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1. - Clinica malattie apparato respiratorio

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BRONCOPNEUMOPATIA CRONICA OSTRUTTIVA<br />

IL VOLTO<br />

DELLABPCO<br />

CHE CAMBIA<br />

AUTORI<br />

Gestione del paziente<br />

N. Ambrosino ♦ Come si valutano gli effetti del trattamento della BPCO<br />

R. Antonelli-Incalzi ♦ Gestione della BPCO<br />

V. Bellia<br />

♦ Aspetti educazionali del trattamento della BPCO<br />

G. Bettoncelli ♦ Management clinico della BPCO<br />

M. Carone<br />

♦ Ruolo del medico di medicina generale nella gestione<br />

R. Del Negro<br />

della BPCO<br />

A. Gerace<br />

♦ BPCO: cosa è successo di nuovo dal giugno 2000<br />

S.E. Giustini<br />

(quando i Quaderni sono stati programmati)<br />

S. Nava<br />

P. Navalesi<br />

M. Neri<br />

P. Paggiaro<br />

R. Pistelli<br />

A. Potena<br />

6<br />

C. Rampulla<br />

F. Rengo<br />

A. Rossi<br />

C. GIUNTINI L.M. FABBRI V. GRASSI<br />

C. Tantucci


L’opera I Quaderni della BPCO - Il volto della BPCO che cambia<br />

è un’iniziativa per la Medicina Respiratoria<br />

Edizione riservata Boehringer Ingelheim<br />

Fuori commercio - Omaggio ai Signori Medici<br />

© 2003 UTET S.p.A. Scienze Mediche<br />

Sede Legale: C.so Raffaello 28, 10125 Torino<br />

Sede Operativa: V.le Tunisia 37, 20124 Milano<br />

I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento<br />

totale o parziale, con qualsiasi mezzo (microfilm e copie fotostatiche compresi), sono<br />

riservati per tutti i paesi.<br />

L’Editore potrà concedere a pagamento l’autorizzazione a riprodurre una porzione non<br />

superiore a un decimo del presente volume e fino a un massimo di settantacinque<br />

pagine.<br />

Le richieste di riproduzione vanno inoltrate all’Associazione Italiana per i diritti di<br />

Riproduzione delle Opere dell’ingegno (AIDRO), via delle Erbe, 2 - 20122 Milano<br />

Tel. e Fax 02/809506<br />

Le illustrazioni in copertina sono tratte dal volume di Eric N. C. Milne e Massimo<br />

Pistolesi: Reading the Chest Radiograph, Mosby,1993<br />

Redazione: Rosy Bajetti<br />

Progetto grafico: Benedetta Bini<br />

Impaginazione: Fotocompos S.r.l. - Gussago (BS)<br />

Fotocomposizione: Fotocompos S.r.l. - Gussago (BS)<br />

Stampa: Grafiche Mazzucchelli - Settimo Milanese (MI)<br />

Finito di stampare nel mese di luglio 2003


I QUADERNI DELLA BPCO<br />

PRESENTAZIONE<br />

Razionale di un Progetto<br />

L<br />

a BPCO (Morris, 1965) ha da poco superato la maggiore età: entrando nella fase della maturità – come<br />

si conviene a un adulto – cambia volto. Il che significa l’acquisizione di un più definito assetto sul piano<br />

fisiopatologico e clinico-terapeutico e di una più precisa presa di coscienza dei problemi da affrontare.<br />

Al di là delle suggestioni che evocano e delle informazioni che veicolano, i nomi restano nomi ed è bene non<br />

scambiarli subito per “fatti”. In realtà, da che lo si è introdotto e lo si usa, questo acronimo è sembrato fatto apposta<br />

per semplificare e per favorire la pigrizia intellettuale più che per stimolare l’approfondimento. Onde la<br />

qualificazione di “termine ombrello” (utile a sottendere realtà cliniche diverse) e di “rifugio clinico” (buono per<br />

tutte le stagioni).<br />

Ma, per fortuna, non per tutti e per sempre è stato così.<br />

La “svolta” è iniziata a metà anni ’90 con il concorso di una serie di informazioni che in quegli anni si sono<br />

rese disponibili:<br />

● la pubblicazione (e la relativa diffusione) a opera delle due maggiori Società di Medicina Respiratoria (USA-<br />

ATS, Europa-ERS) di Linee Guida per la BPCO. Si è trattato di un evento importante: di chiarezza (sulle<br />

conoscenze esistenti) e di stimolo (per ulteriori ricerche);<br />

● la politica sanitaria “basata sull’evidenza” di questa sindrome clinica multiforme e complessa ha valutato il<br />

“peso” (in termini di morbosità e mortalità) anche prospettico: ed è stato così stimato che entro il 2020 la<br />

BPCO rappresenterà (a livello mondiale) la 5 a più importante condizione sanitaria (nel 1990 era la 12 a )<br />

a gravare sulla società;<br />

● nello stesso periodo il Lung Health Study (studio a lungo termine promosso dal NHLBI) documentava che<br />

l’unico intervento capace di modificare la storia naturale della malattia era costituito dalla cessazione dell’abitudine<br />

al fumo.<br />

Ma altri eventi hanno contribuito a creare valide premesse per un rinnovato interesse nei confronti della BPCO:<br />

● la crescente attenzione per l’Aging Lung e per la Medicina respiratoria in età geriatrica (valgano per<br />

tutti i risultati del SARA – salute respiratoria nel paziente anziano –, studio multicentrico condotto a livello<br />

nazionale) determinata dal fatto che la patologia respiratoria cronica diventa sintomatica prevalentemente<br />

in questa fascia di età;<br />

● il progressivo ingresso della biologia in clinica che ha incominciato a interessare anche la BPCO e che, auspicabilmente,<br />

finirà col chiarire come nasce la malattia;<br />

● il crescente interesse – a motivo della loro rilevanza clinica – nei confronti:<br />

– delle riacutizzazioni della malattia;<br />

– dello stato nutrizionale del paziente (nella BPCO “grasso è bello”) fattore di rischio parzialmente controllabile;<br />

– delle prove da sforzo cardio-<strong>respiratorio</strong> (“quando osservi un paziente è meglio se lo guardi quando<br />

sale le scale”);<br />

– della costante attenzione, infine, per la valutazione della qualità della vita in corso di patologia cronica<br />

anche in rapporto ai diversi interventi (farmacologici e non).<br />

III


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />

Questi elementi – non disgiunti da un motivato interesse dell’industria nella ricerca di farmaci a potenzialità<br />

preventiva e sintomatico-curativa – hanno accelerato la “svolta” nel senso presumibilmente più produttivo: modificando<br />

l’atteggiamento (il modo di porsi) nei confronti della malattia, che da nichilista-minimalista, sfuggenterinunciatario<br />

è diventato attento e attivo.<br />

Ne sono testimonianza:<br />

● l’incalzante susseguirsi (su riviste internazionali di Medicina Respiratoria e di Medicina Interna) di Editoriali,<br />

Relazioni di Simposi, Consensus Conferences ecc.;<br />

● il Progetto GOLD (Global iniziative for chronic Obstructive Lung Disease) promosso congiuntamente dal<br />

WHO e dal NHLBI per approntare linee guida per la definizione, epidemiologia, storia naturale, fattori di<br />

rischio, istopatologia, diagnosi e trattamento della BPCO.<br />

Di questi aspetti, molti sono ancora quelli in cerca di un’efficace soluzione:<br />

● la necessità (oggi resa possibile) di un adeguato inquadramento nosografico del paziente BPCO, ossia<br />

delle diverse forme cliniche che compongono la sindrome (per la quale comincia a essere giustificato l’uso del<br />

plurale: le BPCO);<br />

● l’urgenza di un efficace sistema di stadiazione in grado di caratterizzare l’eterogenea popolazione dei pazienti<br />

BPCO per studi clinico-epidemiologici e di valutare la gravità della malattia e la risposta alla terapia;<br />

● la soluzione del paradosso clinico-terapeutico (esempio unico in medicina) per il quale la BPCO viene<br />

definita come condizione caratterizzata da un basso valore di FEV 1 – che poco si modifica a seguito della<br />

somministrazione di broncodilatatori – per poi utilizzare le variazioni di FEV 1 quale indice per valutare<br />

l’effetto della terapia.<br />

La soluzione del paradosso comporta necessariamente l’individuazione di nuovi metodi di valutazione della<br />

risposta ai “trattamenti”. Il che significa, in prima istanza, la riacquisizione dell’antica familiarità con i volumi<br />

e le capacità polmonari in attesa di un (per il momento ipotetico) “FEV 1 allargato” (che incorpori altre misure<br />

utili a valutare l’efficacia terapeutica).<br />

I problemi restano molti, ma adeguati appaiono finalmente gli strumenti per affrontarli.<br />

Del “cambiamento di volto” questa iniziativa vuole essere testimonianza e a esso fornire qualche contributo.<br />

Carlo Giuntini<br />

Ordinario di Medicina Respiratoria, Università degli Studi di Pisa<br />

Dipartimento Cardio-Toracico, U.O. di Pneumologia e Fisiopatologia Respiratoria<br />

Ospedale di Cisanello - Pisa<br />

Leonardo M. Fabbri<br />

Dipartimento di Scienze Mediche Oncologiche e Radiologiche,<br />

Cattedra di Malattie dell’Apparato Respiratorio,<br />

Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia - Modena<br />

Vittorio Grassi<br />

Ordinario di Medicina Interna, Università degli Studi di Brescia<br />

Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche<br />

1 a Medicina Spedali Civili - Brescia<br />

IV


I QUADERNI DELLA BPCO<br />

PIANO DELL’OPERA<br />

<strong>1.</strong> I NTRODUZIONE ALLA BPCO – BIOLOGIA DELLA BPCO<br />

Nel primo Quaderno vengono descritte le modificazioni strutturali che sono alla base delle diverse forme<br />

cliniche della BPCO (bronchite cronica ed enfisema, cioè BPCO in senso stretto, cui si fa specifico riferimento<br />

nei Quaderni, e asma bronchiale), le definizioni che di queste si danno, i rapporti che tra esse intercorrono.<br />

Della sindrome clinica vengono definite la prevalenza, i fattori di rischio acquisiti, la predisposizione<br />

genetica e l’eziopatogenesi.<br />

2. FISIOLOGIA CLINICA<br />

Nel secondo Quaderno vengono descritti i rapporti tra alterazioni strutturali e funzionali con particolare<br />

riguardo ai fenomeni della broncostruzione, della limitazione del flusso <strong>respiratorio</strong>, della broncodilatazione<br />

e dell’iperinflazione. Si esaminano, inoltre, il comportamento del circolo polmonare e il rapporto<br />

che per l’<strong>apparato</strong> <strong>respiratorio</strong> esiste tra “centro” e “periferia” (controllo della ventilazione, genesi della<br />

dispnea).<br />

3. DIAGNOSI<br />

Il terzo Quaderno è dedicato all’approccio diagnostico alle BPCO partendo dall’analisi dei dati anamnestico-clinici<br />

e integrandoli con quelli strumentali. Si ripercorrono così le varie fasi del ragionamento diagnostico<br />

quantitativo, nella misura in cui è applicabile a queste condizioni morbose, nell’intento di giungere<br />

a un inquadramento nosografico del paziente con BPCO e a una stadiazione della malattia.<br />

4. IL PAZIENTE ELASUA MALATTIA<br />

Il quarto Quaderno è dedicato alla prevenzione e alla storia naturale della BPCO, nonché alle interazioni<br />

di quest’ultima con l’invecchiamento dell’<strong>apparato</strong> <strong>respiratorio</strong> del paziente, con la qualità della vita,<br />

con la comorbilità e con lo stato nutrizionale.<br />

5. TRATTAMENTO<br />

Nel quinto Quaderno si prendono in esame gli aspetti terapeutici (farmacologici e non) e riabilitativi che<br />

possono influenzare, o meno, la progressione delle BPCO.<br />

6. GESTIONE DEL PAZIENTE<br />

Il sesto e ultimo Quaderno è dedicato alla definizione degli aspetti gestionali (ivi compresa la valutazione<br />

della risposta ai trattamenti) posti da condizioni morbose difficili da diagnosticare, poco sensibili ai trattamenti,<br />

spesso progressive e prevalenti nell’anziano dove sono frequente causa di morte.<br />

V


I QUADERNI DELLA BPCO<br />

PREFAZIONE<br />

La rilevanza clinica del sesto (e ultimo) Quaderno di questa collana è indicata dal titolo (Gestione del paziente<br />

con BPCO) e dai Capitoli in cui si sostanzia.<br />

Assolutamente cruciale è il primo (Come si valutano gli effetti del trattamento della BPCO: farmacologico<br />

e non farmacologico) perché illustra il “come” e il “perché” e getta luce in un ambito che troppo a lungo<br />

è rimasto grigio, privo di criteri di valutazione (o quanto meno con criteri vaghi e parziali).<br />

Si fa dunque chiarezza sulla “Valutazione clinico-funzionale” (sintomi e prove funzionali) affidato a Pierluigi<br />

Paggiaro e Claudio Tantucci, sulla “Ventilazione meccanica non invasiva” (Andrea Rossi, Stefano Nave<br />

e Lorenzo Appendini), sull’ “Ossigenoterapia e ventilazione a lungo termine e riabilitazione” (Nicolino<br />

Ambrosino, Paolo Navalesi, Pamela Frigerio e Stefano Nava), sugli effetti del “Trattamento chirurgico”<br />

(Claudio Tantucci), per concludere, opportunamente, con l’ “Impatto del trattamento sullo stato di salute<br />

(qualità di vita)” (Raffaelle Antonelli-Incalzi e Mauro Carone).<br />

I quesiti sono molti, ma molte anche le risposte fornite.<br />

Il secondo Capitolo tratta della Gestione della BPCO con “Programmi di screening” (come si ricerca la malattia,<br />

i risultati dei programmi di diagnosi precoce), svolto da Riccardo Pistelli, Carlo Giuntini e Sandra Sammarro,<br />

delle “Raccomandazioni GOLD” (Leonardo M. Fabbri e Micaela Romagnoli), che si spera facciano<br />

lievitare, a livello internazionale, l’interesse per la BPCO, e, di vitale interesse nei nostri giorni, i “rapporti<br />

costo/beneficio” (“BPCO: impatto socio-economico e percorsi gestionali evedence-based”) affidato<br />

all’esperienza di Roberto Dal Negro e Ciro Rampulla.<br />

In una Sanità che cambia, in una Sanità che deve ripensare se stessa, gli “Aspetti educazionali del trattamento<br />

della BPCO” rivestono un valore emergente. Li svolge, con la consueta competenza, Margherita Neri.<br />

La BPCO nel contesto delle discipline affini è l’argomento del quarto Capitolo: come è vista e come è valutata.<br />

In casa propria intanto (“La BPCO nel contesto della pneumologia”: Alfredo Potena) e nell’ambito,<br />

importante, della medicina interna (in “La BPCO in medicina interna” Vittorio Grassi, Stefania Cossi e<br />

Roberto Zulli si pongono alcune domande e forniscono alcune risposte) e in quello, cruciale, della geriatria (“La<br />

BPCO nel contesto della geriatria”:Vincenzo Bellia, Franco Rengo e Salvatore Battaglia).<br />

Lungo questo percorso non poteva mancare, perché è a tutti gli effetti determinante, il punto di vista del medico<br />

di medicina generale. “Ruolo del medico di medicina generale nella gestione della BPCO” è il titolo<br />

del quinto Capitolo affidato a tre esperti del settore, di tre diverse aree geografiche del nostro Paese (Germano<br />

Bettoncelli – Nord; Saffi-Ettore Giustini – Centro; Antonio Gerace – Sud).<br />

Il loro contributo arricchisce questo Quaderno.<br />

Si conclude con uno sguardo alla BPCO oltre il 2000 (anno in cui questa collana, con meticolosa cura, è stata<br />

programmata) con “BPCO: cosa è successo di nuovo dal giugno 2000 (quando i quaderni sono stati<br />

programmati)”. Opportunamente si dedica attenzione al progetto GOLD e, in questo ambito, con rigore,<br />

alla definizione di limitazione al flusso nelle vie aeree e ai rapporti tra questa e i sintomi della BPCO.<br />

È l’ultimo numero. Un po’ di nostalgia la lascia.<br />

Perché questa “avventura culturale” – disegnare il volto della BPCO che cambia – è stata concepita e condotta<br />

con un alto grado di “affettività”.<br />

La chiudiamo, ora, con la serena consapevolezza di aver prodotto un’opera intellettualmente onesta.<br />

Dobbiamo molto a molti:<br />

● a tutti coloro che ci hanno dato il loro tempo e il loro sapere;<br />

● allo staff UTET che con pazienza, competenza e premura ci ha tenuto per mano;<br />

● a chi – Boehringer Ingelheim – ci ha consentito di realizzare quest’opera.<br />

È stata una bella avventura<br />

Carlo Giuntini<br />

Leonardo M. Fabbri<br />

Vittorio Grassi<br />

VII


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />

Autori<br />

Nicolino Ambrosino<br />

UO Pneumologia, Dipartimento Cardio-Toracico,<br />

Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana, Pisa<br />

Raffaele Antonelli-Incalzi<br />

Università Cattolica del Sacro Cuore,<br />

Istituto di Medicina Interna e Geriatria, Roma<br />

Vincenzo Bellia<br />

Cattedra di Malattie Apparato Respiratorio,<br />

Università degli Studi di Palermo, Palermo<br />

Germano Bettoncelli<br />

Medico di Medicina Generale, SIMG, Ospitaletto, Brescia<br />

Mauro Carone<br />

Fondazione Salvatore Maugeri, Divisione di Pneumologia,<br />

IRCCS Istituto Scientifico di Veruno, Veruno (NO)<br />

Roberto Dal Negro<br />

UOC Pneumologia, ASL 22 Regione Veneto,<br />

Ospedale Orlandi, Bussolengo (VR)<br />

Antonio Gerace<br />

Medico di Medicina Generale, Presidente Regionale SIMG, Calabria<br />

Saffi-Ettore Giustini<br />

Medico di Medicina Generale,<br />

SIMG Responsabile nazionale Area Farmaco<br />

Stefano Nava<br />

Fondazione Salvatore Maugeri, IRCCS, Pavia,<br />

Dipartimento di Pneumologia Riabilitativa e Terapia Intensiva Respiratoria<br />

Paolo Navalesi<br />

Fondazione Salvatore Maugeri, IRCCS, Pavia,<br />

Dipartimento di Pneumologia Riabilitativa e Terapia Intensiva Respiratoria<br />

Margherita Neri<br />

Fondazione Salvatore Maugeri, IRCCS, Tradate (VA),<br />

UO Pneumologia<br />

Pierluigi Paggiaro<br />

Dipartimento Cardio Toracico, Sezione Pneumologia,<br />

e Fisiopatologia Respiratoria, Università di Pisa, Pisa<br />

Riccardo Pistelli<br />

Università Cattolica del Sacro Cuore, Istituto di Medicina<br />

Interna e Geriatria, Servizio di Fisiopatologia Respiratoria,<br />

Complesso Integrato Columbus, Roma<br />

Alfredo Potena<br />

UO Fisiopatologia Respiratoria,<br />

Azienda Ospedaliera Universitaria Arcispedale S. Anna, Ferrara<br />

Ciro Rampulla<br />

Fondazione Salvatore Maugeri, IRCCS, Pavia,<br />

Dipartimento di Pneumologia Riabilitativa e Terapia Intensiva Respiratoria<br />

Franco Rengo<br />

Cattedra di Gerontologia e Geriatria,<br />

Università Federico II, Napoli<br />

Andrea Rossi<br />

UO Pneumologia,<br />

Ospedali Riuniti, Bergamo<br />

Claudio Tantucci<br />

Cattedra di Malattie Apparato Respiratorio,<br />

Università degli Studi di Brescia,<br />

1 a Medicina Spedali Civili, Brescia<br />

Collaboratori<br />

Lorenzo Appendini<br />

UO Pneumologia,<br />

Ospedali Riuniti, Bergamo<br />

Salvatore Battaglia<br />

Cattedra di Malattie Apparato Respiratorio,<br />

Istituto di Medicina Generale e Pneumologia,<br />

Università degli Studi di Palermo, Palermo<br />

Stefania Cossi<br />

1 a Medicina, Geriatria, Spedali Civili,<br />

Università degli Studi di Brescia, Brescia,<br />

OP Richiedei, Gussago<br />

Pamela Frigerio<br />

Dipartimento di Emergenza,<br />

Azienda Ospedaliera Riguarda Ca’ Granda, Milano<br />

Micaela Romagnoli<br />

Dipartimento Misto di Specialità Mediche e Chirurgiche,<br />

<strong>Clinica</strong> di Malattie dell’Apparato Respiratorio,<br />

Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, Modena<br />

Sandra Sammarro<br />

Università Cattolica del Sacro Cuore, Istituto di Medicina<br />

Interna e Geriatria, Servizio di Fisiopatologia Respiratoria,<br />

Complesso Integrato Columbus, Roma<br />

Roberto Zulli<br />

Università degli Studi di Brescia,<br />

1 a Medicina Spedali Civili, Brescia<br />

VIII


I QUADERNI DELLA BPCO<br />

Sommario<br />

Gestione del paziente<br />

<strong>1.</strong>COME SI VALUTANO GLI EFFETTI DEL TRATTAMENTO DELLA BPCO 3<br />

TRATTAMENTO FARMACOLOGICO 3<br />

VALUTAZIONE CLINICO/FUNZIONALE 3<br />

Pierluigi Paggiaro, Claudio Tantucci<br />

Introduzione 3<br />

Obiettivi della terapia 3<br />

Valutazione clinica 4<br />

Valutazione funzionale 7<br />

Tolleranza allo sforzo 8<br />

Bibliografia 11<br />

TRATTAMENTO NON FARMACOLOGICO 13<br />

VENTILAZIONE MECCANICA NON INVASIVA 13<br />

Andrea Rossi, Stefano Nava, Lorenzo Appendini<br />

Introduzione 13<br />

NPPV e insufficienza respiratoria ipercapnica 14<br />

NPPV e svezzamento 17<br />

Problemi pratici 17<br />

Effetti collaterali 19<br />

Conclusioni 20<br />

Bibliografia 20<br />

OSSIGENOTERAPIA E VENTILAZIONE A LUNGO TERMINE,<br />

RIABILITAZIONE 23<br />

Nicolino Ambrosino, Paolo Navalesi, Pamela Frigerio, Stefano Nava<br />

Obiettivi e razionale delle forme di trattamento non farmacologico della<br />

BPCO 23<br />

Valutazione dell’outcome 24<br />

Impairment 24<br />

IX


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />

Disability 24<br />

Handicap 27<br />

Allenamento all’esercizio 27<br />

Effetti dell’allenamento all’esercizio fisico sull’impairment 27<br />

Effetti dell’allenamento all’esercizio fisico sulla disability 27<br />

Effetti dell’allenamento all’esercizio fisico sull’handicap 27<br />

Effetti dell’allenamento all’esercizio fisico sulle misure di outcome<br />

complementari 28<br />

Ossigenoterapia a lungo termine 28<br />

Effetti dell’OLT sull’impairment 28<br />

Effetti dell’OLT sulla disability 28<br />

Effetti dell’OLT sull’handicap 28<br />

Effetti dell’OLT su misure di outcome complementari 28<br />

Ventilazione non invasiva a lungo termine 29<br />

Effetti della VNI sull’impairment 29<br />

Effetti della VNI sulla disability 29<br />

Effetti della VNI sull’handicap 30<br />

Effetti della VNI su misure di outcome complementari 30<br />

Bibliografia 30<br />

TRATTAMENTO CHIRURGICO 34<br />

Claudio Tantucci<br />

Introduzione 34<br />

Fisiopatologia 34<br />

Selezione dei pazienti 34<br />

Studi randomizzati 35<br />

Studi non randomizzati 35<br />

Criteri di valutazione longitudinale 35<br />

Conclusioni 35<br />

Bibliografia 36<br />

IMPATTO DEL TRATTAMENTO SULLO STATO DI SALUTE<br />

(QUALITÀ DI VITA) 37<br />

TRATTAMENTO FARMACOLOGICO E STATO DI SALUTE 37<br />

Raffaele Antonelli-Incalzi<br />

Anticolinergici 37<br />

β2-agonisti 38<br />

β2-agonisti più anticolinergici o teofillina 38<br />

Steroidi inalatori 38<br />

Teofillina 38<br />

TRATTAMENTO NON FARMACOLOGICO E STATO DI SALUTE 39<br />

Mauro Carone<br />

Ossigenoterapia a lungo termine (LTOT) 39<br />

Ventilazione non invasiva a lungo termine (NIPPV) 39<br />

Programmi di riabilitazione 40<br />

Programmi educazionali 41<br />

X


I QUADERNI DELLA BPCO<br />

Conclusioni 41<br />

Bibliografia 43<br />

2.GESTIONE DELLA BPCO 47<br />

PROGRAMMI DI SCREENING 47<br />

Riccardo Pistelli, Carlo Giuntini, Sandra Sammarro<br />

Introduzione 47<br />

Metodologia di screening e di case-finding 47<br />

Le nostre conoscenze sulla BPCO e la ricerca attiva dei casi 49<br />

La ricerca attiva della BPCO 50<br />

Conclusioni 51<br />

Bibliografia 51<br />

RACCOMANDAZIONI GOLD 52<br />

Leonardo M. Fabbri, Micaela Romagnoli<br />

Introduzione 52<br />

Identificazione dei soggetti a rischio 52<br />

Quali sono i fattori di rischio 52<br />

Soggetti a rischio: fumatori con o senza sintomi di bronchite cronica 52<br />

Stadio 0 delle linee guida GOLD: controversie 53<br />

Educazione 53<br />

Cos’è la BPCO 53<br />

Riduzione dei fattori di rischio: programmi educazionali per la dissuasione<br />

dall’abitudine tabagica 53<br />

Ruolo del paziente e degli operatori sanitari nella gestione della BPCO 54<br />

Prevenzione nei confronti del fumo 54<br />

Ruolo degli operatori sanitari nei programmi antifumo 55<br />

Diagnosi di BPCO 55<br />

Monitoraggio della progressione della malattia e sviluppo di complicanze 56<br />

Gestione delle riacutizzazioni di BPCO 57<br />

Prevenzione delle riacutizzazioni 57<br />

Diagnosi di riacutizzazione e valutazione di gravità 58<br />

Gestione domiciliare od ospedaliera delle riacutizzazioni 58<br />

Indicazioni al trattamento ospedaliero delle riacutizzazioni 58<br />

Bibliografia 59<br />

BPCO: IMPATTO SOCIO-ECONOMICO E PERCORSI GESTIONALI<br />

EVIDENCE-BASED 61<br />

Roberto Dal Negro, Ciro Rampulla<br />

Introduzione 61<br />

Prevenzione 62<br />

Riduzione dei costi ospedalieri 63<br />

Diagnosi precoce di BPCO 63<br />

Ottimizzazione della terapia 64<br />

Organizzazione sanitaria 65<br />

XI


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />

Prevenzione e trattamento della disabilità 68<br />

Conclusioni 69<br />

Bibliografia 70<br />

3.ASPETTI EDUCAZIONALI DEL TRATTAMENTO DELLA BPCO 75<br />

Margherita Neri<br />

Introduzione 75<br />

Educazione dei pazienti 75<br />

La corretta assunzione della terapia inalatoria 76<br />

Ossigenoterapia a lungo termine 77<br />

Educazione e BPCO in ventiloterapia domiciliare 78<br />

Abolizione del fumo 78<br />

Aspetti nutrizionali 80<br />

Bibliografia 80<br />

4.MANAGEMENT CLINICO DELLA BPCO 83<br />

LA BPCO NEL CONTESTO DELLA PNEUMOLOGIA 83<br />

Alfredo Potena<br />

Diagnosi e monitoraggio ambulatoriale della malattia 84<br />

Ricovero ospedaliero 85<br />

Riabilitazione 87<br />

Ossigenoterapia 87<br />

Disturbi del sonno e altri disturbi sistemici 87<br />

Conclusioni 88<br />

Bibliografia 88<br />

LA BPCO IN MEDICINA INTERNA 91<br />

Vittorio Grassi, Stefania Cossi, Roberto Zulli<br />

Qual è il percorso della BPCO in ospedale 91<br />

Fino a che punto la BPCO è una malattia internistica e quando invece<br />

diventa una malattia specialistica 94<br />

Qual è il ruolo della medicina interna nell’eterogeneo mondo della<br />

BPCO 95<br />

Conclusioni 95<br />

Bibliografia 96<br />

LA BPCO NEL CONTESTO DELLA GERIATRIA 96<br />

Vincenzo Bellia, Franco Rengo, Salvatore Battaglia<br />

Introduzione 96<br />

Gestione del paziente con BPCO in età geriatrica 96<br />

Cura continuativa dell’anziano con BPCO 98<br />

Bibliografia 99<br />

XII


I QUADERNI DELLA BPCO<br />

5.RUOLO DEL MEDICO DI MEDICINA GENERALE NELLA GESTIONE<br />

DELLA BPCO 101<br />

INTRODUZIONE 101<br />

Germano Bettoncelli<br />

Bibliografia 101<br />

L’APPROCCIO DIAGNOSTICO 102<br />

Antonio Gerace<br />

Bibliografia 106<br />

IL DISEASE MANAGEMENT DELLA BPCO 106<br />

Saffi-Ettore Giustini<br />

La “gestione integrata” 107<br />

Integrazione delle diverse strutture e dei diversi servizi 107<br />

Condivisione delle informazioni tra i vari attori 107<br />

Benefici clinici e organizzativi di un percorso assistenziale diagnostico<br />

e terapeutico 108<br />

Ruolo del MMG 108<br />

Strumenti di gestione 109<br />

Indicazioni per il consulto dello specialista 110<br />

Follow-up 111<br />

Bibliografia 111<br />

IL PAZIENTE CON BPCO RIACUTIZZATA 111<br />

Germano Bettoncelli<br />

La diagnosi di riacutizzazione 112<br />

L’inquadramento di gravità del paziente 112<br />

Le indagini diagnostiche praticabili 113<br />

La gestione della terapia a domicilio 114<br />

Il paziente ospedalizzato: criteri di stabilizzazione clinica e di dimissione 115<br />

Organizzazione dell’assistenza domiciliare 115<br />

Bibliografia 116<br />

6.BPCO: COSA È SUCCESSO DI NUOVO DAL GIUGNO 2000 (QUANDO I<br />

QUADERNI SONO STATI PROGRAMMATI) 117<br />

Carlo Giuntini, Leonardo M. Fabbri,Vittorio Grassi<br />

Definizione di limitazione di flusso espiratorio 117<br />

Limitazione di flusso espiratorio e sintomi respiratori 118<br />

Conclusioni 120<br />

Bibliografia 120<br />

XIII


Gestione<br />

del paziente


I QUADERNI DELLA BPCO<br />

<strong>1.</strong> Come si valutano gli effetti<br />

del trattamento della BPCO<br />

TRATTAMENTO FARMACOLOGICO<br />

Valutazione clinico/funzionale<br />

Pierluigi Paggiaro, Claudio Tantucci<br />

INTRODUZIONE<br />

Dopo aver inizialmente impostato la terapia farmacologica,<br />

in base alla presenza e alla gravità dei<br />

sintomi respiratori, alla frequenza anamnestica delle<br />

riacutizzazioni, all’entità della riduzione del flusso<br />

aereo 1 , alla risposta sia in flusso sia in volume ai<br />

broncodilatatori,misurata acutamente e,quando ritenuto<br />

utile, anche dopo un breve periodo di trattamento<br />

con steroidi, è indispensabile conoscerne<br />

e giudicarne gli effetti nel tempo. A questo scopo,<br />

accanto all’insostituibile valutazione clinica (rilevazione<br />

anamnestica dell’andamento dei sintomi, riquantificazione<br />

degli stessi, esame obiettivo, controllo<br />

delle modalità di assunzione dei farmaci nei<br />

dosaggi prescritti e dell’aderenza alla terapia ecc.)<br />

è possibile e auspicabile anche una valutazione<br />

obiettiva della funzione respiratoria e della tolleranza<br />

allo sforzo.<br />

Non esiste una prassi codificata circa la cadenza dei<br />

controlli clinici e funzionali nei pazienti con<br />

BPCO in assenza di riacutizzazioni, tuttavia sulla<br />

scorta dell’esperienza accumulata e delle conoscenze<br />

derivanti dagli studi longitudinali sul declino<br />

della funzione respiratoria 2 è possibile suggerire<br />

uno schema di monitoraggio che tiene conto<br />

della gravità dell’ostruzione al flusso aereo (tabella<br />

<strong>1.</strong>1) 3 .<br />

È necessario ricordare, tuttavia, che al momento attuale<br />

le BPCO devono essere considerate <strong>malattie</strong><br />

ad andamento progressivo e che, pertanto, tendono<br />

a peggiorare con il tempo anche in presenza del<br />

migliore trattamento disponibile.<br />

Obiettivi della terapia<br />

Tabella <strong>1.</strong>1<br />

Possibile schema di monitoraggio clinico-funzionale<br />

dei pazienti con BPCO in fase stabile (modificata da 3 )<br />

Gravità di<br />

ostruzione<br />

al flusso<br />

VEMS ><br />

70% del<br />

predetto<br />

VEMS <<br />

70% e ><br />

50% del<br />

predetto<br />

VEMS <<br />

50% del<br />

predetto<br />

Visita<br />

specialistica<br />

Ogni 12<br />

mesi<br />

Ogni 6<br />

mesi<br />

Ogni 3<br />

mesi<br />

Ogni 12<br />

mesi<br />

Ogni 6<br />

mesi<br />

Ogni 3<br />

mesi<br />

EGA<br />

Ogni 24<br />

mesi<br />

Ogni 12<br />

mesi<br />

Ogni 3<br />

mesi<br />

La BPCO è una malattia cronica progressiva e invalidante.<br />

Se l’obiettivo di modificare la storia na-<br />

Spirometria<br />

Ergometria<br />

Ogni 3-4<br />

anni<br />

Ogni 2<br />

anni<br />

3


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />

turale della malattia e la progressiva riduzione della<br />

funzione respiratoria nel tempo sembra attualmente<br />

possibile solo con la cessazione precoce dell’abitudine<br />

al fumo, ciò non vuol dire che il trattamento<br />

farmacologico sia inefficace. Esso, infatti,<br />

è capace di migliorare i sintomi e ridurre le limitazioni<br />

funzionali connesse alla malattia (come, per<br />

esempio,la tolleranza allo sforzo),migliorare la qualità<br />

della vita, ridurre il numero e la gravità delle<br />

riacutizzazioni e rallentare lo sviluppo delle complicazioni<br />

della malattia 1 . La sola riduzione delle<br />

riacutizzazioni può essere responsabile di una riduzione<br />

della mortalità 4 . Quindi, un atteggiamento<br />

rinunciatario nel trattamento della BPCO non<br />

è giustificato e ogni paziente dovrebbe essere attentamente<br />

valutato per ottenere il massimo miglioramento<br />

possibile nelle condizioni cliniche e<br />

funzionali connesse alla sua malattia. Per altro verso,<br />

anche un eccesso di trattamento non è giustificato,<br />

in quanto non sarebbe capace di modificare<br />

l’evoluzione della malattia.<br />

Gli obiettivi che devono essere perseguiti dal trattamento<br />

farmacologico e devono quindi essere attentamente<br />

ricercati e valutati nei controlli periodici<br />

sono riportati nella tabella <strong>1.</strong>2.<br />

La maggior parte di questi obiettivi è raggiungibile<br />

con un’adeguata scelta del trattamento farmacologico<br />

e non farmacologico e con l’educazione del<br />

paziente. Gli ultimi due obiettivi sono, al momento,<br />

difficilmente ottenibili con la terapia farmacologica,<br />

ma sia la cessazione del fumo sia l’ossigenoterapia<br />

domiciliare a lungo termine hanno mostrato<br />

la capacità di influire positivamente su questi<br />

aspetti della malattia. Molti di questi parametri<br />

sono valutabili con un’attenta indagine anamnestica,<br />

alla portata quindi anche del medico di medicina<br />

generale, altri richiedono l’utilizzo di test strumentali,a<br />

cui occorre comunque ricorrere,data anche<br />

la scarsa relazione esistente tra sintomi e alterazioni<br />

della funzione respiratoria o parametri che<br />

esprimono la tolleranza allo sforzo.<br />

Tabella <strong>1.</strong>2 Obiettivi del trattamento (modificata da 1 )<br />

Migliorare i sintomi, in particolare la dispnea<br />

Migliorare la tolleranza allo sforzo<br />

Migliorare lo stato di salute<br />

Prevenire le riacutizzazioni e le ospedalizzazioni<br />

Ridurre il ricorso alle strutture sanitarie<br />

Rallentare il declino progressivo della funzione respiratoria<br />

Prevenire le complicanze (insufficienza respiratoria, cuore<br />

polmonare)<br />

Valutazione clinica<br />

I sintomi respiratori (la tosse, l’espettorazione, la dispnea<br />

da sforzo, il respiro sibilante) possono migliorare<br />

con il trattamento farmacologico, sia con<br />

l’uso dei broncodilatatori 5-8 sia, meno frequentemente,<br />

con l’uso dei corticosteroidi inalatori 9,10 o<br />

con la terapia di combinazione 11,12 .L’entità dell’effetto<br />

dipende dalle caratteristiche della malattia<br />

(in particolare dall’entità della componente di reversibiltà<br />

dell’ostruzione bronchiale di base) e dalla<br />

gravità della malattia, anche se solo pochi studi<br />

sono stati fatti in tal senso.<br />

La tosse e l’espettorazione risentono favorevolmente<br />

della cessazione del fumo e, meno frequentemente,<br />

sono riportati come migliorati dopo trattamento<br />

farmacologico. A oggi non esistono metodi<br />

standardizzati per la valutazione di questi sintomi.Valutazioni<br />

semiquantitative per i singoli sintomi<br />

sono state applicate in alcuni studi multicentrici<br />

6,11,12 , mentre altri autori hanno proposto una<br />

scala di punteggio globale dei principali sintomi (tra<br />

cui anche tosse ed espettorazione) che sembra essere<br />

sensibile al miglioramento apportato dalla terapia<br />

farmacologica 13 .<br />

La dispnea è il sintomo principale della BPCO e<br />

rappresenta quindi un obiettivo importante del<br />

trattamento farmacologico. La valutazione della<br />

dispnea è resa difficile dall’eterogeneità dei meccanismi<br />

che la determinano in ciascun soggetto<br />

(alterazioni della meccanica respiratoria, trofismo<br />

dei muscoli scheletrici, stato psicologico del paziente,<br />

comorbilità cardiovascolare ecc.) e dalla diversa<br />

modalità di espressione dei pazienti 14 .I metodi<br />

più semplici per la valutazione della dispnea<br />

sono il ricorso alla classificazione MRC (Medical<br />

Research Council) della dispnea 15 e la scala<br />

BDI/TDI (Baseline and Transition Dyspnea Indexes)<br />

16 . La prima si basa sulla distinzione in cinque<br />

gradi di attività fisica di intensità decrescente<br />

che causano dispnea. Questa classificazione è molto<br />

utile per la distinzione della gravità della dispnea<br />

tra soggetti, è parzialmente correlata con<br />

l’entità della compromissione funzionale respiratoria,<br />

ma è poco sensibile alle variazioni apportate<br />

dalla terapia farmacologica 5,10 . La scala<br />

BDI/TDI proposta da Mahler si compone di una<br />

valutazione iniziale della gravità della dispnea, distinta<br />

in diverse componenti e personalizzata per<br />

ogni individuo (baseline dyspnea index, BDI), e in<br />

una valutazione delle variazioni che si realizzano<br />

in un periodo più o meno lungo di follow-up (tran-<br />

4


<strong>1.</strong> COME SI VALUTANO GLI EFFETTI DEL TRATTAMENTO DELLA BPCO<br />

1,6<br />

1,4<br />

1,2<br />

1,0<br />

***<br />

***<br />

*** ***<br />

***<br />

Figura <strong>1.</strong>1<br />

Valore medio del punteggio TDI (transitional<br />

dyspnea index) nel corso del periodo di trattamento<br />

con placebo (rombi, N = 325) e con tiotropio<br />

(triangoli,N = 507),dopo aggiustamento<br />

per il valore BDI (baseline dyspnea index), per<br />

il diverso centro e per il trattamento 8 .<br />

Punteggio TDI<br />

0,8<br />

0,6<br />

0,4<br />

0,2<br />

0,0<br />

–0,2<br />

–0,4<br />

0 40 80<br />

120 160 200 240 280 320 360<br />

Giorni<br />

sitional dyspnea index,TDI). Questa scala è stata utilizzata<br />

in vari studi multicentrici per valutare l’efficacia<br />

della terapia farmacologica nella BPCO,<br />

mostrando risultati positivi, in particolare per alcuni<br />

broncodilatatori 8 (figura <strong>1.</strong>1). Comunque la<br />

scala di Mahler, che è stata tradotta in varie lingue<br />

tra cui l’italiano, è di difficile comprensione per il<br />

paziente e di non facile somministrazione. La sua<br />

correlazione con il VEMS (volume espiratorio<br />

massimo nel primo secondo) e altri parametri funzionali<br />

respiratori (come per esempio la massima<br />

pressione inspiratoria, indice indiretto della forza<br />

dei muscoli respiratori) è modesta. Presenta tuttavia<br />

una discreta ripetibilità intrasoggetto ed è sensibile<br />

all’andamento progressivo della malattia negli<br />

anni 17 .<br />

Un altro modo per quantizzare la dispnea è quello<br />

di far ricorso alla scala di Borg prima e dopo un test<br />

da sforzo (sia la prova da sforzo cardio<strong>respiratorio</strong> o<br />

più semplicemente il test dei 6 minuti o altri test<br />

analoghi).Tale parte verrà trattata in seguito.<br />

Negli ultimi anni sono stati sviluppati e applicati alla<br />

gestione della BPCO vari questionari di valutazione<br />

della qualità della vita.Tali questionari indagano<br />

con appropriate domande l’importanza dei<br />

sintomi della malattia, la loro influenza sulle attività<br />

della vita quotidiana, le limitazioni apportate dalla<br />

malattia e l’impatto psicologico prodotto 18 . Si distinguono<br />

in questionari generici di malattia (il Sickness<br />

Impact Profile, SIP, o il questionario SF-36) e<br />

specifici per le <strong>malattie</strong> respiratorie croniche; tra<br />

questi ultimi, i più conosciuti e applicati sono il Chronic<br />

Respiratory Questionnaire (CRQ) e il St. George’s<br />

Respiratory Questionnaire (SGRQ). Quest’ultimo<br />

questionario, autosomministrato dal paziente, si<br />

compone di tre sezioni che indagano i sintomi respiratori,<br />

le attività della vita quotidiana e l’impatto<br />

della malattia sul paziente 19 . Il questionario è stato<br />

tradotto e validato in varie lingue, tra cui l’italiano.<br />

Dal questionario sono ricavabili un punteggio<br />

specifico per le varie sezioni e un punteggio<br />

globale che permette di quantizzare la risposta al<br />

questionario. È stata anche valutata quale potrebbe<br />

essere la variazione minima clinicamente significativa,<br />

che per il SGRQ è stata valutata attorno a 4<br />

punti 20 .Vari studi hanno dimostrato che tali questionari<br />

di qualità della vita sono sensibili agli effetti<br />

positivi del trattamento farmacologico 6,8,11,12,21,22<br />

(figura <strong>1.</strong>2), anche se sono stati maggiormente utilizzati<br />

per la valutazione dell’efficacia della riabilitazione<br />

respiratoria 23 ,dove hanno mostrato una<br />

maggiore sensibilità, forse in relazione alla maggiore<br />

complessità e complementarietà dell’intervento<br />

terapeutico riabilitativo rispetto a quello puramente<br />

farmacologico. I questionari sulla qualità della vita<br />

sono comunque fortemente influenzati da fattori<br />

psicosociali difficilmente controllabili e, pertanto,<br />

presentano una correlazione scarsa o talora assente<br />

con altri indicatori clinici o funzionali della<br />

BPCO. Sono di non facile somministrazione e interpretazione<br />

e si prestano più a valutazioni di gruppi<br />

di pazienti che di un singolo soggetto.<br />

Nella pratica clinica è comunque importante sottolineare<br />

che, in maniera più o meno standardizza-<br />

5


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />

p = 0,0007<br />

p = 0,01<br />

0<br />

p = 0,4<br />

Punteggio<br />

SGRQ<br />

–1<br />

–2<br />

–3<br />

–4<br />

–5<br />

–6<br />

–7<br />

–8<br />

–9<br />

Soglia di variazione<br />

clinicamente<br />

significativa<br />

–10<br />

Placebo<br />

Salmeterol<br />

50 µg<br />

Salmeterol<br />

100 µg<br />

Figura <strong>1.</strong>2<br />

Variazioni nel punteggio totale del SGRQ nelle 16 settimane di trattamento con placebo, salmeterolo 50 µg 2 volte al giorno e salmeterolo 100 µg<br />

2 volte al giorno. Una riduzione nel punteggio indica un miglioramento nella qualità della vita 21 .<br />

ta, è necessario che la raccolta dei sintomi sia considerata<br />

un elemento importante per la valutazione<br />

dell’efficacia del trattamento farmacologico. Ciò<br />

vale particolarmente per il medico di medicina generale,<br />

anche se l’interpretazione del significato dei<br />

sintomi respiratori dipende dalla conoscenza dei risultati<br />

delle indagini strumentali.Alcuni autori hanno<br />

suggerito una specie di check-list di informazioni<br />

importanti da richiedere attentamente al paziente<br />

con BPCO per capire se il trattamento farmacologico<br />

è stato efficace 24 (tabella <strong>1.</strong>3).<br />

Un altro indice clinico che è stato frequentemente<br />

utilizzato per la valutazione dell’efficacia della<br />

terapia è stato il consumo del farmaco d’emergenza,<br />

in particolare del β 2 -agonista a rapida azione<br />

utilizzabile al bisogno per il miglioramento della<br />

dispnea.Tale indice è stato mutuato per la BPCO<br />

dalle informazioni ricavate dagli studi sull’asma,dove<br />

si è dimostrato effettivamente una buona “spia”<br />

del controllo della malattia. Ciò, tuttavia, non è vero<br />

per la BPCO, almeno per quei soggetti che non<br />

hanno un’importante componente di variabilità e<br />

di reversibilità dell’ostruzione bronchiale. Infatti, il<br />

paziente con BPCO non reversibile ha dispnea fondamentalmente<br />

in relazione all’attività fisica, che il<br />

paziente può quindi volontariamente limitare, limitando<br />

conseguentemente l’uso del farmaco. Comunque<br />

alcuni studi hanno dimostrato anche per<br />

questo indice un miglioramento con l’instaurarsi di<br />

un trattamento regolare 5,8,11 .<br />

La valutazione clinica deve inoltre comprendere<br />

informazioni relative al numero e alla gravità delle<br />

riacutizzazioni di BPCO che si sono realizzate nel<br />

periodo di trattamento farmacologico,nonché informazioni<br />

dettagliate sull’entità di ricorso alle risorse<br />

sanitarie (visite mediche, ricoveri ospedalieri ecc.).<br />

Una riduzione della gravità e della frequenza delle<br />

Tabella <strong>1.</strong>3<br />

Proposta di uno schema di raccolta anamnestica relativa<br />

alle variazioni apportate dal trattamento alla sintomatologia del<br />

paziente (modificata da 24 )<br />

Domanda iniziale<br />

La cura è stata efficace<br />

Ulteriori domande<br />

Rispetto a prima:<br />

ha osservato qualche miglioramento di un certo rilievo<br />

nelle sue attività quotidiane oppure: è ora capace di<br />

effettuare una maggiore attività fisica, come camminare, o<br />

sociale, come uscire con amici<br />

c’è un qualche miglioramento nella mancanza di respiro<br />

durante le attività quotidiane<br />

c’è un qualche miglioramento nella tosse<br />

c’è un qualche miglioramento nel catarro<br />

c’è un qualche miglioramento nell’uso del suo farmaco<br />

d’emergenza<br />

le sembra di dormire meglio<br />

ha notato qualche altro miglioramento<br />

6


<strong>1.</strong> COME SI VALUTANO GLI EFFETTI DEL TRATTAMENTO DELLA BPCO<br />

riacutizzazioni di BPCO, in termini sia di minor frequenza<br />

sia di maggior tempo intercorso al momento<br />

della prima riacutizzazione,è stata riportata da vari<br />

studi che hanno utilizzato sia broncodilalatori 6-8,25<br />

sia corticosteroidi inalatori 9,10 o terapia di combinazione<br />

11,12 .Va comunque considerato che la riduzione<br />

nella frequenza di riacutizzazioni ottenuta dal<br />

trattamento farmacologico è di modesta entità (al<br />

massimo del 20-30% in un periodo di uno o più<br />

anni) e che,quindi,l’efficacia del trattamento nel singolo<br />

paziente per questo specifico outcome non è prevedibile.Il<br />

limite di queste misurazioni risiede in una<br />

non precisa definizione di riacutizzazione, che si basa<br />

più sulle procedure terapeutiche adottate che su<br />

un quadro clinico ben definito. Anche la riduzione<br />

del ricorso alle prestazioni sanitarie (minor visite mediche,<br />

minor uso di farmaci d’emergenza) può essere<br />

utilizzata come una “spia” di un miglior controllo<br />

della malattia. D’altra parte, è noto che un’elevata<br />

frequenza di riacutizzazioni di BPCO si associa a<br />

un più rapido declino nella funzione respiratoria 26 ;<br />

se esista una relazione causale tra questi due fenomeni<br />

o se entrambi siano espressione di una maggiore<br />

gravità della malattia non è noto.<br />

Nel complesso, la valutazione clinica dell’efficacia<br />

della terapia farmacologica richiede un’attenta indagine<br />

anamnestica che consideri la frequenza e<br />

l’entità sia dei sintomi respiratori sia delle riacutizzazioni<br />

della malattia. L’utilizzo di schemi codificati<br />

di raccolta di queste informazioni, o anche di<br />

strumenti più standardizzati per la valutazione dei<br />

sintomi e della qualità della vita (peraltro poco validati<br />

per l’uso nel singolo soggetto), potrebbe aiutare<br />

la raccolta di tali informazioni.<br />

Valutazione funzionale<br />

Premessa ovvia ma necessaria è quella di sottolineare<br />

che le condizioni in cui vengono eseguiti i<br />

test utilizzati per la valutazione della funzione respiratoria<br />

dovrebbero essere standardizzate e precisate<br />

(per lo meno per il singolo paziente). La posizione<br />

corporea, il tempo dall’assunzione dei farmaci,<br />

il momento della giornata e la strumentazione<br />

utilizzata influenzano i parametri funzionali ottenuti<br />

mediante le usuali metodiche di laboratorio.<br />

L’indagine spirometrica è alla base del monitoraggio<br />

del trattamento farmacologico nei pazienti con<br />

BPCO.<br />

A partire dal livello di fine-espirazione durante respirazione<br />

tranquilla a riposo, l’esecuzione di una<br />

manovra lenta di massima inspirazione e successivamente<br />

di massima espirazione (in fondo limitata<br />

dal tempo di apnea del paziente) consente la misurazione<br />

della capacità inspiratoria (CI) e della capacità<br />

vitale espiratoria lenta (CVe). La CI è ridotta<br />

nei pazienti BPCO con flusso-limitazione espiratoria<br />

e iperinflazione polmonare, in quanto specularmente<br />

riflette un aumento della capacità funzionale<br />

residua (CFR) dinamica 27 . Inoltre, rappresentando<br />

la riserva volumetrica per l’incremento<br />

del volume corrente (Vt), non è sorprendente che<br />

la CI sia il più significativo predittore indipendente<br />

del picco di consumo di ossigeno (V O 2 ,picco)<br />

durante esercizio incrementale in questi pazienti,<br />

influenzandone marcatamente la tolleranza allo<br />

sforzo 27,28 .Dato che nei pazienti con BPCO i broncodilatori<br />

non modificano la capacità polmonare<br />

totale (CPT) 29,30 , un aumento di CI rispetto al valore<br />

basale in corso di terapia con broncodilatatori<br />

(ed eventualmente anche con steroidi inalatori)<br />

costituisce un indice di buon controllo funzionale<br />

dell’ostruzione al flusso, documentando una riduzione<br />

dell’iperinflazione dinamica 30 (figura <strong>1.</strong>3) e<br />

verosimilmente favorendo una migliore tolleranza<br />

allo sforzo. Per gli stessi presupposti, la CVe permette<br />

indirettamente di stimare l’andamento del<br />

Volume (l)<br />

8<br />

6<br />

4<br />

2<br />

0<br />

NFL<br />

n = 7<br />

CI<br />

CFR<br />

FL<br />

n = 11<br />

Pre Post Pre Post<br />

Figura <strong>1.</strong>3<br />

Variazione della capacità funzionale residua (CFR) e della capacità inspiratoria<br />

(CI) in pazienti con BPCO dopo somministrazione di un<br />

broncodilatatore.Una significativa riduzione rispetto al basale della CFR<br />

si osserva solo in pazienti con flusso-limitazione espiratoria (FL).Tale<br />

riduzione si associa a un aumento della CI (modificata da 30 ).<br />

*<br />

7


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />

volume residuo (VR), in quanto un aumento (o diminuzione)<br />

della CVe riflette essenzialmente una<br />

diminuzione (o aumento) del VR, fornendo informazioni<br />

sulle modificazioni dell’intrappolamento<br />

aereo ottenute (o meno) dalla terapia medica.<br />

L’esecuzione della manovra di espirazione forzata a<br />

partire da CPT (e successiva inspirazione a partire<br />

da VR), analizzata in termini di relazione (curva)<br />

sia volume/tempo sia flusso/volume, consente di<br />

misurare i volumi e i flussi espiratori (e inspiratori)<br />

massimali. In particolare, il VEMS, parametro di<br />

riferimento per la stadiazione dell’ostruzione al<br />

flusso nelle BPCO 1 ,è sicuramente utile anche per<br />

valutare l’andamento dell’ostruzione bronchiale e,<br />

in tempi più lunghi, l’entità del declino della funzione<br />

respiratoria. Per quanto noto, tuttavia, il trattamento<br />

farmacologico attualmente disponibile, a<br />

eccezione di un miglioramento che si verifica nelle<br />

prime fasi della sua attuazione, non è in grado<br />

di modificare il declino del VEMS nella maggioranza<br />

dei pazienti con BPCO 31-34 .<br />

La misurazione del VR (in pratica della CFR), e di<br />

conseguenza della CPT, comporta spesso problemi<br />

metodologici (di esecuzione e interpretazione) e di<br />

tecnica (pletismografica e/o diluizionale di vario tipo)<br />

non indifferenti che, in tutti i casi, risentono<br />

intrinsecamente della gravità dell’ostruzione delle<br />

vie aeree e non solo dell’efficacia del trattamento<br />

farmacologico. Non appare pertanto idonea a fornire,<br />

se non accuratamente eseguita, chiara informazione<br />

aggiuntiva ai test spirometrici prima menzionati<br />

nella valutazione (ed eventualmente modificazione)<br />

della terapia in atto.<br />

La determinazione della capacità di diffusione polmonare<br />

per il monossido di carbonio (DL CO ), assoluta<br />

e normalizzata per il volume alveolare, a differenza<br />

delle pneumopatie interstiziali, non è utile<br />

per la valutazione del trattamento farmacologico<br />

nelle BPCO. Pertanto, la misurazione della DL CO<br />

dovrebbe essere utilizzata per monitorare l’evoluzione<br />

della malattia, piuttosto che per valutare l’effetto<br />

della terapia.<br />

Contemporaneamente all’indagine spirometrica, nei<br />

pazienti BPCO con SaO 2


<strong>1.</strong> COME SI VALUTANO GLI EFFETTI DEL TRATTAMENTO DELLA BPCO<br />

Volume polmonare (%)<br />

100 10<br />

P<br />

95<br />

S<br />

8<br />

90<br />

VTI/CPT<br />

85<br />

Vt<br />

6<br />

80<br />

75<br />

70<br />

65<br />

V†<br />

Basale<br />

VTE/CPT<br />

MPE<br />

P<br />

S<br />

Punteggio Borg (a MPE)<br />

4<br />

2<br />

0<br />

Placebo<br />

Salbutamolo<br />

Figura <strong>1.</strong>4<br />

Confronto tra placebo (P) e salbutamolo (S) prima e al termine di un<br />

test da sforzo incrementale a massima potenza equivalente (MPE) in<br />

un gruppo di 13 pazienti con BPCO da moderata a severa. A sinistra,<br />

si osserva una riduzione del volume polmonare telespiratorio<br />

(VTE), misurato in rapporto alla capacità polmonare totale<br />

(VTE/CPT), già in condizioni basali dopo S. Ciò consente lo sviluppo<br />

di un maggior volume corrente (Vt) con un minor grado di iperinflazione<br />

dinamica (VTE/CPT) a MPE.A destra, il grado di dispnea<br />

a MPE misurato secondo la scala di Borg è minore dopo S nella<br />

maggioranza dei pazienti.VTI = volume polmonare teleinspiratorio<br />

(modificata da 35 ).<br />

aumenta a ogni minuto seguendo il ritmo acusticamente<br />

imposto da un metronomo. Il risultato del<br />

test si esprime o in metri o in tragitti percorsi 38 .<br />

Anche in questo caso FC, SaO 2 e dispnea possono<br />

essere misurate a intervalli regolari (di tempo o di<br />

percorso) e alla fine del test. Lo shuttle walking test,<br />

quando ben appreso, è riproducibile e si correla<br />

strettamente con misure più complesse quali il consumo<br />

massimo di ossigeno (V O 2 ,picco) 39 .<br />

Entrambi questi test si sono dimostrati sensibili a<br />

procedure di intervento terapeutico nei pazienti<br />

con BPCO e pertanto, conoscendone i vantaggi e<br />

i limiti, è possibile utilizzarli per giudicare anche<br />

l’effetto del trattamento farmacologico in base alla<br />

variazione della distanza finale percorsa e, soprattutto,alle<br />

modificazioni a iso-distanza della FC,della<br />

SaO 2 e della dispnea riferita.<br />

In laboratori più attrezzati esiste l’opportunità di<br />

eseguire test da sforzo cardio<strong>respiratorio</strong> più complessi,<br />

utilizzando cicloergometri o tappeti ruotanti,<br />

attualmente comandati da programmi computerizzati,<br />

mediante i quali poter eseguire con modalità<br />

strettamente standardizzate esercizi di tipo<br />

steady-state o incrementale.<br />

Misurando le concentrazioni inspiratorie ed espiratorie<br />

dei gas respiratori, il flusso aereo durante<br />

l’inspirazione e l’espirazione, insieme al tracciato<br />

ECG e alla pressione arteriosa, è possibile calcolare<br />

una serie di parametri (sia respiro per respiro, che<br />

mediati in un certo numero di respiri o in un dato<br />

tempo) utili per valutare la capacità di esercizio<br />

prima e dopo un intervento farmacologico.<br />

A tale scopo in pazienti con BPCO, nel corso di<br />

esercizio incrementale submassimale, limitato dai<br />

sintomi, particolare significato assume la determinazione<br />

della soglia anaerobica (AT) quando rilevabile,<br />

degli equivalenti respiratori per l’ossigeno e<br />

soprattutto per l’anidride carbonica (V E/V O 2 e<br />

VE/VCO 2 ), della massima ventilazione/minuto<br />

(VE,max) e delle sue componenti: frequenza respiratoria<br />

e volume corrente (Fr,max e Vt,max), del<br />

massimo consumo di ossigeno (V O 2 ,picco) e della<br />

massima potenza sostenibile (Watt,max). È inoltre<br />

importante valutare contemporaneamente l’andamento<br />

della SaO 2 e della dispnea e del distress dei<br />

muscoli scheletrici impegnati, riferiti a intervalli di<br />

tempo o di potenza prestabiliti.<br />

In questo modo si possono confrontare i parametri<br />

sopramenzionati non solo in termini di variazione<br />

massima, cioè in termini di incremento di<br />

prestazione assoluta, ma anche e sopratutto relativamente<br />

a uguali livelli di potenza (a iso-watt), fornendo<br />

elementi più indicativi di un’eventuale migliore<br />

tolleranza allo sforzo, sia funzionale sia sintomatica,<br />

indotta dai farmaci (figura <strong>1.</strong>4).<br />

In alternativa, disponendo della stessa strumentazione<br />

e rilevando gli stessi parametri, è possibile testare<br />

l’effetto di un trattamento farmacologico utilizzando<br />

una metodica di sforzo costante (steady state),<br />

che consiste nel fare esercitare i pazienti a un<br />

determinato carico, espresso in watt, deciso in base<br />

a una certa percentuale del V O 2 ,picco (sia teorico<br />

sia misurato nel singolo paziente) che è richiesta<br />

per eseguirlo.<br />

L’esercizio viene eseguito per un tempo determinato<br />

(di solito per 6 minuti), se richiede un V O 2<br />

inferiore alla AT, o per il tempo in cui è sostenibile,<br />

se il V O 2 è superiore alla AT.<br />

Questa metodica è meno stressante, più semplice<br />

da ripetere e più vicina all’entità dello sforzo normalmente<br />

richiesto nello svolgimento delle attività<br />

quotidiane. Due esempi di questo approccio dinamico<br />

sono riportati nelle figure <strong>1.</strong>5 e <strong>1.</strong>6 in cui<br />

vengono valutati, sulla base della differente relazione<br />

tra parametri funzionali e dispnea da sforzo, gli<br />

effetti di un trattamento broncodilatatore in pazienti<br />

con BPCO con ostruzione basale da moderata<br />

a grave, condotto rispettivamente con un farmaco<br />

anti-colinergico 36 ) e β 2 -agonista selettivo 37 .<br />

9


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />

Volume polmonare (l)<br />

0<br />

1<br />

2<br />

3<br />

0<br />

Ipratropio bromuro<br />

Placebo<br />

CPT<br />

0<br />

}<br />

IRV*<br />

} IRV<br />

∆CI<br />

V<br />

V<br />

}<br />

T<br />

2 4 6 8 10 12<br />

Tempo di esercizio (min)<br />

Volume polmonare (l)<br />

1<br />

2<br />

}<br />

T<br />

3<br />

0 2 4 6 8 10 12<br />

Tempo di esercizio (min)<br />

CPT<br />

Fr (resp/min)<br />

32<br />

30<br />

28<br />

26<br />

24<br />

22<br />

20<br />

18<br />

16<br />

0,6 0,8 1,0 1,2 1,4<br />

Volume corrente (I)<br />

Fr (resp/min)<br />

32<br />

30<br />

28<br />

26<br />

24<br />

22<br />

20<br />

18<br />

16<br />

0,6 0,8 1,0 1,2 1,4<br />

Volume corrente (I)<br />

A<br />

6<br />

Ipratropio bromuro<br />

6<br />

Placebo<br />

Dispnea (Borg)<br />

5<br />

4<br />

3<br />

2<br />

*<br />

Dispnea (Borg)<br />

5<br />

4<br />

3<br />

2<br />

1<br />

post-IB<br />

pre-IB<br />

0<br />

0 2 4 6 8 10 12<br />

Tempo di esercizio (min)<br />

1<br />

post-P<br />

pre-P<br />

0<br />

0 2 4 6 8 10 12<br />

Tempo di esercizio (min)<br />

B<br />

Figura <strong>1.</strong>5<br />

Confronto tra placebo e ipratropio bromuro in 29 pazienti con BPCO durante un esercizio a carico costante (pari al 50% del V O 2 ,max misurato).<br />

(A) Dopo il broncodilatatore, a differenza del placebo, già in condizioni basali si osserva un aumento di capacità inspiratoria (∆CI), che riflette<br />

una minore iperinflazione polmonare dinamica. Ciò permette un tempo di esercizio più lungo, con una minor frequenza respiratoria e una riserva<br />

inspiratoria più ampia (IRV) alla fine dello sforzo. (B) Contemporaneamente la dispnea da sforzo riferita appare diminuita a tempi equivalenti di<br />

esercizio dopo IB, ma non dopo P (modificata da 36 ).<br />

In entrambi i casi si osserva che in una quota di<br />

pazienti il trattamento broncodilatatore permetteva<br />

di eseguire uno stesso sforzo con un minore incremento<br />

della dispnea. Ciò avveniva essenzialmente<br />

in coloro in cui il farmaco aveva determinato<br />

una diminuzione dell’iperinflazione dinamica,<br />

riflessa dalla riduzione della CI a riposo. Dal lavoro<br />

di Boni et al. 37 si evince chiaramente che ciò<br />

può verificarsi solo in pazienti BPCO con flussolimitazione<br />

espiratoria a riposo (figura <strong>1.</strong>6).<br />

Una sistematica revisione degli effetti dei broncodilatatori<br />

sulla capacità di esercizio (per carichi di lavori<br />

sia costanti sia incrementali) e sulla dispnea da sforzo<br />

in pazienti con BPCO è stata recentemente messa<br />

a punto 40 . In circa la metà degli studi si è potuto<br />

documentare un significativo effetto benefico dei<br />

broncodilatatori, in particolare anticolinergici a dosi<br />

elevate e β 2 -agonisti a breve durata d’azione, sulla capacità<br />

di esercizio, soprattutto quando testati in condizioni<br />

di carico di lavoro costante. Risultati meno<br />

soddisfacenti venivano riportati per le teofilline,mentre<br />

dati insufficienti non permettono attualmente un<br />

giudizio di merito per i β 2 -agonisti a lunga durata<br />

d’azione.Tuttavia, anche in assenza di chiari miglioramenti<br />

funzionali, si riscontrava una ridotta dispnea<br />

da sforzo nella maggioranza degli studi recensiti.<br />

10


<strong>1.</strong> COME SI VALUTANO GLI EFFETTI DEL TRATTAMENTO DELLA BPCO<br />

∆Borg, esercizio<br />

2<br />

1<br />

0<br />

–1<br />

–2<br />

–3<br />

y = 0,18 - 0,05x<br />

r s = 0,69; p < 0,05<br />

y = 0,52 + 0,04x<br />

r s = 0,18; p = ns<br />

∆CI (%pre)<br />

NFL<br />

–4<br />

–10 0 10 20 30 40 50<br />

Figura <strong>1.</strong>6<br />

Variazione del grado di dispnea da sforzo, misurata con la scala di<br />

Borg (∆Borg,esercizio), durante un esercizio a carico costante (33%<br />

del VO 2 ,max predetto) in un gruppo di 20 pazienti con BPCO dopo<br />

salbutamolo, in relazione alla rispettiva modificazione della capacità<br />

inspiratoria basale (∆CI,%pre). La diminuzione della dispnea risulta<br />

correlata all’aumento di CI che, tuttavia, si verifica dopo il broncodilatatore<br />

solamente nei pazienti con flusso limitazione espiratoria<br />

(FL) (modificata da 37 ).<br />

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12


<strong>1.</strong> COME SI VALUTANO GLI EFFETTI DEL TRATTAMENTO DELLA BPCO<br />

TRATTAMENTO NON FARMACOLOGICO<br />

Ventilazione meccanica non invasiva<br />

Andrea Rossi, Stefano Nava, Lorenzo Appendini<br />

INTRODUZIONE<br />

L’introduzione e la diffusione della ventilazione meccanica<br />

non invasiva,soprattutto per i pazienti con insufficienza<br />

respiratoria acuta (IRA) determinata da<br />

una grave riacutizzazione di BPCO, è da considerarsi<br />

uno dei maggiori progressi nella clinica della<br />

recente pneumologia. Monografie recenti a livello<br />

nazionale 1 e internazionale 2 hanno estesamente affrontato<br />

l’argomento sul piano culturale e applicativo.<br />

Una recente metanalisi conclude che la ventilazione<br />

meccanica non invasiva, nella sua modalità a<br />

pressione positiva, dovrebbe costituire il trattamento<br />

di prima linea e in fase precoce dell’IRA causata da<br />

riacutizzazione di BPCO, in aggiunta all’ottimizzazione<br />

della terapia medica e all’ossigenazione 3 .<br />

La ventilazione meccanica non è una terapia, ma<br />

una tecnica di supporto vitale necessaria finché la<br />

terapia medica non abbia posto sotto controllo l’episodio<br />

alla base dello scompenso acuto 4 . La ventilazione<br />

meccanica va considerata quando, nonostante<br />

la massimizzazione e l’ottimizzazione della<br />

terapia medica:<br />

● persiste una dispnea intollerabile a riposo, spesso<br />

associata a:<br />

– tachipnea,<br />

– evidente utilizzazione dei muscoli accessori<br />

della respirazione,<br />

– respiro paradosso (rientro dell’addome con lo<br />

sforzo inspiratorio);<br />

● il pH arterioso è


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />

sciuta molto negli ultimi anni. Cercare di mettere<br />

ordine e trarre un filo logico da tutti questi studi<br />

pubblicati è assai difficile per varie ragioni:<br />

●<br />

●<br />

●<br />

la maggior parte dei lavori ha gravi limitazioni<br />

nel protocollo di studio, visto che pochi di essi<br />

sono controllati e randomizzati, essendo nella<br />

maggioranza retrospettivi o basati, se controllati,<br />

su confronto con gruppi di pazienti storici;<br />

molti studi non sono focalizzati su una patologia<br />

particolare, ma eseguiti su miscellanee di pazienti,<br />

reclutati per lo più seguendo criteri di<br />

ammissione non omogenei. Per esempio il pH<br />

medio basale, cioè quello registrato prima di intervenire<br />

con il supporto meccanico, varia a seconda<br />

degli studi da 7,18 a 7,35;<br />

le tecniche ventilatorie impiegate e l’esperienza<br />

dei gruppi coinvolti sono differenti nei vari studi.<br />

Basti pensare che approssimativamente la<br />

metà dei pazienti studiati veniva sottoposta a<br />

ventilazione con maschera facciale e l’altra metà<br />

con maschera nasale. Nei primi lavori pubblicati<br />

si dava la preferenza alle modalità volumetriche,<br />

mentre ora si è portati a ventilare i pazienti<br />

con modalità pressometriche.<br />

NPPV E INSUFFICIENZA<br />

RESPIRATORIA IPERCAPNICA<br />

Al di là di queste limitazioni appare comunque evidente<br />

e costante che la percentuale di successo della<br />

NPPV si aggira sul 75-80% dei pazienti trattati,<br />

contro il 40-50% di quelli sottoposti a terapia medica<br />

tradizionale. Questa percentuale viene definita<br />

come il numero di pazienti che:<br />

●<br />

●<br />

●<br />

tollerano la NPPV;<br />

migliorano i gas e il pH arteriosi;<br />

evitano l’intubazione e tutti i rischi a essa connessi.<br />

È corretto comunque tenere presente che i risultati<br />

riportati si riferiscono a popolazioni selezionate<br />

di pazienti. I lavori di Brochard et al. 12 e di Bott et<br />

al. 13 hanno dato, con le limitazioni descritte, una dignità<br />

culturale propria a questa tecnica ventilatoria,<br />

nel cui inizio e sviluppo (particolarmente in Italia)<br />

è stato determinante l’apporto della pneumologia.<br />

Dopo alcuni studi pionieristici di Barach 14 sull’edema<br />

polmonare acuto, Meduri et al. 15 nel 1989<br />

furono i primi a utilizzare una tecnica di ventilazione<br />

non invasiva con maschera facciale, in uno<br />

studio clinico non controllato, su 10 pazienti affetti<br />

da insufficienza respiratoria acuta, di cui 6 BPCO<br />

affetti da grave ipercapnia (83 mmHg). La NPPV<br />

fu efficace nella correzione dei gas ematici in tutti<br />

i pazienti, anche se tre di essi necessitarono poi di<br />

intubazione endotracheale a causa di complicanze<br />

subentrate. Gli stessi autori 16 pubblicarono due anni<br />

dopo uno studio in cui 18 pazienti, la maggioranza<br />

dei quali affetti da BPCO e insufficienza respiratoria<br />

acuta ipercapnica (PaCO 2 = 72 mmHg),<br />

vennero trattati con PSV o CPAP tramite maschera<br />

facciale. In 13 di questi pazienti fu possibile evitare<br />

l’intubazione, mentre le cause di fallimento negli<br />

altri furono un mancato miglioramento dei gas<br />

ematici in tre pazienti, un eccesso di secrezioni ed<br />

eccessiva sedazione in altri due pazienti.Al di là dei<br />

limiti di questo secondo studio, non controllato ed<br />

eseguito su un campione di pazienti limitato, due<br />

messaggi devono essere tenuti in considerazione:<br />

●<br />

●<br />

il primo è legato al fatto che gli autori dimostrarono<br />

come un miglioramento del pH su valori<br />

>7,30 a distanza di 2-5 ore dall’inizio della<br />

NPPV poteva essere considerato un fattore di<br />

successo con un valore predittivo pari al 92%;<br />

il secondo punto importante, anche se non discusso<br />

direttamente nello studio, è che vennero<br />

utilizzati per la NPPV ventilatori da terapia intensiva,<br />

per cui si speculò che tale tipo di ventilazione<br />

doveva essere limitata alle unità di terapia<br />

intensiva (UTI), dove tra l’altro esiste la possibilità<br />

immediata di intubazione in caso di fallimento.<br />

In un altro studio, invece, Elliott et al. 17 dimostrarono,<br />

su sei pazienti affetti da malattia polmonare<br />

cronica, come fosse possibile applicare con successo<br />

la NPPV al di fuori di una terapia intensiva.<br />

Tuttavia, questo gruppo era mediamente meno<br />

grave rispetto a quelli dello studio di Meduri (Pa-<br />

CO 2 = 65 mmHg).<br />

L’articolo che richiamò più l’attenzione e contribuì<br />

in misura determinante alla popolarità della<br />

NPPV fu pubblicato nel 1990 dal gruppo di Laurent<br />

Brochard 18 . Gli autori studiarono 13 pazienti<br />

affetti da BPCO trattati con NPPV tramite maschera<br />

facciale (costruita ad hoc sul modello di quella<br />

dei piloti del Mirage), durante un episodio di insufficienza<br />

respiratoria acuta ipercapnica (pH = 7,29<br />

PaCO 2 = 65 mmHg) e li confrontarono con 13<br />

controlli “storici” compatibili per pH, età, SAPS<br />

14


<strong>1.</strong> COME SI VALUTANO GLI EFFETTI DEL TRATTAMENTO DELLA BPCO<br />

(simplified acute physiologic score, punteggio fisiologico<br />

acuto semplificato) PaO 2 /FiO 2 e bicarbonati<br />

plasmatici, sottoposti a terapia medica tradizionale.<br />

Solo 1 dei pazienti trattati con NPPV necessitò di<br />

intubazione endotracheale vs 11 su 13 del gruppo<br />

di controllo storico. La mortalità fu di 2 pazienti in<br />

ciascun gruppo (15%). Chiaramente i risultati di<br />

questo studio possono risentire del miglioramento<br />

negli standard terapeutici con gli anni.<br />

Dal 1990 si moltiplicarono gli studi sull’efficacia<br />

della NPPV. Nel 1993 fu pubblicato il primo studio<br />

prospettico e randomizzato su 60 pazienti con<br />

BPCO e insufficienza respiratoria 13 . Nel gruppo<br />

trattato con NPPV mediante un ventilatore a volume,<br />

il pH, la PaCO 2 e la dispnea migliorarono<br />

più rapidamente e inferiore fu la mortalità, rispetto<br />

al gruppo curato con terapia medica e ossigenazione<br />

ottimizzate. Nell’intervallo, i lavori proposti<br />

in letteratura non erano controllati o impiegavano<br />

ancora gruppi di controllo storici.Tuttavia, alcuni<br />

di questi lavori meritano una citazione.<br />

Lo studio di Benhamiou et al. 19 , sebbene non controllato,<br />

ebbe l’originalità di impiegare la NPPV in<br />

pazienti molto anziani, con età media superiore ai<br />

76 anni, nei quali l’intubazione veniva giudicata<br />

controindicata, a causa dell’età avanzata. La ventilazione<br />

venne offerta in maniera continua per circa<br />

24-36 ore e poi in maniera discontinua per i<br />

giorni successivi, permettendo, nel 60% dei casi<br />

(18/30), di migliorare gli scambi gassosi e di essere<br />

svezzati dal presidio.<br />

Altri due studi importanti dei primi anni ’90 furono<br />

eseguiti in Italia. Il primo riportò risultati deludenti<br />

20 ,mentre il secondo,eseguito due anni più tardi<br />

dagli stessi autori, fu caratterizzato da una percentuale<br />

di successo dell’82% del gruppo ventilato<br />

vs 54% del gruppo di controllo storico trattato con<br />

terapia medica tradizionale 21 . La più probabile causa<br />

di risultati così diversi è rappresentata, verosimilmente,<br />

dalla maggiore esperienza e dalla diversa<br />

mentalità sviluppate nel corso degli anni all’interno<br />

dei gruppi. È infatti intuibile come, con il passare<br />

degli anni, l’intera équipe assistenziale abbia sviluppato<br />

maggiore competenza e confidenza con il nuovo<br />

metodo di ventilazione e questo abbia portato a<br />

una maggiore efficacia nel trattamento dei pazienti.<br />

Sette sono gli studi prospettici, randomizzati e controllati<br />

(vs terapia medica) in pazienti con grave insufficienza<br />

respiratoria acuta ipercapnica nella<br />

BPCO 12,13,22-26 .Già nel 1997,una metanalisi di Keenan<br />

et al. 27 concludeva che l’evidenza favoriva l’offerta<br />

di NPPV nei pazienti con BPCO riacutizzata<br />

e insufficienza respiratoria acuta rispetto alla terapia<br />

medica convenzionale. È interessante notare come<br />

6/7 degli studi siano nettamente favorevoli a NPPV.<br />

Fa eccezione lo studio di Barbè et al. 23 , condotto<br />

peraltro su pazienti di gravità lieve. Diversamente da<br />

quanto suggerito dalle conclusioni, quello studio dimostra<br />

come la NPPV debba comunque essere riservata<br />

a pazienti relativamente compromessi e non<br />

essere quindi impiegata quando la terapia medica ha<br />

ragionevoli possibilità di successo. La recente metanalisi<br />

sul BMJ 3 conferma sostanzialmente i positivi<br />

risultati di NPPV nell’IRA da BPCO riacutizzata.<br />

A questo proposito, è interessante analizzare la studio<br />

multicentrico di Brochard et al. 12 , che coinvolse<br />

cinque UTI di vari stati europei e reclutò 275 pazienti<br />

BPCO affetti da insufficienza respiratoria acuta<br />

ipercapnica (pH medio = 7,27 e PaCO 2 media<br />

= 68 mmHg) con un indice di gravità SAPS pari a<br />

circa 12,5 punti. L’arruolamento dei pazienti fu più<br />

ampio degli studi condotti in precedenza. I criteri<br />

di esclusione dalla NPPV furono:<br />

●<br />

●<br />

●<br />

●<br />

●<br />

instabilità cardiovascolare grave:<br />

– pressione arteriosa sistolica


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />

BPCO e insufficienza respiratoria acuta ipercapnica<br />

può essere considerata una modalità di trattamento<br />

che ha indubbi vantaggi in termini di risultato<br />

clinico e probabilmente economico rispetto<br />

alla terapia medica tradizionale.Tuttavia, essa<br />

non può essere applicata alla totalità dei pazienti,<br />

dato che solo il 31% dei casi selezionati rispettò<br />

i criteri di arruolamento. Quindi, NPPV<br />

non può essere considerata a tutti gli effetti sostitutiva<br />

della ventilazione meccanica invasiva. Tuttavia,<br />

un recente studio prospettico e randomizzato<br />

di Conti et al. 28 ha confrontato NPPV (23<br />

pazienti) con la ventilazione meccanica convenzionale<br />

(26 pazienti) dopo aver prefissato i criteri<br />

che rendevano necessaria l’assistenza meccanica<br />

alla ventilazione. Nel primo gruppo, la metà<br />

(48%) dei pazienti evitò l’intubazione, nonostante<br />

avessero gli stessi criteri di selezione del gruppo<br />

che fu immediatamente intubato. La durata<br />

della degenza in terapia intensiva fu maggiore per<br />

il gruppo intubato, mentre il gruppo NPPV ebbe<br />

una migliore sopravvivenza e una minore frequenza<br />

di ricadute a un anno. Questo studio, che<br />

per primo confronta NPPV e ventilazione invasiva,<br />

conclude che anche pazienti tradizionalmente<br />

candidati all’intubazione possono trarre vantaggio<br />

dalla precoce applicazione della NPPV. È tuttavia<br />

necessario considerare che lo studio fu eseguito in<br />

una terapia intensiva e non in una corsia pneumologica.<br />

Sono generalmente accettati come criteri di esclusione<br />

da NPPV e suggestivi di una necessità di intubazione<br />

quasi immediata:<br />

● arresto <strong>respiratorio</strong>;<br />

● instabilità cardiovascolare (ipotensione, aritmie<br />

incontrollabili, infarto del miocardio);<br />

● stato mentale molto compromesso, sonnolenza<br />

pesante, coma, incapacità alla collaborazione;<br />

● secrezioni vischiose e abbondanti con rischio di<br />

aspirazione;<br />

● recente chirurgia facciale o gastroesofagea;<br />

● traumi cranio-facciali o anomalie stabili del nasofaringe;<br />

● ustioni gravi ed estese;<br />

● obesità grave.<br />

L’intubazione deve essere considerata anche quando<br />

il pH e i gas nel sangue arterioso e/o le condizioni<br />

cliniche generali del paziente non migliorino o addirittura<br />

peggiorino dopo l’applicazione della NPPV.<br />

Un altro aspetto molto importante è il “dove” è<br />

somministrata la NPPV. La maggioranza degli studi<br />

pubblicati, infatti, è stata eseguita in luoghi cosiddetti<br />

protetti come UTI generali o UTI Respiratorie,<br />

dove il training del personale, il monitoraggio<br />

e lo standard tecnico sono molto accurati ed<br />

elevati. Invece, il recente lavoro di Plant et al. 25 è<br />

stato condotto “nel mondo reale” della cosiddetta<br />

general ward (corsia pneumologica) con un monitoraggio<br />

di minima (saturimetria) e un ventilatore domiciliare<br />

direttamente regolato dal personale infermieristico.<br />

Furono reclutati circa 200 pazienti randomizzati<br />

per ricevere ventilazione non invasiva o<br />

terapia medica. L’uso della prima ridusse significativamente<br />

il ricorso all’intubazione e aumentò significativamente<br />

la sopravvivenza.Tuttavia, l’effetto<br />

statistico era principalmente dovuto al maggior successo<br />

dei pazienti ammessi con un pH ≥7,30, mentre<br />

nel sottogruppo con pH 45 e


<strong>1.</strong> COME SI VALUTANO GLI EFFETTI DEL TRATTAMENTO DELLA BPCO<br />

mostrando come non esista un effetto placebo legato<br />

alla ventilazione. Vi era infatti il dubbio che il<br />

successo della NPPV potesse dipendere non dall’azione<br />

della stessa, ma dalla maggior attenzione che<br />

il personale sanitario dedicava ai pazienti ventilati<br />

rispetto alla terapia più convenzionale.<br />

Per quanto riguarda nuove modalità di ventilazione,Vitacca<br />

et al. 30 dimostrarono, in uno studio<br />

soprattutto fisiologico, come la PAV (proportional<br />

assist ventilation) potesse migliorare lo scambio gassoso<br />

e ridurre lo sforzo muscolare in pazienti con<br />

iniziale insufficienza respiratoria acuta. Due studi<br />

clinici randomizzati e controllati paragonarono la<br />

PAV con la pressione di supporto 31,32 e dimostrarono<br />

una sostanziale equivalenza nel risultato clinico,<br />

anche se fu osservata una migliore tolleranza<br />

alla PAV.<br />

NPPV E SVEZZAMENTO<br />

Un’altra importante e nuova pagina sull’uso della<br />

NPPV è dedicata al suo possibile impiego per<br />

lo svezzamento dalla ventiloterapia invasiva. Gli<br />

effetti collaterali della ventilazione meccanica invasiva<br />

comprendono il barotrauma, la possibile<br />

atrofia da disuso 33 e le infezioni nosocomiali 34 .È<br />

noto che dopo il terzo giorno di ventiloterapia<br />

invasiva l’incidenza della polmonite associata al<br />

ventilatore aumenta dell’1% al giorno 34 . Purtroppo,<br />

però, non tutti i pazienti sono in grado di sostenere<br />

e di adattarsi alla NPPV. Al di là dei pazienti<br />

in cui l’intubazione è inevitabile, come nell’ARDS<br />

o in caso di instabilità emodinamica, la<br />

maggior causa di insuccesso della ventilazione non<br />

invasiva risiede nella mancata compliance dovuta a<br />

uno stato neurologico compromesso, oppure in<br />

un’abbondante componente secretiva con riflesso<br />

della tosse totalmente o parzialmente abolito<br />

che non permette la clearance delle vie aeree. Per<br />

questo, una volta intubati, quei pazienti sono ad<br />

alto rischio di sviluppare complicanze, spesso fatali.<br />

La NPPV potrebbe aiutare lo svezzamento,<br />

riducendo il tempo di intubazione e diminuendo<br />

nel contempo gli effetti collaterali della ventilazione<br />

invasiva.<br />

Due recenti studi controllati e randomizzati hanno<br />

confermato l’ipotesi sopra esposta. Nel primo 35 ,sono<br />

stati estubati precocemente (dopo 24-48 ore)<br />

pazienti non in grado di respirare autonomamente,<br />

al fine di svezzarli definitivamente con la ventiloterapia<br />

non invasiva. La metodica impiegata si è<br />

dimostrata efficace quanto la PSV tradizionale nello<br />

svezzamento di questi pazienti, ma il tempo di<br />

ventilazione è risultato significativamente inferiore<br />

nel gruppo sottoposto a NPPV. È interessante notare<br />

come, sempre nello stesso gruppo, la percentuale<br />

di polmoniti sia stata nettamente inferiore e,<br />

di conseguenza, anche il tempo di degenza in UTI<br />

respiratoria sia notevolmente ridotto. Le morti durante<br />

ventiloterapia sono state più numerose nel<br />

gruppo di pazienti intubati e questo ha portato a<br />

una sopravvivenza a due mesi significativamente<br />

maggiore nei soggetti ventilati non invasivamente.<br />

Risultati molto simili furono pubblicati l’anno successivo<br />

da Girault et al. 36 . Nonostante non possa<br />

essere applicata sistematicamente in tutti gli ambienti<br />

rianimatori o pneumologici, dato che necessita<br />

di attenta e continua sorveglianza da parte<br />

del personale sanitario, questa modalità di svezzamento<br />

può snellire i tempi di degenza in pazienti<br />

con BPCO, da sempre considerati come particolarmente<br />

difficili da svezzare.<br />

PROBLEMI PRATICI<br />

Quest’ultima parte del capitolo illustra brevemente<br />

i problemi “pratici” legati a questa modalità ventilatoria.<br />

Esistono, come visto in precedenza, molte<br />

tecniche di ventilazione non invasiva, nessuna<br />

delle quali si è dimostrata chiaramente superiore alle<br />

altre nel trattamento dell’insufficienza respiratoria<br />

acuta 21 .I pazienti, infatti, hanno dato risposte<br />

individuali e imprevedibili, per cui, al momento,<br />

l’atteggiamento comune è di utilizzare il ventilatore<br />

e la modalità che permettono di raggiungere l’obiettivo<br />

al minor costo umano e finanziario con i<br />

minori effetti indesiderati per il paziente.<br />

L’aggiunta di una PEEP estrinseca o di una CPAP<br />

può notevolmente ridurre lo sforzo inspiratorio.<br />

Studi eseguiti su pazienti stabili 37,38 e su pazienti<br />

acuti da Appendini et al. 6 hanno infatti chiaramente<br />

evidenziato che l’addizione di una PEEP<br />

esterna pari a circa il 90% della PEEPi dinamica<br />

può ridurre di circa il 30-40% il lavoro a cui è sottoposta<br />

la pompa ventilatoria. Particolare attenzione<br />

va posta nel non superare il valore dalla PEE-<br />

Pi, in quanto ciò provocherebbe il rischio di ulteriore<br />

iperinflazione. Nel caso di grave insufficienza<br />

respiratoria acuta è preferibile, soprattutto nelle<br />

prime ore, l’uso di ventilatori sufficientemente<br />

sofisticati per una completa monitorizzazione di<br />

alcuni parametri essenziali e per una corretta im-<br />

17


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />

postazione del ventilatore, non ultima appunto la<br />

misura della PEEPi.<br />

Posta una corretta indicazione alla NPPV, il suo successo<br />

dipende fondamentalmente da quattro fattori:<br />

● il primo è il grado di cooperazione del paziente,<br />

che non dovrebbe ricadere nei due estremi<br />

rappresentati dall’eccessiva agitazione o dal completo<br />

letargismo, anche se è forse più facile tentare<br />

un approccio ventilatorio in quest’ultima categoria<br />

di pazienti, utilizzando modalità controllate.<br />

Quando si menziona lo stato del sensorio,<br />

si deve sempre considerare se il riflesso della<br />

tosse è integro e se il paziente tende a ritenere<br />

secrezioni. In questi casi si dovrebbe procedere<br />

alla broncoaspirazione mediante sondino<br />

nasotracheale per liberare le vie aeree superiori,<br />

tenendo però presente che un riflesso della tosse<br />

abolito e una componente secretiva abbondante<br />

sono fattori prognostici negativi per la riuscita<br />

della NPPV;<br />

● il monitoraggio del paziente ventilato è il secondo<br />

fattore importante per la riuscita di questo<br />

tipo di NPPV. Come già discusso in precedenza,<br />

gli strumenti di monitoraggio dipendono<br />

anche dalla struttura in cui si opera. In linea<br />

teorica, una terapia “semi” intensiva sarebbe il<br />

luogo ideale per le varie possibilità di studio anche<br />

invasivo che essa offre. In realtà, spesso i malati<br />

polmonari vengono trattati nella comune<br />

corsia di degenza anche quando la gravità delle<br />

condizioni non lo consentirebbe. Di sicuro<br />

non si può parlare di UTI respiratoria 39,40 se<br />

non si possiede un sistema di monitoraggio di<br />

minima. Non ci si stanchi di ripetere che, durante<br />

un grave episodio di insufficienza respiratoria<br />

acuta trattata con ventilazione non invasiva,è<br />

necessario conoscere per lo meno il volume<br />

corrente del paziente;<br />

● la scelta della corretta interfaccia paziente-ventilatore<br />

è il terzo fattore critico per il successo<br />

della NPPV. Esistono in commercio diversi tipi<br />

di interfacce e cioè maschere facciali e nasali, il<br />

sistema a olive nasali, il boccaglio, il casco, ecc.<br />

Le maschere devono essere applicate fermamente<br />

per mantenere una buona aderenza e pertanto<br />

possono provocare arrossamenti e lesioni<br />

del naso. Qualsiasi sia il tipo di maschera adottato<br />

è essenziale ridurre al minimo la possibilità<br />

di perdite del sistema, dal momento che non<br />

tutti i ventilatori sono costruiti per compensarle.<br />

Un problema comune alle maschere nasali è<br />

●<br />

che una buona parte dei pazienti ventila tenendo<br />

la bocca aperta e ciò provoca una riduzione<br />

di volume corrente. Uno studio di Carrey et<br />

al. 41 ha dimostrato che la non perfetta chiusura<br />

delle fauci è responsabile della mancata messa<br />

a riposo dei muscoli respiratori durante<br />

NPPV.Questi problemi sono naturalmente esaltati<br />

durante la notte, quando la maggior parte<br />

dei pazienti dorme a bocca aperta. In questi casi<br />

è utile l’applicazione di una mentoniera elastica<br />

che fissa la mandibola al resto del massiccio<br />

facciale;<br />

l’ultimo fattore critico nella riuscita della NPPV<br />

è rappresentato dall’ambiente dove essa viene applicata<br />

e dall’assistenza medica e infermieristica<br />

dedicata soprattutto durante le prime ore di ventiloterapia.<br />

È importante come la NPPV non sia<br />

più dispendiosa in termini umani rispetto alla<br />

terapia medica tradizionale e alla ventilazione per<br />

via invasiva. Al di là delle inevitabili prime 6-8<br />

ore di sorveglianza pressoché continua, non vi è<br />

poi un carico di lavoro così elevato come veniva<br />

calcolato approssimativamente negli anni passati<br />

42 . Il cosiddetto “fattore umano” è, inoltre,<br />

una delle maggiori determinanti del successo<br />

della NPPV. È stato infatti dimostrato come il<br />

progressivo training del personale sanitario possa<br />

influire positivamente sull’outcome dei pazienti<br />

ventilati e, in particolare, consentire di ottenere<br />

nel tempo simili outcome per tipologia di pazienti<br />

più gravi 43 .<br />

Esiste poi una serie di problemi cosiddetti minori<br />

quando si decida di ventilare non invasivamente<br />

un paziente.<br />

L’umidificazione delle vie aeree è un fattore spesso<br />

sottostimato, ma che va tenuto in considerazione<br />

per evitare la secchezza nasale e delle fauci,<br />

presente anche dopo poche ore di ventilazione.<br />

L’inserzione di un semplice sistema di filtraggio<br />

posizionato sul circuito inspiratorio può ovviare<br />

questi problemi, tenendo presente che esso<br />

può aumentare il lavoro <strong>respiratorio</strong>. Per prevenire<br />

il rischio di infezioni, filtri e circuiti del ventilatore<br />

dovrebbero essere cambiati, i primi con frequenza<br />

gionaliera e i secondi almeno settimanalmente.<br />

Sarebbe una buona norma impiegare circuiti<br />

monouso.<br />

Un problema venuto alla ribalta solo recentemente<br />

è il presunto rebreathing o ri-respirazione della<br />

CO 2 durante NPPV. A onor del vero, tale problema<br />

è stato evidenziato solo utilizzando il ventila-<br />

18


<strong>1.</strong> COME SI VALUTANO GLI EFFETTI DEL TRATTAMENTO DELLA BPCO<br />

tore BiPAP, dato che tale effetto non veniva riscontrato<br />

con ventilatori da terapia intensiva. Due<br />

studi, eseguiti quasi contemporaneamente da Ferguson<br />

et al. 44 e Lofaso et al. 45 hanno messo in luce<br />

che usando il connettore tradizionale Whisper<br />

Swiwel il volume di aria espirata residua nel circuito<br />

a fine espirazione era pari al 55% del volume<br />

corrente,quando il ventilatore era regolato con PSV<br />

di 10 cmH 2 O a una frequenza di 15 atti/min. La<br />

caduta di PaCO 2 utilizzando una valvola non-rebreathing<br />

ad hoc fu quantificata in 5±3 mmHg, ma<br />

l’uso di questa valvola aumentava anche le resistenze<br />

espiratorie. L’applicazione di livelli di PEEP esterna<br />

>4 cmH 2 O riduce sensibilmente il problema<br />

del rebreathing.<br />

EFFETTI COLLATERALI<br />

Gli effetti collaterali e le complicanze della NPPV<br />

sono sostanzialmente meno importanti rispetto a<br />

quelli dell’intubazione e ventilazione invasiva convenzionale.<br />

Per esempio, due tra i maggiori effetti<br />

indesiderati di quest’ultima modalità, come il barotrauma<br />

e il diminuito ritorno venoso, non sembrano<br />

essere problemi sostanziali durante NPPV.Infatti,<br />

per quanto riguarda il barotrauma non esistono<br />

in letteratura studi che paragonino gli effetti dei<br />

due tipi di ventilazione.<br />

Gli effetti emodinamici della ventilazione non invasiva<br />

in modalità pressometrica sono stati studiati<br />

su pazienti stabili e non sono emerse modificazioni<br />

tali da giustificare rischi cardiocircolatori. Infatti,<br />

venne riportato un significativo ma piccolo<br />

aumento della pressione di incuneamento rispetto<br />

alla ventilazione in respiro spontaneo e una diminuzione<br />

della gettata cardiaca, ma solo con aggiunta<br />

di PEEP esterna 46 .È tuttavia da segnalare<br />

lo studio di Diaz et al. 7 , che osservarono una riduzione<br />

media della gittata cardiaca di circa 1 litro.<br />

Questo può essere sopportabile dal punto di<br />

vista emodinamico, ma può avere un effetto negativo<br />

sull’ossigenazione per la riduzione del trasporto<br />

di ossigeno e la conseguente possibile riduzione<br />

della PO 2 nel sangue venoso misto. Quest’ultima<br />

è uno dei fattori extrapolmonari che controllano<br />

la PaO 2 .<br />

Le complicanze più frequenti della NPPV sono le<br />

seguenti:<br />

●<br />

●<br />

intenso eritema facciale;<br />

congestione nasale;<br />

●<br />

●<br />

●<br />

●<br />

●<br />

●<br />

●<br />

ulcerazione del ponte nasale;<br />

dolore sinusale e/o auricolare;<br />

secchezza oro-nasale;<br />

irritazione oculare;<br />

gonfiore e irritazione gastrica;<br />

polmonite da aspirazione;<br />

scarso e insufficiente controllo delle secrezioni.<br />

L’effetto collaterale più serio e più frequente è<br />

rappresentato dalle lesioni nasali, che superficialmente<br />

vengono talvolta liquidate col termine “arrossamento<br />

nasale”. Se è vero che nella maggior<br />

parte dei pazienti questo è l’unico segno presente,<br />

è altrettanto noto che una minoranza di soggetti<br />

sviluppa lesioni ben più gravi che portano,<br />

in alcuni casi, a necrosi totale del ponte nasale e<br />

quindi a immediata sospensione della ventiloterapia.<br />

Tali lesioni sono causate dall’eccessiva pressione<br />

sviluppata dalle maschere, nel tentativo di<br />

prevenire le perdite di aria e pertanto, venendo a<br />

mancare l’irrorazione necessaria, si sviluppa arrossamento<br />

allo stesso modo delle piaghe da decubito.<br />

La prevenzione viene fatta applicando delle<br />

protezioni, tipo quelle utilizzate intorno agli stomi<br />

addominali, sulla parte nasale a contatto con la<br />

maschera oppure cercando di minimizzare la pressione<br />

mediante rinforzi applicati sulle maschere<br />

che dovrebbero tenere sollevato l’apice del presidio<br />

dalla cute; in alternativa si utilizzano maschere<br />

full face o il casco.<br />

La buona riuscita di queste tecniche dipende non<br />

solo dalla competenza dell’operatore,ma anche dallo<br />

stato fisico e nutrizionale del paziente, nonché<br />

dalla possibilità di una periodica disconnessione del<br />

paziente dal ventilatore seppure per brevi periodi.<br />

Occasionalmente i pazienti possono anche lamentare<br />

rinorrea o eccessiva secchezza del naso e delle<br />

fauci, che possono essere evitate con la somministrazione<br />

di ipratropium bromuro nel primo caso<br />

e con l’umidificazione nell’altra evenienza. Il ristagno<br />

di secrezioni può creare un blocco del condotto<br />

nasale, che potrebbe interferire con la ventilazione,<br />

aumentando inoltre le resistenze inspiratorie,<br />

ma facilmente risolvibile con l’assunzione di<br />

farmaci topici o device ad hoc 47 .<br />

La distensione gastrica è un altro di quegli effetti<br />

associati a NPPV e può essere particolarmente fastidiosa<br />

quando impedisce una corretta espansione<br />

dell’addome durante la fase inspiratoria o quando<br />

il paziente non respira in sintonia con il ventilatore.<br />

In alcuni casi può essere ovviata riducen-<br />

19


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />

do la pressione di insufflazione oppure utilizzando<br />

un sistema di trigger molto sensibile, in modo<br />

tale da accorciare il tempo di latenza fra sforzo inspiratorio<br />

e apertura delle valvole. Questo inconveniente<br />

è presente, anche se non frequentemente,<br />

soprattutto in pazienti ventilati per via facciale<br />

e a rischio di aspirazione del rigurgito; per questo<br />

motivo le maschere facciali dovrebbero essere<br />

tutte trasparenti. È inoltre buona norma, in questi<br />

soggetti, usufruire di un sondino nasogastrico,<br />

che interferisce minimamente con l’aderenza della<br />

maschera, specie di quelle di ultima generazione<br />

che dispongono di un canale di posizionamento.<br />

Il rischio di iperventilazione può sussistere, specie<br />

durante le ore notturne nei pazienti neuromuscolari,<br />

dove l’impedenza del sistema è particolarmente<br />

bassa e la PaCO 2 può diminuire bruscamente<br />

causando chiusura acuta della glottide, per prevenire<br />

l’ipocapnia 48 .<br />

Come nella ventilazione invasiva convenzionale,<br />

l’interazione paziente-ventilatore è importante e<br />

non semplice. Infatti, la ventilazione risultante dipende<br />

da due “centri di controllo”: quello interno<br />

al paziente e la regolazione del ventilatore. Nel<br />

vecchio concetto è il paziente che si deve adattare<br />

al ventilatore. Nel caso di un paziente che<br />

“combatte il ventilatore”, non era infrequente la<br />

sedazione fino alla paralisi 49 . Con la NPPV questo<br />

non è possibile perché la collaborazione del<br />

paziente è necessaria. È quindi la regolazione del<br />

ventilatore che si deve adattare alle modalità di<br />

ventilazione del paziente.Tuttavia,come nella ventilazione<br />

convenzionale, si può manifestare un<br />

asincronismo paziente-ventilatore durante PSV<br />

per via non invasiva 50 . In questo caso alcuni sforzi<br />

inspiratori del paziente non sono seguiti dal<br />

ventilatore: “sforzi inefficaci”. Durante NPPV<br />

questo fenomeno può essere esaltato anche da una<br />

PEEP esterna eccessiva che non permetterebbe al<br />

paziente di raggiungere in breve tempo la caduta<br />

di flusso inspiratorio necessaria a invertire il ciclo<br />

in/espirazione e allungherebbe considerevolmente<br />

il Ti (fenomeno dell’hang-up) 51 . Cambiare la<br />

modalità di ventilazione (per esempio, da pressione<br />

di supporto a pressione controllata) potrebbe<br />

essere un’altra alternativa capace di ridurre l’incidenza<br />

del fenomeno 51 . Alternativamente, una<br />

PEEP insufficiente non consente al paziente di superare<br />

la PEEP intrinseca e quindi di attivare il<br />

ventilatore. Una buona modalità di regolazione è<br />

osservare empiricamente che tutti gli sforzi inspiratori<br />

del paziente si traducano in un respiro assistito.<br />

Questa regolazione può essere eseguita con<br />

ogni ventilatore, ma è certamente facilitata nei<br />

modelli che hanno uno schermo di monitoraggio<br />

delle variabili più semplici come flusso, volume e<br />

pressione in maschera.<br />

CONCLUSIONI<br />

Nei pazienti con insufficienza respiratoria acuta da<br />

riacutizzazione di BPCO, rispetto alla terapia medica<br />

convenzionale e ottimizzata e alla somministrazione<br />

di aria arricchita in O 2 , la NPPV in aggiunta<br />

a tutta la terapia menzionata:<br />

●<br />

●<br />

●<br />

●<br />

●<br />

●<br />

migliora il pH e i gas nel sangue arterioso;<br />

migliora le condizioni cliniche dei pazienti;<br />

diminuisce la percentuale di intubazione;<br />

riduce i giorni di degenza ospedaliera e i costi;<br />

minimizza le complicanze;<br />

riduce la mortalità a breve e a medio termine.<br />

La NPPV si è dimostrata utile 52 :<br />

● nel trattamento dell’insufficienza respiratoria<br />

(evidenza A);<br />

● come tecnica di svezzamento (evidenza B).<br />

È comunque da ricordare che due condizioni sono<br />

particolarmente determinanti per il successo<br />

della NPPV:<br />

●<br />

●<br />

la selezione dei pazienti, per escludere quelli per<br />

i quali la NPPV non sarebbe un intervento salvavita<br />

ma solo un inutile e potenzialmente fatale<br />

ritardo nell’intubazione;<br />

l’esperienza e l’attenzione degli operatori sanitari,<br />

che, almeno nelle prime ore, non devono<br />

essere inferiori a quelle rivolte a un paziente ventilato<br />

con intubazione.<br />

La ventilazione non invasiva a pressione positiva dovrebbe<br />

essere la prima linea di trattamento, in aggiunta<br />

alla terapia medica ottimizzata e all’adeguata<br />

ossigenazione,per l’insufficienza respiratoria acuta<br />

conseguente a una riacutizzazione di BPCO 3 .<br />

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21


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />

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22


<strong>1.</strong> COME SI VALUTANO GLI EFFETTI DEL TRATTAMENTO DELLA BPCO<br />

Ossigenoterapia e ventilazione a lungo termine,<br />

riabilitazione<br />

Nicolino Ambrosino, Paolo Navalesi, Pamela Frigerio, Stefano Nava<br />

Nei pazienti affetti da BPCO, al progredire della<br />

severità del deficit disventilatorio corrispondono<br />

la comparsa e la progressione di una serie<br />

di alterazioni extrapolmonari. Il sintomo che<br />

più di ogni altro caratterizza la ridotta capacità funzionale<br />

del paziente con BPCO è la dispnea da sforzo,<br />

a causa della quale il paziente è indotto a diminuire<br />

l’attività fisica quotidiana. Ciò porta all’instaurarsi<br />

di un vero e proprio circolo vizioso in cui<br />

la ridotta attività causa ipotrofia muscolare da non<br />

uso e ipostenia e, per carichi di lavoro sempre più<br />

modesti, ulteriore peggioramento della dispnea.<br />

Questa limitazione a eseguire attività fisiche giunge,<br />

nelle fasi più avanzate, a interferire con lo svolgimento<br />

delle comuni attività della vita quotidiana<br />

1 . L’instaurarsi di alterazioni emogasanalitiche<br />

rappresenta il viraggio verso un quadro di vera e<br />

propria insufficienza respiratoria, cui corrisponde<br />

un corteo sintomatologico direttamente o indirettamente<br />

legato all’ipossiemia e all’ipercapnia.<br />

Allenamento all’esercizio fisico, ossigenoterapia<br />

(OLT) e ventilazione non invasiva (VNI) a lungo<br />

termine rappresentano le più comuni forme di trattamento<br />

non farmacologico atte ad attenuare queste<br />

problematiche. Al di là dei loro effetti specifici,<br />

queste terapie “non farmacologiche” possono essere<br />

considerate come parti integranti di un programma<br />

di riabilitazione, inteso come “insieme<br />

multidisciplinare di servizi diretti al paziente e alla<br />

sua famiglia”, di solito da parte di un team interdisciplinare<br />

di operatori tra cui, oltre al medico pneumologo,<br />

devono essere previste diverse figure professionali<br />

quali fisioterapista, infermiere professionale,<br />

nutrizionista, psicologo, terapista occupazionale<br />

e assistente sociale 2 .<br />

L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha operato<br />

una sostanziale distinzione tra il fatto morboso in<br />

quanto tale (disease), la compromissione o minorazione<br />

funzionale (impairment) causata dalla malattia<br />

stessa, la disabilità (disability) che ne residua e infine<br />

lo svantaggio (handicap) che da questa deriva 3 .In presenza<br />

di patologie a evoluzione cronica che, pur<br />

avendo una patogenesi strettamente legata a uno specifico<br />

organo o <strong>apparato</strong>, si comportano come <strong>malattie</strong><br />

sistemiche, l’impiego di questa classificazione<br />

permette un più completo inquadramento delle risposte<br />

alle varie forme di intervento, superando le<br />

limitazioni legate alla sola valutazione funzionale degli<br />

organi o apparati primitivamente colpiti 4 .<br />

OBIETTIVI E RAZIONALE DELLE<br />

FORME DI TRATTAMENTO<br />

NON FARMACOLOGICO<br />

DELLA BPCO<br />

C’è evidenza che la ridotta tolleranza allo sforzo<br />

dei pazienti affetti da BPCO è dovuta all’instaurarsi<br />

di un circolo vizioso per cui il paziente riduce<br />

l’attività fisica a causa della dispnea e quindi tende<br />

a perdere trofismo e forza dei muscoli periferici.<br />

Questa spirale negativa si rinforza anche attraverso<br />

fattori concausali quali ansietà e depressione,<br />

generalmente presenti nel quadro clinico del paziente<br />

con BPCO. In buona sostanza, il deficit si<br />

estende dall’<strong>apparato</strong> <strong>respiratorio</strong> alla muscolatura<br />

periferica striata nel suo insieme 5 . Il paziente sviluppa<br />

quindi disabilità, perdita dell’autonomia, limitazione<br />

nelle attività della vita quotidiana e isolamento<br />

sociale, riducendo in modo drammatico la<br />

propria qualità di vita. Rompere questa spirale negativa<br />

è l’obiettivo principale di un programma di<br />

riabilitazione respiratoria in cui gioca funzione cardine<br />

il programma di allenamento allo sforzo 1 di<br />

cui si è parlato diffusamente in un altro capitolo.<br />

L’OLT rappresenta l’intervento terapeutico elettivo<br />

dell’insufficienza respiratoria cronica ipossiemica.Attraverso<br />

l’OLT continua o quasi continua (non<br />

meno di 15 ore al giorno) si migliora l’ossigenazione<br />

tissutale, si diminuisce la policitemia e si riducono<br />

le resistenze vascolari del piccolo circolo,<br />

ottenendo così un controllo dell’ipertensione polmonare<br />

e conseguentemente un rallentamento dell’evoluzione<br />

verso il “cuore polmonare cronico” 6 .<br />

Tra le forme di OLT vengono spesso impropriamente<br />

comprese quelle forme di ossigenoterapia<br />

23


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />

effettuate per periodi inferiori alle 15 ore al giorno,<br />

quali l’ossigenoterapia notturna e quella durante<br />

attività fisica.<br />

I meccanismi attraverso i quali la VNI può portare<br />

a una riduzione dei valori di capnia sono essenzialmente<br />

legati a una correzione dell’ipoventilazione<br />

alveolare e a una riduzione del lavoro imposto<br />

sui muscoli respiratori 7 . Infatti, mentre la somministrazione<br />

di ossigeno è in grado di correggere<br />

l’ipossiemia quando il meccanismo che la sostiene<br />

è principalmente legato a un’alterazione del rapporto<br />

ventilazione-perfusione, non altrettanto semplice<br />

è correggere ipossiemia e ipercapnia che derivano<br />

dall’ipoventilazione alveolare conseguente<br />

allo squilibrio tra aumentato costo energetico della<br />

ventilazione e ridotte prestazioni dei muscoli respiratori.<br />

Mentre gli effetti dell’ipercapnia cronica<br />

risultano essere a tutt’oggi largamente inesplorati,<br />

è comunemente accettato che nei pazienti BPCO<br />

la ritenzione di CO 2 sia da attribuirsi a un alterato<br />

rapporto tra la forza dei muscoli respiratori e il<br />

carico imposto su questi in conseguenza delle alterate<br />

proprietà meccaniche del sistema <strong>respiratorio</strong><br />

8 e che questo squilibrio rappresenti un indicatore<br />

di avanzamento della malattia. Diversi studi fisiologici<br />

hanno mostrato che l’impiego di VNI in<br />

pazienti BPCO con ipercapnia stabile è in grado<br />

di diminuire lo sforzo inspiratorio e di migliorare<br />

gli scambi gassosi 9,10 e che questo miglioramento<br />

si protrae anche durante i periodi in cui il paziente<br />

respira spontaneamente senza assistenza ventilatoria<br />

11 . Ciononostante, i dati della letteratura circa<br />

l’utilità della VNI a lungo termine nel trattamento<br />

dell’insufficienza respiratoria ipercapnica sono per<br />

i pazienti con BPCO, diversamente da altre popolazioni<br />

di pazienti quali i neuromuscolari e quelli<br />

con deformità della parete toracica, pochi e conflittuali<br />

e non esiste una solida evidenza scientifica<br />

che giustifichi l’uso incondizionato e generalizzato<br />

di questo trattamento 7 .<br />

VALUTAZIONE DELL’OUTCOME<br />

Impairment<br />

È una menomazione dovuta a perdita o anomalia<br />

delle strutture anatomiche o delle funzioni fisiologiche.<br />

L’impairment è di solito definito da una valutazione<br />

clinica, radiologica o di laboratorio. Nel<br />

paziente BPCO i segni clinici sono di scarsa utilità<br />

per definire la severità della malattia. Benché<br />

le nuove tecniche di TC ad alta risoluzione possano<br />

aiutare a quantificare l’entità della componente<br />

enfisematosa, l’impiego di esami radiologici<br />

può in alcuni casi risultare addirittura fuorviante.<br />

Per quanto concerne le <strong>malattie</strong> respiratorie<br />

ostruttive, l’impairment è meglio definito dagli indici<br />

spirometrici in generale e dalla riduzione del<br />

FEV 1 e dell’indice di Tiffeneau in particolare. Infatti,<br />

la gravità della BPCO viene comunemente<br />

definita dal grado di impairment espresso come deterioramento<br />

dei valori spirometrici espressi come<br />

percentuale dei valori predetti 12 .Una modalità di<br />

valutazione dell’impairment non limitata alla sola<br />

problematica polmonare, ma estesa alle problematiche<br />

cardiache e muscolari associate, è rappresentata<br />

dalla misura del massimo consumo di ossigeno<br />

(V O 2 ) ottenibile durante esercizio 13 .Test specifici<br />

di valutazione della forza della muscolatura<br />

degli arti inferiori in generale e del quadricipite<br />

in particolare sono in grado di valutare il grado di<br />

impairment legato al decondizionamento muscolare<br />

14 . Quando si instaura un quadro di insufficienza<br />

respiratoria cronica, la valutazione dell’impairment<br />

può essere definita puntualmente dai valori<br />

di PaO 2 e PaCO 2 .<br />

Disability<br />

È l’incapacità a eseguire attività causata dall’impairment.<br />

Nel paziente BPCO la disability si manifesta<br />

quasi sempre come riduzione nella capacità<br />

di eseguire sforzi fisici. Le cause di questa ridotta<br />

capacità di esercizio sono molteplici. La risposta<br />

ventilatoria all’esercizio è sicuramente un’importante<br />

causa della ridotta capacità di tolleranza dell’attività<br />

fisica in questi pazienti. Ciononostante,<br />

questa disabilità non deve essere necessariamente<br />

collegata solo alla limitazione dei flussi espiratori,<br />

ma anche ad altri fattori quali l’ipostenia della muscolatura<br />

periferica sostenuta dal decondizionamento<br />

da non uso, dalla malnutrizione, dall’ipossiemia<br />

e ipercapnia cronica, dall’impiego di terapia<br />

steroidea 1,5 . La dispnea da sforzo è il sintomo cardine<br />

della disability respiratoria, benché non sia caratteristica<br />

solo di questa e sia influenzata anche da<br />

fattori esterni 15 .Poiché i punteggi clinici atti a misurare<br />

il grado di dispnea e i test di funzione polmonare<br />

sono fattori o quantità separate che descrivono<br />

differenti aspetti della BPCO, la severità<br />

della dispnea si correla solo parzialmente con i dati<br />

funzionali 15 . Il grado di dispnea indotta dallo<br />

24


<strong>1.</strong> COME SI VALUTANO GLI EFFETTI DEL TRATTAMENTO DELLA BPCO<br />

sforzo fisico può essere valutata direttamente, attraverso<br />

metodi psicofisici, o indirettamente, tramite<br />

scale multidimensionali.<br />

I metodi diretti sono indicati per misurare il sintomo<br />

dispnea in relazione a uno specifico stimolo come,<br />

per esempio, una richiesta di esercizio, la somministrazione<br />

di un farmaco o di un trattamento<br />

non farmacologico da cui è atteso un cambiamento<br />

della dispnea nel breve periodo.Tra i metodi diretti<br />

(psicofisici) ricordiamo:<br />

●<br />

●<br />

la scala di Borg:originariamente ideata per la valutazione<br />

della percezione dello sforzo fisico, è<br />

stata modificata per renderla idonea alla valutazione<br />

di altri sintomi tra i quali la dispnea 16 .Ne<br />

è derivata una scala numerica non lineare di<br />

dieci punti a cui sono affiancati dei descrittori<br />

verbali definiti “ancore” (figura <strong>1.</strong>7). Nei pazienti<br />

BPCO questa scala ha dimostrato una<br />

correlazione significativa con la ventilazione<br />

minuto (r = 0,98) e con il V O 2 (r = 0,95) durante<br />

esercizio 17 ;<br />

la scala analogica visiva (VAS): è rappresentata da<br />

una linea retta, orizzontale o verticale, solitamente<br />

lunga 10 cm con due trattini di chiusura<br />

agli estremi cui corrispondono espressioni<br />

verbali o figure (descrittori) che ne definiscono<br />

la polarità 18 (figura <strong>1.</strong>8). Analogamente alla scala<br />

di Borg modificata, la VAS è uno strumento<br />

riproducibile di valutazione della dispnea a parità<br />

di intensità di esercizio e a livelli massimali<br />

di sforzo fisico 19 .<br />

Tra i metodi indiretti abbiamo a disposizione indici<br />

multidimensionali che possono essere utilizzati<br />

per valutare gli effetti del trattamento a lungo ter-<br />

Figura <strong>1.</strong>7<br />

Scala di Borg modificata.<br />

0 Nessuna<br />

0,5 Molto molto lieve<br />

1 Molto lieve<br />

2 Lieve<br />

3 Moderata<br />

4 Piuttosto severa<br />

5 Severa<br />

6<br />

7 Molto severa<br />

8<br />

9 Molto molto severa<br />

10 Massima<br />

Dispnea<br />

assente<br />

Figura <strong>1.</strong>8<br />

Scala analogica visuale (VAS).<br />

Massima<br />

dispnea<br />

mine e in modo estensivo in corso di ricerche cliniche.Tra<br />

questi vale la pena ricordare:<br />

● il Baseline Dyspnea Index (BDI)/Transitional Dyspnea<br />

Index (TDI), che considera tre differenti<br />

aspetti legati al sintomo dispnea e cioè il grado<br />

di difficoltà che il paziente avverte nelle attività<br />

della vita quotidiana, lo sforzo complessivo che<br />

viene percepito dal paziente nel produrre una<br />

determinata attività fisica e infine l’entità dello<br />

sforzo che provoca l’insorgenza del sintomo 20 .<br />

Il punteggio del BDI è espresso da un range di<br />

valori compreso tra 0 e 12 e si ottiene sommando<br />

i risultati di ognuna delle tre componenti.Tanto<br />

più il punteggio totale è basso, tanto<br />

maggiore è l’intensità della dispnea e l’influenza<br />

di questa sulle attività della vita quotidiana.<br />

Il TDI valuta invece le modificazioni indotte<br />

da un periodo di trattamento rispetto alla<br />

valutazione basale espressa dal BDI. Il punteggio<br />

totale del TDI varia da +9 a -9. Di entrambi<br />

questi indici esiste una traduzione italiana.<br />

È stato valutato il grado di riproducibilità<br />

delle somministrazioni del BDI e del TDI eseguite<br />

da due diversi osservatori e i risultati dimostrano<br />

una riproducibilità e un accordo di<br />

definizione tra i due osservatori molto soddisfacente<br />

20 ;<br />

● la scala di misurazione della Medical Research<br />

Council (MRC) è una scala clinica di 5 punti che<br />

correla il sintomo dispnea con l’esecuzione di<br />

attività di diversa intensità 21 .È una scala poco<br />

sensibile in quanto poco precisa riguardo alle<br />

modalità con cui vengono eseguite le attività indagate,ma<br />

essendo di facile somministrazione risulta<br />

utile per uno screening iniziale dei pazienti.<br />

Analogo discorso vale per altre scale cliniche<br />

quali, per esempio, quella proposta dall’American<br />

Thoracic Society 22 ;<br />

● tra i questionari della qualità della vita, il Chronic<br />

Respiratory Questionnaire (CRQ) misura insieme<br />

ad altri tre aspetti (fatica, funzioni emo-<br />

25


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />

zionali, padronanza della malattia) l’intensità della<br />

dispnea e i suoi effetti 23 . Anche in questo caso<br />

si tratta di uno strumento dimostratosi alquanto<br />

riproducibile 24 .<br />

Nei pazienti in cui la dispnea è tale da precludere<br />

anche attività minime o è addirittura presente a riposo,<br />

la disability è da considerarsi completa quando<br />

sia consensualmente consistente con l’entità dell’impairment.<br />

Nei pazienti con impairment più moderato<br />

la valutazione della disability necessita di test<br />

più oggettivi come:<br />

● il test del cammino in piano ha come scopo la determinazione<br />

della massima distanza percorribile<br />

dal paziente in un dato periodo di tempo.Prevede<br />

che il paziente cammini il più velocemente<br />

possibile per un tempo che è generalmente<br />

di 2, 6 o 12 minuti 25 ; le pause di riposo eventualmente<br />

necessarie sono permesse, ma vengono<br />

calcolate nel tempo totale a disposizione. I<br />

vantaggi offerti da questo tipo di test sembrano<br />

essere principalmente legati alla relativa semplicità<br />

ed economicità e alla rapidità di esecuzione.<br />

È importante ricordare l’impatto sulla prestazione<br />

dell’effetto apprendimento e dell’incoraggiamento<br />

da parte dell’operatore. In un recente<br />

studio disegnato per valutare l’effetto apprendimento<br />

sul risultato del test di 12 minuti<br />

di cammino in piano, è stato osservato un incremento<br />

dei metri percorsi del 7% circa fra il<br />

primo e il secondo test, del 4% fra il secondo e<br />

il terzo e solo del 2% fra il terzo e il quarto 26 .<br />

Appare quindi ragionevole eseguire almeno tre<br />

valutazioni, intervallate da periodi di riposo, prima<br />

di prendere in considerazione la misura di<br />

valutazione basale. Analogamente, l’incoraggiamento<br />

del paziente durante l’esecuzione del test<br />

sembra aumentare i metri percorsi in 6 minuti<br />

di circa 30 metri, miglioramento che, soprattutto<br />

in pazienti con performance modesta,può coincidere<br />

con l’effetto dell’intervento riabilitativo<br />

27 . Entrambi questi bias possono essere superati<br />

mediante l’utilizzo di procedure dettagliate<br />

sia per il numero di prove da eseguire (almeno<br />

due e una terza in caso di miglioramenti superiori<br />

al 10% tra il primo e il secondo) e con protocollo<br />

di spiegazione del test e di incoraggiamento<br />

standardizzato. Steele et al. hanno pubblicato<br />

un protocollo per l’esecuzione del test<br />

del cammino in piano di 6 minuti 28 . Sebbene vi<br />

sia una buona correlazione tra i risultati ottenuti<br />

nei test di 2, 6 e 12 minuti, il test di 2 minu-<br />

●<br />

●<br />

ti andrebbe limitato, a nostro parere, a casi particolarmente<br />

compromessi, mentre, anche se il<br />

test di 12 minuti descrive in modo più efficace<br />

la capacità di endurance ed è quindi potenzialmente<br />

più sensibile nella discriminazione di limitazioni<br />

funzionali, il test di 6 minuti è oggigiorno<br />

preferito in quanto più semplice e meno<br />

dispendioso in termini di tempo e risorse 25 .<br />

Il test del cammino si correla solo parzialmente<br />

con la severità dell’ostruzione 29 e una scarsa<br />

performance al test del cammino basale non preclude<br />

un risultato positivo dopo trattamento riabilitativo<br />

30 ;<br />

lo shuttle test è un test che serve a misurare la<br />

tolleranza all’esercizio fisico durante il cammino<br />

in piano 31 . Durante questo test il paziente deve<br />

camminare avanti e indietro in un corridoio lungo<br />

10 metri a velocità progressivamente maggiori.<br />

La velocità è dettata da segnali sonori registrati<br />

su un’audiocassetta ascoltata dal paziente<br />

durante la prova. Al paziente viene chiesto di<br />

camminare a una velocità tale da permettergli di<br />

raggiungere un marker visivo al momento del segnale<br />

sonoro. Il test viene interrotto quando il<br />

paziente non è più in grado di terminare il giro<br />

(shuttle) nel tempo indicato dal segnale sonoro.<br />

Il risultato calcolato è dato dalla distanza totale<br />

(numero di shuttle completati x 10 metri)<br />

percorsa dal paziente. Lo shuttle test è un test<br />

molto riproducibile e che ben si correla con il<br />

V O 2 determinato durante test incrementale al<br />

treadmill (r = 0,88) 32 ;<br />

la prova da sforzo (ergospirometria). Il test da<br />

sforzo consente di determinare con precisione il<br />

massimo carico di lavoro tollerabile (Watt) e il<br />

V O 2 a esso corrispondente (V O 2 ,picco). Questo<br />

parametro indica la massima potenzialità di<br />

metabolismo aerobico dei muscoli ed è funzione<br />

sia della capacità di apporto di O 2 ai tessuti<br />

da parte del sistema <strong>respiratorio</strong> e cardiocircolatorio<br />

sia della capacità di estrazione di O 2 da<br />

parte dei tessuti stessi 13 .<br />

Infine, è possibile valutare le limitazioni imposte al<br />

paziente nell’esecuzione delle attività della vita<br />

quotidiana (ADL), e quindi la disability, attraverso<br />

l’impiego di questionari o di schede di valutazione<br />

dedicate.Tra queste è disponibile una varietà di<br />

sistemi di misura non specifici per le patologie respiratorie,<br />

tra i quali ricordiamo il Canadian Occupational<br />

Performance Measure, disponibile in edizione<br />

italiana 33 , il Barthel Index 34 e il Modified Barthel<br />

26


<strong>1.</strong> COME SI VALUTANO GLI EFFETTI DEL TRATTAMENTO DELLA BPCO<br />

Index 35 ,specificamente ideati per la valutazione delle<br />

ADL nei pazienti colpiti da ictus, il Katz Index<br />

of Activities of Daily Living 36 , largamente diffuso,<br />

molto conciso e redatto con una precisa descrizione<br />

dei criteri di classificazione, o ancora la Rivermead<br />

ADL Scale 37 che ha il vantaggio, rispetto alle<br />

altre scale, di non considerare aspetti di scarso rilievo<br />

per la patologia respiratoria quali l’incontinenza<br />

intestinale e vescicale.<br />

Esistono poi sistemi di valutazione delle ADL specifici<br />

per pazienti con problematiche respiratorie,<br />

autosomministrati,tra i quali l’Additive Activities Profile<br />

Test (ADAPT), ideato per misurare il livello di<br />

attività sostenibile dai pazienti che partecipano a<br />

programmi di riabilitazione respiratoria 38 , il Pulmonary<br />

Functional Status Scale (PFSS) 39 , il Pulmonary<br />

Functional Status Scale and Dyspnea Questionnaire<br />

(PFSDQ) 40 , la cui compilazione richiede circa 10-<br />

15 minuti, il London Chest Activity of Daily Living<br />

Scale (LCADL) 41 .<br />

Handicap<br />

L’handicap è lo svantaggio sofferto da un individuo<br />

in conseguenza della sua disabilità, che gli impedisce<br />

di espletare un ruolo considerato normale sulla<br />

base dell’età, del sesso e di fattori sociali e culturali.<br />

Diversamente dalla disabilità, la valutazione<br />

dell’handicap coinvolge quindi considerazioni sociali<br />

e psicologiche ed è perciò meno facile da oggettivare.<br />

Grande importanza hanno le attività lavorative<br />

o comunque correlate ad attività occupazionali.L’American<br />

Thoracic Society ha definito,a questo<br />

proposito, i valori di V O 2 richiesti per l’espletamento<br />

di diverse attività per differenti tempi di<br />

esecuzione 42 .Tuttavia, la valutazione dell’handicap<br />

non può essere ristretta alle sole attività lavorative<br />

od occupazionali. Una misura di outcome che include<br />

una stima dell’handicap è rappresentata dai<br />

questionari della Qualità della Vita correlati alla salute<br />

(QoL), che valutano tra l’altro l’impatto dello<br />

stato di salute di un paziente sulla sua capacità di<br />

espletare le attività della vita quotidiana. Questi<br />

questionari hanno buona riproducibilità, benché<br />

abbiano una debole correlazione con gli indici di<br />

funzionalità polmonare e la tolleranza allo sforzo 43 .<br />

Tra i questionari specifici per patologia a tutt’oggi<br />

validati vi sono il già menzionato CRQ 23 e il St.<br />

George’s Respiratory Questionnaire (SGRQ) 43 , mentre<br />

il Maugeri Respiratory Failure (MRF28) è stato<br />

sviluppato specificamente per l’insufficienza respiratoria<br />

cronica 44 .<br />

ALLENAMENTO ALL’ESERCIZIO<br />

Effetti dell’allenamento<br />

all’esercizio fisico sull’impairment<br />

L’allenamento allo sforzo non modifica il processo<br />

patologico di base della malattia, non determina variazioni<br />

del volume polmonare e non migliora l’efficacia<br />

dello scambio dei gas 45 . Sono stati invece osservati<br />

significativi miglioramenti nella performance di<br />

esercizi massimali e submassimali dopo programmi<br />

di allenamento ad alta intensità 46-48 . Una revisione<br />

della letteratura dimostra un miglioramento del carico<br />

massimale sostenibile al test da sforzo e dell’endurance<br />

rispettivamente di circa il 30% e il 70%,<br />

dopo programma di allenamento all’esercizio 46-53 .<br />

Tutti questi studi hanno mostrato un miglioramento<br />

del metabolismo aerobico attraverso una riduzione<br />

significativa della Ventilazione Minuto, del livello<br />

di acido lattico prodotto e della Frequenza Cardiaca<br />

a parità di carico di lavoro. Questi risultati sul<br />

miglioramento del metabolismo aerobico sono inoltre<br />

confermati dall’incremento (16-40%) degli enzimi<br />

ossidativi del muscolo quadricipite di pazienti<br />

BPCO (dimostrato tramite biopsia muscolare) dopo<br />

un programma di allenamento all’esercizio 46 .<br />

Effetti dell’allenamento<br />

all’esercizio fisico sulla disability<br />

Viene riportato un incremento della distanza percorsa<br />

al test del cammino di 6 e 12 minuti di circa<br />

il 10-25% 47,51-53 . Inoltre, esiste ormai consenso<br />

riguardo alla riduzione della dispnea dopo un programma<br />

di riabilitazione respiratoria comprendente<br />

allenamento all’esercizio e tale riduzione è confermata<br />

sia con metodi diretti (scala di Borg) 47 utilizzati<br />

a parità di carico di lavoro prima e dopo un<br />

programma di riabilitazione, sia con metodi indiretti<br />

multidimensionali 53 .<br />

Effetti dell’allenamento<br />

all’esercizio fisico sull’handicap<br />

Vari studi dimostrano che la riabilitazione respiratoria<br />

determina un miglioramento della qualità della<br />

vita 51,52,54 .Inoltre,alcuni studi dimostrano un aumentato<br />

reinserimento dei pazienti nelle attività lavorative<br />

dopo un programma di riabilitazione re-<br />

27


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />

spiratoria 55 . Purtroppo i dati presentati a questo riguardo<br />

sono limitati, non supportati da studi clinici<br />

controllati e pertanto inconclusivi 56 .<br />

Effetti dell’allenamento<br />

all’esercizio fisico sulle misure di<br />

outcome complementari<br />

Sono disponibili pochi studi controllati e randomizzati<br />

che abbiano valutato l’impatto della riabilitazione<br />

respiratoria sul ricorso alle cure mediche<br />

53,57 . Uno di questi riporta una riduzione lieve<br />

e non statisticamente significativa dei giorni spesi<br />

in ospedale nell’anno successivo al programma di<br />

riabilitazione 52 , mentre un altro mostra in pazienti<br />

ad alto rischio una significativa riduzione del numero<br />

di ospedalizzazioni in un periodo di sei mesi<br />

57 .Vale comunque la pena sottolineare che numerosi<br />

studi non controllati 58,59 o di tipo osservazionale<br />

60-62 mostrano una tendenza favorevole verso<br />

una riduzione del numero di ospedalizzazioni<br />

negli anni successivi al programma di riabilitazione<br />

respiratoria rispetto al periodo precedente alla<br />

riabilitazione.<br />

OSSIGENOTERAPIA<br />

A LUNGO TERMINE<br />

Effetti dell’OLT sull’impairment<br />

I più importanti effetti della somministrazione<br />

cronica di ossigeno sono ovviamente valutabili a<br />

livello emogasanalitico ove si determina un miglioramento<br />

dei valori di PaO 2 e di saturazione<br />

del sangue arterioso 63 . Altrettanto importanti sono<br />

gli effetti valutabili dal punto di vista emodinamico<br />

a carico del piccolo circolo e principalmente<br />

rappresentati da una riduzione dei fenomeni<br />

di vasocostrizione ipossica con conseguente<br />

diminuzione delle resistenze vascolari polmonari<br />

e della pressione arteriosa polmonare 64,65 e<br />

attenuazione dei picchi di ipertensione polmonare<br />

sotto sforzo 66 o durante il sonno 67-69 . Sono stati<br />

evidenziati effetti positivi dell’OLT sulla gittata<br />

cardiaca e sulle aritmie cardiache 65 . Inoltre, è<br />

ampiamente documentato il miglioramento dei<br />

valori di ematocrito che grazie all’OLT può ridursi<br />

a livelli fisiologici in 2-3 mesi 65 .È infine opportuno<br />

segnalare che nei pazienti con BPCO l’ostruzione<br />

al flusso delle vie aeree continua a peggiorare<br />

indipendentemente dall’OLT e che il deficit<br />

del FEV 1 rimane il più significativo indice<br />

predittivo di sopravvivenza in questi pazienti 70 .Infine,un<br />

recente studio europeo mostra che la maggior<br />

parte dei pazienti in OLT muore comunque<br />

per complicanze respiratorie 71 .<br />

Effetti dell’OLT sulla disability<br />

La somministrazione di ossigeno migliora la dispnea<br />

a riposo nei pazienti BPCO ipossiemici 72 .<br />

La somministrazione di ossigeno durante esercizio<br />

fisico migliora la percezione della dispnea 72 ,<br />

mentre la massima capacità di esercizio migliora<br />

in meno della metà dei pazienti 73,74 .I pazienti che<br />

sviluppano ipossiemia durante esercizio fisico possono<br />

incrementare la loro performance ed endurance<br />

durante esercizio 75 .Va inoltre ricordato che i<br />

pazienti BPCO presentano spesso una qualità del<br />

sonno compromessa con frequenti risvegli 76 e che<br />

l’OLT si è dimostrata in grado di correggere le<br />

desaturazioni notturne e di migliorare la qualità<br />

del sonno 69,77 .<br />

Effetti dell’OLT sull’handicap<br />

La somministrazione di OLT non ha mostrato un<br />

miglioramento della qualità della vita in pazienti<br />

BPCO 78 , anche se la maggiore tolleranza allo sforzo<br />

fisico indotta dall’OLT può permettere al paziente<br />

di riprendere un certo livello di attività fisica,<br />

eventualmente anche lavorativa, e una vita di<br />

relazione.<br />

Effetti dell’OLT su misure<br />

di outcome complementari<br />

Alcuni studi non controllati degli anni ’60 e ’70 indicavano<br />

per OLT potenziali effetti favorevoli sulla<br />

sopravvivenza in pazienti con BPCO 79-81 . Fu comunque<br />

negli anni ’80 che due studi controllati dimostrarono<br />

definitivamente i benefici dell’OLT in<br />

pazienti affetti da BPCO, sottolineando che questa,<br />

somministrata per almeno 15 ore al giorno, era in<br />

grado di migliorare la sopravvivenza e di ridurre la<br />

pressione arteriosa polmonare ritardando l’evoluzione<br />

verso il cuore polmonare cronico 82-83 .A questo<br />

proposito giova ricordare che, pur essendo re-<br />

28


<strong>1.</strong> COME SI VALUTANO GLI EFFETTI DEL TRATTAMENTO DELLA BPCO<br />

lativamente modesti gli effetti dell’OLT sulla pressione<br />

arteriosa polmonare in termini assoluti, questi<br />

potrebbero avere un significato prognostico, come<br />

suggerito dai risultati dello studio NOTT (Nocturnal<br />

Oxygen Therapy Trial Group) 82 , in cui la sopravvivenza<br />

a 8 anni era correlata con la riduzione<br />

della pressione arteriosa polmonare media (PAP)<br />

osservata durante i primi sei mesi di trattamento.<br />

Per contro, nell’altro trial inglese 83 , nel gruppo trattato<br />

non si osservava alcuna riduzione della PAP,<br />

anche se l’OLT sembrava prevenire l’incremento<br />

dei valori di PAP rispetto a quanto osservato nel<br />

gruppo di controllo.<br />

VENTILAZIONE NON INVASIVA<br />

A LUNGO TERMINE<br />

Effetti della VNI sull’impairment<br />

Alcuni studi a carattere osservazionale avevano rilevato<br />

un miglioramento dei valori emogasanalitici<br />

diurni dopo trattamento con VNI durante le ore<br />

notturne 84 . Oltre al miglioramento dei valori emogasanalitici<br />

10,11 ,altri indicatori di efficacia della VNI<br />

a lungo termine sull’impairment possono essere una<br />

maggiore efficienza del sonno 85 e l’incremento di<br />

forza ed endurance dei muscoli respiratori 86 .A seguito<br />

di questi studi pionieristici sono stati intrapresi<br />

sei studi randomizzati e controllati, l’ultimo<br />

dei quali multicentrico. I risultati di questi studi sono<br />

sostanzialmente in conflitto tra loro. Strumpf et<br />

al. 87 hanno utilizzato un disegno randomizzato<br />

cross-over per valutare gli effetti dell’aggiunta di VNI<br />

notturna al trattamento standard. Né i valori gasanalitici,<br />

né gli indici di forza dei muscoli respiratori,<br />

né l’efficienza del sonno risultarono migliorati a<br />

seguito del trattamento con VNI. Alcuni anni dopo<br />

Meechan-Jones et al. 11 raggiunsero risultati<br />

completamente diversi con un protocollo di studio<br />

in larga parte sovrapponibile a quello di Strumpf et<br />

al., in cui in pazienti in O 2 terapia a lungo termine<br />

venivano valutati gli effetti dell’aggiunta di VNI<br />

notturna. Tre mesi di trattamento con VNI determinarono<br />

un significativo miglioramento dei gas<br />

arteriosi e della durata e dell’efficienza del sonno.<br />

È interessante rilevare che il grado di miglioramento<br />

dei valori di PaCO 2 diurna (in respiro spontaneo)<br />

era proporzionale al grado di riduzione determinato<br />

dalla VNI (nelle ore notturne). In nessuno<br />

dei successivi quattro studi randomizzati controllati<br />

88-91 , in cui il tempo di osservazione variava<br />

dalle 2 settimane ai 2 anni, veniva osservato alcun<br />

miglioramento dell’impairment in termini né di<br />

correzione dei valori emogasanalitici né di miglioramento<br />

degli indici di forza dei muscoli respiratori<br />

o di efficienza del sonno (tabella <strong>1.</strong>4).<br />

Effetti della VNI sulla disability<br />

La VNI risultava efficace nel produrre una certa<br />

qual riduzione della dispnea in tre 87,90,91 dei sei<br />

studi già citati (tabella <strong>1.</strong>4). Due studi indicavano<br />

un miglioramento delle performance neuropsicologiche<br />

nei pazienti trattati. È interessante rilevare<br />

come in nessuno di questi studi questi effetti positivi<br />

della VNI si associassero a miglioramento dei<br />

valori emogasanalitici e del profilo ipnico.Due studi<br />

randomizzati 87,91 e uno controllato ma non randomizzato<br />

10 hanno valutato l’impatto della VNI<br />

sulla tolleranza all’esercizio, entrambi senza rilevare<br />

alcun beneficio.<br />

Tabella <strong>1.</strong>4<br />

Valori medi di PaCO 2 dei pazienti arruolati e outcome clinici degli studi randomizzati e controllati che hanno valutato gli<br />

effetti della ventilazione non invasiva a lungo termine<br />

Studio PaCO 2 basale Gas Sonno Dispnea Funzione neuropsicologica QoL N. ricoveri Mortalità<br />

Strumpf (91) 49,2 ↔ ↔ ↔↓ ↑ ↔ X X<br />

Meecham-Jones (95) 55,8 ↑ ↑ X X X X X<br />

Gay (96) 54,7 ↔ ↔ X X X X X<br />

Lin (96) 50,5 ↔ ↔↓ X X X X X<br />

Casanova (00) 50,7 ↔ X ↔↓ ↔↑ X ↔ ↔<br />

Clini (02) 52,9 ↔ X ↓ X ↔↑ ↔ ↔<br />

29


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />

Effetti della VNI sull’handicap<br />

Solo tre studi valutano l’impatto della VNI sulla<br />

qualità della vita (tabella <strong>1.</strong>4). Lo studio di Strumpf<br />

et al. non evidenzia alcun miglioramento 87 . Meechan-Jones<br />

et al. 11 evidenziano invece un miglioramento<br />

significativo della qualità della vita dopo<br />

tre mesi di terapia. Clini et al. 91 utilizzano due diversi<br />

questionari, uno specifico per la patologia respiratoria<br />

cronica (SGRQ) e uno ancor più specificatamente<br />

disegnato per i pazienti affetti da insufficienza<br />

respiratoria cronica (MRF-28). Solo<br />

quest’ultimo risultava significativamente migliorato<br />

dopo 24 mesi di trattamento, mentre le variazioni<br />

rilevate dal SGRQ erano più modeste e non<br />

significative.<br />

Effetti della VNI su misure<br />

di outcome complementari<br />

Due studi hanno valutato gli effetti della VNI a<br />

lungo termine sul numero di ricoveri ospedalieri<br />

a seguito di riacutizzazioni e sulla mortalità senza<br />

evidenziare alcuna differenza rispetto al gruppo<br />

di controllo 90,91 .A questo proposito giova ricordare<br />

che la dimensione del campione è un elemento<br />

critico per valutare l’eventuale impatto di<br />

una determinata terapia sulla mortalità e, sfortunatamente,<br />

l’applicazione cronica della ventilazione<br />

non invasiva non è strategia terapeutica facile<br />

da applicare su un vasto campione di pazienti. I<br />

dati negativi dello studio di Clini vanno pertanto<br />

considerati in quest’ottica, tenendo presente che<br />

uno studio multicentrico randomizzato francese<br />

tuttora in corso sembra evidenziare un significativo,<br />

seppur relativamente modesto, effetto sulla<br />

sopravvivenza nel sottogruppo di pazienti di età<br />

superiore ai 65 anni sottoposti alla VNI a lungo<br />

termine 92 .<br />

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33


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />

Trattamento chirurgico<br />

Claudio Tantucci<br />

INTRODUZIONE<br />

La chirurgia riduttiva volumetrica del polmone<br />

(LVRS) recentemente riproposta per il trattamento<br />

dell’enfisema polmonare 1 ha lo scopo di ridurre<br />

la dispnea e aumentare la tolleranza allo sforzo<br />

migliorando la qualità della vita in soggetti con enfisema<br />

(prevalentemente disomogeneo) e BPCO che,<br />

anche dopo ottimale trattamento farmacologico e<br />

riabilitativo (muscolare, nutrizionale, educazionale<br />

e psicologico), rimangono dal punto di vista sintomatologico<br />

e funzionale molto limitati e/o insoddisfatti.<br />

Il raggiungimento di questi obiettivi dovrebbe basarsi<br />

su un razionale fisio-patologico condiviso e<br />

dimostrabile; i risultati attesi dovrebbero essere statisticamente<br />

e clinicamente superiori a quelli ottenibili<br />

con un corretto trattamento medico-riabilitativo<br />

e dovrebbero esserlo per un periodo sufficientemente<br />

lungo da compensare i disagi di una<br />

procedura invasiva (morbilità); infine, la procedura<br />

stessa dovrebbe essere gravata da una mortalità perioperatoria<br />

molto bassa, tale da non influenzare la<br />

mortalità complessiva per il periodo in cui il miglioramento<br />

ottenuto è significativo.<br />

Al momento attuale molti di questi requisiti necessari<br />

rimangono solo parzialmente soddisfatti e<br />

pertanto è d’obbligo limitarsi a un’analisi su quanto<br />

finora riscontrato in attesa di dati ulteriori, indispensabili<br />

per poter dare un giudizio circostanziato<br />

e definitivo sull’utilità della LVRS in aggiunta<br />

a un’ottimale terapia farmacologica-riabilitativa<br />

nei pazienti con BPCO ed enfisema avanzato.<br />

Fisiopatologia<br />

La rimozione di una quota sufficiente di parenchima<br />

polmonare gravemente enfisematoso (circa il 20-<br />

30% in volume), ma tendenzialmente localizzato<br />

(enfisema disomogeneo), in presenza di una marcata<br />

iperinflazione toraco-polmonare, consentirebbe:<br />

● un aumento della pressione elastica polmonare<br />

(dovuto a un più congruo rapporto dimensionale<br />

tra i polmoni e la gabbia toracica) con una<br />

conseguente miglior interdipendenza tra parenchima<br />

polmonare e bronchioli e un aumento dei<br />

flussi espiratori massimali 2 ;<br />

● una più adeguata configurazione operazionale<br />

del diaframma (fibre più lunghe, minor raggio<br />

di curvatura e più estesa zona di apposizione)<br />

con un maggior contributo dell’addome all’acquisizione<br />

del volume corrente 3 e minor presenza<br />

di movimento paradosso 4 ;<br />

● una migliore interdipendenza cardio-polmonare<br />

con un incremento del riempimento ventricolare<br />

destro;<br />

● una riduzione del “drive” centrale con una minore<br />

risposta ventilatoria alla CO 2 5;<br />

● una diminuzione dell’iperinflazione dinamica 6 ;<br />

● una minore dissociazione neuro-meccanica del<br />

diaframma 7 .<br />

Queste modificazioni sono in grado di favorire una<br />

riduzione della dispnea e un miglioramento della<br />

tolleranza all’esercizio.<br />

SELEZIONE DEI PAZIENTI<br />

La scelta dei candidati che più potrebbero giovarsi<br />

della LVRS è stata basata su:<br />

● criteri strutturali: presenza di estese zone enfisematose,<br />

ma tendenzialmente localizzate, in particolare<br />

ai lobi superiori, evidenziate all’esame<br />

radiologico con tomografia computerizzata ad<br />

alta risoluzione (HRTC) e con marcata riduzione<br />

della perfusione all’indagine scintigrafica;<br />

● criteri funzionali: prove di funzionalità respiratoria,<br />

emogasanalisi;<br />

● entrambi i criteri strutturali e funzionali.<br />

Tuttavia, differenti studi hanno mostrato differenti<br />

indici predittivi. Per esempio, in un gruppo di 29 pazienti<br />

con BPCO il parametro funzionale pre-operatorio<br />

più predittivo di miglioramento post-operatorio<br />

del FEV 1 si è dimostrato la minor resistenza<br />

polmonare inspiratoria al flusso (RL,i) 8 , suggerendo<br />

che il miglior beneficio in seguito a LVRS interesserebbe<br />

soggetti con marcata perdita di ritorno ela-<br />

34


<strong>1.</strong> COME SI VALUTANO GLI EFFETTI DEL TRATTAMENTO DELLA BPCO<br />

stico polmonare ma con vie aeree strutturalmente<br />

normali. In uno studio successivo, invece, il parametro<br />

funzionale basale più predittivo di miglioramento<br />

del FEV 1 dopo LVRS, ottenuto essenzialmente<br />

attraverso un marcato incremento post-operatorio di<br />

FVC, è stato il rapporto VR/CPT, indice di alterazione<br />

dimensionale tra polmone e torace 9 . In altre<br />

casistiche ancora, la CV e la FVC sono risultate i soli<br />

indici pre-operatori significativamente correlati<br />

con l’incremento del FEV 1 post-operatorio 10 .<br />

STUDI RANDOMIZZATI<br />

Gli unici due studi randomizzati, uno di piccole dimensioni<br />

eseguito in Inghilterra su 48 pazienti 11 e<br />

uno di maggiori dimensioni eseguito negli Stati<br />

Uniti su 139 pazienti, funzionalmente più gravi 12 ,<br />

hanno dimostrato una maggiore mortalità a breve<br />

termine, non significativa nello studio inglese e altamente<br />

significativa nello studio nord-americano<br />

con una frequenza pari a 0,43 per paziente/anno<br />

nel gruppo trattato con LVRS vs 0,11 per paziente/anno<br />

nel gruppo di controllo e con un rischio<br />

relativo di 3,9 (1,9-9,5; IC 95%) nel gruppo sottoposto<br />

a LVRS.<br />

Nei pazienti sopravvissuti modesti miglioramenti<br />

del FEV 1 , della distanza percorsa in 6 minuti e della<br />

qualità della vita venivano osservati a 12 mesi in<br />

14 su 19 pazienti nello studio inglese e, mediamente,<br />

del solo FEV 1 e della distanza percorsa in 6<br />

minuti nello studio nord-americano.<br />

Basandosi su questi risultati occorre concludere che<br />

la LVRS debba essere ancora una pratica terapeutica<br />

da confinarsi in studi clinici.Tuttavia, è doveroso<br />

osservare che nello studio NETT 12 la mortalità riportatata<br />

a 30 giorni era inaccettabilmente alta [16%<br />

(8-27%; IC 95%)] e che probabilmente il reclutamento<br />

ha selezionato per la successiva randomizzazione<br />

pazienti con indici di malattia troppo gravi<br />

(FEV 1 20% del predetto 13 .<br />

STUDI NON RANDOMIZZATI<br />

Impressione differente si riporta dai risultati, ottenuti<br />

su casistiche anche importanti (senza gruppi<br />

di controllo randomizzati) e pubblicati da gruppi<br />

di lavoro particolarmente impegnati nell’applicazione<br />

della LVRS. La mortalità perioperatoria, per<br />

esempio, varia tra il 5 e 10% nei differenti centri<br />

specialistici. In particolare, nei lavori pubblicati dal<br />

gruppo di Cooper 14 , la mortalità risulta intorno al<br />

4% a 90 giorni e l’aumento del FEV 1 , la riduzione<br />

della CPT e del VR, l’entità della distanza percorsa<br />

in 6 minuti, l’incremento della PaO 2 in aria,<br />

la riduzione nell’utilizzo supplementare di ossigeno<br />

e il miglioramento della qualità della vita appaiono<br />

decisamente superiori e mantenuti a 6, 12<br />

e 24 mesi. Altri studi 6,15,16 mostrano sostanzialmente<br />

risultati simili a questi (e quindi più incoraggianti<br />

rispetto agli studi randomizzati). È tuttavia<br />

possibile che in questi lavori l’eccessiva selezione<br />

dei pazienti effettivamente sottoposti a LVRS,<br />

la perdita di pazienti nel successivo follow-up e i risultati<br />

(funzionali e sintomatici) riportati in valori<br />

medi, rappresentino dei “bias” a favore dei benefici<br />

della LVRS in assenza di gruppi di controllo paragonabili.<br />

CRITERI DI VALUTAZIONE<br />

LONGITUDINALE<br />

In ogni caso, gli strumenti per valutare gli effetti a<br />

distanza della LVRS sono a tutt’oggi necessariamente<br />

complessi, includendo la misurazione dei<br />

sintomi, essenzialmente la dispnea (con scale e questionari<br />

adeguati), dei parametri funzionali (spirometrici<br />

ed emogasanalitici), della tolleranza allo<br />

sforzo (test del cammino in 6 minuti, shuttle walking<br />

test o prove da sforzo incrementale) e della qualità<br />

della vita (questionari sia generici che specifici in<br />

relazione alla patologia respiratoria).<br />

CONCLUSIONI<br />

Sulla base dell’attuale conoscenza appare giustificato<br />

sottolineare che la procedura di LVRS necessiti<br />

di essere eseguita in centri di provata esperienza nel<br />

settore, capaci di utilizzare tecniche operatorie ben<br />

standardizzate e su pazienti con enfisema e BPCO<br />

ben selezionati (tabella <strong>1.</strong>5). Tutto ciò perchè la<br />

LVRS possa essere un’opzione proponibile con risultati<br />

(positivi) accettabili a medio termine e non<br />

rimanere una tecnica chirurgica sperimentale con<br />

elevati rischi e pochi benefici in rapporto a una<br />

corretta e ottimale terapia medica e riabilitativa.<br />

35


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />

Tabella <strong>1.</strong>5<br />

Criteri di inclusione ed esclusione attualmente consigliati<br />

per la procedura di riduzione volumetrica polmonare chirurgica<br />

in pazienti con enfisema e BPCO<br />

Criteri di inclusione<br />

Età inferiore a 75 anni<br />

Astinenza dal fumo di sigaretta > 6 mesi dall’intervento<br />

Peso coporeo compreso tra 70-130% del peso ideale<br />

Severa dispnea e disabilità<br />

Enfisema disomogeneo, prevalente ai lobi superiori, con<br />

iperinflazione polmonare<br />

Capacità di eseguire un esercizio > 40 watt negli uomini e<br />

> 25 watt nelle donne<br />

FEV 1 < 35% predetto<br />

DL CO > 30% predetto<br />

Capacità di completare un programma riabilitativo vigoroso<br />

Criteri di esclusione<br />

Età superiore a 75 anni<br />

Abitudine al fumo di sigaretta < 6 mesi dall’intervento<br />

Grave comorbidità o altra malattia fatale<br />

Obesità e cachessia gravi<br />

Enfisema diffuso, non prevalente ai lobi superiori<br />

Incapacità di eseguire un esercizio > 40 watt negli uomini<br />

e > 25 watt nelle donne<br />

FEV 1 < 20% predetto<br />

DL CO < 20% predetto<br />

Ipertensione arteriosa polmonare grave<br />

Incapacità a completare un programma riabilitativo*<br />

PaCO 2 > 50 mmHg*<br />

* Relativi.<br />

In questa logica la recentissima pubblicazione dei risultati<br />

relativi a mortalità,capacità di esercizio e qualità<br />

della vita riportati nell’ambito di un “follow-up”<br />

medio di 29 mesi in <strong>1.</strong>218 soggetti reclutati nel<br />

NETT fornisce, dopo esclusione di 140 pazienti ad<br />

alto rischio di mortalità chirurgica, alcuni elementi<br />

di precisazione 17,18 . Nei pazienti randomizzati per la<br />

terapia chirurgica (n = 538) non si riscontra,rispetto<br />

ai pazienti randomizzati per il solo trattamento medico-riabilitativo<br />

(n = 540), una sopravvivenza più<br />

elevata (p = 0,31).Tuttavia, nel sottogruppo di 290<br />

pazienti con enfisema prevalentemente localizzato<br />

ai lobi superiori e con bassa capacità di esercizio (inferiore<br />

a 25 watt per le donne e 40 watt per gli uomini),<br />

di cui 139 randomizzati per la terapia chirurgica<br />

e 151 per il trattamento conservativo, la probabilità<br />

di morte appare significativamente minore<br />

(p = 0,005) in quelli sottoposti a LVRS. In relazione<br />

alla capacità di esercizio e alla qualità della vita,<br />

i pazienti randomizzati per la terapia chirurgica hanno<br />

dimostrato a 24 mesi un miglioramento significativo<br />

(p < 0,001) in rapporto ai pazienti trattati solo<br />

con terapia medico-riabilitativa,ma anche in questo<br />

caso sono stati essenzialmente i pazienti con enfisema<br />

localizzato preferibilmente ai lobi superiori<br />

a trarne il maggior giovamento.<br />

BIBLIOGRAFIA<br />

<strong>1.</strong> Cooper JD, Trulock EP, Triantafillou AN et al: Bilateral<br />

pneumonectomy (volume reduction) for chronic<br />

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Lung-volume reduction improves dyspnea,dynamic<br />

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Group. Patients at high risk of death after<br />

lung-volume-reduction surgery. N Engl J Med<br />

354:1075-1083.<br />

36


<strong>1.</strong> COME SI VALUTANO GLI EFFETTI DEL TRATTAMENTO DELLA BPCO<br />

13. Damato S,Angeletti CA,Allegra L et al (per il Gruppo<br />

di Lavoro LVRS della SIMeR): Linee Guida. La<br />

riduzione chirurgica di volume polmonare (LVRS)<br />

nel trattamento della BPCO severa: linee guida per<br />

la selezione e il follow-up di pazienti. Medicina Toracica<br />

1999; 21:181-195.<br />

14. Cooper JD, Patterson GA, Sundaresan RS et al: Results<br />

of 150 consecutive bilateral lung volume reduction<br />

procedures in patients with severe emphysema.<br />

J Thorac Cardiovasc Surg 1996; 112:1319-<br />

1330.<br />

15. Keller CA, Ruppel G, Hibbett A et al:Thoracoscopic<br />

lung volume reduction surgery reduces dyspnea<br />

and improves exercise capacity in patients with<br />

emphysema. Am J Respir Crit Care Med 1997;<br />

156:60-67.<br />

16. Argenziano M, Moazami N, Thomashow B et al:<br />

Extended indication for lung volume reduction surgery<br />

in advanced emphysema. Ann Thorac Surg<br />

1996; 62:1588-1597.<br />

17. National Emphysema Treatment Trial (NETT) Research<br />

Group:A randomized trial comparing lungvolume-reduction<br />

surgery with medical therapy for<br />

severe emphysema. N Engl J Med 2003; 348:2059-<br />

2073.<br />

18. Drazen JM e Epstein AM: Guidance concerning<br />

surgery for emphysema. N Engl J Med 2003;<br />

348:2134-2136.<br />

IMPATTO DEL TRATTAMENTO<br />

SULLO STATO DI SALUTE (QUALITÀ DI VITA)<br />

La stima degli effetti di un determinato trattamento,<br />

farmacologico o meno, sullo stato di<br />

salute può essere diretta, vale a dire affidata a strumenti<br />

di valutazione dello stato di salute, o indiretta,<br />

cioè basata su indicatori di performance. Nel<br />

secondo caso si assume che la performance fisica e<br />

cognitiva rifletta lo stato di salute, in ciò contraddicendo<br />

la componente soggettiva del giudizio.<br />

Lo stato di salute è, infatti, percepito in primo<br />

luogo dal malato e, pur non rappresentando<br />

una dimensione assolutamente soggettiva come la<br />

qualità di vita, non può essere stimato da un osservatore.<br />

Ne consegue che le evidenze sul rapporto<br />

tra terapia e stato di salute vanno interpretate<br />

cautamente se le metodiche utilizzate sono<br />

indirette. Tuttavia, la variazione della frequenza<br />

delle esacerbazioni può essere assunta come affidabile<br />

indice indiretto dello stato di salute, essendo<br />

ovvie le sfavorevoli implicazioni fisiche e psicologiche<br />

di una riacutizzazione, specie se comporta<br />

il ricovero ospedaliero.<br />

È però l’utilizzo della valutazione diretta tramite<br />

questionari specifici che permette di stimare più correttamente<br />

non solo il livello di stato di salute dei<br />

pazienti, ma anche l’eventuale risposta ai trattamenti,<br />

siano essi farmacologici o non farmacologici.<br />

Trattamento farmacologico e stato di salute<br />

Raffaele Antonelli-Incalzi<br />

ANTICOLINERGICI<br />

Gli anticolinergici, utilizzati nella BPCO stabile,<br />

hanno un effetto positivo sulla capacità di esercizio,<br />

in particolare a carico costante e specialmente<br />

se impiegati ad alte dosi 1 . In media, alleviano la<br />

dispnea e migliorano lo stato di salute indagato<br />

tramite strumenti specifici di malattia 2 .Tali effetti<br />

sono evidenti nella comparazione con placebo;pure<br />

evidente è l’alta incidenza di secchezza delle<br />

37


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />

fauci correlata all’uso degli anticolinergici 3 .Tra i<br />

vari preparati, il tiotropio sembra essere il più efficace<br />

nel migliorare lo stato di salute, ma è anche<br />

associato con la massima incidenza di secchezza<br />

delle fauci 4 . La numerosità degli studi comparabili<br />

per metodologia valutativa non consente un’analisi<br />

cumulativa dei risultati, né alcuno studio ha<br />

dimensioni tali da rendere questi risultati sicuramente<br />

univoci.<br />

In confronto con la teofillina, l’ossitropio bromuro<br />

ha analoga potenza broncodilatatrice, ma un migliore<br />

effetto sullo stato di salute esplorato mediante<br />

il St. George’s Respiratory Questionnaire<br />

(SGRQ) 5 . In confronto con il salmeterolo, l’ipratropio<br />

bromuro è meno capace di alleviare i sintomi<br />

e prevenire le riacutizzazioni 6,7 . Il tiotropio<br />

si è dimostrato più efficace dell’ipratropio e del salmeterolo<br />

nel ridurre la dispnea e migliorare lo stato<br />

di salute 8 .<br />

β 2 -AGONISTI<br />

I β 2 -agonisti a breve durata d’azione sono in grado<br />

di aumentare la capacità di esercizio, mentre incerto<br />

è l’effetto dei preparati a lunga durata d’azione<br />

1 .L’efficacia del salmeterolo, il β 2 -agonista a<br />

lunga durata più utilizzato, nel migliorare la sezione<br />

“Impatti” del SGRQ è evidente al dosaggio<br />

di 50 µg 2 volte al giorno, ma viene meno per un<br />

dosaggio di 100 µg 2 volte al giorno 9 . Una recente<br />

Cochrane review centrata su salmeterolo e<br />

formoterolo documenta effetti modesti sullo stato<br />

di salute 10 .<br />

β 2 -AGONISTI PIÙ<br />

ANTICOLINERGICI<br />

O TEOFILLINA<br />

Il salmeterolo ha effetto additivo a quello dell’ipratropio<br />

nel migliorare il punteggio del Chronic Respiratory<br />

Questionnaire e a quello della teofillina nell’aumentare<br />

il numero di giorni liberi da sintomi 11 ;<br />

quest’ultimo effetto è condiviso dal formoterolo 12 .<br />

La teofillina potenzia l’effetto benefico del salmeterolo<br />

sulla dispnea 13 .L’albuterolo, preparato a breve<br />

durata d’azione, e l’ipratropio hanno effetto additivo<br />

sulla performance spirometria postdose e sul<br />

picco di flusso espiratorio serale, ma non sulla qualità<br />

di vita 14 .<br />

STEROIDI INALATORI<br />

L’uso cronico di steroidi non sembra giovare allo<br />

stato di salute, almeno se esplorato con strumenti<br />

non specifici per <strong>malattie</strong> respiratorie 15 . Lo studio<br />

ISOLDE ha documentato un minore “fisiologico”<br />

peggioramento nel tempo dello score “Sintomi” del<br />

SGRQ in pazienti cronicamente trattati con fluticasone<br />

rispetto a quelli che assumevano placebo; tale<br />

reperto è imputabile alla diminuita frequenza delle<br />

esacerbazioni 16 .Altri studi non hanno confermato<br />

questo risultato,ma la minore gravità media dei malati<br />

arruolati potrebbe giustificare la differenza 17 .Tale<br />

ipotesi è contraddetta dal riscontro di un miglioramento<br />

dello stato di salute in pazienti con BP-<br />

CO lieve-moderata durante trattamento con fluticasone<br />

18 .Nello studio ISOLDE, al miglioramento<br />

dello stato di salute non ha corrisposto una riduzione<br />

dell’ostruzione bronchiale, ma ciò potrebbe<br />

ascriversi alla mancata correzione dei risultati per i<br />

soggetti con malattia rapidamente progressiva precocemente<br />

usciti dallo studio 16 .È quindi possibile<br />

che gli effetti degli steroidi inalatori sullo stato di<br />

salute meritino di essere reinterpretati in sottogruppi<br />

omogenei di pazienti. Tali effetti sono stati<br />

anche studiati dopo sospensione del trattamento: i<br />

punteggi del Chronic Respiratory Disease Questionnaire<br />

sono rimasti invariati dopo sospensione del beclometasone,<br />

malgrado sia l’ostruzione bronchiale<br />

che la dispnea siano peggiorate, mentre la sospensione<br />

del fluticasone ha comportato una maggiore<br />

frequenza di esacerbazioni e un peggioramento dei<br />

punteggi del SGRQ 19,20 . In questi studi, l’età media<br />

di 67 e 64 anni lascia ipotizzare che la comorbilità<br />

abbia condizionato lo stato di salute, rendendo<br />

disagevole l’interpretazione dei risultati 21 .<br />

TEOFILLINA<br />

Non sono dimostrati effetti positivi sulla capacità<br />

di esercizio,mentre l’effetto sullo stato di salute,misurato<br />

da una scala generica, pur significativo, è inferiore<br />

a quello del salmeterolo 1,22 . Alla sospensione<br />

del farmaco segue un peggioramento della performance<br />

fisica e della dispnea 23 .<br />

38


<strong>1.</strong> COME SI VALUTANO GLI EFFETTI DEL TRATTAMENTO DELLA BPCO<br />

Trattamento non farmacologico<br />

e stato di salute<br />

Mauro Carone<br />

Un altro campo nel quale le misurazioni dello stato<br />

di salute sono in grado di fornire evidenze di<br />

efficacia e/o di risultato sono i cosiddetti trattamenti<br />

non farmacologici.Tra questi verranno trattati<br />

i più importanti, quali l’ossigenoterapia a lungo<br />

termine, la ventilazione non invasiva a lungo<br />

termine,i programmi di riabilitazione e quelli educazionali.<br />

OSSIGENOTERAPIA<br />

A LUNGO TERMINE (LTOT)<br />

Allo stato attuale non è possibile giungere a una<br />

conclusione definitiva sull’effetto dell’ossigenoterapia<br />

sulle funzioni cognitive,sullo stato dell’umore<br />

e sullo stato di salute globale dei pazienti con insufficienza<br />

respiratoria cronica.Gli studi sinora eseguiti<br />

hanno fornito poche evidenze in un senso o<br />

nell’altro, ma ciascuno studio pubblicato presenta<br />

dei limiti.<br />

Il NOTT 24 e l’IPPB 25 hanno utilizzato il Sickness<br />

Impact Profile (SIP) 26 prima che questo fosse validato<br />

completamente. Tra l’altro, il SIP è un questionario<br />

generico e non specifico per le <strong>malattie</strong><br />

respiratorie.<br />

Più recentemente, Okubadejo 27 ha utilizzato il St.<br />

George’s Respiratory Questionnaire (SGRQ) 28 , un<br />

questionario specifico per la BPCO e l’asma ma<br />

non per l’insufficienza respiratoria, per verificare<br />

l’impatto dell’ossigenoterapia a lungo termine<br />

(LTOT) sullo stato di salute dei pazienti BPCO.<br />

Anche in questo studio gli autori non hanno trovato<br />

alcuna correlazione statistica tra LTOT e stato<br />

di salute durante un periodo di osservazione di<br />

6 mesi, concludendo che la LTOT non migliora<br />

lo stato di salute dei pazienti, ma solo la sopravvivenza.<br />

Questo tipo di conclusione è fortemente criticabile<br />

in quanto deve essere tenuto in considerazione<br />

il tipo di erogatore di ossigeno utilizzato. Gli<br />

autori sono, infatti, inglesi e in tale paese il sistema<br />

sanitario non rimborsa l’ossigeno liquido: si limita<br />

a fornire ai pazienti esclusivamente il concentratore<br />

di ossigeno. Di conseguenza, può essere<br />

supposto che nello studio di Okubadejo lo stato<br />

di salute fosse influenzato negativamente dall’impossibilità<br />

di utilizzare l’ossigenoterapia durante<br />

le uscite di casa, cioè proprio quando si presentano<br />

le desaturazioni più marcate e la dispnea più<br />

intensa.<br />

Deve essere inoltre tenuto in considerazione il fatto<br />

che nessuno dei succitati questionari è specifico<br />

per i pazienti BPCO in ossigenoterapia. È per<br />

questo che in seguito è stato ideato un questionario<br />

specifico per i pazienti con insufficienza respiratoria<br />

cronica, il Maugeri Respiratory Questionnaire<br />

(MRF28) 29 .<br />

È allora postulabile che uno studio che utilizzi ossigeno<br />

liquido con fonte portatile (stroller) e il corretto<br />

questionario (MRF28) possa evidenziare i<br />

reali benefici dell’ossigenoterapia a lungo termine<br />

(LTOT) non solo in termini di riduzione della<br />

mortalità, ma anche di miglioramento dello stato<br />

di salute.<br />

VENTILAZIONE NON INVASIVA<br />

A LUNGO TERMINE (NIPPV)<br />

Per quanto concerne la ventilazione non invasiva<br />

a lungo termine, i dati sono maggiori rispetto a<br />

quelli dell’ossigenoterapia e dimostrano l’efficacia<br />

della ventilazione non invasiva a lungo termine<br />

(NIPPV) nel migliorare lo stato di salute dei pazienti.<br />

Per esempio, utilizzando il questionario SF36 30 ,è<br />

stato dimostrato che i pazienti BPCO ipossiemici<br />

sottoposti alla NIPPV 31 presentano valori di stato<br />

di salute migliori rispetto ai pazienti BPCO ipossiemici<br />

che, per motivi vari, non effettuavano<br />

LTOT né NIPPV 32 .<br />

39


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />

0<br />

Attività Impatto Sintomi Totale<br />

Variazione del punteggio del SGRQ<br />

–2<br />

–4<br />

–6<br />

–8<br />

–10<br />

Soglia<br />

di significatività<br />

clinica<br />

–12<br />

Figura <strong>1.</strong>9<br />

Variazioni del punteggio del SGRQ dopo 6 mesi di trattamento con NIPPV.Valori negativi indicano miglioramento dello stato di salute. NIPPV<br />

= ventilazione non invasiva a lungo termine; SGRQ = St. George’s Respiratory Questionnaire 33 .<br />

Un altro studio sulla NIPPV 33 ha utilizzato il<br />

SGRQ e ha evidenziato che dopo 6 mesi di trattamento<br />

lo stato di salute migliorava significativamente<br />

sia dal punto di vista statistico (p = 0,04)<br />

sia da quello clinico (soglia clinica di miglioramento<br />

per il SGRQ = -4 unità) (figura <strong>1.</strong>9). Questo<br />

miglioramento era particolarmente evidente<br />

nel punteggio dell’impatto (-9 unità) e in quello<br />

totale (-10 unità).<br />

Ancora più interessante è uno studio multicentrico<br />

italiano della durata di 2 anni, il quale ha paragonato<br />

su 122 pazienti con BPCO la differenza<br />

in efficacia della NIPPV associata a LTOT rispetto<br />

alla sola LTOT 34 .Unprimo dato importante<br />

è che, mentre il SGRQ non è riuscito a rilevare<br />

differenze tra i due gruppi, il più specifico<br />

MRF28 è risultato più sensibile e specifico. Infatti,<br />

al termine dei due anni di follow-up, ipazienti<br />

trattati solo con LTOT hanno lievemente<br />

peggiorato i punteggi di stato di salute. Al contrario,<br />

i pazienti sottoposti a ventilazione non invasiva<br />

a lungo termine oltre che a ossigenoterapia<br />

hanno manifestato un miglioramento del proprio<br />

stato di salute (figura <strong>1.</strong>10). Questo è indice<br />

che quando si utilizza il corretto strumento per la<br />

valutazione dello stato di salute in una determinata<br />

popolazione è possibile evidenziare risultati<br />

che, con altri strumenti meno specifici, non sarebbero<br />

rilevabili.<br />

PROGRAMMI<br />

DI RIABILITAZIONE<br />

Sull’efficacia clinica dei programmi riabilitativi nella<br />

BPCO oggigiorno non vi sono più dubbi, tanto<br />

che anche le più recenti linee guida internazionali<br />

ne segnalano l’importanza 35 .<br />

Traitanti studi vorremmo segnalarne un paio. Il<br />

primo fu eseguito su 60 pazienti randomizzati a<br />

entrare in un programma riabilitativo di 6 settimane<br />

oppure in un gruppo controllo 36 . All’arruolamento<br />

il punteggio SGRQ era identico nei<br />

due gruppi. Al contrario, al terzo e al sesto mese<br />

la differenza tra i due gruppi era statisticamente<br />

e clinicamente favorevole al gruppo che aveva<br />

partecipato al programma riabilitativo, con mi-<br />

40


<strong>1.</strong> COME SI VALUTANO GLI EFFETTI DEL TRATTAMENTO DELLA BPCO<br />

LTOT<br />

NIPPV+LTOT<br />

5<br />

0<br />

MRF28<br />

-5<br />

-10<br />

Figura <strong>1.</strong>10<br />

Variazioni dello stato di salute di un gruppo di pazienti BPCO con insufficienza respiratoria cronica.Valori negativi indicano miglioramento.Valori<br />

positivi indicano peggioramento. LTOT = ossigenoterapia a lungo termine; MRF28 = Maugeri Respiratory Questionnarie; NIPPV = ventilazione<br />

non invasiva a lungo termine (modificata da 34 ).<br />

glioramento dello stato di salute rispetto all’arruolamento<br />

presente solo nel gruppo riabilitato<br />

(figura <strong>1.</strong>11).<br />

Un secondo studio fu eseguito su 182 pazienti<br />

BPCO, di cui 93 entrarono in un programma riabilitativo<br />

di 2 ore giornaliere per 3 mezze giornate<br />

la settimana per 6 settimane 37 . Come nello studio<br />

precedente, al termine del programma il miglioramento<br />

dello stato di salute era presente solo<br />

nel gruppo riabilitato e non in quello controllo.<br />

Similmente, il miglioramento era importante sia<br />

dal punto di vista statistico (p


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />

70<br />

60<br />

p < 0,01 p < 0,02<br />

Controllo<br />

Riabilitazione<br />

Differenza<br />

50<br />

40<br />

30<br />

20<br />

10<br />

0<br />

Basale 3 mesi 6 mesi<br />

Soglia<br />

di significatività<br />

clinica<br />

Figura <strong>1.</strong>11<br />

Punteggi totali del St. George’s Respiratory Questionnarie (SGRQ) suddivisi tra gruppo di pazienti che non avevano eseguito riabilitazione o che<br />

avevano partecipato a un programma riabilitativo. Per quanto riguarda la differenza tra i due gruppi, valori positivi indicano migliore stato di salute nel<br />

gruppo partecipante al programma riabilitativo rispetto al gruppo controllo (modificata da 36 ).<br />

dunque importante tenere sempre presenti i risultati<br />

non solo in termini di efficacia clinica, strumentale<br />

e sintomatologica, ma anche in termini di<br />

reale miglioramento dello stato di salute globale.<br />

I dati sinora disponibili permettono di evidenziare<br />

un effetto mediamente positivo degli anticolinergici<br />

e dei β 2 -agonisti sullo stato di salute, mentre<br />

meno chiaro è l’effetto degli steroidi e probabilmente<br />

assai modesto quello della teofillina.Tuttavia,<br />

l’eterogeneità delle situazioni fisiopatologiche<br />

e cliniche riunite sotto la definizione BPCO<br />

e il significato di alcune di queste nei riguardi dello<br />

stato di salute rendono opportuna una migliore<br />

caratterizzazione di base dei pazienti, essendo<br />

possibili effetti differenziati per sottogruppi 40 .Inoltre,<br />

l’accresciuta attenzione verso le forme iniziali<br />

di BPCO, quando l’ostruzione bronchiale è iniziale<br />

e/o non sintomatica, induce a prendere in<br />

considerazione la prevenzione del deterioramento<br />

dello stato di salute nei numerosi soggetti che ne<br />

soffrono. Queste e altre considerazioni sono riassunte<br />

nella tabella <strong>1.</strong>6.<br />

Per quanto riguarda invece i trattamenti non farmacologici,<br />

a oggi necessitiamo di studi che dimostrino<br />

l’efficacia dell’ossigeno liquido sul miglioramento<br />

dello stato di salute. Al contrario, la riabilitazione<br />

è una metodica che ha ampiamente dimostrato<br />

non solo di migliorare la capacità di performance<br />

dei pazienti respiratori, riducendo altresì i loro<br />

livelli di dispnea, ma anche di migliorare concretamente<br />

il livello di stato di salute dei pazienti.<br />

Infine, i programmi educazionali sono sicuramente<br />

da attuare in tutti i pazienti affetti da BPCO. Infatti,<br />

i pur pochi dati scientifici, insieme all’impressione<br />

clinica che ha fatto sì che tali programmi<br />

siano raccomandati dalle varie linee guida, indicano<br />

chiaramente come vi sia la possibilità di ridurre<br />

le riacutizzazioni bronchiali e di migliorare<br />

lo stato di salute.<br />

42


<strong>1.</strong> COME SI VALUTANO GLI EFFETTI DEL TRATTAMENTO DELLA BPCO<br />

Tabella <strong>1.</strong>6<br />

Alcuni problemi che complicano l’interpretazione del rapporto tra terapia e stato di salute nella BPCO stabile<br />

Problema<br />

Mancata valutazione della comorbilità<br />

Scarsa caratterizzazione fisiopatologica<br />

Mancata valutazione della coping strategy<br />

Utilizzo di strumenti non ottimali<br />

Mancata valutazione cognitiva<br />

Prevalenza di maschi negli studi<br />

Durata del periodo di osservazione<br />

Effetto di valutazioni ripetute<br />

Significato<br />

Malattie coesistenti con la BPCO possono condizionare l’effetto del<br />

trattamento oppure far sì che una terapia efficace nel ridurre<br />

l’ostruzione bronchiale non consegua effetti parimenti positivi sullo<br />

stato di salute<br />

I pazienti con BPCO a impronta enfisematosa hanno in genere una<br />

più bassa soglia della dispnea. Potrebbero avere diversa sensibilità ai<br />

broncodilatatori rispetto ai malati a impronta bronchitica<br />

La coping strategy individuale condiziona il vissuto di malattia,<br />

l’adattamento alle limitazioni e la stessa risposta alla terapia in<br />

termini di stato di salute<br />

Molti studi basano la stima dello stato di salute su misure indirette,<br />

non sull’autovalutazione mediante strumento standardizzato<br />

Deficit cognitivi, non rari in soggetti anziani ipossiemici, possono<br />

condizionare la qualità della valutazione dello stato di salute<br />

La tendenza attuale è a favore di una crescente proporzione di<br />

femmine tra i malati di BPCO. Inoltre, la BPCO ha un impatto<br />

maggiore sullo stato di salute delle femmine<br />

Non sappiamo quale sia la durata ottimale degli studi in rapporto al<br />

tipo di farmaco da studiare. Per alcuni farmaci, una valutazione<br />

troppo remota potrebbe cadere in coincidenza con un calo di<br />

efficacia da desensibilizzazione. Per altri, l’effetto potrebbe<br />

emergere alla distanza<br />

La somministrazione di un questionario sullo stato di salute più di<br />

due volte potrebbe introdurre un bias di compilazione per effetto<br />

pratica<br />

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44


<strong>1.</strong> COME SI VALUTANO GLI EFFETTI DEL TRATTAMENTO DELLA BPCO<br />

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45


I QUADERNI DELLA BPCO<br />

2. Gestione della BPCO<br />

Programmi di screening<br />

Riccardo Pistelli, Carlo Giuntini, Sandra Sammarro<br />

INTRODUZIONE<br />

La BPCO è una malattia a elevata prevalenza e a<br />

elevato impatto sullo stato di salute e sulla mortalità<br />

della popolazione. In tutte le più recenti revisioni<br />

della letteratura e dei dati epidemiologici disponibili,<br />

pur con le cautele dovute alla carenza di<br />

uniformità dei criteri diagnostici utilizzati, è stato<br />

evidenziato il problema della sottodiagnosi della<br />

malattia, che assume talora dimensioni sorprendenti<br />

1-4 .Per esempio, in un recente lavoro in cui<br />

sono stati confrontati i dati di prevalenza di BPCO<br />

negli USA stimati a partire dalle diagnosi mediche<br />

e dai risultati dell’inchiesta campionaria NHANES<br />

III 4 si è evidenziato che, a fronte di una prevalenza<br />

stimata di 10 milioni di casi sulla base delle diagnosi<br />

mediche,i dati dello studio NHANES III fornivano<br />

una stima di prevalenza di 24 milioni di soggetti<br />

affetti da una limitazione funzionale tale da<br />

identificarli come casi di BPCO. Le grandi dimensioni<br />

della sottodiagnosi e la possibilità di ridurle<br />

con uno strumento di facile applicazione, a basso<br />

costo, non invasivo e assolutamente innocuo quale<br />

la spirometria, unite alla speranza di efficacia di un<br />

intervento precoce in grado di evitare o rallentare<br />

l’evoluzione della malattia, hanno suggerito a molti<br />

autori di proporre un atteggiamento attivo dei<br />

servizi sanitari (screening o case-finding) nella ricerca<br />

dei casi di BPCO. Scopi di questo capitolo sono la<br />

revisione di alcuni concetti generali sulle metodologie<br />

di screening e case-finding, la loro possibile applicazione<br />

alla BPCO e la revisione dei risultati di<br />

alcuni programmi di diagnosi precoce di BPCO riportati<br />

nella letteratura internazionale.<br />

Metodologia di screening<br />

e di case-finding<br />

L’attività di screening per il controllo di una malattia<br />

può essere definita come “la valutazione di soggetti<br />

asintomatici al fine di classificarli come probabilmente<br />

affetti o probabilmente non affetti dalla malattia<br />

oggetto dello screening” 5 .I soggetti classificati<br />

come probabilmente affetti devono essere studiati ulteriormente,<br />

al fine di giungere alla diagnosi finale<br />

o, per meglio dire, a una diagnosi che abbia un livello<br />

di verosimiglianza adeguato rispetto al trattamento<br />

che si considera indicato per la malattia. L’applicazione<br />

organizzata delle attività di diagnosi precoce<br />

e trattamento su larghi gruppi di popolazione<br />

costituisce lo “screening di massa” o “screening di popolazione”.<br />

Scopo dello screening è la riduzione della<br />

morbosità e della mortalità per una malattia mediante<br />

il trattamento precoce dei casi trovati. In altri<br />

termini,lo screening si propone di anticipare ed estendere<br />

il processo per mezzo del quale un soggetto<br />

percepisce i sintomi della malattia da cui è affetto e<br />

si rivolge al medico per la diagnosi e la terapia.<br />

Una possibile definizione di case-finding è “procedimento<br />

di valutazione di un paziente per potenziali<br />

<strong>malattie</strong> non correlate al disturbo principale<br />

per il quale si è rivolto a un medico”. Per esempio,<br />

l’esecuzione al momento dell’ingresso in ospe-<br />

47


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />

dale di una serie di esami ematochimici su pazienti<br />

che si ricoverano per un intervento chirurgico<br />

su sindrome del tunnel carpale può essere definita<br />

come attività di case-finding.<br />

Volendo riassumere in breve le caratteristiche che<br />

differenziano le due modalità di ricerca attiva di casi<br />

di malattia, si può dire che:<br />

● nell’attività di screening si esaminano volontari<br />

sani, tratti dalla popolazione generale, ai quali si<br />

propone una valutazione e un beneficio certo<br />

qualora si individui una specifica condizione<br />

patologica;<br />

● nell’attività di case-finding vengono esaminati pazienti<br />

che si rivolgono per un qualunque motivo<br />

al medico e in cui viene fatta una valutazione<br />

globale dello stato di salute. In questo caso<br />

non vi sono per il paziente prestabilite garanzie<br />

di beneficio, qualora si individui una<br />

qualsivoglia patologia, ma soltanto l’offerta del<br />

più elevato standard di assistenza in relazione al<br />

luogo e al tempo in cui l’attività di case-finding<br />

viene svolta.<br />

Pur con le notevoli differenze summenzionate, sia<br />

lo screening sia il case-finding si propongono come<br />

interventi di diagnosi precoce la cui utilità dipende<br />

dal verificarsi delle condizioni illustrate nella figura<br />

2.1 per un modello di malattia cronica. Nella<br />

figura 2.1A è riportata la storia naturale di una<br />

malattia cronica, che presenta un inizio biologico<br />

al tempo A, una diagnosi clinica effettuata quando<br />

la malattia ha cominciato a presentare sintomi<br />

al tempo B, un’evoluzione con aggravamento dei<br />

sintomi al tempo C e un esito mortale al tempo<br />

D. In questo modello è possibile ipotizzare la presenza<br />

di un tempo À, situato fra il tempo A e il<br />

tempo B, in cui sia possibile individuare la malattia<br />

prima della comparsa dei sintomi. Un’attività<br />

diagnostica collocata in tale posizione corrisponde<br />

alla definizione di ricerca attiva dei casi, sia essa<br />

screening o case-finding.Tuttavia, la disponibilità<br />

di una tecnica diagnostica adeguata al tempo À,<br />

utile per una diagnosi preclinica, è una condizione<br />

necessaria ma non sufficiente a giustificare la<br />

ricerca attiva dei casi. Possono infatti verificarsi le<br />

condizioni riportate nella figura 2.1B e 2.1C in<br />

cui, rispettivamente, la malattia non presenta alcuna<br />

tendenza evolutiva, e il caso individuato presenterà<br />

sintomi e morirà solo per altre <strong>malattie</strong>,<br />

oppure la malattia non è curabile, e il caso individuato<br />

in fase preclinica avrà una storia naturale<br />

della malattia identica a quella del caso individuato<br />

in fase clinica. In entrambe queste condizioni<br />

l’attività di ricerca attiva dei casi anticiperà la diagnosi,<br />

creando una fase più o meno lunga di pseudomalattia<br />

sicuramente inutile e potenzialmente<br />

dannosa. In conclusione, soltanto il ritardo di insorgenza<br />

dei sintomi gravi e della morte o la com-<br />

A<br />

A A’ B C D<br />

Inizio<br />

biologico<br />

Diagnosi<br />

preclinica<br />

Diagnosi<br />

clinica<br />

Malattia<br />

grave<br />

Morte<br />

B<br />

A A’ B<br />

Morte per altra causa<br />

dopo la diagnosi clinica<br />

Pseudomalattia<br />

C<br />

Nessun effetto sulla malattia<br />

A A’ B C D<br />

Pseudomalattia<br />

D<br />

Ritardo aggravamento e morte<br />

A A’ C D<br />

Figura 2.1<br />

Un modello di malattia cronica e di intervento<br />

con diagnosi in fase preclinica.<br />

E<br />

A A’<br />

Morte per altra malattia<br />

48


2. GESTIONE DELLA BPCO<br />

pleta abolizione di queste fasi (figura 2.1D e 2.1E)<br />

giustificano, quando ne sia possibile l’esecuzione,<br />

l’attività di ricerca attiva di casi di una determinata<br />

malattia.<br />

Le considerazioni esposte illustrano a sufficienza la<br />

necessità di valutare accuratamente, prima di intraprendere<br />

un’attività di ricerca attiva di casi, la disponibilità<br />

dei seguenti elementi di conoscenza in<br />

merito a una malattia:<br />

●<br />

●<br />

●<br />

storia naturale della malattia;<br />

validità e potere predittivo degli strumenti diagnostici<br />

nelle varie fasi della malattia;<br />

efficacia delle terapie disponibili nelle varie fasi<br />

della malattia.<br />

Quando queste conoscenze siano disponibili e si<br />

propenda per una plausibile efficacia dell’intervento<br />

di ricerca attiva dei casi, rimane la necessità di<br />

valutare l’efficacia dell’intervento compiuto con una<br />

metodologia adeguata sia per disegno dello studio<br />

sia per metodo di analisi dei risultati. Crediamo sia<br />

facilmente intuibile la necessità di un tempo spesso<br />

assai lungo prima che gli entusiasmi con cui si è<br />

partiti per una ricerca attiva dei casi possano trovare<br />

conferma o,malauguratamente,essere smentiti dai<br />

risultati ottenuti. È inoltre evidente che, in una fase<br />

intermedia di acquisizione di conoscenze e in<br />

considerazione dei minori impegni etici e organizzativi,<br />

un’attività di case-finding è proponibile assai<br />

più facilmente di un’attività di screening.<br />

LE NOSTRE CONOSCENZE<br />

SULLA BPCO<br />

ELARICERCA ATTIVA DEI CASI<br />

La serie di Quaderni in cui s’inserisce questo capitolo<br />

è un’eloquente testimonianza dell’ampiezza<br />

delle nostre conoscenze sulla BPCO. In particolare,<br />

il capitolo su storia naturale e prognosi della malattia<br />

6 riassume lo stato delle conoscenze scientifiche<br />

sul decorso della BPCO in relazione alle caratteristiche<br />

eterogenee del suo fenotipo. Fin dai<br />

tempi delle ricerche di Fletcher e Peto 7 è stato definito,<br />

e mai più sostanzialmente negato, il lungo<br />

percorso temporale tipico dell’evoluzione della<br />

BPCO, indipendentemente dallo specifico fenotipo<br />

della malattia. Partendo da una prima fase, in<br />

parte o completamente asintomatica 6 , in cui esiste<br />

soltanto una lieve alterazione funzionale dell’<strong>apparato</strong><br />

<strong>respiratorio</strong> dovuta a una riduzione del calibro<br />

e/o del numero dei bronchi e dei bronchioli,<br />

la BPCO evolve verso una seconda fase, in cui i<br />

sintomi (soprattutto la dispnea) portano il soggetto<br />

a rivolgersi a un medico, e infine verso un’ultima<br />

fase caratterizzata da sintomi assolutamente invalidanti,<br />

seguiti dalla morte in un tempo variabile.<br />

Sotto il profilo della storia naturale della malattia<br />

è evidente che il modello riportato nella figura<br />

2.1A ben si adatta alla BPCO.<br />

Le alterazioni funzionali tipiche della BPCO possono<br />

essere individuate con molto anticipo rispetto alla<br />

comparsa dei sintomi della malattia. Secondo le<br />

più recenti linee guida sulla BPCO 8 , esisterebbe una<br />

fase della malattia, definita “stadio 0” o del soggetto<br />

a rischio, in cui sarebbero presenti alcuni sintomi e<br />

una condizione funzionale normale. Questa definizione<br />

è tuttavia limitativa poiché prende in considerazione<br />

il solo fenotipo caratterizzato da ipersecrezione<br />

di muco e il solo rapporto FEV 1 /FVC come<br />

rappresentativo delle alterazioni funzionali tipiche<br />

della BPCO. In effetti, sappiamo che in alcuni fenotipi<br />

della BPCO la cronica ipersecrezione di muco<br />

è assente o di scarso rilievo e che una valutazione<br />

funzionale che comprenda indici più sensibili del<br />

rapporto FEV 1 /FVC può risultare alterata in soggetti<br />

esposti a fattori di rischio prima che compaia<br />

l’ipersecrezione di muco. Crediamo che gli studi<br />

condotti negli anni 1970-1990 abbiano fornito sufficienti<br />

evidenze in proposito 9 . Purtroppo, alcuni indici<br />

funzionali sensibili non sono facilmente misurabili,<br />

per altri non è stata eseguita un’adeguata standardizzazione<br />

e per altri sono stati condotti soltanto<br />

pochi studi adeguati al fine di definirne il valore predittivo<br />

rispetto a una futura condizione francamente<br />

patologica 10 . Soltanto con la piena consapevolezza<br />

di queste limitazioni possiamo accettare la definizione<br />

di uno “stadio 0” secondo le linee guida<br />

GOLD.Tuttavia, anche il rapporto FEV 1 /FVC è un<br />

indice continuo la cui utilizzazione ai fini della diagnosi<br />

attiva dipende dalla scelta di un valore di confine<br />

fra soggetti con bassa ed elevata probabilità di<br />

malattia.Esistono dimostrazioni in letteratura del fatto<br />

che differenze apparentemente piccole nella scelta<br />

del valore di confine per il rapporto FEV 1 /FVC<br />

possono portare a stime di prevalenza di BPCO molto<br />

diverse fra loro 11 . Questo fatto, unito all’assenza di<br />

chiare evidenze su quale valore di confine raggiunga<br />

il miglior compromesso fra sensibilità e specificità<br />

rispetto all’evoluzione della BPCO, deve indurre a<br />

grande prudenza quando da proposte sicuramente<br />

valide sul piano dell’asserzione scientifica si voglia<br />

49


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />

passare a una fase operativa di ricerca attiva di casi.<br />

Non è senza significato il fatto che gli estensori delle<br />

linee guida GOLD abbiano proposto una classificazione<br />

di severità della malattia con finalità meramente<br />

esemplificative e didattiche poiché, anche per<br />

un indice funzionale molto utilizzato come il rapporto<br />

FEV 1 /FVC, si dispone di evidenze adeguate a<br />

sostenere soltanto un intervallo relativamente ampio<br />

di valori come confine fra soggetti con elevata o bassa<br />

probabilità di sviluppare una malattia evolutiva 12,13 .<br />

Un ultimo punto metodologico di rilievo deriva<br />

dall’analisi dell’efficacia degli interventi atti a evitare<br />

un’evoluzione della BPCO quando sia stata posta<br />

una diagnosi in fase precoce. Non sussistono<br />

dubbi sull’efficacia della sospensione dell’esposizione<br />

al fumo di sigaretta e sull’efficacia della rimozione<br />

di altre esposizioni nocive fra cui, in primo<br />

luogo, le esposizioni professionali e le esposizioni a<br />

inquinanti sia nell’ambiente esterno sia negli ambienti<br />

confinati. Altri interventi terapeutici di provata<br />

efficacia non trovano indicazione in soggetti<br />

affetti da BPCO in cui la diagnosi sia stata posta in<br />

fase precoce 8 . Gli interventi efficaci e proponibili<br />

in fase precoce di diagnosi di BPCO coincidono<br />

con misure di igiene generale, che rientrano nelle<br />

misure di profilassi primaria da proporre a qualunque<br />

individuo o da porre in atto negli ambienti di<br />

vita e di lavoro nei confronti dell’intera popolazione.<br />

La diagnosi precoce di BPCO dovrebbe quindi<br />

essere valutata, primariamente, in termini di efficacia<br />

rispetto al rafforzamento delle raccomandazioni<br />

individuali nell’ambito di un programma di<br />

cessazione dal fumo di sigaretta, alla rimozione di<br />

eventuali esposizioni ambientali o alla salvaguardia<br />

di individui particolarmente suscettibili nei confronti<br />

di esposizioni considerate innocue per la<br />

maggioranza della popolazione 14,15 . Una forte evidenza<br />

su questi punti è purtroppo carente. D’altra<br />

parte, non si può escludere l’utilità di un intervento<br />

terapeutico precoce, per esempio di terapia inalatoria<br />

combinata, non ancora “testata” in questa fase<br />

della BPCO. Ciò può giustificare uno o più studi<br />

pilota di una ricerca attiva di casi di BPCO.<br />

Le considerazioni fatte in merito ai limiti di un intervento<br />

di ricerca attiva dei casi di BPCO orienterebbero<br />

quindi fortemente per la scelta di un intervento<br />

di case-finding, da svolgere a livello di medicina<br />

generale nei confronti di soggetti a rischio<br />

per classe d’età ed esposizione al fumo di sigaretta<br />

o nei confronti di soggetti con sintomatologia iniziale<br />

o dubbia 16,17 . Alcune recenti valutazioni suggeriscono<br />

inoltre che sarebbe corretto limitare il case-finding<br />

ai soli soggetti a rischio per esposizione al<br />

fumo di sigaretta, non essendo la presenza di sintomi<br />

un predittore significativo di malattia quando<br />

non sia associata al fumo di sigaretta 18 . In effetti, se<br />

i sintomi sono largamente reversibili e quindi non<br />

predittivi 18 , la percentuale di fumatori fra i soggetti<br />

identificati come BPCO è risultata simile a quella<br />

degli altri soggetti in un campione random della popolazione<br />

generale 19 .Pertanto, almeno per gli studi<br />

pilota di ricerca attiva di casi di BPCO, l’orientamento<br />

dovrebbe essere verso un intervento rivolto<br />

alla popolazione generale in una data fascia di età.<br />

LA RICERCA ATTIVA<br />

DELLA BPCO<br />

A fronte di un dibattito sicuramente interessante e<br />

acceso da oltre trent’anni, esiste un solo studio che<br />

abbia finora prodotto risultati utili ai fini della valutazione<br />

di fattibilità, efficacia ed efficienza di un<br />

programma di ricerca attiva dei casi di BPCO: lo<br />

studio “Detection, Intervention and Monitoring of<br />

COPD and Asthma (DIMCA)”. I risultati più rilevanti<br />

sinora pubblicati sono:<br />

●<br />

●<br />

●<br />

●<br />

è stata confermata un’elevata sottodiagnosi di<br />

asma e BPCO nella popolazione 19 ;<br />

la percezione dei sintomi e il loro impatto sulla<br />

qualità di vita sono fattori determinanti della<br />

sottodiagnosi assai più rilevanti della prestazione<br />

medica 20 ;<br />

l’esposizione al fumo di sigaretta, in contrasto con<br />

altri studi 18 , non è risultata essere un fattore rilevante<br />

di rischio per la presenza di patologia ostruttiva<br />

delle vie aeree in soggetti asintomatici 19 ;<br />

la somministrazione di steroidi inalatori si dimostra<br />

un mezzo efficace ed efficiente di prevenzione<br />

dell’evoluzione della malattia, quando<br />

si ricerchi la compliance del paziente 21,22 .Va detto<br />

che quest’ultimo risultato, sicuramente il più<br />

rilevante fra tutti quelli prodotti, deve essere accettato<br />

con cautela per le seguenti considerazioni:<br />

la difficoltà di separare nettamente i soggetti<br />

asmatici dai soggetti affetti da BPCO nel<br />

valutare l’efficacia; la necessità di assumere che<br />

l’efficacia dimostrata nel breve periodo si mantenga<br />

nel lungo periodo, al fine di rendere i costi<br />

dell’oneroso programma di screening a due stadi,<br />

previsto dal disegno dello studio, compatibili<br />

con l’efficienza economica dell’intervento.<br />

50


2. GESTIONE DELLA BPCO<br />

CONCLUSIONI<br />

La BPCO è sicuramente una malattia molto più<br />

diffusa di quanto possa essere stimato sulla base delle<br />

statistiche correnti. È una malattia per la quale si<br />

dispone di strumenti idonei a fornire una diagnosi<br />

in fase precoce, prima della comparsa di sintomi<br />

rilevanti. Vi sono molti presupposti che rendono<br />

plausibile un intervento di ricerca attiva di casi a<br />

livello di medicina generale. Restano ancora non<br />

dimostrate l’efficacia e l’efficienza di un simile intervento,<br />

che sia posto a integrazione rispetto a misure<br />

di prevenzione primaria sui principali fattori<br />

di rischio.<br />

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Med 2001; 164(11):2057-2066.<br />

51


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />

22. van Grunsven PM, van Schayck CP, van Deuveren<br />

M et al: Compliance during long-term treatment<br />

with fluticasone propionate in subjects with<br />

early signs of asthma or chronic obstructive pulmonary<br />

disease (COPD): results of the Detection,<br />

Intervention, and Monitoring Program of COPD<br />

and Asthma (DIMCA) Study. J Asthma 2000;<br />

37(3):225-234.<br />

Raccomandazioni GOLD<br />

Leonardo M. Fabbri, Micaela Romagnoli<br />

INTRODUZIONE<br />

La BPCO è una patologia delle vie aeree causata dal<br />

fumo di sigaretta e rappresenta una delle principali<br />

cause di morbilità cronica e di mortalità nel mondo.<br />

Infatti, la BPCO è oggi stimata essere la quarta<br />

causa di morte (World Health Organization. World<br />

health report. Geneva:World Health Organization; 2000.<br />

Disponibile sul sito:http://www.who.int/whr/2000/<br />

en/statistics.htm.) e un ulteriore incremento della<br />

sua prevalenza e della mortalità è previsto nei prossimi<br />

decenni 1 .<br />

Il Progetto Mondiale BPCO (GOLD) è stato realizzato<br />

in collaborazione con l’Organizzazione<br />

Mondiale della Sanità (OMS) e l’Istituto Statunitense<br />

per lo studio delle Malattie Polmonari, Cardiache<br />

e del Sangue (NHLBI) per fronteggiare il<br />

crescente problema costituito dalla BPCO 2 .Lo scopo<br />

principale del progetto GOLD è di migliorare<br />

la gestione della BPCO, in primis prevenendone l’evoluzione<br />

attraverso un intervento sui fattori di rischio,<br />

in particolare il fumo di sigaretta (smettere<br />

di fumare), ma anche curando coloro che ne sono<br />

affetti e che pur smettendo di fumare continuano<br />

a esserne affetti. I trattamenti oggi a disposizione<br />

permettono infatti di alleviare i sintomi, migliorare<br />

la tolleranza allo sforzo e la qualità di vita, prevenire<br />

e trattare le complicazioni e le riacutizzazioni<br />

che fanno parte di questa malattia. Scopo finale<br />

è ovviamente quello di riuscire a intervenire<br />

all’inizio, durante le fasi precoci della malattia, sia<br />

per prevenire l’evoluzione sia per prevenire la mortalità<br />

che da essa consegue.<br />

In questo capitolo non verrà affrontato il trattamento<br />

farmacologico della BPCO, già estesamente<br />

trattato nel Capitolo 1 di questo Quaderno, ma<br />

verrà valutata la gestione del paziente BPCO in termini<br />

di prevenzione, educazione e gestione medica<br />

in fase stabile e di riacutizzazione.<br />

IDENTIFICAZIONE<br />

DEI SOGGETTI A RISCHIO<br />

Quali sono i fattori di rischio<br />

L’identificazione dei fattori di rischio costituisce un<br />

importante obiettivo nell’ambito delle strategie di<br />

prevenzione e di trattamento di tutte le <strong>malattie</strong>, e<br />

nel caso specifico della BPCO. La comprensione<br />

del fatto che il fumo di sigaretta sia uno dei più<br />

importanti fattori di rischio per lo sviluppo della<br />

BPCO ha favorito la diffusione di programmi di<br />

dissuasione nei confronti del fumo.Tali programmi<br />

costituiscono un presidio fondamentale nella prevenzione<br />

della malattia, oltre che un intervento indispensabile<br />

per coloro che hanno già sviluppato la<br />

BPCO. Sebbene il fumo sia il fattore di rischio più<br />

studiato, non si tratta certamente dell’unico fattore<br />

in gioco.<br />

I fattori di rischio per la BPCO sono attualmente<br />

divisi in due gruppi: i fattori individuali, quali le<br />

basi genetiche (per esempio, deficit di α 1 -antitripsina),<br />

l’iperreattività bronchiale, il livello di sviluppo<br />

del polmone e i fattori ambientali, primo fra<br />

tutti il fumo di sigaretta, ma anche i fattori professionali,<br />

l’inquinamento degli ambienti interni ed<br />

esterni. La malattia è prodotta dall’interazione fra<br />

questi due ordini di fattori.<br />

Soggetti a rischio: fumatori con o<br />

senza sintomi di bronchite cronica<br />

L’identificazione dei soggetti a rischio rappresenta,<br />

pertanto, il primo passo nella gestione della BPCO.<br />

Il personale sanitario, medico e paramedico dovrebbe,<br />

perciò, essere sensibilizzato nell’individuazione<br />

dei soggetti fumatori o ex fumatori, con o senza sin-<br />

52


2. GESTIONE DELLA BPCO<br />

tomi di bronchite cronica (tosse cronica produttiva)<br />

per inviarli, in prima istanza, a eseguire una spirometria<br />

e una visita specialistica pneumologica, per<br />

porre o escludere la diagnosi di BPCO.Nel caso questi<br />

soggetti non abbiano già sviluppato la malattia,<br />

ma siano solo sintomatici, i cosiddetti soggetti a rischio<br />

di BPCO 2 , lo scopo è di seguirli per la prevenzione<br />

dello sviluppo della malattia, attraverso l’educazione<br />

alla sospensione del fumo di sigaretta, oppure<br />

di monitorarli nel tempo eseguendo visite di<br />

controllo con prove spirometriche. Qualora alla spirometria<br />

venga riscontrata la presenza di una sindrome<br />

ostruttiva non reversibile o scarsamente reversibile<br />

e, pertanto, la malattia sia già in atto, il paziente<br />

deve essere valutato e monitorato per la corretta<br />

diagnosi, per la sua educazione e quella dei suoi<br />

familiari,per la classificazione di gravità e per un adeguato<br />

trattamento farmacologico a lungo termine.<br />

Stadio 0 delle linee guida GOLD:<br />

controversie<br />

Le linee guida GOLD hanno introdotto nella classificazione<br />

di gravità della BPCO lo stadio 0, considerato<br />

come stadio di soggetti a rischio, che include<br />

soggetti con sintomi di bronchite cronica ma<br />

che alla spirometria mostrano volumi e flussi polmonari<br />

nella norma 2 .Tuttavia, non è chiaro se la<br />

presenza di sintomi di bronchite cronica in assenza<br />

di ostruzione bronchiale rappresenti un reale fattore<br />

di rischio per lo sviluppo della BPCO. Un recente<br />

studio epidemiologico sembra escludere che<br />

i criteri indicati dallo stadio 0 della classificazione<br />

GOLD (sintomi di bronchite cronica) possano<br />

identificare realmente i soggetti che svilupperanno<br />

ostruzione delle vie aeree 3 .<br />

EDUCAZIONE<br />

Cos’è la BPCO<br />

Broncopneumopatia cronica ostruttiva è un termine<br />

medico ostico che riassume <strong>malattie</strong> comunemente<br />

chiamate bronchite cronica,enfisema o bronchite<br />

asmatica e, nonostante circa 1 persona su 3 di<br />

età superiore ai 60 anni sia affetta da questa malattia,<br />

essa è quasi completamente sconosciuta sotto tale<br />

denominazione (BPCO) dalla popolazione generale.<br />

In genere il paziente fumatore sa di correre<br />

rischi per lo sviluppo di neoplasia polmonare, data<br />

l’informazione massiva degli ultimi decenni su questa<br />

patologia, ma non sa cos’è la BPCO. Non solo<br />

i pazienti, ma a volte anche il personale medico o<br />

paramedico che non opera in campo specialistico<br />

pneumologico non è adeguatamente informato su<br />

questa patologia, invece così diffusa.<br />

Se si considera l’impatto di questa malattia, a livello<br />

assistenziale, dei costi umani e dei costi sociali, si<br />

nota un interesse limitato della comunità medica in<br />

quanto questa malattia è essenzialmente dovuta al<br />

fumo e quindi considerata una conseguenza naturale<br />

che accompagna la vita del fumatore. In realtà<br />

è un’importantissima causa di morbilità, di invalidità<br />

e di ricoveri e costituisce la prima causa di ricovero<br />

in ambiente pneumologico, una significativa causa<br />

di ricovero in ambiente internistico e una causa<br />

primaria di assenza dal lavoro e di ricadute sociali.<br />

Pertanto,lo scopo principale del documento GOLD<br />

è di diffondere la conoscenza di questa patologia e<br />

di migliorarne la gestione.A tale scopo è stata di recente<br />

pubblicata una guida pratica, breve, tascabile,<br />

contenente informazioni semplici sulla BPCO<br />

comprensibili dalla maggior parte dei pazienti.<br />

Riduzione dei fattori di rischio:<br />

programmi educazionali per la<br />

dissuasione dall’abitudine tabagica<br />

Nonostante l’educazione del paziente venga considerata<br />

un momento essenziale della cura in tutte le<br />

<strong>malattie</strong> croniche, non è molto chiaro il suo ruolo<br />

nella BPCO. È difficile stabilire l’importanza dell’educazione<br />

in questa malattia per il lungo periodo di<br />

tempo necessario prima che si osservino miglioramenti,<br />

quando presenti, della funzionalità respiratoria.<br />

Gli studi pubblicati dimostrano che la sola educazione<br />

del paziente non migliora le capacità fisiche<br />

e la funzionalità respiratoria 4-7 .Tuttavia, possono migliorare<br />

lo stato di salute e la capacità e l’abilità nel<br />

far fronte alla malattia 8 . Questi indici non vengono<br />

di solito considerati negli studi clinici, ma possono<br />

essere importanti nella BPCO,laddove le terapie farmacologiche<br />

hanno di solito modesta influenza sui<br />

parametri funzionali. Idealmente, gli aspetti educazionali<br />

dovrebbero essere presenti in tutte le fasi del<br />

trattamento della BPCO,dalla consultazione del medico<br />

o di altri operatori sanitari, dai programmi di<br />

terapia domiciliare e da quelli riabilitativi. È di fondamentale<br />

importanza per i pazienti con BPCO<br />

53


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />

comprendere la natura del loro disturbo, i fattori di<br />

rischio in grado di favorirne la progressione, il loro<br />

ruolo e quello degli operatori sanitari nell’ottimizzare<br />

il trattamento con risultati clinicamente apprezzabili.<br />

L’educazione dovrebbe essere adattata alle<br />

esigenze e all’ambiente del singolo paziente, dovrebbe<br />

essere interattiva, volta a migliorare la qualità<br />

della vita, pratica e appropriata alle capacità intellettuali<br />

e sociali dei pazienti e degli operatori sanitari.<br />

Ruolo del paziente<br />

e degli operatori sanitari<br />

nella gestione della BPCO<br />

Nel trattamento della BPCO è essenziale la discussione<br />

fra paziente e medico. Oltre a essere attenti<br />

e comunicativi, gli operatori sanitari dovrebbero<br />

prestare attenzione alle paure e alle apprensioni<br />

del paziente, focalizzare sugli obiettivi educazionali,<br />

adattare le terapie al singolo individuo, prevenire<br />

le alterazioni funzionali e ottimizzare le abilità<br />

pratiche del paziente.<br />

Specifiche strategie di educazione si sono dimostrate<br />

efficaci nel migliorare la compliance del paziente al<br />

trattamento e ai regimi terapeutici.La compliance non<br />

è limitata semplicemente alla verifica della corretta<br />

assunzione della terapia da parte del paziente. Nella<br />

BPCO, laddove i farmaci costituiscono solo uno<br />

degli aspetti del piano di trattamento, la compliance<br />

riguarda anche una serie di terapie non farmacologiche,<br />

cioè seguire un programma di mantenimento<br />

al termine della riabilitazione polmonare, la possibilità<br />

di smettere e continuare a non fumare, utilizzare<br />

in modo corretto nebulizzatori, distanziatori<br />

e concentratori d’ossigeno.<br />

I programmi di educazione prevedono diverse fasi.<br />

Gli argomenti che sembrano più importanti in<br />

un programma educazionale sono: informazione e<br />

consiglio di ridurre i fattori di rischio e quindi la<br />

dissuasione dall’abitudine tabagica; diffusione di<br />

informazioni di base relative alla malattia e alla fisiopatologia<br />

della malattia; concetti generali di terapia<br />

e aspetti specifici del trattamento medico;possibilità<br />

di autotrattamento; strategie che aiutino a<br />

ridurre al minimo la dispnea; consigli relativi a<br />

quando chiedere aiuto; autotrattamento e gestione<br />

delle riacutizzazioni; questioni relative alla qualità<br />

della vita e alla progressione della malattia.<br />

Vi sono diversi tipi di programmi educazionali: dalla<br />

semplice distribuzione di materiale prestampato<br />

a incontri organizzati per fornire informazioni sulla<br />

BPCO, a riunioni organizzate per insegnare ai<br />

pazienti specifiche nozioni (per esempio, autotrattamento,<br />

monitoraggio del picco di flusso).<br />

PREVENZIONE<br />

NEI CONFRONTI DEL FUMO<br />

La sospensione dell’abitudine tabagica è considerata<br />

l’intervento più efficace ed economicamente più<br />

vantaggioso per ridurre il rischio di sviluppare la<br />

BPCO. La sospensione dell’abitudine tabagica può<br />

prevenire o ritardare lo sviluppo di ostruzione delle<br />

vie aeree 9 .<br />

Campagne contro il consumo di tabacco e programmi<br />

con messaggi chiari, coerenti e ripetuti in<br />

favore della dissuasione dall’abitudine tabagica (disassuefazione<br />

dal fumo) dovrebbero essere diffusi<br />

attraverso ogni possibile canale, comprendendo<br />

cioè gli operatori sanitari, le scuole, la radio, la televisione<br />

e i giornali. Dovrebbero essere organizzate<br />

campagne d’informazione sia nazionali sia locali,<br />

al fine di ridurre l’esposizione al fumo di tabacco<br />

nei locali pubblici. Dovrebbero essere promulgate<br />

leggi che bandiscano il fumo dalle scuole,<br />

dalle strutture pubbliche e dall’ambiente di lavoro.<br />

I programmi di prevenzione del fumo dovrebbero<br />

riguardare in particolare i bambini, gli<br />

adolescenti, i giovani adulti, le donne in gravidanza.<br />

I medici e gli operatori della sanità pubblica dovrebbero<br />

incoraggiare le persone a non fumare nelle<br />

loro abitazioni.<br />

Gli sforzi e gli interventi volti alla sospensione dell’abitudine<br />

tabagica sono risultati efficaci in entrambi<br />

i sessi, in tutti i gruppi razziali ed etnici e<br />

nelle donne in gravidanza. L’età influenza il tasso<br />

di sospensione: i giovani smettono con minore probabilità;<br />

tali programmi presentano tuttavia un’efficacia<br />

in tutte le fasce di età.<br />

I dati internazionali sull’impatto economico della<br />

sospensione dell’abitudine tabagica sono sorprendentemente<br />

simili: investire risorse in tali programmi<br />

è economicamente vantaggioso in termini<br />

di costi medici per ogni anno di vita guadagnato.<br />

La letteratura relativa agli studi costo-efficacia<br />

riporta vari tipi di interventi che comprendono i<br />

cerotti per il rilascio transdermico di nicotina, i<br />

consigli del medico e di altre figure sanitarie (con<br />

o senza il cerotto di nicotina), programmi di autoaiuto,<br />

di gruppo e di sospensione in comunità.<br />

54


2. GESTIONE DELLA BPCO<br />

RUOLO<br />

DEGLI OPERATORI SANITARI<br />

NEI PROGRAMMI ANTIFUMO<br />

Tabella 2.1<br />

Linee guida per la sospensione dell’abitudine tabagica<br />

“Trattare l’abuso tabagico e la sua dipendenza: linee guida pratiche<br />

per il clinico” 11<br />

La dipendenza tabagica è una condizione cronica che<br />

necessita trattamenti ripetuti a lungo termine per<br />

raggiungere una disassuefazione totale<br />

Esistono trattamenti efficaci per la dipendenza da tabacco<br />

che dovrebbero essere offerti a tutti i fumatori<br />

A ogni visita il medico e l’operatore sanitario devono dare<br />

spiegazioni, motivazioni e documentazione del<br />

trattamento<br />

Un breve trattamento di disassuefazione dal fumo è<br />

efficace e dovrebbe essere offerto a ciascun fumatore<br />

C’è un tempo dose-risposta, che dipende dall’intensità<br />

della dipendenza dal fumo, tra la raccomandazione e<br />

l’effetto<br />

Tre tipi di counseling sembrano essere particolarmente<br />

efficaci: consigli pratici, supporto psicosociale come parte<br />

integrante del trattamento, supporto sociale esterno al<br />

trattamento<br />

Cinque sono i farmaci di prima linea efficaci per la<br />

disassuefazione dal tabacco: bupropione SR, gomma alla<br />

nicotina, inalatori alla nicotina, spray nasale alla nicotina<br />

e cerotti transdermici alla nicotina. Devono essere<br />

prescritti in assenza di controindicazioni<br />

I trattamenti della dipendenza da fumo sono efficaci<br />

rispetto ad altre terapie e altri interventi preventivi<br />

I programmi antifumo richiedono un approccio<br />

multidisciplinare, che comprenda le politiche pubbliche,<br />

la diffusione di programmi di informazione<br />

e l’educazione sanitaria attraverso i mezzi di informazione<br />

e le scuole 10 .Tuttavia, gli operatori sanitari,<br />

comprendenti medici, infermieri, dentisti, psicologi,<br />

farmacisti e altre figure professionali sono<br />

elemento chiave per diffondere i messaggi relativi<br />

alla disassuefazione dal fumo ed eseguire gli interventi<br />

necessari.Allo stesso tempo,varie strategie dovrebbero<br />

essere promosse nell’ambito della prevenzione.<br />

Gli operatori sanitari dovrebbero incoraggiare<br />

tutti i pazienti fumatori a smettere, anche<br />

quelli che si rivolgono al medico per ragioni di diversa<br />

natura e che non presentano né sintomi della<br />

BPCO né evidenza di una riduzione del flusso<br />

aereo espiratorio.<br />

Le linee guida per la sospensione dell’abitudine tabagica,<br />

recentemente pubblicate (tabella 2.1) 11 , enfatizzano<br />

il concetto che la dipendenza da tabacco<br />

costituisce una malattia cronica e i medici dovrebbero<br />

inoltre riconoscere che le ricadute sono frequenti<br />

e che riflettono la natura cronica della dipendenza,<br />

non il loro fallimento o quello dei tentativi<br />

dei pazienti.<br />

I consigli forniti dal medico o da altre figure professionali<br />

sono più efficaci delle strategie autosomministrate<br />

12 nell’indurre il paziente a smettere di fumare.<br />

In uno studio clinico multicentrico controllato<br />

la combinazione del consiglio del medico, di educatori<br />

specializzati e di terapia sostitutiva con nicotina<br />

ha determinato un tasso di sospensione del 35%<br />

annuo, mantenuto nel 22% dei casi per 5 anni 9 .<br />

Sono oggi disponibili diverse terapie farmacologiche<br />

efficaci per la sospensione dell’abitudine tabagica<br />

10 , come i prodotti che rilasciano nicotina, o altri<br />

farmaci quali gli antidepressivi bupropione e<br />

nortriptilina 13,14 .<br />

Numerosi studi indicano che i prodotti che rilasciano<br />

nicotina somministrati in qualunque modo<br />

(la gomma di nicotina, la nicotina somministrata<br />

per via inalatoria, la nicotina spray nasale, il cerotto<br />

di nicotina, le compresse sublinguali e le pastiglie)<br />

determinano un aumento dei tassi di astinenza<br />

dal fumo a lungo termine 11,13 .<br />

DIAGNOSI DI BPCO<br />

La diagnosi di BPCO dovrebbe essere presa in considerazione<br />

da parte del personale medico, specialista<br />

e non, in tutti i pazienti che riferiscono una<br />

storia di esposizione ai fattori di rischio per la malattia<br />

e/o lamentano tosse, espettorazione e/o dispnea.<br />

La diagnosi verrà poi confermata dalla spirometria.<br />

La presenza di un rapporto VEMS/CVF<br />


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />

●<br />

●<br />

●<br />

●<br />

●<br />

●<br />

●<br />

●<br />

storia familiare di BPCO o di altre <strong>malattie</strong> respiratorie<br />

croniche;<br />

tipo di sintomi sviluppati. I sintomi della BPCO<br />

si manifestano tipicamente durante la vita adulta.<br />

Inoltre, tali soggetti sono consapevoli dell’aggravamento<br />

della dispnea, più frequentemente<br />

durante l’inverno per un certo numero di anni<br />

prima che si richieda l’intervento medico;<br />

storia di riacutizzazioni e di precedenti ricoveri<br />

per disturbi respiratori. I pazienti possono essere<br />

consapevoli del periodico peggioramento dei<br />

sintomi anche se questi episodi non vengono<br />

considerati riacutizzazioni della malattia di base;<br />

presenza di patologie concomitanti. La limitazione<br />

delle attività quotidiane può essere aggravata<br />

dalla presenza di patologie concomitanti, quali le<br />

patologie cardiache e l’artrite reumatoide;<br />

appropriatezza delle terapie farmacologiche in<br />

atto. Per esempio, i pazienti possono assumere β-<br />

bloccanti per curare concomitanti <strong>malattie</strong> cardiache,<br />

le quali possono risultare controindicate<br />

in pazienti con BPCO;<br />

impatto della malattia sulla quotidianità del paziente,<br />

che comporta la limitazione delle attività<br />

quotidiane, la perdita del lavoro e il conseguente<br />

impatto economico, le conseguenze sulla<br />

quotidianità familiare, la comparsa di depressione<br />

e ansia;<br />

disponibilità di sostegno sociale e familiare;<br />

possibilità di ridurre l’esposizione ai fattori di rischio,<br />

in particolare la sospensione dell’abitudine<br />

tabagica.<br />

La progressione della malattia fa sì che i pazienti si<br />

rivolgano con maggiore frequenza agli operatori<br />

sanitari. La tipologia di specialisti consultati e la frequenza<br />

delle visite dipenderanno dal tipo di sistema<br />

sanitario. Lo scopo del monitoraggio e della valutazione<br />

nella BPCO è di assicurare che gli obiettivi<br />

del trattamento siano garantiti e che interessino<br />

diversi ambiti:<br />

● l’esposizione ai fattori di rischio, in particolare il<br />

fumo di tabacco;<br />

● la progressione della malattia e la comparsa di<br />

complicanze;<br />

● la terapia farmacologica e le altre terapie;<br />

● la storia delle riacutizzazioni;<br />

● le patologie concomitanti.<br />

Tabella 2.2<br />

Questionario da somministrare eventualmente durante<br />

il follow-up*<br />

Monitoraggio dell’esposizione a fattori di rischio<br />

Hai continuato a non fumare<br />

Se no, quante sigarette al giorno<br />

Hai intenzione di sospendere<br />

Hai cambiato ambiente di lavoro<br />

Monitoraggio della progressione della malattia e sviluppo<br />

di complicanze<br />

Quando avverti dispnea (quando sali una rampa di<br />

scale, percorri una salita o una strada piana)<br />

La dispnea è migliorata, peggiorata o rimasta uguale<br />

dall’ultima visita<br />

Hai ridotto la tua attività per la dispnea o per altri<br />

sintomi<br />

Gli altri sintomi sono peggiorati dall’ultima visita<br />

Sono comparsi nuovi sintomi dall’ultima visita<br />

Il sonno è disturbato dalla dispnea o da altri sintomi<br />

Dall’ultima visita, hai perso molto lavoro per questa<br />

malattia<br />

Monitoraggio della terapia farmacologica e non<br />

Quali farmaci stai assumendo<br />

Assumi sempre ogni farmaco<br />

Rispetti il tempo di assunzione<br />

Per quale ragione hai interrotto o sospeso l’assunzione<br />

della terapia<br />

Mi fai vedere come usi l’inalatore<br />

Esegui altra terapia<br />

La terapia che assumi beneficia i sintomi<br />

La terapia che assumi causa problemi<br />

Monitoraggio delle riacutizzazioni<br />

Dall’ultima visita, c’è stato qualche episodio di<br />

peggioramento della sintomatologia<br />

Se così, quanto è durato Cosa ritieni l’abbia causato<br />

Che cosa hai fatto per controllare i sintomi<br />

* Questo questionario non rappresenta uno strumento di valutazione<br />

standardizzato. La validità del questionario non è ancora convalidata.<br />

Nella tabella 2.2 sono elencate le domande da porsi<br />

alle visite di controllo di un paziente con diagnosi<br />

di BPCO. Il modo migliore per evidenziare modificazioni<br />

nei sintomi e nello stato di salute complessivo<br />

è rivolgere le stesse domande a ogni visita.<br />

MONITORAGGIO<br />

DELLA PROGRESSIONE<br />

DELLA MALATTIA<br />

E SVILUPPO DI COMPLICANZE<br />

La BPCO è una malattia progressiva. Pertanto, la<br />

funzionalità respiratoria è destinata a peggiorare nel<br />

tempo, nonostante la somministrazione delle terapie<br />

farmacologiche. È importante monitorare i segni,<br />

i sintomi e le misurazioni della riduzione del<br />

flusso aereo espiratorio al fine di determinare quando<br />

e come modificare la terapia, o identificare la<br />

comparsa di complicanze. Sia al momento della valutazione<br />

iniziale sia durante le visite di controllo è<br />

56


2. GESTIONE DELLA BPCO<br />

necessario eseguire l’esame obiettivo e soprattutto<br />

discutere con il paziente, in particolare per accertare<br />

la comparsa di nuovi sintomi o il peggioramento<br />

di quelli esistenti. Per adeguare la terapia all’aggravarsi<br />

della malattia, ogni visita di controllo dovrebbe<br />

comprendere una valutazione relativa alle terapie<br />

che il paziente sta assumendo: il dosaggio dei<br />

vari farmaci, la compliance del paziente alle terapie,<br />

le modalità di somministrazione dei farmaci per via<br />

inalatoria, l’efficacia delle terapie assunte nel controllare<br />

i sintomi, gli effetti collaterali delle terapie.<br />

Il peggioramento della funzionalità respiratoria è meglio<br />

seguito attraverso l’esecuzione di spirometrie periodiche.<br />

L’esecuzione di più di una spirometria l’anno<br />

è improbabile che fornisca informazioni circa il<br />

peggioramento della funzionalità respiratoria. La spirometria<br />

dovrebbe essere eseguita se un paziente riferisce<br />

un peggioramento dei sintomi o una complicanza.Altri<br />

test di funzionalità respiratoria quali la<br />

curva flusso/volume, la determinazione della DL CO<br />

e la misura dei volumi polmonari non vengono determinati<br />

di routine, ma possono essere utili nel valutare<br />

l’impatto globale della malattia e possono fornire<br />

preziose informazioni nei casi in cui vi siano incertezze<br />

diagnostiche o sia necessario valutare i pazienti<br />

da sottoporre a trattamenti chirurgici.<br />

La misura della pressione parziale dei gas ematici dovrebbe<br />

essere considerata in tutti i pazienti con valori<br />

di VEMS


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />

La vaccinazione antinfluenzale sembra ridurre il<br />

numero delle riacutizzazioni di BPCO 18 ed è pertanto<br />

raccomandata nei pazienti affetti da questa<br />

malattia 2 .<br />

Alcuni studi clinici controllati condotti con corticosteroidi<br />

per via inalatoria hanno valutato l’influenza<br />

di tale trattamento sull’incidenza delle riacutizzazioni<br />

di BPCO rivelandone un effetto positivo,<br />

soprattutto nei pazienti con BPCO di grado<br />

moderato-grave, che mostrano una significativa riduzione<br />

del numero delle riacutizzazioni 20-22 .Tali<br />

evidenze supportano,pertanto,la possibilità di somministrare<br />

corticosteroidi inalatori a lungo termine<br />

nei pazienti con BPCO moderato-grave con<br />

frequenti riacutizzazioni all’anno 2 .<br />

Anche il trattamento con broncodilatatori, come<br />

ipratropio bromuro 23 e salmeterolo 24 , sembra ridurre<br />

le riacutizzazioni. Recentemente è stato dimostrato<br />

che il trattamento a lungo termine con<br />

un anticolinergico a lunga durata d’azione (tiotropio<br />

bromuro) riduce l’incidenza delle riacutizzazioni<br />

di BPCO 25,26 .È stato inoltre dimostrato che<br />

la terapia combinata inalatoria corticosteroidibroncodilatatori<br />

riduce l’incidenza delle riacutizzazioni<br />

di BPCO 27,28 . La revisione di 22 studi clinici<br />

ha evidenziato che la somministrazione di mucolitici<br />

orali riduce le riacutizzazioni del 29% 29 .<br />

Alcuni studi osservazionali suggeriscono che la riabilitazione<br />

respiratoria di pazienti esterni od ospedalizzati<br />

può ridurre la frequenza delle riacutizzazioni<br />

30,31 .<br />

Diagnosi di riacutizzazione<br />

evalutazione di gravità<br />

Tabella 2.3<br />

Anamnesi<br />

Durata del<br />

peggioramento o<br />

nuovi sintomi<br />

Numero di precedenti<br />

episodi<br />

Attuali terapie<br />

Anamnesi e valutazione di gravità per episodi<br />

Segni di gravità<br />

Utilizzo dei muscoli respiratori<br />

accessori<br />

Movimenti paradossi della parete<br />

toracica<br />

Peggioramento o insorgenza di<br />

cianosi centrale<br />

Sviluppo di edemi periferici<br />

Instabilità emodinamica<br />

Segni di scompenso cardiaco<br />

destro<br />

La BPCO è spesso associata a riacutizzazione della<br />

sintomatologia. Il peggioramento della dispnea<br />

rappresenta il principale sintomo di una riacutizzazione,<br />

spesso associata anche a respiro sibilante,<br />

senso di costrizione toracica, incremento della tosse<br />

e dell’escreato, e/o viraggio del colore e/o della<br />

viscosità dell’escreato e comparsa di febbre. Le<br />

riacutizzazioni possono essere accompagnate anche<br />

da sintomi non specifici quali malessere, astenia,<br />

insonnia o sonnolenza, depressione e confusione<br />

mentale. Una ridotta tolleranza allo sforzo,<br />

la febbre e/o nuove alterazioni radiologiche suggestive<br />

di patologia polmonare possono precedere<br />

la riacutizzazione.<br />

È importante la valutazione della gravità di una riacutizzazione,<br />

ai fini della gestione della stessa (domiciliare<br />

od ospedaliera), che si basa sull’anamnesi<br />

prima della riacutizzazione (gravità della BPCO,<br />

comorbidità), sui sintomi, sull’esame obiettivo, sulla<br />

misura della funzionalità respiratoria, sulla misura<br />

dei gas nel sangue arterioso e su altri esami di<br />

laboratorio (tabella 2.3).Quando disponibili,è sempre<br />

di grande utilità poter confrontare le prove di<br />

funzionalità respiratoria e l’emogasanalisi eseguite<br />

durante l’episodio acuto con quelle eseguite in occasione<br />

di precedenti controlli.Tale comparazione<br />

può essere più importante rispetto alla valutazione<br />

dei numeri assoluti. I medici dovrebbero avvertire<br />

i loro pazienti di portare con sé le documentazioni<br />

delle ultime valutazioni quando giungono in<br />

ospedale per una riacutizzazione.<br />

Gestione domiciliare od<br />

ospedaliera delle riacutizzazioni<br />

È motivo di discussione quando trattare una riacutizzazione<br />

a domicilio o in ambiente ospedaliero.<br />

Nell’algoritmo della figura 2.2 sono riportate le<br />

modalità di trattamento di una riacutizzazione domiciliare,<br />

in base a un approccio terapeutico a gradini<br />

2,32-34 .<br />

INDICAZIONI AL<br />

TRATTAMENTO OSPEDALIERO<br />

DELLE RIACUTIZZAZIONI<br />

La mortalità in corso di riacutizzazione di BPCO<br />

è strettamente correlata all’insorgenza di acidosi respiratoria,<br />

alla presenza di patologie concomitanti e<br />

alla necessità di ventilazione 35 .I pazienti che non<br />

presentano queste caratteristiche non sono a rischio<br />

di morte, ma quelli che presentano una BPCO di<br />

58


2. GESTIONE DELLA BPCO<br />

Inizio o aumento dei broncodilatatori<br />

Eventuale antibiotico-terapia<br />

Figura 2.2<br />

Algoritmo per il trattamento di una riacutizzazione<br />

di BPCO a domicilio<br />

Rivalutare entro poche ore<br />

Risoluzione o miglioramento<br />

dei segni e dei sintomi<br />

Nessun miglioramento<br />

Continua il trattamento<br />

riducendolo quando possibile<br />

Corticosteroidi per via orale<br />

Rivalutare il trattamento a lungo termine<br />

Rivalutare entro poche ore<br />

Peggioramento dei sintomi<br />

Ospedalizzare<br />

Tabella 2.4<br />

Indicazioni al ricovero ospedaliero per riacutizzazione<br />

di BPCO<br />

Marcato peggioramento dei sintomi, quale l’improvviso<br />

aumento della dispnea a riposo<br />

Presenza di una storia di BPCO grave<br />

Insorgenza di nuovi segni all’esame obiettivo (per esempio<br />

cianosi o edemi periferici)<br />

Assenza di miglioramento con il trattamento medico<br />

iniziale<br />

Importanti patologie associate<br />

Aritmie cardiache di recente insorgenza<br />

Incertezza diagnostica<br />

Età avanzata<br />

Insufficiente supporto familiare<br />

Tabella 2.5<br />

Indicazione al ricovero in unità di terapia intensiva<br />

per una riacutizzazione di BPCO<br />

Dispnea ingravescente che non risponde al trattamento<br />

medico iniziale<br />

Confusione mentale, obnubilamento del sensorio, coma<br />

Peggioramento o stabile ipossiemia (PaO 2 < 6,7 kPa, 50<br />

mmHg), e/o peggioramento o grave ipercapnia (PaCO 2<br />

> 9,3 kPa, 70 mmHg), e/o peggioramento o grave acidosi<br />

respiratoria (pH < 7,30)<br />

grado grave in fase di stabilità necessitano spesso dell’ospedalizzazione.<br />

Il tentativo di trattare questi pazienti<br />

completamente a domicilio ha avuto solo un<br />

successo limitato 36 , ma il loro ritorno a casa con un<br />

maggiore supporto sociale e un piano terapeutico<br />

monitorato dopo l’iniziale valutazione in pronto<br />

soccorso ha riscosso un successo molto maggiore 37 .<br />

Diversi studi randomizzati e controllati hanno confermato<br />

che questo intervento rappresenta una valida<br />

alternativa all’ospedalizzazione, anche se applicabile<br />

solo al 25% circa dei pazienti ospedalizzati.<br />

I costi necessari per mantenere un team di assistenza<br />

domiciliare sono controbilanciati dal risparmio<br />

delle spese di ospedalizzazione. Si attendono tuttavia<br />

dettagliate analisi costo-beneficio.<br />

La valutazione per il ricovero ospedaliero dovrebbe<br />

essere presa in considerazione per tutti quei pazienti<br />

che rientrano nei criteri presenti nella tabella<br />

2.4. Alcuni pazienti richiedono l’immediato ricovero<br />

in terapia intensiva (tabella 2.5). Il ricovero<br />

dei pazienti con riacutizzazione grave di BPCO<br />

nelle “unità intermedie” può essere utile se sono<br />

disponibili personale adeguatamente addestrato e<br />

attrezzature per identificare e trattare adeguatamente<br />

l’insufficienza respiratoria.<br />

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BPCO: impatto socio-economico<br />

e percorsi gestionali evidence-based<br />

Ciro Rampulla, Roberto Dal Negro<br />

INTRODUZIONE<br />

Così come ai medici viene sempre più richiesto di<br />

gestire il paziente con BPCO facendo riferimento<br />

alle linee guida basate sulle prove d’efficacia, anche<br />

gli obiettivi e le strategie dell’organizzazione sanitaria<br />

per ridurre l’impatto economico e sociale della<br />

BPCO devono ispirarsi alle evidenze scientifiche.<br />

L’affrontare il problema rappresentato dalla BPCO<br />

è sicuramente un obiettivo prioritario e urgente<br />

per l’organizzazione sanitaria. Infatti, le BPCO sono<br />

sempre più rilevanti dal punto di vista epidemiologico<br />

1 , sono state la quarta causa di morte nel<br />

1997 negli USA ed è previsto che diventeranno la<br />

terza causa di morte in tutto il mondo nel 2020 2 .<br />

Inoltre, le BPCO rappresentano un importante costo<br />

per la società. Grasso et al. 3 hanno dimostrato<br />

che nel 1992, negli Stati Uniti, un paziente con<br />

COPD costava $ 8.482 rispetto a un costo medio<br />

di un paziente assistito da Medicare di $ 3.311 e<br />

un paziente con COPD in ossigenoterapia a lungo<br />

termine costava addirittura circa il 400% in più.<br />

Mapel et al. 4 hanno valutato che i pazienti con BPCO<br />

costano ogni anno 2,5 volte in più rispetto ai controlli<br />

per i ricoveri ospedalieri, 1,6 volte per i servizi<br />

ambulatoriali, 2 volte per quanto riguarda il<br />

consumo di farmaci.<br />

Il costo totale della BPCO negli Stati Uniti nel 1993<br />

è stato valutato in 24 miliardi di dollari, di cui il<br />

61% rappresentato dai costi diretti, il 18% legato alla<br />

perdita di guadagno per la precoce mortalità e il<br />

20% indotto dalla morbilità 5 . Fra i costi diretti, la<br />

maggior quota (>70%) è rappresentata dai ricoveri<br />

ospedalieri. Bisogna però tenere presente che<br />

questi costi sono spesso sottostimati poiché si riferiscono<br />

agli episodi di ricovero in cui la BPCO appare<br />

come prima diagnosi, ma andrebbero considerate<br />

anche le dimissioni per patologie strettamente<br />

61


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />

connesse alla BPCO, quali l’insufficienza respiratoria<br />

e le esacerbazioni infettive 6 . Infatti, nel 1998 negli<br />

USA, alle 662.000 ospedalizzazioni attribuite alla<br />

BPCO andrebbero aggiunti anche 2.530.000 episodi<br />

di ricovero in cui la BPCO era segnalata come<br />

concausa del ricovero 7 .Anche nel nostro paese<br />

le BPCO hanno un impatto rilevante, come recentemente<br />

dimostrato da Dal Negro et al. 8 .<br />

L’influenza della BPCO sull’attività lavorativa è stata<br />

studiata da Eisner 9 , che ha rilevato come solo il<br />

46% dei pazienti in età lavorativa (18-64 anni) sia<br />

stabilmente occupato e che il rischio di prolungata<br />

assenza dal lavoro per BPCO è particolarmente<br />

elevato (OR = 2,92). Inoltre, recenti dati riferiscono<br />

che la BPCO ha causato una perdita di lavoro<br />

negli USA nel 1994 valutabile approssimativamente<br />

in 9,9 miliardi di dollari 10 .<br />

Infine, la BPCO è una delle maggiori cause di disabilità<br />

valutata in termini di perdita in DALYs (disability-adjusted<br />

life years). Nel 1996 è stato stimato<br />

che la BPCO è l’ottava causa di DALYs negli uomini<br />

e la settima nelle donne 11 e, dalle previsioni<br />

dello studio di Lopez e Murray 12 , ci si aspetta che<br />

in tutto il mondo la BPCO diventi, nel 2020, la<br />

quinta causa di disabilità, mentre era la dodicesima<br />

del 1990.<br />

Tutti questi dati rappresentano con estrema drammaticità<br />

l’impatto economico e sociale della BPCO<br />

non solo sui servizi sanitari ma su tutta la società e<br />

giustificano la necessità di affrontare il problema in<br />

modo complessivo. Gli obiettivi prioritari potrebbero<br />

(dovrebbero) essere:<br />

●<br />

●<br />

●<br />

la prevenzione della BPCO;<br />

la riduzione dei costi ospedalieri;<br />

la prevenzione e il trattamento della disabilità.<br />

Anche nella valutazione dei possibili interventi in<br />

questi campi bisogna tenere conto delle evidenze<br />

scientifiche derivanti dagli studi di tipo economico.<br />

Numerosi, infatti, sono gli studi costo-beneficio<br />

e soprattutto quelli costo-efficienza pubblicati<br />

e ritenuti utili al fine di strutturare i programmi<br />

d’intervento sulla BPCO, non soltanto nel modo<br />

apparentemente meno costoso, ma soprattutto più<br />

efficace ed efficiente a parità di costi.<br />

PREVENZIONE<br />

In quest’ottica è fuori dubbio che la prevenzione<br />

della BPCO rappresenta un punto chiave.<br />

La prevenzione deve evidentemente essere orientata<br />

a controllare i fattori di rischio in generale e,<br />

fra questi, soprattutto l’esposizione a fumo di sigaretta.<br />

I programmi di cessazione del fumo sono efficaci<br />

per la prevenzione non solo della BPCO, ma<br />

di tutte le <strong>malattie</strong> correlate al fumo di sigaretta, in<br />

particolare le <strong>malattie</strong> cardiovascolari e il tumore<br />

del polmone. Non è questa la sede per discutere<br />

l’organizzazione e i risultati dei programmi educazionali<br />

per la cessazione del fumo di sigaretta: basta<br />

ricordare che questi programmi hanno dimostrato<br />

di avere un rapporto costo/efficacia di £ 212-<br />

873 per anno di vita guadagnato 13 . Inoltre, l’efficacia<br />

della cessazione del fumo di tabacco è stata anche<br />

recentemente confermata da studi danesi condotti<br />

su un ampio campione di popolazione esaminato<br />

fra il 1967 e il 2000 e che hanno dimostrato<br />

come la cessazione del fumo di sigaretta comporti<br />

una significativa riduzione del rischio di morte<br />

per tutte le cause 14 e una riduzione del rischio<br />

di ricovero ospedaliero per BPCO 15 . Al contrario,<br />

la sola riduzione del fumo di sigaretta non sortisce<br />

effetti sulla mortalità e sulla riduzione dei ricoveri<br />

ospedalieri.<br />

Bisogna essere consapevoli che le eventuali favorevoli<br />

conseguenze dei programmi di cessazione del<br />

fumo non si registreranno nel medio e breve periodo.<br />

Feenstra et al. 16 hanno dimostrato, con un<br />

modello matematico, che dal 1995 al 2015 vi sarà<br />

un aumento della prevalenza delle BPCO dal 21 al<br />

33 per <strong>1.</strong>000 nei maschi e dal 10 al 23 per <strong>1.</strong>000<br />

nelle donne, con un aumento dei costi di circa il<br />

90%. I cambiamenti nell’abitudine al fumo provocano<br />

una modesta attenuazione della prevalenza<br />

della BPCO nei maschi, ma non nelle donne, dimostrando<br />

che i cambiamenti nell’abitudine al fumo<br />

di tabacco hanno solo un piccolo effetto nell’immediato<br />

futuro.<br />

Da questo modello appare significativo l’aumento<br />

della BPCO nelle donne, comunemente attribuito<br />

all’incremento all’abitudine al fumo di sigaretta 17<br />

che nelle donne sembra avere anche un effetto particolarmente<br />

dannoso 18 ,ma che potrebbe essere anche<br />

attribuito al rapido incremento del numero di<br />

donne inserite in tutte le categorie di lavoratori.<br />

Infatti, negli Stati Uniti il numero di donne che lavorano<br />

è aumentato del 30% dal 1980 al 1994 19 .<br />

Nei programmi di prevenzione delle BPCO non<br />

bisogna però dimenticare gli altri fattori di rischio;<br />

infatti, anche recentemente è stato evidenziato che<br />

soggetti non fumatori sviluppano la BPCO e che<br />

anche fra i pazienti morti per BPCO circa il 17%<br />

62


2. GESTIONE DELLA BPCO<br />

non aveva mai fumato 20 .Tra gli altri fattori di rischio,<br />

soprattutto l’esposizione professionale sembra<br />

avere una significativa rilevanza.Viegi e Di Pede 21<br />

hanno evidenziato, in una recente revisione della<br />

letteratura, che il rischio della popolazione (PAR)<br />

in relazione all’esposizione occupazionale varia dal<br />

4 al 29% (mediana 15%) per la bronchite cronica e<br />

dal 12 al 55% (mediana 18%) per le alterazioni funzionali<br />

respiratorie coerenti con la diagnosi di BPCO.<br />

Recentemente Hnizdo et al. 22 , in uno studio epidemiologico<br />

basato su un campione esteso di soggetti<br />

in età lavorativa in cui la diagnosi di BPCO<br />

era basata sui criteri delle linee guida GOLD 23 ,hanno<br />

evidenziato un rischio di BPCO attribuibile all’esposizione<br />

professionale del 19,2% nell’intera popolazione<br />

e ben del 31,1% nei non fumatori. Bisogna<br />

inoltre considerare anche l’interazione tra fumo<br />

di sigaretta ed esposizione occupazionale: infatti,<br />

è possibile che alcuni fumatori non sviluppino<br />

la BPCO se non hanno avuto anche un’esposizione<br />

professionale o, al contrario, che alcune persone<br />

esposte a rischi occupazionali non presentino<br />

la malattia se non sono anche fumatori abituali.Non<br />

vi sono molti dati sull’interazione tra fumo di sigaretta<br />

ed esposizione occupazionale, ma Donato et<br />

al. 24 hanno evidenziato che il rischio di BPCO attribuibile<br />

al fumo di sigaretta nei maschi in età lavorativa<br />

è del 52,9%, quello attribuibile all’esposizione<br />

occupazionale dell’8,8% e quello attribuibile<br />

ai due rischi considerati insieme sale al 60,3%.<br />

Recentemente Leigh et al. 25 hanno calcolato il costo<br />

della BPCO dovuta all’esposizione occupazionale<br />

negli USA nel 1996. Questi autori hanno concluso<br />

che il costo totale della BPCO correlata all’esposizione<br />

professionale varia da 3,3 a 6,6 miliardi<br />

di dollari secondo il rischio attribuibile utilizzato,<br />

mentre per l’asma bronchiale varia da 1,2 a<br />

2,1 miliardi di dollari. Dei costi totali, il 57% era<br />

rappresentato dai costi diretti soprattutto legati all’ospedalizzazione,<br />

mentre il 17,6% era costituto dai<br />

costi indiretti legati alla mortalità e il 25,3% dai costi<br />

indiretti legati alla morbilità.<br />

Questi dati sottolineano come accanto ai programmi<br />

di prevenzione della BPCO orientati alla<br />

cessazione del fumo di tabacco sia necessario anche<br />

intraprendere programmi di prevenzione<br />

orientati sia all’esposizione occupazionale di per<br />

sé 26 , sia a programmi specifici sulle categorie di lavoratori<br />

nei quali l’abitudine al fumo di tabacco<br />

sembra essere particolarmente frequente 22 .<br />

Infine, fra i rischi per BPCO andrebbero anche<br />

considerati quelli legati all’inquinamento atmosferico<br />

urbano. Se sono ben noti gli effetti acuti dell’inquinamento<br />

atmosferico 27 , non è ancora ben<br />

conosciuta la relazione fra questo e lo sviluppo o<br />

l’aggravamento della BPCO 28 : tuttavia, anche tutte<br />

le iniziative per abbattere l’inquinamento atmosferico<br />

urbano andrebbero considerate assieme agli<br />

altri programmi di prevenzione della BPCO.<br />

Non vi sono dati conclusivi sui rapporti costo-efficacia<br />

di questi ultimi programmi di prevenzione, anche<br />

perché se possono essere facilmente calcolati i<br />

costi attuali è molto difficile prevederne l’efficacia e<br />

valutarne i benefici economici nel lungo periodo.<br />

RIDUZIONE<br />

DEI COSTI OSPEDALIERI<br />

Come già rilevato, il numero e i costi dei ricoveri<br />

ospedalieri per BPCO sono particolarmente elevati<br />

in tutti i paesi industrializzati. Le BPCO, come<br />

già detto, hanno notevoli costi d’ospedalizzazione<br />

e rappresentano una delle maggiori cause di ricovero<br />

ospedaliero, soprattutto a causa delle esacerbazioni.<br />

Infatti, è stato valutato che i pazienti con<br />

BPCO hanno da 1 a 4 esacerbazioni l’anno, situazione<br />

che condiziona un gran numero di ricoveri<br />

ospedalieri 29 . Le cause sono molteplici e fra l’altro<br />

comprendono la ritardata diagnosi di BPCO, la terapia<br />

domiciliare non ottimale e non guidata dall’applicazione<br />

delle più recenti linee guida, l’organizzazione<br />

assistenziale ancora fondata sul ricovero<br />

ospedaliero. Con l’obiettivo di un costante miglioramento<br />

della qualità e dell’efficienza bisognerebbe<br />

impostare una profonda revisione dell’organizzazione<br />

sanitaria su questi punti.<br />

Diagnosi precoce di BPCO<br />

Per decidere della necessità o meno di sforzarsi di<br />

porre una diagnosi precoce per una data malattia<br />

bisogna poter rispondere affermativamente a una<br />

serie di domande di cui le più rilevanti sono:<br />

● la diagnosi precoce migliora effettivamente il risultato<br />

clinico in termini di mantenimento delle<br />

funzioni, qualità della vita e sopravvivenza;<br />

● i costi, l’accuratezza e l’accettabilità dei test di<br />

screening sono adeguati 30 .<br />

In un altro Capitolo di questo Quaderno viene più<br />

completamente affrontato il problema della defini-<br />

63


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />

zione, dell’organizzazione e dei risultati dei programmi<br />

di screening ed è fornita la risposta alla domanda<br />

di Budgett e Tanaka sulla giustificazione di<br />

questi programmi per la BPCO 31 . Qui vorremmo<br />

porre l’accento sul fatto che le campagne di screening<br />

non sempre hanno trovato entusiastici sostenitori,<br />

soprattutto fra gli economisti sanitari. In effetti,<br />

esse sembrano avere un relativo basso costo<br />

per soggetto studiato, ma spesso hanno un alto costo<br />

per caso diagnosticato, sia in rapporto alla prevalenza<br />

della malattia, sia in funzione della sensibilità<br />

e specificità dei test utilizzati 32 . Il solo studio in<br />

letteratura sulla diagnosi precoce di BPCO ha però<br />

ben dimostrato che il costo per caso diagnosticato<br />

era di $ 564, inferiore a quasi tutti i programmi di<br />

screening per altre <strong>malattie</strong>, quali per esempio l’ipercolesterolemia<br />

33 . Da rilevare che, in questo studio,<br />

oltre ai questionari era impiegata la spirometria prima<br />

e dopo farmaco broncodilatatore e in laboratorio<br />

era studiata l’iper-reattività all’istamina 33 .<br />

Un altro motivo che per alcuni limita l’attuazione<br />

di sistematici programmi di screening è rappresentato<br />

dal fatto che essi potrebbero causare costi aggiuntivi<br />

ai sistemi sanitari legati soprattutto a un<br />

maggiore utilizzo dei servizi sanitari ed eventualmente<br />

a successive indagini diagnostiche e trattamento<br />

dei falsi positivi.Van den Boom 34 , utilizzando<br />

i dati dello studio olandese DIMCA, ha però dimostrato<br />

che per la BPCO non vi è un significativo<br />

aumento dei costi sanitari dopo il programma di<br />

screening.Tuttavia, i soggetti in cui era stata posta la<br />

diagnosi di COPD o d’asma utilizzavano una maggiore<br />

quantità di risorse sanitarie dopo il programma<br />

di screening valutabile in circa $ 385 per anno.<br />

Non vi sono ancora dati sui rapporti costo-efficacia<br />

dei programmi di diagnosi precoce delle BPCO,<br />

soprattutto per la difficoltà di valutare i benefici futuri.<br />

È certo, tuttavia, che la diagnosi precoce associata<br />

a un monitoraggio e alla corretta terapia è assolutamente<br />

indispensabile per ridurre gli alti costi<br />

d’ospedalizzazione,essendo il più efficace modo per<br />

rallentare l’evoluzione della BPCO.<br />

Ottimizzazione della terapia<br />

Fatto salvo il concetto che la sospensione del fumo<br />

di sigaretta è in grado di produrre un efficace<br />

miglioramento della funzione respiratoria e che<br />

pertanto ciò va incoraggiato nei soggetti fumatori,<br />

quando comunque persiste una significativa ostruzione<br />

delle vie aeree va instaurata una strategia terapeutica<br />

farmacologica, d’impegno crescente e<br />

proporzionale alla sua gravità. Gli algoritmi comportamentali<br />

più condivisi si basano su dati che documentano<br />

come i broncodilatatori rappresentino<br />

l’opzione più utile ed efficace nella grande maggioranza<br />

dei soggetti con BPCO, e a fronte di una<br />

trascurabile incidenza d’effetti collaterali rilevanti:<br />

sia i β 2 -adrenergici sia gli anticolinergici, anche in<br />

associazione fra loro, sono, infatti, in grado di migliorare<br />

la funzione respiratoria dei soggetti, la loro<br />

qualità di vita, di ridurre il consumo di farmaci<br />

al bisogno e di contenere il numero di riacutizzazioni<br />

35 .I più recenti broncodilatatori ad azione<br />

long-acting hanno ulteriormente ottimizzato il loro<br />

impiego regolare nel trattamento long-term della<br />

BPCO, fornendo significativi miglioramenti in<br />

termini sia di compliance e aderenza alla terapia da<br />

parte dei soggetti, sia in termini di contenimento<br />

delle risorse impiegate. A fronte, infatti, di un possibile<br />

maggior costo farmaceutico, sono molti gli<br />

studi farmaco-economici che hanno dimostrato<br />

durante il loro impiego un consistente contenimento<br />

dei costi complessivi della malattia (cost-ofillness),<br />

prevalentemente attribuibile alla significativa<br />

diminuzione delle più rilevanti voci di costo,<br />

quali il numero dei ricoveri ospedalieri e il ricorso<br />

ai dipartimenti d’emergenza. A questo proposito<br />

va detto che, rispetto agli short-acting, i più attuali<br />

principi attivi ad azione long-acting richiedono,<br />

per la copertura delle 24 ore, un minor numero<br />

complessivo di somministrazioni giornaliere: ciò<br />

consente una più facile adesione alla strategia terapeutica<br />

che, in definitiva, si traduce in una migliore<br />

effectiveness della terapia stessa. Rispetto a questa<br />

strategia, l’aggiunta di teofillina long-acting nei casi<br />

più severi sembra non spostare sensibilmente gli<br />

outcomes, a fronte però di un incremento dei costi<br />

di circa 350/paziente/anno, in parte anche dovuti<br />

ai test di laboratorio effettuati periodicamente per<br />

monitorarne i livelli plasmatici 36 .È tuttora dibattuto<br />

l’impiego regolare degli steroidi inalatori ad<br />

alte dosi nella BPCO: mentre in un recente passato<br />

alcuni studi ne hanno sottolineato l’importanza<br />

clinica, altri, più critici, hanno invece enfatizzato gli<br />

effetti collaterali degli steroidi inalatori, la loro incapacità<br />

a condizionare positivamente il progressivo<br />

declino del FEV 1 in corso di BPCO e, pur a<br />

fronte di una certa riduzione del numero d’esacerbazioni,<br />

l’incapacità a contenere i costi della gestione<br />

della malattia. Ciononostante, più di recente,<br />

l’impiego regolare degli steroidi inalatori è comunque<br />

stato previsto nel documento GOLD nei<br />

64


2. GESTIONE DELLA BPCO<br />

casi in cui la risposta a tali principi attivi sia stata<br />

documentata 23 .È peraltro del tutto recente la documentazione<br />

che l’uso combinato long-term di β 2 -<br />

adrenergico e steroide inalatorio si è rivelato particolarmente<br />

conveniente in termini di miglioramento<br />

funzionale e di qualità di vita, giorni liberi<br />

da sintomi, numero di riacutizzazioni 37 e di sopravvivenza<br />

dei soggetti affetti da BPCO 38 . Resta<br />

comunque assolutamente aperto, in termini sia clinici<br />

sia farmaco-economici, il problema della gestione<br />

delle riacutizzazioni della BPCO. Uno dei<br />

maggiori punti di variabilità nella pratica medica è<br />

ancora dato infatti dai criteri impiegati per la sua<br />

definizione e, una volta raggiunta, dalla difficoltà di<br />

rappresentarne la gravità e l’indicazione all’ospedalizzazione<br />

(GOLD). L’impiego delle risorse farmaceutiche<br />

e di beni sanitari si fa particolarmente elevato<br />

in fase di riacutizzazione e soprattutto durante<br />

le forme più gravi, per le quali può essere richiesto,<br />

fra l’altro, l’impiego di terapia infusionale,<br />

di terapia antibiotica aggressiva, di steroidi sistemici:<br />

a questo proposito va comunque tenuto sempre<br />

presente che la gran parte dei costi deriva dalla non<br />

diagnosi, dall’insufficiente terapia regolare e dai fallimenti<br />

terapeutici, particolarmente in quelle situazioni<br />

che conducono all’ospedalizzazione 39 .<br />

Purtroppo, numerose segnalazioni indicano che<br />

molti medici non mostrano comportamenti ispirati<br />

dalle linee guida 40 e molto spesso la terapia prescritta<br />

ai pazienti non risulta ottimale 41 ,o per<br />

un’insufficiente prescrizione di farmaci, o, viceversa,<br />

per prescrizioni incongrue e ridondanti 42 .Bisogna<br />

peraltro sottolineare che l’aderenza alle prescrizioni<br />

dei pazienti con BPCO in terapia cronica<br />

è spesso molto scarsa, ma può essere significativamente<br />

aumentata dall’azione di sensibilizzazione<br />

da parte del medico di medicina generale 43 .Un<br />

non corretto o un inadeguato approccio farmacologico,<br />

in ciò comprendendo anche la somministrazione<br />

a lungo termine di ossigeno domiciliare,<br />

può determinare un improprio sperpero di risorse,<br />

con un sensibile incremento delle ospedalizzazioni.<br />

Pertanto, i costi necessari per implementare<br />

le linee guida devono essere intesi come investimenti<br />

per ridurre i costi sanitari.<br />

Organizzazione sanitaria<br />

In tutti i paesi industrializzati, fra cui l’Italia, la politica<br />

sanitaria per controllare i costi utilizza sistemi<br />

di incentivi/disincentivi economici per ottenere una<br />

riduzione del numero dei ricoveri ospedalieri per<br />

acuti e una riduzione della durata della degenza, ma<br />

la sperimentazione di forme alternative di assistenza<br />

sanitaria, quali l’ospedale a domicilio e la telemedicina,<br />

non sono particolarmente incentivate.<br />

Malgrado queste indicazioni, buona parte dei pazienti<br />

vengono ancora ammessi all’ospedalizzazione<br />

perché, di fatto, non hanno alternative. Probabilmente,<br />

più che le pressioni economiche, l’evoluzione<br />

tecnologica potrà in futuro portare alla sostituzione<br />

dell’ospedalizzazione con altri modelli<br />

assistenziali 44 .<br />

I programmi educazionali che si sono dimostrati<br />

particolarmente utili per un miglior controllo dell’asma<br />

non hanno ancora dato, nella BPCO, risultati<br />

apprezzabili in termini di riduzione dei ricoveri<br />

ospedalieri, riduzione delle visite di emergenza<br />

e di rapporti costo-efficacia 45 .Pertanto, anche<br />

per la BPCO si deve cercare di prospettare soluzioni<br />

alternative al ricovero ospedaliero.<br />

Uno dei primi studi pubblicati sull’argomento dimostrava<br />

che il trattamento dei pazienti con BPCO<br />

con un programma specifico di Home Care basato<br />

sull’impiego di personale infermieristico specializzato<br />

nelle <strong>malattie</strong> respiratorie non aveva risultati<br />

clinico-funzionali superiori a programmi standard<br />

di Home Care o al trattamento condotto dal medico<br />

di medicina generale, ma costi decisamente più<br />

elevati 46 .Tuttavia, la discussione se questa organizzazione<br />

assistenziale effettivamente produce un miglioramento<br />

dei risultati sanitari e una riduzione<br />

dei costi è tuttora aperta e si è spostata dalla valutazione<br />

di programmi domiciliari a cui sono teoricamente<br />

ammessi tutti i pazienti con BPCO di<br />

una determinata zona geografica a quella di programmi<br />

specifici e limitati nel tempo solo per pazienti<br />

che presentino la necessità di ricovero ospedaliero.<br />

Coast et al. 47 hanno dimostrato che l’ospedalizzazione<br />

domiciliare permette una precoce dimissione<br />

di pazienti anziani dall’ospedale per acuti<br />

e genera un risparmio significativo dei costi ospedalieri,<br />

ma i loro risultati sono generalizzabili a organizzazioni<br />

domiciliari simili a quella utilizzata dagli<br />

Autori. Jones et al. 48 hanno valutato che l’ospedalizzazione<br />

a domicilio di pazienti anziani in sostituzione<br />

del ricovero ospedaliero permette di erogare<br />

un trattamento a costi simili o più bassi. Altri<br />

Autori hanno sottolineato che i costi dell’ospedalizzazione<br />

domiciliare sono solo apparentemente<br />

più bassi rispetto ai costi ospedalieri in quanto la<br />

più lunga durata della degenza pareggia, di fatto, i<br />

costi 49 . Inoltre, nell’ospedalizzazione domiciliare<br />

65


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />

troppo spesso non vengono calcolati i costi per le<br />

famiglie e quelli sociali, per cui i costi totali potrebbero<br />

essere sovrapponibili, se non superiori, a<br />

quelli ospedalieri.<br />

Infine, non per tutte le tipologie di pazienti è proponibile<br />

l’ospedalizzazione domiciliare e soprattutto<br />

non per tutti gli stadi di gravità delle <strong>malattie</strong>,<br />

così che il modello non appare completamente generalizzabile.<br />

Per quanto riguarda la BPCO, Gravil et al. 50 hanno<br />

fra i primi suggerito la possibilità di trattare a domicilio<br />

pazienti con BPCO riacutizzata dopo una<br />

formale valutazione clinico-funzionale in un dipartimento<br />

pneumologico ospedaliero. In questo studio<br />

i pazienti venivano ricoverati solo in presenza di<br />

un severo score di gravità della riacutizzazione, ma<br />

anche sulla base di considerazioni sociali,quali la non<br />

possibilità di assistenza familiare. L’organizzazione<br />

del loro programma di assistenza domiciliare era<br />

piuttosto complessa e relativamente costosa e nello<br />

studio non vengono riportati dati di costo-efficacia<br />

rispetto al ricovero ospedaliero, ma bisogna sottolineare<br />

che ben il 12% dei pazienti trattati a domicilio<br />

è stato successivamente ricoverato in ospedale.<br />

La possibilità di una precoce dimissione dall’ospedale<br />

con il supporto di un’organizzazione assistenziale<br />

domiciliare è stato studiata da Cotton et al. 51<br />

presso il Glasgow Royal Infirmary. La selezione dei<br />

pazienti avveniva in base alla gravità clinica, alla<br />

mancanza di complicazioni e ad altri fattori sociali.<br />

Solo il 36,6% delle ammissioni d’urgenza per riacutizzazione<br />

della BPCO è stato ritenuto eleggibile<br />

per lo studio che prevedeva l’assegnazione randomizzata<br />

o al proseguimento del ricovero ospedaliero<br />

o a un’immediata dimissione con successivo<br />

trattamento domiciliare. I criteri di risultato utilizzati<br />

sono stati l’efficacia delle cure misurata come<br />

durata del trattamento, il successo definito dalla necessità<br />

di nuovo ricovero entro 60 giorni e, infine,<br />

la sicurezza definita come il decesso entro 60 giorni.<br />

Fra i due gruppi non vi erano differenze se non<br />

per la durata del trattamento, che risultava inferiore<br />

di 3 giorni nel gruppo trattato a domicilio. La<br />

conclusione degli autori era che è possibile dimettere<br />

precocemente i pazienti con esacerbazione della<br />

BPCO senza acidosi respiratoria o altre complicazioni<br />

mediche, ma questi pazienti devono essere<br />

seguiti a domicilio da personale specializzato.<br />

Analoghe conclusioni sono state raggiunte da<br />

Skwarska et al. 52 , che hanno condotto uno studio<br />

randomizzato in cui i pazienti venivano assegnati all’ospedalizzazione<br />

domiciliare o al proseguimento<br />

del ricovero ospedaliero il giorno dell’ammissione<br />

in ospedale o il giorno successivo. I criteri per inserire<br />

i pazienti nello studio si basavano sulla severità<br />

dell’esacerbazione e sulla mancanza di altre condizioni<br />

mediche e sociali che rendessero indispensabile<br />

il ricovero ospedaliero. Da rilevare che su<br />

<strong>1.</strong>006 pazienti solo il 21% è stato ritenuto eleggibile<br />

per lo studio. Questo dato sottolinea che l’organizzazione<br />

assistenziale a domicilio trova indicazione<br />

solo in una piccola percentuale di pazienti con<br />

esacerbazione della BPCO. Il 9,8% dei pazienti in<br />

terapia domiciliare è stato ricoverato in ospedale e<br />

la durata della degenza era nei pazienti ospedalizzati<br />

di 5 giorni rispetto ai 7 giorni del gruppo dei pazienti<br />

trattati a domicilio.Tuttavia, i principali risultati<br />

sanitari (sicurezza, successo del trattamento, utilizzo<br />

di cure primarie e riammissione all’ospedale<br />

nelle 8 settimane successive) erano analoghi nei due<br />

gruppi, con un costo sanitario per paziente significativamente<br />

inferiore nel gruppo dei pazienti trattati<br />

a domicilio (£ 877), rispetto a quelli ospedalizzati<br />

(£ <strong>1.</strong>753). Purtroppo non sono riferiti i costi<br />

indiretti che potrebbero rendere assolutamente meno<br />

importante la differenza fra i due gruppi.<br />

Da questi due studi si rileva la possibilità di trattare<br />

a domicilio solo una parte relativamente ridotta<br />

di pazienti con esacerbazione della BPCO, in particolare<br />

solo quelli senza complicazioni mediche, e<br />

che il programma di supporto per il trattamento domiciliare<br />

deve essere organizzativamente complesso.<br />

Risultati meno incoraggianti sono stati quelli di<br />

Shepperd et al. 53 , che hanno condotto uno studio<br />

randomizzato analogo ai precedenti su cinque gruppi<br />

diversi di pazienti, di cui uno era rappresentato da<br />

BPCO. Questi autori hanno infatti rilevato che nei<br />

pazienti con BPCO l’ospedalizzazione domiciliare<br />

aumenta i costi sanitari totali. In particolare, hanno<br />

rilevato che in questi pazienti l’ospedalizzazione sposta<br />

costi dall’ospedale verso le cure primarie.<br />

Recentemente Macintyre et al. 54 hanno valutato<br />

l’efficacia e i costi del trattamento domiciliare rispetto<br />

al solo trattamento ospedaliero e al trattamento<br />

combinato ospedaliero-domiciliare di episodi<br />

di malattia in diversi gruppi di malati, fra cui<br />

pazienti con problemi respiratori. I risultati dimostrano<br />

che il costo medio di questi episodi in trattamento<br />

domiciliare era inferiore del 38% al puro<br />

ricovero ospedaliero e del 22% al trattamento combinato<br />

a parità di risultati clinici. Purtroppo in questo<br />

studio non vi sono dati espliciti sulla BPCO e<br />

sulla gravità dell’esacerbazione, cosa che non permette<br />

di generalizzare il modello a questa malattia<br />

66


2. GESTIONE DELLA BPCO<br />

che peraltro sembra essere,assieme alle <strong>malattie</strong> cardiovascolari,<br />

una delle maggiori sorgenti di costo.<br />

Dall’insieme dei dati disponibili non sembra che<br />

esistano evidenze tali da poter affermare che l’organizzazione<br />

assistenziale a domicilio sia sicuramente<br />

efficace per ridurre i costi ospedalieri. Bisogna<br />

anche rilevare che i modelli proposti sono<br />

molto differenti sia dal punto di vista organizzativo<br />

generale, per la quantità e le caratteristiche del<br />

personale medico, infermieristico e riabilitativo<br />

utilizzato, sia per i criteri di selezione dei pazienti.<br />

L’ospedalizzazione domiciliare sembra trovare<br />

applicazione solo in un ristretto numero di pazienti<br />

non complicati e necessita di una specifica e collaudata<br />

organizzazione. Per quanto riguarda i costi<br />

bisogna ancora valutare l’entità dello spostamento<br />

di questi dall’ospedale alla comunità e alle famiglie<br />

54 , per fare una completa valutazione dei rapporti<br />

costo-efficacia.<br />

Un miglioramento organizzativo della gestione domiciliare<br />

dei pazienti con BPCO potrebbe derivare<br />

dai recenti progressi tecnologici che consentono<br />

di sviluppare programmi di telemedicina. Attualmente<br />

la definizione di telemedicina è “l’uso<br />

di informazioni elettroniche e di tecnologie della<br />

comunicazione che rendono possibile il trattamento<br />

sanitario quando una certa distanza separa<br />

i partecipanti” 55 oppure quella più restrittiva di<br />

“pratica clinica per la diagnosi, la revisione e il management<br />

di un paziente condotto in tempo reale o<br />

successivamente per mezzo di informazioni trasmesse<br />

con tecnologie delle telecomunicazioni a<br />

eccezione del telefono o del fax” 56 . In buona sostanza,telemedicina<br />

è un termine ombrello che copre<br />

tutte le situazioni in cui la comunicazione medico-paziente<br />

avviene attraverso tecnologie di telecomunicazione.<br />

La completa implementazione della telemedicina<br />

fra i servizi medici e soprattutto le modalità di remunerazione<br />

a essa collegate sono state in gran parte<br />

rallentate per la mancanza di evidenze scientifiche<br />

sulla sua efficacia clinica ed economica 57 . Stanberry<br />

58 , pur sottolineando che essa rappresenta una<br />

straordinaria opportunità per i medici e i pazienti,<br />

mette in guardia sull’eccessiva fiducia nelle nuove<br />

tecnologie che potrebbero peggiorare il tradizionale<br />

rapporto medico-paziente e sui rischi e sulle<br />

responsabilità collegate a un intervento medico a<br />

distanza. I rischi medico-legali sono stati peraltro<br />

recentemente sottolineati da Johnson 59 .<br />

Tuttavia, numerose sono le esperienze di telemedicina<br />

condotte in diverse applicazioni quali la radiologia<br />

57 , la cardiologia 60 o il rapporto fra medico<br />

di medicina generale e specialista 61 , come dimostrato<br />

dalle 864 pubblicazioni recensite sull’argomento.<br />

In pneumologia la telemedicina ha dimostrato<br />

di essere particolarmente efficiente per la<br />

terapia di pazienti con problemi polmonari in un’area<br />

rurale, avendo un costo per paziente per anno<br />

di $ 335 rispetto a un costo di $ 585 quando il paziente<br />

si spostava per essere curato e ai <strong>1.</strong>166 $ necessari<br />

quando il paziente riceveva cure al proprio<br />

domicilio 62 .Per quanto riguarda l’utilizzo della telemedicina<br />

per il monitoraggio e la terapia della<br />

BPCO non vi sono molti dati.<br />

In Italia è stata dimostrata la convenienza delle strategie<br />

di gestione domiciliare di pazienti con severa<br />

BPCO 63 sia in termini di qualità delle prestazioni<br />

erogate, sia di cost-effectiveness del programma<br />

di intervento. In tempi più recenti, l’implementazione<br />

con i più attuali sistemi di controllo telematico<br />

ha fornito un’ulteriore quota di “valore aggiunto”<br />

a questi programmi di gestione, tanto da<br />

renderli degni di grande attenzione presso i “soggetti<br />

pagatori” istituzionali e i decision maker: Ciò<br />

per la versatilità offerta dai sistemi stessi e per la loro<br />

ormai comprovata economicità, anche in termini<br />

di assorbimento di risorse umane da dedicare 64 .<br />

Mortalità e morbilità delle riacutizzazioni infettive<br />

si sono drasticamente ridotte lungo i primi tre anni<br />

di monitoraggio telematico domiciliare, con un<br />

sensibile ridimensionamento (circa 6 volte di meno)<br />

del cost-of-illness, risultando il contenimento<br />

delle ospedalizzazioni, la riduzione del consumo di<br />

beni sanitari e quella del costo farmaceutico, i tre<br />

punti fondamentali della convenienza gestionale.A<br />

ciò si deve aggiungere un sensibile miglioramento<br />

della qualità di vita dei pazienti così gestiti e persino<br />

una netta riduzione dell’assenteismo lavorativo<br />

e dei costi assicurativi per coloro che, pur in tali<br />

severe condizioni, erano comunque ancora attivamente<br />

inseriti nel mondo lavorativo.<br />

Johnston et al. 65 hanno studiato due gruppi di pazienti<br />

in assistenza domiciliare: in un gruppo è stato<br />

anche fornito al paziente un equipaggiamento<br />

video che permetteva contatti con il personale infermieristico<br />

durante tutte le 24 ore. In ambedue i<br />

gruppi il numero delle giornate di degenza ospedaliera,<br />

il numero delle visite nel dipartimento di<br />

emergenza, di quelle urgenti e di quelle nell’ambulatorio<br />

medico non sono risultati differenti, così come<br />

la soddisfazione del paziente. I costi diretti medi<br />

totali erano però inferiori nel gruppo seguito con<br />

la tecnologia video remota rispetto al gruppo di<br />

67


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />

controllo. Fra i pazienti studiati vi erano anche BP-<br />

CO, ma i dati vengono riferiti senza alcuna distinzione<br />

della patologia.Al contrario, Mair et al. 66 non<br />

sono stati in grado di implementare un servizio di<br />

teleassistenza per pazienti con esacerbazione della<br />

BPCO per le difficoltà tecniche e organizzative incontrate.<br />

Questo rilievo sottolinea come un servizio<br />

di telemedicina nella sua accezione più ampia<br />

non sia facilmente organizzabile e gestibile e comporti<br />

anche investimenti di una certa entità, tuttavia<br />

è un’opportunità che non può essere persa, soprattutto<br />

per offrire ai pazienti con esacerbazione<br />

della BPCO un’alternativa sicura, efficiente e meno<br />

costosa del ricovero ospedaliero.<br />

PREVENZIONE E<br />

TRATTAMENTO DELLA DISABILITÀ<br />

Come già detto, la BPCO è causa di importante<br />

disabilità e l’approccio riabilitativo a questa malattia<br />

è ormai accettato nella gestione di questi malati.<br />

Numerose revisioni hanno dimostrato l’efficacia<br />

del trattamento 67 e anche nelle linee guida<br />

GOLD 23 la riabilitazione respiratoria è stata inserita<br />

nel trattamento di tutti i gradi di severità della<br />

BPCO. Malgrado le dimostrazioni di efficacia, la<br />

riabilitazione respiratoria non è ancora completamente<br />

entrata nell’immaginario collettivo come<br />

una pratica medica importante, ma viene vista solo<br />

come un’appendice non indispensabile del trattamento<br />

medico che comporta comunque costi aggiuntivi<br />

relativamente elevati.<br />

In un altro Capitolo dei Quaderni vengono approfonditamente<br />

trattati le indicazioni, i programmi<br />

e i risultati della riabilitazione respiratoria 68 ;in<br />

questa sede vorremmo sottolineare le evidenze anche<br />

delle analisi economiche.<br />

Gli studi dedicati a questo argomento sono relativamente<br />

scarsi, alcuni condotti negli anni ’80 e solo<br />

pochi relativamente recenti. I primi studi avevano<br />

dimostrato che i programmi riabilitativi nei pazienti<br />

con BPCO riducevano il numero di giorni<br />

di ricovero in ospedale con un significativo risparmio<br />

di risorse sanitarie anche quando erano calcolati<br />

i costi della riabilitazione 69-71 .I programmi di<br />

riabilitazione erano in parte ambulatoriali e in parte<br />

in regime di ricovero e la selezione dei pazienti<br />

comprendeva BPCO con media o severa ostruzione<br />

bronchiale, ma raramente con insufficienza<br />

respiratoria cronica e quasi tutti gli studi non erano<br />

randomizzati. Più recentemente, però, questi risultati<br />

sono stati confermati da diversi autori. Foglio<br />

et al. 72,73 hanno seguito pazienti con BPCO<br />

sottoposti a trattamento riabilitativo in ospedale per<br />

1 e 2 anni, riscontrando una significativa riduzione<br />

del numero dei ricoveri e degli episodi di esacerbazione<br />

della BPCO.Griffith et al. 74 hanno confermato<br />

i precedenti risultati dimostrando, con uno<br />

studio randomizzato, che i pazienti stabili ammessi<br />

a un programma ambulatoriale di riabilitazione<br />

della durata di 2 mesi presentavano, nell’anno successivo,<br />

un minor numero di ricoveri ospedalieri e<br />

un minor numero di giorni di ricovero rispetto ai<br />

controlli, anche quando si consideravano soltanto i<br />

pazienti ancora vivi dopo 1 anno. Anche il numero<br />

di visite richieste al medico di medicina generale<br />

sia in ambulatorio sia a domicilio era significativamente<br />

ridotto nei pazienti che avevano seguito<br />

il programma riabilitativo.<br />

Accanto a questi studi costo-beneficio esiste uno<br />

studio costo-efficacia che ha dimostrato che il costo<br />

di un programma di riabilitazione per produrre<br />

un anno di vita di buona qualità (QALY) era di<br />

circa $ 23.000 75 decisamente inferiore all’intervento<br />

di Bypass cardiaco per un solo vaso coronario o<br />

ai programmi di screening con la mammografia 76 .<br />

Griffiths et al. 77 hanno valutato che il costo per<br />

QALY di un programma ambulatoriale di riabilitazione<br />

respiratoria nei pazienti con BPCO era tale<br />

da far ritenere il programma vantaggioso dal punto<br />

di vista del rapporto costo-efficienza e la sua aggiunta<br />

al programma standard di cure mediche produceva<br />

un risparmio di £ 152.<br />

Ancora aperta è la discussione sull’organizzazione<br />

della riabilitazione in programmi di ricovero ospedaliero<br />

o in programmi ambulatoriali. Si può ritenere<br />

che, soprattutto per i pazienti più gravi, i programmi<br />

ospedalieri possano essere un ponte, talora<br />

indispensabile, fra il ricovero per acuti e il domicilio.<br />

Questa affermazione può essere vera soprattutto<br />

per i pazienti ricoverati nelle ICU e per<br />

i pazienti ancora instabili 78,79 .<br />

Bisogna anche considerare che Clini et al. 80 hanno<br />

dimostrato che un breve ma intensivo programma<br />

di 12 sessioni di riabilitazione respiratoria<br />

in circa 3 settimane condotto in ospedale ottiene<br />

gli stessi effetti clinici di un più lungo programma<br />

ambulatoriale di 24 sessioni per >8 settimane con<br />

costi significativamente inferiori. Peraltro Green et<br />

al. 81 hanno dimostrato che programmi ambulatoriali<br />

di breve durata, meno di 7 settimane, hanno<br />

modesti risultati clinici.<br />

68


2. GESTIONE DELLA BPCO<br />

Infine, alcuni lavori hanno dimostrato come programmi<br />

di riabilitazione respiratoria possano avere<br />

efficacia anche sul ritorno alle attività lavorative e<br />

sulla riduzione dei giorni di assenza dal lavoro dei<br />

pazienti con BPCO con riduzione dei costi indiretti<br />

legati alla morbilità della malattia 82 .<br />

Dall’insieme di questi dati emerge come programmi<br />

di riabilitazione respiratoria trovino una motivata<br />

collocazione nella gestione della BPCO con<br />

effetti sulla disabilità rappresentati da una riduzione<br />

della dispnea e da un incremento delle abilità<br />

nelle attività quotidiane e sulla qualità della vita 67<br />

cui consegue un minor utilizzo di risorse sanitarie.<br />

CONCLUSIONI<br />

Da quanto sopra riportato emerge come l’impatto<br />

della BPCO sia proporzionale alla sua gravità clinica<br />

e anche come risulti ancora largamente insufficiente<br />

la “percezione” stessa e la considerazione<br />

della malattia, sia fra gli stessi pazienti, sia fra i medici<br />

e i decisori in ambito sanitario 83 . Eppure le<br />

previsioni sono pressoché tutte concordi nel confermare<br />

un importante incremento dell’impatto<br />

della BPCO nel prossimo futuro, fino a raggiungere<br />

livelli impensati fino a qualche lustro fa.<br />

Indipendentemente quindi dalle differenze fra modelli<br />

sanitari e di costo adottati (o adottabili) nei diversi<br />

Paesi,è assolutamente rilevante ritenere il concetto<br />

che la BPCO rappresenta ormai un problema<br />

emergente, che a sua volta necessita dell’urgente<br />

considerazione dei sistemi sanitari più evoluti.<br />

Come logica conseguenza ne deriva la necessità dell’attuazione<br />

di un’attenta e capillare strategia d’intervento<br />

finalizzata al contenimento di tale forma<br />

morbosa; in altre parole, un piano di intervento che<br />

integri i diversi attori coinvolti, come la medicina<br />

ambulatoriale specialistica e quella generale, gli istituti<br />

di ricovero, le strutture territoriali, le istituzioni<br />

per la programmazione sanitaria, ognuno per la<br />

sua giusta competenza e responsabilità.<br />

C’è tuttavia da segnalare che, nonostante il suo elevato<br />

impatto socioeconomico, la BPCO rappresenta<br />

a tutt’oggi il “brutto anatroccolo” della programmazione<br />

sanitaria, tanto è che ancora solo poche<br />

Regioni italiane hanno previsto nei loro piani<br />

sanitari delle azioni coordinate e finalizzate al contenimento<br />

delle patologie ostruttive croniche delle<br />

vie aeree: e all’appello mancano purtroppo ancora<br />

Regioni a elevato tasso di industrializzazione.<br />

È evidente che più basso risulterà il livello di attenzione<br />

al problema, minore sarà la disponibilità<br />

di quei dati sulla base dei quali il decision maker in<br />

tema di salute pubblica sarebbe viceversa tenuto a<br />

intervenire, nel rispetto, non fosse altro, della società<br />

cui egli stesso appartiene. A questo riguardo<br />

va sottolineato che è anche un problema di indicatori<br />

e di specificità degli stessi. Nel caso della<br />

BPCO non può infatti risultare altrettanto efficace<br />

basare i criteri decisionali e di convenienza delle<br />

scelte comportamentali sulla raccolta, prima, e<br />

sulla valutazione, poi, degli stessi indicatori (FEV 1<br />

o PEF) impiegati per la valutazione di altre forme<br />

respiratorie ostruttive (per esempio, asma bronchiale,<br />

ove l’alterazione fondamentale è in buona<br />

parte reversibile), risultando per definizione tali indici<br />

solo scarsamente influenzabili da qualsivoglia<br />

scelta gestionale.Viceversa, nel caso della BPCO risulteranno<br />

maggiormente ricche di contenuti<br />

informativi le indicazioni che potranno emergere<br />

dalle ricerche di esito, quali, per esempio, la qualità<br />

di vita, i giorni di assenza dal lavoro, il numero di<br />

ospedalizzazioni ecc.<br />

Verosimilmente lo storico approccio nichilista alla<br />

BPCO (luoghi comuni come, per esempio, la malattia<br />

non lascia margine di intervento, non esistono<br />

terapie efficaci ecc.) ha finito per condizionare<br />

l’attuale basso livello medio di considerazione della<br />

malattia perfino in non trascurabili settori della<br />

classe medica. Per poter cambiare le cose, in primo<br />

luogo urge la disponibilità di indicatori specifici,<br />

efficaci e consensualmente ritenuti rilevanti da parte<br />

di tutti gli attori in gioco: il paziente, il medico,<br />

il “soggetto pagante”. Studi recenti in questo ambito<br />

84 hanno confermato come l’indicatore che<br />

meglio di tutti si presta a fungere da denominatore<br />

comune ai tre diversi punti di vista è rappresentato<br />

dal “numero di esacerbazioni”: nell’ottica del<br />

paziente, perché la frequenza delle esacerbazioni è<br />

di grande impatto sulla sua qualità di vita; nell’ottica<br />

del medico, perché ciò è di grande impatto sulla<br />

frequenza di richiesta del suo intervento, oltre<br />

che sul consumo di farmaci e sulla richiesta di ospedalizzazione;<br />

nell’ottica, infine, del “soggetto pagante”,<br />

perché le riacutizzazioni rappresentano una<br />

voce di costo di grande rilevanza, in termini di costi<br />

sia diretti (farmaceutici e, soprattutto, da ospedalizzazione)<br />

sia indiretti, cui egli è tenuto a far<br />

fronte in un’ottica di comunità (tabella 2.6).<br />

In termini di programmazione degli interventi, è<br />

indubbio che andrebbe enfatizzata la necessità di<br />

una diagnosi nosologicamente sostenibile e più pre-<br />

69


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />

Tabella 2.6<br />

BPCO: i punti di vista dei diversi stakeholder e il<br />

loro comune denominatore<br />

Paziente<br />

Medico<br />

Soggetto pagatore<br />

Sintomi, riacutizzazioni, qualità della vita<br />

Evolutività della malattia, morbilità,<br />

farmaci, giorni senza sintomi,<br />

riacutizzazioni, mortalità<br />

Soddisfazione del cliente, riacutizzazioni,<br />

ospedalizzazioni, disabilità, costi<br />

coce rispetto a quanto avviene usualmente. Nel<br />

momento infatti che a tutto il corteo di sintomi<br />

che ancora troppo spesso passano sotto il nome di<br />

“inevitabili disturbi del fumatore” venisse dato, previa<br />

valutazione spirometrica, che fornisce il gold standard<br />

della diagnosi, il nome di BPCO,“l’effetto diagnosi”<br />

si farebbe beneficamente sentire sulla gestione<br />

della malattia. Allora sì che le scelte comportamentali<br />

del medico e/o del decision maker sarebbero<br />

inquadrate, in modo più scientifico e ortodosso,<br />

così come avviene per tutte le altre affezioni<br />

di impatto sociale, e con paritetica dignità.<br />

Inoltre, una volta inquadrato il problema nei suoi<br />

termini diagnostici e nosologici generali, diventa<br />

consequenziale la necessità di un efficace follow-up,<br />

allo scopo di contenere quanto più possibile, mediante<br />

una più attenta gestione domiciliare, il fenomeno<br />

delle riacutizzazioni, quel fenomeno che, come<br />

visto prima, tutti i soggetti coinvolti sono concordi<br />

nel ritenere come il più oneroso in termini<br />

sia di qualità di vita, sia di costi sanitari e sociali.<br />

Ecco allora che viene ad assumere significato concreto<br />

l’attuazione dei progetti gestionali (aziendali,<br />

piuttosto che regionali o nazionali) indirizzati all’assistenza<br />

domiciliare di questo tipo di pazienti, pur<br />

con i limiti prima descritti:progetti,ove attivati,non<br />

a caso condotti sulla base di una forte integrazione<br />

locale fra medicina specialistica e territoriale.Tenuto<br />

conto della progressiva regionalizzazione delle<br />

scelte sanitarie, è prevedibile che nel prossimo futuro<br />

si assisterà sempre più a un mosaico di iniziative<br />

periferiche in tal senso (più o meno coordinate<br />

a livello regionale), augurabilmente nell’ambito<br />

di un modello definito anche su scala nazionale.<br />

È comunque sempre più necessario che le scelte<br />

delle strategie comportamentali e/o terapeutiche in<br />

tema di contenimento dell’impatto della BPCO non<br />

siano più solo basate sulle evidenze in termini di efficacy,<br />

ma vengano altresì considerate sulla base di<br />

misure di effectiveness in real life delle stesse, impiegando<br />

cioè indicatori più adatti a rifletterne e rappresentarne<br />

l’utilità in termini di costi sanitari globali<br />

e indici capaci di combinare l’analisi dei costi e<br />

le misure di esito a beneficio dei decisori.A tale proposito,<br />

un aspetto che non va certo dimenticato in<br />

ambito di programmazione è quello relativo al fatto<br />

che se la prevalenza della BPCO è fatalmente destinata<br />

a incrementare anche in virtù del progressivo<br />

allungamento della vita media delle popolazioni,<br />

ciò, altrettanto fatalmente, comporterà un progressivo<br />

incremento di rilevanti comorbilità negli<br />

stessi soggetti: e ciò soprattutto in campo cardiovascolare,<br />

neurologico, gastroenterologico e neoplastico,<br />

con ulteriori appesantimenti dei costi sociali.<br />

A ulteriore conferma dell’importanza di una definizione<br />

diagnostica possibilmente precoce,oltre che<br />

di un’efficace condotta gestionale e terapeutica, ancora<br />

di recente è stato sottolineato come la gran<br />

parte dei costi di gestione correlati alla BPCO derivi<br />

dai fallimenti terapeutici delle riacutizzazioni,<br />

specie dei casi che esitano in ricovero ospedaliero 39 .<br />

A oggi, purtroppo, non sono molte le esperienze<br />

che hanno consentito un monitoraggio long term di<br />

indicatori di efficacia nel contesto di programmi di<br />

questo tipo. Ove ciò è stato possibile, i dati hanno<br />

confermato sistematicamente l’utilità e la convenienza<br />

di tali sistemi di gestione, indicando il contenimento<br />

dei costi diretti e indiretti come un risultato<br />

perseguibile.<br />

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IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />

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72


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73


I QUADERNI DELLA BPCO<br />

3. Aspetti educazionali<br />

del trattamento della BPCO<br />

INTRODUZIONE<br />

Nonostante la produzione di numerose linee guida<br />

nazionali e internazionali e, recentemente, del documento<br />

GOLD 1 , che dovrebbe essere il riferimento<br />

condiviso da tutta la comunità scientifica, è piuttosto<br />

diffusa l’impressione che vi sia tuttora una discrepanza<br />

tra comportamento “ideale” e “reale” del<br />

medico nella gestione del paziente con BPCO. Sembrerebbe<br />

infatti che l’utilizzo appropriato degli interventi<br />

più efficaci non sia ancora una pratica consolidata<br />

dell’intera classe medica: retaggi del passato,<br />

dubbi sull’efficacia di un trattamento che non modifica<br />

parametri facilmente misurabili e, a volte, semplici<br />

dimenticanze (più o meno volute) portano ancora<br />

il medico a non sfruttare tutto l’armamentario<br />

diagnostico e terapeutico oggi disponibile 2 .<br />

Gli obiettivi del trattamento in un paziente con<br />

BPCO sono noti:<br />

● ridurre o rallentare la progressione del deterioramento<br />

funzionale;<br />

● prevenire e trattare le maggiori complicanze<br />

quali ipossiemia e riacutizzazioni;<br />

● ridurre i sintomi;<br />

● migliorare la qualità di vita;<br />

● utilizzare razionalmente le risorse disponibili.<br />

I dati a nostra disposizione sembrano evidenziare<br />

una situazione nella quale questi obiettivi non sono<br />

sempre perseguiti con i mezzi più appropriati.<br />

Gli studi che, per esempio, si sono proposti di rivedere<br />

criticamente il tipo di prescrizione effettuata<br />

al paziente con BPCO al momento della visita<br />

ambulatoriale hanno evidenziato che solo in una<br />

piccola percentuale dei casi veniva discusso in modo<br />

esauriente il tema dell’abolizione del fumo. La<br />

stessa terapia farmacologica presentava situazioni<br />

molto frequenti di prescrizione eccessiva o insufficiente<br />

rispetto alle raccomandazioni basate sull’evidenza<br />

scientifica disponibile 2,3 . Altri studi evidenziano<br />

una sottovalutazione dei sintomi sia da<br />

parte dei pazienti sia da parte del medico e quindi<br />

una mancata diagnosi in una percentuale molto<br />

elevata di casi, superiore al 50% 2-4 .<br />

La causa delle discrepanze tra strategie raccomandate<br />

e pratica clinica corrente rimane tuttora da indagare<br />

a fondo. Sono ipotizzabili diverse spiegazioni su<br />

cui eventualmente realizzare una riflessione personale.<br />

In primo luogo, le linee guida possono peccare<br />

di scarsa praticità e ricaduta concreta, assumendo<br />

piuttosto la caratteristica di “stato dell’arte”, oppure<br />

il medico può essere coscientemente in disaccordo<br />

con le raccomandazioni (che, è bene ricordare, non<br />

sono delle “tavole della legge”, ma il prodotto di un<br />

consenso tra esperti) e ritenere più affidabile la propria<br />

esperienza o il parere dei colleghi più stimati.<br />

È quindi innegabile che non si debba parlare solo<br />

di necessità di educare e di ottenere aderenza al<br />

trattamento da parte dei pazienti, ma anche di compliance<br />

da parte del medico nei confronti delle linee<br />

guida, e su questo tema sembra che la riflessione<br />

sia solo agli inizi.<br />

EDUCAZIONE DEI PAZIENTI<br />

È evidente la necessità di un precoce riconoscimento<br />

e quindi trattamento dell’affezione prima di<br />

tutto nell’ambito della medicina generale e, poi, in<br />

ogni occasione di contatto fra il paziente e i Ser-<br />

Margherita Neri<br />

75


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />

Tabella 3.1<br />

Contenuti di un programma di educazione rivolto<br />

al paziente BPCO<br />

Nozioni di anatomia e fisiologia respiratoria e cardiaca<br />

Cosa vuol dire e cos’è la BPCO<br />

I test di laboratorio e strumentali: procedure e<br />

interpretazione dei risultati<br />

I farmaci per la cura della BPCO: meccanismo d’azione,<br />

benefici attesi, effetti collaterali, modalità di assunzione,<br />

metodi per ricordarsi di assumere il farmaco<br />

Il fumo di sigaretta e le abitudini di vita corrette e<br />

scorrette<br />

L’esercizio fisico: quale, quando, perché<br />

Le tecniche di conservazione dell’energia nelle normali<br />

attività quotidiane<br />

Le tecniche di rilassamento e di riduzione dello stress<br />

Come gestire gli aspetti emotivi relativi alla malattia<br />

La nutrizione ideale<br />

Come trattare i sintomi principali<br />

Il razionale e le modalità di utilizzo dei presidi non<br />

farmacologici (l’ossigenoterapia, il ventilatore)<br />

Come riconoscere le riacutizzazioni e le emergenze e<br />

cosa fare<br />

Chi contattare in caso di necessità<br />

vizi sanitari. È stato sottolineato come tale sforzo<br />

non dovrebbe essere esercitato solo sui soggetti sintomatici,<br />

ma anche nei confronti di chi viene considerato<br />

ad alto rischio di ammalarsi successivamente<br />

di BPCO (in particolare i fumatori).<br />

Diversi studi hanno confermato anche nel campo<br />

della BPCO ciò che già era evidente per l’asma<br />

bronchiale: l’aderenza al trattamento da parte dei<br />

pazienti è generalmente scarsa. Persino nel corso<br />

dei clinical trial più rigorosi, provvisti di stretti interventi<br />

di controllo e supervisione dei pazienti, il<br />

fenomeno ha assunto spesso caratteristiche disarmanti.<br />

Nel corso del Lung Health Study 5 , per esempio,<br />

l’utilizzo del broncodilatatore dopo un anno<br />

dalla prescrizione veniva riferito solo nel 60% dei<br />

casi, nel 50% dopo cinque anni. Se poi, anziché riferirsi<br />

a quanto riportato dal paziente, si utilizzasse<br />

una metodica obiettiva per verificare realmente l’assunzione<br />

dei farmaci (conteggio delle dosi residue,<br />

sistemi computerizzati di registrazione delle assunzioni,<br />

monitoraggio delle ricette farmaceutiche) i<br />

riscontri sarebbero sicuramente peggiori.<br />

Ma scarsa aderenza al trattamento vuole anche dire<br />

uso eccessivo o improprio dei farmaci. In quest’ultimo<br />

caso è importante il livello di conoscenza<br />

dei principi di utilizzo dei presidi attualmente<br />

in uso come aerosol predosati, inalatori di polvere<br />

secca, nebulizzatori ed erogatori di ossigeno.<br />

L’educazione nei confronti del paziente con BPCO<br />

(tabella 3.1) è quindi l’intervento mirato a preparare<br />

il miglior terreno possibile per l’attecchimento<br />

del programma terapeutico proposto.<br />

Educazione non è solo apprendimento nozionistico<br />

da parte del paziente, ma anche attività di supporto<br />

da parte del medico. Per il primo obiettivo<br />

è indispensabile la comunicazione di messaggi basati<br />

su rigorose informazioni scientifiche, per il secondo<br />

sono necessarie l’individualizzazione del<br />

messaggio e la strutturazione di un reale rapporto<br />

di cogestione della malattia.<br />

La BPCO viene gestita in un’ottica multidisciplinare<br />

che conferisce il diritto/dovere di esercitare<br />

un’azione educazionale a tutte le figure sanitarie e<br />

non che entrano in contatto con il paziente, quindi<br />

non solo il medico curante e lo specialista pneumologo,<br />

ma anche i terapisti della riabilitazione, gli<br />

infermieri professionali, i familiari e le associazioni<br />

di volontariato e di assistenza.<br />

Mediante l’intervento educazionale è possibile promuovere<br />

l’instaurazione di abitudini comportamentali<br />

corrette, tra cui quelle alimentari, che vanno<br />

a incidere sul mantenimento delle condizioni di<br />

stabilità della malattia.<br />

Nelle fasi di riacutizzazione, anche in ambiente specialistico<br />

ospedaliero 6 ,è possibile e quindi doveroso<br />

sensibilizzare il paziente affinché metta in atto precoci<br />

azioni di contrasto, come per esempio seguire<br />

scrupolosamente la terapia prescritta, imparare a utilizzare<br />

correttamente gli inalatori, evitare ipnotici e<br />

sedativi, mantenere una sufficiente idratazione, mantenere<br />

un’alimentazione basata su pasti ridotti e frequenti<br />

e praticare l’autodrenaggio delle secrezioni.<br />

È ipotizzabile l’utilità, per il paziente e i suoi familiari,<br />

di disporre di istruzioni scritte che rammentino<br />

i segni e i sintomi indicativi di una situazione<br />

di pericolo con le relative azioni da intraprendere,<br />

così come viene suggerito per quanto riguarda<br />

la gestione dell’asma bronchiale.<br />

La corretta assunzione<br />

della terapia inalatoria<br />

La gestione della terapia inalatoria (principale via<br />

di assunzione dei farmaci in questi pazienti) è particolarmente<br />

delicata perché influenza il successo<br />

terapeutico. In vari studi 7,8 è stata rilevata una scarsa<br />

aderenza alle terapie prescritte da parte dei pazienti<br />

con BPCO. Alcuni lavori mettono in evidenza<br />

addirittura un comportamento del paziente<br />

deliberatamente teso a ingannare il medico sulla<br />

reale assunzione dei farmaci, per esempio azio-<br />

76


3. ASPETTI EDUCAZIONALI DEL TRATTAMENTO DELLA BPCO<br />

nando l’erogatore di aerosol o polvere anche centinaia<br />

di volte in poco tempo allo scopo di svuotarlo.<br />

È evidente che, al di fuori di queste situazioni<br />

che auspicabilmente costituiscono un’eccezione,<br />

in ogni caso il paziente con BPCO, qualora<br />

assuma terapia inalatoria, necessita dello stesso<br />

tipo di informazioni al riguardo e delle stesse istruzioni<br />

pratiche che vengono ormai d’abitudine fornite<br />

all’asmatico. Vale anzi la pena di sottolineare<br />

che il paziente con BPCO è di età mediamente<br />

più avanzata rispetto all’asmatico e pertanto può<br />

più spesso avere problemi a utilizzare correttamente<br />

la terapia inalatoria, per esempio per artrite<br />

alle mani o difficoltà maggiori nel leggere correttamente<br />

le prescrizioni 9 .<br />

Alcuni studi non sembrano evidenziare un miglioramento<br />

dei risultati clinici in un gruppo di<br />

pazienti BPCO sottoposti a trattamento riabilitativo<br />

comprendente un intervento educazionale rispetto<br />

al gruppo di pazienti non trattati 10 .<br />

Altri autori hanno, per contro, dimostrato che un<br />

intervento educazionale specifico rivolto a pazienti<br />

BPCO può rivelarsi efficace in termini di miglioramento<br />

delle conoscenze della malattia, dell’utilizzo<br />

corretto dei farmaci e del PEF, nonché di<br />

ricorso ai servizi sanitari 11 .<br />

Non sempre tali studi hanno potuto dimostrare un<br />

rapporto costo/beneficio favorevole anche in termini<br />

economici, soprattutto perché una maggiore<br />

consapevolezza dei segni e sintomi di aggravamento<br />

della malattia può portare a un aumento di<br />

richieste di visite mediche e, in taluni casi, un aumento<br />

del ricorso al ricovero ospedaliero.<br />

Una metanalisi 12 condotta nell’intento di esaminare<br />

specificamente i risultati dell’educazione presa<br />

singolarmente nella BPCO conclude con la necessità<br />

di ulteriori ricerche, perché l’evidenza dell’efficacia<br />

dell’educazione esiste ma è piuttosto debole.<br />

Un punto a favore dell’educazione riguarda i rischi<br />

di ripetuti ricoveri ospedalieri che sono riconducibili<br />

anche a fattori che potrebbero essere modificati<br />

da un corretto intervento di educazione 13 . Sono<br />

interessanti i risultati di uno studio italiano 14 che ha<br />

messo a confronto l’efficacia di due interventi diversi<br />

nei confronti di pazienti con BPCO, assegnati<br />

a un programma educativo specifico oppure a un<br />

trattamento “standard”. I risultati dell’intervento di<br />

educazione e rinforzo motivazionale si sono tradotti<br />

in miglioramenti statisticamente significativi della<br />

qualità di vita e della capacità di performance.<br />

Mancano tuttora, e sono necessari, altri studi di lunga<br />

durata, per valutare l’efficacia di un intervento<br />

educazionale in sé sulla qualità della vita e la sopravvivenza<br />

a lungo termine del malato con BPCO.<br />

Ossigenoterapia a lungo termine<br />

La storia naturale della BPCO è caratterizzata dall’inarrestabile<br />

progressione del danno funzionale<br />

polmonare che esita in una franca alterazione degli<br />

scambi gassosi con stabile ipossiemia. Uno stato<br />

ipossiemico può però anche presentarsi transitoriamente<br />

nel corso degli episodi di riacutizzazione, situazione<br />

che può scompensare ulteriormente il paziente<br />

per le conseguenze della mancanza di ossigeno<br />

all’encefalo e al muscolo cardiaco.<br />

È dei primi anni ’80 l’acquisizione che la somministrazione<br />

di ossigeno a lungo termine (OLT) aumenta<br />

la sopravvivenza dei pazienti affetti da BP-<br />

CO di grado severo con ipossiemia a riposo e che<br />

tale effetto è più marcato quanto più la terapia viene<br />

condotta in modo regolare e continuativo 15 .I<br />

meccanismi fisiopatologici alla base dell’aumento<br />

della sopravvivenza, pur non del tutto chiariti, risiederebbero<br />

nella riduzione dello stato policitemico<br />

e ipertensivo polmonare e nell’incremento della<br />

funzionalità ventricolare.Altri effetti indotti dalla<br />

somministrazione di ossigeno, quali la riduzione<br />

della dispnea, il miglioramento delle funzioni cognitive<br />

e l’incremento della tolleranza allo sforzo<br />

fisico, generano poi importanti ripercussioni sulla<br />

qualità di vita, influenzando così la prognosi non<br />

solo quoad vitam, ma anche quoad valetudinem.<br />

L’intervento educazionale in tema di OLT è soprattutto<br />

finalizzato a convincere il paziente a rispettare<br />

le ore di somministrazione quotidiana prescritte<br />

e a curare soprattutto quei momenti, come<br />

il sonno e l’attività fisica, in cui è maggiore il rischio<br />

di ipossiemia. Purtroppo, questo presidio terapeutico<br />

è, da un lato, ancora utilizzato non correttamente<br />

da molti medici e, dall’altro, è accettato<br />

con difficoltà da parte di molti pazienti: ciò si traduce<br />

spesso in una scarsa compliance. Esistono alcune<br />

evidenze 16 che un intervento di informazione<br />

ed educazione, reiterato e approfondito, potrebbe<br />

ancora una volta essere la chiave per ottenere un<br />

aumento della compliance a questa fondamentale terapia.<br />

In questi lavori viene messa in luce la frequente<br />

carenza di informazioni sull’utilizzo corretto<br />

dell’ossigenoterapia da parte dei medici prescrittori<br />

che, per esempio, in più della metà di casi<br />

non informano il paziente della necessità di utilizzare<br />

l’ossigeno durante l’attività fisica. Solo un<br />

77


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />

terzo circa dei pazienti utilizza lo “stroller” portatile<br />

quando esce di casa: ancora una volta è fondamentale<br />

l’opera di educazione del medico di medicina<br />

generale che segue e conosce bene il paziente.<br />

Quest’opera di convincimento è spesso particolarmente<br />

difficile a causa del senso di disagio<br />

che i pazienti manifestano nella comune vita di relazione:<br />

può essere necessario coinvolgere l’entourage<br />

del malato, fornendo informazioni basilari sull’ossigenoterapia<br />

a tutti coloro che ne fanno parte.<br />

Educazione e BPCO<br />

in ventiloterapia domiciliare<br />

Negli ultimi anni il paziente affetto da BPCO in<br />

insufficienza respiratoria globale, in passato purtroppo<br />

considerato per definizione non suscettibile<br />

di intervento terapeutico di tipo ventilatorio,viene<br />

sempre più frequentemente avviato a ventiloterapia<br />

domiciliare, sia pur in alcuni casi selezionati<br />

(in particolare pazienti con severa ipossiemia notturna<br />

o segni di fatica dei muscoli respiratori) e soprattutto<br />

per via non invasiva 17 .<br />

La prescrizione di una protesi ventilatoria domiciliare<br />

comporta la necessità di affrontare e risolvere<br />

numerosi problemi pratici organizzativi e gestionali<br />

e molti problemi relazionali e psicologici che<br />

coinvolgono il paziente e tutta la sua famiglia, modificandone<br />

radicalmente l’impostazione della vita<br />

quotidiana. È evidente, pertanto, che va posta grandissima<br />

attenzione a fornire sia al paziente sia al suo<br />

gruppo familiare tutte le informazioni e le spiegazioni<br />

disponibili sulla necessità e finalità della ventiloterapia,<br />

nonché tutte le informazioni pratiche<br />

per la manutenzione quotidiana dell’apparecchiatura.<br />

Il paziente non potrà essere dimesso dall’ospedale<br />

se non dopo un adeguato training, che deve<br />

coinvolgere anche i suoi familiari, e dopo aver<br />

verificato l’accettazione e la comprensione di alcuni<br />

concetti fondamentali riguardanti questa particolare<br />

terapia. È parimenti molto importante fornire<br />

un supporto psicologico al paziente e alla famiglia<br />

e prevedere la possibilità di prolungare questo<br />

intervento anche dopo le dimissioni in occasione<br />

di controlli ambulatoriali o domiciliari.<br />

Abolizione del fumo<br />

Non sarà mai sottolineato abbastanza che il fumo<br />

di sigaretta costituisce il maggiore fattore di rischio<br />

della BPCO e che la sua sospensione è il solo intervento<br />

terapeutico (con l’OLT nelle fasi avanzate<br />

della malattia) che influenzi la sopravvivenza:<br />

questi dati, di fatto, impongono al medico il dovere<br />

di fare opera di educazione in proposito in ogni<br />

possibile occasione 18 .<br />

Come evidenziato dal Lung Health Study 5 , che negli<br />

USA ha arruolato più di cinquemila pazienti<br />

fumatori con segni di moderata ostruzione bronchiale<br />

indicativi di alto rischio di sviluppare una<br />

BPCO conclamata, un programma aggressivo di<br />

eradicazione dell’abitudine tabagica riduce significativamente<br />

il declino annuale del FEV 1 , fenomeno<br />

che comincia a manifestarsi già dopo un anno<br />

e che la terapia con broncodilatatori accentua solo<br />

in piccola parte. Nonostante questi risultati, è innegabile<br />

che lo sforzo richiesto sia il più delle volte<br />

estremamente oneroso. Sempre nel caso del Lung<br />

Health Study, i pazienti venivano infatti sottoposti<br />

a colloqui individuali con il medico e a successive<br />

frequenti sedute di gruppo (12 incontri in 10 settimane)<br />

guidate da opportune figure sanitarie; in<br />

tale programma venivano considerati anche l’eventuale<br />

instaurazione di un supporto farmacologico<br />

(terapia nicotinica sostitutiva) e un tentativo precoce<br />

“di salvataggio” in caso di ricaduta.<br />

Se quindi ogni iniziativa tesa a strutturare in centri<br />

selezionati unità di riferimento per la cosiddetta<br />

smoking cessation è certamente da considerarsi<br />

di grande utilità e impatto sociale, è pur vero<br />

che anche ogni contatto tra medico e paziente,<br />

dall’ambulatorio territoriale alla corsia ospedaliera,<br />

deve essere visto come un’occasione di intervento.<br />

Anche se i messaggi che si possono trasmettere<br />

sono spesso saltuari e di scarso effetto, essi<br />

hanno il vantaggio della semplicità, dell’economicità<br />

e della vasta quota di soggetti raggiungibili,<br />

per cui in una prospettiva globale i risultati derivabili<br />

non sono poi così inferiori rispetto a quelli<br />

di interventi maggiormente strutturati su piccoli<br />

gruppi di persone.<br />

Alcune considerazioni possono opportunamente<br />

guidare l’intervento di sensibilizzazione alla cessazione<br />

del fumo che il medico può esercitare nella<br />

sua pratica quotidiana.<br />

In primo luogo è evidente che i soggetti maggiormente<br />

motivati hanno le maggiori possibilità di<br />

smettere definitivamente di fumare; tuttavia, anche<br />

in coloro che manifestano le più serie intenzioni il<br />

cammino è spesso tortuoso e costellato di insuccessi<br />

e ricadute. Esistono poi situazioni temporanee<br />

in cui, per una particolare congiuntura psico-<br />

78


3. ASPETTI EDUCAZIONALI DEL TRATTAMENTO DELLA BPCO<br />

logica o ambientale, il messaggio diventa maggiormente<br />

recepibile. È questo, per esempio, il caso della<br />

sensazione di ansia anticipatoria nei confronti di<br />

una diagnosi ancora ignota o del timore generato<br />

dall’individuazione di una certa malattia in una persona<br />

vicina. Senza ricorrere a politiche di “terrorismo<br />

psicologico”, appare quindi opportuno sfruttare<br />

anche qualsiasi ricorso al medico da parte del<br />

paziente che lamenta vaghi sintomi respiratori o<br />

cardiaci, a maggior ragione se non conducenti a<br />

una diagnosi definitiva.<br />

Il supporto dei familiari è importante, soprattutto<br />

se è stata ufficializzata con il medico una data precisa<br />

di sospensione del fumo e se esiste la possibilità<br />

di non lasciare il paziente a gestire in solitudine<br />

la tentazione della ricaduta.<br />

Nel paziente con BPCO conclamata può essere utile<br />

utilizzare i test di funzionalità respiratoria come<br />

strumento di motivazione, sia per la conoscenza in<br />

termini di crude percentuali del proprio danno funzionale<br />

all’inizio del trattamento, sia per l’effetto<br />

confortante che il miglioramento dei parametri può<br />

esercitare nel tempo.<br />

Un adeguato invito all’abolizione del fumo non dovrebbe<br />

poi limitarsi a poche bonarie parole di disapprovazione<br />

verso un’abitudine tanto letale ma,<br />

come consigliato dal National Cancer Institute,deve<br />

comprendere almeno quattro azioni da parte del<br />

medico: informarsi sull’abitudine tabagica del paziente,<br />

informare dei rischi per la salute, considerare<br />

i possibili interventi per l’abolizione del fumo<br />

e pianificare un follow-up.<br />

Nel sistema di classificazione americano dei disturbi<br />

mentali vengono codificati i seguenti sintomi<br />

da astinenza da nicotina, che raggiungono l’acme<br />

di norma entro la prima settimana dall’abolizione<br />

del fumo: irritabilità, ansia, difficoltà di concentrazione,<br />

riduzione della frequenza cardiaca, sudorazione,<br />

insonnia, incremento dell’appetito e<br />

perdita di peso.<br />

Le possibilità di interventi di sostegno farmacologico<br />

sono ormai ampie.<br />

La terapia nicotinica sostitutiva (nicotine replacement<br />

therapy,NRT) viene usualmente prescritta con l’intento<br />

di aiutare il paziente ad attenuare le ripercussioni<br />

comportamentali e psicologiche che la<br />

brutale astensione dal fumo sviluppa soprattutto nei<br />

primi mesi, quelli dove infatti avviene la maggior<br />

parte delle ricadute. I livelli plasmatici di nicotina<br />

che il fumo assicura non sono però raggiunti mediante<br />

NRT e ciò, in aggiunta alla perdita di quello<br />

che viene comunemente identificato come “il<br />

piacere di fumare”, giustifica i bassi tassi di successo,<br />

dell’ordine del 15-25% a 12 mesi.<br />

Numerose sono le vie di rilascio della nicotina utilizzate<br />

per la terapia sostitutiva: i chewing gum,i cerotti<br />

transdermici, gli spray nasali e gli inalatori.<br />

Ogni sistema ha delle peculiarità in termini di modalità<br />

di utilizzo e di successo terapeutico a brevemedio<br />

termine. Uno dei vantaggi dei chewing gum<br />

è la possibilità di modificare autonomamente le dosi<br />

di nicotina assunte rispetto, per esempio, ai cerotti<br />

transdermici che rilasciano una dose fissa, ma<br />

questo può potenzialmente portare anche a fenomeni<br />

di sottodosaggio. I cerotti hanno dimostrato<br />

di essere efficaci soprattutto se utilizzati come supporto<br />

di minimi interventi educazionali e rappresentano<br />

probabilmente l’attuale prima scelta di trattamento<br />

nei casi più importanti. Nel soggetto che<br />

fuma meno di dieci sigarette al giorno, le gomme<br />

da masticare e gli inalatori possono essere più adatti.<br />

Oltre alla terapia nicotinica sostitutiva sono stati<br />

testati anche altri interventi farmacologici.La clonidina,<br />

gli antidepressivi (bupropione) e le benzodiazepine<br />

si sono dimostrati in parte efficaci su particolari<br />

tipologie di pazienti, ma la presenza di effetti<br />

collaterali non rende questi farmaci di largo<br />

utilizzo. Il bupropione, in particolare, è un agente<br />

dopaminergico con meccanismo d’azione centrale:<br />

associato alla terapia nicotinica sostitutiva per via<br />

transdermica, ha presentato tassi di successo più alti<br />

rispetto al solo cerotto. Questo farmaco ha però<br />

anche mostrato di favorire la comparsa di uno stato<br />

convulsivo, soprattutto nei soggetti affetti da epilessia<br />

e bulimia, perciò deve essere usato con molta<br />

cautela.<br />

Tra gli interventi non farmacologici la terapia comportamentale<br />

si dipana da interventi strutturati in<br />

modo semplice a programmi complessi gestiti da<br />

veri e propri smoking specialist.I programmi più aggressivi<br />

raggiungono tassi di successo approssimativi<br />

del 20%, probabilmente più elevati se uniti al<br />

supporto farmacologico.<br />

La BPCO è attualmente riconosciuta come una<br />

delle più importanti cause di morbilità/mortalità e<br />

ha un profondo impatto sulla società anche in termini<br />

economici.In un’epoca caratterizzata dalla necessità<br />

di comprimere la spesa sanitaria e dalla conseguente<br />

competizione di diverse strategie terapeutiche,<br />

si sta assistendo alla realizzazione di molti<br />

studi che indagano i diversi aspetti della cura della<br />

BPCO alla luce di considerazioni economiche.<br />

Investire risorse nei programmi di abolizione del<br />

fumo si è dimostrato essere costo-efficace se si<br />

79


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />

prendono in considerazione termini di rallentamento<br />

del declino della funzionalità respiratoria e<br />

incremento della sopravvivenza 5 .<br />

Aspetti nutrizionali<br />

Non è infrequente che il paziente con BPCO presenti<br />

caratteristiche costituzionali riconducibili a<br />

due tipologie caratteristiche: l’eccedenza ponderale<br />

del bronchitico cronico e la magrezza dell’enfisematoso.<br />

Nel primo caso è comune uno stato edematoso periferico<br />

con ritenzione idrica agli arti inferiori e<br />

ipotrofismo di cute e annessi, mentre nel paziente<br />

con enfisema prevale la mancanza di appetito e la<br />

tendenza a perdere peso.<br />

Raggiungere e mantenere un peso corporeo ideale<br />

è un obiettivo importante nella terapia della BPCO.<br />

In condizioni di sovrappeso risulta infatti incrementato<br />

il lavoro dell’<strong>apparato</strong> cardio<strong>respiratorio</strong> per garantire<br />

un’adeguata ossigenazione a tutti i distretti<br />

dell’organismo e l’eccesso di tessuto adiposo in regione<br />

addominale, ostacolando i movimenti del diaframma,<br />

non consente l’ottimale espansione dei polmoni.<br />

Nel paziente denutrito, all’opposto, si assiste a<br />

una situazione di ipotonia e ipotrofia della muscolatura<br />

corporea, inclusa quella deputata al meccanismo<br />

della respirazione, con la conseguente instaurazione<br />

di un circolo vizioso in cui la deplezione muscolare<br />

incrementa ulteriormente il fabbisogno calorico.<br />

Lo stato nutrizionale del paziente ha importanti ripercussioni<br />

anche sul versante delle difese immunitarie:<br />

nel paziente con BPCO una dieta povera di<br />

calorie, vitamine, minerali e in particolare di proteine<br />

ostacola la produzione delle immunoglobuline.<br />

La dieta ideale del paziente con BPCO dovrebbe<br />

quindi includere un adeguato apporto idrico, in<br />

grado di ridurre la viscosità delle secrezioni e di<br />

contrastare la secchezza delle mucose secondaria all’ossigenoterapia.<br />

L’apporto proteico, importante<br />

per i processi di difesa e di riparazione cellulare,<br />

dovrebbe essere individualizzato. L’introito supplementare<br />

di calcio è utile soprattutto nelle donne e<br />

nei pazienti che assumono terapia steroidea, mentre<br />

l’aggiustamento del potassio regola il controllo<br />

della pressione arteriosa, della contrazione muscolare<br />

e della trasmissione nelle fibre nervose. La correzione<br />

di eventuali squilibri dei fosfati e del magnesio<br />

può favorire la funzionalità diaframmatica.<br />

Rimane ancora da chiarire il ruolo del contenuto<br />

lipidico nella dieta: se da una parte una dieta iperlipidica<br />

contribuirebbe a ridurre la formazione di<br />

anidride carbonica, dall’altra la minore assunzione<br />

di grassi favorirebbe lo svuotamento gastrico con<br />

ripercussioni sulla meccanica respiratoria 19 .<br />

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1<strong>1.</strong> Dehyn Y, Muns-Lederer C,Worth H: Long term effects<br />

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80


3. ASPETTI EDUCAZIONALI DEL TRATTAMENTO DELLA BPCO<br />

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19. Prescott E, Almdal T, Mikkelsen KL et al: Eur Respir<br />

J 2000; 20(3):539-544.<br />

81


I QUADERNI DELLA BPCO<br />

4. Management clinico della BPCO<br />

La BPCO nel contesto della pneumologia<br />

Alfredo Potena<br />

La prevalenza elevata e progressivamente crescente<br />

della BPCO,gli elevati costi necessari per<br />

sostenerne le cure, l’importanza di razionalizzare<br />

l’impiego di risorse, in un sistema come quello sanitario<br />

che vede crescere i costi ma non la disponibilità<br />

economica per sopportarli, e l’eterogeneità<br />

clinica che ne caratterizza la durata rendono il management<br />

clinico di questa malattia uno degli aspetti<br />

più interessanti e stimolanti per la moderna pneumologia,<br />

consentendole di esprimere, all’interno<br />

delle aziende sanitarie, la sua massima capacità di<br />

integrazione tra ospedale e territorio.<br />

La BPCO è una malattia sottostimata ed è penalizzata<br />

anche dagli scarsi finanziamenti disponibili<br />

per la ricerca, soprattutto se si pensa al peso sociale<br />

che assumerà nei prossimi 15 anni. È una malattia<br />

progressiva, caratterizzata da una limitazione al<br />

flusso delle vie aeree solo parzialmente reversibile,<br />

che genera disabilità rendendo impossibile per un<br />

individuo compiere attività che comportano sforzo<br />

fisico, come il salire le scale o altro, nelle fasi più<br />

severe di malattia. In poco più di due decenni si<br />

può arrivare con costante evoluzione a una situazione<br />

irreversibile di handicap <strong>respiratorio</strong>.<br />

Considerato l’enorme peso assistenziale che la<br />

BPCO richiede, i migliori risultati si possono ottenere<br />

se il processo di cura sarà organizzato in<br />

modo tale da distribuire il carico di lavoro su diversi<br />

protagonisti, siano essi i familiari o gli infermieri,<br />

il medico di medicina generale o lo specialista<br />

ospedaliero 1 .<br />

La moderna pneumologia può offrire all’ospedale<br />

elevate competenze cliniche e tecniche per il trattamento<br />

degli episodi di riacutizzazione della bronchite<br />

cronica, sia essa accompagnata o meno da insufficienza<br />

respiratoria acuta o cronica riacutizzata.<br />

Al territorio extraospedaliero la pneumologia può<br />

offrire l’organizzazione per intervenire tempestivamente<br />

nel processo diagnostico, grazie ai laboratori<br />

di fisiopatologia respiratoria, o nell’assistenza e<br />

nel monitoraggio delle forme già cronicizzate, evitandone<br />

il ricovero ospedaliero non necessario o<br />

inappropriato, innescando altresì un processo virtuoso<br />

di risparmio economico.<br />

Un sistema di cura organizzato, infatti, può avere un<br />

impatto rilevante sull’insieme delle risorse necessarie<br />

se un’équipe specialistica pneumologica assume<br />

il controllo dell’assistenza extraospedaliera di un paziente<br />

affetto da BPCO di grado severo, abbattendo<br />

i costi di circa 13.000 dollari per paziente 2 .<br />

È stato dimostrato, inoltre, che i processi di disease<br />

management, basati su una strategia organizzata di<br />

cura, sono in grado di migliorare la qualità nei pazienti<br />

con <strong>malattie</strong> croniche 3 .<br />

Il fumo di sigaretta è, senza alcun dubbio, il principale<br />

responsabile della BPCO e i processi infiammatori<br />

e proteolitici che si realizzano in questa patologia<br />

sono il risultato di un’amplificata risposta infiammatoria<br />

agli stimoli prodotti dal fumo di sigaretta<br />

4 : per questo motivo lo sforzo per ridurre il numero<br />

di fumatori, aiutando soprattutto quelli affetti<br />

da BPCO a smettere di fumare, deve essere prioritario.Lo<br />

smettere di fumare si è rivelato l’unico provvedimento<br />

in grado di rallentare la progressione della<br />

malattia 5 , mentre i grandi trial condotti a tutt’oggi<br />

sui principali farmaci prescritti nella BPCO, i ß 2 -<br />

83


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />

agonisti long acting, pur raggiungendo variazioni significative<br />

su outcome primari legati all’ostruzione<br />

delle vie aeree (VEMS) o alla qualità della vita non<br />

sono stati in grado di dimostrare un significativo cambiamento<br />

della storia naturale della malattia 6 .L’impiego<br />

degli attuali sistemi adottati per smettere di fumare<br />

necessita di una metodologia più concreta, anche<br />

perché alcuni risultati incoraggianti sono stati ottenuti<br />

con le terapie sostitutive della nicotina (cerotti<br />

transdermici,gomme da masticare,inalatori che rilasciano<br />

nicotina) o farmaci come il bupropione 7 .<br />

L’utilizzo di corticosteroidi sistemici è efficace negli<br />

episodi di riacutizzazione e consente di raggiungere<br />

un miglioramento clinico, insieme a una<br />

riduzione della durata di degenza ospedaliera 8 .<br />

L’impiego di steroidi per via inalatoria nel paziente<br />

cronico, in fase stabile, può avere un ruolo nel management<br />

terapeutico farmacologico delle BPCO, riducendo<br />

la severità degli episodi di riacutizzazione 9 ,<br />

ma i trial randomizzati controllati costruiti nel tentativo<br />

di dimostrare una riduzione della rapidità di<br />

declino dei flussi aerei forzati non hanno documentato<br />

evidenze a supporto di questa ipotesi 10-13 .<br />

Un’azione di prevenzione primaria deve inoltre essere<br />

messa in atto attraverso il controllo dell’inquinamento<br />

atmosferico, specialmente nei centri urbani.Vi<br />

è evidenza che l’aumento della concentrazione<br />

di polveri sottili induce una risposta inappropriata<br />

o eccessiva delle vie aeree, causando un aumento<br />

correlato del numero di ricoveri e di richiesta di visita<br />

presso i pronto soccorso, i medici di medicina<br />

generale oltre che di morti cardiorespiratorie 14,15 .<br />

In questo caso è compito della pneumologia e degli<br />

stessi specialisti pneumologi diffondere le conoscenze<br />

sul danno <strong>respiratorio</strong> da inquinanti ambientali,<br />

segnalare i risultati di studi epidemiologici o clinici<br />

e rappresentare una “coscienza scientifica”a supporto<br />

di decisioni politiche apparentemente impopolari<br />

da assumere nell’interesse stesso della salute<br />

del cittadino,come per esempio la riduzione del traffico<br />

automobilistico o la trasformazione di aree industriali<br />

troppo vicine agli insediamenti urbani.<br />

DIAGNOSI E MONITORAGGIO<br />

AMBULATORIALE<br />

DELLA MALATTIA<br />

È importante definire con precisione l’inquadramento<br />

diagnostico; infatti, tra i soggetti con ostruzione<br />

poco reversibile delle vie aeree, i pazienti con<br />

anamnesi positiva per BPCO presentano caratteristiche<br />

del tutto differenti rispetto a quelli con una<br />

storia di asma. Ne consegue che la strategia di management<br />

terapeutico è diversa 16 .<br />

È altrettanto utile cercare di identificare i pazienti<br />

il più precocemente possibile 17 .Diverse strategie<br />

possono essere messe in atto per ottenere un risultato,<br />

ma esse devono essere oggettive al fine di inquadrare<br />

il paziente rilevandone, soprattutto, le caratteristiche<br />

di limitazione funzionale 18 e di poter<br />

adattare le diverse strategie alla realtà locale o nazionale.<br />

Molti pazienti con tosse cronica e catarro<br />

possono, nel breve volgere di pochi anni, perdere<br />

queste caratteristiche cliniche rendendo di fatto<br />

l’inquadramento nello stadio 0 della classificazione<br />

GOLD poco affidabile, specialmente quando il paziente,<br />

smettendo di fumare, interrompe il declino<br />

funzionale <strong>respiratorio</strong> più accelerato rispetto al<br />

soggetto sano non fumatore 19,20 .<br />

Una volta individuato il soggetto a rischio, si può<br />

restringere a esso il follow-up, abbattendo sensibilmente<br />

i costi. Poiché tosse ed età si associano al fumo<br />

quali fattori predittivi di malattia, si potrebbe<br />

fare lo screening di un soggetto al giorno con il risultato<br />

di individuare almeno un soggetto a rischio<br />

per settimana 17 .<br />

La diagnosi precoce e un intervento intenso possono<br />

rivelarsi le migliori strategie per intervenire<br />

sulla mortalità e la morbilità crescenti della BPCO.<br />

Il sospetto clinico-anamnestico è in genere confermato<br />

dalla spirometria, che dimostra una riduzione<br />

dei valori di VEMS (volume espiratorio massimo<br />

per secondo) non reversibile alla somministrazione<br />

di broncodilatatori e permette, dunque,<br />

una prima classificazione di severità legata al danno<br />

funzionale (tabella 4.1) 21,22 .<br />

Ai fini del management della malattia, in aggiunta al<br />

VEMS, si rivelano utili altri fattori quali per esempio<br />

l’età, i valori di pH di PaO 2 e PaCO 2 rilevati<br />

con l’emogasanalisi arteriosa, il grado di dispnea,<br />

l’indice di massa corporea e la distanza percorsa dopo<br />

un test del cammino di 6 minuti 18 .<br />

La valutazione dello stadio di severità e del miglioramento<br />

ottenuto da uno specifico trattamento<br />

di un paziente BPCO diventa ottimale quando<br />

viene fatto con un test dinamico, come per esempio<br />

il test incrementale del cammino o il test della<br />

distanza percorsa in 6 minuti, oppure con la somministrazione<br />

di questionari sulla qualità della vita<br />

specifici per malattia. Molti studi di ricerca sulla<br />

BPCO escludono i pazienti più anziani, che invece<br />

meriterebbero maggiore attenzione sia per ciò<br />

84


4. MANAGEMENT CLINICO DELLA BPCO<br />

Tabella 4.1<br />

Classificazione di severità della BPCO (modificata<br />

da 22 )<br />

Stadio 0<br />

(a rischio)<br />

Stadio I<br />

(lieve)<br />

Stadio II<br />

(moderato)<br />

Stadio III<br />

(severo)<br />

Assenza di alterazioni spirometriche<br />

Sintomi cronici (tosse, escreato)<br />

VEMS/CVF < 70%<br />

VEMS > 80% del teorico di riferimento<br />

Con o senza sintomi cronici (tosse, escreato)<br />

VEMS/CVF < 70%<br />

VEMS con valore tra il 30 e l’80% del<br />

teorico di riferimento<br />

II a VEMS con valore tra il 50 e l’80%<br />

I b VEMS con valore tra il 30 e l’49%<br />

Con o senza sintomi cronici (tosse, escreato)<br />

VEMS/CVF < 70%<br />

VEMS < 30% del teorico di riferimento o<br />

presenza di insufficienza respiratoria o<br />

segni clinici riferibili a scompenso cardiaco<br />

che riguarda la loro valutazione sia per le strategie<br />

di management 23 .<br />

Esiste, oggi, anche il problema dell’applicazione<br />

pratica di linee guida, documenti rilevanti elaborati<br />

con l’intento di assistere il medico nella cura dei<br />

suoi pazienti, ottimizzare le risorse e ridurre la variabilità<br />

della pratica clinica, spesso totalmente disattesi<br />

a causa di diversi ostacoli che ne limitano di<br />

fatto l’applicabilità 24,25 .<br />

Le linee guida hanno un senso quando l’evidenza<br />

scientifica riesce a dare una risposta sull’appropriatezza<br />

di un atto medico, diversamente non incidono<br />

sufficientemente sulla realtà assistenziale di una<br />

malattia 26 .<br />

Nel caso delle BPCO si è assistito, nel corso degli<br />

anni ’90, a una proliferazione di linee guida che<br />

presentavano diversi problemi metodologici e suggerimenti<br />

di diverso orientamento, privi di solide<br />

evidenze scientifiche a sostegno 27 . La mancanza di<br />

un approccio multidisciplinare, con uno scarso<br />

coinvolgimento del paziente, la lunghezza dei documenti<br />

e la carenza di allegati sintetici per facilitarne<br />

la lettura o di flow-chart di rapida consultazione<br />

sono sembrati i punti deboli. Spesso l’elaborazione<br />

di linee guida si è basata su manifestazioni<br />

di consensus da parte di esperti piuttosto che su evidenze<br />

scientificamente rilevanti. Altrettanto spesso<br />

si è osservata una lacuna nella mancata dichiarazione<br />

su possibili conflitti di interesse, considerato<br />

che la maggioranza delle linee guida viene costruita<br />

con il supporto diretto o indiretto dell’industria<br />

farmaceutica 24,28 .<br />

La pubblicazione delle linee guida GOLD 22 ha di<br />

fatto riportato suggerimenti più concreti e sostenuti<br />

da evidenze scientifiche dotate di un corretto<br />

grading della forza con cui le evidenze venivano trasformate<br />

in suggerimento e le stesse principali società<br />

scientifiche pneumologiche hanno rivisto i loro<br />

documenti di linee guida. Purtroppo, ancora oggi<br />

non è stato chiarito l’impatto clinico di questi<br />

documenti 28 .<br />

Tra i problemi più rilevanti vi è quello di un’efficace<br />

implementazione su ciò che è effettivamente<br />

noto, anche quando le evidenze citate a supporto<br />

sono uno standard indiscusso, e come allocare le risorse<br />

necessarie per rendere generalizzabile questo<br />

beneficio ai pazienti che ne possono trarre utilità 29 .<br />

Diversi interventi di diagnosi e cura delle BPCO<br />

si sono rivelati efficaci, mantenendo come obiettivi<br />

strategici un’azione volta a: rallentare l’ostruzione<br />

progressiva del flusso nelle vie aeree, prevenire<br />

e trattare le complicazioni della malattia, come per<br />

esempio le riacutizzazioni, minimizzare la sintomatologia,<br />

qualsiasi fosse lo stadio della malattia, e<br />

migliorare la qualità della vita 30 .<br />

Il trattamento ambulatoriale è strutturato generalmente<br />

in funzione della severità del paziente.Viene<br />

proposto un programma a “gradini” con l’obiettivo<br />

di indurre il miglior livello raggiungibile<br />

di broncodilatazione, ridurre al minimo il grado di<br />

infiammazione e facilitare l’espettorazione, anche<br />

se il ruolo del trattamento antinfiammatorio e di<br />

quello mucolitico è supportato da evidenze scientifiche<br />

“deboli” 22 .<br />

RICOVERO OSPEDALIERO<br />

La BPCO rappresenta, anche in Italia, una causa<br />

di ricovero molto frequente. Purtroppo mancano<br />

indicatori di esito sufficientemente sicuri per permettere<br />

una stratificazione del rischio di pazienti<br />

BPCO con riacutizzazione. I criteri di ospedalizzazione<br />

proposti, anche dalle recenti linee guida<br />

GOLD, sembrano poco selettivi (età, sintomi, supporto<br />

familiare, co-morbilità), ma occorre sottolineare<br />

che i pazienti BPCO riacutizzati ricoverati<br />

in ospedale hanno un tasso di mortalità superiore<br />

a quello dell’infarto miocardio e necessitano di<br />

uno stretto monitoraggio dei parametri cardiorespiratori<br />

31 .<br />

Il problema del ricovero ospedaliero per riacutizzazione<br />

da BPCO è piuttosto complesso. In uno<br />

studio di farmacoeconomia è stato dimostrato che<br />

il 16,5% di 507 pazienti BPCO riacutizzati ha richiesto<br />

un ricovero ospedaliero, determinando una<br />

85


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />

spesa aggiuntiva del 58% rispetto al totale dei costi.<br />

Il maggiore peso economico era sostenuto per<br />

far fronte a un precedente fallimento terapeutico.<br />

È stato poi dimostrato che, riducendo del 50% il<br />

costo di un fallimento grazie a un uso appropriato<br />

di farmaci come per esempio alcuni antibiotici,<br />

si potrebbe determinare una riduzione totale<br />

del 33% della spesa sostenuta per trattare le riacutizzazioni<br />

32 .<br />

È ancora da sottolineare come la maggioranza dei<br />

pazienti ammessi in ospedale attraverso il pronto<br />

soccorso non venga, ancora oggi, sottoposta a procedure<br />

diagnostiche particolari, arrivando all’ammissione<br />

in strutture di medicina interna e geriatria<br />

dove lo stato ipossiemico e/o ipercapnico viene<br />

diagnosticato con un ritardo variabile tra 1 e 4<br />

ore. Considerato quanto sia fondamentale l’intervento<br />

di correzione precoce dell’ipossiemia e dell’ipercapnia<br />

con metodiche non invasive di ventilazione,<br />

per prevenire l’intubazione endotracheale<br />

e le sue severe complicanze, è necessario che sia attivato,<br />

all’interno dell’ospedale, un percorso appropriato<br />

di cura che porti rapidamente il paziente nella<br />

struttura più idonea al suo trattamento 33,34 .<br />

Il paziente BPCO, che viene ricoverato nelle unità<br />

di pneumologia con maggiore frequenza, ha una<br />

durata media di degenza sostanzialmente stabile<br />

negli ultimi 3 anni: nel 2001 è stata di 8,3 giorni.<br />

In conseguenza di ciò il DRG 88, “Malattia<br />

polmonare cronica ostruttiva”, è quello più frequentemente<br />

osservato, anche se negli ultimi due<br />

anni, 2001-2002, la sua frequenza è diminuita. Il<br />

suo trend in riduzione è in realtà solo apparente:<br />

non è legato infatti a una diminuzione dell’incidenza<br />

e della prevalenza della BPCO, ma a un determinato<br />

comportamento nella codifica della diagnosi<br />

principale, reso possibile dalla codifica delle<br />

diagnosi a 5 cifre (tabella 4.2). Il sistema di classificazione<br />

ICD9-CM, attivato a partire dall’anno<br />

2000 in tutti gli ospedali italiani, permette infatti<br />

una precisa definizione dell’insufficienza respiratoria<br />

e la produzione del suo specifico DRG 87.<br />

In presenza di insufficienza respiratoria acuta, o<br />

acuta in paziente cronico, nel malato BPCO in<br />

stadi di severità avanzata, la diagnosi principale<br />

può essere appunto l’insufficienza respiratoria<br />

(cod. 518.81) anziché la BPCO (cod. 49<strong>1.</strong>2-).<br />

Questo comportamento è giustificato in quanto<br />

la BPCO è caratterizzata da un ampio spettro di<br />

gravità clinica, dalla bronchite semplice alla bronchite<br />

cronica ostruttiva con insufficienza respiratoria,<br />

e funzionale con livelli estremamente diver-<br />

Tabella 4.2<br />

Variazioni del case mix e del peso medio dei DRG di pazienti trattati in unità di terapia intensiva respiratoria pneumologiche<br />

dopo applicazione del sistema di classificazione ICD9-CM<br />

DRG Peso relativo N. casi ICD9 Peso totale ICD9 N. casi ICD9-CM Peso totale ICD9-CM<br />

88 0,9941 241 (31,9%) 239,58 238 (31,5%) 236,60<br />

475 3,5965 147 (19,4%) 528,69 147 (19,4%) 528,69<br />

127 1,015 90 (11,9%) 91,35 88 (11,6%) 89,32<br />

102 0,5426 66 (8,7%) 35,81 3 (0,3%) 1,63<br />

101 0,9135 59 (7,8%) 53,90 3 (0,3%) 2,74<br />

79 1,751 53 (7,0%) 92,80 100 (13,2%) 175,10<br />

80 0,9617 49 (6,5%) 47,12 0 0,00<br />

97 0,6191 16 (2,1%) 9,91 0 0,00<br />

78 1,435 13 (1,7%) 18,66 13 (1,7%) 18,66<br />

483 16,659 11 (1,4%) 183,25 29 (3,8%) 483,11<br />

96 0,9369 5 4,70 21 19,73<br />

95 0,5973 3 1,79 0 0,00<br />

94 1,2774 2 2,55 5 6,39<br />

98 0,8924 1 0,89 1 0,89<br />

87 1,3597 0 0,00 108 (14,2 %) 146,85<br />

Totale 756 <strong>1.</strong>311,00 756 <strong>1.</strong>709,70<br />

Peso medio/paziente 1,73 2,26<br />

86


4. MANAGEMENT CLINICO DELLA BPCO<br />

sificati di ostruzione funzionale. Il paziente con<br />

BPCO ricoverato consuma sempre più spesso<br />

molte e costose risorse e il peso relativo attribuito<br />

al DRG 88 è spesso non adeguato; esso andrebbe<br />

probabilmente rivalutato prevedendo, per<br />

esempio, il DRG complicato come nel sistema<br />

DRG australiano 35 .<br />

In Italia, già da tempo, alcune unità operative hanno<br />

attivato al loro interno aree assistenziali per i pazienti<br />

critici, le unità di terapia intensiva respiratoria<br />

(UTIR). Queste strutture forniscono un livello<br />

di assistenza a supporto dei reparti di degenza pneumologica<br />

ordinaria, per i pazienti con insufficienza<br />

respiratoria da scompenso d’organo, e dei reparti<br />

tradizionali di terapia intensiva, soprattutto per i<br />

pazienti divezzati dalla ventilazione meccanica invasiva,<br />

svolgendo un’attività assistenziale qualitativamente<br />

elevata e caratterizzata da un alto peso medio<br />

per paziente assistito 36-39 .<br />

In queste aree di monitoraggio il trattamento dell’insufficienza<br />

respiratoria avviene con tecniche di<br />

ventilazione meccanica non invasiva NIMV e il ricorso<br />

alla ventilazione invasiva avviene soltanto in<br />

seconda istanza e dopo aver constatato il fallimento<br />

del trattamento iniziale.<br />

L’attività delle UTIR italiane è gravata da un carico<br />

assistenziale piuttosto importante, spesso non diverso<br />

da quello delle terapie intensive tradizionali,<br />

ma diversi studi dimostrano che le UTIR rappresentano<br />

una scelta utile, clinica ed economica per<br />

le aziende sanitarie ospedaliere 40,41 .<br />

Nel paziente BPCO che manifesti un’insufficienza<br />

respiratoria secondaria a un episodio di riacutizzazione,<br />

la NIMV è oggi da considerarsi, sulla<br />

base di evidenze documentate, un intervento terapeutico<br />

da attuarsi il più precocemente possibile e<br />

prima che il paziente raggiunga livelli severi di acidosi.<br />

La NIMV si è dimostrata in grado di prevenire<br />

l’intubazione endotracheale, riducendo sia la<br />

mortalità sia gli insuccessi terapeutici 34,42,43 .<br />

funzionali e cliniche tali da rendere il programma<br />

appropriato e giustificarne il rapporto costo-efficacia.<br />

Le evidenze disponibili suggeriscono che i migliori<br />

risultati si ottengono nei pazienti sintomatici<br />

e l’allenamento concentrato sugli arti può dare<br />

particolare beneficio alla capacità del paziente di<br />

sostenere lo sforzo e percepire la dispnea, alla qualità<br />

della vita e all’autosufficienza. Il migliore e più<br />

efficace trattamento riabilitativo è sempre legato allo<br />

smettere di fumare, a un buon programma di assistenza<br />

farmacologica e all’ottimizzazione dei gas<br />

nel sangue 44 .<br />

La riabilitazione riduce la dispnea e la fatica e aumenta<br />

il senso di controllo che il paziente ha verso<br />

la propria condizione, rappresentando una componente<br />

assistenziale importante delle BPCO 45 .<br />

OSSIGENOTERAPIA<br />

Negli stadi in cui compare ipossiemia la correzione<br />

e la prevenzione delle recidive sono fondamentali.<br />

L’ossigenoterapia a lungo termine è in grado<br />

di prolungare la sopravvivenza nei pazienti che ne<br />

fanno un uso appropriato, per un periodo superiore<br />

alle 18 ore giornaliere 47-50 .<br />

Oggi è quantomeno necessaria una rilettura del<br />

trattamento con O 2 a lungo termine.Vi sono pazienti<br />

con buona saturazione diurna che durante la<br />

notte sviluppano importanti desaturazioni che potrebbero<br />

rappresentare un fattore di rischio per lo<br />

sviluppo di insufficienza respiratoria 51,52 . Si osserva<br />

spesso eterogeneità nella prescrizione e si rende<br />

necessario sviluppare programmi assistenziali regionali<br />

o nazionali che permettano, sulla base di registri<br />

o banche dati di pazienti, di chiarire alcune<br />

aree grigie che ancora persistono sull’ossigenoterapia<br />

durante la deambulazione e sulle prescrizioni di<br />

O 2 per uso notturno 53-55 .<br />

RIABILITAZIONE<br />

I programmi di riabilitazione devono essere strutturati<br />

in favore di pazienti ben selezionati, che possano<br />

trarne forte giovamento. È necessario, tuttavia,<br />

sottolineare come le UTIR, che necessitano di<br />

strumenti di valutazione e di personale qualificato,<br />

dovrebbero essere collocate in aree utili per favorire<br />

l’accesso a pazienti che abbiano caratteristiche<br />

DISTURBI DEL SONNO<br />

EALTRI DISTURBI SISTEMICI<br />

Oltre il 50% dei pazienti BPCO soffre di disturbi<br />

del sonno, caratterizzati da periodi più o meno lunghi<br />

di insonnia e/o risvegli improvvisi, che tendono<br />

a essere più severi negli stadi avanzati di malattia<br />

e incidono pesantemente sulla qualità della vita,<br />

anche e soprattutto per gli effetti collaterali che<br />

87


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />

possono essere indotti da eventuali farmaci somministrati<br />

nel tentativo di correggerli. Alcuni studi<br />

sostengono l’efficacia di diversi farmaci, come le<br />

benzodiazepine, per il trattamento dell’insonnia in<br />

questi pazienti, ma non vi è ancora un’evidenza che<br />

la confermi nei BPCO con ipercapnia severa, anzi<br />

alcuni case reports segnalano la comparsa di effetti<br />

collaterali 56 .<br />

L’ipossiemia e l’ipercapnia sonno-correlate sono un<br />

fenomeno tipico di alcuni pazienti BPCO e intervengono<br />

durante le fasi di sonno REM. Lo studio<br />

polisonnografico, nelle BPCO, trova indicazione<br />

quando si sospetta la presenza di episodi di “apnea<br />

ostruttiva” o quando siano presenti policitemia o<br />

cor pulmonale non spiegabili dai livelli di PaO 2 da<br />

sveglio. In questi casi va regolata la somministrazione<br />

di ossigeno o istituita una ventilazione non<br />

invasiva a pressione positiva. È sempre corretto, tuttavia,<br />

rivalutare gli effetti del trattamento istituito<br />

con un nuovo studio polisonnografico 57 .<br />

La comparsa di ipertensione arteriosa sistemica, associata<br />

o meno a disturbi del sonno, ripropone la<br />

validità di un approccio multidisciplinare al trattamento<br />

di questi pazienti che può giovarsi anche di<br />

un impiego ottimale di alcuni tra i farmaci di più<br />

frequente impiego, come i diuretici, i calcioantagonisti,<br />

gli ACE-inibitori, così come gli antagonisti<br />

del recettore dell’angiotensina II, gli α e i β-<br />

bloccanti 58 .<br />

Vi sono molti altri disturbi clinici rilevanti, anche<br />

extrapolmonari, che accompagnano il decorso della<br />

malattia, come per esempio le alterazioni nutrizionali<br />

con perdita di peso e ridotto indice di massa<br />

corporea, la disfunzione muscolo-scheletrica e<br />

l’infiammazione sistemica, dei quali sia lo pneumologo<br />

sia gli altri specialisti che si occupano del<br />

paziente BPCO devono tenere conto 59 .<br />

CONCLUSIONI<br />

Non esistono a tutt’oggi stime esatte sul peso che<br />

la BPCO ha sulla popolazione in generale, anche<br />

se è noto che l’età media dei pazienti, nella popolazione<br />

europea e nord-americana, è intorno ai 63<br />

anni, con una prevalenza del sesso maschile del 55%<br />

circa.È giusto sottolineare che chi è affetto da BPCO<br />

tende soggettivamente a sottostimare la severità della<br />

malattia rispetto a una scala oggettiva di valutazione<br />

della dispnea 60 .<br />

Il management della BPCO richiede oggi molti<br />

sforzi, soprattutto a causa dell’aumento del numero<br />

dei pazienti e della loro gravità clinica che si<br />

verificherà nei prossimi anni 61 e anche per una certa<br />

disomogeneità di trattamento, che gli stessi<br />

pneumologi evidenziano. In passato la malattia è<br />

stata considerata quasi come una forma intrattabile,<br />

mentre oggi sono disponibili diverse strategie<br />

di management,basate sia sull’uso appropriato di farmaci<br />

sia su efficaci programmi di riabilitazione,tutte<br />

in grado di migliorare la qualità della vita in pazienti<br />

sintomatici 7,62 .<br />

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è un disastro non etico e non evidence-based.<br />

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Italiano di Pneumologia, 2003 Edizioni EDI AIPO<br />

In stampa. 4°.<br />

89


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />

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in italia: analisi dell’attività clinica e dei suoi<br />

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43. Lightowler JV et al: Non-invasive positive pressure<br />

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48. Flenley DC et al: Nocturnal hypoxemia and longterm<br />

domiciliary oxygen therapy in “blue and bloated”bronchitics.Physiopathologic<br />

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1980; 77(2 Suppl):305-307.<br />

49. Continuous or nocturnal oxygen therapy in hypoxemic<br />

chronic obstructive lung disease: a clinical<br />

trial. Nocturnal Oxygen Therapy Trial Group. Ann<br />

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62. Rennard SI: Overview of causes of COPD. New<br />

understanding of pathogenesis and mechanisms can<br />

guide future therapy.Postgrad Med 2002;111(6):28-<br />

30, 33-34, 37-38.<br />

90


4. MANAGEMENT CLINICO DELLA BPCO<br />

La BPCO in medicina interna<br />

Vittorio Grassi, Stefania Cossi, Roberto Zulli<br />

La BPCO è la più internistica<br />

delle <strong>malattie</strong> dell’<strong>apparato</strong> <strong>respiratorio</strong><br />

●<br />

Amotivo delle sue complicanze e comorbosità,<br />

degli effetti sistemici e delle frequenti riacutizzazioni,<br />

della sua evoluzione verso l’insufficienza<br />

respiratoria cronica e cronica riacutizzata (si vedano,<br />

a tale proposito, i relativi Capitoli in questa<br />

stessa Collana) 1-3 , riteniamo che l’affermazione<br />

suddetta possa essere largamente condivisa. Tuttavia,<br />

in qualche misura, la BPCO è ancora fuori<br />

dalla “cultura” della medicina interna che, nel nostro<br />

paese, raramente ha avuto un ruolo attivo in<br />

questo settore della patologia. Ne deriva che, in<br />

medicina interna, la BPCO appare come una patologia<br />

“sfuocata” senza un volto ben definito. Ovviamente<br />

le conseguenze sono importanti.<br />

Per dare un contenuto a questo Capitolo cercheremo<br />

intanto di definire, per quanto possibile, il peso<br />

e il volto della BPCO in medicina interna per concludere<br />

provando a rispondere ad alcune domande.<br />

● La BPCO nella trattatistica internistica internazionale<br />

- Il Cecil (2001) 4 e l’Harrison<br />

(2002) 5 . Si tratta di due giustamente famosi trattati<br />

di medicina interna che da circa 50 anni dominano<br />

la scena internazionale: molto “maturi” e<br />

validati nella loro strutturazione. Il numero di pagine<br />

dedicate indica, in qualche misura, il “peso”<br />

attribuito a ciascuna specifica patologia.Abbiamo<br />

a questo scopo valutato quale posizione occupa<br />

la BPCO, come numero di pagine, nell’insieme<br />

delle condizioni patologiche croniche (figura<br />

4.1). I due trattati attribuiscono alla BPCO esattamente<br />

lo stesso “peso” quantitativo: il 6% dello<br />

spazio dedicato alle <strong>malattie</strong> croniche (8,5 pagine<br />

/1267 l’Harrison, 8/1200 il Cecil).A dar retta<br />

alle dimensioni dell’Harrison,cinquantasei <strong>malattie</strong><br />

croniche sono più importanti della BPCO;<br />

nel Cecil quarantadue: che è come dire che, in<br />

ordine di importanza, la BPCO occupa nell’Harrison<br />

la 57 a posizione (a pari merito con altre undici<br />

condizioni) e nel Cecil la 43 a posizione (a<br />

pari merito con altre nove). Ma questi sono soltanto<br />

numeri. Conseguenza, tra l’altro, di una diversa<br />

organizzazione della materia medica: il Cecil<br />

privilegia infatti i piccoli capitoli (3/1, rispetto<br />

all’Harrison, quelli con dimensioni inferiori o<br />

uguali alle tre pagine e 2/1 quelli compresi tra tre<br />

e cinque pagine); l’Harrison privilegia al contrario<br />

gli accorpamenti (2/1, rispetto al Cecil, i capitoli<br />

con più di 15 pagine). Questi trattati esprimono,<br />

necessariamente, la cultura della fine del<br />

secolo scorso. È auspicabile che, già a partire dalla<br />

prossima edizione, la BPCO abbia uno spazio<br />

conforme al suo peso clinico e sociosanitario.<br />

Il volto della BPCO in medicina interna:<br />

l’esperienza di Brescia - Quali sono le caratteristiche<br />

della BPCO che entra in un reparto<br />

di medicina interna È difficile, ovviamente,<br />

tracciare un volto “esportabile” con caratteristiche<br />

di validità generale. Particolarmente<br />

se si parte da un Istituto di medicina interna<br />

che nel corso degli anni ’90 ha sviluppato<br />

precipui interessi in ambito di medicina cardiorespiratoria,<br />

di gastroenterologia e geriatria.<br />

E questi si riflettono nel “volto” illustrato nella<br />

figura 4.2, che riporta le più significative (per<br />

frequenza e rilevanza clinica) condizioni patologiche<br />

associate alla BPCO. È sicuramente<br />

anomala e distorcente – se non si tiene conto<br />

della premessa fatta – l’elevata frequenza di associazione<br />

di alcune condizioni patologiche<br />

(ipertensione arteriosa, cardiopatia ischemica<br />

cronica, scompenso cardiaco, diabete mellito),<br />

dentro le quali la BPCO rischia di risultare come<br />

“affogata”.<br />

Per proseguire nell’analisi può essere utile cercare di<br />

rispondere – con ovvi limiti – ad alcune domande.<br />

QUAL ÈILPERCORSO<br />

DELLA BPCO IN OSPEDALE<br />

Un dato indicativo a questo proposito è fornito dalla<br />

Regione Lombardia: il 60% dei casi di BPCO<br />

non viene ricoverato in pneumologia, il che ha implicazioni<br />

importanti sulle quali torneremo. L’espe-<br />

91


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />

CECIL (2001) HARRISON (2002)<br />

<br />

Cushing, gozzo, neoplasie tiroide,vasculiti,tiroiditi,<br />

neoplasie gastriche, tumori fegato<br />

Tiroiditi, Addison, FA, ARDS, RAA, neoplasie del fegato,<br />

bronchiectasie<br />

Cefalee, rinite allergica, sclerodermia, meningoencefaliti, sarcoidosi, IRA<br />

IAC, CPC, <strong>malattie</strong> pleura/mediastino, TEP, gotta<br />

Ipertiroidismo, Cushing, miastenia gravis, policitemia, sarcoidosi, etilismo<br />

Leucosi acute, neoplasie intracraniche, Alzheimer, asma, ipertiroidismo,<br />

neoplasie del polmone, IAP, gotta, RAA, epatiti croniche<br />

LES, obesità, TEP, <strong>malattie</strong> glomerulari, AR, Hodgkin, tumori<br />

mammella, TBC, osteoporosi, IRC, epatiti virali<br />

BPCO<br />

PIP, LES, obesità, asma, Alzheimer, neoplasie mammella<br />

Valvulopatie, endocarditi,sclerosi multipla,<br />

malassorbimento, leucemie croniche, PIP<br />

IRA, sclerosi multipla, IRC, leucemia mieloide, neoplasie intestinali<br />

Endocarditi, <strong>malattie</strong> dell'esofago,<br />

miocardiopatie<br />

Tumori SNC, meningiti, tumori polmone, sclerodermia,<br />

osteoporosi<br />

Cirrosi epatica, epilessia, IAS,<br />

cardiopatie congenite<br />

TBC, cirrosi epatica, vasculiti, scompenso cardiaco,<br />

linfomi<br />

IMA, ulcera peptica<br />

IMA, malassorbimento, MICI, epilessia, IAS<br />

Scompenso cardiaco,<br />

diabete mellito<br />

Epatiti virali, tachiaritmie, ulcera peptica<br />

AIDS, <strong>malattie</strong><br />

cerebrovascolari<br />

Malattie cerebrovascolari,<br />

diabete mellito, AIDS<br />

<br />

Figura 4.1<br />

La BPCO nella trattatistica internistica internazionale. Distribuzione a seconda del “peso quantitativo” (numero di pagine) di alcune tra le più rilevanti patologie “croniche” in due trattati internazionali<br />

di medicina interna. Sono riportate, ovviamente, solo alcune tra le molte: suddivise per gruppi con dimensioni omogenee. IMA = infarto acuto del miocardio; MICI = <strong>malattie</strong> infiammatorie<br />

croniche intestinali; IAS = ipertensione arteriosa sistemica;TBC = tubercolosi; PIP = patologia interstiziale polmonare; SNC = sistema nervoso centrale; IRA = insufficienza renale<br />

acuta; IRC = insufficienza renale cronica; LES = lupus eritematoso sistemico; AR = artrite reumatoide; IAP = ipertensione arteriosa polmonare; CPC = cuore polmonare cronico;TEP =<br />

tromboembolia polmonare; FA = fibrillazione atriale; ARDS = sindrome da distress <strong>respiratorio</strong> acuto; RAA = reumatismo articolare acuto.<br />

92


4. MANAGEMENT CLINICO DELLA BPCO<br />

0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50<br />

Ipertensione arteriosa sistemica<br />

Cardiopatia ischemica cronica<br />

Scompenso cardiaco congestizio<br />

Diabete mellito<br />

Insufficienza renale<br />

Cirrosi epatica<br />

Aterosclerosi cerebrale<br />

Fibrillazione atriale<br />

Carcinoma del polmone<br />

Ulcera peptica<br />

Altre aritmie (diverse dalla FA)<br />

Osteartrosi<br />

A<br />

5 10 15 20 25 30 535 40 45 50<br />

Aneurisma aorta<br />

Cuore polmonare cronico<br />

Obesità<br />

Tromboembolia polmonare<br />

Sindrome depressiva<br />

Osteoporosi clinica<br />

5 510 15 20 25 30 35 40 45 50<br />

B<br />

0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50<br />

Figura 4.2<br />

Le più significative – per frequenza (A) o per rilevanza clinica (B) – condizioni cliniche associate alla BPCO (in fase stabile o di riacutizzazione:<br />

1,03/1): 287 casi (M/F: 1,7/1) pari all’8% dei ricoveri totali (fonte: 1 a Medicina, <strong>Clinica</strong> Medica/Brescia).<br />

rienza della nostra sede (Spedali Civili, Brescia) è illustrata<br />

nella figura 4.3. Anche in questo caso una<br />

premessa è doverosa: si tratta della fotografia della<br />

BPCO in un grande ospedale che in nessun caso<br />

può essere generalizzata (tra gli altri motivi: il servizio<br />

di accettazione e pronto soccorso era all’epoca<br />

– 2001 – solo parzialmente autonomo e in larga misura<br />

gestito dalle medicine e chirurgie generali, con<br />

conseguente allocazione aspecifica dei ricoveri).<br />

Nel periodo considerato (2001) il numero totale di<br />

pazienti BPCO ricoverati in ospedale supera largamente<br />

le <strong>1.</strong>800 unità, pari a poco meno del 3% dei<br />

ricoveri totali per qualsiasi causa. Pressoché identico<br />

è risultato il numero dei casi di BPCO in fase<br />

stabile e quelli in fase di riacutizzazione (figura<br />

4.3A). L’esame della distribuzione nei vari reparti<br />

evidenzia (figura 4.3B) che il 40% di questa patologia<br />

si colloca nelle tre divisioni di medicina interna,<br />

poco più del 25% in pneumologia (rapporto<br />

posti letto MG/PN 4/1,rapporto ricoveri 1,5/1)<br />

e la restante quota (oltre 1/3) in altre divisioni medico-chirurgiche:<br />

si deve presumere che in questa<br />

quota la diagnosi di BPCO fosse secondaria ad altre,<br />

più importanti, patologie. La prevalenza dei ricoveri<br />

in altri reparti (che rende ragione della precedente:<br />

è questa a determinare quella) è confermata<br />

dalla distribuzione della BPCO in fase stabile<br />

(figura 4.3C). In questo caso le medicine prevalgono<br />

nettamente sulla pneumologia (rapporto<br />

2,6/1): tenuto conto del numero dei posti letto, si<br />

tratta di un rapporto armonico.<br />

Più equilibrata è la distribuzione illustrata nel quadro<br />

D (BPCO in fase di riacutizzazione): in questo<br />

caso solo il 14% dei ricoveri va in altri reparti, men-<br />

93


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />

1882<br />

REPARTI<br />

BPCO<br />

2000<br />

1900<br />

A<br />

956<br />

926<br />

MG: Medicina generale<br />

PN: Pneumologia<br />

AA: Altri<br />

B<br />

In fase stabile<br />

In fase di riacutizzazione<br />

N. totale<br />

N. di ricoveri in ospedale<br />

1800<br />

1700<br />

1600<br />

1500<br />

1400<br />

1300<br />

1200<br />

1100<br />

1000<br />

900<br />

752<br />

800<br />

639<br />

700<br />

MG<br />

491<br />

PN<br />

AA<br />

327<br />

MG<br />

C<br />

124<br />

505<br />

AA<br />

425<br />

MG<br />

367<br />

PN<br />

D<br />

134<br />

600<br />

500<br />

400<br />

300<br />

200<br />

%<br />

51 100 49 0 40 26 34 %<br />

PN<br />

% 34 13 53 0 46 40 14 %<br />

AA<br />

100<br />

0<br />

Figura 4.3<br />

Il destino della BPCO in un grande ospedale: Spedali Civili di Brescia, anno 200<strong>1.</strong><br />

tre si riequilibra, e diviene più armonico, il rapporto<br />

medicina/pneumologia (1,2/1).<br />

Ancora una volta si richiama l’attenzione sulla non<br />

possibilità di generalizzazione.<br />

FINO A CHE PUNTO LA BPCO<br />

È UNA MALATTIA INTERNISTICA<br />

EQUANDO INVECE DIVENTA<br />

UNA MALATTIA SPECIALISTICA<br />

Ovviamente è difficile rispondere;soprattutto è difficile<br />

dare risposte “nette” perché è improprio “dissecare”<br />

il decorso di una malattia complessa e ricca<br />

di manifestazioni clinico-funzionali qual è la<br />

BPCO. È difficile, infine, perché la BPCO offre un<br />

esempio classico di malattia di confine: posta lungo<br />

quella sottile e mutevole “linea di demarcazione”<br />

internistico-pneumologica. La scarsa “cultura”<br />

(scarso interesse) pneumologica della medicina interna<br />

nel nostro paese ha radici antiche: sarebbe interessante<br />

(e utile) dibatterne i motivi, ma improprio<br />

farlo in questa sede.<br />

Con questa premessa proviamo a tracciare un percorso<br />

all’interno del quesito che ci siamo posti,<br />

prendendo in esame le diverse fasi della malattia.<br />

●<br />

BPCO in fase iniziale: medicina interna e pneumologia<br />

dovrebbero essere ugualmente in grado<br />

di gestirla: più conscia della sua evoluzione la<br />

pneumologia, più idonea a catturarla (a motivo<br />

delle sue basi più ampie) la medicina interna. A<br />

94


4. MANAGEMENT CLINICO DELLA BPCO<br />

●<br />

●<br />

●<br />

patto che, come sarebbe civile che fosse, quest’ultima<br />

sia in grado di eseguire alcune semplici<br />

misure di funzione respiratoria. È stato detto<br />

e ridetto (ma mai abbastanza, sicché giova ripeterlo)<br />

“così come si misura la pressione arteriosa,<br />

la glicemia, il colesterolo… si dovrebbe misurare<br />

il FEV 1 ”: in questo modo la medicina interna<br />

avrebbe più opportunità di diagnosticarla<br />

in fase precoce.<br />

BPCO in fase stabile: entrambe le strutture (entrambe<br />

le professionalità) dovrebbero essere in<br />

grado di gestirla con eguale efficacia, ma con<br />

maggiore “intelligenza”degli eventi (e della conduzione<br />

della terapia) in ambito pneumologico.<br />

Tuttavia,la necessità di uno studio completo della<br />

funzione respiratoria (indispensabile anche a<br />

valutare gli effetti della terapia) può rendere opportuna,<br />

da parte dell’internista, la consultazione<br />

dello specialista.<br />

BPCO in fase di riacutizzazione: non abbiamo<br />

dubbi in proposito. Lo specialista pneumologo<br />

sa affrontare meglio (molto meglio) i problemi<br />

terapeutici che una simile condizione pone, che<br />

significa anche capire “prima e meglio” quando<br />

la malattia è da Intensive Care Unit.<br />

BPCO in fase avanzata: è la fase in cui, solitamente,<br />

la BPCO non è più solo una malattia<br />

polmonare ma piuttosto “cardiorespiratoria con<br />

manifestazioni sistemiche”. In teoria la medicina<br />

interna dovrebbe essere la sede più idonea se<br />

non avesse le ali tarpate dalla sua scarsa sensibilità<br />

(interesse) e ridotta aggressività terapeutica<br />

nei confronti delle <strong>malattie</strong> dell’<strong>apparato</strong> <strong>respiratorio</strong><br />

(MAR). Sicché, anche in questa fase, uno<br />

pneumologo accanto appare indispensabile.<br />

La risposta. La BPCO è una MAR; sarebbe augurabile<br />

che, in ugual misura, diventasse (con innesto<br />

dello specialista nelle fasi più cruciali) una malattia<br />

da reparto internistico. I dati della Regione Lombardia<br />

(e quelli della nostra piccola indagine locale)<br />

indicano la necessità e l’urgenza di diffondere in<br />

settori extrapneumologici la “cultura” della BPCO.<br />

Il confronto medicina interna-pneumologia è per<br />

molti versi stimolante e di pratica utilità (valutazione<br />

del consumo delle risorse-outcomes). Uno<br />

studio di pochi anni fa 6 , quantitativamente importante,<br />

di confronto tra specialisti (pneumologi)<br />

e generalisti (medici di medicina generale) giungeva<br />

alla conclusione che la scelta era indifferente:<br />

non comportava significative differenze. I confronti<br />

devono rispettare regole precise: per fornire<br />

informazioni vere devono essere omogenei. E<br />

questo ha tutta l’aria di non esserlo. Come è stato<br />

giustamente fatto notare (C. Giuntini) esistono<br />

delle soglie biologiche discriminanti tra il fare con<br />

buone possibilità di successo e il fare con scarse<br />

possibilità di successo. Se queste soglie non sono<br />

comparabili i confronti forniscono risultati distorcenti.<br />

Nello studio citato 6 , in effetti, i pazienti ricoverati<br />

in ambiente pneumologico avevano una riacutizzazione<br />

della BPCO più grave di quella dei pazienti ricoverati<br />

in ambiente internistico e ciò non consente di<br />

applicare i metodi statistici per aggiustare i dati (aggiustamento<br />

reso necessario dalla mancata randomizzazione)<br />

nell’analisi multivariata delle risorse consumate e<br />

della sopravvivenza.<br />

QUAL ÈILRUOLO<br />

DELLA MEDICINA INTERNA<br />

NELL’ETEROGENEO MONDO<br />

DELLA BPCO<br />

Come si è accennato, nella medicina del nostro<br />

paese non si è diffusa una cultura clinica respiratoria<br />

sicché essa (tranne poche eccezioni) non ha<br />

un ruolo attivo in questo settore della patologia.<br />

Lo scenario appare assai diverso da quello della geriatria:<br />

lo sviluppo di una medicina respiratoria in<br />

età geriatrica (grande merito dello studio Sa.R.A)<br />

ha contribuito a migliorare ed espandere le nostre<br />

conoscenze sulla BPCO. Non altrettanto ha fatto<br />

la medicina interna; forse perché la geriatria è una<br />

branca più giovane (e come tale più recettiva) e ha<br />

la volontà di affermare la sua identità. A sua volta<br />

la medicina respiratoria dovrebbe fare “di più e<br />

meglio” per catturare l’interesse della medicina interna,<br />

nel superiore interesse del progresso delle<br />

conoscenze. A nostro giudizio, settori nei quali la<br />

medicina interna è culturalmente attrezzata per<br />

fornire potenziali contributi sono quelli della diagnosi<br />

precoce, delle manifestazioni sistemiche, degli<br />

effetti extrarespiratori, della terapia e – di particolare<br />

importanza – quello della stadiazione della<br />

malattia.<br />

CONCLUSIONI<br />

Malattia “internistica” la BPCO lo è; il problema è<br />

farla diventare “malattia degli internisti”.<br />

95


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />

BIBLIOGRAFIA<br />

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BPCO che cambia. UTET Periodici Scientifici, Milano<br />

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BPCO che cambia. UTET Periodici Scientifici, Milano<br />

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Prognoses and Preferences for Outcomes and<br />

Risks of Treatment. Am J Med 1998; 105:366-372.<br />

La BPCO nel contesto della geriatria<br />

Vincenzo Bellia, Franco Rengo, Salvatore Battaglia<br />

INTRODUZIONE<br />

L’aumento progressivo del numero degli anziani<br />

nella nostra popolazione non è un rilievo recente:<br />

il fenomeno costituisce invece una costante nella<br />

storia dei progressi dell’umanità, in quanto rappresenta<br />

l’indicatore di condizioni di vita mutate in<br />

misura tale da ridurre la mortalità precoce e, per<br />

conseguenza, aumentare la longevità. In atto, in Italia,<br />

gli ultrasessantacinquenni costituiscono oltre il<br />

18% della popolazione e, fatto ancor più rilevante,<br />

già dal 1997 il numero dei soggetti in età superiore<br />

ai 75 anni ha superato quello dei soggetti di età<br />

inferiore ai 15 anni 1 . La criticità che il fenomeno<br />

assume è correlata in modo particolarmente rilevante,<br />

anche se non esclusivo, agli aspetti medici. Il<br />

prolungarsi della vita si accompagna infatti a una<br />

riduzione delle capacità funzionali. Si creano così<br />

le condizioni per la disabilità che spesso esordisce<br />

in modo manifesto in occasione di <strong>malattie</strong>.<br />

Secondo i risultati di un’indagine condotta dalla<br />

Direzione Generale della Programmazione Sanitaria<br />

del Ministero della Salute e pubblicati nel marzo<br />

2003, i soggetti di età pari o superiore a 65 anni<br />

costituiscono una delle più rilevanti fonti di spesa<br />

per il Sistema Sanitario Nazionale: gli anziani<br />

rendono conto del 37% dei ricoveri ospedalieri ordinari<br />

e del 49% delle giornate di degenza e dei<br />

costi relativi. Le <strong>malattie</strong> polmonari croniche<br />

ostruttive si pongono al quarto posto tra i primi 25<br />

aggregati clinici di diagnosi per numero di ricoveri<br />

in regime ordinario, preceduti soltanto da cataratta,<br />

aterosclerosi coronarica e altre <strong>malattie</strong> ischemiche<br />

cardiache, insufficienza cardiaca congestizia.<br />

Questo ruolo rilevante della BPCO nel panorama<br />

dei fabbisogni e dei consumi assistenziali della popolazione<br />

geriatrica non sorprende: come è noto,<br />

le <strong>malattie</strong> broncostruttive croniche sono caratterizzate<br />

da un ben definito carattere evolutivo nel<br />

tempo, che fa sì che le forme più gravi, più spesso<br />

accompagnate da quadri disfunzionali gravi e da insufficienza<br />

respiratoria, si manifestino proprio nelle<br />

decadi relative all’età matura o senile.<br />

Si pone così il problema della gestione del paziente<br />

anziano con BPCO, che spesso necessita non solo<br />

dell’assistenza specialistica pneumologica, ma anche<br />

di un programma ben più ampio di cure integrate<br />

di competenza geriatrica.<br />

GESTIONE DEL PAZIENTE<br />

CON BPCO<br />

IN ETÀ GERIATRICA<br />

Sotto il profilo appena indicato la principale differenza<br />

tra il paziente con BPCO anziano e quello<br />

di età inferiore è relativa agli effetti della malattia<br />

sullo stato generale. Infatti, negli anziani è<br />

possibile un rapido declino dell’autonomia fun-<br />

96


4. MANAGEMENT CLINICO DELLA BPCO<br />

zionale globalmente intesa ed è aumentato il rischio<br />

di scompenso di <strong>malattie</strong> coesistenti e quello<br />

di morte.<br />

Su questa base, uno dei primi obiettivi della gestione<br />

della BPCO è relativo all’identificazione<br />

delle relazioni che la patologia respiratoria intrattiene<br />

con eventuali <strong>malattie</strong> concomitanti. Occorre<br />

infatti definire attraverso quali possibili e reciproche<br />

relazioni le varie patologie potenzino o<br />

modifichino i loro effetti clinici o funzionali, influenzino<br />

la prognosi quoad vitam, alterino le risposte<br />

farmacodinamiche.Soltanto sulla base di una<br />

chiara definizione del quadro delle comorbilità è<br />

possibile scegliere tra le varie opzioni terapeutiche<br />

quelle più idonee a lenire i sintomi, a migliorare la<br />

qualità di vita, a prevenire o limitare gli effetti delle<br />

riacutizzazioni.<br />

Nella gestione complessiva del paziente anziano<br />

con BPCO un ruolo assai importante rivestono anche<br />

le valutazioni della situazione sociale ed economica<br />

e della performance globale. Questo obiettivo<br />

deve essere realizzato tramite strumenti validati,<br />

gli unici in grado di consentire valutazioni standardizzate<br />

e interpretazioni condivisibili. In questa<br />

parte della gestione del paziente è importante assicurare<br />

il mantenimento delle reti di rapporti sociali<br />

specialmente durante le fasi di riacutizzazione della<br />

malattia e di ospedalizzazione.<br />

Di fondamentale importanza è il programma di<br />

mobilitazione, nutrizione e idratazione dei pazienti.<br />

Questo aspetto della gestione, ampiamente diffuso<br />

in geriatria, assume maggiore rilevanza per il<br />

paziente con BPCO in quanto è stato dimostrato<br />

che questa malattia ha una componente sistemica 2<br />

che spesso si accompagna a quadri di indebolimento<br />

muscolare e di malnutrizione fino alla cachessia.<br />

In questa ottica si inquadrano i programmi<br />

di riabilitazione polmonare dell’anziano con broncostruzione.<br />

La riabilitazione polmonare ha lo scopo<br />

di ridurre i sintomi, di aumentare la capacità<br />

funzionale e di migliorare la qualità di vita complessiva.<br />

Il programma riabilitativo deve adattarsi alle<br />

esigenze del paziente anziano e a tal fine dovrebbe<br />

comprendere la fisiochinesiterapia respiratoria,<br />

l’allenamento all’esercizio fisico, l’allenamento<br />

dei muscoli respiratori, l’educazione, il supporto<br />

psicosociale e quello nutrizionale. La prevenzione<br />

del deterioramento muscolare è particolarmente<br />

importante nell’anziano, in quanto in questa categoria<br />

di pazienti si sommano i danni muscolari<br />

direttamente legati alla BPCO 3 con quelli propri<br />

dell’invecchiamento.<br />

L’efficacia di tale approccio non è tuttavia stata ancora<br />

dimostrata attraverso corretti studi caso controllo:<br />

pertanto l’impiego di una tale strategia appare<br />

raccomandabile soltanto sulla base di considerazioni<br />

epidemiologiche e fisiopatologiche 4 .Tuttavia<br />

lo studio HELP, pur se basato su un disegno<br />

“aperto”, ha dimostrato l’efficacia dell’approccio in<br />

questione in una casistica nella quale erano ben rappresentati<br />

i pazienti pneumopatici 5 .<br />

Nel percorso della gestione del paziente anziano<br />

con BPCO un aspetto critico è rappresentato dalle<br />

riacutizzazioni della malattia. Molto spesso tali<br />

pazienti sono assistiti in ospedale, ma frequentemente<br />

il ritorno a casa alla dimissione è difficoltoso.<br />

Al fine di limitare il disagio sono stati proposti<br />

sistemi alternativi di assistenza medica durante le<br />

riacutizzazioni. Uno studio recente, condotto su un<br />

campione di 222 pazienti BPCO riacutizzati di età<br />

media di 71±10 anni, ha indagato se la cosiddetta<br />

ospedalizzazione domiciliare possa dare migliori risultati<br />

rispetto a quella convenzionale 6 .I risultati<br />

dimostrano che con l’ospedalizzazione domiciliare<br />

è possibile ridurre il numero e la frequenza delle<br />

ospedalizzazioni, diminuire il numero degli accessi<br />

in pronto soccorso a breve distanza dalla dimissione<br />

e migliorare la qualità di vita dei pazienti 6 . Sebbene<br />

la casistica dello studio non sia costituita esclusivamente<br />

da anziani, si può ipotizzare che i possibili<br />

benefici di questo tipo di trattamento siano applicabili<br />

con particolare successo in età geriatrica.<br />

Nel programma di gestione non possono essere trascurati<br />

i problemi connessi con il trattamento farmacologico.<br />

Questi riguardano da una parte i rischi<br />

cui l’anziano è più esposto, quale per esempio quello<br />

degli eventi avversi: sotto questo profilo il ruolo<br />

più critico è svolto dalla terapia steroidea che è spesso<br />

necessaria in questi pazienti. In particolare la cataratta,<br />

l’ulcera peptica, il diabete mellito e l’osteoporosi<br />

possono presentarsi con elevata frequenza.<br />

Tuttavia, la problematica certamente più rilevante<br />

riguarda l’aderenza alla terapia prescritta. Infatti, in<br />

un numero imprecisato (ma certamente molto elevato)<br />

di anziani con BPCO si osserva un deficit<br />

della compliance: ciò può essere dovuto a varie cause,<br />

tra cui la presenza di vari gradi di deficit cognitivo<br />

(con perdita delle capacità di attenzione e<br />

di memoria) o la difficoltà riscontrata nell’uso degli<br />

apparecchi per aerosol e nei dispositivi inalatori<br />

predosati; concorrono anche difficoltà prassiche,<br />

spesso banalmente derivanti dalla presenza di artrosi<br />

alle mani. A ogni visita è pertanto necessario<br />

verificare la presenza di condizioni fisiche o co-<br />

97


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />

gnitive, che possano limitare l’aderenza alla terapia<br />

prescritta.<br />

Il complesso degli elementi di specificità sin qui<br />

brevemente accennati conferisce alla gestione dell’anziano<br />

con BPCO connotati di complessità tale<br />

da rendere necessari particolari adattamenti dei modelli<br />

di processo di erogazione delle cure. Questi<br />

modelli sono diversi se si devono soddisfare le esigenze<br />

di un paziente anziano con monopatologia<br />

cronica, ovvero se questo è anche un paziente di<br />

interesse geriatrico (anziano fragile). Nel secondo<br />

caso è necessaria l’integrazione delle diverse competenze<br />

sanitarie e dei diversi livelli di assistenza<br />

(compreso quello riabilitativo) in un processo di<br />

cura continuativa.<br />

CURA CONTINUATIVA<br />

DELL’ANZIANO CON BPCO<br />

Il sistema della cura continuativa, che attualmente<br />

è accettato da tutte le specialità mediche per assistere<br />

pazienti affetti da patologie croniche dei vari<br />

organi e apparati, sin dagli anni ’50 è stato sviluppato<br />

nel Regno Unito nell’ambito dell’assistenza<br />

geriatrica.<br />

In questo contesto il paziente di interesse si identifica<br />

nel soggetto di età molto avanzata, che presenti<br />

una condizione di BPCO conclamata e sia<br />

sottoposto a polifarmacoterapia per indicazioni anche<br />

diverse dalla BPCO, manifesti disabilità, sia a<br />

rischio di ospedalizzazione o istituzionalizzazione<br />

o viva in uno stato socio-ambientale critico:il complesso<br />

di questi caratteri definisce il paziente “fragile”<br />

7 . Queste condizioni ricorrono più spesso nella<br />

BPCO che in altre patologie croniche, in quanto<br />

nelle sue forme più conclamate la malattia si accompagna<br />

frequentemente a un corteo di fenomeni<br />

paralleli (per esempio lo scompenso cardiaco, l’ipertensione<br />

sistemica o la ridotta tolleranza glucidica<br />

da corticosteroidi, il deficit nutrizionale secondario<br />

ecc.).<br />

Per questa tipologia di pazienti, ancorché in contesti<br />

diversi dalla BPCO, sono stati segnalati i risultati<br />

clinici ottenuti con un sistema assistenziale<br />

integrato, che coinvolge i diversi livelli di cura e le<br />

diverse figure professionali partecipanti al processo<br />

di erogazione della stessa. Il modello, che non ha<br />

per fine la guarigione delle <strong>malattie</strong> ma il recupero<br />

della miglior condizione funzionale possibile,<br />

fonda il risultato soprattutto sulla rete dei Servizi<br />

Geriatrici che comprende strutture diverse, quali<br />

per esempio l’“Unità Geriatrica per Acuti” (UGA),<br />

la “Spedalizzazione Domiciliare” (SD), la “Residenza<br />

Sanitaria Assistenziale” (RSA), l’“Assistenza<br />

Domiciliare Integrata”(ADI);queste strutture,chiamate<br />

in causa nelle diverse situazioni, operano in<br />

stretta connessione con la rete dei Servizi Riabilitativi<br />

(riabilitazione intensiva multispecialistica,<br />

lungodegenza riabilitativa, RSA riabilitativa, ADI<br />

riabilitativa, riabilitazione ambulatoriale). La rete<br />

dei Servizi Geriatrici, l’unica a poter garantire l’assistenza<br />

continuativa, evitando spreco di risorse, come<br />

ogni “sistema a rete” non funziona seguendo<br />

un percorso obbligato ma,in maniera globale e flessibile,<br />

assegnando il paziente al livello più basso di<br />

assistenza adeguato alla sua condizione anatomofunzionale.<br />

Considerata la complessità e la progressività della patologia<br />

broncostruttiva cronica e l’estrema instabilità<br />

che ne deriva, la valutazione e la definizione del<br />

programma terapeutico-riabilitativo del paziente<br />

con BPCO “fragile” devono essere effettuate da<br />

un’équipe multidisciplinare capace di definire la terapia<br />

farmacologica, ma soprattutto di individuare il<br />

percorso assistenziale e l’intervento riabilitativo più<br />

opportuno.Tale équipe è denominata “Unità di Valutazione<br />

Geriatrica” (UVG) ed è costituita da diverse<br />

figure professionali dell’area sanitaria. L’UVG<br />

utilizza strumenti di valutazione multidimensionale<br />

(VMD), capaci nel contempo di definire la salute fisica,<br />

la salute mentale, la condizione socioeconomica<br />

e la situazione ambientale. La VMD consente di<br />

identificare i molteplici problemi del paziente,di valutare<br />

le sue limitazioni e le sue risorse, di definire<br />

le necessità assistenziali. In seguito a tali riscontri<br />

viene coordinato un programma di cura complessiva<br />

per commisurare gli interventi alle necessità 8-10 .<br />

L’esperienza sull’applicazione di queste metodologie<br />

alla BPCO è assai modesta, tuttavia numerose<br />

ricerche, condotte applicando questo modello ad<br />

altri ambiti,hanno confermato che la UVG,la VMD<br />

e la rete dei Servizi Geriatrici sono capaci di ridurre<br />

significativamente la mortalità e il grado di<br />

invalidità 11-13 , oltre che di contenere i costi di gestione<br />

14 .Inoltre,è stato dimostrato che questo è l’unico<br />

modello assistenziale capace di ridurre le istituzionalizzazioni,<br />

di incrementare il numero degli<br />

ultrasettantacinquenni assistiti a domicilio e di ridurre<br />

i ricoveri ospedalieri 15 .<br />

Su questa base i Piani Sanitari Nazionali 1994-<br />

1996, 1998-2000 e 2002-2004 e molti Piani Sanitari<br />

Regionali hanno previsto anche per l’Italia l’a-<br />

98


4. MANAGEMENT CLINICO DELLA BPCO<br />

dozione del modello della cura continuativa geriatrica,<br />

anche se la sua realizzazione non è costante<br />

su tutto il territorio ed è molto carente soprattutto<br />

nelle regioni centro-meridionali.<br />

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planning. Aging (Milano) 1995; 7:94-109.<br />

99


I QUADERNI DELLA BPCO<br />

5. Ruolo del medico di medicina<br />

generale nella gestione della BPCO<br />

Introduzione<br />

Germano Bettoncelli<br />

Non è facile definire cosa rappresenti oggi la<br />

BPCO nella pratica quotidiana del medico di<br />

medicina generale (MMG) e se, effettivamente, dal<br />

suo particolare osservatorio, egli verifichi, come la<br />

letteratura scientifica riporta, che vi è un aumento<br />

di mortalità e che cresce la domanda di assistenza da<br />

parte dei suoi pazienti 1 . Certamente egli avverte che<br />

su questo settore si fa sempre più insistente l’attenzione<br />

degli amministratori sanitari, preoccupati per<br />

il lievitare di una spesa che cresce sia per il consumo<br />

di farmaci sia, soprattutto, per l’aumento dei ricoveri<br />

ospedalieri. Paradossalmente, nonostante questi<br />

dati allarmanti, vi è una diffusa sensazione che<br />

l’attenzione nei confronti della BPCO sia ancora<br />

troppo scarsa da parte dei medici, in particolare dei<br />

MMG. Sembra cioè che, a fronte della rilevanza che<br />

sotto molteplici aspetti il problema della BPCO riveste,<br />

il processo delle cure erogate a questi pazienti<br />

presenti ancora degli standard troppo bassi, rispetto<br />

a quanto le conoscenze e i mezzi di cui oggi disponiamo<br />

potrebbero consentire. Le cause di questo<br />

comportamento possono essere molteplici: un difetto<br />

nella preparazione culturale dei medici, la scarsa<br />

accessibilità agli strumenti e ai servizi diagnostici, la<br />

difficoltà di comunicazione tra medici specialisti e<br />

medici di famiglia, ma anche una sorta di rassegnazione<br />

nel considerare ineluttabile il declino del paziente<br />

a fronte di noxae, quali il fumo (responsabile<br />

dell’85-90% dei casi) o l’inquinamento dell’aria, verso<br />

le quali il medico ritiene il proprio intervento<br />

scarsamente efficace 2 . In particolare, due aspetti possono<br />

giocare un ruolo determinante nell’indurre la<br />

sottostima della BPCO in medicina generale: la lentezza<br />

con cui affiorano le manifestazioni cliniche,<br />

che consente al paziente di assuefarsi alla malattia (la<br />

BPCO normalmente diviene sintomatica verso la<br />

quinta-sesta decade di vita) inducendolo a sottovalutarne<br />

l’effettivo impatto sulla salute e la non abitudine<br />

da parte del medico a effettuare indagini di<br />

funzionalità respiratoria, sottoponendo a regolari accertamenti<br />

coloro che presentano fattori di rischio.<br />

Quest’ultimo aspetto assume un ruolo decisivo nel<br />

determinare il ritardo diagnostico cui vanno incontro<br />

molti pazienti e nell’impedire una corretta stadiazione<br />

di gravità della malattia.<br />

In sostanza si può affermare che, nel settore della<br />

medicina generale, non esiste ancora una sufficiente<br />

sensibilizzazione al problema delle patologie<br />

ostruttive respiratorie e della BPCO in particolare,<br />

o per lo meno non si registra un’attenzione paragonabile<br />

a quella abitualmente riservata ad altre<br />

condizioni di altrettanto rilevante impatto sociosanitario,<br />

quali per esempio le <strong>malattie</strong> cardiovascolari.<br />

D’altra parte, la necessità di controllare più efficacemente<br />

fenomeni di così vasta portata non può<br />

prescindere dal coinvolgimento attivo del medico<br />

generale, il cui ruolo deve sapersi correttamente integrare<br />

con quello degli altri operatori sanitari.<br />

BIBLIOGRAFIA<br />

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101


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />

L’approccio diagnostico<br />

Antonio Gerace<br />

La BPCO deve, in primo luogo, essere correttamente<br />

diagnosticata. Questo è necessario perché<br />

si avvii quel processo di contenimento cui si<br />

deve puntare, per evitare o, almeno, attenuare gli effetti<br />

devastanti che le proiezioni epidemiologiche<br />

preannunciano.<br />

In uno scenario assistenziale nel quale i farmaci in<br />

nostro possesso risultano poco efficaci nel condizionare<br />

la storia naturale e quindi l’evoluzione della malattia,<br />

è evidente come sia necessario intervenire attraverso<br />

un approccio globale, definendo un percorso<br />

assistenziale completo, che partendo da momenti<br />

di prevenzione, educazione sanitaria e counselling, attraversi<br />

tutti gli stadi della malattia, secondo i criteri<br />

codificati nell’ambito di linee guida accreditate 1,2 .<br />

In verità, l’approccio attuale sembra caratterizzato<br />

da numerosi fattori limitanti:<br />

● la BPCO è in larga parte legata a comportamenti<br />

individuali (fumo) o ambientali (inquinamento)<br />

su cui è difficile intervenire;<br />

● la conoscenza delle caratteristiche tipiche della<br />

malattia e dei fattori di rischio impone al MMG<br />

un’attenta “raccolta dati” secondo il criterio del<br />

“minimum data set”, preferibilmente non riferito<br />

solo alla BPCO, quant’anche agli elementi chiave<br />

che caratterizzano le <strong>malattie</strong> a più alto impatto<br />

sociosanitario;<br />

● relativamente all’approccio al paziente a rischio,<br />

così come a quello già affetto da BPCO, disponiamo<br />

di vaste conoscenze, purtroppo a tutt’oggi<br />

ancora in buona parte disattese. Semplici elementi<br />

che rientrano nell’ambito della fase osservazionale<br />

(tosse,dispnea,espettorazione,esposizione a fattori<br />

di rischio) dovrebbero rappresentare informazioni<br />

sufficienti per attivare il reclutamento del<br />

paziente nel senso di una valutazione clinica più<br />

approfondita, comprensiva di esame spirometrico<br />

(gold standard supportato da evidenze “A”);<br />

● il MMG dovrebbe essere formato in maniera<br />

specifica alla gestione delle patologie da dipendenza,<br />

potendo così sfruttare al massimo la sua<br />

posizione di conoscitore del paziente, del contesto<br />

lavorativo e familiare, oltre all’opportunità<br />

di una continuità assistenziale improponibile in<br />

altri ambienti sanitari;<br />

●<br />

●<br />

la diagnosi, molto spesso, viene posta in stadio<br />

avanzato, allorquando il paziente già necessita di<br />

interventi sanitari complessi a causa di un danno<br />

anatomopatologico di grado significativo, nel<br />

mentre i meccanismi che sottendono la “dipendenza<br />

tabagica” risultano già consolidati e sui<br />

quali è più difficile intervenire;<br />

è necessario che maturi un’elevata professionalità<br />

oltre a un congruo livello di competenza<br />

scientifica soprattutto per quanto riferibile alle<br />

capacità organizzative (management) e all’ integrazione<br />

professionale nel senso di una chiara<br />

definizione di ruoli in un percorso assistenziale<br />

globale, anche al fine di evitare sovrapposizioni<br />

e inutili ripetizioni di interventi.<br />

Un discreto grado di demotivazione, mista a scetticismo,<br />

accompagna gli operatori sanitari, allorquando<br />

si propongono momenti di consenso aventi per<br />

obiettivo strategie di prevenzione per la BPCO.<br />

Esiste il falso convincimento che la patologia bronchiale<br />

sia in buona parte una condizione auto-inflitta,su<br />

cui sia difficile intervenire proprio in quanto<br />

il paziente risulterebbe il principale e consapevole<br />

protagonista del proprio danno.<br />

Pur nel convincimento che il fumo di tabacco non<br />

costituisca l’unico fattore di rischio coinvolto nella<br />

patogenesi della BPCO 3 , esso stesso, indubbiamente,<br />

risulta quello meglio studiato e rappresenta,<br />

insieme all’inquinamento ambientale e lavorativo,<br />

un set di facile riscontro e acquisizione per il<br />

MMG.<br />

Le incertezze che traspaiono dalle evidenze scientifiche<br />

circa il ruolo dei vari fattori di rischio e/o<br />

la loro possibile combinazione nell’innesco del danno<br />

bronchiale devono tradursi in atti di concretezza,<br />

attuando strategie e interventi mirati se non altro<br />

verso quelle condizioni note, sulle quali è possibile<br />

proporre e apportare modifiche:<br />

● igiene ambientale;<br />

● interventi sullo stile di vita;<br />

● osservazione/prevenzione generica su possibili<br />

patologie broncopolmonari;<br />

● interventi sullo stato socioeconomico.<br />

102


5. RUOLO DEL MEDICO DI MEDICINA GENERALE NELLA GESTIONE DELLA BPCO<br />

Popolazione generale<br />

Dati (MMG)<br />

Tabella 5.1<br />

Indicatori chiave per la diagnosi di BPCO<br />

Anamnesi positiva per esposizione a fattori di rischio<br />

Tosse cronica<br />

Produzione di escreato<br />

Dispnea da sforzo e/o a riposo<br />

VEMS/CV% predetto<br />

Analisi e catalogazione<br />

Stima e predisposizione<br />

interventi<br />

Figura 5.1<br />

Modello gestionale della maggior parte delle <strong>malattie</strong> ad alto impatto<br />

sanitario e sociale.<br />

Sempre più spesso il MMG viene posto al “centro”<br />

del processo assistenziale proprio in quanto ritenuto<br />

unico depositario della globalità psico-socio-sanitaria<br />

dei propri assistiti.<br />

È tempo che la medicina generale dimostri consapevolezza,<br />

relativamente a tale posizione di centralità<br />

nel sistema di cure, predisponendo modelli di<br />

acquisizione e gestione di dati strutturati secondo<br />

criteri di alta scientificità e quindi di notevole valore<br />

epidemiologico e strategico 4 .<br />

Una sequenza logica e,nel contempo,semplice quale<br />

quella proposta nella figura 5.1 può costituire un<br />

modello gestionale generico e quindi proponibile,<br />

in linea generale, alla maggior parte delle <strong>malattie</strong><br />

oggi ritenute ad alto impatto sanitario e sociale.<br />

I dati inerenti la BPCO, di facile acquisizione da<br />

parte del MMG,selezionati secondo criteri sui quali<br />

esiste consenso, pur non costituendo elementi patognomonici<br />

esclusivi, rappresentano indicatori di<br />

probabilità tanto più verosimili quanto più coesistenti<br />

nello stesso individuo.<br />

L’approccio al problema, in accordo con gli indicatori<br />

espressi nella tabella 5.1,presuppone una preliminare<br />

acquisizione dei dati su cui intervenire,anche<br />

in momenti diversi da quelli dedicati alla visita<br />

medica (gestione degli archivi per una medicina<br />

d’iniziativa), ferma restando la validità degli stessi<br />

indicatori, in occasione di rapporto diretto con il<br />

paziente (medicina di opportunità).<br />

L’elemento chiave responsabile della difficoltà di<br />

approccio, soprattutto al paziente a rischio, sembra<br />

essere, da un lato, la mancanza di dati specifici scrupolosamente<br />

archiviati, relativi a ogni paziente e,<br />

dall’altro, una certa “disattenzione” agli indicatori di<br />

rischio anche allorquando essi stessi appaiono evidenti<br />

in corso di contatto medico (anche per altre<br />

cause).<br />

Esiste una carenza formativa specifica, relativamente<br />

all’osservazione, all’analisi e all’approccio al problema.<br />

Per contro, il bagaglio culturale inerente la<br />

BPCO, in tutte le sue sfaccettature (eziopatogenesi,<br />

fisiopatologia, terapia) sembra sufficientemente<br />

distribuito e acquisito dalla classe medica.<br />

Si verifica, di fatto, una discrepanza fra lo stato delle<br />

conoscenze e quello delle competenze, una grossa<br />

difficoltà affinché lo stato delle conoscenze possa<br />

trovare concreta opportunità di applicazione nella<br />

pratica clinica quotidiana.<br />

La gestione del “problema BPCO”, soprattutto riferita<br />

agli “stadi preclinici”, presuppone, per il medico,<br />

alcune condizioni di base essenziali (tabella<br />

5.2).<br />

La motivazione nasce dal convincimento del forte<br />

impatto sanitario e sociale della malattia, oltre<br />

che dalla fiducia riposta nel proprio operato e dalla<br />

consapevolezza delle ricadute positive di ogni<br />

intervento.<br />

Tali presupposti sono destinati a maturare e rinforzarsi,<br />

in ragione del livello di formazione specifica<br />

cui il medico spontaneamente accede. Molti medici,<br />

infatti, dichiarano scarsa fiducia nell’efficacia<br />

dei propri interventi sia per mancanza di tempo, di<br />

formazione specifica (che fra l’altro li rende ignari<br />

circa la potenzialità educazionale insita nel proprio<br />

Tabella 5.2<br />

Condizioni di base essenziali per il medico nella<br />

gestione del “problema BPCO”<br />

Motivazione<br />

Formazione specifica<br />

Disponibilità di tempo<br />

Pianificazione di una serie di interventi<br />

Strumenti per migliorarne l’efficacia<br />

Strumenti di valutazione<br />

103


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />

●<br />

ruolo),di strumenti specifici atti a migliorare la qualità<br />

dell’intervento e quindi l’efficacia dello stesso.<br />

L’arte del counselling, per esempio, non può essere<br />

paragonata ad alcuna altra performance basata sull’improvvisazione,<br />

su presunte capacità relazionali<br />

personali, su tentativi educazionali fondati sul terrore<br />

della malattia.<br />

Indurre cambiamenti comportamentali così delicati<br />

e quindi difficili è più spesso il risultato di una<br />

lenta e costante opera di convincimento (counselling),<br />

un percorso che dal dubbio→resistenza→<br />

scetticismo passa progressivamente attraverso stadi<br />

di consapevolezza→necessità→fiducia.<br />

Molti medici, inoltre, fumano anche in presenza dei<br />

pazienti, perciò la loro immagine professionale è<br />

poco credibile in un contesto educazionale finalizzato<br />

all’abolizione del fumo.<br />

Alcuni dati certi, sui quali è necessario riflettere,<br />

anche nel senso di una sicura base statistica utile<br />

per proposte operative, sono:<br />

● l’interruzione dell’abitudine tabagica, in molte<br />

persone, rappresenta l’unica reale soluzione per<br />

prevenire o ridurre il rischio di sviluppare una<br />

BPCO ovvero arrestarne o ritardarne la progressione<br />

(Evidenza A);<br />

● una stragrande maggioranza di fumatori desidera<br />

smettere, mentre solo un terzo di essi ha effettivamente<br />

provato a smettere e fra questi esiste<br />

un’alta percentuale di ricaduta;<br />

● anche brevi periodi di counselling finalizzati all’interruzione<br />

dell’abitudine tabagica esitano in<br />

risultati positivi in percentuali non trascurabili<br />

(5-10%) e le percentuali aumentano per periodi<br />

più lunghi e, ancor di più, fino al 30% se accompagnati<br />

(ove possibile) a trattamento farmacologico<br />

aggiuntivo e supporto psicologico;<br />

l’astensione tabagica porta comunque a benefici,<br />

proporzionalmente al tempo di sospensione<br />

del fumo, per cui i tentativi di counselling antifumo<br />

andrebbero sempre attivati.<br />

La figura 5.2, noto diagramma di Fletcher e Peto 5 ,<br />

esprime il rapporto esistente fra esposizione al fumo<br />

e aspettative di vita in alcuni soggetti fumatori<br />

sottoposti a periodici controlli.<br />

Un ruolo dunque, quello del MMG, che può pertanto<br />

meritare una posizione di centralità solo allorquando<br />

siano soddisfatti alcuni criteri essenziali.<br />

Il MMG deve essere un attento osservatore epidemiologico,<br />

e ciò a conferma di un ruolo strategico<br />

che, per la sua capillare distribuzione, difficilmente<br />

risulta attribuibile ad altri professionisti.Tale<br />

ruolo deve rappresentare il risultato di percorsi formativi<br />

specifici atti a potenziare le capacità osservazionali,<br />

di acquisizione dati e di utilizzo degli stessi<br />

secondo percorsi scientificamente validati (linee<br />

guida) e pertanto di sicura efficacia.<br />

Anche il fattore “tempo” risulta elemento fondamentale<br />

proprio in quanto appare evidente come<br />

“tempi dedicati” siano indispensabili per gestire percorsi<br />

assistenziali particolarmente impegnativi.Momenti<br />

di counselling non possono far parte della frenetica<br />

attività quotidiana.<br />

Interventi e strumenti per produrre e valutare l’efficacia<br />

della propria performance si identificano essenzialmente<br />

nell’utilizzo di strumenti informatici<br />

che, a seguito di una corretta acquisizione dei dati,<br />

consentano:<br />

FEV 1 (% valore iniziale)<br />

100<br />

Non fumatori<br />

Fumatori poco<br />

suscettibili ai danni<br />

75<br />

Fumatori<br />

suscettibili<br />

ai danni<br />

Sospensione<br />

del fumo<br />

50<br />

Disabilità<br />

Sospensione<br />

del fumo<br />

Figura 5.2<br />

Diagramma di Fletcher e Peto che esprime<br />

il rapporto esistente fra esposizione<br />

al fumo e aspettative di vita in alcuni<br />

soggetti fumatori sottoposti a periodici<br />

controlli.<br />

25<br />

Morte<br />

0<br />

25 50<br />

75 Età (anni)<br />

104


5. RUOLO DEL MEDICO DI MEDICINA GENERALE NELLA GESTIONE DELLA BPCO<br />

●<br />

●<br />

●<br />

●<br />

●<br />

l’interrogazione degli archivi sulla base delle codifiche<br />

ICD IX relative a patologia bronchiale;<br />

il confronto dei valori di prevalenza rispetto a<br />

quelli attesi, provenienti dalla letteratura internazionale<br />

e nazionale;<br />

la verifica dell’applicazione dei protocolli diagnostici<br />

previsti (per esempio, quanti pazienti<br />

diagnosticati BPCO hanno effettuato un esame<br />

spirometrico);<br />

la verifica dell’applicazione dei protocolli terapeutici<br />

e della compliance (per esempio,quanti pazienti<br />

diagnosticati BPCO sono in trattamento<br />

continuativo secondo le linee guida);<br />

la verifica dei risultati, quali per esempio il miglioramento<br />

o la stabilizzazione del FEV 1 ovvero<br />

il numero di accessi al pronto soccorso, a ricoveri,<br />

numero ed entità delle riacutizzazioni, il<br />

ricorso a specialisti.<br />

Pertanto, solo in un contesto di profondo rimodellamento<br />

dell’organizzazione dello studio possono<br />

finalmente essere attribuiti al MMG ruoli di efficace<br />

filtro per intercettare molte patologie tutt’oggi<br />

ancora sottodiagnosticate.<br />

Su tali basi appare più verosimile avvicinarsi alla delicata<br />

fase di approccio al paziente a rischio, ovvero<br />

già BPCO, avanzando un’ipotesi diagnostica e<br />

cercando di soddisfare tutti i criteri necessari (peraltro<br />

contemplati nelle linee guida), sia per formulare<br />

una corretta diagnosi, sia per collocare il paziente<br />

nel relativo stadio di malattia.<br />

La conoscenza dei fattori di rischio, della patogenesi<br />

e della fisiopatologia della BPCO avrebbero poco<br />

valore, se non trovassero riscontro pratico nella possibilità<br />

di attribuire un livello di gravità alla malattia<br />

secondo i criteri concordati nell’ambito delle Linee<br />

Guida Europee 2 , esenti dai limiti delle Linee Guida<br />

GOLD 1-6-7 ,consentendo ai medici di approcciare alla<br />

stessa con strategie d’intervento congrue.<br />

Diagnosticare un paziente utilizzando solo il termine<br />

“BPCO” equivale ad attribuirgli una condizione<br />

patologica incompleta, come significato clinico,<br />

con il grosso limite di non tenere in giusta<br />

considerazione il quadro funzionale in cui tale malattia<br />

si presenta e precludendo, pertanto, non solo<br />

l’opportunità di interventi mirati quant’anche quella<br />

di esprimere un giudizio prognostico affidabile.<br />

È noto, infatti, come la presenza di tosse cronica ed<br />

espettorazione non sempre coincidano con uno stato<br />

di cronica bronco-ostruzione.<br />

In tali casi,sempre valutando il contesto clinico globale<br />

del paziente e la presenza di uno o più indicatori<br />

di rischio, così come eventuali comorbilità,<br />

risulta sempre opportuna una valutazione spirometrica,<br />

tanto più utile quanto più precoce.<br />

Le esperienze cliniche hanno messo infatti in rilievo<br />

come sia di enorme importanza una diagnosi<br />

precoce proprio in quanto l’atteggiamento terapeutico<br />

cambia profondamente offrendo prospettive<br />

prognostiche completamente diverse.<br />

Gestire un paziente nei primi stadi (riuscendo in<br />

particolare ad allontanarlo dai fattori di rischio)<br />

può comportare una restitutio ad integrum che può<br />

giungere al ripristino di condizioni molto vicine<br />

alla normalità, riallineando cioè il margine di rischio<br />

a quello della popolazione generale a parità<br />

di sesso, età ecc.<br />

La valutazione spirometrica rappresenta il gold standard<br />

diagnostico proprio in quanto consente il riscontro<br />

dell’ostruzione bronchiale (deficit ventilatorio<br />

in fase espiratoria), della sua entità, nonché della sede<br />

di prevalenza (FEF 25-50-75).<br />

Oltre al notevole valore diagnostico, la spirometria<br />

rappresenta lo strumento ideale per il monitoraggio<br />

della malattia, eventualmente confortata, negli<br />

stadi più avanzati, da emogasanalisi (EGA), elettrocardiogramma,<br />

Rx torace.<br />

È tempo che la medicina generale, come anche altri<br />

ambienti specialistici, sulla scorta delle evidenze<br />

su descritte, ricorrano con maggiore frequenza a<br />

tale procedura diagnostica, riconoscendole la giusta<br />

importanza tra le procedure diagnostiche di<br />

quotidiano utilizzo.<br />

Circa la possibilità di effettuare l’esame spirometrico<br />

direttamente presso l’ambulatorio di medicina<br />

generale, attualmente non esistono prove concrete<br />

di fattibilità e attendibilità.<br />

Esistono MMG opportunamente formati e con<br />

un’organizzazione di studio in grado di consentire<br />

tale attività: essi andrebbero opportunamente incentivati,<br />

anche al fine di costruire un modello pilota,<br />

esportabile nell’ambito delle attività di screening<br />

dei soggetti a rischio.<br />

Il “management della BPCO” dovrebbe dunque essere<br />

inteso, alla stregua di altre patologie croniche,<br />

come un “percorso assistenziale complesso” nella<br />

cui dinamica intervengono diversi protagonisti di<br />

volta in volta necessari per ruolo specifico 8,9 .<br />

La definizione di compiti e ruoli rappresenta la base<br />

operativa che caratterizza l’interdisciplinarità, la<br />

complementarietà, la non sovrapposizione o duplicazione<br />

di interventi.<br />

Il ruolo del MMG, in tal senso insostituibile, si<br />

estrinseca al meglio nelle fasi di individuazione dei<br />

105


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />

Individuazione<br />

Follow-up<br />

Diagnosi - Stadiazione<br />

Terapia<br />

Figura 5.3<br />

Modalità d’intervento tempestivo.<br />

Counselling – Sostegno psicologico<br />

soggetti a rischio, nel counselling e nel supporto psicofarmacologico<br />

durante le fasi di astensione dal<br />

fumo così come nella verifica della compliance del<br />

paziente ai programmi terapeutici proposti.<br />

Le competenze della medicina generale per il vero<br />

risultano trasversalmente più estese a tutti gli stadi<br />

della malattia, offrendosi quale osservatorio privilegiato<br />

lungo tutto il lento decorso della malattia.<br />

Intervenire tempestivamente su segnali di aggravamento<br />

o di riacutizzazione può contribuire a prevenire<br />

le stesse o comunque ad attenuarne l’impatto<br />

in caso di ricovero (figura 5.3).<br />

Mantenere contatti con l’équipe pneumologica garantisce<br />

al paziente una “dimissione protetta” e una<br />

reale integrazione assistenziale 10 , interagendo su un<br />

piano di trattamento discusso e condiviso sia in termini<br />

qualitativi sia riguardo i criteri di concreta fattibilità<br />

domiciliare.<br />

BIBLIOGRAFIA<br />

<strong>1.</strong> Global Iniziative for Chronic Obstructive Lung Disease<br />

(GOLD): A collaborative project of the National<br />

Health and Blood Institute, NHI And the<br />

World Health Organizzation.<br />

2. ERS:Consensus Statement:Optimal assessment and<br />

management of chronic obstructive pulmonary disease<br />

(COPD). Eur Respir J 1995; 8:1398-1420.<br />

3. Buist AS e Wollmer WM: Smoking and other risk<br />

factors. In Murray JF, Nadel JA (Eds): Textbook of<br />

Respiratory Medicine. B Philadelphia: WB Saunders<br />

Co, 1994.<br />

4. Van den Boom G, van Schayck CP, van Mollen MP<br />

et al: Active detection of chronic obstructive pulmonary<br />

disease and asthma in the general population.<br />

Results and economic consequences of the<br />

DIMCA program. Am J Respir Crit Care Med<br />

1998; 158:1730-1738.<br />

5. Fletcher C e Peto R:The natural history of chronic<br />

airflow obstruction. Br Med J 1977; 1:1645-1648.<br />

6. Hardie JA,Buist AS,Vollmer WM et al:Risk of overdiagnosis<br />

of COPD in asymptomatic elderly neversmokers.<br />

Eur Respir J 2002; 20:1117-1122.<br />

7. Vestbo J e Lange P: Can GOLD Stage O provide<br />

information of prognostic value in chronic obstructive<br />

pulmonary disese Am J Respir Crit Care<br />

Med 2002; 166:329-332.<br />

8. American Thoracic Society: Standards for the diagnosis<br />

and care of patients with chronic obstructive<br />

pulmonary disease.Am J Respir Crit Care Med 1995.<br />

9. Disease Management Pacini editore 2001 “La Broncopneumopatia<br />

Cronica Ostruttiva”. Bettoncelli G,<br />

Corbetta L.<br />

10. Solfrini V, Altini M et al: La gestione della BPCO:<br />

un modello organizzativo di integrazione ospedaleterritorio.<br />

Ricerca e Sanità 2000; 1:3.<br />

Il disease management della BPCO<br />

Saffi-Ettore Giustini<br />

Gli obiettivi possibili per il MMG sono 1 :<br />

● aumentare il numero dei pazienti che cessano di<br />

fumare;<br />

● diminuire il numero di quanti iniziano;<br />

● ridurre la dipendenza;<br />

● diminuire le ricadute.<br />

L’obiettivo ideale per ogni MMG è certamente la<br />

prevenzione della malattia e del suo evolversi, ma<br />

nelle fasi di malattia conclamata compito del MMG<br />

è di integrare i propri sforzi con lo/gli specialista/i,<br />

allo scopo di rallentare la progressione dell’insufficienza<br />

respiratoria 2,3 .<br />

106


5. RUOLO DEL MEDICO DI MEDICINA GENERALE NELLA GESTIONE DELLA BPCO<br />

Dobbiamo tenere presente che spesso il MMG deve<br />

trattare un paziente con BPCO affetto da altre<br />

patologie e questo pone il problema di un’accurata<br />

selezione del regime terapeutico da instaurare o<br />

da mantenere.<br />

Una gestione integrata che sia efficace per il paziente<br />

con BPCO ha alcuni obiettivi, fra i quali:<br />

● prevenzione dell’evoluzione;<br />

● miglioramento della sintomatologia;<br />

● mantenimento della tolleranza allo sforzo;<br />

● miglioramento della qualità di vita;<br />

● prevenzione e trattamento delle complicanze;<br />

● prevenzione e trattamento delle riacutizzazioni.<br />

LA “GESTIONE INTEGRATA”<br />

In un moderno approccio al paziente è necessario<br />

un cambiamento culturale dei rapporti fra medico<br />

di famiglia e specialista, visto nella sua “qualità” di<br />

consulente.<br />

Una gestione integrata non dovrà, infatti, essere basata<br />

sul solo aspetto diagnostico terapeutico, ma dovrà<br />

essere completata da un’opera comune di informazione-formazione<br />

dei pazienti e più in generale<br />

della collettività nel suo complesso che sia<br />

“uniforme nel contenuto dei messaggi”. Dovrà tenere<br />

conto di un necessario monitoraggio periodico<br />

della popolazione a rischio, per consentire un<br />

miglior controllo della malattia stessa e un’efficace<br />

opera di prevenzione 4 .<br />

Una gestione integrata produrrà non solo un miglioramento<br />

complessivo della qualità dei servizi,<br />

ma anche una razionalizzazione della spesa complessiva<br />

con l’attribuzione di ogni singolo intervento<br />

al MMG o allo specialista, evitando la duplicazione<br />

degli interventi o la scelta di interventi<br />

di scarsa efficacia.<br />

Il concetto di “disease management” si basa sulla considerazione<br />

che i pazienti sono persone e l’assetto<br />

organizzativo è focalizzato nella domanda: il cittadino<br />

e i suoi bisogni al centro di tutto il sistema<br />

delle “cure”.<br />

Un processo tradizionale di gestione delle <strong>malattie</strong><br />

implica che per la stessa patologia il paziente si debba<br />

rivolgere a diverse componenti del sistema assistenziale<br />

ricevendo singoli interventi in modo<br />

frammentato.<br />

Il disease management costituisce invece una metodologia<br />

finalizzata alla gestione dell’intero percorso in<br />

cui si sviluppa una malattia e rivolta quindi a: prevenire,<br />

diagnosticare, curare la malattia e riabilitare il<br />

malato; migliorare la qualità delle cure erogate; migliorare<br />

la qualità della vita del paziente; ridurre il livello<br />

complessivo dei costi dell’intervento sanitario 5 .<br />

Secondo un’accettata definizione il disease management<br />

è:<br />

●<br />

●<br />

●<br />

●<br />

●<br />

●<br />

“un sistema rivolto alla tutela della salute…” (in<br />

termini di prevenzione, diagnosi, cura, riabilitazione);<br />

“…integrato, che necessita di cooperazione e il<br />

coordinamento tra i diversi protagonisti del continuum<br />

salute-malattia”…;<br />

“…fondato sulla raccolta, condivisione e applicazione<br />

di informazioni…”;<br />

“…con l’obiettivo finale di migliorare la qualità<br />

delle cure…”;<br />

“… e con l’obiettivo finale di ridurre i costi…”;<br />

“…per una specifica patologia”.<br />

INTEGRAZIONE<br />

DELLE DIVERSE STRUTTURE<br />

E DEI DIVERSI SERVIZI<br />

Una delle caratteristiche fondamentali del disease<br />

management consiste quindi nella necessità di integrare<br />

l’attività delle diverse strutture e dei diversi<br />

servizi. Questo processo consiste nell’identificazione<br />

del contributo di ciascuna componente del servizio<br />

sanitario (shared care o cura condivisa).<br />

L’eliminazione dei procedimenti non necessari (per<br />

esempio dei doppioni di cura) può contribuire a:<br />

● migliorare la qualità della vita del paziente;<br />

● migliorare il contenimento dei costi.<br />

CONDIVISIONE<br />

DELLE INFORMAZIONI<br />

TRA I VARI ATTORI<br />

Elemento di base del disease management è la conoscenza<br />

della storia naturale della malattia, al fine<br />

di considerare la possibilità di misurarne il decorso<br />

in senso favorevole con interventi di tipo preventivo,<br />

diagnostico, terapeutico e riabilitativo.<br />

Un sistema informativo sanitario rappresenta un insieme<br />

di processi e tecnologie che dovrebbero connettere<br />

tutti gli attori coinvolti nella catena di erogazione<br />

di prestazioni sanitarie.<br />

Tuttavia oggi, purtroppo, questo non accade o è<br />

molto raro.<br />

107


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />

Un sistema informativo trasversale ai fornitori di<br />

servizi e ai gestori della tutela della salute e che leghi<br />

tutti i punti di accesso alla fruizione dei servizi<br />

costituirebbe uno strumento indispensabile per<br />

la definizione e per il perfezionamento delle linee<br />

guida che sono alla base dei percorsi assistenziali di<br />

prevenzione, diagnosi e terapia.<br />

In tal senso sono importanti dimensioni della valutazione<br />

dei processi impiegati nel disease management:<br />

●<br />

●<br />

●<br />

●<br />

la valutazione dei risultati degli interventi sanitari<br />

ottenuta attraverso indicatori;<br />

le misure farmacoeconomiche;<br />

le informazioni tratte dalla farmacoepidemiologia;<br />

le informazioni che ci provengono dall’epidemiologia.<br />

Le informazioni devono essere inoltre condivise da<br />

parte di tutti gli attori del processo assistenziale in<br />

quanto tutti hanno necessità di conoscere ciò che<br />

accade e di sentirsi coinvolti nel perseguimento degli<br />

stessi obiettivi di salute.<br />

Gli attori sono: i pazienti; gli acquirenti dei servizi<br />

(organizzazioni sanitarie pubbliche o private); i<br />

fornitori dei servizi o providers (medici, paramedici,<br />

personale di supporto).<br />

BENEFICI CLINICI<br />

E ORGANIZZATIVI DI UN<br />

PERCORSO ASSISTENZIALE<br />

DIAGNOSTICO E TERAPEUTICO<br />

●<br />

●<br />

●<br />

●<br />

●<br />

●<br />

●<br />

●<br />

●<br />

●<br />

Riduzione della variabilità nella pratica sanitaria.<br />

Aumento della comunicazione e della collaborazione<br />

tra gli operatori.<br />

Eliminazione dei punti di frammentazione del<br />

sistema assistenziale.<br />

Riduzione di duplicazioni diagnostiche.<br />

Minori complicazioni.<br />

Riduzione della degenza ospedaliera.<br />

Migliore controllo del rischio clinico.<br />

Maggiore appropriatezza dei trattamenti.<br />

Maggiore comprensione e soddisfazione del malato.<br />

Maggiore recupero dell’autonomia del paziente.<br />

La tabella 5.3 illustra in maniera sintetica le fasi e<br />

gli indicatori di processo che possono essere messi<br />

in atto per monitorare il miglioramento dei benefici<br />

di un percorso assistenziale 5 , questo alla luce<br />

anche dell’articolo 72 del nostro contratto di lavoro<br />

(Battagia, Giustini 2000) sinteticamente riportato<br />

nella tabella 5.4.<br />

RUOLO DEL MMG<br />

Può svolgere attività di educazione sanitaria sulla<br />

popolazione generale nei confronti dei fattori di rischio<br />

soprattutto dell’abitudine tabagica e dell’inquinamento<br />

ambientale.<br />

Può individuare nella propria popolazione assistita<br />

i pazienti fumatori: attraverso la cartella clinica<br />

informatizzata orientata per problemi; il MMG è<br />

in grado di stabilire il “peso” dei suoi assistiti fumatori,<br />

dei fumatori con segni e sintomi iniziali di<br />

bronchite cronica, dei fumatori con comorbidità.<br />

È in grado di attuare, nei riguardi dei suddetti fumatori,<br />

opera di counselling, di informazione e, se lo<br />

ritiene necessario, di trattamento farmacologico individuale,<br />

al fine di promuovere nei medesimi la<br />

cessazione dal fumo.<br />

È in grado di mettere in atto un follow-up delle azioni<br />

individuali intraprese e individua i pazienti “nonresponders”a<br />

questo tipo di approccio 4 .<br />

Da un punto di vista clinico il MMG:<br />

●<br />

●<br />

●<br />

●<br />

●<br />

●<br />

●<br />

●<br />

●<br />

formula il sospetto diagnostico di BPCO;<br />

effettua un corretto inquadramento diagnostico<br />

con l’ausilio dello specialista pneumologo;<br />

valuta il livello di gravità di BPCO con l’ausilio<br />

dello specialista pneumologo;<br />

imposta una corretta terapia, tenendo conto della<br />

complessità del paziente e dei punti di forza<br />

e di debolezza forniti dalla famiglia;<br />

sorveglia gli effetti collaterali della terapia specifica<br />

e le interferenze con altre eventuali terapie<br />

in corso;<br />

educa il paziente alla corretta tecnica inalatoria;<br />

educa il paziente alla registrazione dei sintomi;<br />

enfatizza la necessità di eseguire periodici controlli;<br />

attiva la consulenza dello specialista in casi particolari<br />

e concordati 4 .<br />

STRUMENTI DI GESTIONE<br />

Un progetto di medicina d’iniziativa 6 rivolto alla<br />

gestione del paziente “con malattia infiammatoria<br />

cronica broncostruttiva”, attraverso una collabora-<br />

108


5. RUOLO DEL MEDICO DI MEDICINA GENERALE NELLA GESTIONE DELLA BPCO<br />

Tabella 5.3<br />

Indicatori di processo riferiti al bacino di utenza di un MMG o di un gruppo di MMG sul quale si intende applicare un sistema<br />

di budget per patologia BPCO 5<br />

Fase<br />

Appropriatezza delle<br />

procedure diagnostiche<br />

Appropriatezza della<br />

terapia farmacologica<br />

Appropriatezza del<br />

ricorso in ospedale<br />

Criterio<br />

Indicatore<br />

(x 100)<br />

Standard (Budget come “Percorso<br />

Assistenziale”)<br />

Prevalenza della BPCO N. malati BPCO/n. assistibili Prevalenza della BPCO nel territorio<br />

Percentuale dei malati BPCO<br />

sottoposti a una “x” indagine<br />

(per esempio, PFR)<br />

Percentuale dei malati BPCO<br />

trattati<br />

Percentuale dei malati BPCO<br />

in monoterapia (per esempio,<br />

broncodilatatori)<br />

Percentuale dei malati BPCO<br />

trattati con una determinata<br />

classe di farmaci (per<br />

esempio, anticolinergici)<br />

Percentuale dei malati BPCO<br />

trattati con un determinato<br />

farmaco<br />

Stima della compliance per<br />

un determinato farmaco<br />

Percentuale della spesa per la<br />

BPCO destinata ai ricoveri<br />

N. malati BPCO sottoposti a<br />

“x” indagine/n. malati<br />

N. malati BPCO trattati/n.<br />

malati BPCO<br />

N. malati trattati in<br />

monoterapia BPCO/n. malati<br />

N. malati BPCO trattati con<br />

“quella classe di farmaci”/n.<br />

malati<br />

N. malati BPCO trattati con<br />

“quel farmaco”/n. malati<br />

N. DDD prescritte in un anno<br />

di un determinato farmaco/n.<br />

malati BPCO trattati in un<br />

anno con quel farmaco<br />

Valorizzazione dei DRG<br />

consumati per BPCO in un<br />

anno/spesa globale per la<br />

BPCO in un anno<br />

LG per la gestione della BPCO (%<br />

attesa dei malati da sottoporre a “x”<br />

indagine)<br />

LG per la gestione della BPCO (%<br />

attesa dei malati da trattare<br />

farmacologicamente)<br />

LG per la gestione della BPCO (%<br />

attesa dei malati da trattare in<br />

monoterapia)<br />

LG per la gestione della BPCO (%<br />

attesa dei malati da trattare con<br />

quella classe di farmaci)<br />

LG per la gestione della BPCO (%<br />

attesa dei malati da trattare con quel<br />

farmaco)<br />

LG per la gestione della BPCO (tipo<br />

di trattamento atteso per quel<br />

farmaco)<br />

LG per la gestione della BPCO<br />

(numero e tipologia dei ricoveri<br />

attesi in un anno per la malattia in<br />

esame e per le sue complicanze)<br />

Appropriatezza nell’uso<br />

complessivo di risorse<br />

finanziarie<br />

Spesa annuale per ogni<br />

paziente affetto dalla BPCO<br />

in esame nell’ambito del<br />

bacino d’utenza indagato<br />

Spesa globale annuale per la<br />

BPCO nel bacino d’utenza/n.<br />

assistiti affetti dalla BPCO nel<br />

bacino d’utenza indagato<br />

LG per la gestione della BPCO (spesa<br />

globale attesa per ogni paziente<br />

affetto dalla BPCO per<br />

a) Accertamenti<br />

b) Assistenza farmaceutica<br />

c) Assistenza ospedaliera<br />

d) Assistenza riabilitativa)<br />

zione attiva fra medici generali e personale specialistico<br />

delle UO di Pneumologia o dei Servizi di<br />

Fisiopatologia Respiratoria, e dei Distretti Sociosanitari,<br />

si avvale della promozione di alcuni strumenti,<br />

fra i quali:<br />

●<br />

●<br />

●<br />

●<br />

●<br />

●<br />

la raccolta dati sulla malattia e il suo decorso;<br />

la raccolta dati finalizzata alla valutazione degli<br />

esiti clinici (= efficacia) e organizzativi (= efficienza)<br />

di ogni intervento effettuato;<br />

la sensibilizzazione alla cogestione del paziente;<br />

l’interazione fra medici generali e specialista, con<br />

uniformità nell’attività di consulenza;<br />

il miglioramento dell’utilizzo della diagnostica<br />

funzionale;<br />

il miglioramento di terapie appropriate;<br />

●<br />

●<br />

la prevenzione dei ricoveri e delle urgenze;<br />

la diminuzione delle assenze lavorative (migliore<br />

qualità della vita).<br />

Tutto quanto riportato sinteticamente nelle pagine<br />

precedenti comporta dei benefici (tabella 5.5).<br />

È ipotizzabile che un accordo forte fra medici generali<br />

e specialisti-consulenti, al fine di ridurre il<br />

più possibile le prestazioni inefficaci, sia una strada<br />

percorribile e da sperimentare, responsabilizzando<br />

anche questi colleghi all’uso delle risorse nel suo<br />

complesso. Questo richiede una formazione continua,<br />

tesa alla valutazione degli esiti e un aggiornamento<br />

delle conoscenze che deve essere incentivato<br />

adeguatamente 6 .<br />

109


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />

Tabella 5.4<br />

Definizione<br />

Articolo 72 ACN 2000: livelli di spesa programmati<br />

Obiettivi da raggiungere secondo scaglionamenti e percorsi condivisi e concordati con l’azienda e/o distretto e<br />

OOSS... facenti parte di un dettagliato progetto complessivo che costituisce il supporto tecnico-operativo del<br />

livello programmato di spesa … sono sempre correlati a specifici obiettivi e programmi di attività mirati a<br />

perseguire l’appropriatezza e la razionalizzazione dell’impiego delle risorse<br />

Gradi<br />

Il progetto interessa...<br />

I<br />

Microattività clinico/gestionali distrettuali<br />

II<br />

Macroattività clinico/gestionali distrettuali<br />

III<br />

Aree di attività clinico/gestionali aziendali<br />

Criteri <strong>1.</strong> Spesa storica Indotta direttamente dai MMG<br />

Indotta indirettamente da altri professionisti<br />

2. Analisi della popolazione di riferimento<br />

3. Analisi delle condizioni sociomorfologiche del territorio<br />

4. Analisi della disponibilità di beni e servizi necessari allo sviluppo del progetto<br />

5. Analisi dei costi indipendenti dalle decisioni dei MMG<br />

6. Adeguato scaglionamento degli obiettivi intermedi nel percorso di avvicinamento all’obiettivo finale<br />

7. Eventuali ulteriori disposizioni previste dagli accordi regionali e aziendali<br />

INDICAZIONI PER IL<br />

CONSULTO DELLO SPECIALISTA<br />

Per il MMG avere l’opinione dello specialista può<br />

essere utile in qualsiasi stadio della malattia. Il ricorso<br />

alla consulenza dello specialista può essere indicato<br />

per stabilire la diagnosi,per cercare altre eziologie,<br />

per rassicurare il paziente e/o la famiglia, per<br />

portarlo alla cessazione del fumo, per inquadrare il<br />

trattamento, per ottimizzare la terapia nelle forme<br />

gravi di BPCO 4 .<br />

Il ricorso alla consulenza può quindi essere indicato:<br />

● per confermare la diagnosi, escludere altre eziologie,<br />

sintomi, complicazioni per ottimizzare la<br />

terapia;<br />

Tabella 5.5<br />

Benefici di un sistema integrato di cure<br />

Benefici per i medici generali<br />

Migliore immagine professionale<br />

Possibilità d’inserimento del progetto nell’area contrattuale dell’accordo aziendale locale e quindi possibilità di disporre di incentivi<br />

Possibilità di dialogo con la direzione aziendale sulla base dei dati/esiti<br />

Gestione della propria attività di lavoro per obiettivi<br />

Imparare a lavorare “insieme”<br />

Apprendere un modello di disease management di una patologia cronica e della relativa metodologia d’approccio (esportabile per<br />

altre patologie croniche).<br />

Benefici per specialisti<br />

Migliore selezione dei pazienti<br />

Migliore comunicazione con i medici generali<br />

Possibilità di coordinamento della continuità di cura, limitando gli episodi acuti<br />

Benefici per medici di comunità e di distretto<br />

Conoscere quante risorse assorbe una patologia cronica come la BPCO<br />

Finanziare con dati certi il distretto<br />

Integrarsi con uno o più gruppi di medici generali e specialisti<br />

110


5. RUOLO DEL MEDICO DI MEDICINA GENERALE NELLA GESTIONE DELLA BPCO<br />

●<br />

●<br />

●<br />

●<br />

●<br />

●<br />

●<br />

●<br />

●<br />

●<br />

●<br />

valutare il livello di gravità di BPCO;<br />

per i pazienti con storia di fumo


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />

le la comparsa delle condizioni che obbligano al ricovero<br />

ospedaliero (ma anche di non ritardare il ricovero<br />

di quanti ne necessitano) e di attivare una<br />

particolare sorveglianza sui pazienti dimessi.<br />

Malgrado circa il 50% delle riacutizzazioni di BPCO<br />

sembra non giunga all’osservazione del medico 2 ,<br />

è frequente che il contatto tra MMG e paziente<br />

BPCO avvenga proprio in occasione di una riacutizzazione.<br />

Questo accade perché è ancora molto<br />

diffuso, se non prevalente, un atteggiamento di “attesa”<br />

nei confronti di questo paziente, piuttosto che<br />

di anticipazione diagnostica. Accade così molto<br />

spesso che, ignorando la diagnosi della malattia di<br />

base, il medico sia indotto a trattare il paziente come<br />

un qualsiasi altro soggetto affetto da un’affezione<br />

acuta delle vie aeree. Per contro, gli episodi<br />

di riacutizzazione potrebbero essere visti non solo<br />

come momento di aggravamento o di rischio per<br />

il paziente, ma anche come un’opportunità per il<br />

recupero di un corretto inquadramento diagnostico.<br />

Nella formazione culturale del MMG dovrebbe<br />

essere ben radicata la propensione a far scattare<br />

il sospetto diagnostico in presenza di un paziente<br />

che per età, esposizione a fattori di rischio, storia<br />

clinica e sintomi recenti sia suscettibile di una diagnosi<br />

di BPCO riacutizzata. Seppure in modo opportunistico<br />

(ma questa è una delle abituali modalità<br />

operative della MMG), proprio in occasione di<br />

questo incontro, potrebbe essere programmato l’iter<br />

diagnostico volto ad accertare o a escludere la<br />

presenza di un’ostruzione bronchiale cronica. Non<br />

va anche dimenticato che una sottovalutazione diagnostica<br />

della BPCO finisce con l’influenzare anche<br />

la sottostima di altre importanti patologie respiratorie,<br />

quali le bronchiettasie, la fibrosi cistica,<br />

la tubercolosi e l’asma bronchiale.<br />

LA DIAGNOSI<br />

DI RIACUTIZZAZIONE<br />

In letteratura trova una buona condivisione l’affermazione<br />

secondo cui per riacutizzazione di BPCO<br />

s’intende una sequenza di manifestazioni cliniche,<br />

comprendenti la comparsa o il peggioramento della<br />

dispnea e l’aumento di volume dell’espettorato,<br />

con l’eventuale viraggio di questo verso la purulenza.<br />

In queste condizioni il paziente può manifestare<br />

anche un quadro di ipossiemia e un peggioramento<br />

dell’ipercapnia 4 .<br />

Sono realmente questi i riferimenti sulla base dei<br />

quali il MMG effettua la diagnosi di BPCO riacutizzata<br />

Un’indagine compiuta su circa 2.000<br />

questionari elaborati da MMG italiani nel 1997 5<br />

ha mostrato in realtà la tendenza ad attribuire importanza<br />

anche ad altre manifestazioni cliniche,<br />

quali l’aumento della tosse, il rialzo della temperatura,<br />

la comparsa di edemi periferici, l’aumento<br />

della frequenza respiratoria, l’aumento dell’entità<br />

dei rumori patologici respiratori. Da questi dati<br />

sembrerebbe delinearsi un tratto comportamentale<br />

peculiare nell’approccio diagnostico, tendente ad<br />

attribuire importanza alla variazione delle condizioni<br />

cliniche, oltre che alla presenza/assenza di determinati<br />

segni e sintomi. Questo atteggiamento<br />

richiama i concetti espressi nella definizione di riacutizzazione<br />

di BPCO, formulata da Rodriguez-<br />

Rosin: “Prolungato peggioramento delle condizioni del<br />

paziente rispetto allo stato stabile e oltre le normali variazioni<br />

giornaliere, insorto acutamente e che determina<br />

una modificazione del trattamento in un paziente affetto<br />

da BPCO” 6 .È evidente come questo approccio<br />

sia essenzialmente fondato sulla conoscenza diretta<br />

del paziente, della sua storia clinica e del suo individuale<br />

comportamento dal punto di vista dell’espressività<br />

clinica: esso rappresenta una modalità<br />

gestionale che ben si confà alla medicina generale.<br />

La conoscenza del paziente,spesso lungamente protratta<br />

nel tempo, e la possibilità di attingere a fonti<br />

informative estese all’ambito famigliare rappresentano<br />

risorse peculiari della medicina generale.<br />

Il processo diagnostico deve considerare anche la<br />

diagnosi differenziale nei confronti di altre patologie,<br />

capaci di simulare le manifestazioni di una<br />

BPCO in fase di riacutizzazione.Tra queste vanno<br />

ricordate le polmoniti, sia batteriche sia virali, lo<br />

scompenso cardiaco congestizio, lo pneumotorace,<br />

i versamenti pleurici, le aritmie e l’embolia polmonare.<br />

È evidente come per il MMG vi siano<br />

spesso oggettive difficoltà nel procedere in questa<br />

differenziazione,considerati gli scarsi strumenti diagnostici<br />

di cui dispone, nel setting in cui abitualmente<br />

opera. È tuttavia possibile che in futuro sistemi<br />

informatizzati di assistenza ai percorsi clinico-diagnostici<br />

e una maggiore facilità nella comunicazione<br />

e nella condivisione di dati tra MMG e<br />

specialista possano migliorare questa condizione.<br />

L’INQUADRAMENTO<br />

DI GRAVITÀ DEL PAZIENTE<br />

Posta la diagnosi, il MMG deve immediatamente valutare<br />

il grado di compromissione del paziente, per<br />

112


5. RUOLO DEL MEDICO DI MEDICINA GENERALE NELLA GESTIONE DELLA BPCO<br />

stabilire se proseguire nella gestione domiciliare o se<br />

predisporne il ricovero ospedaliero. Questo processo<br />

decisionale, di cruciale importanza, avviene ancora<br />

oggi in medicina generale, secondo una sequenza<br />

di valutazioni personali del medico, in assenza di<br />

riferimenti oggettivi condivisi. Per le riacutizzazioni<br />

di BPCO ancora non disponiamo di schemi validati<br />

che consentano, in base ai sintomi del paziente, di<br />

attribuire una classe di gravità e di rischio, come, per<br />

esempio, è stato fatto da Fine 7 per le polmoniti di<br />

comunità.Peraltro i modelli che incrociano i dati clinici<br />

del paziente con accertamenti di laboratorio sono<br />

per lo più non praticabili dai MMG. Anthonisen<br />

4 nel 1987 aveva già proposto una scala di gravità<br />

correlata alle manifestazioni cliniche, come riportato<br />

nella tabella 5.7. Più recentemente le linee guida<br />

GOLD 8 hanno fornito indicazioni valide per tentare<br />

la definizione di uno schema comportamentale,<br />

che potrebbe essere ragionevolmente proposto anche<br />

nel contesto della medicina generale:<br />

Tabella 5.7<br />

Definizione e classificazione della BPCO riacutizzata<br />

Gravità della<br />

riacutizzazione<br />

I<br />

II<br />

III<br />

Manifestazioni<br />

da Anthonisen et al., modificata.<br />

Aumento della dispnea, volume e<br />

purulenza espettorato<br />

Presenza di due dei sintomi precedenti<br />

Uno dei sintomi precedenti più almeno<br />

uno tra:<br />

● infezione delle vie aeree superiori<br />

negli ultimi 5 giorni<br />

● febbre senza altre cause apparenti<br />

● aumento del respiro con sibili<br />

● aumento della tosse<br />

● aumento frequenza respiratoria e/o<br />

cardiaca<br />

i pazienti BPCO con malattia lieve-moderata (stadio<br />

I-II GOLD) che presentano una riacutizzazione<br />

caratterizzata da dispnea e aumento della tosse<br />

e dell’espettorato e in assenza di altri fattori di rischio<br />

aggravanti possono essere trattati a domicilio;<br />

l’episodio di riacutizzazione che si verifica in pazienti<br />

con BPCO severa (stadio III GOLD) espone<br />

questi ultimi al rischio di sviluppare un’insufficienza<br />

respiratoria anche molto grave, essi pertanto<br />

dovrebbero essere trattati in ospedale.<br />

Per il MMG il giudizio di gravità si basa quindi essenzialmente<br />

sulla conoscenza del paziente e della<br />

sua storia clinica, sull’osservazione diretta delle manifestazioni<br />

soggettive e obiettive rilevabili 9 (tabella<br />

5.8) e sull’importanza che egli gli attribuisce,rispetto<br />

alle condizioni generali del paziente. Vi sono altri<br />

parametri che potrebbero servire al MMG per prevedere<br />

il decorso clinico del paziente Secondo alcuni<br />

autori una valutazione del paziente per mezzo<br />

di un misuratore di picco di flusso, facilmente effettuabile<br />

anche dal MMG, potrebbe dare un’idea del<br />

grado di ostruzione 10 e quindi di compromissione<br />

del paziente. Dovrebbe altresì essere promosso l’utilizzo<br />

degli strumenti per la misurazione della saturazione<br />

di ossigeno, oggi disponibili in piccole dimensioni<br />

e a costi accessibili. Questo test, di assai facile<br />

esecuzione, può rivelarsi determinante proprio<br />

nel momento di decidere il ricovero del paziente.<br />

LE INDAGINI DIAGNOSTICHE<br />

PRATICABILI<br />

A differenza del ricovero ospedaliero, la gestione domiciliare<br />

del paziente con riacutizzazione di BPCO<br />

probabilmente si avvale poco degli accertamenti diagnostici.<br />

Al di là di situazioni complesse per gravità<br />

o comorbilità, che peraltro prevedono l’indicazione<br />

al ricovero ospedaliero, non vi sono in letteratura indicazioni<br />

specifiche per altri test, che abbiano il supporto<br />

di un documentato rapporto costo-beneficio.<br />

Tabella 5.8<br />

Storia clinica e segni di gravità in corso di riacutizzazione di BPCO<br />

● Durata del peggioramento o della comparsa di nuovi sintomi<br />

● Numero di episodi precedenti (esacerbazioni, ricoveri)<br />

● Attuale intensità del trattamento<br />

● Uso di muscoli respiratori accessori<br />

● Movimento paradosso della gabbia toracica<br />

● Peggioramento o nuova insorgenza di cianosi di tipo centrale<br />

● Comparsa di edemi periferici<br />

● Instabilità emodinamica<br />

● Segni di scompenso cardiaco destro<br />

● Ridotta vigilanza<br />

113


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />

In particolare, l’esecuzione di un Rx torace dovrebbe<br />

essere riservata ai casi in cui si sospetti la<br />

presenza di un addensamento polmonare, o di altra<br />

patologia radiologicamente documentabile e<br />

che si pone nella diagnostica differenziale con la<br />

riacutizzazione di BPCO. L’esecuzione della spirometria,<br />

poco praticata seppur in teoria praticabile<br />

nello studio medico o a domicilio del paziente, non<br />

ha ancora dimostrato una sicura possibilità di utilizzo<br />

nell’ambito della routine quotidiana del<br />

MMG e su larghe fasce di pazienti. Secondo alcuni<br />

studi nella riacutizzazione di BPCO non sempre<br />

vi è correlazione tra FEV 1 e PaO 2 , come accade<br />

invece in corso di riacutizzazione nei pazienti<br />

asmatici; inoltre, i valori spirometrici possono variare<br />

nel corso di uno stesso episodio 11 . Altri studi<br />

hanno dimostrato una buona correlazione tra FEV 1<br />

e misura del picco di flusso espiratorio 12 .Dovrebbe<br />

infine essere testata l’utilità, a livello ambulatoriale<br />

e domiciliare, dell’utilizzo di un pulsossimetro<br />

per la misurazione del grado di ossigenazione<br />

del paziente.<br />

LA GESTIONE<br />

DELLA TERAPIA A DOMICILIO<br />

La decisione di trattare il paziente a domicilio dipende<br />

anche da altri fattori, tra cui il grado di supporto<br />

assistenziale disponibile, le condizioni abitative<br />

e, non ultime, l’esperienza e la preparazione<br />

professionale del medico.<br />

Il trattamento domiciliare del paziente con BPCO<br />

riacutizzata, dopo la valutazione diagnostica, prevede<br />

l’utilizzo di farmaci broncodilatatori, di steroidi<br />

per via sistemica e di antibiotici. L’assistenza domiciliare<br />

con la somministrazione di ossigeno o con<br />

strumenti per la ventilazione del paziente è possibile,<br />

anche con ottimi risultati, ma richiede un training<br />

apposito del MMG e una stretta collaborazione<br />

con la struttura specialistica di riferimento.<br />

Vi sono diverse evidenze che dimostrano come il<br />

trattamento del paziente con BPCO riacutizzata effettuato<br />

da parte del MMG sia tendenzialmente<br />

meno aggressivo, rispetto a quanto praticato normalmente<br />

in ospedale, in particolare per quanto riguarda<br />

l’uso degli antibiotici e dei corticosteroidi 13 .<br />

Per contro, è possibile che nella gestione extraospedaliera<br />

del paziente per opera del MMG si ricorra<br />

con una certa frequenza all’utilizzo di antibiotici<br />

anche in situazioni non propriamente indotte<br />

da infezioni batteriche.<br />

A tale proposito, ai MMG viene spesso imputato un<br />

utilizzo improprio degli antibiotici per affezioni non<br />

di origine batterica, uno scarso rispetto della posologia<br />

e dei tempi di trattamento e, in Italia in particolare,<br />

un eccessivo ricorso alle formulazioni iniettive.Tali<br />

osservazioni, in parte vere, devono tuttavia<br />

tenere conto di alcune considerazioni che possono<br />

servire a meglio interpretare questi comportamenti:<br />

● la difficoltà di distinguere infezioni virali da<br />

quelle batteriche in medicina generale;<br />

● i problemi legati alla compliance del paziente;<br />

● la pressione esercitata dal paziente sul MMG per<br />

ottenere un antibiotico e la sua tendenza a iniziare<br />

spesso autonomamente tale terapia;<br />

● il desiderio del MMG di profilassare eventuali<br />

successive complicanze.<br />

Ancora oggi, com’è noto, l’importanza degli agenti<br />

infettivi nell’indurre la riacutizzazione della BPCO<br />

è molto dibattuta, sia perché anche agenti fisici e<br />

chimici possono esserne responsabili,sia perché spesso<br />

le colture sull’espettorato danno risultati negativi<br />

o selezionano germi non diversi da quelli presenti<br />

in questi pazienti nello stato di stabilità clinica 14 .<br />

Si ritiene, in ogni modo, che più della metà delle<br />

riacutizzazioni di BPCO sia in origine di natura infettiva,<br />

di esse il 40-50% è sostenuto da batteri, il<br />

30% da virus, il 5-10% da germi atipici 15 . Nel 10-<br />

20% dei casi si tratta di popolazioni batteriche miste.<br />

I germi più frequentemente isolati sono: Haemophilus<br />

influenzae, Streptococcus pneumoniae e Moraxella<br />

catarrhalis. In effetti, la definizione eziologica<br />

della causa della riacutizzazione è piuttosto difficile<br />

e, per questo come per altri motivi, la ricerca colturale<br />

sull’espettorato di questi pazienti non viene di<br />

norma praticata e la prescrizione di antibiotici è effettuata,<br />

non solo in medicina generale, prevalentemente<br />

in modo empirico. Fortunatamente, a sostegno<br />

della razionalità di tale comportamento è scesa<br />

in campo l’European Respiratory Society, secondo<br />

cui: “In presenza di espettorato purulento bisogna trattare<br />

i pazienti in modo empirico, con antibiotici, per una durata<br />

di 7-14 giorni” 16 . Inoltre, vi sono evidenze secondo<br />

cui i pazienti con BPCO riacutizzata che ricevono<br />

terapia antibiotica hanno una durata degli episodi<br />

nettamente inferiore rispetto ai pazienti che non<br />

la ricevono 4 . In conclusione, i pazienti con riacutizzazione<br />

di BPCO che presentano aumento di volume<br />

dell’espettorato e purulenza dello stesso possono<br />

giovarsi della prescrizione di un antibiotico.Tale prescrizione<br />

dovrebbe basarsi sullo spettro di sensibilità<br />

presente nel nostro paese nei confronti dei principa-<br />

114


5. RUOLO DEL MEDICO DI MEDICINA GENERALE NELLA GESTIONE DELLA BPCO<br />

li ceppi patogeni in causa: Haemophilus influenzae,<br />

Streptococcus pneumoniae, Moraxella catarrhalis.<br />

In presenza di BPCO riacutizzata è indicato l’uso<br />

di broncodilatatori, in prevalenza assunti per via<br />

inalatoria, o l’incremento della dose di quelli eventualmente<br />

già in terapia.<br />

I farmaci broncodilatatori prevalentemente utilizzati<br />

sono i β2-stimolanti e gli anticolinergici. Non è<br />

possibile affermare, a oggi, la superiorità di una categoria<br />

sull’altra. Spesso può essere utile un’associazione<br />

tra broncodilatatori diversi. Non vi è una documentata<br />

superiorità delle formulazioni in erogatori<br />

predosati rispetto alle formulazioni per aerosol.<br />

L‘utilizzo dell’aminofillina rimane controverso e<br />

sembra che la sua aggiunta a una terapia broncodilatatrice<br />

con β2-stimolanti e anticolinergici, correttamente<br />

condotta, non determini miglioramenti sostanziali.<br />

La somministrazione di steroidi sistemici, in<br />

presenza di esacerbazione di BPCO, migliora la respirazione<br />

e i sintomi del paziente,favorisce lo scambio<br />

dei gas, riduce il rischio di fallimento terapeutico<br />

e diminuisce la durata della degenza ospedaliera<br />

17 . La durata media del trattamento steroideo sistemico<br />

(per esempio, metilprednisolone 30 mg/die)<br />

varia da 5 a 10 giorni.<br />

IL PAZIENTE OSPEDALIZZATO:<br />

CRITERI DI STABILIZZAZIONE<br />

CLINICA E DI DIMISSIONE<br />

È auspicabile che il rapporto tra MMG e paziente<br />

non si interrompa durante il periodo di ricovero<br />

ospedaliero. Oltre a essere apprezzato dal paziente,<br />

questo consente di aumentare la conoscenza reciproca<br />

e lo scambio informativo con i colleghi ospedalieri.<br />

Può accadere, per esempio, che alcuni sintomi<br />

siano più facilmente colti o comunicati al<br />

MMG, che non al medico ospedaliero. Infatti, nonostante<br />

in ambiente ospedaliero si possa affrontare<br />

la riacutizzazione della BPCO in modo efficace,<br />

alcuni aspetti della malattia spesso non sono affrontati.<br />

Per esempio la “fatigue” del paziente, la facile<br />

esauribilità durante l’esercizio, la frequente depressione<br />

18 . Ma soprattutto questo contatto è importante<br />

quando si programma la dimissione del<br />

paziente. Mentre oggi la tendenza è di ridurre al<br />

minimo il periodo di degenza ospedaliera, sono ancora<br />

poco sviluppate le conoscenze che ci consentono<br />

di definire con precisione i criteri di stabilizzazione<br />

della malattia e i conseguenti margini di sicurezza<br />

per il paziente, dopo la dimissione.Va anche<br />

precisato che tale garanzia è strettamente dipendente<br />

dall’ambiente socioassistenziale in cui il<br />

paziente viene a trovarsi una volta dimesso: dalla tipologia<br />

abitativa, dalla struttura familiare, dalla presenza<br />

di personale infermieristico generico, del<br />

MMG, fino alla disponibilità di strutture complesse<br />

sul piano delle attrezzature e dell’assistenza per i<br />

pazienti particolarmente gravi. L’analisi di questi<br />

aspetti dovrebbe costituire argomento di approfondita<br />

valutazione tra MMG, colleghi ospedalieri ed<br />

eventuali altre figure assistenziali, con un anticipo<br />

sufficiente a consentire l’organizzazione necessaria<br />

ad accogliere il paziente al suo domicilio, senza interruzione<br />

della continuità assistenziale.<br />

Secondo alcuni studi, possono essere identificati alcuni<br />

indicatori capaci di predire il rischio di ricaduta<br />

del paziente dopo la dimissione, utili quindi<br />

nella programmazione del successivo follow-up. Le<br />

ricadute sembrano più frequenti nei pazienti che<br />

hanno mostrato una riduzione del FEV 1 pre-trattamento<br />

o post-trattamento, in quelli che hanno ricevuto<br />

un incremento della dose di steroidi o broncodilatatori<br />

in occasione della visita e in quelli che<br />

hanno un’anamnesi di frequenti precedenti ricadute<br />

19 . Un buon livello di comunicazione tra MMG<br />

e specialista può portare a concordare un modello<br />

di follow-up del paziente che punti a mettere in atto<br />

tutti gli interventi utili a procrastinare il più possibile<br />

l’eventuale ricaduta o in ogni caso a coglierne<br />

tempestivamente le manifestazioni precoci.<br />

ORGANIZZAZIONE<br />

DELL’ASSISTENZA DOMICILIARE<br />

Un intervento infermieristico regolare a domicilio<br />

di pazienti con recente ricovero per BPCO, volto<br />

a fornire educazione sanitaria e a monitorare il paziente,<br />

ha aumentato le conoscenze di quest’ultimo<br />

nei confronti della malattia e quindi la sua consapevolezza,<br />

ma non ha ridotto il numero di ricoveri<br />

successivi rispetto a un gruppo di controllo 20 .<br />

Probabilmente la struttura di modelli assistenziali di<br />

provata efficacia, al pari di quelli esistenti per altre<br />

patologie quali il diabete o lo scompenso cardiaco,<br />

non può essere automaticamente esportata nel<br />

campo della BPCO. Dovranno essere messi a punto<br />

piani di gestione specifici per il paziente BPCO,<br />

nei quali dovranno essere previste figure assistenziali<br />

diverse, infermieristiche, fisiatriche, pneumologiche,<br />

opportunamente coordinate.<br />

115


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />

BIBLIOGRAFIA<br />

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116


I QUADERNI DELLA BPCO<br />

6. BPCO: cosa è successo di nuovo<br />

dal giugno 2000<br />

(quando i Quaderni<br />

sono stati programmati)<br />

Nel preparare i sei quaderni della collana “Il volto<br />

della BPCO che cambia” è risultato sempre<br />

più evidente come il divenire della materia trattata,<br />

desumibile dal numero e dal significato degli<br />

studi pubblicati negli ultimi tre anni e citati nei vari<br />

capitoli dei singoli quaderni, giustificasse la scelta<br />

del titolo.<br />

Mentre il contenuto dei quaderni documenta<br />

quanto è successo di nuovo, per quanto concerne<br />

la BPCO, dal giugno 2000, appare appropriato in<br />

questo capitolo finale del sesto e ultimo quaderno<br />

riservare una particolare menzione alla “Global Initiative<br />

for Chronic Obstructive Lung Disease” (acronimo<br />

GOLD), la quale presenta una “Global strategy<br />

for the diagnosis, management, and prevention of chronic<br />

obstructive pulmonary disease” che è stata pubblicata<br />

come NHLBI/WHO Workshop Report nell’aprile<br />

del 2001 1 ed è soggetta a periodici aggiornamenti.<br />

Le principali caratteristiche e i contenuti specifici<br />

di GOLD sono stati illustrati nel primo capitolo del<br />

quinto quaderno e nel secondo capitolo di questo<br />

sesto quaderno da Fabbri (e collaboratori), il quale<br />

è chairman del comitato scientifico dell’iniziativa e<br />

coeditore dei quaderni della BPCO.<br />

È evidente che l’iniziativa GOLD costituisce<br />

un’occasione propizia per diffondere, fra gli addetti<br />

ai lavori e fra i laici a livello mondiale, la conoscenza<br />

della BPCO, a tutt’oggi semisconosciuta, e<br />

per migliorarne gli standard diagnostici, di trattamento<br />

e di prevenzione.<br />

In effetti, alla luce di quanto documentato nei quaderni<br />

della BPCO, l’iniziativa GOLD appare particolarmente<br />

motivata e tempestiva in quanto questi<br />

standard non sono sufficientemente elevati e,<br />

d’altra parte, le condizioni morbose ricomprese<br />

nella sindrome BPCO risultano in netta espansione,<br />

sotto il profilo sia della morbidità sia della mortalità,<br />

nei primi decenni del terzo millennio su scala<br />

mondiale 2 . In base alle stime approssimate di cui<br />

già disponiamo, si può affermare che la prevalenza<br />

della BPCO nella popolazione generale sopra i 25<br />

anni di età è superiore al 10% nei paesi occidentali<br />

3 .Per essere più precisi e, soprattutto, per poterla<br />

monitorare accuratamente nei vari paesi e nel<br />

tempo, onde poter predisporre le opportune misure<br />

di politica sanitaria, è necessario approfondirne<br />

le conoscenze.<br />

In effetti, la BPCO rimane ancora semi-ignorata e<br />

difficile da diagnosticare perché non sono bene documentati<br />

i rapporti esistenti fra i suoi sintomi di<br />

esordio e la limitazione del flusso aereo espiratorio<br />

che la caratterizza. Lo sviluppo e l’adattamento ai<br />

singoli paesi di un programma come GOLD possono<br />

contribuire significativamente a risolvere questi<br />

problemi aperti. Per chiarire questi aspetti si possono<br />

considerare due esempi, dei quali uno fa riferimento<br />

alla definizione di limitazione del flusso<br />

aereo espiratorio e l’altro ai rapporti esistenti fra<br />

questa e la presenza o assenza di sintomi respiratori<br />

di BPCO.<br />

DEFINIZIONE DI LIMITAZIONE<br />

DI FLUSSO ESPIRATORIO<br />

Adottando la definizione proposta dalla European<br />

Respiratory Society (ERS), cioè rapporto FEV 1 /VC<br />


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />

presentativo della popolazione generale di età<br />

compresa fra 46 e 73 anni,una prevalenza di BPCO<br />

pari al 12,2% 3 . Adottando la definizione proposta<br />

in GOLD, cioè rapporto FEV 1 /FVC


6. BPCO: COSA È SUCCESSO DI NUOVO DAL GIUGNO 2000<br />

Tabella 6.1<br />

Definizione di limitazione di flusso e sintomi di BPCO [sensibilità, specificità e valore predittivo dei criteri ERS per rilevare<br />

limitazione di flusso in soggetti (≥ 25 anni) con ogni sintomo o malattia respiratori cronici*]<br />

Condizione<br />

PRES+ ASS– Totale<br />

FRS+ 108 79 187<br />

FRS– 535 992 1527<br />

Totale 643 1071 1714<br />

108<br />

108<br />

79<br />

Sensibilità: = 0,17 Valore predittivo positivo: = 0,58 = 0,42<br />

643<br />

187<br />

187<br />

992<br />

992<br />

Specificità: = 0,93 Valore predittivo negativo: = 0,65<br />

1071<br />

1527<br />

535<br />

= 0,35<br />

1527<br />

* Tosse cronica, catarro cronico, dispnea (gr 2+), attacchi di dispnea con sibili o fischi, sibili, bronchite cronica, enfisema, asma.<br />

108 + 992<br />

187<br />

643<br />

Accuratezza complessiva: = 0,64 Prevalenza di BPCO: = 0,109 Prevalenza di sintomi/<strong>malattie</strong>: = 0,375<br />

1714<br />

1714<br />

1714<br />

tro. Questo suggerisce che gli standard diagnostici<br />

di queste condizioni morbose basati sui sintomi respiratori<br />

cronici e/o <strong>malattie</strong> diagnosticate sono<br />

necessariamente bassi, a differenza di quanto si osserva<br />

in altre condizioni morbose come l’embolia<br />

polmonare 10 .<br />

Da un punto di vista quantitativo, della frazione di<br />

soggetti con sintomi respiratori cronici e/o <strong>malattie</strong><br />

diagnosticate (24 o 38% nella popolazione generale<br />

fra 25 e 73 anni, in relazione ai sintomi e alle<br />

sindromi considerate, vedi tabelle 6.1 e 6.2) solo<br />

meno di una metà o un terzo, rispettivamente,<br />

ha BPCO in base ai criteri ERS (11% nella popolazione<br />

generale,vedi tabelle 6.1 e 6.2).Questo suggerisce<br />

che la presenza di sintomi respiratori cronici<br />

e/o <strong>malattie</strong> diagnosticate ha un valore limitato<br />

ai fini di predire la presenza di BPCO.<br />

Questa interpretazione è in accordo con una recente<br />

analisi basata su dati del Copenhagen City Heart<br />

Study, la quale suggerisce che i sintomi respiratori<br />

Tabella 6.2<br />

Definizione di limitazione di flusso e sintomi di BPCO [sensibilità, specificità e valore predittivo dei criteri ERS per rilevare<br />

limitazione di flusso in soggetti (≥ 25 anni) con MPC]<br />

Condizione<br />

MPC*+ MPC*– Totale<br />

FRS+ 76 111 187<br />

FRS– 332 1195 1527<br />

Totale 408 1071 1714<br />

76<br />

76<br />

111<br />

Sensibilità: = 0,19 Valore predittivo positivo: = 0,41 = 0,59<br />

408<br />

187<br />

187<br />

1195<br />

1195<br />

Specificità: = 0,92 Valore predittivo negativo: = 0,78<br />

1306<br />

1527<br />

332<br />

= 0,22<br />

1527<br />

* MPC = tosse cronica o catarro cronico o bronchite cronica o enfisema.<br />

76 + 1195<br />

187<br />

Accuratezza complessiva: = 0,74 Prevalenza di BPCO: = 0,109 Prevalenza di MPC:<br />

1714<br />

1714<br />

408<br />

= 0,238<br />

1714<br />

119


IL VOLTO DELLA BPCO CHE CAMBIA ● QUADERNO 6<br />

cronici (tosse e catarro) hanno un diverso significato<br />

fisiopatologico e predittivo in relazione al fatto<br />

che siano associati o meno a limitazione del flusso<br />

espiratorio 13 .<br />

CONCLUSIONI<br />

La scelta di un’appropriata definizione della limitazione<br />

del flusso espiratorio e la conoscenza degli<br />

effettivi rapporti fra questa e i sintomi respiratori<br />

cronici e/o <strong>malattie</strong> diagnosticate appaiono destinate<br />

a giocare un ruolo preponderante nel management<br />

della BPCO nei prossimi decenni. Infatti,<br />

esse influenzeranno in maniera decisiva i risultati<br />

degli interventi di screening consentendone, rispettivamente,<br />

la praticabilità (numero congruo di soggetti<br />

selezionati) o meno (numero ingestibile di tali<br />

soggetti) e l’efficacia (ricerca attiva dei soggetti<br />

con limitazione del flusso espiratorio).<br />

La presenza di un’iniziativa globale per la BPCO<br />

quale GOLD ha la potenzialità di trasformare in<br />

realtà operativa le strategie per la BPCO improntate,<br />

in particolare per la diagnosi e la prevenzione,<br />

ai principi delineati in questo testo e che risalgono<br />

a studi iniziati negli anni ’70 14,15 .<br />

Pertanto, possiamo concludere questo capitolo finale<br />

del VI Quaderno parafrasando il poeta<br />

dell’“Aquilone”:“C’è qualcosa di nuovo oggi – nella<br />

BPCO – anzi di antico”.<br />

In termini pratici, ciò significa aggiornare e correggere<br />

continuamente il documento GOLD.<br />

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120


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