivo: = 0,41 = 0,59<br />
408<br />
187<br />
187<br />
1195<br />
1195<br />
Specificità: = 0,92 Valore predittivo negativo: = 0,78<br />
1306<br />
1527<br />
332<br />
= 0,22<br />
1527<br />
* MPC = tosse cronica o catarro cronico o bronchite cronica o enfisema.<br />
76 + 1195<br />
187<br />
Accuratezza complessiva: = 0,74 Prevalenza di BPCO: = 0,109 Prevalenza di MPC:<br />
1714<br />
1714<br />
408<br />
= 0,238<br />
1714<br />
119
IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />
cronici (tosse e catarro) hanno un diverso significato<br />
fisiopatologico e predittivo in relazione al fatto<br />
che siano associati o meno a limitazione del flusso<br />
espiratorio 13 .<br />
CONCLUSIONI<br />
La scelta di un’appropriata definizione della limitazione<br />
del flusso espiratorio e la conoscenza degli<br />
effettivi rapporti fra questa e i sintomi respiratori<br />
cronici e/o <strong>malattie</strong> diagnosticate appaiono destinate<br />
a giocare un ruolo preponderante nel management<br />
della BPCO nei prossimi decenni. Infatti,<br />
esse influenzeranno in maniera decisiva i risultati<br />
degli interventi di screening consentendone, rispettivamente,<br />
la praticabilità (numero congruo di soggetti<br />
selezionati) o meno (numero ingestibile di tali<br />
soggetti) e l’efficacia (ricerca attiva dei soggetti<br />
con limitazione del flusso espiratorio).<br />
La presenza di un’iniziativa globale per la BPCO<br />
quale GOLD ha la potenzialità di trasformare in<br />
realtà operativa le strategie per la BPCO improntate,<br />
in particolare per la diagnosi e la prevenzione,<br />
ai principi delineati in questo testo e che risalgono<br />
a studi iniziati negli anni ’70 14,15 .<br />
Pertanto, possiamo concludere questo capitolo finale<br />
del VI Quaderno parafrasando il poeta<br />
dell’“Aquilone”:“C’è qualcosa di nuovo oggi – nella<br />
BPCO – anzi di antico”.<br />
In termini pratici, ciò significa aggiornare e correggere<br />
continuamente il documento GOLD.<br />
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120
Finito di stampare nel mese di luglio 2003