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Numero 76/77 - Anno XIII, Maggio-Agosto 2005 - Club Plein Air BdS

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CLUB PLEIN AIR BDS<br />

Associazione nazionale dei camperisti e degli amanti del plein air del BANCO di SICILIA<br />

Aderente all'A.I.T.R. - Associazione Italiana Turismo Responsabile<br />

Gemellata con Camping Car <strong>Club</strong> Provence-Cote d’Azur e Calabria Camper <strong>Club</strong> Sila<br />

Sede: Via Rosolino Pilo, 33 - 90139 PALERMO - ! 091.608.5152- Fax: 091.608.5517<br />

Internet: www.pleinairbds.it - E-mail: info@pleinairbds.it<br />

Comitato di Coordinamento<br />

Maurizio Karra (Presidente) - Giangiacomo Sideli (Vice Presidente)<br />

Achille Bufardeci, Giuseppe Carollo, Adele Crivello,<br />

Ninni Fiorentino ed Elio Rea (Consiglieri)<br />

Collegio sindacale<br />

Silvana Caruso La Rosa (Presidente)<br />

Luigi Fiscella ed Enzo Triolo (Componenti)<br />

Collegio dei Probiviri<br />

Pippo Campo (Presidente)<br />

Pietro Inzerillo e Marcello Oddo (Componenti)<br />

" " "<br />

Bimestrale di informazione per i Soci del CLUB PLEIN AIR BDS<br />

Pubblicazione periodica a circolazione interna inviata anche ad altre Associazioni di campeggio e alla stampa<br />

Responsabile editoriale<br />

Maurizio Karra<br />

Redazione<br />

Mimma Ferrante, Giangiacomo Sideli e Alfio Triolo<br />

Hanno collaborato a questo numero anche:<br />

Agostino Alaimo, Anna Maria Carabillò, Paolo Carabillò, Luigi Fiscella, Gabriele Gigli,<br />

Massimiliano Magno, Piero e Cinzia Marenco, Enza Messina, Enzo Triolo<br />

In questo numero<br />

EDITORIALE pag. 3<br />

VITA DEL CLUB<br />

- Un week-end elettrizzante " 4<br />

- A caccia di orchidee " 11<br />

- Inseguendo il passato " 16<br />

- Perché ancora oggi il teatro greco " 24<br />

- Nord, sud, ovest, est “ 27<br />

VIAGGI E TURISMO<br />

- In capo al mondo " 31<br />

- Il Sàpmi, la terra dei figli del sole e del vento " 39<br />

- Creta: viaggio alle radici della civiltà “ 43<br />

- Sardegna: proprio un’altra isola “ 46<br />

TERRA DI SICILIA<br />

- Quel ramo del lago Gurrida... “ 55<br />

- Dall’antologia poetica di Giovanni Formisano “ 56<br />

- Il parco delle pietre luccicanti “ 57<br />

RUBRICHE<br />

- Vita di camper “ 59<br />

- Internet, che passione “ 61<br />

- Cucina da ...camper “ 63<br />

- Riflessioni “ 64<br />

- News: notizie in breve “ 65<br />

- L'ultima parola " 68


C<br />

ome ogni anno siamo ormai vicini<br />

alle nostre ferie estive, e quindi ai tanto agognati<br />

viaggi che ci porteranno da un lato all’altro<br />

dell’Italia, dell’Europa e del Mediterraneo. Anche<br />

quest’anno troveremo code in autostrada, confusione<br />

nelle più note località turistiche, prezzi alle<br />

stelle e così via; anche quest’anno magari ci ritroveremo<br />

in tanti negli stessi posti, negli stessi soliti<br />

luoghi. Bruno Andrea Ciattini, direttore di Auto-<br />

Caravan, nell’editoriale al numero di giugno della<br />

rivista, fa una riflessione proprio su questo argomento.<br />

“Nel nord Europa – scrive - le vacanze<br />

distribuite a intervalli opportuni sono la norma.<br />

Da noi, mentre in Germania o in Olanda si continua<br />

a lavorare, si ferma tutto. È vero che a giustificare<br />

le ferie all'italiana c'è un fattore determinante<br />

come il clima, ma per interpretare gli scenari<br />

delle strade intasate e dei posti di villeggiatura<br />

sovraffollati restano solo le cattive abitudini<br />

che ancora molti hanno in comune”. E’ indubbio<br />

che questo è da sempre il punto dolente delle nostre<br />

“vacanze”, legate quasi sempre a quel periodo<br />

che va da metà luglio a metà agosto e, ahimè,<br />

legate anche ai soliti luoghi rinomati e arcinoti.<br />

“Gli stranieri dicono che noi italiani, quando facciamo<br />

le vacanze, andiamo sempre nello stesso<br />

posto. A me sembra piuttosto – continua Ciattini<br />

- che tutti andiamo negli stessi luoghi. Cambiamo<br />

cielo per ritrovarci poi ammucchiati l’un l’altro”.<br />

Sulla stessa linea è Luciano Mantovani,<br />

uno dei grandi nomi del camperismo italiano, che<br />

sull’ultimo numero de Il Giramondo scrive: “non<br />

possiamo non renderci conto che una concentrazione<br />

esagerata di camper è fastidiosa per chi<br />

camperista non è; è innegabile che conduciamo<br />

veicoli ingombranti, lenti e tutt’altro che agili... E<br />

quando siamo in tanti, la sopportazione nei nostri<br />

confronti finisce presto”. Parliamo anche di impatto<br />

ambientale; diciamocelo: “quelle distese di<br />

tetti bianchi, vanamente ingentiliti da oblò e paraboliche,<br />

non sono un bel vedere”.<br />

Tutto questo perché Perché riesce difficile,<br />

nella boria di una moda che porta all’acquisto<br />

di camper sempre più grandi e accessoriati da<br />

parte di tante persone che non hanno alcuna cultura<br />

del plein air dietro le spalle, capire che la libertà<br />

tanto reclamata per sé finisce proprio dove<br />

inizia quella degli altri. Un camper è solo un mezzo<br />

per viaggiare e nulla di più. Ma un mezzo che<br />

necessita di una sensibilità diversa da chi guida<br />

Editoriale<br />

una semplice autovettura o una moto. Essere<br />

camperisti significa essere portatori di una cultura,<br />

quella del pleinair o dell’abitar viaggiando o<br />

del turismo itinerante (come vogliamo chiamarlo)<br />

che implica rispetto degli altri e dell’ambiente e<br />

soprattutto amore per la ricerca di luoghi che altrimenti<br />

non potrebbero essere così facilmente<br />

visitati. Perché affollarsi tutto sul litorale di San<br />

Vito lo Capo quando a pochi chilometri di distanza<br />

ci sono calette meravigliose e più solitarie<br />

Perché riprendere le abitudini dei nostri abituali<br />

condomini anche quando siamo in camper e ci<br />

troviamo in mezzo a decine e decine di altri camper<br />

La cultura e la sensibilità del pleinair non<br />

si inventano ovviamente dall’oggi al domani; la<br />

responsabilità non è solo di chi guida un camper<br />

(spesso da poco tempo perché magari il camper è<br />

preso a noleggio); le responsabilità sono un po’ di<br />

tutti, l’ho scritto spesso, anche di tante associazioni<br />

che non si curano affatto della “cultura” dei<br />

propri associati e magari organizzano raduni oceanici<br />

per dimostrare (ma a chi) la loro importanza.<br />

La responsabilità è spesso anche di chi i camper<br />

li vende o li noleggia e non pensa affatto a<br />

come quei mezzi potranno essere utilizzati. La responsabilità<br />

è anche delle Forze dell’Ordine che<br />

non intervengono in modo “chirurgico” contro<br />

chi non rispetta norme di legge ben chiare lasciando<br />

in pace tutti gli altri. La responsabilità è<br />

anche dei Comuni che ignorano il turismo<br />

dell’abitar viaggiando, magari obbedendo alle<br />

pressioni di albergatori e gestori di campeggi.<br />

Sì, anche dei gestori dei campeggi: perché<br />

si fa un bel dire che noi siamo campeggiatori!<br />

E no, cari amici, noi siamo viaggiatori in camper,<br />

che ovviamente quando è necessario e lo vogliamo<br />

utilizzano un campeggio; ma che non hanno<br />

comprato un camper con l’obiettivo di andarsi a<br />

chiudere sempre dentro uno di quei luoghi recintati<br />

che si chiamano camping (chi ha scelto la<br />

roulotte spesso fa turismo stanziale, non chi usa il<br />

camper). Il camper è fatto per viaggiare, per farci<br />

viaggiare, spesso anche senza una meta precisa,<br />

per farci scoprire scenari sempre nuovi e desueti,<br />

per farci crescere e maturare a qualsiasi età. Il<br />

camper è questo e tanto altro ancora. Ricordiamocelo<br />

in queste nostre prossime vacanze, che<br />

auguro a tutti serene e splendide.<br />

Maurizio Karra


Un week-end “elettrizzante”<br />

La magica gita nell’agrigentino del 15-17 aprile, sotto la sapiente guida di Mister<br />

Five, alla scoperta di cattedrali sotterranee, bianche scogliere, giardini sacri,<br />

castelli e …ricotta<br />

U<br />

n raduno organizzato dallo<br />

strepitoso Mister Five, al secolo Angelo<br />

Cinque, non poteva che essere “elettrizzante”,<br />

riguardo all’organizzazione, alle chicche da<br />

scoprire, ai sapori da gustare, alle magiche<br />

esplorazioni da attuare. Non poteva… E così è<br />

stato. Naturalmente, logicamente, ovviamente.<br />

A metà aprile ci siamo diretti nella<br />

provincia di Agrigento per seguire il succoso<br />

programma realizzato per noi proprio da<br />

Angelo, ben consapevoli che avremmo visto<br />

mete quasi inesplorate anche dagli agrigentini.<br />

Proprio per questo motivo i partecipanti erano<br />

numerosi e nel corso del raduno che ci ha visto<br />

percorrere le strade di San Biagio Platani,<br />

Realmonte, Siciliana, Porto Empedocle ed<br />

Agrigento, la nostra carovana si è andata<br />

allungando sempre di più, ma sempre con la<br />

massima correttezza e puntualità da parte di<br />

tutti, fatto questo che ha permesso di<br />

mantenere gli impegni presi con le guide delle<br />

varie località e i custodi dei vari monumenti,<br />

rispettando scrupolosamente la tabella di<br />

marcia prevista, cosa semplice quando si è<br />

anche in dieci camper, certamente più<br />

complicata quando il numero aumenta.<br />

Il punto di riunione era previsto, nel<br />

pomeriggio di venerdì 15 aprile, presso il<br />

campo sportivo di San Biagio Platani,<br />

cittadina addobbata nel periodo pasquale con i<br />

suggestivi Archi di Pasqua, spettacolari<br />

costruzioni effimere, realizzate fin dal ‘700 su<br />

una struttura di ferule di agave, che danno vita<br />

ad archi, portali e chiese alti oltre dieci metri,<br />

delimitando l’area sacrale nella quale avviene<br />

l’incontro tra il Cristo risorto e la Madonna. Gli<br />

archi vengono abbelliti con numerosi frutti<br />

della terra, come semi, grano, pane, fiori,<br />

arance, datteri, superbamente decorati, in un<br />

connubio di sacro e profano che rimanda alle<br />

festività pagane della primavera, alla sacralità<br />

della vita, al rinnovarsi delle stagioni. Così<br />

all’ombra delle due confraternite paesane, i<br />

“Madunnara” e i “Signurara”, si rinnova ogni<br />

anno, dalla Domenica delle Palme al primo<br />

maggio, un crogiolo di arte e sacralità che si<br />

riflette nei rilievi di pasta cotta, nei capitelli di<br />

pane, negli addobbi realizzati con i mosaici di<br />

semi, incantando i numerosi visitatori che ogni<br />

anno si riversano da tutta la Sicilia, e non solo,<br />

in questo minuscolo paese dell’agrigentino.<br />

Gli archi di Pasqua<br />

di San Biagio Platani in notturna


Due immagini dei nostri soci all’interno delle miniere di Realmonte


Non poteva mancare neanche per<br />

coloro che sono giunti la sera dopo cena,<br />

quindi, anche una piccola passeggiata serale<br />

nel centro del paese, per ammirare i magici<br />

Archi di Pasqua, purtroppo quest’anno in parte<br />

rovinati dalle abbondanti piogge del periodo<br />

primaverile; questo non ci ha impedito, però, di<br />

gustarci le magnifiche ed effimere chiese a<br />

cielo aperto dedicate alla Madonna e al Cristo,<br />

che si riflettevano con i loro brillanti colori sul<br />

velluto blu del cielo notturno. E poi, dopo aver<br />

brindato con gli auguri per il nuovo camper di<br />

Nunziatella e Salvo, ci siamo ritirati nei nostri<br />

appartamenti su ruote.<br />

Il mattino del sabato la carovana dei<br />

nostri camper si è snodata lungo stradine<br />

secondarie fino a raggiungere la zona di<br />

Realmonte, dove ci siamo fermati innanzi tutto<br />

per visitare la miniera di salgemma della Italkali<br />

che si allunga nel sottosuolo per decine di<br />

chilometri fino ad oltre 250 metri sotto il<br />

livello del mare. Questa miniera, tuttora in<br />

piena attività, cela però un segreto che ha ben<br />

poco a vedere con la produttività, con i bilanci<br />

e con l’estrazione del sale: infatti a 45 metri<br />

sotto il livello del mare si apre una gigantesca<br />

caverna di un bianco abbagliante che ospita<br />

una vera e propria cappella, dedicata a Santa<br />

Barbara, patrona dei minatori, con bassorilievi<br />

di impronta sacra, incisi nel sale da uno<br />

giovane scultore del luogo, che raffigurano un<br />

Crocifisso, la Sacra Famiglia e Santa Barbara.<br />

Inutile dire che, penetrandovi, ci siamo<br />

sentiti molto emozionati ed increduli davanti a<br />

tanta bellezza, e i nostri ringraziamenti al<br />

nostro Angelo sono stati molto sentiti,<br />

soprattutto quando abbiamo saputo che la<br />

miniera non è aperta al pubblico e che solo la<br />

notevole capacità di persuasione di Mister Five<br />

nei riguardi dei dirigenti della Italkali era<br />

riuscita nella difficile impresa.<br />

La miniera custodisce nelle viscere<br />

della terra, a circa 70 metri sotto il livello del<br />

mare, un’altra chicca di grandiosa bellezza,<br />

raggiungibile in fuoristrada attraverso<br />

chilometri di cunicoli scavati nel sale in cui il<br />

buio assoluto la fa da padrone: un magnifico<br />

rosone di oltre 7 metri di altezza dai colori<br />

digradanti, dal bianco al grigio antracite, frutto<br />

della natura che, grazie ai diversi minerali<br />

presenti nel salgemma, ha creato questa<br />

magnifica opera d’arte, davanti alla quale i<br />

pochi che sono riusciti a giungervi sono rimasti<br />

letteralmente sbalorditi, estasiati e molto<br />

emozionati.<br />

Alla fine della visita tutto il gruppo è<br />

quindi tornato “a riveder le stelle”, consapevole<br />

di aver avuto il privilegio di ammirare uno<br />

spettacolo unico, in cui la natura e l’opera<br />

dell’uomo sono stati, una volta tanto, giusti<br />

alleati. E per ricordare questi momenti magici<br />

abbiamo raccolto piccoli sassi di salgemma che<br />

con il loro luccichio rallegreranno un angolo<br />

della nostra casa in muratura.<br />

Con gli occhi ancora pieni delle<br />

meraviglie ammirate nel sottosuolo ci siamo<br />

quindi diretti alla cosiddetta Scala dei Turchi,<br />

una splendida e candida scogliera che si erge<br />

sulla costa di Realmonte, scandita da enormi<br />

gradoni che fanno proprio pensare ad una scala<br />

di dimensioni ciclopiche, che si staglia sulle<br />

profondità azzurre del Canale di Sicilia con la<br />

sua struttura in marna, una sorta di gesso<br />

bianco che ricorda le bianche scogliere di<br />

Dover. Di lì a poco siamo approdati a Capo<br />

Russello, presso l’area attrezzata “La Playa”,<br />

che si staglia a pochi metri dal mare in un<br />

contesto naturalistico davvero notevole, tra la<br />

macchia mediterranea, la spiaggia che il mare<br />

lambisce poco oltre e lo scenario della Scala<br />

dei Turchi che si intravede appena più in là.<br />

Nel pomeriggio con alcuni camper ci<br />

siamo poi spostati al vicino paese di Siculiana,<br />

dove abbiamo visitato il castello della cittadina,<br />

arroccato all’estremità della cresta rocciosa di<br />

un promontorio fin dal XIV secolo, anche se la<br />

parte più antica, risalente forse alla<br />

dominazione araba, è stata rasa al suolo dai<br />

proprietari per costruire una nuova costruzione<br />

più moderna all’inizio dell’900.


nuziale e in molti si sono attardati anche a fare<br />

gli auguri agli sposi.<br />

La sera, tornati all’area attrezzata “La<br />

Playa”, dotata anche di un ottimo ristorante,<br />

tutti i presenti si sono riuniti attorno per il<br />

classico rituale delle cavallette facendo fuori un<br />

magnifico menù di piatti di pesce (solo una<br />

minoranza ha preferito quello a base di carne),<br />

con numerosi antipasti, due primi paradisiaci,<br />

un secondo squisito e via …mangiando. Si<br />

imponeva poi un po’ di movimento, per<br />

smaltire tutte le calorie ingurgitate e così ci<br />

siamo lanciati nelle danze, grazie alla musica<br />

dal vivo ottimamente suonata. Solo a notte<br />

inoltrata tutti sono crollati, nelle rispettive<br />

mansarde, a “russare” il sonno del giusto.<br />

Qui e nella pagina precedente tre<br />

immagini del castello di Siculiana<br />

I nostri camper a Capo Russello<br />

La tradizione vuole che i patti conclusi<br />

sulla rocca di Siculiana siano benedetti dalla<br />

provvidenza e per questo motivo nel castello<br />

sono stati celebrati nel corso dei secoli<br />

numerosi matrimoni, consuetudine che<br />

perdura anche ai giorni nostri, dato che la parte<br />

più moderna della costruzione e il cortile<br />

interno sono utilizzati per ricevimenti nuziali e<br />

come centro congressi. Noi abbiamo avuto la<br />

possibilità comunque di visitare anche la parte<br />

più antica che ospita vetuste prigioni, armature<br />

e …cinture di castità, non solo femminili, ma<br />

anche maschili (e qui gli appartenenti al sesso<br />

forte sono rabbrividiti dinanzi a quell’aggeggio<br />

infernale). All’uscita del castello il gruppo si è<br />

poi fermato a visitare il vicino Santuario del SS.<br />

Crocifisso, dove era in corso una cerimonia<br />

Ma la mattina della domenica le<br />

cavallette d’ordinanza sono state richiamate in<br />

servizio grazie alla mangiata corale di ricotta<br />

calda e formaggio fresco; e qui è meglio tacere<br />

per decoro sulle insospettabili capacità degli<br />

apparati digerenti degli intervenuti...<br />

Quindi la carovana dei camper si è<br />

messa in moto, snodandosi lungo Porto<br />

Empedocle o “Vigata”, come recita il cartello di<br />

benvenuto voluto dai suoi cittadini per<br />

ricordare il nome dato alla cittadina da Andrea<br />

Camilleri nei romanzi che hanno per<br />

protagonista l’ineffabile commissario<br />

Montalbano, che hanno dato grande notorietà<br />

al “centro più inventato della Sicilia più tipica”.<br />

La tappa seguente è stata Agrigento,<br />

con la sua magica Valle dei Templi, nel cui<br />

parcheggio l’incredibile Mister Five è riuscito a<br />

far sistemate tutti i camper, tra l’incredulità<br />

generale (anche dei vigili e degli stessi<br />

posteggiatori!). Qui ci attendeva la prevista


visita del giardino di Kolymbetra, situato in un<br />

vallone scavato nell’arenaria a ridosso del<br />

tempio di Castore e Polluce, recentemente<br />

risistemato dal FAI dopo che lo stesso era<br />

diventato con il passare degli anni un<br />

ricettacolo di immondizie.<br />

Foto di gruppo davanti al tempio di<br />

Castore e Polluce ad Agrigento.<br />

Sotto il famoso telamone sdriaiato<br />

A farci da guida è stata Antonietta, un<br />

vulcano di conoscenze, di amore per la natura<br />

e di simpatia, che ha incantato tutto il gruppo<br />

con la sua gentilezza e disponibilità; grazie a lei<br />

abbiamo saputo che il giardino di Kolymbetra<br />

ha origine antichissime, dato che con ogni<br />

probabilità è da ricollegare a “Colimbetra”, il<br />

vivaio di pesci, nonché la piscina sacra che<br />

veniva usata per le abluzioni rituali attorno al V<br />

secolo a.C. dai greci, prima di recarsi ai vicini<br />

templi. Questa sorta di canyon veniva<br />

alimentato da vari ipogei che racchiudevano<br />

acque sotterranee e, dopo che cadde in disuso<br />

come piscina sacra, venne riconvertito in<br />

epoca araba in orto e agrumeto, funzione che<br />

ha ripreso perfettamente ai nostri giorni, al<br />

punto che penetrandovi sembra quasi di<br />

entrare in una sorta di giardino dell’Eden, in cui<br />

la macchia mediterranea si alterna ad aranceti<br />

di varie specie, a fichidindia, a carrubi, a limoni<br />

e così via, mentre la zagara profuma l’ambiente<br />

circostante e i templi fanno capolino tra la<br />

vegetazione, quasi come in una visione onirica.<br />

I partecipanti si sono sentiti in piena<br />

simbiosi con la natura, mentre passeggiavano<br />

per i viottoli del giardino, ammirando alcune<br />

grotte usate quasi duemila anni fa come<br />

chiesette paleocristiane, osservando con<br />

interesse le varie specie vegetali, ma anche<br />

assaggiando le diverse qualità di arance<br />

gentilmente offerte da Antonella e qui, tra un<br />

morso e l’altro, qualche cavalletta ha fatto la<br />

sua ricomparsa.<br />

Dopo il pranzo domenicale ci<br />

attendeva l’esplorazione di due delle chiese più<br />

belle del centro di Agrigento; infatti a bordo di<br />

qualche camper e della auto della famiglia<br />

Cinque, alla quale va un grazie particolare per<br />

l’appoggio e la disponibilità dimostrati<br />

ampiamente anche da Adriana e da Claudia, ci<br />

siamo diretti nei vicoletti del centro storico,<br />

fermandoci a visitare la particolarissima chiesa<br />

di Santa Maria dei Greci, che fino a qualche<br />

tempo fa si riteneva la più antica della città.<br />

Invece, grazie a scavi recenti si è potuto<br />

appurare che il luogo in cui sorge è stato<br />

dedicato fin dal V secolo a.C. ad attività<br />

religiose: infatti nelle fondamenta della chiesa,<br />

perfettamente visibili grazie ad un pavimento in<br />

vetro montato allo scopo, si susseguono un<br />

grandioso tempio greco, dedicato ad Atena, e<br />

al centro di quest’ultimo la prima cattedrale di<br />

Agrigento, una piccola chiesetta paleocristiana<br />

dedicata forse a San Gerlando, vescovo della<br />

città attorno all’anno Mille. I presenti sono<br />

anche riusciti a scendere materialmente nelle<br />

fondamenta della costruzione e ad ammirare a<br />

pochi centimetri di distanza le bellissime<br />

colonne doriche del tempio di Atena.


Due immagini del Giardino della Kolymbetra, accanto la valle dei Templi di<br />

Agrigento. Qui domenica 17 aprile è avvenuta l’associazione del nostro <strong>Club</strong> al<br />

FAI, Fondo per l’Ambiente Italiano, la principale fondazione italiana no profit<br />

per la tutela, la salvaguardia e la cura del patrimonio artistico e naturalistico<br />

del nostro Paese. In basso, la mascotte del gruppo, Enrico Agnello, con la<br />

maglietta donata dalla simpaticissima Antonietta, la nostra guida al giardino.


Alcuni soci nelle fondamenta della<br />

chiesa di Santa Maria dei Greci di<br />

Agrigento, edificata sull’antico<br />

tempio di Atena, di cui sono visibili<br />

ancora le colonne e i basamenti<br />

Di emozione in emozione ci siamo poi<br />

diretti alla vicina Cattedrale, caratterizzata da<br />

una magnifica abside di impronta barocca,<br />

letteralmente incrostata da puttini, arabeschi,<br />

fregi floreali e, ai lati, da due grandiosi quadri,<br />

quello di destra con il Patrono San Gerlando<br />

che predica agli agrigentini, e quello di sinistra<br />

con San Giacomo Apostolo che sconfigge gli<br />

arabi. Ma in tutta la chiesa si susseguono<br />

numerose cappelle ricche di tesori artistici,<br />

oltre al cosiddetto Coretto, dove si riunivano i<br />

sacerdoti in meditazione, in cui si possono<br />

ammirare, oltre agli antichi scanni del XVII<br />

secolo, anche gli affreschi settecenteschi e un<br />

prezioso altare marmoreo barocco.<br />

Purtroppo il tempo correva tiranno e a<br />

questo punto siamo stati costretti a dichiarare<br />

ufficialmente concluso il raduno per riprendere<br />

la rotta di casa, mentre i saluti affettuosi e i<br />

sinceri ringraziamenti a Mister Five e alla sua<br />

bellissima famiglia rischiavano di farci scappare<br />

qualche lacrimuccia; e al momento<br />

dell’arrivederci le nostre parole sono state<br />

improntate ad una chiara promessa (o forse era<br />

una minaccia): torneremo al più presto per<br />

continuare a scoprire i mille tesori nascosti di<br />

Agrigento e del suo pregevole territorio. E<br />

meno male che c’è Mister Five…<br />

Mimma Ferrante<br />

Il nostro gruppo davanti alla Cattedrale di Agrigento


A caccia di orchidee<br />

Nel week-end di metà maggio numerosi soci si sono dati appuntamento a<br />

Scopello per visitare la magnifica Riserva dello Zingaro, nel periodo più bello<br />

dell’anno in cui fioriscono le orchidee selvatiche<br />

F<br />

inalmente l’estate è arrivata e con<br />

lei la voglia di tuffarsi nella natura a piene<br />

mani per rigenerarsi, per respirare a pieni<br />

polmoni – allergie permettendo - tutti i<br />

profumi delle essenze e per godere ...a pieni<br />

occhi dei fantastici colori dei fiori che in<br />

questo periodo costellano i prati. E, come<br />

ogni anno, l’arrivo della bella stagione ci porta<br />

ad approfittare di ogni momento libero per<br />

esplorare ciò che ci circonda, in particolare al<br />

di fuori delle città cementificate, alla ricerca di<br />

sole, aria pulita, verde di campagne e boschi<br />

così come del blu del mare, facendo<br />

ovviamente base sulle nostre magnifiche<br />

casette su ruote, i nostri amatissimi camper.<br />

Anche quest’anno non siamo sfuggiti<br />

a questa regola e, anzi, abbiamo inaugurato la<br />

stagione estiva ormai alle porte con una vera<br />

e propria chicca, che ha riscosso commenti<br />

entusiastici da parte dei tantissimi<br />

partecipanti: una passeggiata alla Riserva dello<br />

Zingaro, situata nei pressi del paesino di<br />

Scopello. Così fra la mattina e il pomeriggio di<br />

sabato 14 maggio ci siamo dati<br />

appuntamento nell’area attrezzata camper “La<br />

Plaia” situata a 300 metri dal baglio Anselmi<br />

che poi è il cuore del piccolo borgo del<br />

trapanese, arrivando alla spicciolata nel corso<br />

della giornata.<br />

Dopo i baci e gli abbracci di rito,<br />

conditi dai progetti per gli imminenti viaggi<br />

estivi, ci siamo recati al calar del sole a<br />

“tampasiare” al vicino borgo, sorto intorno al<br />

settecentesco insediamento del baglio, sul<br />

luogo in cui sorgeva un antico casale arabo,<br />

e disteso attorno alla piazzetta centrale invasa<br />

da coppie di giovani sposi intenti a farsi<br />

immortalare nel giorno più felice (!!) della<br />

loro vita. Tutto attorno si affacciano casette<br />

ad un piano, bar e ristorantini, mentre<br />

passeggiando attraverso i vicoletti acciottolati<br />

si riesca a scorgere a tratti qualche scorcio<br />

spettacolare delle coste accarezzate dal mare<br />

diverse centinaia di metri più in basso.<br />

La nostra meta per la serata era<br />

proprio all’interno del baglio, presso il<br />

ristorante omonimo, dove avevamo prenotato<br />

qualche settimana prima quella che ci era<br />

stata assicurata come una cena tipica e che<br />

invece si è rivelata come un’autentica bufala,<br />

non nel senso della mozzarella, ma nel senso<br />

della ...fregatura, figlia prima di tutto di<br />

professionalità improvvisata come purtroppo<br />

capita spesso nei luoghi turistici che “vivono”<br />

solo tre o quattro mesi l’anno quando va<br />

bene. Non stendiamo, in questo caso, un velo<br />

pietoso sulla vicenda, che invece merita un<br />

approfondimento a parte.<br />

Un tratto di costa dello Zingaro


Cronaca di una cena da dimenticare<br />

Dopo aver prenotato nei giorni precedenti una cena “per circa trentacinque persone” al<br />

Ristorante “Il Baglio” di Scopello con un “tipico menu” (vari antipasti, busiate alla trapanese,<br />

arrosto misto di carni con contorno, acqua e vino compresi, pensavamo anche la frutta...),<br />

mentre alcuni partecipanti alla gita (pochi in verità) avevano preferito rimanere per cena in<br />

camper, in quarantaquattro persone tra adulti e bambini ci siamo presentati sabato 14 maggio al<br />

predetto ristorante all’orario prestabilito (le 20,15).<br />

Ma, ahimè, una dozzina di soci hanno optato all’ultimo momento per la pizza al posto<br />

della cena completa, con grande rabbia del proprietario del ristorante che ha subito contestato la<br />

cosa, sostenendo di aver fatto la spesa (!!!), in abbondanza, per quaranta persone (come se poi al<br />

ristorante non ci fossero almeno altri cinquanta commensali oltre noi!) e che quindi il numero<br />

delle persone vincolate alla cena doveva essere quello previsto e non inferiore, nemmeno di una<br />

o due unità, anche se poi ai tavoli eravamo ben nove in più. Dopo un crescendo di contestazioni,<br />

in un’atmosfera che si arroventava sempre più, con alcuni soci costretti, loro malgrado, a<br />

ritornare sulle loro decisioni rinunciando alla pizza per la cena completa, è finalmente cominciato<br />

il pasto (era nel frattempo passata un’ora!), con il menu originario scelto (liberamente o no) da<br />

trentadue dei quarantaquattro presenti, compresi i bambini di tre anni.<br />

Ma, mentre per chi aveva scelto la pizza non ci sono stati poi inconvenienti, per chi era<br />

rimasto ancorato alla scelta della cena completa o per chi aveva dovuto ritornare sulla sua<br />

decisione rinunziando alla pizza, si sono accavallati i problemi: alla scortesia iniziale si sono<br />

aggiunti, nell’ordine: porzioni da fame; un servizio pessimo, nonostante la gentilezza di qualche<br />

cameriere, con intervalli anche di un’ora tra una portata e l’altra; innocue richieste di due<br />

porzioni di patatine per alcuni bambini sdegnosamente rifiutate perché “non comprese nel prezzo<br />

concordato: se volete le vendono qui accanto”; i vassoi di insalata “all’acqua” giunti dopo<br />

mezz’ora dalla carne e solo dopo che era stato controllato dal ristoratore che era previsto<br />

effettivamente un contorno al secondo, e condita solo da chi aveva afferrato da qualche tavolo<br />

vicino oliera e saliera; e infine - come ulteriore beffa - la frutta negata a fine pasto (”non ne<br />

avevamo parlato”); per non parlare invece del prezzo, concordato in una misura (18 euro a<br />

persona), e trasformato alla fine in 20 euro con un arrotondamento ingiustificato.<br />

Noi - da signori quali siamo – a fine cena (erano le 23,30!) abbiamo pagato il conto e<br />

dopo il pagamento ci siamo trattenuti (alcuni componenti del direttivo) in amabile conversazione<br />

col gestore del ristorante che non si è smosso di un centimetro dalle sue posizioni rintuzzando le<br />

nostre doverose contestazioni sempre con la stessa tiritera (“avevate prenotato in trentacinque e<br />

la cena l’avete effettuato in trentadue; e io tutta la roba che ho comprato (!!!!!!!!!!!!!) ora la devo<br />

buttare”); alla fine, di fronte a un muro di gomma invalicabile fino al limite della banalità, abbiamo<br />

solo promesso a nome di tutti i commensali che mai più nessuno di noi sarebbe ritornato al<br />

ristorante “Il Baglio” e che ciascuno, col passaparola fra amici e conoscenti, si sarebbe anzi<br />

trasformato in ottimo “testimonial pubblicitario” (ovviamente in senso negativo)!<br />

A questo punto una riflessione è d’obbligo: se avere troppi turisti porta i gestori di alcuni<br />

ristoranti (così come di alcuni alberghi e campeggi) a comportarsi in questo modo, arrivando a<br />

taglieggiare i clienti occasionali (che naturalmente non si presenteranno mai più in quel locale),<br />

che futuro può avere il turismo in queste località Che professionalità e correttezza si può<br />

invocare, se i suddetti personaggi ne disconoscono completamente il significato Che risvolti si<br />

potranno avere in un mercato turistico stravolto dagli aumenti ingiustificati, imputati soltanto<br />

all’euro, senza che come controparte vi sia alcuna garanzia a favore del turista Interrogativi<br />

legittimi, a nostro parere, che anche noi camperisti dovremmo cominciare a porci, disertando<br />

senza ripensamenti quelle località che vedono il turista (non solo italiano ma purtroppo anche<br />

estero) solo come un pollo da spennare.<br />

Maurizio Karra


Scusate se scrivo anch’io...<br />

Caro Presidente, cari Soci, mi permetto di scrivervi per chiedervi scusa se non vi parlo di<br />

cosa ho provato comprando di recente il camper; per chiedervi scusa perché non riesco a dire<br />

cosa provo guidandolo; per chiedervi scusa se non partecipo a tutte le attività sociali; per<br />

chiedervi scusa se, quando incontro altri soci nei raduni, pongo sempre domande, chiedo<br />

informazioni, chiarimenti... Chiedo scusa per quelle volte in cui magari i miei “cuccioli”<br />

rumoreggiano un po’ negli orari ...comunque consentiti; vi chiedo scusa perché magari ho<br />

dimenticato qualche altra mia “colpa”.<br />

Ma principalmente chiedo scusa pubblicamente, attraverso il giornalino del club, a mio<br />

figlio Alessandro e a mia figlia Eleonora, così come a tutti gli altri bambini che erano presenti alla<br />

cena del 14 maggio al Baglio di Scopello, perché hanno dovuto mangiare con notevole ritardo<br />

rispetto a quando ci siamo seduti a tavola, anche perché qualcuno dei partecipanti ha messo in<br />

difficoltà il presidente (persona troppo buona: e lui sa che dico il vero) cambiando<br />

repentinamente idea dopo aver prenotato nei giorni precedenti la cena e richiedendo invece<br />

all’ultimo momento la pizza, oggetto di una notevole e lunga discussione con il ristoratore<br />

(intransigente senza alcuna ragione), che ha causato una gran perdita di tempo, inutile, per<br />

l’inizio della cena stessa e tante altre discussioni fino alla fine.<br />

A questi non chiedo scusa, ma chiedo rispettosamente per la prossima volta di attenersi<br />

alle loro (per altro libere) decisioni, se appunto decidono di partecipare alle cene di gruppo.<br />

Soprattutto quando si accorgono che le loro decisioni provocano quello che è successo a<br />

Scopello. Personalmente io mi definisco un “cacciatore”, nel senso che mi muovo spesso da<br />

solo; ma se decido di aggregarmi al simpatico “branco” del mio <strong>Club</strong>, mi attengo rigorosamente<br />

a quanto il programma stabilisce. Evitando di creare problemi che poi possono allargarsi<br />

ricadendo su quanti non hanno alcuna responsabilità o colpa. Cordialmente.<br />

Massimiliano Magno<br />

Meno male che il motivo per cui ci<br />

siamo recati nella zona meritava più che<br />

ampiamente, invece, la nostra presenza; così<br />

la mattina della domenica, sotto un cielo<br />

azzurro porcellana e un sole splendente, ci<br />

siamo spostati a bordo di qualche camper di<br />

un paio di chilometri, fino al parcheggio della<br />

Riserva dello Zingaro, dove ci hanno<br />

raggiunto in auto altri soci e, cosa davvero<br />

bellissima, parecchi figli ormai grandi<br />

interessati, se non a venire in camper con noi<br />

dal giorno precedente, a condividere<br />

comunque con noi questa esperienza; lì, ad<br />

attendere il nostro gruppo formato adesso da<br />

oltre sessanta persone, ci attendeva la nostra<br />

guida, il simpatico e preparato Mimmo<br />

Scuderi, da noi incontrato in un’occasione<br />

precedente nel corso della quale ci aveva<br />

colpito il suo amore per la riserva e la sua<br />

grande conoscenza del territorio.<br />

Le orchidee selvagge dello Zingaro


Mimmo Scuderi, la nostra guida<br />

A questo punto, grandi e bambini,<br />

tutti muniti di scarpe da trekking e cappellini,<br />

si sono inoltrati nei sentieri della riserva,<br />

istituita nel 1982, dopo anni di lotte civili per<br />

fermare i lavori di una strada che avrebbe<br />

dovuto congiungere Scopello a San Vito Lo<br />

Capo, violentando uno dei tratti di costa più<br />

belli della parte occidentale dell’isola, immersa<br />

in una lussureggiante oasi di vegetazione<br />

mediterranea, con palme nane, simbolo della<br />

riserva, ma anche carrubi, ginestre,<br />

biancospini, euforbie, asfodeli e tanto altro.<br />

Un vero paradiso terrestre, insomma, nel<br />

quale i presenti si sono trovati catapultati<br />

dopo aver attraversato la galleria lasciata<br />

incompiuta che testimonia l’inizio dei lavori,<br />

per fortuna bloccati.<br />

Subito oltre si è spalancato agli occhi<br />

di tutti uno scenario da favola, con le<br />

profondità del mare che occhieggiava poco<br />

più in giù e la collina immersa in una<br />

vegetazione fitta di arbusti e di alberi, tra cui<br />

si notavano fiori dai mille colori. Procedendo<br />

avanti, attraverso uno stretto sentiero, ora in<br />

salita ora in discesa, non sempre agevole per<br />

la verità, ci siamo ritrovati a costeggiare<br />

diverse calette, dove l’acqua assume<br />

sfumature incredibili, tra palme nane, cespugli<br />

di mirto e arbusti di ginestra, mentre i sensi<br />

entravano in conflitto tra loro, dato che lo<br />

sguardo non sapeva se farsi catturare dal<br />

mare sottostante o dalla coloratissima<br />

vegetazione, l’olfatto non sapeva quale<br />

profumo seguire, se quello delle essenze o<br />

quello della salsedine, e gli altri sensi venivano<br />

sedotti dal calore del sole e dal richiamo dei<br />

gabbiani che volteggiavano su di noi.<br />

Dopo una sosta al centro visitatori,<br />

per un’introduzione di Mimmo Scuderi sulle<br />

piante e sugli animali che vivono allo Zingaro<br />

e per ammirare i lavori realizzati con la parte<br />

interna della palma nana dai giovani locali<br />

(cestini, borse e attrezzi vari), la nostra<br />

carovana si è rimessa in moto per<br />

raggiungere la zona intermedia della riserva,<br />

che si snoda per circa sette chilometri, dove<br />

erano state avvistati diversi esemplari di<br />

orchidea selvatica. La nostra solerte guida,<br />

intanto, ci dava notizie sulle piante che si<br />

andavano incontrando, ma anche sulla fauna<br />

della riserva, come gli esemplari di aquila<br />

reale, l’istrice, la volpe, la lepre e così via; e<br />

poi all’improvviso, quando il fiato cominciava<br />

a mancare e il sudore imperlava la fronte,<br />

abbiamo avuto l’ennesima ricompensa, con la<br />

visione delle bellissime orchidee selvatiche<br />

che occhieggiavano tra la vegetazione. E’<br />

stato un susseguirsi di foto, di riprese e di<br />

sospiri estatici, mentre la risacca del mare<br />

consacrava più in basso questi momenti unici.<br />

Vegetazione tipica della Riserva


Il nostro gruppo al Centro visitatori della Riserva<br />

E poi, lentamente, siamo tornati<br />

indietro, ammirando una volta ancora quello<br />

scenario da sogno, quegli scogli dalle forme<br />

più strane a cui con un po’ di fantasia si<br />

possono dare somiglianze incredibili, come<br />

quello in prossimità della seconda caletta che<br />

fa pensare ad un leone disteso, quegli arbusti<br />

e quei fiori che non ci capita spesso di poter<br />

vedere, mentre Mimmo continuava a<br />

raccontarci, con semplicità e con grande<br />

partecipazione, dell’universo vegetale e<br />

animale della riserva. Uscire dalla riserva è<br />

stato come risvegliarsi da un sogno ad occhi<br />

aperti e, nonostante la stanchezza, fioccavano<br />

già i progetti per visitarne altre sezioni in un<br />

prossimo futuro (come dire che l’appetito vien<br />

mangiando).<br />

E a proposito di appetito, dopo aver<br />

salutato il nostro anfitrione con un affettuoso<br />

arrivederci, le nostre cavallette sono tornate<br />

all’area camper dove hanno dato il via al<br />

classico rito dell’abbuffata, sia per<br />

compensare i risvolti dolorosi della cena<br />

“dietologica” della sera precedente, sia per<br />

riequilibrare le numerose calorie spese nel<br />

corso della passeggiata alla riserva: si è<br />

assistito così al consueto spettacolo di<br />

pietanze “improvvisate” in numero mostruoso<br />

che si rincorrevano da un tavolo all’altro o da<br />

un camper all’altro, vassoi e piatti che<br />

venivano tutti implacabilmente prosciugati,<br />

immortalati sull’altare della golosità dei<br />

presenti.<br />

I nostri camper nell’area La Plaia<br />

di Scopello<br />

Poi, purtroppo, è giunto il momento<br />

di tornare a casa, ma già mentre le ruote dei<br />

mezzi si avvicinavano a destinazione,<br />

fioccavano le mete per le prossime uscite,<br />

contribuendo a consolare chi aveva il magone<br />

per la fine del week-end: d’altra parte ormai<br />

l’estate è arrivata e chi ci ferma<br />

Mimma Ferrante


Inseguendo il passato<br />

Tra il 1° e il 5 giugno ci siamo fatti affascinare dalle atmosfere senza tempo di<br />

Siracusa assistendo al Teatro Greco alla rappresentazione dell’Antigone di Sofocle,<br />

per poi tuffarci nelle suggestioni naturalistiche di Vendicari e della Valle<br />

dell’Anapo, e concludere il tour nel siracusano fra i borghi di Marzamemi e Sortino,<br />

in un magnifico mix di arte, cultura, natura e … buona cucina<br />

L’<br />

occasione era troppo ghiotta<br />

per farsela sfuggire: cinque giorni di libertà,<br />

quelli del ponte tra il 1° e il 5 giugno, da dedicare<br />

all’esplorazione della nostra magica i-<br />

sola, lungo il versante sud-orientale che è più<br />

difficile da raggiungere da Palermo nel corso<br />

di un breve week-end, alla (ri)scoperta della<br />

splendida Siracusa, che in quell’occasione o-<br />

spitava al Teatro Greco anche la rappresentazione<br />

delle tragedie classiche, ma anche delle<br />

riserve naturalistiche di Vendicari e<br />

dell’Anapo, con la suggestiva Pantalica, e di<br />

due piccoli borghi, il delizioso Marzamemi e il<br />

barocco Sortino, attraverso un excursus che<br />

in una manciata di giorni ha coniugato con<br />

grande equilibrio cultura, storia, arte, ma anche<br />

natura, paesaggi magnifici e cucina, una<br />

delle grandi passioni delle cavallette targate<br />

<strong>Club</strong> <strong>Plein</strong> <strong>Air</strong> <strong>BdS</strong>. Tutto ciò è stato possibile<br />

grazie alla sapiente organizzazione “in loco”<br />

dei nostri soci Alfio Triolo ed Emanuele A-<br />

menta, che si sono prodigati per realizzare<br />

una gita che, per quanti vi hanno preso parte,<br />

non sarà facilmente dimenticata.<br />

Ma andiamo per ordine: a metà giornata<br />

di mercoledì 1° giugno una dozzina di<br />

equipaggi di soci provenienti da tutta la Sicilia<br />

si sono dati appuntamento a Siracusa presso<br />

l’area camper “Von Platen”, situata a ridosso<br />

del Santuario della Madonnina delle Lacrime<br />

e del Museo Archeologico. Il primo appuntamento<br />

in programma era al vicino teatro greco<br />

per assistere ad una delle tragedie classiche<br />

in cartellone, l’Antigone di Sofocle. Ed è<br />

stata un’esperienza notevole ritrovarsi sulle<br />

gradinate di un teatro “vecchio” di duemilacinquecento<br />

anni, circondati da migliaia di<br />

persone immerse in un’atmosfera al di fuori<br />

del tempo, a pochi passi dall’area archeologica<br />

e dall’Orecchio di Dioniso dove, secondo<br />

la leggenda, il tiranno spiava i discorsi dei<br />

prigionieri che tramavano contro di lui, grazie<br />

al magnifico effetto di amplificazione dei suoni<br />

che a tutt’oggi si può osservare all’interno<br />

della grotta.<br />

Dopo aver fortunosamente trovato<br />

posto nel teatro gremito all’inverosimile, lo<br />

sguardo dei presenti è stato attratto dalla<br />

scenografia, scandita da gigantesche copie<br />

delle enigmatiche statue cicladiche che, sebbene<br />

risalenti a migliaia di anni fa, hanno<br />

forme ancora molto attuali, tanto da potersi<br />

accostare alla scultura moderna. Poco dopo<br />

le 18,30 ha avuto finalmente inizio lo spettacolo,<br />

scandito dalle figure funeree degli attori<br />

fasciati in lugubri abiti neri; in effetti questo è<br />

stato l’unico aspetto dello spettacolo che non<br />

ci ha convinto più di tanto, mentre il resto<br />

della messa in scena ci ha colpito per la sua<br />

incisività.<br />

L’argomento si prestava eccezionalmente:<br />

com’è noto, si tratta del dramma di<br />

Antigone, sfortunata figlia nata dalle nozze<br />

incestuose tra Edipo e Giocasta, che cerca di<br />

convincere la timorosa sorella Ismene a partecipare<br />

ai riti funebri nei confronti del comune<br />

fratello Polinice, vietati con un severo<br />

bando dal re Creonte, loro zio, che vuole così<br />

punire Polinice per avere marciato contro Tebe<br />

per rivendicarne la guida e avere così assassinato<br />

suo fratello Eteocle, rimanendo a<br />

sua volta ucciso nel duello fratricida. Antigone<br />

resterà sola in questa sua lotta per rispettare<br />

il fratello morto e i riti voluti dagli dei in<br />

onore dei morti; sarà scoperta e condannata<br />

a morte da Creonte, autore di un bando che<br />

vuole punire Polinice anche da morto negandogli<br />

la sacra sepoltura voluta dagli dei; Creonte,<br />

accecato dall’odio per chi ha marciato<br />

contro la città, la farà rinchiudere in una grotta<br />

con la veste nuziale che avrebbe dovuto<br />

indossare durante le nozze, fissate con suo<br />

figlio Emone.


Una scena dell’Antigone al Teatro Greco di Siracusa<br />

In basso i nostri soci davanti ai resti del Tempio di Apollo a Ortigia


Ma a dramma segue dramma: giungerà<br />

in scena l’indovino Tiresia che, con<br />

grande pathos, anticiperà al re le sciagure<br />

familiari che lo stanno per colpire duramente<br />

a causa delle sue scelte impietose. E non basterà<br />

che il re tenti di rimediare ai suoi errori<br />

di giudizio, dato che, mentre cerca di correre<br />

ai ripari, si troverà davanti al macabro spettacolo<br />

di Antigone suicida e al figlio Emone<br />

che, dopo aver tentato di ucciderlo, volgerà<br />

contro di sé la spada uccidendosi a sua volta,<br />

mentre la moglie del re, Euridice, nel sentire<br />

la funerea notizia della morte del figlio, si suiciderà<br />

anch’essa gettandosi sulla spada, tra i<br />

lamenti strazianti di Creonte, che invocherà a<br />

sua volta la morte.<br />

La tragedia di Sofocle, che è una sorta<br />

di sequel, come lo chiameremmo oggi, dei<br />

“Sette a Tebe” di Eschilo (anch’essa rappresentata<br />

a Siracusa a giorni alterni insieme<br />

all’Antigone, richiama alla mente temi universali,<br />

come la contrapposizione tra il mondo<br />

dei vivi e quello dei morti, così come le leggi<br />

del diritto e quelle sacre ed eterne della morale<br />

e della religione; ma anticipa anche la moderna<br />

contrapposizione uomo-donna, quando<br />

Creonte esclama che le donne non possono<br />

comandare sugli uomini e che se questo dovesse<br />

accadere l’umanità sarebbe condannata.<br />

Tutti temi ricorrenti anche nella società<br />

odierna che fanno delle tragedie del teatro<br />

greco antico rappresentazioni sempre attuali<br />

e strettamente collegate con l’identità stessa<br />

della natura umana.<br />

Dopo uno spettacolo così grandioso,<br />

ben recitato e arricchito da pregevoli musiche,<br />

i presenti sono tornati all’area camper<br />

dove li attendeva la cena e il sonno del giusto,<br />

pronti il giorno dopo a tuffarsi nelle atmosfere<br />

di Ortigia, l’isoletta che è stata il nucleo<br />

originario della colonia greca che ha dato<br />

il via alla nascita di Siracusa. Purtroppo il<br />

cielo era velato e le diverse prospettive<br />

dell’isoletta apparivano offuscate e quasi senza<br />

contorni, privando del piacere di apprezzare<br />

fino in fondo il contrasto tra l’acqua e le<br />

pregevoli costruzioni che vi si riflettono; in<br />

ogni caso, sotto la sapiente guida di Alfio<br />

Triolo, abbiamo seguito l’itinerario classico di<br />

scoperta dell’isoletta, dalle rovine del tempio<br />

di Apollo, risalenti al VI secolo a.C., a Piazza<br />

Archimede, con la fontana dedicata a Diana<br />

di inizio ‘900, a Via delle Maestranze, arricchita<br />

da pregevoli architetture barocche, fino<br />

al magnifico Duomo, costruito sul tempio<br />

greco dedicato ad Atena, di cui si distinguono<br />

chiaramente le colonne doriche lungo il<br />

suo perimetro, e alla Fontana Aretusa, scandita<br />

dal verde dei papiri e dal candore delle paperelle,<br />

che ricorda lo sfortunato amore della<br />

ninfa, trasformata in fonte, e di Alfeo, trasformato<br />

in fiume, in modo che le loro acque<br />

potessero congiungersi in eterno. Peccato<br />

che Ortigia, nonostante i suoi tesori in pietra,<br />

versi in uno stato di notevole degrado che<br />

meriterebbe estrema attenzione da parte delle<br />

autorità cittadine e non certo l’oblio che la<br />

circonda!<br />

La Fontana Aretusa a Ortigia<br />

Questo magone della mattina è stato<br />

“rinforzato” dalla mancata visita (prevista nel<br />

pomeriggio) al Museo Archeologico Paolo<br />

Orsi, chiuso a partire dalle ore 13 “per il<br />

giorno festivo”, quel 2 giugno che invece ha<br />

proposto un po’ dappertutto in Italia il prolungamento<br />

dell’orario di apertura delle sedi<br />

museografiche più disparate fino alle ore 22!<br />

Inutile dire che siamo rimasti senza parole,<br />

anche perché continua a sfuggirci il senso del<br />

chiudere i musei proprio quando la gente è<br />

libera e potrebbe quindi visitarli più facilmente.<br />

Ovviamente pensiamo alle migliaia di turisti<br />

anche di altre nazioni incappati quel pome-


iggio nella chiusura non prevista del museo e<br />

non ci meravigliamo affatto del perché le percentuali<br />

parlino sempre chiaro: l’Italia, e la Sicilia<br />

in particolare, non attirano più come un<br />

tempo i turisti.<br />

Nel pomeriggio la visita di Siracusa è<br />

comunque proseguita con la sosta al vicino<br />

Santuario della Madonnina delle Lacrime, costruito<br />

per custodire l’effigie della Madonna<br />

che ha versato lacrime nel 1953, in una casa<br />

di una giovane coppia di sposi in via degli Orti.<br />

Il complesso religioso, i cui lavori sono stati<br />

solo recentemente conclusi, si compone di<br />

due parti: la cripta, eretta nel 1968, che ha<br />

fatto da chiesa fino alla costruzione della parte<br />

superiore, consacrata nel 1994 a lavori ancora<br />

in corso ed eretta a forma di cono rovesciato.<br />

Sia l’interno che l’esterno del Santuario<br />

sono realizzati in cemento armato e in<br />

forme ultramoderne, che non incontrano facilmente<br />

il gusto dei siracusani. Tra il piano<br />

superiore e quello superiore, per dare un po’<br />

più di “calore religioso” all’insieme, si susseguono<br />

diverse cappelle con opere d’arte moderna,<br />

come quadri e mosaici di argomento<br />

sacro, ma anche pregevoli iconostasi e resti<br />

archeologici che emergono dal pavimento, un<br />

po’ come in tutta la città, ma l’insieme risulta<br />

comunque freddo e vagamente sterile.<br />

Parlando proprio di questi argomenti,<br />

il gruppo è quindi ritornato in serata con una<br />

bella passeggiata a Ortigia per concludere<br />

degnamente la giornata presso il ristorante<br />

“Al Gambero Rosso”, dove il nostro Alfio<br />

Triolo aveva organizzato una splendida cena<br />

con menù a base di pesce. Qui abbiamo avuto<br />

anche l’occasione di brindare a Francesco,<br />

delizioso nipotino di Alfio Triolo, nato da appena<br />

sei settimane, e quindi divenuto la mascotte<br />

del nostro <strong>Club</strong>. E poi, con le panze<br />

decisamente piene, non è rimasto che tornare<br />

ai camper e crollare nelle mansarde.<br />

Il Santuario della Madonnina delle<br />

Lacrime<br />

Alfio Triolo con la moglie, la figlia e<br />

il nipotino, nuova mascotte del nostro<br />

<strong>Club</strong><br />

La mattina del 3 giugno la nostra carovana<br />

si è spostata all’oasi naturalistica di<br />

Vendicari, luogo di migrazione di varie specie<br />

di uccelli come cavalieri d’Italia, fenicotteri e<br />

anatre, dove è possibile passeggiare in un<br />

contesto che ricorda da vicino le distese sabbiose<br />

del deserto, intervallate però da pantani,<br />

stagni e mare; attraverso i capanni in legno,<br />

disseminati lungo le rive dei pantani, si<br />

possono osservare le varie specie di uccelli,<br />

che raggiungono l’oasi per riposarsi, prima di<br />

continuare la migrazione dall’Europa del centro-nord<br />

al nord-Africa e viceversa. Il mese di<br />

giugno non è il migliore per l’osservazione<br />

ornitologica, perché la maggior parte degli<br />

uccelli è già ripartita, ma lo spettacolo della<br />

natura, con le acque che si incuneano tra la<br />

terraferma, scandita da numerose specie di<br />

piante, è sempre garantito, anche se il cielo


velato ha continuato a perseguitarci, annullando<br />

i contorni tra cielo e acqua.<br />

L’oasi di Vendicari<br />

Dopo il pranzo la carovana di camper<br />

ha, quindi, raggiunto il vicino borgo marinaro<br />

di Marzamemi, disteso scenograficamente tra<br />

il porticciolo ricolmo di barche, la lunghissima<br />

spiaggia candida e le casette colorate che<br />

le fanno da cornice, tra cui spicca quella dalla<br />

facciata in rosso pompeiano che è stata abitata<br />

da Vitaliano Brancati, e che è stata costruita<br />

su una minuscola isoletta che durante l’alta<br />

marea resta isolata, nonostante si trovi a pochi<br />

metri dalla riva. Sulla piazza principale del<br />

borgo si innalza un complesso gentilizio del<br />

‘700, composto dal palazzo nobiliare e dalla<br />

chiesa adiacente, attorno a cui si è sviluppata<br />

la tonnara e il piccolo borgo, e lungo il corso<br />

principale vi è anche un negozio di specialità<br />

locali, al cui interno le cavallette di turno si<br />

sono date agli acquisti, tra bottarga di tonno,<br />

conserve a base di pomodorini di Pachino,<br />

tonno, sgombri, alici, ecc. E poi, a proposito<br />

di cibo, le stesse cavallette si sono riunite<br />

presso la vicina pizzeria “l’Ancora”, dove si è<br />

dato il via al rito collettivo di pizza e patatine.<br />

Chi aveva ancora spazio nella pancia ha ingurgitato<br />

anche il gelato e poi il gruppo si è<br />

diviso, tra coloro che hanno preferito le delizie<br />

della mansarda e coloro che, invece, si<br />

sono recati in piazza per assistere ad uno<br />

spettacolo. Ma per tutti la notte è stata cullata<br />

dal vicino sciabordio delle onde, che ha assicurato<br />

sonni sereni e rilassanti.<br />

Il mattino del 4 giugno ci si è mossi<br />

di buon mattino per raggiungere la Valle<br />

dell’Anapo e Pantalica, situata su uno sperone<br />

roccioso a guardia della omonima valle che si<br />

incunea fra i Monti Iblei e che costituisce uno<br />

dei più importanti siti preistorici in Sicilia,<br />

grazie al notevole interesse archeologico dato<br />

dalle 5.000 tombe a grotticella presenti<br />

nell’area e risalenti al <strong>XIII</strong>-VIII secolo a.C.; nel<br />

loro insieme queste tombe costituiscono la<br />

più grande necropoli rupestre d’Europa, ma<br />

non è da trascurare nemmeno il rilevante valore<br />

naturalistico del paesaggio che incornicia<br />

la necropoli, grazie ad una densa vegetazione,<br />

allo scorrere del fiume Anapo e agli scorci<br />

panoramici sugli Iblei, intervallati dalle visioni<br />

della necropoli che si susseguono lungo il<br />

percorso.<br />

Pantalica e la Valle dell’Anapo<br />

La visita di quest’oasi naturalistica e<br />

archeologica si è svolta sotto la guida di Melanie,<br />

che ci ha aiutato a guadare fiumi e ad<br />

arrampicarci tra i massi, lungo i passaggi più<br />

difficili delle nostre esplorazioni, contribuendo<br />

a farci sentire tutti come dei novelli Indiana<br />

Jones, al cospetto di un paradiso naturalistico<br />

per fortuna non ancora perduto. Così<br />

sotto i nostri occhi meravigliati si sono succeduti,<br />

dall’ingresso della Riserva Naturale dal<br />

lato di Sortino, gallerie buie, il tracciato della<br />

vecchia ferrovia Siracusa-Vizzini, scorci<br />

sull’ampia valle dell’Anapo, incorniciata da<br />

platani, pioppi, salici e coloratissimi oleandri,


il placido fluire del fiume Anapo in un universo<br />

verde tra acque e vegetazione, ma anche<br />

tracce di storia antica, incarnate<br />

dall’acquedotto greco, costruito dal tiranno<br />

Gelone intorno al 480 a.C., che ancora oggi<br />

convoglia le acque del vicino fiume di Calcinara<br />

fino al teatro greco di Siracusa, con un<br />

percorso di oltre trenta chilometri in leggera<br />

pendenza.<br />

I nostri soci mentre guadano<br />

l’Anapo<br />

E poi, attraverso un sentiero che segue<br />

il fluire sinuoso dell’Anapo, con suggestivi<br />

laghetti che si aprono davanti<br />

all’improvviso, libellule che si librano nell’aria,<br />

farfalle che volteggiano pigramente e fiori dai<br />

mille colori, ci siamo ritrovati sul vecchio<br />

tracciato della ferrovia, fino alla Stazione di<br />

Pantalica, adibita a Museo Etnoantropologico<br />

e naturalistico, mentre le telecamere<br />

di una troupe RAI di Geo & Geo, presenti<br />

nella riserva, ci seguivano passo passo.<br />

Inutile dire che a questo punto eravamo<br />

piuttosto stanchi e sentivamo il bisogno<br />

di riposare all’ombra, ma anche di mettere<br />

qualcosa tra i denti, anche perché si era fatta<br />

l’ora di pranzo; e anche questa volta le cavallette<br />

sono state accontentate, mentre si materializzavano<br />

all’improvviso, tra gli alberi e la<br />

fitta vegetazione, pizze e scacce ancora calde<br />

in abbondanza, vino di casa, acqua fresca e<br />

arance. Si è dato così il via ad uno spuntino<br />

bucolico in grande stile, durante il quale le<br />

cavallette hanno dato il meglio di sé, ma senza<br />

riuscire a finire tutto, tanto che francescanamente<br />

sono state poi divise le pizze e le<br />

scacce rimaste, che sono state consumate<br />

nelle ventiquattro ore seguenti, senza che<br />

nemmeno una briciola di quel bendiddio andasse<br />

perduta.<br />

I nostri soci in una sosta nel corso della visita<br />

della Valle dell’Anapo e di Pantalica


Dopo il pranzo e i chilometri percorsi<br />

la stanchezza era notevole, ma per fortuna ci<br />

è venuto in soccorso il pulmino della riserva<br />

che ci ha riportato indietro su ruote, fino ai<br />

camper che ci attendevano pazientemente<br />

all’ingresso, alcuni chilometri indietro! Quindi<br />

la carovana di mezzi si è spostata ancora verso<br />

l’ultima tappa del raduno, il vicino paese di<br />

Sortino, dove era attesa nel parcheggio del<br />

municipio, in cui erano stati riservati dei posti<br />

per i camper presenti. Qui giunti, un po’ di<br />

riposo era d’obbligo, dopo i chilometri percorsi<br />

nel corso della giornata, anche se alcuni<br />

dei presenti ne hanno approfittato per fare<br />

una prima passeggiata nel paese, assistendo<br />

anche alla messa pomeridiana del sabato.<br />

Il nostro gruppo a Sortino davanti<br />

la chiesa della Natività<br />

Ma il grosso delle esplorazioni cittadine<br />

hanno avuto luogo il giorno dopo, la<br />

mattina della domenica 5 giugno, quando una<br />

guida della Pro Loco è venuta ad accompagnarci<br />

nel corso della visita; si è così effettuata<br />

una passeggiata nel centro storico, ricostruito<br />

dopo le distruzione del terribile terremoto<br />

del 1693 che cambiò la fisionomia della<br />

Sicilia orientale, seminando morte e distruzione.<br />

Peccato che in questo periodo la cittadina,<br />

con la decisa impronta barocca rilevabile<br />

tuttora nelle architetture delle chiese e di<br />

alcuni palazzi nobiliari costruiti dopo il terremoto,<br />

sembri un enorme cantiere in costruzione,<br />

dato che buona parte dei suoi monumenti<br />

più importanti sono in restauro, facciate<br />

comprese.<br />

In ogni caso, percorrendo il centrale<br />

Corso Umberto ci siamo inoltrati nel cuore<br />

dell’abitato, fiancheggiando le varie chiese<br />

cittadine, come quella di Santa Sofia, dedicata<br />

alla patrona cittadina, o come la chiesa del<br />

Purgatorio, incorniciata da un grazioso portale,<br />

o ancora come la chiesa di San Sebastiano,<br />

arricchita da affreschi del Crestadoro, artista<br />

palermitano del ‘700. Ma tra le chiese<br />

cittadine più importanti vi sono la chiesa della<br />

Natività, con un’armoniosa facciata concavoconvessa<br />

su tre ordini, che ospita all’interno<br />

un pregevole pavimento in piastrelle di maioliche<br />

che raffigura la Pesca miracolosa, la<br />

chiesa dei Cappuccini, che ospita il prezioso<br />

ciborio dell’altare maggiore in legno intarsiato,<br />

eseguito in diciotto anni da Fra Angelo di<br />

Mazzarino, e la settecentesca Chiesa Madre,<br />

dedicata a San Giovanni Evangelista, preceduta<br />

da un artistico sagrato e caratterizzata<br />

da una facciata che, dalle foto che ci sono<br />

state mostrate (dato che sono in corso i lavori<br />

di restauro) è un vero e proprio capolavoro<br />

di architettura barocca.<br />

Il pezzo forte della visita della cittadina<br />

è stato però senza dubbio il Museo<br />

dell’Opera dei Pupi, ospitato all’interno del<br />

Convento dei Padri Conventuali, che raccoglie<br />

al suo interno la collezione di pupi siciliani<br />

appartenenti al puparo don Ignazio Pugliesi,<br />

con pupi alti fino ad un metro e quaranta,<br />

dal peso di oltre trentacinque chili. Penetrare<br />

all’interno del museo è quasi come fare un<br />

salto nel giardino della nostra infanzia, tra<br />

pupi variopinti dalle espressioni più varie, che<br />

sembrano in grado di animarsi da un momento<br />

all’altro, per trascinarci in un universo rutilante<br />

di suoni e di emozioni, dove tutto sembra<br />

possibile, anche l’amore disperato di Orlando<br />

per Angelica.<br />

Nel museo si susseguono varie sale<br />

tematiche, come quella dei giganti e dei mostri,<br />

quella dei saraceni, sui cui volti si allungano<br />

ghigni satanici, dei paladini di Francia,


con un posto d’onore riservato a Carlo Magno,<br />

o ancora come quella di Orlando, Angelica<br />

e Rinaldo, cristallizzati nel loro eterno<br />

triangolo, ma vi è anche una sezione dedicata<br />

alla farsa, che concludeva ogni rappresentazione,<br />

con il personaggio di Peppennino, e<br />

un’altra ancora dedicata alle teste dei pupi,<br />

che sembra appena uscita da una seduta<br />

straordinaria della ghigliottina francese. La<br />

visita del museo si conclude con la tappa<br />

nell’antico teatrino, che sembra sul punto di<br />

animarsi con l’ennesima messa in scena delle<br />

vicende dei paladini di Francia.<br />

Dopo questo entusiasmante tuffo nel<br />

passato dei nostri nonni, ci siamo ritrovati nel<br />

parcheggio del municipio per consumare un<br />

pranzo veloce, prima di riprendere la rotta<br />

verso casa, che per la maggior parte dei partecipanti<br />

distava diverse ore di cammino; ma<br />

nemmeno le piccole code incontrate per<br />

strada sono riuscite a farci dimenticare i suoni,<br />

i colori e i profumi di questo lungo e magico<br />

tour trascorso tutti insieme, inseguendo<br />

l’affascinante passato della nostra isola, dalle<br />

tragedie greche alle rappresentazioni dei pupi,<br />

dalle colonne doriche dei templi greci alle colonne<br />

tortili delle chiese barocche, dall’oasi<br />

naturalistica di Vendicari paradiso degli uccelli<br />

alla riserva naturale di Pantalica paradiso<br />

degli umani, attraverso un percorso di grande<br />

bellezza che mescola arte, storia, natura, ma<br />

anche le sagome dei nostri irrinunciabili camper.<br />

Chi potrebbe farne a meno<br />

Il museo dei pupi di Sortino<br />

Testo di Mimma Ferrante - Foto di<br />

Paolo Carabillò e Maurizio Karra<br />

Il porticciolo di Marzamemi


Perché ancora oggi il teatro greco<br />

Anche quest’anno si rinnova presso il teatro greco di Siracusa il tradizionale<br />

appuntamento con la tragedia antica: ma qual era il suo significato<br />

nel V secolo a.C. e qual è, soprattutto, oggi a distanza di 2.500 anni<br />

L<br />

a gente accorre tra maggio e<br />

giugno ormai di ogni anno a Siracusa per assistere<br />

alle tragedie greche messe in scena a<br />

cura dell'Istituto del Dramma Antico. Lo fa un<br />

po' per moda, un po' per reale interesse, un<br />

po' perché "almeno una volta nella vita vanno<br />

viste"; giunge a Siracusa con lo stesso entusiasmo<br />

con il quale ateniesi, meteci (i residenti<br />

senza cittadinanza), non ateniesi e<br />

schiavi accorrevano nel V secolo a.C. nel teatro<br />

di Dioniso, fatto ricostruire poi a metà del<br />

IV secolo da Licurgo e adornato con le statue<br />

dei maggiori autori (Eschilo, Sofocle ed Euripide).<br />

Eppure una tragedia greca non è uno<br />

spettacolo facile da "digerire" (forse non lo<br />

era nemmeno quando nacque), quindi viene<br />

spontanea la domanda: perché tanto interesse<br />

a distanza di 2500 anni E qual è il significato<br />

del teatro antico riproposto oggi, fuori<br />

dal contesto storico di appartenenza Cercheremo<br />

con queste brevi noti di fornire una<br />

chiave di lettura al problema;<br />

Per tentarci, bisogna partire dal contesto<br />

sociale e culturale nel quale videro la<br />

luce queste opere. Siamo nel V secolo a.C. ad<br />

Atene, porto "internazionale" del Mediterraneo,<br />

città popolata (130.000 abitanti) e ricca<br />

più di ogni altra, insomma il centro più importante<br />

di tutto l'Occidente sia per potenzialità<br />

economica che per influenza culturale, tanto<br />

da fare scrivere a Tucidide (il maggiore “giornalista”<br />

dell’epoca, per noi il massimo storico<br />

di quel tempo) che Atene era la "scuola della<br />

Grecia" (va subito detto che la seconda città<br />

in ordine d'importanza a quell'epoca era proprio<br />

la nostra Siracusa!). Questa leadership<br />

Atene l'aveva conquistata meritatamente con<br />

la vittoria sugli invasori persiani nel 480, ma<br />

l'avrebbe persa ben presto con la disastrosa<br />

lotta di egemonia (431-404) con Sparta, roccaforte<br />

militare a economia esclusivamente<br />

rurale. Ma bastarono meno di 70 anni per<br />

cambiare il mondo, non solo quello di allora,<br />

ma anche il nostro.<br />

Ma torniamo all'Atene di allora: la<br />

società ateniese, nonostante la divisione della<br />

popolazione in vere e proprie classi e la presenza<br />

massiccia di schiavi, era in un certo<br />

senso più compatta delle democrazie odierne,<br />

nel senso che tutti partecipavano comunque<br />

alla vita pubblica e alle assemblee popolari<br />

della città. E anche dal punto di vista culturale,<br />

il teatro, così come per altro i dibattiti di<br />

retorica o le recite di poemi epici, era visto<br />

come il luogo della cultura di massa, un po'<br />

come oggi la televisione. Tutti assistevano<br />

alle rappresentazioni teatrali (quelle tragiche e<br />

poi quelle comiche), partecipando attivamente<br />

al dibattito culturale (secondo i romani i<br />

greci pensavano e discutevano troppo... ).<br />

La tragedia greca era anche intimamente<br />

legata alla religione, e precisamente al<br />

culto di Dioniso, dio della fertilità; il potere<br />

della religione, che un tempo pervadeva anche<br />

ogni aspetto della quotidianità, spiega il<br />

condizionamento della gente verso una morale<br />

e una storia che trascendono la realtà, e in<br />

questo senso la tragedia rappresentava il<br />

momento più alto in cui storia, morale e religione<br />

si univano per fornire un ”indirizzo” a<br />

una comunità strettamente unita.<br />

All'inizio della primavera, quando A-<br />

tene era stipata di turisti e uomini d'affari, si<br />

celebrava la festa di Dioniso, la più importante<br />

di tutto l'Occidente; nell'ambito di tale festa<br />

l'arconte eponimo (una sorta di assessore<br />

multi-funzione) designava a suo arbitrio tre<br />

poeti, ciascuno dei quali doveva proporre al<br />

pubblico, dopo i sacrifici e la grande processione<br />

religiosa, in una vera e propria gara che<br />

durava tre giorni, tre tragedie e un dramma<br />

satiresco, le cui spese di allestimento in teatro<br />

sarebbero toccate a tre cittadini facoltosi<br />

(oggi li definiremmo "sponsor").


Una rappresentazione moderna di una tragedia antica, con gli attori che<br />

vestono paludamenti e maschere simili a quelli del passato.<br />

Le spese erano comunque abbastanza<br />

relative, dato che lo scenario era primitivo<br />

o quasi inesistente, non vi erano illuminazione<br />

né organizzazione scenica, e l'autore teatrale,<br />

che era all’inizio anche attore e capo di<br />

una vera e propria compagnia, non percepiva<br />

alcun compenso: solo al vincitore dell'agone<br />

teatrale sarebbe toccato infatti come premio<br />

una corona di alloro. Le uniche spese erano<br />

legate all'organizzazione del coro (una quindicina<br />

di persone) e del suonatore di flauto che<br />

con la sua musica all'unisono accompagnava<br />

la recitazione in scena; costumi e maschere o<br />

erano confezionati alla buona o noleggiati da<br />

appositi magazzini.<br />

Dicevamo che all'inizio lo stesso autore<br />

era anche attore, anzi era "l'attore" (unico),<br />

dato che la tragedia era in pratica un<br />

susseguirsi di monologhi; successivamente il<br />

teatro antico conobbe, oltre alle comparse (in<br />

genere mute), il secondo e poi il terzo attore,<br />

tutti rigorosamente uomini, che impersonavano<br />

nel corso della rappresentazione vari<br />

personaggi (anche femminili), cambiando abito<br />

di scena e maschera, nonché voce (uomodonna,<br />

giovane-vecchio) e modo di interpretazione.<br />

La tragedia in tal modo si arricchì di<br />

fitti dialoghi tra personaggi che contestualmente<br />

erano presenti in scena, mentre il coro<br />

a suon di musica fungeva da "commento" alla<br />

scena o voce fuori campo, e talvolta perfino<br />

da corpo di ballo con passi cadenzati e con<br />

movimenti ritmici delle mani e delle braccia;<br />

tra un atto e l'altro della rappresentazione,<br />

inoltre, il coro si rivolgeva al pubblico attivandone<br />

la presenza con una specie di dialogo<br />

fuori scena.<br />

Le tecniche di recitazione, non sempre<br />

conservatesi oggi nei cicli di rappresentazioni<br />

moderne (nelle quali per esempio sono<br />

presenti in scena molti attori), erano ben precise.<br />

I movimenti degli attori in scena erano<br />

rapidi e i gesti rigorosi e, poiché l'attore antico<br />

era totalmente ricoperto di paludamenti e<br />

maschera per dar corpo al singolo personaggio,<br />

la teatralità era oltremodo enfatizzata: per<br />

capirlo, si pensi al cinema muto, con gli attori<br />

che si buttavano a terra, che si battevano il<br />

petto, si abbracciavano, piangevano singultando,<br />

ecc.


E gli spettatori Si può pensare che,<br />

oggi come allora, qualcuno andava a teatro<br />

per il gusto di dire "c'ero anch'io", magari<br />

addormentandosi a metà della tragedia; ma la<br />

maggior parte della gente - ce lo dicono le<br />

fonti antiche - partecipava con attenzione e<br />

spirito critico alle vicende rappresentate, e-<br />

sprimendo liberamente i propri sentimenti di<br />

approvazione o di ostilità alle varie vicende o<br />

ai vari personaggi con battimani, grida, fischi,<br />

colpi con i piedi ai sedili e altro ancora (cose<br />

che oggi farebbero espellere lo spettatore dal<br />

teatro, ma non sempre quello degli stadi!).<br />

Il pubblico aveva naturalmente i suoi<br />

beniamini, sia tra gli autori che, più tardi, tra<br />

gli attori; a un certo punto, anzi, gli autori<br />

"moderni" finirono con il reinterpretare solamente<br />

opere di autori precedenti (mettendo<br />

in scena veri e propri "remake") e così la tragedia,<br />

divenuta un "festival" di recitazione,<br />

declinò ben presto cedendo il posto ad altre<br />

forme di teatro meno solenni.<br />

Gli autori greci pervenuti anoi (Eschilo,<br />

Sofocle ed Euripide) non furono naturalmente<br />

gli unici dell'antichità, ma furono appunto<br />

i più rappresentati anche dopo la loro<br />

morte nell'ambito dei "festival" di cui accennavamo.<br />

Quanto ai loro testi, essi si sono<br />

conservati non sempre nella versione originale<br />

(che non veniva "edita" all'inizio) ma nella<br />

versione che Licurgo nel 330 a.C. con una<br />

legge fece trascrivere e conservare come<br />

"copia ufficiale"; ma poiché in circa un secolo<br />

i testi avevano subito in alcuni casi anche pesanti<br />

modifiche (non esisteva allora neanche<br />

una legge sui diritti d'autore), è presumibile<br />

che del teatro antico di originale si sia conservato<br />

in ogni caso molto poco.<br />

Oltre a numerosi frammenti (anche di<br />

altri autori), le opere pervenute fino a noi e<br />

quindi rappresentabili sono in tutto 32, di cui<br />

7 di Eschilo, l'autore più antico, vissuto fra il<br />

525 e il 456 a.C. (fra queste I Sette a Tebe<br />

rappresentata quest'anno), 7 di Sofocle, vissuto<br />

fra il 496 e il 406 (fra cui l’Antigone,<br />

anch’essa in cartellone quest’anno), e 18 di<br />

Euripide, vissuto fra il 485 e il 406.<br />

A questo punto ritorniamo sul problema<br />

che avevamo sollevato all'inizio: perché<br />

anche oggi che tante opere teatrali contemporanee<br />

vedono la scena e magari vengono<br />

disertate dal pubblico si sente quasi il bisogno<br />

di tornare indietro di 2500 anni Si tratta<br />

solo di fenomeno "cult" lo credo che, oltre<br />

agli enormi interessi economici che girano<br />

intorno alla manifestazione (alberghi, ristoranti,<br />

pacchetti aereo+pullman, ecc.), il fascino<br />

squisitamente culturale del teatro greco<br />

non è solo dettato da curiosità per il passato.<br />

E' come se il mondo di Eschilo, di Sofocle e<br />

di Euripide ci chiedesse attraverso il contatto<br />

delle rappresentazioni di Siracusa (che comunque<br />

non sono le uniche neanche in Italia,<br />

per quanto le più importanti) chi siamo e come<br />

siamo noi oggi, e noi a nostra volta ci<br />

chiedessimo come eravamo e attraverso quali<br />

avvenimenti e quali dubbi ci siamo mossi durante<br />

due millenni e più.<br />

Forse l'attualità del teatro antico,<br />

come quella dei classici in genere, sta in questo<br />

e in questo soltanto. Sta nella capacità dei<br />

registi di oggi di re interpretare magari alla<br />

luce di avvenimenti storici moderni e attuali il<br />

contesto di sfondo dell'opera, creando agganci<br />

che dal punto di vista filologico possono<br />

fare scandalizzare gli studiosi della letteratura<br />

antica, ma che producono e stimolano<br />

interesse e comprensione da parte del pubblico;<br />

sta agli insegnanti non portare gli alunni<br />

delle scuole a Siracusa come "pacchi postali",<br />

obbligandoli a fare qualcosa che non<br />

comprendono; sta a tutti fare da pubblico<br />

consapevole e maturo, quindi partecipe in<br />

modo coerente allo spettacolo a cui si assiste.<br />

La ricerca di una giustificazione e di<br />

una legittimazione della presenza dei classici<br />

nel mondo di oggi vale tanto più se riusciamo<br />

a non accorgerci dei millenni che ci separano<br />

dagli antichi, da Eschilo o da Euripide per<br />

quanto riguarda le tragedie greche, dall'ignoto<br />

autore di pitture vascolari o di bassorilievi<br />

esposti in un museo archeologico per quanto<br />

riguarda la pittura o la scultura. E' uno sforzo<br />

che va fatto con maturità e non con superficialità;<br />

e forse noi del <strong>Club</strong> <strong>Plein</strong> <strong>Air</strong> <strong>BdS</strong>, più<br />

abituati di altri a questa funzione "culturale"<br />

della nostra associazione, partiamo avvantaggiati.<br />

Maurizio Karra


E<br />

Nord, sud, ovest, est<br />

Ai nastri di partenza i viaggi dell’estate <strong>2005</strong><br />

ccoci, come ogni anno, alla vigilia dei viaggi estivi, sempre più sinonimo di libertà e<br />

di “ricompensa” di un anno di lavoro e fatica. Tante, come sempre, le mete che il <strong>Club</strong> propone,<br />

veramente ai quattro angoli delle terre raggiungibili su ruote, dalla Norvegia al Portogallo, dalle<br />

Repubbliche Baltiche alla Turchia.<br />

LE METE<br />

Tour di Spagna e Portogallo<br />

! Organizzatore: Maurizio Karra.<br />

! Inizio viaggio e durata: 25 giugno da Messina - 33 giorni.<br />

! Itinerario: Veloce attraversamento dell’Italia e della Francia mediterranea fino al confine<br />

spagnolo; quindi visita di Barcelona, Valencia, Cuenca, Belmonte, Irota del Cuervo, El Tobosco,<br />

Consuegra, Puerto Lapice, Argamasilla de Alba, Valdepenas, Ubeda, Baeza, Andujar,<br />

Cordoba, Granada, Anteguera, Ronda, Gibilterra, Jerez de la Frontera, Badajoz; ingresso<br />

in Portogallo e proseguimento per Villa Vicosa, Estremoz, Evora, Arraiolos, Lisbona,<br />

Cascais, Sintra, Capo de Roca, Mafra, Obidos, Peniche, Nazaré, Alcobaca, Batalha, Fatima,<br />

Tomar, Coimbra, Viseu, Porto, Viana do Castelo, Braga, Guimares, Villa Real, Braganca;<br />

rientro in Spagna e visita di Valladolid, Coca, Segovia, San Ildefonso-La Granja, Madrid,<br />

Zaragoza, Lerida, Andorra; rientro in Italia via Provenza (circa 9.000 km.).<br />

! Note: Il tour sarà incentrato sui seguenti micro-itinerari: Barcelona e la Catalugna; la Strada<br />

di Don Chisciotte nella regione della Mancha; l’Andalusia minore e le grandi città manueline;<br />

il Portogallo da sud a nord; Madrid e dintorni. Sarà un viaggio di grande respiro,<br />

che presterà la massima attenzione agli aspetti culturali e sociali delle regioni attraversate.<br />

Viaggio nel paesaggio italiano<br />

! Organizzatore: Luigi Fiscella, per la partenza dell’8 luglio; Filippo Santonocito per la partenza<br />

del 15 luglio.<br />

! Inizio viaggio e durata: 8 e 15 luglio da Palermo – 22 giorni.<br />

! Itinerario: Il lago di Bolsena, Capodimonte, Terni, la cascata delle Marmore, Todi, Assisi,<br />

l’Abbazia di Vallingegno, Gubbio, Fossombrone, la Valle del Metauro, Urbino, Bologna,<br />

Ferrara, Lucca, Pisa, San Gimignano, Siena, la Maremma, Tivoli e Roma (circa 3.500 km.).<br />

! Note: L’itinerario si snoda fra centri minori e città d’arte dell’Italia centrale, attraversando<br />

ambienti e paesaggi di straordinario interesse dell’Umbria, delle Marche, della Toscana,<br />

Dell’Emilia e del Lazio. A tale scopo saranno preferite strade statali e provinciali. I due<br />

gruppi effettueranno insieme una parte del tour comune.<br />

Ritorno in Norvegia<br />

! Organizzatore: Eduardo Spadoni.<br />

! Inizio viaggio e durata: 14 luglio da Palermo – 43 giorni.<br />

! Itinerario: da Palermo traghetto per Civitavecchia, quindi veloce attraversamento della<br />

penisola e breve giro delle città della Romantische Strasse (Fussen, Rothenburg, Nordlingen,<br />

Wurzburg); proseguimento per Lubecca e traghetto per la Danimarca con arrivo a<br />

Copenaghen, quindi attraverso il ponte di Malmo arrivo in Svezia e visita di Helsingborg,<br />

Goteborg, Uddevalla e Halden, ingresso in Norvegia e visita di Oslo, Lillehammer, Otta,<br />

Dombas, Oppdal, Trondheim, Alval, Kongsvinger, Karlstad; nuovamente in Svezia e tra-


ghetto da Helsingborg a Helsingor e, in Danimarca da Roodbyhavn a Puttgarden in Germania;<br />

rientro via Berlino, Dresda, Norinberga, Monaco, Brennero (circa 14.000 km. oltre<br />

ai vari traghetti).<br />

! Note: E’ un percorso impegnativo in termini chilometrici volto a visitare con calma alcuni<br />

dei luoghi più belli della Scandinavia e, in particolare, della Norvegia meridionale; sarà affrontato<br />

senza fretta, con soste anche di relax lungo l’itinerario.<br />

La Mitteleuropa<br />

! Organizzatore: Matteo Graffagnini.<br />

! Inizio viaggio e durata: 15 luglio da Palermo – 30 giorni.<br />

! Itinerario: veloce attraversamento dell’Italia fino al confine del Brennero; quindi in Austria<br />

visita di Innsbruck, Wattens, Salisburgo, St. Gilles, St. Wolfgang, Linz; ingresso in Rep.<br />

Ceca e soste a Cesky Krumlow, castello di Hubloka, Ceske Budejovice, Praga, castello di<br />

Karlstein, Kutna Hora, Hradec Kralowe, Olomouc, Telc, Brno; ingresso in Rep. Slovacca e<br />

visita di Austerlitz e Bratislava; rientro in Austria con soste a Vienna, Graz e Gurk; infine<br />

dal confine di Tarvisio rientro in Italia (circa 6.000 km.).<br />

! Note: E’ un itinerario fra città d’arte e di cultura della vicina Europa centro-orientale, che<br />

tocca le capitali dei tre stati interessati (Praga, Bratislava e Vienna) e le principali città delle<br />

tre nazioni, famose per i monumenti civili e religiosi e per l’artigianato artistico.<br />

La Croazia<br />

! Organizzatore: Adele Crivello.<br />

! Inizio viaggio e durata: 15 luglio da Palermo – 22 giorni.<br />

! Itinerario: da Palermo a Venezia e Trieste; attraversamento del confine con la Slovenia e<br />

successivo ingresso in Croazia; visita di Porec, Rovinij, Pula, Fiume, Ototac, Parco di Plitvice,<br />

Zara, Sibenik, Skradin, Parco di Krka, Trogir, Spalato, traghetto per l’Isola di Hvar<br />

(Stari Grad, Hvar Grad, Vrboska, Jelsa), rientro sulla terraferma a Drvenik, quindi Dubrovnik<br />

e infine traghetto per Bari e rientro a Palermo (circa 4.000 km. oltre ai traghetti).<br />

! Note: L’itinerario si snoda lungo tutta la costa della Crozia, dall’Istria a Dubrovnik, toccando<br />

città d’arte d’aspetto ancora veneziano, aree archeologiche, parchi naturalistici e il mare,<br />

con qualche giorno nell’isola più bella, quella di Hvar.<br />

Le coste di Grecia e Turchia<br />

! Organizzatore: Giovanni Pitré.<br />

! Inizio viaggio e durata: 22 luglio da Palermo – 21 giorni.<br />

! Itinerario: da Palermo a Bari e traghetto per Igoumenitza, quindi Ioannina, le Meteore, la<br />

costa egea fino al confine turco, Istanbul, Pammukale, Phaselis, Kas, Kalcan, Oludeniz, Bodrum,<br />

Efeso, Pergamo, Troia; arrivo a Cesme e imbarco per Brindisi, infine arrivo a Palermo<br />

(circa 4.000 km. oltre ai traghetti).<br />

! Note: E’ un viaggio che sarà imperniato soprattutto sul soggiorno in varie località della costa<br />

egea e della costa turchina, con escursioni in gommone per battute di pesca subacquea.<br />

Sono previste altresì visite ai monasteri delle Meteore, di Istanbul e delle aree archeologiche<br />

di Efeso, Pergamo e Troia.<br />

Dordogne-Perigord: le Pays de l’homme<br />

! Organizzatore: Ernesto Bazan.<br />

! Inizio viaggio e durata: 25 luglio da Palermo – 24 giorni.<br />

! Itinerario: da Palermo traghetto per Napoli, quindi veloce attraversamento della penisola<br />

e, dalla Val d’Aosta, ingresso in Francia con visite del Grand Bonanrd, La Clusaz, Annecy;<br />

da qui per Sarlat la Caneda, Beynac e Canezac, Limeuil, Bergerac, Perigueux, Bantome,<br />

Junilac le Grand, Nontron, Les Eppes, Riberac, Cap Ferret, Neuvie sur l’Isle, Le Burgue e<br />

rientro in Italia; da Genova traghetto per Palermo (circa 4.200 km. oltre ai traghetti).


! Note: La Dordogna, sulla strada che conduce da Parigi ai Pirenei, è una regione ricca di<br />

fascino e di sfumature racchiusa fra l’oceano e le montagne. Il viaggio in questa regione<br />

della Francia si presta quindi a un forte contatto con la natura con passeggiate in bici (indispensabile<br />

per chi vi parteciperà), escursioni in montagna e in canoa e visite delle principali<br />

città, dei parchi e dei siti archeologici.<br />

Il Baltico orientale<br />

! Organizzatore: Ninni Fiorentino.<br />

! Inizio viaggio e durata: 25 luglio da Palermo – 35 giorni.<br />

! Itinerario: da Palermo traghetto per Napoli, quindi veloce attraversamento della penisola e<br />

via Brennero, arrivo a Dresda e Berlino; dopo qualche giorno ingresso in Polonia da Stettino<br />

e arrivo sul Baltico con visite di Koszalin, Leba, Danzica; attraversamento della regione<br />

dei laghi Masuri e arrivo in Lituania con visita di Kaunas, Trakai, Vilnius, quindi Riga in<br />

Lettonia e Tallin in Estonia; da qui inizia la discesa verso sud con soste a Parnu, Jurmala,<br />

Palanga, Klaipeda, Nida; riattraversamento del confine fra Lituania e Polonia e rientro in I-<br />

talia via Varsavia, Wroklaw, Praga, Norinberga, Monaco, Brennero (circa 6.500 km. oltre<br />

ai traghetti).<br />

! Note: La costa del Mar Baltico polacco e le tre repubbliche baltiche di Estonia, Lettonia e<br />

Lituania sono la meta principale di questo tour che, unendo visite culturali a passeggiate<br />

naturalistiche, toccherà, in salita e in discesa, anche alcune delle più belle città dell’Europa<br />

centro-orientale (Dresda, Berlino, Varsavia, Praga, Monaco).<br />

La Grecia classica<br />

! Organizzatore: Nando Parisi.<br />

! Inizio viaggio e durata: 2 settembre da Palermo – 21 giorni.<br />

! Itinerario: da Palermo per Brindisi e imbarco per Igoumenitza; quindi Ioannina, Pearlia,<br />

Metsovo, Meteore, Karditsa, Lamia, Delfi, Loukas, Tebe, Atene, Capo Sounion, Dafni, E-<br />

leusi, Corinto, Micene, Nauplia, Epidauro, Tripolis, Sparta, Mistrà, Kalamata, Pylos, Olimpia,<br />

Patrasso, imbarco per Corfù e da qui imbarco per Brindisi e rientro a Palermo (circa<br />

3.000 km. oltre ai traghetti).<br />

! Note: Il tour prevede la visita dei luoghi più importanti di quella che fu la Grecia classica,<br />

nonché dei Monasteri delle Meteore e di alcune città bizantine. E’ prevista anche qualche<br />

sosta al mare. Oltre a Corfù, se il tempo lo permetterà, potrebbe essere aggiunta la visita<br />

di un’altra isola minore.<br />

NORME SUI VIAGGI<br />

I viaggi sono riservati ai soci del <strong>Club</strong> <strong>Plein</strong> <strong>Air</strong> <strong>BdS</strong>. Ognuno di essi potrà subire modifiche<br />

nella data di partenza, nell’itinerario e nella durata per ragioni varie, indipendenti dalla volontà<br />

dei relativi organizzatori (spostamento del periodo di ferie, motivi di famiglia, ecc.). In ogni caso,<br />

per ragioni meramente logistiche a ciascun viaggio potrà partecipare un numero massimo di<br />

4 equipaggi compreso l’organizzatore, tranne che questi, in deroga a tale numero, non sia disponibile<br />

ad aggregare un numero maggiore di equipaggi.<br />

L’organizzatore fungerà anche da capogruppo e rappresenterà il <strong>Club</strong> di fronte a terzi in<br />

tutto il viaggio; dovrà in particolare farsi carico di:<br />

! rappresentare per tutta la durata del tour, e nella migliore maniera possibile, l'immagine<br />

del <strong>Club</strong>, sia nei confronti dei partecipanti stessi (che avranno nell'organizzatore il punto di<br />

riferimento dell'associazione), sia nei confronti di tutti gli estranei al <strong>Club</strong> che durante il<br />

viaggio si avrà l'opportunità di incontrare (autorità locali, gestori di campeggi, ecc.), cercando<br />

di pubblicizzare le attività dell'associazione e informare sull'impegno di questa nell'ambito<br />

turistico-culturale e in quello del turismo responsabile;<br />

! utilizzare nel corso del viaggio il consueto borderò del <strong>Club</strong> per annotare i dati salienti di<br />

ogni giornata;


! restituire a fine viaggio alla Segreteria del <strong>Club</strong>, aggiornate, le banche dati ricevute;<br />

! predisporre, per ciascuno degli equipaggi partecipanti al viaggio e iscritti a CRAL <strong>BdS</strong>, un<br />

elenco analitico delle spese effettuate, provvisto di tutte le evidenze di spesa (scontrini e<br />

ricevute di campeggi, ristoranti e pizzerie, alimentari, carburante, pedaggi e quant'altro<br />

possa giustificare al meglio la richiesta di contributo), in linea con l’itinerario predisposto,<br />

con l'esclusione delle evidenze relative alle spese di carattere personale;<br />

! predisporre (anche a più mani, e quindi con la collaborazione di altri soci partecipanti al<br />

tour) uno o più articoli destinati al giornale e al sito Web del <strong>Club</strong>, contenenti - anche in<br />

un box finale - la maggior quantità possibile di informazioni riguardanti il viaggio: in particolare<br />

i campeggi, i punti sosta e i camper-service utilizzati, i musei e i palazzi storici, i siti<br />

naturalistici, i siti archeologici, nonché informazioni sugli itinerari, i percorsi stradali, lo<br />

shopping, il clima, gli eventi socio-culturali e folcloristici, ecc..<br />

Per quanto riguarda l'adesione dei soci ai vari programmi, tutti coloro che fossero interessati<br />

a uno dei viaggi in programma dovranno contattare al più presto direttamente<br />

l’organizzatore del viaggio prescelto, concordando con lui le modalità di partecipazione. I vari<br />

organizzatori terranno informati via via la segreteria del <strong>Club</strong>.<br />

INIZIATIVE COLLATERALI<br />

Collateralmente all'organizzazione dei viaggi estivi, anche quest'anno avranno luogo alcuni<br />

concorsi riservati ai soci del <strong>Club</strong>.<br />

Concorso fotografico e calendario del <strong>Club</strong><br />

Tutti i soci del <strong>Club</strong> possono partecipare a un concorso fotografico, con esposizione delle<br />

fotografie in luogo e data che saranno successivamente comunicati. Il tema delle foto è libero<br />

(paesaggi, monumenti, persone, situazioni particolari, ecc.), anche se dovrà riguardare comunque<br />

momenti o episodi legati ai viaggi.<br />

Ogni concorrente potrà partecipare al concorso inviando alla Segreteria del <strong>Club</strong> entro il<br />

3 ottobre <strong>2005</strong> un numero di fotografie compreso fra 5 e 8, ciascuna di dimensione 20 x 30. Le<br />

foto dovranno essere presentate con una targhetta adesiva sul retro con il nome del concorrente<br />

e il titolo della stessa. La valutazione sarà effettuata nell'ambito della mostra fotografica o collateralmente<br />

ad essa, secondo modalità che saranno preventivamente comunicate; gli autori delle<br />

foto vincitrici riceveranno un simpatico premio.<br />

Tra le foto presentate alla mostra, quelle più significative e nel contempo tecnicamente<br />

migliori saranno inserite, come è ormai consuetudine, nel calendario dei soci per il nuovo anno<br />

(2006). La selezione sarà curata da una commissione interna al <strong>Club</strong> e nominata dal direttivo.<br />

Concorso giornalistico<br />

Tutti i soci del <strong>Club</strong> possono partecipare a un concorso giornalistico predisponendo uno<br />

o più articoli o reportage di viaggio, composti ciascuno da un minimo di 8.000 e un massimo di<br />

30.000 battute.<br />

Gli articoli - che devono essere inediti - devono giungere alla redazione de "IL CLUB"<br />

stampati su carta e possibilmente registrati su dischetto in formato testo o Word, insieme a delle<br />

foto a corredo, entro il 20 ottobre <strong>2005</strong>.<br />

Tutti gli articoli pervenuti saranno pubblicati sui vari numeri successivi del giornalino e i<br />

migliori tre autori, a giudizio insindacabile della redazione de "IL CLUB", saranno successivamente<br />

premiati. Sono esclusi dal concorso i componenti della redazione del giornalino.<br />

* * *<br />

A tutti, quindi, un augurio di buon viaggio e un arrivederci al raduno di fine estate che si<br />

terrà quest’anno nel week-end del 16/18 settembre presso il Nautisub <strong>Club</strong> di Marsala-Birgi,<br />

all’interno della Riserva dello Stagnone, e di cui si fornirà per tempo il programma.


In capo al mondo<br />

A Capo Nord attraverso la natura spettacolare della Norvegia occidentale<br />

R<br />

aggiungere Capo Nord: il sogno<br />

di chi ami viaggiare su quattro ruote, il sogno<br />

di ogni camperista di spingersi con la propria<br />

casa itinerante fin dove giungono le strade<br />

europee, all’estremo nord possibile del mondo.<br />

Un percorso impegnativo, per la durata e<br />

per la percorribilità delle strade, un percorso<br />

entusiasmante per la spettacolarità dei paesaggi,<br />

tra vette altissime e ghiacciai perenni,<br />

sorprendenti spiagge candide lambite dalla<br />

Corrente del Golfo, incantevoli fiordi dalle<br />

acque verdissime incuneati tra ripide pareti<br />

incombenti solcate da spumeggianti cascate.<br />

La Norvegia è tutto questo, ma è anche fiabeschi<br />

paesini dalle casette colorate che si<br />

affacciano su acque cristalline, è le sue leggende,<br />

la vivibilità delle sue città.<br />

Contadini e pescatori fin dai tempi<br />

più antichi della loro storia, i norvegesi furono<br />

anche esperti marinai che con tecnologie<br />

non ancora del tutto conosciute furono in<br />

grado di percorrere grandi distanze sui mari,<br />

sembra fino al Nord America. Mentre da un<br />

lato le loro migrazioni favorirono i commerci,<br />

dall’altro le incursioni vichinghe intorno<br />

all’anno 1000 portarono distruzioni, saccheggi<br />

e stragi in tutta l’Europa.<br />

Dopo il pacifico e prospero periodo<br />

medievale, la Norvegia subì per parecchi secoli<br />

il dominio della Danimarca e della Svezia,<br />

fino al 1905, quando si rese indipendente dal<br />

regno di Svezia con un referendum popolare.<br />

In tempi recenti, la scoperta del petrolio nel<br />

Mare del Nord ha innalzato il tenore di vita<br />

dei suoi abitanti e reso il paese tra i più ricchi<br />

d’Europa. Profondamente nazionalista e individualista,<br />

gelosa forse anche del proprio benessere,<br />

la Norvegia non fa ancora parte<br />

dell’Europa.<br />

Oslo, una tranquilla capitale<br />

Oslo, la tranquilla capitale, è una città<br />

poco estesa, senza molti monumenti significativi,<br />

il cui centro storico è concentrato quasi<br />

esclusivamente lungo la rettilinea e affollata<br />

Johan Gatan che dalla stazione conduce al<br />

Palazzo Reale e sulla quale si affacciano il<br />

Grand Hotel, dove alloggiano i vincitori del<br />

Premio Nobel per la pace, il Gran Cafè frequentato<br />

dagli intellettuali norvegesi, il Parlamento,<br />

l’Università, il Teatro Nazionale. La<br />

strada è particolarmente affollata in estate,<br />

quando la temperatura mite invoglia abitanti e<br />

turisti a sostare sulle panchine e sui prati,<br />

rendendola gioiosa e vivace.<br />

Il giro di Oslo si può compiere facilmente<br />

in uno o due giorni. La visita non può<br />

prescindere dal Rådhus, l’imponente Municipio<br />

di fronte al mare, dalla Akershus, la grande<br />

fortezza che domina il fiordo di Oslo la<br />

DomKirke, la cattedrale evangelica, gli Aker<br />

Brygge, i vecchi moli ristrutturati oggi sede di<br />

moderni edifici, ristoranti, locali all’aperto in<br />

estate, luoghi di ritrovo della gioventù. Interessanti<br />

il museo che ospita la nave Flåm con<br />

cui Amundsen raggiunse il polo sud e quello<br />

che raccoglie vari esempi di navi vichinghe.<br />

Ricco di opere d’arte del pittore il museo dedicato<br />

a Edvard Munch, il solitario e tormentato<br />

artista che in forme cupe e drammatiche,<br />

ma talora anche gioiose e piene di luce, descrisse<br />

la sua Norvegia.<br />

Interessante nella sua particolarità è il<br />

Frognerpark, il grande polmone di verde cittadino<br />

all’interno del quale si racconta il ciclo<br />

della vita, dal concepimento alla morte, attraverso<br />

i numerosissimi gruppi scultorei di Gustav<br />

Vigeland, centinaia di statue rappresentanti<br />

nudi di bambini, giovani, vecchi, uomini<br />

e donne, dagli albori della vita alla spensieratezza<br />

della gioventù, fino alla malinconia della<br />

vecchiaia e la morte.<br />

Il Telemark e Bergen<br />

Da Oslo, Bergen può essere raggiunta<br />

attraverso la bella regione del Telemark,<br />

nel cuore della Norvegia meridionale. Il paesaggio<br />

è un susseguirsi di boschi rigogliosi<br />

con rare case in legno dipinte a colori vivaci


attraverso i quali la strada si snoda tortuosa<br />

seguendo nel suo saliscendi le curve del terreno,<br />

tra specchi d’acqua immobile su cui si<br />

riflettono gli alberi e le piccole case costruite<br />

sulle rive.<br />

A Heddal si trova la “cattedrale” delle<br />

chiese in legno norvegesi, la duecentesca<br />

stavkirke dai bei portali intagliati che si erge<br />

imponente e solitaria nella campagna circostante.<br />

La provinciale 124 si inerpica quindi<br />

tra i boschi nella valle del Tuddal in uno scenario<br />

di selvaggia bellezza, tra nevi perenni<br />

sulle cime più alte, quasi a portata di mano.<br />

Alla sommità, circa 1850 metri, non ci sono<br />

più alberi, ma una spettacolare ed imprevista<br />

distesa desolata e selvaggia con rocce ricoperte<br />

di muschio e una bassa e fitta vegetazione<br />

di licheni. Tra le folate di nebbia, la neve<br />

appare ancora intatta ai bordi della strada.<br />

La statale 40 segue la valle del Numedal,<br />

dove si trovano le più belle chiese in<br />

legno della Norvegia. Superata Geilo, la statale<br />

50 porta ad Aurland, un piccolo borgo<br />

all’estremità del suo bellissimo fiordo. E’ una<br />

strada splendida, il cui percorso si snoda tra<br />

panorami multiformi: gradualmente i pini silvestri<br />

e le betulle si diradano e prevale la tundra<br />

aspra e solitaria, dove la bassa vegetazione<br />

tra le rocce assume le più calde e varie<br />

gradazioni del verde e del marrone. La neve<br />

che si scioglie forma innumerevoli laghetti e<br />

fiumiciattoli vorticosi, attraverso mille rivoli e<br />

cascatelle spumeggianti.<br />

Improvviso appare dall’alto lo stupendo<br />

fiordo di Aurland, uno specchio verde<br />

smeraldo incuneato tra alte e ripide montagne.<br />

A pochi chilometri da Aurland, a Flåm,<br />

un trenino compie un ardito percorso fino a<br />

Myrdal, superando un dislivello di quasi 900<br />

metri in soli 6 chilometri, tra dirupi e cascate<br />

in un scenario di selvaggia bellezza. Dal treno<br />

si può ammirare dall’alto la valle del Flåm, la<br />

seicentesca chiesa del piccolo centro, i tornanti<br />

dell’antica carrozzabile. Proprio a ridosso<br />

della bella cascata di Kjofossen il treno effettua<br />

una fermata. Una giovane figura femminile<br />

appare improvvisamente tra le rocce e<br />

danza ai bordi dell’acqua spumeggiante al<br />

suono di una dolce melodia, ammaliante sirena<br />

che con il suo canto invita gli uomini a seguirla<br />

nelle viscere della montagna. Da Flåm a<br />

Bergen il paesaggio è sereno e ridente. La<br />

E16 costeggia il Sorfjorden le cui acque tranquille<br />

lambiscono le rive boscose. Una serie<br />

di lunghe gallerie, quasi sempre strette e poco<br />

illuminate, ne caratterizza l’ultimo tratto<br />

fino a Bergen.<br />

Bergen, l’antica capitale della Norvegia,<br />

è oggi una piacevolissima e moderna città<br />

che ha il suo centro nel Bryggen, il lungomare<br />

sul porto di Vågen, dove si affacciano i<br />

magazzini e le abitazioni in legno colorato che<br />

appartennero ai mercanti tedeschi della Lega<br />

Anseatica. Nel quattordicesimo secolo questi<br />

si stabilirono a Bergen e con i loro commerci<br />

in tutto il Baltico diedero alla città un periodo<br />

di grande splendore e benessere. In alcuni<br />

degli antichi locali, più volte riedificati dopo i<br />

frequenti incendi, è ricavato il museo della<br />

Lega, dove sono ricostruiti i locali adibiti alla<br />

lavorazione del pesce e gli alloggi del mercante,<br />

dei suoi collaboratori e dei giovani apprendisti.<br />

Di questi il museo illustra dettagliatamente<br />

la durezza della vita, lo sfruttamento<br />

e la dura disciplina. Colpisce il contrasto stridente<br />

tra i loro poveri ambienti e l’eleganza<br />

dell’alloggio del mercante. Nella stanza del<br />

sovrintendente fa bella mostra di sé una lunga<br />

frusta. A ridosso del Brygge, la Torget è<br />

animata dal grande mercato del pesce e dalle<br />

bancarelle piene di prodotti tipici e frutta. Vicino<br />

al centro, la funicolare porta sulla cima<br />

del Floyen, a 300 metri di altezza, da dove si


può ammirare il panorama della città, il mare,<br />

i monti circostanti.<br />

Ripercorrendo a ritroso la E16 fino a<br />

Voss, la statale 13 sale in direzione di Geiranger,<br />

in una delle più belle zone della montagna<br />

norvegese, sempre tra cascate imponenti,<br />

fiordi sereni, belle montagne verdi che<br />

si alternano a paesaggi stepposi aridi e desolati<br />

con la bassa vegetazione tipica della tundra.<br />

In prossimità di Geiranger, la statale 16<br />

si snoda in un paesaggio fantastico. A più di<br />

mille metri di altezza, sul passo in prossimità<br />

del monte Dalsnibba, è affiancata da grossi<br />

lastroni di ghiaccio, a chiazze sulle alture brulle.<br />

L’acqua scende giù da ogni parte, forma<br />

cascate fragorose e spumeggianti, si getta nel<br />

lago sottostante immobile e livido sotto la<br />

pioggia sottile. Il cielo è come piombo, la<br />

nebbia rende il paesaggio irreale.<br />

Da Geiranger un battello effettua in<br />

circa un’ora la traversata del magnifico fiordo<br />

fino al piccolo borgo di Hellesylt. Lo spettacolo<br />

è fiabesco. Le acque verdi e immobili<br />

sono come specchi su cui si riflettono nitide<br />

le pareti scoscese di montagne selvagge e<br />

cupe solcate dalle celebri cascate dai nomi<br />

fantasiosi come le “Sette sorelle”, formate da<br />

sette altissimi rivoli, “il Pretendente”,<br />

l’innamorato respinto che si mutò in bottiglia.<br />

Da Ålesund a Trondheim<br />

Da Hellesylt la statale 60 conduce a<br />

Ålesund. La città ha un aspetto caratteristico<br />

ed insolito: dopo l’incendio devastante che,<br />

nel 1904, distrusse completamente le sue case<br />

in legno, fu ricostruita nello stile<br />

dell’epoca, il Liberty. Così molte strade del<br />

centro storico sono fiancheggiate da graziosissime<br />

case nello stile art nouveau, ornate da<br />

fregi, ghirlande di fiori, arabeschi, e colorate<br />

nei più svariati colori pastello.<br />

Lasciata Ålesund, eccoci a Trondheim,<br />

la terza città della Norvegia, tranquilla<br />

e piacevole, ricca di spazi verdi. Il suo cuore è<br />

la Torget, al centro della quale si erge il monumento<br />

ad Olav I, fondatore della città. Dal<br />

Gamle Bybro, il Ponte della Città Vecchia sul<br />

fiume Nidelv, si ha una bella vista sui Bryggene,<br />

le case in legno su palafitte del XVII e<br />

XVIII secolo che ricordano quelle di Bergen,<br />

ancora intatte nei caldi colori originali.<br />

Il monumento più importante della<br />

città è la splendida Cattedrale gotica di Nidaros,<br />

costruita sulla tomba di re Olav il Santo,<br />

il re norvegese che si convertì al cristianesimo<br />

e morì in battaglia nel 1030. La maestosa<br />

facciata della chiesa è ornata di statue di re e<br />

vescovi norvegesi. L’interno è austero e solenne:<br />

ha un bel coro gotico, bellissime vetrate<br />

colorate nei toni del rosso e del blu, un<br />

magnifico rosone, costituito da più di diecimila<br />

pezzi, capolavoro del pittore e architetto<br />

norvegese Gabriel Kielland che vi lavorò dal<br />

1911 al 1930. Un bel dipinto sulla tomba del<br />

re lo raffigura con i simboli del potere, il globo<br />

e l’asta; agli angoli del riquadro sono descritte<br />

la battaglia, la morte e le esequie.<br />

Nel medioevo la cattedrale fu meta di<br />

pellegrinaggi da tutta l’Europa, come lo erano<br />

Roma, Gerusalemme, Santiago di Compostela.<br />

Oggi l’antica via dei pellegrini, nuovamente<br />

percorsa da Oslo e Trondheim dai devoti di<br />

Sant’Olav tra strade disagevoli e sentieri di<br />

montagna, è anche occasione per un cammino<br />

a contatto con la natura, tra antichi e storici<br />

monumenti. L’antico Palazzo Arcivescovile<br />

adiacente alla Cattedrale contiene il Museo<br />

delle Armi e il Museo della Resistenza norvegese<br />

durante l’occupazione nazista della Norvegia.


66° 33’ latitudine nord: il centro visitatori costruito<br />

ai margini della E6 norvegese sul Circolo Polare Artico<br />

In basso le rorbuer delle isole Lofoten


Il Circolo Polare Artico<br />

Lasciata la città si prosegue per la E6<br />

che corre dritta verso Nord. Superata la città<br />

di Mo i Rana, i boschi fitti cedono il posto a<br />

sottili betulle rade e basse, che gradualmente<br />

scompaiono, finché, a 650 metri di altezza,<br />

appare improvvisa la piatta e arida distesa per<br />

cui passa il Circolo Polare Artico, la linea<br />

immaginaria che corre a 66° 33’ di latitudine<br />

nord e che segna il limite del sole di mezzanotte<br />

al solstizio d’estate e il culmine della<br />

notte polare al solstizio d’inverno.<br />

Alcuni cippi segnano questa linea sulla<br />

brulla spianata, tra chiazze di neve e ruscelli<br />

tumultuosi che lo sciogliersi del ghiaccio alimenta<br />

sempre più. E’ già un paesaggio artico,<br />

deserto e desolato, dove vegetano solo muschi<br />

e licheni. I numerosi turisti affollano il<br />

centro commerciale dove si vendono souvenir,<br />

funziona un centro postale e si rilasciano i<br />

certificati che attestano il passaggio del Circolo<br />

(a pagamento!).<br />

Scendendo giù dall’altopiano il paesaggio<br />

si addolcisce, la strada si snoda tra<br />

boschi, ruscelli vorticosi, piccoli agglomerati<br />

di case, laghi. A Bognes il traghetto conduce<br />

a Lødingen, il piccolo centro delle isole Vesterålen,<br />

meno turistiche delle più famose<br />

Lofoten. Verdi e pianeggianti, hanno paesaggi<br />

sereni con molte coltivazioni e abitazioni, ma<br />

non il fascino delle splendide sorelle.<br />

Le isole Lofoten<br />

Passato con un altro traghetto il piccolo<br />

braccio di mare tra Melbu e Fiskebøl, si<br />

sbarca alle Lofoten. Celebrate da artisti e<br />

viaggiatori, le isole non smentiscono affatto<br />

la loro fama. Il primo spettacolo è uno scenario<br />

incantevole di sottili e basse betulle che si<br />

fanno gradualmente sempre più rade tra imponenti<br />

montagne scoscese chiazzate di neve.<br />

Svolvaer, il tranquillo capoluogo dominato<br />

dalla mole di un caratteristico monte<br />

a due punte, la Svolvaergeita (la Capra di<br />

Svolvaer), è un importante centro per la lavorazione<br />

ed il commercio del merluzzo, la<br />

grande risorsa delle Lofoten: ne viene pescato<br />

tantissimo, anche se oggi si è notevolmente<br />

ridotto rispetto al passato.<br />

Il pesce viene lasciato essiccare su alti<br />

tralicci di legno e viene poi esportato, particolarmente<br />

proprio in Italia. Da Gennaio ad<br />

Aprile, attratto dalla Corrente del Golfo che<br />

rende meno freddo e mai ghiacciato il mare<br />

di queste zone, il pesce arriva in quantità e si<br />

organizzano le grandi battute di pesca. Anticamente<br />

i pescatori venivano anche da molto<br />

lontano e venivano alloggiati in piccole case<br />

di legno dipinte di rosso costruite in parte<br />

sugli scogli e in parte su palafitte. Queste casette,<br />

le rorbuer, sono oggi date in affitto ai<br />

turisti, alcune ancora intatte, altre restaurate<br />

o ricostruite.<br />

Dopo il tunnel sottomarino di Leiknes<br />

le isole diventano magiche, semplicemente<br />

superbe. Ad ogni curva della strada si aprono<br />

scorci fiabeschi che lasciano incantati, in un<br />

susseguirsi di paesaggi di maestosa serenità,<br />

dominati dalle nere montagne innevate, ora<br />

dolcemente ondulate ora dalle cime aguzze,<br />

ai cui piedi si annidano, di fronte ad acque<br />

cristalline di un incredibile verde smeraldo, le<br />

casette rosse dei piccoli villaggi e le deliziose<br />

cittadine ormai di consolidata vocazione turistica:<br />

Ramberg, con la sua spiaggia di finissima<br />

sabbia che il sole, anche se pallido, riesce<br />

ugualmente a rendere di un bianco abbagliante,<br />

lambita da acque trasparenti e verdissime<br />

ai piedi di alte vette chiazzate di neve;<br />

Nussfjord, un delizioso villaggio annidato in<br />

uno stretto fiordo racchiuso tra cime alte e<br />

scoscese, intatto nel suo impianto originale,<br />

caratteristico per le rorbuer rosse disposte a<br />

semicerchio attorno ad un’insenatura del<br />

fiordo; Reine, forse la più famosa delle Lofoten,<br />

incastonata in uno scenario da favola ai<br />

piedi di un’aspra montagna a forma di cono<br />

svettante come appena sorta dal mare;<br />

all’estremo sud, Å, il minuscolo villaggio di<br />

poche case che vive di pesca, rigorosamente<br />

pedonale.<br />

Come i centri vicini, da ogni parte si<br />

vedono le rastrelliere cui vengono appesi a<br />

seccare i merluzzi; centinaia di gabbiani stridendo<br />

fanno la spola tra la parete di roccia su<br />

cui nidificano e il locale dove viene lavorato il<br />

pesce, sperando in qualche boccone prelibato.<br />

Lungo la riva del mare le rorbuer rosse<br />

aumentano la suggestione del luogo. Una curiosità:<br />

Å è l’ultima lettera dell’alfabeto norvegese;<br />

il nome quindi ben si addice al più meridionale<br />

dei villaggi dell’arcipelago.


Si ripercorre a ritroso il tragitto, immergendosi<br />

nuovamente nell’incanto di una<br />

natura così straordinariamente affascinante.<br />

Verso Nordkapp<br />

Lasciate così la magia delle Lofoten, il<br />

viaggio riprende lungo la E10 e poi la E6 verso<br />

nord. Vale la pena fare un passo indietro e<br />

visitare Narvik, punto nevralgico nell’attacco<br />

della Germania nazista alla Norvegia durante<br />

la seconda guerra mondiale. Distrutta quasi<br />

completamente in quegli anni, oggi è una<br />

tranquilla città, importantissimo porto mai<br />

ghiacciato a causa della Corrente del Golfo,<br />

punto di arrivo della ferrovia che porta il ferro<br />

da Kiruna, in Svezia, quando l’inverno blocca<br />

completamente i porti svedesi.<br />

In città è interessante visitare il Krigsminnemuseet,<br />

il museo della Croce Rossa<br />

che illustra le vicende della battaglia di Narvik,<br />

quando nel 1940 la città e il suo porto<br />

furono teatro di devastanti bombardamenti<br />

aerei e di asprissimi combattimenti in terra e<br />

in mare, prima di essere costretta alla resa e<br />

occupata dalle truppe naziste per cinque lunghi<br />

anni.<br />

Deviando dalla E6, la E8 porta a<br />

Tromsø, il più importante centro abitato<br />

dell’estremo nord, situato in un incantevole<br />

ambiente naturale, di fronte al fiordo e circondato<br />

da colline boscose. E’ una città vivace,<br />

punto di partenza per le esplorazioni<br />

dell’Artico; è anche sede della Università più<br />

settentrionale al mondo.<br />

Il centro storico è costruito su<br />

un’isola che un ponte unisce alla parte moderna<br />

sulla terraferma. La via principale è<br />

l’animata Storgata, fiancheggiata da colorate<br />

case in legno del diciannovesimo secolo,<br />

pregevoli per la fantasia e l’armonia delle facciate.<br />

Anche in legno la cattedrale protestante,<br />

la Domkirke e la semplice e luminosa<br />

Chiesa Cattolica con l’annesso Arcivescovado,<br />

sulla cui facciata una targa ricorda la visita<br />

di Giovanni Paolo II nel 1989. Accanto alla<br />

cattedrale protestante si trova lo Stengarden,<br />

oggi sede di una banca, che fu il quartier generale<br />

della Gestapo. Gli abitanti raccontano<br />

degli arrestati che si lanciavano dalle finestre<br />

per sfuggire agli interrogatori.<br />

Fronteggia il porto il monumento a<br />

Roald Amundsen che da Tromsø partì per<br />

cercare Umberto Nobile disperso con il dirigibile<br />

“Italia” e che in quella occasione trovò<br />

la morte. Nella parte moderna il monumento<br />

più interessante è la Tromsdalen kirke, la Cattedrale<br />

Artica, la grande chiesa bianca che<br />

con le sue guglie fa pensare ad una montagna<br />

di ghiaccio e che dall’alto di una collina domina<br />

la città. L’interno è molto semplice, in<br />

legno chiaro di quercia, ed ha sullo sfondo un<br />

pannello triangolare alto 23 metri rappresentante<br />

il ritorno glorioso del Cristo, una grande<br />

vetrata costituita da pezzi di vetro vivacemente<br />

colorati che danno all’insieme una<br />

grande luminosità. Quando la sera la cattedrale<br />

è illuminata, da ogni parte della città si può<br />

ammirare la suggestione della luce riflessa dai<br />

cristalli colorati.<br />

Superata Tromsø, la E6 entra nel<br />

Finmark, la regione più settentrionale della<br />

Norvegia. Lungo la strada si incontrano i tipici<br />

chioschi dove si vendono manufatti dei<br />

Sami, l’antico popolo che abitò il nord della<br />

Norvegia già diecimila anni fa e che oggi rivendica<br />

il diritto alla propria identità e alla<br />

salvaguardia della propria cultura.<br />

Si giunge ad Alta, una piacevole città<br />

attraversata dall’Altaelva, il fiume famoso perché<br />

ricco di salmoni, oggetto di una controversia<br />

ancora oggi vivace perché sbarrato da<br />

una diga negli anni sessanta. La lunga protesta<br />

dei Sami contro lo sfruttamento del fiume<br />

fu però la premessa per il riconoscimento dei<br />

loro diritti da parte delle autorità norvegesi e<br />

ulteriore stimolo per la salvaguardia del patrimonio<br />

naturale.<br />

Ad Alta si può visitare l’interessantissimo<br />

museo delle incisioni rupestri dichiarate<br />

dall’Unesco patrimonio dell’Umanità:<br />

lungo i sei chilometri del percorso su passe-


elle di legno si possono ammirare i circa<br />

5000 graffiti realizzati dalle popolazioni che<br />

abitarono queste zone in un periodo compreso<br />

tra 6000 e 2500 anni fa. Ritoccate con<br />

pittura rosso ocra, che si pensa fosse il colore<br />

originale, rappresentano scene di caccia<br />

all’orso e alla renna, imbarcazioni, figure u-<br />

mane impegnate nella caccia o nella danza,<br />

animali terrestri, pesci, uccelli.<br />

Dopo Alta, avvicinandosi sempre più<br />

all’estremo nord, mentre la strada si inerpica,<br />

boschi di rade e sottili betulle si alternano al<br />

paesaggio ampio e solitario della tundra artica,<br />

dove solo i bassi licheni riescono a sopravvivere.<br />

Si imbocca infine la E69 che conduce<br />

direttamente a Capo Nord.<br />

La strada scorre lungo la profonda<br />

insenatura del Porsangen, affiancata da alte<br />

pareti di strane rocce stratificate che somigliano<br />

a scure pile di libri. Man mano che si<br />

sale il paesaggio si fa più ampio e più desolato,<br />

in uno scenario imponente e selvaggio di<br />

montagne brulle che incombono sulle acque<br />

del fiordo increspate dal vento del nord. La<br />

strada ora corre diritta seguendo il saliscendi<br />

del terreno, ora si inerpica con ripidi tornanti<br />

che si affrontano con un po’ di apprensione,<br />

privi come sono di alcuna protezione sul bordo<br />

scosceso. Mandrie di renne stanno placidamente<br />

al pascolo e non hanno alcun timore<br />

ad attraversare lentamente la strada dinanzi ai<br />

veicoli. Si sale sempre più, lasciando in basso<br />

le montagne e il fiordo, si ha la sensazione<br />

entusiasmante di essere proprio in capo al<br />

mondo, più su di ogni altra cosa. Al suolo solo<br />

una bassa vegetazione oscilla nel vento.<br />

NordKapp, la meta<br />

Un tunnel sottomarino immette<br />

nell’isola di Magerøy, all’estremità della quale<br />

si trova Capo Nord, meta di esploratori nei<br />

secoli passati (il primo, l’italiano Francesco<br />

Negri nel 1664) e oggi traguardo irrinunciabile<br />

per chi visita la Norvegia settentrionale.<br />

Molti di questi turisti rimarrebbero<br />

delusi se apprendessero che Capo Nord non<br />

è proprio il punto più settentrionale di Europa,<br />

ma che questo primato spetta al vicino<br />

promontorio di Knivskjelodden, raggiungibile<br />

solo a piedi in circa tre ore. Questa constatazione<br />

nulla toglie comunque al fascino del<br />

luogo, meta ultima per il viaggiatore su quattro<br />

ruote, che ne riporta sensazioni indimenticabili.<br />

Alta sul mare a circa trecento metri di<br />

altezza, alla sommità della ripida scogliera<br />

granitica, la grande spianata è spazzata da un<br />

vento fortissimo che fa oscillare i tantissimi<br />

camper che vi sostano per assistere al fenomeno<br />

tanto atteso, il sole di mezzanotte,<br />

quando l’astro rimane sopra l’orizzonte anche<br />

durante la notte. Questo si può osservare anche<br />

a latitudini inferiori, al di sopra del Circolo<br />

Polare Artico, ma è a Capo Nord che raggiunge<br />

il suo culmine e ha un fascino tutto<br />

speciale.<br />

Verso la fine della giornata il sole<br />

proietta sul terreno aspro ombre lunghissime,<br />

mentre i turisti si apprestano a sparpagliarsi<br />

sulla spianata per godersi lo spettacolo, anche<br />

portandosi dietro le proprie sedie! Attendono,<br />

ma il sole non tramonta. Si ferma alto nel<br />

cielo, nascosto a tratti dalle nuvole colore a-<br />

rancio, sul mare calmo variegato di rosso.<br />

Quasi inavvertitamente si sposta poi<br />

sull’orizzonte per risorgere il giorno successivo.<br />

Quando la gente inizia a sciamare lentamente<br />

verso i propri mezzi e i pullman riportano<br />

indietro gli ospiti degli alberghi nella cittadina<br />

più a valle, allora soltanto l’urlo del<br />

vento rompe il silenzio della grande distesa<br />

pianeggiante, avvolta dalla luce livida che<br />

rende irreale e incantato il paesaggio della<br />

notte artica.<br />

A Capo Nord il grande centro commerciale,<br />

il Nordkapphallen, ha negozi in cui<br />

si possono acquistare souvenir, un ufficio postale<br />

da cui inviare cartoline-ricordo, un bar,<br />

un ristorante, un cinema, una sala per concerti.<br />

Al piano inferiore, scavato nella roccia,<br />

si trovano foto relative alla visita a Capo Nord


di personaggi illustri come il re Oscar II nel<br />

1873, il museo dedicato al re tailandese Chulalongkorn<br />

che visitò il Capo nel 1907, la<br />

suggestiva cappella ecumenica di stile moderno.<br />

All’esterno si trovano, isolati sull’arido<br />

altopiano, sette grandi tondi in bronzo, “I<br />

Bambini della Terra”, i cui soggetti furono i-<br />

deati da sette bambini di varie nazioni, tra cui<br />

l’Italia, a significare l’amicizia, la fraternità,<br />

l’unione di tutti i bambini del mondo. Di fronte,<br />

un bel gruppo bronzeo che rappresenta<br />

una mamma con un bimbo. Ogni anno viene<br />

conferito un premio ad un progetto o ad<br />

un’organizzazione particolarmente distintisi in<br />

iniziative per il miglioramento delle condizioni<br />

dell’infanzia nel mondo.<br />

Il saluto a Capo Nord, prima di ripercorrere<br />

in discesa i ripidi tornanti, porta con<br />

sé l’eco delle sensazioni appena vissute e il ricordo<br />

incancellabile di un’esperienza affascinante<br />

ed unica, e anche un po’ di nostalgia.<br />

Testo di Anna Maria Carabillò<br />

Foto di Enzo Triolo<br />

NordKapp, la meta di ogni camperista


Il Sàpmi, la terra dei figli del sole e del vento<br />

La terra dei Sami, un popolo antico che con orgoglio e tenacia rivendica il<br />

diritto alla propria identità e alla salvaguardia della propria cultura<br />

I<br />

Sami, noti ai più come Lapponi,<br />

termine ormai in disuso perché dispregiativo<br />

nel suo significato originale, vivono da migliaia<br />

di anni nell’estremo nord dell’Europa,<br />

oltre il Circolo Polare Artico. Nella mitologia<br />

dei Sami il padre del popolo è il sole, la madre<br />

è la terra. Ma la terra non potrebbe generare<br />

senza il vento che tiepido favorisce la<br />

crescita e gelido impedisce la vita dei licheni,<br />

il cibo principale delle renne attorno alle quali<br />

ruotava e ancora oggi in parte ruota la vita<br />

dei Sami. Figli del sole e del vento, dunque,<br />

come amano essere definiti, pervasi da una<br />

spiritualità che fonde il cristianesimo cui sono<br />

convertiti da tempo e l’antico senso<br />

dell’arcano, quando il Noajdde, lo sciamano,<br />

con il suo tamburo andava in trance ed entrava<br />

in contatto con gli spiriti e gli dei di cui interpretava<br />

la volontà e da cui invocava l’aiuto<br />

per tutta la comunità.<br />

Stabilitisi nel nord Europa alla fine<br />

dell’ultima glaciazione, circa diecimila anni fa,<br />

i Sami inizialmente allevarono poche renne<br />

che servivano loro per la carne ed il latte, per<br />

trainare le slitte nei trasferimenti, per fornire<br />

pelli per il vestiario e il riposo, e corna e ossa<br />

per gli utensili. Vivevano di caccia e di pesca,<br />

commerciavano con i popoli vicini. Intorno al<br />

1500 iniziarono ad allevare le grandi mandrie<br />

che divennero presto la fonte del loro reddito.<br />

Al variare delle stagioni le renne venivano<br />

trasferite, sulla costa in estate perché ingrassassero<br />

per affrontare il gelo della stagione<br />

fredda, in inverno sulla montagna dove sono<br />

abilissime a scovare sotto la neve i licheni di<br />

cui si cibano. I trasferimenti dalle mandrie<br />

coinvolgevano intere famiglie che trasportavano<br />

i loro averi su slitte trainate da renne e<br />

sostavano in tende formate da tronchi disposti<br />

a cono e ricoperti di pelli. Al centro della<br />

tenda stava il focolare che dava luce e calore<br />

e serviva alla cottura dei cibi. Uniche aperture,<br />

l’ingresso e un foro in alto per la fuoruscita<br />

del fumo. Tutt’intorno sul pavimento, ramoscelli<br />

secchi e pelli per distendersi, alle pareti<br />

corde e sostegni per gli abiti.<br />

In seguito i Sami divennero stanziali,<br />

costruirono i primi villaggi, e allora non più<br />

tutta la famiglia si spostava, ma solo il pastore.<br />

Nel sedicesimo secolo iniziò l’evangelizzazione,<br />

nel diciassettesimo la Bibbia venne<br />

tradotta in lingua sami e sul territorio sorsero<br />

le prime chiese. Avvenivano allora i grandi<br />

raduni di tutto il popolo in occasioni di fiere e<br />

di feste religiose, il Giorno della preghiera di<br />

autunno e di primavera, il Giorno di tutti i<br />

santi. Le famiglie accorrevano anche da molto<br />

lontano, dalla costa e dall’entroterra, si<br />

riunivano nelle città-chiesa e vi sostavano anche<br />

per più settimane in un clima di festa,<br />

come una grande vacanza collettiva desiderata<br />

ed attesa nella solitudine e nel buio dei<br />

lunghi inverni. Gli uomini andavano a caccia e<br />

a pesca, i giovani trascorrevano il tempo dedicandosi<br />

ai giochi , le donne stavano in casa<br />

intente ai lavori manuali o si recavano in visita<br />

a parenti ed amici.<br />

E in queste occasioni si celebravano i<br />

battesimi e i matrimoni, e anche i funerali. Si<br />

intonava allora il vuöllie, o yojk, il tipico canto<br />

che esprimeva la gioia al matrimonio ovvero il<br />

sentimento generale di dolore al funerale. Ad<br />

Arvidsjaur, nella Lapponia svedese , si può<br />

visitare la Lappstaden, la Città dei Lapponi, il<br />

più grande villaggio-chiesa sami che conserva<br />

più di ottanta capanne in legno dove alloggiavano<br />

le famiglie. Costruite con grossi tronchi,<br />

hanno la forma di un parallelepipedo con un<br />

tetto a piramide che richiama l’idea della tenda.<br />

Molto piccole e basse, erano facili da<br />

scaldare. Come nella tenda, al centro c’era il<br />

fuoco il cui fumo poteva uscire da un’apertura<br />

sul tetto, niente mobili ma corde e ganci dove<br />

attaccare gli abiti ed anche il cibo da affumicare.<br />

Oggi, nel villaggio ancora intatto, i Sami<br />

si riuniscono l’ultimo fine settimana di <strong>Agosto</strong><br />

per celebrare il grande raduno tribale, in una<br />

festa che li vede tutti insieme, convenuti da<br />

ogni parte del paese.


Una tipica tenda dei Sami<br />

In basso il villaggio sami di Alvisdjaur


I Sami usavano impiegare il sovrappiù<br />

del loro reddito per l’acquisto da mercanti dei<br />

paesi vicini di oggetti d’argento, un bene duraturo<br />

e facile da trasportare. Le forme e i disegni<br />

erano ispirati ai motivi caratteristici del<br />

loro abbigliamento e dei loro manufatti: il sole,<br />

la luna, i quattro punti cardinali, il sole di<br />

mezzanotte…. Ancora oggi prospera a vari<br />

livelli l’artigianato dell’argento che riproduce<br />

gli antichi disegni. Dai mercanti i Sami acquistavano<br />

anche il panno e le stoffe più leggere<br />

per i loro abiti colorati e ornati da galloni. I<br />

colori più comuni erano il rosso e il blu, ma<br />

anche il giallo e il verde, che troviamo anche<br />

negli arredi delle loro chiese con altari e panche<br />

dipinti in colori sgargianti.<br />

Dal diciannovesimo secolo la rivoluzione<br />

industriale portò un grande cambiamento<br />

nella vita dei Sami. Il disboscamento<br />

delle foreste, lo sfruttamento del territorio, il<br />

prevalere della tecnologia sulla salvaguardia<br />

dell’ambiente mutarono il loro habitat e incisero<br />

profondamente sulla loro vita, da sempre<br />

vissuta in armonia con la natura e strettamente<br />

dipendente dal suo equilibrio. Nel 1986,<br />

per esempio, il disastro nucleare di Cernobyl<br />

ebbe conseguenze disastrose in quell’area. La<br />

radioattività fu assorbita dalle piante e contaminò<br />

profondamente i licheni; la carne di<br />

migliaia di renne dovette essere bruciata. Ancora<br />

oggi, anche se gli effetti del cesio sono<br />

notevolmente diminuiti, gli animali vengono<br />

macellati all’inizio dell’autunno, quando ancora<br />

non hanno iniziato a nutrirsi dei licheni.<br />

I Sami sono oggi circa settantamila,<br />

distribuiti tra Norvegia, Svezia, Finlandia e<br />

Russia, la maggior parte in Norvegia, ormai<br />

inseriti nel tessuto sociale di questi paesi.<br />

Molti continuano ad allevare le renne, ma organizzati<br />

modernamente. Accompagnano ancora<br />

le mandrie nelle loro migrazioni stagionali,<br />

nelle soste usano ancora le tende, non<br />

più però costruite con pelli, ma con materiali<br />

leggeri ed impermeabili, non usano più le slitte,<br />

ma gatti delle nevi, fuoristrada, camper ed<br />

elicotteri.<br />

Dopo lunghi anni in cui videro diventare<br />

proprietà delle nazioni del nord Europa<br />

quella terra che da tempo immemorabile consideravano<br />

propria, boicottati nella loro cultura<br />

e nella lingua, costretti a pagare tasse sul<br />

territorio di pascolo anche a tre stati contemporaneamente,<br />

sono ora riconosciuti come<br />

minoranza, hanno le loro scuole, i loro giornali,<br />

una bandiera comune, un loro Parlamento,<br />

il Sámediggi. Composto da trentanove<br />

membri regolarmente eletti dal popolo, il Parlamento,<br />

pur avendo solo un potere consultivo,<br />

si riunisce quattro volte l’anno per discutere<br />

i problemi e i diritti della popolazione indigena<br />

riguardo la lingua, la cultura,<br />

l’educazione.<br />

Popolo orgoglioso e tenace, fiero delle<br />

proprie radici e geloso della propria autonomia,<br />

i Sami salvaguardano con orgoglio le<br />

loro tradizioni e i loro costumi, conservano la<br />

propria lingua, nei matrimoni e nelle feste indossano<br />

i coloratissimi abiti e i vistosi gioielli<br />

in argento e oro. Hanno una propria letteratura<br />

e una loro musica che, pur adeguandosi<br />

spesso al genere più attuale, nella sua forma<br />

più tradizionale richiama il canto monotono<br />

dello sciamano o lo yoik, l’antico canto popolare.<br />

A sud di Capo Nord, Karasjok e Kautokeino<br />

sono le due città dove più forte è la<br />

presenza dei Sami.<br />

Karasjok è la sede del Parlamento.<br />

Inaugurato nel 2000, l’edificio, completamente<br />

in legno, ha una struttura molto originale.<br />

Ha l’aspetto di una tenda e contiene una fornita<br />

biblioteca, luoghi di riunione, la sala dove<br />

si riunisce l’assemblea. Qui l’antico e il moderno,<br />

il passato e il presente si fondono. La<br />

sala, fornita di moderna attrezzatura per la<br />

traduzione simultanea, è arricchita da un<br />

grande dipinto a vivaci colori dove sono rappresentati<br />

in forma simbolica motivi della tradizione<br />

sami: la tenda con al centro il fuoco,<br />

la montagna e il mare con riferimento ai due<br />

diversi tipi di popolazione, l’aurora boreale.<br />

Nel 2002 l’edificio del Sámediggi ha ricevuto<br />

il premio per l’architettura della Norvegia del<br />

nord. Il Samipark è un museo all’aperto dove<br />

sono esposte antiche tende, capanne per la<br />

conservazione del cibo, strumenti di lavoro,<br />

recinti per le renne. Qui è stato creato un<br />

mondo un po’ artificiale, in parte organizzato<br />

a beneficio dei turisti che si spingono fin<br />

quassù, ma che comunque riesce a dare<br />

un’idea di quella società così lontana. Il visitatore<br />

può essere coinvolto nella ricostruzione


della vita di contadini e pastori, visitando le<br />

loro capanne riscaldate dal fuoco, gustando il<br />

loro cibo, esercitandosi nel lancio del lazo tirato<br />

sulle corna delle renne per la loro cattura.<br />

All’interno del museo un filmato molto interessante<br />

e suggestivo esprime la spiritualità<br />

di questa gente antica, il suo legame con la<br />

natura, il suo rispetto per il sole e la terra. Di<br />

contro, mostra l’odierna vita automatizzata<br />

che usa strumenti moderni e li ha allontanati<br />

dalla stretta simbiosi con la natura che fu dei<br />

loro avi.<br />

A Kautokeino, nel centro dell’altopiano<br />

del Finmark, vive la maggior parte dei<br />

Sami e non è difficile incontrarne qualcuno<br />

che anche al supermercato indossa il tipico<br />

costume di panno blu decorato da galloni<br />

rossi. Il villaggio ha l’aspetto di una luogo di<br />

frontiera: nel piccolissimo centro si trovano il<br />

supermercato, la banca, qualche locale; e poi<br />

case sparse nella brulla tundra circostante. La<br />

chiesa in legno è stata ricostruita recentemente<br />

sulle rovine dell’incendio della precedente.<br />

All’interno, l’altare è rosso e blu, i sedili<br />

rossi e verdi, i caratteristici, luminosi colori<br />

della tradizione sami.<br />

abiti in panno e pelle, da sovrapporre nel<br />

grande freddo, calzari in pelle di renna con la<br />

caratteristica punta ricurva per poter essere<br />

attaccati agli sci, culle da sospendere al soffitto,<br />

cui era fissata la catenina a sonagli per tenere<br />

lontani gli spiriti maligni.<br />

A circa due chilometri dal centro si<br />

trova la famosa Silver Gallery, alloggiata in un<br />

originale edificio dalla forma caratteristica<br />

che riprende il motivo della tenda. Due coniugi,<br />

Frank e Regine Juhls, hanno creato dal<br />

nulla questi locali, dove espongono gioielli in<br />

argento che riproducono gli antichi motivi dei<br />

Sami, e anche originali gioielli moderni creati<br />

da Regine e ispirati alla natura. Sono esposti<br />

anche oggetti di fattura scandinava e oggetti<br />

orientali provenienti dall’India.<br />

Un po’ dovunque nel nord Europa<br />

sono oggi sorti musei dove sono esposti oggetti<br />

dell’artigianato sami (lavori in pelle, in<br />

legno, in ossa di renna, oggetti in argento,<br />

coltelli). Purtroppo anche il consumismo ed il<br />

turismo a buon mercato hanno oggi la loro<br />

parte, e non tutto di quello che si incontra è<br />

autentico. Il popolo Sami, però, pur integrato<br />

nella società moderna, è realmente fiero della<br />

propria cultura e intende mantenerla intatta e<br />

tramandarla ai propri figli insieme al senso<br />

profondo della sua identità e al forte legame<br />

al proprio passato, con la speranza che un<br />

giorno lontano si possa realizzare il sogno di<br />

avere una loro terra comune, il Sapmi dei loro<br />

padri.<br />

Il Museo espone attrezzi, manufatti<br />

del passato, slitte usate per i trasferimenti,<br />

Testo di Anna Maria Carabillò<br />

Foto di Enzo Triolo<br />

Ti ha detto qualcuno che noi viviamo nella terra dei Sami<br />

Ha detto che questa è il Sápmi<br />

Ha anche ammesso che è nostro<br />

Non ha parlato della cultura primitiva di gente semplice<br />

O ha affermato che essi son venuti con la luce<br />

Nils Aslak Valkeapää<br />

(Uno dei più noti autori sami contemporanei)


Creta: viaggio alle radici della civiltà<br />

Viaggio a Creta, la grande isola nel cuore del Mediterraneo dove è scaturita<br />

la linfa della civiltà europea, culla del mondo minoico e miceneo e crocevia<br />

di tre continenti.<br />

L’<br />

isola di Creta è un approdo irrinunciabile<br />

per chi, oltre ai piaceri del mare e<br />

del sole, vuole viaggiare a ritroso nel tempo<br />

per cercare le proprie radici, attingendo a<br />

piene mani in questo scrigno pieno di tesori.<br />

L’avventura dell’uomo occidentale è passata<br />

di qua. Bastano pochissimi passi e si riconquista<br />

una dimensione del tutto differente:<br />

dal museo archeologico di Iraklion (il capoluogo<br />

dell’isola), destinato a passare il<br />

testimone alle popolazioni achee del<br />

continente verso il 1400 avanti Cristo, ai resti<br />

del famoso palazzo di Knosso del Re<br />

Minosse, il ricordo del Minotauro e di Icaro,<br />

la grotta dove nacque Zeus, zone come<br />

Festo, Gorkina, Zakros, Aghia Triada sono i<br />

punti dove inevitabilmente si ha l’impatto coi<br />

miti che ancora incidono la nostra psicologia<br />

di europei, pronipoti dei costruttori di quei<br />

palazzi. Voluto dal Re Minosse per proteggere<br />

il suo popolo dal Minotauro, il dedalo di<br />

Creta è il luogo simbolo di una delle storie<br />

più enigmatiche dell'antica Grecia, dove fiorì<br />

una delle più antiche e raffinate culture<br />

d’occidente, quella minoica. Il palazzo reale di<br />

Knosso è il simbolo stesso della cultura minoica<br />

e di Creta. Quello che oggi è un insieme<br />

di scavi e di rovine a circa sei chilometri<br />

dalla capitale Iraklion era con i suoi 1300<br />

ambienti la reggia più grande dell’antichità:<br />

un autentico labirinto di sale affrescate e scalinate,<br />

passaggi colonnati e corridoi, sotterranei<br />

e magazzini.<br />

All’inizio del secolo Sir Arthur Evans<br />

diede inizio agli scavi che hanno portato alla<br />

luce questa meraviglia ed è grazie a lui che<br />

molte cose sono state conservate al museo<br />

archeologico di Iraklion, Londra, Atene e<br />

Roma. Attraverso lo studio della ceramica,<br />

Evans determinò i tre grandi periodi storici<br />

isolani: l’antico minoico (tra il 2500 e il 2000<br />

avanti Cristo), il medio minoico (tra il 2000 e<br />

il 1600 avanti Cristo) ed il tardo minoico (tra<br />

il 1600 e il 1100 avanti Cristo).<br />

Anche se è stato in parte contestato<br />

per aver ricomposto e ricostruito una parte di<br />

quei ruderi (pensiamo comunque che la vicenda<br />

ebbe luogo intorno al 1890 circa),<br />

dobbiamo essergli grati per tutto quanto è<br />

riuscito a tramandare a noi, insieme ad altri<br />

archeologi famosi di quei tempi, ed il luogo<br />

non ha perso il suo fascino ed è visitato da<br />

turisti di tutto il mondo.<br />

Da Knosso a Festo, dove venne rinvenuto<br />

nei magazzini del Palazzo Minoico il<br />

famoso "Disco" sul quale sono incisi dei segni<br />

a tutt’oggi dal significato misterioso. Chi li<br />

ha incisi Quando Come Dove Qual è il<br />

messaggio che racchiudono Sono tutte do-


mande che ci si pone davanti alla scrittura del<br />

disco, uno dei grandi enigmi dell’archeologia.<br />

Dal 3 Luglio 1908, data della sua scoperta,<br />

nella stanza numero otto del palazzo di Festo,<br />

databile al 1700 circa avanti Cristo, il mistero<br />

che racchiude continua ad appassionare gli<br />

archeologi di tutto il mondo. Contiene uno<br />

scritto alfabetico, sillabico o ideografico<br />

Il disco è stato realizzato in argilla di<br />

colore giallo, ha un diametro irregolare che<br />

va da 158 a 165 millimetri e riporta incisi a<br />

spirale sulle sue due facce dei logotipi simbolici<br />

che sono stati impressi quando l’argilla<br />

era ancora fresca. Quest’unica certezza del<br />

disco di Festo riveste una straordinaria importanza<br />

storica: i popoli che abitavano quelle<br />

zone furono, millenni prima di Gutemberg, gli<br />

inventori della stampa a caratteri mobili. I<br />

simboli univoci sono 45, per un totale di 241<br />

caratteri, impressi sulle due facce del disco.<br />

Sono, la testa, l’ulivo, la vite, il papiro, il tonno,<br />

il delfino, la colomba ecc. Queste a grandi<br />

linee sono le tessere di quel sorprendente e<br />

complicatissimo puzzle che è il disco di Festo.<br />

Chi, armato di conoscenza, pazienza e una<br />

buona dose di fortuna riuscisse a collocare i<br />

simboli ognuno al proprio posto e a dar loro<br />

un significato trovando la chiave di lettura di<br />

quanto ha voluto tramandarci, assurgerebbe<br />

certamente a fama mondiale, ma almeno per<br />

ora questi simboli servono solamente a stimolare<br />

la curiosità e le capacità enigmistiche<br />

di studiosi e semplici lettori.<br />

Come accennavo nelle prime righe,<br />

anche se spesso la scelta di Creta come meta<br />

per le vacanze avviene solamente per il mare<br />

e i suoi paesaggi, vi assicuro, come è successo<br />

al sottoscritto nelle scorse ferie estive, che<br />

è impossibile rimanere insensibili al fascino<br />

che emanano i luoghi sopra descritti.<br />

Ma Creta è anche il trionfo della natura:<br />

con mille chilometri di costa bagnati da<br />

acque trasparenti che ricordano i Caraibi,<br />

l’isola richiama ogni anno una moltitudine di<br />

turisti che cercano il mare, il sole, la tranquillità<br />

e la pace, a diretto contatto con la natura.<br />

Per i camperisti l’isola è un vero paradiso:<br />

oltre ad offrirci le sue bellezze, ci accoglie<br />

come turisti - automobilisti, senza divieti<br />

d’alcun genere, senza barre limitatrici in<br />

altezza, con possibilità di parcheggiare ovunque<br />

il nostro mezzo a pochi metri da spiagge<br />

da sogno con assenza o quasi di microcriminalità.<br />

E’ quindi una vera pacchia.<br />

Ma torniamo alle bellezze naturali.<br />

Chi non ha visto Loutrò, decantato a modello<br />

di sublime paesaggio sino ad una decina<br />

d’anni fa, non conosce il vero mare di Creta.<br />

E' uno stupendo villaggio di pescatori arroccato<br />

su di un promontorio ai piedi d’alte<br />

montagne. La magia di questo villaggio (dovuta<br />

anche al suo isolamento, dato che si arriva<br />

solamente dal mare) sorprende il turista<br />

non appena il battello lo scarica sulla spiaggia.<br />

La pace del tramonto e della sera è un<br />

qualcosa che va vissuto in prima persona.<br />

Un’altra spiaggia da sogno è quella<br />

nella zona sud-est dell’isola. E’ una baia che<br />

assomiglia ad una laguna, con chilometriche<br />

spiagge di sabbia rosa (composta di sabbia<br />

bianchissima e da corallo rosso), piccoli promontori<br />

e l’acqua del mare che risplende in<br />

tutte le sue sfumature, dal verde al blu.<br />

Se non fosse per il bianco Monastero<br />

di Chrissoskalitissa, nelle sue vicinanze, Elafonissi<br />

potrebbe essere scambiato con uno<br />

dei tanti paradisi tropicali. Da notare che ho<br />

sostato con il camper a circa 10 metri dal<br />

mare per due giorni senza problemi. Lo spet-


tacolo del tramonto, con il sole che incendia<br />

il mare arricchendolo di una moltitudine di<br />

colori caldi, dal rosso all’arancione, e poi dopo<br />

poche ore, la notte buia e profonda con<br />

un cielo incredibilmente terso da vedere ogni<br />

minima stella, compresa la via lattea e, visto il<br />

periodo, anche moltissime stelle cadenti, dalle<br />

nostre sdraio, senza zanzare e accarezzati<br />

da una dolce brezza di mare a 25/28 gradi<br />

sino oltre le 24 è stata un’esperienza unica e<br />

che ricorderemo per molto.<br />

Altra meraviglia della natura, per le<br />

nostre latitudini, è la spiaggia di Preveli, incorniciata<br />

da un fitto bosco di palme, eucalipti<br />

ed altre piante, ai fianchi alte pareti rocciose.<br />

Si raggiunge attraverso una strada sterrata<br />

e poi percorrendo a piedi un sentiero accidentato<br />

a picco su un’alta scogliera. La bellezza<br />

di questo luogo è che oltre a sabbia e<br />

mare, Preveli offre un’insolita avventura nella<br />

natura. Dalla spiaggia si può risalire per un bel<br />

pezzo il torrente dalle acque fresche e limpidissime<br />

con tutt’attorno una specie di foresta<br />

tropicale di palme e molti altri tipi di piante<br />

varie che si è sviluppata grazie al caldo dei<br />

luoghi e alle acque dolci del torrente Megalos.<br />

All’estremità nord orientale dell’isola<br />

il più piccolo Parco Nazionale greco tutela un<br />

bosco di rare phoenix theophrasti, la sola<br />

palma d’alto fusto d’Europa. Rilassarsi sulle<br />

sdraio all’ombra di una palma e passeggiare in<br />

un palmeto nella sabbia finissima, resta una<br />

delle cose che si ricordano di più, anche perché<br />

alle nostre latitudini non si trova in alcun<br />

altra zona un posto con simili caratteristiche.<br />

Altro luogo da visitare assolutamente,<br />

prima di lasciare l’isola, sono le gole di Samaria.<br />

Sono situate nel cuore dei monti Lefka, e<br />

sono un canyon impressionante, secondo in<br />

Europa solo a quello del Verdon in Provenza.<br />

Per chi ama la natura è una gita indimenticabile<br />

poiché abbina nello stesso percorso<br />

monti e mare. Si parte di buon mattino dai<br />

1200 metri dell’altipiano d’Omalos e ci<br />

s’incammina attraverso uno dei pochi sentieri<br />

che invitano a camminare anche il più sedentario<br />

dei turisti. Atletici turisti scendono insieme<br />

con anziane signore, il silenzio e lo<br />

splendore della natura consentono di apprezzare<br />

nel modo migliore uno spettacolo<br />

d’eccezionale fascino. Sono circa 15 i chilometri<br />

del percorso accompagnati a volte da<br />

falchi, aquile, grifoni e per i più fortunati anche<br />

delle capre selvatiche Kri Kri descritte per<br />

la prima volta nell’Odissea, senza parlare delle<br />

rarità di fiori che s’incontrano lungo il sentiero.<br />

La valle, a circa metà percorso, si chiude<br />

in una serie d’impressionanti forre alte anche<br />

più di 300 metri e larghe non più di un paio<br />

di metri. L’acqua del ruscello inghiottita da<br />

vari cunicoli appare appena prima delle forre,<br />

e convince non pochi turisti, noi per primi,<br />

ad un piacevole rinfresco.<br />

Dopo sei/otto ore di cammino (che<br />

passano in fretta, tanto sono le distrazioni di<br />

ammirare ora un particolare ora un altro) in<br />

pianura o leggera discesa ecco di fronte a noi<br />

le limpide e azzurre acque del mar libico (non<br />

abbiamo resistito, e così anche se un po’ in<br />

fretta, per non perdere il battello, ci siamo<br />

immersi in quelle calde e stupende acque) ed<br />

il pittoresco villaggio d’Aghia Roumeli, raggiungibile<br />

solamente dal mare. Inutile affermare<br />

che quando verso le 19 siamo saliti sul<br />

battello che ci riportava al camper, abbiamo<br />

avuto la netta sensazione di aver vissuto veramente<br />

per un giorno a diretto contatto con<br />

la natura con la N maiuscola, armati solamente<br />

della nostra voglia di camminare e del frugale<br />

pranzo al sacco in un percorso unico per<br />

emozioni e sensazioni.<br />

Questi che ho sommariamente descritti<br />

sono i luoghi veramente più caratteristici<br />

e particolari che chiunque turista di Creta<br />

non dovrebbe perdere (a parte i siti archeologici),<br />

e vi assicuro che una vacanza in<br />

questa meravigliosa isola dove, da ogni angolo<br />

della sua frastagliata costa, si schiudono<br />

paesaggi unici e da godere per la loro bellezza,<br />

riesce a dare al turista che la visita, un<br />

senso di bello, d’amore per la natura che sarà<br />

ricordato per molto tempo.<br />

Piero e Cinzia Marenco<br />

dal sito Web del Camper <strong>Club</strong> La Granda<br />

www.camperclublagranda.it/creta.htm


Sardegna: proprio un’altra isola<br />

Scenari naturalistici mozzafiato, testimonianze archeologiche uniche nel<br />

loro genere, oreficeria e artigianato di eccellente fattura, prodotti e piatti<br />

tipici ricchissimi di sapori e profumi, un popolo meraviglioso: eppure<br />

qualcuno si ostina a sognare la Sardegna solo per il suo mare d’estate...<br />

S<br />

e conversando della Sicilia con<br />

uno di noi, siciliano, un amico del nord Italia<br />

o per esempio un olandese o uno svizzero<br />

parlasse e volesse sentire parlare solo del<br />

mare siciliano ad agosto, come la<br />

prenderemmo Ovviamente, le coste siciliane,<br />

e alcune più di altre, sono bellissime, il nostro<br />

mare in alcune zone è sicuramente una<br />

favola... Però... Se al nostro amico di salire<br />

sull’Etna, di visitare la Valle dei Templi, di<br />

conoscere la Palermo normanna e barocca,<br />

l’area delle saline di Trapani o i centri e i<br />

boschi delle Madonie e dei Nebrodi, i vini o la<br />

cucina dell’Isola non gliene importasse nulla,<br />

non ci resteremmo male Non cercheremmo<br />

di indurlo a conoscere anche qualcos’altro<br />

della nostra terra di cui noi siciliani andiamo<br />

fieri E di provare a conoscerla, questa nostra<br />

terra, in un periodo meno stressante, quando<br />

a popolare la Sicilia sono soprattutto i siciliani<br />

e non i turisti<br />

Ebbene, quando anche noi parliamo<br />

della Sardegna, ogni discorso si incentra sul<br />

suo mare, sulle sue coste, sulle sue spiagge, e<br />

così via. Con la conseguenza che chi ama il<br />

mare “a senso unico” finirà magari per<br />

andarci senza mai toccare alcuna località<br />

dell’interno; mentre chi il mare non lo ama<br />

più di tanto o comunque è già appagato da<br />

quello siciliano sceglierà di non andarci<br />

perché tanto non vale la pena, da isolani,<br />

dedicare le proprie vacanze a un’altra isola,<br />

che peraltro si pensa uguale o simile alla<br />

nostra. Questa è la ragione per cui la<br />

Sardegna (come capita anche alla Sicilia) è<br />

un’isola assai poco conosciuta anche da chi<br />

c’è stato più di una volta, e soprattutto –<br />

lasciatemelo dire - da coloro che da anni vi<br />

passano le loro vacanze fermi in un unico<br />

posto (villaggio turistico, campeggio, albergo,<br />

casa in affitto, ecc.); in quanto, come sento<br />

dire da tante persone, “oltre al mare, lì<br />

cos’altro vuoi vedere”.<br />

Per sfatare questa e altre leggende<br />

metropolitane, per poter ribattere a chi della<br />

Sardegna ha l’idea sopra descritta,<br />

ovviamente in controtendenza rispetto alle<br />

masse di turisti che vi sbarcano fra luglio e<br />

agosto, noi abbiamo visitato quest’isola in un<br />

periodo (come quello di fine aprile-inizio di<br />

maggio) che ci ha consentito di poter gustare<br />

tutto quello che abbiamo visto e fatto con la<br />

massima serenità e senza impedimenti di<br />

alcun genere (divieti, caos, ecc.), senza<br />

incontrare quasi nessun altri (tranne i soliti<br />

tedeschi) che i sardi; e nel corso del viaggio<br />

abbiamo ricevuto la più ampia conferma di<br />

ciò che in realtà avevamo già in mente di<br />

questa terra meravigliosa, e soprattutto del<br />

fatto che si tratta di un’altra isola rispetto alla<br />

Sicilia, altrettanto bella per il suo territorio,<br />

intrigante per le sue tradizioni e ospitale per<br />

la sua gente quanto diversa, in ogni caso<br />

tutta da scoprire.<br />

Un tipico murale sardo<br />

Collegamenti e strade<br />

Ovviamente, trattandosi di un’isola,<br />

non si può che arrivare in Sardegna a bordo<br />

di un traghetto, in particolare per noi<br />

camperisti con il veicolo al seguito; ci sono


varie compagnie che effettuano il relativo<br />

collegamento, da Palermo, Trapani e Napoli<br />

verso Cagliari, da Civitavecchia, Livorno e<br />

Genova verso Olbia e Arbatax, ecc. Solo una<br />

di queste, da Livorno ad Olbia effettua il<br />

passaggio in open deck, mentre dalla Sicilia la<br />

Tirrenia – unica delle compagnie di<br />

navigazioni a collegare direttamente le due<br />

isole – utilizza le navi più vecchie della sua<br />

flotta, ovviamente senza open deck.<br />

Per quanto riguarda la viabilità, l’isola<br />

dispone di una sola superstrada, per lunghi<br />

tratti a due carreggiate (la SS. 131<br />

comunemente nota come “Carlo Felice”) che<br />

da Cagliari spacca la Sardegna a metà,<br />

toccando le maggiori città da sud a nord; ma<br />

anche le altre statali e le provinciali sono<br />

generalmente in ottimo stato, in buona parte<br />

dritte (tranne quando non si arrampicano su<br />

per qualche monte) e con un buon manto<br />

stradale; inoltre (ma certamente la cosa non<br />

vale a luglio e agosto), la cosa che più<br />

meraviglia è il traffico praticamente<br />

inesistente.<br />

La gente e la lingua<br />

Un po’ dovunque abbiamo trovato<br />

persone molto disponibili, gentili e portate al<br />

dialogo e al contatto umano; niente a che<br />

vedere con gli stereotipi che vedono i sardi<br />

come arretrati e chiusi; si tratta soltanto di<br />

un’altra leggenda metropolitana!<br />

Dato il periodo, abbiamo perfino<br />

goduto di visite guidate effettuate solo per<br />

noi da fior di archeologi e naturalisti, che<br />

hanno avuto il piacere, offrendosi<br />

spontaneamente e gratuitamente, di<br />

accompagnarci per poterci fare conoscere<br />

meglio i siti che volevamo visitare. Talvolta<br />

anche l’acquisto del pane o di un oggetto di<br />

artigianato ci ha spalancato davanti orizzonti<br />

di conversazione e di approfondimento di<br />

impensabile interesse, evidenziando da sud a<br />

nord l’evidente piacere della gente locale a<br />

promuovere la propria terra, le proprie<br />

tradizioni e la propria storia.<br />

Una nota speciale va dedicata alla<br />

lingua sarda che (a costo di apparire troppo<br />

tecnici dal punto di vista glottologico) non è<br />

un dialetto italiano ma una lingua vera e<br />

propria che in molti casi scorre parallela,<br />

nell’universo quotidiano della gente,<br />

all’italiano, dando alla lingua nazionale solo<br />

alcune peculiarità come le vocali molto chiuse<br />

e una musicalità e un’intonazione davvero<br />

unici; il sardo è parlato abitualmente<br />

soprattutto dalla gente più anziana e nei<br />

centri interni, più al centro nord che al sud, e<br />

vive ufficialmente nella toponomastica, con i<br />

nomi delle strade spesso scritti nelle due<br />

lingue e con i nomi delle località e dei paesi<br />

palesemente scritti in sardo. Ovviamente<br />

esiste una vera e propria sintassi della lingua<br />

oltre che un lessico, ma evitiamo eccessivi<br />

approfondimenti che potrebbero non<br />

interessare tutti.<br />

Donna in costume tradizionale. Per<br />

chi ama il folclore, un’esperienza<br />

unica si ha il 1° maggio a Cagliari<br />

in occasione della festa del Santo<br />

Patrono, Sant’Efisio.<br />

Una nota ulteriore riguarda Alghero e<br />

la zona vicina, dove ancora oggi si parla una<br />

lingua-dialetto che è un misto di sardo e<br />

catalano, retaggio della storia della costa<br />

nord-occidentale sarda dominata per lungo<br />

tempo dai catalani.<br />

Paesaggi marini, boschi e grotte<br />

E’ indubbio che la natura è padrona<br />

incontrastata in tutta quanta la Sardegna. Già<br />

sbarcando a Cagliari è possibile, a poca<br />

distanza dal centro della città (oltre il Poetto)<br />

poter assistere allo spettacolo dei fenicotteri<br />

negli stagni fra il capoluogo e Quartu<br />

Sant’Elena. La stessa cosa avviene ad ovest di<br />

Oristano, negli stagni attorno a Cabras, segno<br />

evidente che la Sardegna è considerata da<br />

questi e da altri uccelli una sede “tranquilla”<br />

per la loro vita.


Fenicotteri negli stagni fra Cagliari e Quartu Sant’Elena<br />

In basso cavallini al pascolo nella Giara di Gesturi


Del mare c’è poco da dire che già<br />

non si sappia: litorali come quello fra Pula e<br />

Sant’Antioco, a ovest di Cagliari, o come<br />

quello di Villasimius, sul Tirreno, o ancora<br />

come quello, sempre sul Tirreno ma più a<br />

nord, di Cala Gonone e Cala Luna, a ridosso<br />

della Costa Smeralda, sono i paesaggi mito<br />

della Sardegna marina, con le calette di<br />

spiaggia dorata e acqua turchina.<br />

La spiaggia di Cala Luna<br />

Ma splendido è anche l’interno, come<br />

la zona boschiva del Supramonte, attorno a<br />

Orgosolo, o come la Giara di Gesturi, a poche<br />

decine di chilometri a nord di Cagliari, ben<br />

poco nota al grande pubblico; si tratta di un<br />

altopiano che conserva una lussureggiante<br />

macchia mediterranea, in cui si sviluppano<br />

sughereti contorti dalla forza del vento che si<br />

alternano a magnifici stagni che in primavera<br />

si ricoprono completamente di fiori di<br />

camomilla, di grande effetto scenografico.<br />

Qui si può passeggiare nei vari sentieri, nel<br />

silenzio interrotto soltanto dal vento, fra buoi<br />

al pascolo, maialini selvatici e cavallini, che<br />

vivono liberi solo in quest’area protetta.<br />

sottosuolo sardo, dove sono di grande<br />

interesse naturalistico anche alcune grotte<br />

con concrezioni calcaree che hanno creato<br />

nei millenno milioni di stalattiti e stalagmiti,<br />

come quelle di Is Zuddas, fra Pula e Santadi,<br />

o come quella del Bue Marino, vicino Cala<br />

Gonone, che prende il nome dal fatto che qui<br />

viveva fino a poco tempo fa la foca monaca,<br />

meglio nota ai sardi proprio col nome di bue<br />

marino.<br />

Memorie storico-archeologiche<br />

Come la Sicilia conserva ampie<br />

testimonianze della dominazione greca e poi<br />

romana (le aree archeologiche di Agrigento,<br />

Segesta, Selinunte, Piazza Armerina, Siracusa,<br />

ecc.), così il territorio sardo è una miniera<br />

inesauribile per quanto riguarda siti nuragici,<br />

prenuragici e punico-fenici.<br />

Un bellissimo esempio di archeologia<br />

preistorica è la Necropoli di Montessu,<br />

nell’estremo sud-ovest della Sardegna fra Pula<br />

e l’isola di Sant’Antico, con tombe scavate<br />

nella roccia risalenti all’età del bronzo<br />

(attorno al 3.000 a.C.), che prendono il nome<br />

di “domus de janas” (questo, per esempio, è<br />

un termine sardo), immerse in una<br />

lussureggiante vegetazione, con alcune<br />

decorazioni collegate con il culto della dea<br />

Madre. Un altro esempio è... proprio il paese<br />

di Sant’Antioco, di fatto costruito tutto sulle<br />

tombe dell’antico insediamento fenicio. Altri<br />

siti archeologici di particolare importanza<br />

sono quelli - sempre fenici - di Nora, con il<br />

complementare museo archeologico della<br />

vicina Pula, e quelli di Tharros, a pochi<br />

chilometri da Oristano.<br />

Le grotte di Is Zuddas<br />

Un’ultima annotazione merita il<br />

L’area archeologica di Tharros


Su Nuraxe, a Barumini<br />

Ma il simbolo archeologico della<br />

Sardegna per eccellenza sono i nuraghi, delle<br />

torri singole o composite in pietra viva,<br />

prototipo ante litteram dei medievali castelli,<br />

realizzati soprattutto nell’età del bronzo e<br />

rintracciabili un po’ dappertutto sul territorio:<br />

se ne contano circa sette mila in tutta l’isola<br />

fra grandi e piccoli, anche se solo una decina<br />

di questi possono considerarsi dei complessi<br />

nuragici veri e propri e vale la pena visitarli.<br />

Uno di questi, caratterizzato da<br />

quattro torri, da un pozzo profondo oltre<br />

quindici metri e da un villaggio nuragico<br />

tutt’attorno che è stato abitato fino all’epoca<br />

romana, si trova vicino Barumini, a metà<br />

strada fra Cagliari e Oristano (quasi tutti si<br />

trovano nelle parti interne dell’isola e solo<br />

pochissimo vicino le coste), ed è stato iscritto<br />

nella Lista del Patrimonio dell’Umanità<br />

dall’Unesco. Un altro di particolare<br />

importanza è il nuraghe Santa Cristina,<br />

inserito in un contesto paesaggistico di<br />

grande suggestione, dove è ancora visibile un<br />

pozzo sacro in cui dall’antica sorgente sgorga<br />

ancora oggi l’acqua e che probabilmente<br />

costituisce l’esempio più significativo<br />

dell’architettura religiosa nuragica sarda.<br />

Le chiese medievali<br />

Un’altra delle peculiarità della<br />

Sardegna è costituita dalla presenza di alcune<br />

chiese medievali sparse sul suo territorio,<br />

anche in questo caso soprattutto all’interno,<br />

iscritte in contesti agrari, lontano dai centri<br />

abitati. Una di queste è la magnifica chiesa<br />

romanica della SS. Trinità di Saccargia,<br />

risalente all’XI secolo, che è probabilmente la<br />

più bella dell’isola, caratterizzata dal<br />

cromatismo bianco-nero della pietra della<br />

facciata, arricchita da capitelli decorati e da<br />

un interno unico, con affreschi con scene<br />

della passione di Cristo.<br />

Un altro esempio è la magnifica<br />

cattedrale di Santa Maria di Monserrato a<br />

Tratalias, nel sud-ovest dell’isola, un borgo<br />

disabitato da alcuni decenni a causa della<br />

vicinanza dell’invaso di Monte Pranu che ne<br />

avrebbe provocato il dissesto idrogeologico;<br />

un autentico gioiello di pietra risalente<br />

all’inizio del <strong>XIII</strong> secolo, di impronta pisana


con una facciata scandita da archetti pensili e<br />

da un bel portale con lunetta.<br />

dove proprio ad Orgosolo, in periodo di piena<br />

contestazione contro lo Stato, un professore<br />

di disegno - Francesco Del Casino - produsse<br />

con i suoi allievi una serie di pitture sui muri<br />

delle case che riprendevano lo stile della<br />

pittura messicana, antesignana nei murales<br />

nostrani, per mettere in luce i problemi del<br />

paese abbandonato dallo stato, con slogan<br />

scritti in sardo.<br />

La Santissima Trinità di Saccargia<br />

Vicino a SS. Trinità di Saccargia si<br />

trova anche la chiesa benedettina di San<br />

Pietro di Sorres, di impronta romanicopisana,<br />

risalente all’XI secolo, caratterizzata<br />

anch’essa da una facciata in pietra a due<br />

colori, con archi e lesene, che danno vita ad<br />

un pregevole gioco cromatico.<br />

Un altro esempio è ancora la<br />

chiesetta paleocristiana di San Giovanni in<br />

Sinis, la più antica della Sardegna (risale al<br />

470), vicino agli scavi di Tharros, con una<br />

facciata romanica scandita da cupolette e un<br />

interno in pietra viva in cui si nota il<br />

pregevole battesimale in marmo che mostra<br />

all’interno un pesce scolpito, simbolo di<br />

Cristo sin dai i primi cristiani perseguitati.<br />

I murales<br />

Facendo un notevole salto temporale<br />

eccoci a un’altra peculiarità della Sardegna,<br />

che ha reso famosa l’isola anche se non la<br />

riguarda esclusivamente: i murales. La moda<br />

dei murales sardi ha inizio nel 1968 e non a<br />

Orgosolo, paese oggi simbolo di quest’arte,<br />

ma nel paesino di San Sperate, nella provincia<br />

di Cagliari; successivamente si propaga a<br />

Villamar, sempre nel cagliaritano, per<br />

investire quindi attorno al 1975 la Barbagia,<br />

Il nostro camper accanto a un<br />

murale di Villamar<br />

E’ indubbio che la forza espressiva di<br />

questi murales, che a Orgosolo si incontrano<br />

ad ogni angolo, incorniciando finestre,<br />

accompagnando spigoli, decorando intere<br />

facciate e perfino saracinesche di magazzini,<br />

è notevolissima, sia per la ricchezza dei<br />

contenuti che per la varietà degli stili; a tal<br />

punto che anche un centro abitato<br />

sostanzialmente anonimo e privo di<br />

peculiarità architettoniche e monumentali può<br />

trasformarsi, proprio come è stato il caso di<br />

Orgosolo, in un’enorme galleria d’arte a cielo<br />

aperto attirando un turismo che altrimenti<br />

non avrebbe alcuna ragione d’essere. E<br />

proprio per questa ragione sono sempre più<br />

numerosi i paesi sardi che anche negli ultimi<br />

anni stanno “investendo” nell’invitare artisti<br />

locali e non ad abbellire le proprie strade con<br />

murales, sull’esempio dei centri già “famosi”.<br />

L’artigianato artistico<br />

La tentazione di fare acquisti è molto<br />

forte in tutta quanta la Sardegna, soprattutto<br />

trovandosi davanti ad oggetti artigianali di<br />

grande livello, come la filigrana in oro e<br />

argento dei gioielli di Oristano e Alghero, le<br />

belle ceramiche, la lavorazione di oggetti vari<br />

in sughero, gli arazzi multicolori tessuti


ancora a mano in numerosi paesi, ecc.<br />

In parecchie città (le più grandi) e<br />

paesi (quelli con le maggiori tradizioni<br />

artigianali), troverete dei centri commerciali<br />

consortili denominati “ISOLA”, che<br />

propongono un panel assai completo di<br />

prodotti tipici (escluso quelli alimentari), a<br />

prezzi assolutamente abbordabili, come<br />

abbordabili sono comunque presso le varie<br />

“botteghe”. Il personale sarà altresì in grado<br />

di fornire notizie sulle varie tecniche, i vari<br />

artisti, le aree di produzione, ecc. E in ogni<br />

caso sarà una gioia per gli occhi poter avere a<br />

disposizione in un completo microcosmo<br />

tutto ciò che la Sardegna produce in questo<br />

settore.<br />

Prodotti e piatti tipici<br />

Guai a voler visitare poi una nazione<br />

(o una regione, come in questo caso) senza<br />

voler conoscere, oltre ai luoghi, anche i<br />

prodotti e la cucina! In Sardegna non si può<br />

fare a meno di gustare, spesso acquistandolo<br />

direttamente dai pastori, il pecorino sardo,<br />

stagionato e non, di una dolcezza e di una<br />

prelibatezza che non ha uguali. Altrettanto<br />

imperdibile è, per chi visita Alghero, una<br />

tappa alle cantine Sella e Mosca, un autentico<br />

tempio dell’enocultura italiana, oltre che<br />

sarda, con vini bianchi e rossi di grande<br />

eccellenza. Altrettanto consigliato è l’acquisto<br />

di liquore a base di mirto, ottenuto dalle<br />

bacche rosse di questo arbusto – presente<br />

ovunque nell’isola - lasciate a macerare<br />

nell’alcol.<br />

Fra i piatti regionali, segnaliamo<br />

molte varianti di primi piatti e di secondi a<br />

base di pesce e di carne davvero eccellenti,<br />

tutti da provare, come gli gnocchetti sardi, i<br />

ravioli con ricotta di pecora, il maiale<br />

cucinato in mille modi diversi, la carne di<br />

agnello o di pecora marinata e così via;<br />

peccato che i prezzi dei ristoranti non siano<br />

molto abbordabili, dato che un pranzo medio<br />

va dai trenta ai quaranta euro.<br />

Il nostro itinerario e le soste<br />

L’itinerario che segue, sviluppato in<br />

dieci giorni (ma consigliato per un numero di<br />

giorni superiore a quanti abbiano maggiore<br />

disponibilità di tempo), ha coperto circa<br />

1.200 chilometri del territorio dell’isola, tra la<br />

parte meridionale, le coste occidentali, una<br />

buona parte di Sardegna interna e una<br />

puntatina nella costa tirrenica; soltanto la<br />

parte nord-orientale, fra Porto Torres e la<br />

Costa Smeralda, è stata evitata per mancanza<br />

di tempo (e, per quanto riguarda la Costa<br />

Smeralda, per scelta).<br />

Per quanto riguarda i pernottamenti,<br />

va detto che diverse leggende metropolitane<br />

vorrebbero la Sardegna come una sorta di<br />

purgatorio per i camperisti, con divieti di<br />

sosta dovunque e multe molto facili;<br />

onestamente in bassa stagione non è così,<br />

soprattutto se si evita la zona nord orientale,<br />

attorno alla Costa Smeralda, dove i camperisti<br />

sono generalmente considerati e trattati<br />

come paria. Noi abbiamo trovato molti<br />

campeggi lungo le coste, di cui non abbiamo<br />

fatto uso anche perché peraltro quasi tutti<br />

chiusi (aprono solo fra giugno e settembre),<br />

diverse aree attrezzare comunali e private, e<br />

in generale la possibilità di parcheggiare quasi<br />

ovunque, con ben poche eccezioni, per altro<br />

segnalate.<br />

Ma ecco il nostro itinerario, il cui<br />

ritmo (lo capireste da soli) è stato assai<br />

“sostenuto”:<br />

1° giorno<br />

All’arrivo al porto di Cagliari (sbarco in<br />

genere alle ore 8,30 sia per chi proviene da<br />

Palermo che per chi proviene da Trapani),<br />

S.S.195 per la visita del tratto di costa sudoccidentale<br />

della Sardegna; in particolare<br />

visita della chiesa romanica di Sant’Efisio e<br />

della vicina area archeologica punico-romana<br />

di Nora (37 km.), vicino alla quale si trova<br />

anche il Centro Laguna di Nora, area


naturalistica con un acquario e un delfinario.<br />

Eventuale sosta anche nella vicina Pula per la<br />

visita del centro storico e del museo<br />

archeologico. Nel pomeriggio proseguimento<br />

sulla S.S.195 per 35 km. fino a Teulada e<br />

quindi S.P. per Santadi per 21 km. fino alle<br />

grotte di Is Zuddas e visita delle stesse.<br />

Proseguimento sulla S.P. per la vicina Santadi<br />

e, all’arrivo, visita del paese (Casa Museo Sa<br />

Domus Antiga, Museo Archeologico). Quindi<br />

trasferimento per la vicina Necropoli di<br />

Montessu (visita delle tombe denominate<br />

“domus de Janas”, con la tomba delle spirali e<br />

quella del toro). Pernottamento nel<br />

parcheggio della necropoli. Percorsi nella<br />

giornata in totale km 102.<br />

2° giorno<br />

In mattinata S.P. per Tratalias (16 km.),<br />

famosa per la Cattedrale di S. Maria di<br />

Montserrat, e poi con la S.S.126 per<br />

Sant’Antioco (a 13 km.) con visita della<br />

cittadina (istmo, area archeologica, Santuario<br />

di Sant’Antioco, Forte Sabaudo con il Museo<br />

del Sinis). S.S. 126 per Carbonia e Iglesias<br />

(30 km.) con visita della cittadina (chiesa di<br />

Santa Chiara, chiesa di Santa Maria delle<br />

Grazie, Museo delle Miniere, Castello, chiesa<br />

di San Francesco). Nel pomeriggio S.S.130<br />

per Uta (40 km.) per la visita della splendida<br />

chiesa di Santa Maria di Uta; quindi<br />

deviazione sulla S.S.197 per Su Nuraxi vicino<br />

Barumini (35 km). Pernottamento nel<br />

parcheggio del ristorante “Al cavallino nella<br />

giara”, di fronte al nuraghe, con cena tipica.<br />

Percorsi nella giornata in totale km. 171.<br />

3° giorno<br />

Dopo la visita al nuraghe e al paesino di<br />

Barumini, proseguimento sulla S.S. 197 fino<br />

a Gesturi, con visita della Giara, un altopiano<br />

di macchia mediterranea con stagni, dove<br />

pascolano allo stato brado i cavallini sardi, e<br />

quindi ritorno sulla S.S. 197 fino a Villamar<br />

(visita del paese con i murales, la chiesa di S.<br />

Giovanni Battista, con un retablo del ‘500, e<br />

la chiesetta romanica di San Pietro. Quindi si<br />

prosegue fino alla cittadina di Sanluri (visita<br />

del castello medievale, solo su appuntamento,<br />

e del museo etnografico presso il Convento<br />

dei Cappuccini). S.S.131-E.25 per Oristano<br />

(75 km.). Pernottamento all’area camper<br />

comunale di Viale della Repubblica, situata di<br />

fronte alla piscina comunale, (Sa’ Rodia).<br />

Percorsi nella giornata in totale km. 93.<br />

4° giorno<br />

Visita della città (Cattedrale dell’Assunta,<br />

chiesa di San Francesco, Torre di Mariano II,<br />

Antiquarium, chiesa di Santa Chiara e di<br />

Nostra Signora del Carmine). Visita della zona<br />

naturalistica attorno allo stagno di Cabras<br />

(20 km. da Oristano), della chiesa di San<br />

Giovanni di Sinis, dell’area archeologica di<br />

Tharros e dello stagno di Mistras. Nel<br />

pomeriggio S.S.131 per Macomer (strada<br />

della Valle dei Nuraghi) e, lungo la strada,<br />

sosta al Nuraghe di Santa Cristina e al<br />

Nuraghe Losa (tot. 55 km.). Visita del<br />

paesino di Ghilarza (San Palmerio, Torre<br />

aragonese, Casa Gramsci) e pernottamento<br />

nel parcheggio del Piazzale di San Palmerio, a<br />

200 metri dal camper service cittadino.<br />

Percorsi nella giornata in totale km. 80.<br />

5° giorno<br />

S.S.129 bis per Bosa, visita del paese,<br />

famoso per la gioielleria (castello di Serravalle<br />

con la chiesetta di Nostra Signora di Regnos<br />

Altos, convento del Carmine, Cattedrale<br />

dell’Immacolata, chiesa di S. Pietro). Nel<br />

pomeriggio strada litoranea per Alghero (45<br />

km.) e, all’arrivo, visita della città, famosa per<br />

la lavorazione del corallo (Torri della città<br />

murata, Cattedrale, Museo Diocesano, Casa<br />

Doria, chiesa di San Michele, chiesa di San<br />

Francesco). Pernottamento nell’area<br />

attrezzata “I Platani”, vicino Fertilia, tel.<br />

079.930335 o 333.4<strong>77</strong>3911. Percorsi nella<br />

giornata in totale km. 120.<br />

6° giorno<br />

Da Alghero escursione fino alle Grotte di<br />

Nettuno (A/R 30 km.). Quindi, prima di<br />

lasciare definitivamente l’area di Alghero,<br />

possibile visita, lungo la strada per Porto<br />

Torres, delle famose cantine Sella e Mosca<br />

con annesso museo vinicolo (tel.<br />

079.99<strong>77</strong>00). Nel pomeriggio S.S. 131 dir.<br />

Cagliari e poi breve deviazione per Olbia, fino<br />

alla chiesa di Santa Trinità di Saccargia.<br />

Quindi S.S.131 per 40 km. fino alla<br />

deviazione per la chiesa di San Pietro in<br />

Torres (9 km.), del paese di Torralba (Museo


della Valle dei nuraghi) e del vicino Nuraghe<br />

Sant’Antine. Proseguimento fino a Macomer<br />

(30 km.) e S.S.129 per Nuoro (35 km). Da<br />

qui si imbocca la S.P. per Orgosolo (10 km.)<br />

con visita del famoso centro del Supramonte<br />

(murales del centro medievale, oratorio di<br />

Santa Croce, chiesa dell’Assunta).<br />

Pernottamento nella piazzetta di fronte la<br />

polizia. Percorsi nella giornata in totale km.<br />

234.<br />

7° giorno<br />

Si prosegue verso est fino ad incontrare la<br />

costa tirrenica a Cala Gonone, da cui si<br />

prende la barca per la visita della Grotta del<br />

Bue marino e della spiaggia di Cala Luna;<br />

quindi si torna indietro verso l’entroterra fino<br />

a Dorgali, paese famoso per l’artigianato<br />

(gioielli in filigrana, ceramica, arazzi, pelle);<br />

quindi si torna in direzione di Nuoro, fino a<br />

imboccare la S.S.131 dir. per 43 km. che<br />

confluisce sulla 131 per Cagliari (127 km.).<br />

All’arrivo sistemazione nell’area attrezzata di<br />

Via Caboni, 13, dietro la Basilica di Nostra<br />

Signora di Bonaria (tel. 070.303147 o<br />

328.3348847). Percorsi nella giornata in<br />

totale km. 274.<br />

8° giorno<br />

Intera giornata dedicata alla visita di Cagliari<br />

(museo archeologico e d’arte, Cattedrale,<br />

bastione di San Remi, Torre dell’Elefante,<br />

chiesa di Sant’Efisio). Secondo<br />

pernottamento nell’area attrezzata della città.<br />

9° giorno<br />

Mattina dedicata a un’escursione sulla costa<br />

sud-est fino a Villasimius e Capo Carbonara<br />

(70 km.). Nel pomeriggio rientro in città (70<br />

km.) per l’imbarco sul traghetto Tirrenia per<br />

Trapani, che parte alle ore 19. Pernottamento<br />

a bordo in attesa dello sbarco dell’indomani<br />

mattina a Trapani.<br />

Mimma Ferrante e Maurizio Karra<br />

Il nostro camper a Cala Regina, vicino Villasimius


Quel ramo del lago Gurrida...<br />

Una gita particolare lungo le sponde dell’unico bacino europeo nato da<br />

uno sbancamento lavico, tra i vigneti d’Alicante, per ammirare l’Etna o fare<br />

bird-watching.<br />

C<br />

irca 500.000 anni fa i fiumi a<br />

sud dei Nebrodi sfociavano in una ampia baia<br />

marina, larga una quarantina di chilometri,<br />

definita da alcuni autori "Golfo Preetneo".<br />

Con la nascita dell'Etna questi fiumi sono stati<br />

costretti a modificare i loro percorsi. I torrenti<br />

della Saracena, Cutò e Martello hanno dato<br />

vita, all'altezza di Maniace, al fiume Simeto<br />

che, aggirando il vulcano, ha seguito l'antico<br />

margine dei goifo. L'Alcantara, deviando ad<br />

est, nel corso dei millenni ha inciso le lave<br />

preistoriche creando le famose Gole.<br />

Un solo fiume non è riuscito a trovare<br />

la strada del mare: il Flascio. E' stato alternativamente,<br />

per i continui mutamenti dell'Etna,<br />

emissario sia del Simeto sia dell'Alcantara.<br />

Il fronte lavico dell'eruzione del 1536 lo<br />

imprigionò definitivamente costringendolo a<br />

formare un bacino, il lago Gurrida.<br />

Questo lago presenta delle peculiarità.<br />

È l'unico lago europeo originatosi da uno<br />

sbarramento lavico e l'unica zona umida dei<br />

parco dell'Etna, rappresentando una importante<br />

stazione di sosta per gli uccelli migratori.<br />

Il livello del lago dipende dall'apporto idrico<br />

del fiume Flascio che è massImo in inverno,<br />

quando inonda con il suo prezioso limo<br />

questa grande conca.<br />

Questa peculiarità, descritta nel<br />

1815 dall'abate Giuseppe Recupero nella<br />

“Storia naturale e generale dell'Etna", venne<br />

utilizzata dai discendenti dell’Ammiraglio Nelson,<br />

proprietari della immensa Ducea, che<br />

intorno al 1850 vi fecero impiantare un vigneto<br />

di uve d'Alicante. Questi vitigni, di origine<br />

spagnola, trasportati secondo la leggenda<br />

dal bastimento "Victory", non hanno mai<br />

conosciuto il flagello della fillossera: il vigneto,<br />

infatti, viene periodicamente sommerso<br />

dal lago che così lo preserva da questa malattia,<br />

mentre con la bella stagione e il ritiro delle<br />

acque risorge a nuova vita dando un ottimo<br />

vino.<br />

Da alcuni anni uno spazio attorno al<br />

lago è diventato un sentiero natura "speciale",<br />

attrezzato con le necessarie strutture che<br />

permettono la fruibilità a tutti, anche a coloro<br />

che hanno impedimenti fisici, come recita il<br />

pieghevole che viene consegnato all'ingresso:<br />

"Gurrida un sentiero per tutti".<br />

Il lago Gurrida. Sotto il ponte in legno<br />

da cui si accede.<br />

Per arrivarci, da Randazzo si deve<br />

percorre la S.S. 120; al Km.181, subito dopo<br />

la frazione di Murazzo Rotto, quando si incontra<br />

la segnaletica del sentiero, si deve deviare<br />

per la strada in terra battuta che attraversa<br />

il cantiere per la lavorazione del pietrisco<br />

lavico. Appena qualche decina di metri<br />

avanti, è possibile parcheggiare il camper da-


vanti al cancello dell' Azienda Agricola "La<br />

Gurrida". Il sentiero inizia, superata la masseria,<br />

dal lungo pontile in legno che attraversa il<br />

vigneto.<br />

Alla fine del pontile la vista si apre<br />

sullo splendido panorama del versante nord<br />

dell'Etna e sulle lave del 1536. La vera attrazione<br />

è il lago che si raggiunge dopo aver<br />

percorso una piacevole passeggiata, dove è<br />

possibile osservare la fauna, senza disturbare,<br />

attraverso due capanni attrezzati per il birdwatching.<br />

Il lago è incorniciato da una lunga<br />

cortina di canne e alberi idrofili come i salici<br />

e pioppo nero; è opportuno quindi, procedere<br />

in silenzio attrezzati di binocolo e teleobiettivo<br />

per ammirare i numerosi uccelli.<br />

Un suggerimento: prendete per mano<br />

il vostro bambino o un anziano parente o<br />

semplicemente un amico che per motivi di<br />

età o salute ha difficoltà fisiche e conduceteli,<br />

per questa facile e rilassante passeggiata, in<br />

questo splendido angolo dell'Etna. Qui non<br />

avrà alcuna difficoltà a incontrare una natura<br />

incontaminata.<br />

Alfio Triolo<br />

Dall’antologia poetica di Giovanni Formisano<br />

Chi non conosce le melodiose note della canzone siciliana «E vui durmiti ancora» Ebbene, questa<br />

canzone che, come ha asserito lo storico Santi Correnti, cantata durante una battaglia della<br />

prima guerra mondiale da un soldato catanese in una notte di luna piena al suono di una chitarra,<br />

fermò momentaneamente le ostilità e guadagnò l'applauso anche della trincea nemica.<br />

E vui durmiti ancora<br />

Lu Suli è già spuntatu di lu mari<br />

E vuì, bidduzza mia, dormiti ancora,<br />

l'aceddi sunnu stanchi di cantari<br />

e affridatì v'aspettanu cca fora,<br />

supra 'ssu balcuneddu su' pusati<br />

e aspettanu quann'è ca v'affaccìati!<br />

Li ciuri senza vui non ponnu stari,<br />

su' tutti ccu lì testi a pinnulunì,<br />

ognunu d'iddi non voli sbucciari<br />

su prima non sì grapì 'ssu balcuni,<br />

dintra li buttuneddi su' ammucchiati<br />

e aspettanu quann'è ca v'affacciati!<br />

Lassati stari, non dormiti cchiui,<br />

ca 'mmenzu ad iddi, dintra 'ssa vanedda,<br />

cci sugnu puro iu, c'aspettu a vui,<br />

pri vidiri 'ssa facci accussì bedda,<br />

passu cca fora tutti li nuttati<br />

e aspettu puru quannu v' affacciati.<br />

NOTE:<br />

L'aceddi: gli uccelli. Cca fora: qua fuori. Balcuneddu: piccolo balcone. Ponnu: possono.<br />

Pinnuluni: penzoloni. Grapi: apre. Ammucciati: nascosti. 'Mmenzu ad iddi: in mezzo ad essi.<br />

Vanedda: vicolo. Cci sugnu puro iu: ci sono anch'io. Pri: per.


Il parco delle pietre luccicanti<br />

Appena qualche chilometro dopo Barcellona Pozzo di Gotto, una città immaginaria<br />

con piazze, viali, caseggiati, immersa nel contesto stupendo dei<br />

Peloritani: Jalari<br />

C'<br />

è un posto in Sicilia dove fisica<br />

e metafisica si intrecciano sino a confondersi.<br />

Lo sguardo spazia. il pensiero sembra svincolarsi<br />

sino a librarsi leggero come mai Un percorso<br />

culturale, ideale, di rinascimento filosofico<br />

poggiato su una collina peloritana, così<br />

ammaliante e avvolgente da farti emergere in<br />

esso passo dopo passo. E' un'ascesa su un<br />

colle - forse una metafora anch' essa - che via<br />

via che ci si allontana dagli affanni quotidiani<br />

prepara a una liberazione. Il Parco Jalari, appena<br />

qualche chilometro sopra Barcellona<br />

Pozzo di Gotto, in provincia di Messina, è un<br />

sogno che diventa realtà.<br />

circa trentamila alberi e ben 1.500 sculture in<br />

pietra.<br />

Una scultura del Parco Jalari<br />

Una delle “piazze” del Parco Jalari<br />

E’ il sogno delle famiglie Pietrini e<br />

Giorgianni che lo hanno realizzato con costanza<br />

e perseveranza in 28 anni di lavoro.<br />

Oggi, che da poco tempo ha completato le<br />

sue strutture, assomiglia ad una città immaginaria,<br />

con piazze, strade, viali, caseggiati. Il<br />

tutto in un contesto naturalistico come quello<br />

dei primi contrafforti dei Peloritani. Il Giardino<br />

delle muse, l'Oasi delle Memorie Infinite,<br />

la Piazza Aromi e Sapori, la Fontana Olimpo<br />

degli dei, la Piazza delle Erbe, l'Universo E-<br />

nergetico del Bello e il grande Libro di Pietra,<br />

la Rocca dell'ulivastro non sono postazioni<br />

immaginarie, sono "stazioni" di questo percorso<br />

che si estende (a quota 650 metri) su<br />

una superficie di 35 ettari, che comprende<br />

Già, perché la scultura e la pietra sono<br />

il magico "fil rouge" deI parco Jalari, che<br />

in arabo significa "pietra luccicante". E quelle<br />

pietre, quelle sculture, disseminate su una e-<br />

stensione così vasta e proiettate in questo<br />

percorso ideale, ti guardano creando misteriose<br />

suggestioni. La pietra lavorata è stata<br />

forse il primo impegno dell’uomo, E c'è davvero<br />

tanto lavoro in questo parco. Il lavoro di<br />

28 anni, come detto. Un lavoro incessante<br />

che a sua volta valorizza un altro lavoro. Ecco<br />

perché, lungo tutto il percorso ci sono anche<br />

42 botteghe di antichi mestieri. Piccoli e<br />

straordinari squarci (grazie a quindicimila oggetti<br />

donati da varie famiglie e salvati dall'oblio<br />

e da qualche discarica) del tempo che fu<br />

e che non tornerà. Un tempo in cui regnava<br />

la semplicità.<br />

C'è buona parte della storia di Sicilia,<br />

con quegli stili trasfusi nelle strutture più<br />

grandi, e buona parte della storia del mondo.<br />

C'è l’uomo, il suo percorso spirituale, il suo<br />

percorso fisico su questo pianeta, un percorso<br />

faticoso che, per fortuna, può condurre in<br />

alto. Cos'è Jalari Un borgo La città ideale


Forse una risposta completa ed esaustiva è<br />

impossibile. Forse è solo il trionfo della pietra.<br />

Forse è una macchina del tempo che ti<br />

riporta indietro, ma che nei contempo ti offre,<br />

se vuoi, una proposta per guardare avanti.<br />

Si riscopre un atavico legame con la terra, la<br />

pietra, l'acqua, il verde delle piante. E quelle<br />

sculture offrono ognuna spunti di riflessione:<br />

i vizi capitali, le muse e tante altre.<br />

La Piazza degli Artigiani<br />

Sculture uscite dalle mani del professore<br />

Mariano Pietrini, un paradosso vivente,<br />

un docente di matematica che ama lavorare la<br />

pietra. Mentre il fratello Salvatore si è dedicato<br />

principalmente alla realizzazione delle architetture<br />

in pietra ispirate alle culture che nel<br />

corso dei secoli hanno dominato la Sicilia. Il<br />

Viale della Confusione, il Viale della Riflessione<br />

e dei Ripensamenti, quello dei Sogni: il<br />

percorso incita alla resurrezione dello spirito<br />

e favorisce la riappropriazione del proprio essere.<br />

L'estensione, la splendida posizione<br />

(una "balconata" sul Tirreno), la sua architettura,<br />

i suoi colori e i suoi profumi rendono il<br />

parco Jalari una struttura straordinaria, quasi<br />

irreale, ma con fortissimi agganci nella storia<br />

della società umana. Appigli che riportano<br />

sulla terra quei processi mentali che invece<br />

liberano la mente. Fisica e metafisica. Naturale<br />

e sovrannaturale. Una sintesi perfetta Forse<br />

no, ma è un tentativo obiettivamente straordinario.<br />

Un tentativo che poteva essere fatto<br />

solo in Sicilia, la terra che le tante dominazioni<br />

hanno impoverito, dal punto di vista materiale,<br />

ma arricchito spiritualmente.<br />

Alfio Triolo<br />

La fontana degli dei, uno dei luoghi più “metafisici” del percorso del parco


Vita da camper<br />

Consigli preziosi nel caso in cui, in uno dei nostri viaggi, dovesse<br />

capitare un caso di avvelenamento o un morso di insetto o di qualche<br />

altro animale<br />

S<br />

periamo ovviamente che non<br />

capiti mai. Ma può capitare che anche il<br />

banale morso di un’ape faccia andare sotto<br />

sopra una gita o costringa addirittura, per<br />

una crisi anafilattica (soprattutto nei<br />

bambini), a un immediato ricovero in<br />

ospedale. Sappiamo esattamente cosa fare<br />

in questi casi senza farci cogliere dal panico<br />

e senza peggiorare le cose Ecco, qui di<br />

seguito, i consigli di Gabriele Gigli,<br />

pubblicati sul giornalino “L’angolo” degli<br />

amici dell’associazione Viaggiare in Libertà<br />

di Ancona.<br />

Sostanze tossiche<br />

iniettate<br />

Derivano da diverse fonti: insetti,<br />

ragni, serpenti e certe forme di vita marina<br />

possono inoculare veleni nell'organismo. La<br />

sostanza tossica può anche essere un<br />

farmaco o una sostanza chimica iniettata per<br />

mezzo di un ago ipodermico. Certe<br />

situazioni si verificano più frequentemente<br />

per sovradosaggio, soprattutto nei bambini<br />

ai quali possono essere iniettate dosi da<br />

adulti; in questi ultimi avvengono per errori<br />

di somministrazione di soluzioni<br />

medicamentose, che risultano così<br />

pericolose per il soggetto (ad es. insulina in<br />

un paziente non diabetico o penicillina in un<br />

soggetto allergico), oppure per scambio di<br />

soluzioni destinate ad altra via (ad es.<br />

iniezione intramuscolo e/o endovenosa di<br />

fiale contenenti sostanze per aeroso!).<br />

Cosa fare Rallentare, in caso di<br />

puntura intramuscolare o puntura di insetto<br />

o pesce ragno o morso di vipera,<br />

l'assorbimento mediante applicazione locale<br />

di ghiaccio. Togliere eventuali gioielli dagli<br />

arti colpiti. Ciò è importante, in quanto se<br />

successivamente l'arto dovesse gonfiarsi, la<br />

rimozione risulterebbe difficile. Mantenere<br />

l'arto immobilizzato per rallentare la<br />

diffusione della sostanza tossica.<br />

Cosa non fare Non usare farmaci<br />

non prescritti dal medico solo perché hanno<br />

giovato ad un nostro simile; non<br />

massaggiare la parte, credendo di alleviare<br />

l'eventuale dolore locale, perché faciliteremo<br />

l'assorbimento del veleno; non estrarre il<br />

pungiglione o il sacco di veleno di un'ape o<br />

di una vespa in quanto potreste iniettare<br />

un'altra dose di veleno.<br />

Punture di animali<br />

Tra gli avvelenamenti vanno<br />

catalogati anche le punture di insetti, i morsi<br />

di animali come i serpenti, ecc. Nel caso di<br />

punture di insetti, le conseguenze della<br />

inoculazione con la puntura di sostanze<br />

estranee si limitano normalmente ad un po'<br />

di dolore locale, arrossamento, gonfiore e<br />

prurito; a volte, soprattutto nel caso di più<br />

punture, si può avvertire un malessere generale.<br />

Non allarmarsi per una puntura, ma<br />

nemmeno sottovalutarla; in ogni caso fare<br />

impacchi di ghiaccio nella zona colpita; se<br />

questa fa parte di un braccio o di una<br />

gamba, è bene fare una legatura a monte<br />

della puntura e, se possibile, applicare una<br />

crema antistaminica o cortisonica; se non si<br />

è vaccinati, fare l'antitetanica. Inoltre,<br />

segnalare sempre al proprio medico<br />

l'accaduto e descrivergli le reazioni.<br />

Ma il paziente potrebbe reagire al<br />

veleno (per esempio inoculatogli da un’ape)<br />

sviluppando uno shock anafilattico che<br />

definiamo come conseguenza di una grave<br />

reazione allergica e considerata una<br />

condizione gravissima e potenzialmente<br />

letale. L’intervento di un medico, il ricorso a<br />

una farmacia o la ricerca immediata di un<br />

pronto soccorso sono necessari.


Nel caso di morso di un serpente, a<br />

meno che non vi troviate di fronte ad una<br />

specie nota di serpente non velenoso,<br />

considerate tutti i serpenti come se fossero<br />

velenosi. Un morso evidente sulla cute è<br />

l'unico segno rilevabile e potrebbe essere<br />

semplicemente una variazione di colore<br />

della cute nel punto colpito. Il dolore e il<br />

gonfiore nell'area del morso potrebbero<br />

svilupparsi lentamente impiegando da trenta<br />

minuti a diverse ore. Il malcapitato potrebbe<br />

avere le seguenti reazioni: polso rapido e<br />

respirazione faticosa; stato di debolezza<br />

generale che tende ad accentuarsi; problemi<br />

visivi (vista debole e sfuocata); nausea o<br />

vomito e convulsioni; sonnolenza e perdita<br />

di coscienza.<br />

Forme di vita marina<br />

Le forme di vita marina velenose in<br />

grado di produrre delle lesioni da puntura<br />

comprendono la medusa, il mollusco<br />

urticante, la fisalia, il corallo, l'anemone<br />

marino, l'idra femmina, lo scorfano e la<br />

razza. Nella maggior parte dei casi, la<br />

puntura dà luogo all'insorgenza di dolore<br />

localizzato e poche complicanze, tuttavia<br />

alcuni pazienti possono mostrare reazioni<br />

allergiche e sviluppare uno shock<br />

anafilattico. Si verificano ferite perforanti<br />

qualora un soggetto calpesti un riccio di<br />

mare, un gatto spinoso o afferri altre specie<br />

marine dotate di aculei.<br />

Attenzione al morso dei serpenti:<br />

anche un bellissimo bosco potrebbe<br />

nasconderne uno in agguato<br />

Dobbiamo subito contattare il<br />

medico più vicino, recarci da un farmacista<br />

o telefonare al servizio 118, ed in attesa<br />

dell’intervento dobbiamo mantenere calmo<br />

il paziente, conservarne il calore corporeo,<br />

localizzare i segni dei denti dell’animale e<br />

pulire la zona con acqua e sapone e togliere<br />

ogni elemento di costrizione nell'estremità<br />

morsa; inoltre, tenere immobilizzata<br />

l'estremità colpita: l'applicazione di una<br />

stecca può essere di aiuto.<br />

Chi ama il mare va spesso incontro<br />

a “incontri ravvicinati” con meduse<br />

o a punture di spine di ricci<br />

Benché corrisponda al vero che<br />

immergendo la ferita in acqua calda per<br />

trenta minuti l'azione del veleno si riduce,<br />

bisogna provvedere all'immediato trasporto<br />

in ospedale in quanto il paziente può aver<br />

bisogno di un'iniezione antitetanica e le<br />

ferite trattate da un medico. E ricordate:<br />

anche in questi casi, il paziente potrebbe<br />

reagire al veleno sviluppando uno shock<br />

anafilattico che potrebbe diventare<br />

potenzialmente letale.<br />

Gabriele Gigli<br />

(da “L’Angolo” – maggio-giugno <strong>2005</strong>)


Internet che passione!<br />

Intrattenersi con i “blog”<br />

C’<br />

era, e c’è ancora, chi al mattino<br />

comprava il quotidiano e chi più recentemente<br />

ha preso l’abitudine di consultare i giornali<br />

on line. In effetti c’è l’imbarazzo della scelta:<br />

tutti i maggiori quotidiani sono a disposizione<br />

direttamente in casa propria a tutte le ore del<br />

giorno e della notte, con le più “fresche” notizie<br />

che magari saranno quelle stampate sulla<br />

carta per le edicole il giorno dopo!<br />

Un’altra abitudine che va sempre più<br />

diffondendosi, parallelamente alla lettura dei<br />

giornali on line, è la lettura dei blog. Per chi<br />

non lo sapesse, il blog è uno dei tanti fenomeni<br />

nati su internet negli ultimi anni, iniziato<br />

ovviamente negli USA e in breve esportato<br />

con successo in tutto il mondo. Il termine<br />

blog nasce dall’unione di due parole (web +<br />

log) e potrebbe essere tradotto in “diario della<br />

rete” o giù di lì. Nella sostanza il blog è un<br />

sito di qualcuno che giornalmente pubblica i<br />

propri pensieri e le proprie opinioni, nonché<br />

le proprie stupidaggini, se ritiene sia il caso.<br />

Chiaramente l’importanza e l’estrosità del<br />

soggetto creativo determinano il successo del<br />

blog e talvolta potrebbe essere più interessante<br />

leggere tra i pensieri di uno sconosciuto,<br />

invece che tra le pagine del sito di un importante<br />

quotidiano o organo di informazione.<br />

In fondo a chi non piace farsi un po’ i fatti<br />

degli altri<br />

Un blog è alla portata di tutti perché<br />

quasi tutti i grandi portali ne consentono la<br />

creazione e l’aggiornamento; e inoltre chi ha<br />

un minimo di dimestichezza con internet può<br />

crearsene uno (anche la sezione guestbook<br />

del nostro sito ha una struttura analoga, che<br />

permette di inserire un messaggio da qualsiasi<br />

parte del mondo, permettendo anche un<br />

colloquio).<br />

Un blog simbolo, di cui tutti avranno<br />

purtroppo certamente sentito parlare, è il<br />

Bloghdad del creativo e giornalista Enzo Baldoni,<br />

ucciso in Irak lo scorso anno. Il sito è<br />

ancora disponibile su internet e si dimostra<br />

come un diario personale, interrotto il 26 a-<br />

gosto del 2004, su cui il giornalista inviava<br />

quotidianamente le proprie emozioni secondo<br />

il proprio umore, secondo le proprie sensazioni,<br />

ma anche secondo i canoni del suo<br />

mestiere.<br />

Enzo Baldoni in una foto dall’Iraq<br />

Un altro blog recente e di grande<br />

successo anche per la materia di cui tratta, è<br />

quello di Beppe Grillo il quale, ex acerrimo<br />

nemico della tecnologia informatica, ha pensato<br />

di utilizzare lo strumento internet come<br />

punto di aggregazione e di controinformazione.<br />

“Il blog è una cosa straordinaria che mette<br />

in relazione le persone”, dice lo stesso<br />

Beppe Grillo; e guardando le pagine del suo<br />

diario ci si rende conto come in effetti una<br />

sua idea, un suo commento su un argomento<br />

d’attualità, venga commentato e fatto proprio<br />

o aspramente criticato da centinaia di lettori<br />

che hanno la massima libertà di replica.<br />

Un’esibizione di Beppe Grillo


Non so dire se questa sia reale controinformazione,<br />

ma spero solo chi sia il più<br />

libera possibile. Certo è che il sito in questione<br />

è tra i miei preferiti già da tempo e che la<br />

lettura dei suoi post è per me argomento di<br />

lettura e riflessione su quelle che, sempre secondo<br />

me, sono alcune storture del nostro<br />

bel pianeta.<br />

Ovviamente non poteva mancare il<br />

motore dei blog: blogwise (il primo raggiungibile<br />

da Google, che mostra un risultato ben<br />

173 milioni di pagine trovate in seguito alla<br />

ricerca del termine) fornisce statistiche varie<br />

sui 46850 blogs di tutto il mondo, dei quali<br />

1062 italiani.<br />

Sull’idea di una realizzazione collettiva<br />

simile a quella dei blog, ma questa volta a reali<br />

dimensioni planetarie, è inoltre nata nel<br />

2001 Wikipedia, l’enciclopedia libera (così<br />

come si autodefinisce). Questo sito, di notevole<br />

dimensione e spessore (pensate che è<br />

redatto in 195 lingue differenti), è sostenuto<br />

da un’organizzazione non-profit e sopravvive,<br />

nel senso dei contenuti, grazie ad un altissimo<br />

numero di utenti sparsi in tutto il mondo,<br />

che aggiornano e integrano costantemente<br />

gli archivi con nuovi interventi.<br />

Wikipedia (il cui nome deriva da wiki,<br />

che in hawaiano significa “veloce” e che informaticamente<br />

indica una applicazione web<br />

che permette di inserire facilmente dei contenuti,<br />

e pedia, suffisso di enciclopedia) è<br />

progettata con tecnologia open-source ed è<br />

redatta in decine e decine di lingue e dialetti,<br />

compresi l’esperanto, il latino, il suomi e,<br />

pensate, perfino ...il siciliano.<br />

I riferimenti in rete<br />

http://bloghdad.splinder.com/<br />

http://www.beppegrillo.it/<br />

http://www.blogwise.com/<br />

http://www.wikipedia.org/<br />

http://scn.wikipedia.org/wiki/Pagina_principali/<br />

Il logo internazionale di Wikipedia<br />

e, in basso, quello siciliano<br />

Chiunque abbia qualcosa da pubblicare<br />

può dare il proprio contributo senza alcun<br />

vincolo o preventivo controllo nella presunzione<br />

della sua buona fede e del fatto che o-<br />

gni nuova voce inserita può essere integrata,<br />

modificata, corretta o anche criticata da<br />

chiunque in qualunque successivo momento,<br />

sempre tenendo ben presente i concetti indicati<br />

nel decalogo del sito: “amiamo accumulare,<br />

ordinare, strutturare e rendere liberamente<br />

disponibili le conoscenze che abbiamo sotto<br />

forma di un'enciclopedia senza precedenti”.<br />

Assolutamente da non perdere la wikipedia<br />

siciliana, comprendente al momento<br />

1138 articuli prevalentemente redatti da conterranei<br />

residenti all’estero e suddivisi in varie<br />

sezioni, tra le quali sono comprese la Bioluggia,<br />

l’Allitronica, la Ncigniria e la Pillìcula.<br />

Giangiacomo Sideli


Cucina da ...camper<br />

Tre ricette semplici e veloci utili anche a chi viaggia<br />

(Tutte le dosi si intendono per 4 persone)<br />

Mozzarella in carrozza<br />

Ingredienti<br />

16 fette di pancarré un po’ raffermo (o pane del tipo paesano), 8 fette di mozzarella, 2 uova,<br />

farina, latte, pangrattato, olio, sale.<br />

Preparazione<br />

Disporre su metà delle fette di pancarré le fettine di mozzarella (a questa si possono aggiungere<br />

anche fette di prosciutto cotto sgrassato). Coprite con il resto del pane. Infarinate ed immergete<br />

le fette di pancarré nelle uova sbattute con un dito di latte ed un pizzico di sale. Passatele nel<br />

pangrattato e friggetele in abbondante olio bollente. Mettete a scolare su carta assorbente da<br />

cucina. Servite ben caldo.<br />

Spaghetti alla carrettiera<br />

Ingredienti<br />

500 gr. di spaghetti, 600 gr. di pomodoro da spellare, 2 spicchi d’aglio, 1 rametto di basilico,<br />

olio, sale, pepe q.b.<br />

Preparazione<br />

Immergete i pomodori in acqua calda per qualche minuto, poi scolateli e spellateli, apriteli a<br />

metà, eliminate i semi e tagliate la polpa a filetti. Sbucciate gli spicchi d’aglio, tagliandoli<br />

grossolanamente in una terrina capiente dove avrete già posto il pomodoro. Spezzettate con le<br />

mani le foglie di basilico, unendole al condimento. Salate e pepate e fate riposare per circa<br />

mezz’ora. Appena gli spaghetti saranno cotti, scolarli. Rovesciateli nella terrina, condite con olio,<br />

profumando con pepe macinato fresco. Rimescolate il tutto.<br />

Vitello alla pizzaiola<br />

Ingredienti<br />

4 fette di vitello, 4 fette di formaggio fondente, 1 scatola di polpa di pomodoro, 2 spicchi<br />

d’aglio, 1 ciuffo di prezzemolo tritato, ½ cucchiaio di origano, olio d’oliva, sale, pepe q.b.<br />

Preparazione<br />

Fare rosolare l’aglio tritato in padella con l’olio, aggiungendovi in seguito la polpa. Salare e<br />

pepare. Far cuocere per un paio di minuti il condimento, quindi adagiarvi le fettine, facendole<br />

cuocere da ambedue i lati. Aggiungere il prezzemolo tritato e l’origano. Fare insaporire il tutto e<br />

in ultimo sistemare sopra le fettine di formaggio, facendolo fondere per qualche minuto.<br />

Enza Messina


Riflessioni<br />

Ma chi me lo fa fare…<br />

L’<br />

ignoranza Brutta bestia! Un<br />

lusso oggi più che mai insostenibile. In qualsiasi<br />

settore in qualsiasi ambiente, fare orecchie<br />

da mercante alle nuove tecnologie e, ancor<br />

più, cullarsi sull’amaca del ricordo dei bei<br />

tempi andati esaltando penna carta e calamaio,<br />

è oggi un costo che nessuno può permettersi.<br />

L’inadeguatezza informatica dei lavoratori,<br />

sia nel pubblico sia nel privato, fa<br />

ogni anno perdere all’Azienda Italia molti miliardi<br />

di euro.<br />

Ma questa inadeguatezza che dai giovani<br />

è spesso subita, per disattenzione o per<br />

sottovalutazione dell’importanza dell’aggiornamento<br />

professionale da parte dei datori<br />

di lavoro, nelle persone che hanno superato<br />

gli “anta” - che costituzionalmente manifestano<br />

una repulsione verso il nuovo, il rinnovamento,<br />

il diverso - fa sì che gli stessi pensino:<br />

ma chi me lo fa fare<br />

L’inadeguatezza informatica è a vari<br />

livelli e coinvolge con preoccupazione in ordine<br />

decrescente la scala gerarchica organizzativa<br />

delle amministrazioni sia delle piccole<br />

sia delle grandi aziende. E ciò è molto preoccupante<br />

perché in piena società<br />

dell’informazione nessuno può permettersi di<br />

disconoscere o di fare spallucce alle nuove<br />

tecnologie.<br />

La figura dell’impiegato medio che vaga<br />

tra i tavoli alla ricerca di qualcuno che riesca<br />

a fargli partire il pc o che gli risolva il<br />

problema della stampa o ancora che gli formatti<br />

un floppy, è l’immagine stigmatizzata<br />

degli uffici italiani. Al punto che la figura del<br />

collega esperto, quello che ti risolve il problema<br />

con un po’ di esperienza casereccia e<br />

con tanta buona volontà, è divenuta una figura<br />

irrinunciabile, anzi spesso ricercata e strategicamente<br />

collocata nell’ambiente lavorativo.<br />

Come dire: “in un mondo di ciechi ben<br />

venga chi ha un solo occhio”.<br />

La pubblica istruzione, poi, non ha mai<br />

considerato il computer materia di studio ad<br />

alcun livello: né nella scuola dell’obbligo né in<br />

quella superiore, sottovalutando l’importanza<br />

che ormai riveste questo tipo di cultura nella<br />

società contemporanea. Oggi tutto ciò è i-<br />

naccettabile. E fin qui molto disappunto ma<br />

poca meraviglia. Ma che neanche le aziende<br />

che vivono di informatica, investano seriamente<br />

nella formazione dei propri dipendenti<br />

è semplicemente assurdo. E’ come dire: chi fa<br />

da sé fa per tre.<br />

Testo di Luigi Fiscella<br />

Immagine di Agostino Alaimo


News, notizie in breve<br />

Il motorhome Una barca da un milione di dollari<br />

Il trito paragone ("sembra una nave") che si fa sempre per i grandi motorhome ha finalmente<br />

un senso: lo spettacolare Terra Wind prodotto dalla Cami di Bluffton, in South Carolina, "è"<br />

una nave. Nel senso che oltre a viaggiare su strada come tutti i suoi gemelli, riesce a navigare in<br />

acque calme come se nulla fosse.<br />

Un prodigio della tecnica che si paga:<br />

su strada, o in acqua (a voi la scelta), il Terra<br />

Wind costa 850 mila dollari, ma una versione<br />

full optional arriva a 1,2 milioni. Uno sproposito,<br />

anche se le sue caratteristiche sono<br />

davvero uniche e se l'azienda americana non<br />

riesce a stare dietro alla domanda. Cominciano<br />

da un dato apparentemente banale, ma<br />

importante per le barche: la lunghezza.<br />

Il Terra Wind misura la bellezza di 14<br />

metri, il che se in acqua è solo un dettaglio e<br />

dà il senso della classe di appartenenza, su Due immagini del “mostro”<br />

asfalto significa dover manovrare un vero<br />

camion. Che pesa 14 tonnellate. Il motore è<br />

un Caterpillar turbodiesel di 7200 cc da 330<br />

Cv (a 2400 giri minuto) e la propulsione, ruote<br />

a parte, è assicurata da un paio di grosse<br />

eliche che spuntano dalla coda. Ovviamente i<br />

miracoli non esistono e con questa stazza il<br />

Terra Wind per galleggiare ha bisogno di due<br />

enormi gommoni laterali, che si gonfiano in<br />

pochi minuti prima dell'immersione.<br />

Questa deve avvenire ovviamente senza tuffi (pena trovarsi alla cloche di un sottomarino)<br />

ma attraverso rampe di accesso non troppo inclinate. In compenso si può navigare ovunque e nel<br />

più totale lusso. Le finiture prevedono marmi pregiati (anche per la doccia), legni rari e pelli di ogni<br />

tipo. Il letto è un Queen-size, mentre lo stereo è composto da sei differenti Hi-fi, con una Tv al plasma<br />

da 42 pollici e una più piccola per il pilota. Cucina a sei fuochi e vetrate panoramiche completano<br />

poi "l'abitacolo", ma la cosa più spettacolare è l'ingresso posteriore, che in navigazione si può<br />

aprire completamente, trasformando il motorhome in un vero yacht di lusso.<br />

Perché il turismo non decolla al sud<br />

La dimensione del turismo nel meridione è di molto inferiore alle potenzialità: a spingere<br />

per un rilancio del settore turistico nelle regioni del sud è il vice presidente di Confindustria, con<br />

delega al Mezzogiorno, il palermitano Ettore Artioli. Citando il rapporto di Confindustria “Turismo e<br />

Mezzogiorno”, Artioli ha sottolineato come all'origine della crisi del turismo italiano ci sono, oltre<br />

agli attuali problemi congiunturali, anche specifici problemi strutturali. Per il Sud, in particolare, Artioli<br />

identifica come ''specifiche criticità” le difficoltà di accedere ai servizi: ricezione, trasporti, informazioni;<br />

la scarsità quantitativa e qualitativa dell'offerta; il cattivo rapporto tra qualità e prezzi; la<br />

mancanza di un'offerta adeguata alle aspettative e al target dei potenziali visitatori; modelli di consumo<br />

simili a quelli del centro-nord, impraticabili e poco attrattivi nel sud e una scarsa propensione<br />

all'associazionismo, alla cooperazione di filiera e di distretto.


Secondo il rapporto - ha ricordato Artioli - la quota dei turisti stranieri nel sud è pari al 27%<br />

del totale, contro il 46% dell'intera Italia. La loro spesa, nel Mezzogiorno, è di 7,7 miliardi di euro,<br />

sui 27 a livello nazionale. Dunque è necessario favorire l'integrazione di filiera, con il recupero e la<br />

valorizzazione dei beni ambientali e culturali; superare l'attuale concezione di turismo, concepito<br />

come piccole attività individuali e non come sistema; puntare sulle nicchie di mercato, come il turismo<br />

eno-gastronomico, ambientale, ecc.; costruire sistemi turistici locali; fare della qualità un elemento<br />

di sistema e promuovere partenariati pubblico-privati. Per lavorare su queste priorità – secondo<br />

Artioli - occorre quindi che gli attori in gioco siano consapevoli delle sfide che li attendono.<br />

Occorre una classe dirigente preparata e pronta a rischiare, che sappia progettare strategie congiunte<br />

e creare un sistema davvero integrato tra turismo e servizi nel sud.<br />

Ancora sul turismo: il ruolo dei piccoli comuni<br />

L'UNESCO conferma che l'Italia è al primo posto della classifica mondiale per numero di siti<br />

turistico-culturali, “patrimonio dell'umanità”. Un turismo rispettoso dell'ambiente, che sappia valorizzare<br />

e far conoscere la tradizione e le qualità agro-territoriali dell'Italia, può rappresentare uno dei<br />

motori di una ripresa economica che tarda, che tutti dobbiamo contribuire a realizzare. I piccoli<br />

comuni si rivelano un serbatoio prezioso di prodotti tipici di qualità: nove su dieci vantano un prodotto<br />

certificato DOP. L'unicità di questi prodotti conferisce risalto al “made in Italy”. E proprio dall'incontro<br />

fra qualità della vita, tradizioni, cultura, storia ma anche nuove tecnologie e ricerca che<br />

nasce una risposta originale alle sfide della 'globalizzazione'.<br />

Non dobbiamo temere la globalizzazione, ma non si può rimanere con le mani in mano. Bisogna<br />

reagire, con idee con iniziative, con creatività. Ad esempio, valorizzando i piccoli comuni, i<br />

loro prodotti tipici, il loro patrimonio storico e artistico, promuovendo in essi ''un turismo rispettoso<br />

dell'ambiente. Questo l'appello di Carlo Azeglio Ciampi, nel giorno in cui – il 10 maggio u.sc - si<br />

è celebrata la II edizione di ''Voler bene all'Italia, Festa Nazionale della piccola grande Italia'', la manifestazione<br />

per la promozione dei piccoli Comuni italiani organizzata da ANCI e Legambiente. Sulla<br />

questione non possiamo che essere d’accordo.<br />

Nuove iniziative turistiche in Sicilia<br />

Nonostante tutti i problemi che fa registrare il settore del turismo in Italia, e soprattutto al<br />

sud, segnaliamo anche alcune nuove iniziative - che sono senz’altro interessanti - recentemente avviate<br />

in Sicilia, e che possono certamente essere valide anche per noi camperisti come idea per una<br />

gita. La prima riguarda, a Burgio, la recente inaugurazione della nuova Riserva Naturale della valle<br />

del Sosio. Si tratta di una delle oasi naturali più vaste, selvagge e incontaminate della fascia sudoccidentale<br />

della Sicilia, con un territorio di diverse centinaia di ettari fra le province di Agrigento e<br />

Palermo che interessa i comuni di Burgio, Bivona, Palazzo Adriano e Chiusa Sclafani. La nuova Riserva<br />

Naturale Orientata si chiama «Monti di Palazzo Adriano e Valle del Sosio».<br />

La seconda, a Trapani, riguarda la riapertura del Baglio delle Saline, un'antica dimora dei<br />

Marchesi di Platamone, a pochi metri dal mare e dalla Riserva Naturale delle saline di Trapani e Paceco,<br />

uno dei principali presidi ornitologici e naturalistici del Mediterraneo. Il W.W.F. per far conoscere<br />

questo ecosistema ha ideato sentieri pedonali, piste ciclabili e percorsi navigabili a bordo di<br />

barconi lungo i canali che delimitano le vasche saline (per maggiori informazioni:<br />

www.regione.sicilia.it/turismo/web_turismo/).<br />

La terza, infine, riguarda la provincia di Siracusa, città candidata all’iscrizione nel corso del<br />

<strong>2005</strong> fra il patrimonio dell'umanità dell'Unesco, e quella di Ragusa. Fra le due province per tutta<br />

l’estate, fino al 30 settembre, entrerà in funzione fra le piccole stazioni del Val di Noto un treno<br />

composto da locomotive e vagoni storici, in collaborazione con Trenitalia. Da Siracusa a Noto e<br />

Modica, da Siracusa a Ragusa Ibla e Scicli: saranno questi i due itinerari insoliti e suggestivi proposti<br />

dall'Assessorato Regionale al Turismo e dalle Aziende Provinciali per l'Incremento Turistico di<br />

Siracusa e Ragusa con la cura particolare dell'Associazione Treno Barocco del Val di Noto<br />

(http://www.trenobarocco.it/).


Dai finestrini del treno d'epoca sarà possibile ammirare la Valle dell'Anapo con i suoi papiri,<br />

passando per una pianura coltivata a uliveti, mandorleti, agrumeti e toccando prima Avola, con la<br />

sua originale pianta esagonale e i celebri edifici barocchi; e poi Noto, dove ci sarà una sosta. Il viaggio<br />

proseguirà all'interno, tagliando la parte alta del promontorio di Capo Passero e continuando verso<br />

Rosolini e Ispica, luogo circondato da suggestive grotte e cave. Una lunga galleria in salita, subito<br />

dopo la stazione di Modica, immetterà poi nella valle del fiume Irmino. Il treno si arrampicherà lentamente,<br />

affrontando una sequenza di tornanti e gallerie tra le pareti scoscese della vallata, per portarsi<br />

ai 502 metri di quota dell'antica Hybla. Oltrepassata la stazione di Ragusa Ibla, la ferrovia descriverà<br />

una grande curva, entrando in una galleria elicoidale sotto la città, dalla quale il treno uscirà<br />

poco prima dell'arrivo in stazione. Il viaggio abbraccerà così principalmente gli aspetti culturali, paesaggistici,<br />

ambientali del sud-est siciliano, già iscritti nel patrimonio dell'umanità, dove il viaggiatore<br />

potrà organizzare le proprie giornate con soste nei luoghi preferiti o effettuare proprio un giro senza<br />

mai scendere, osservando dal finestrino dell'antico treno anche i luoghi della fiction TV del<br />

Commissario Montalbano.<br />

Il costo del biglietto sarà di 20 euro per gli adulti e di 10 euro per i ragazzi da 5 a 18 anni e<br />

gli adulti con età superiore a 65 anni (gratis i bambini fino a 4 anni); inoltre per i gruppi con un minimo<br />

di 20 persone verrà praticato il prezzo di 15 euro ciascuno; e il biglietto sarà comprensivo di<br />

una degustazione di prodotti tipici nei comuni raggiunti dal treno. E infine, per garantire ai turisti e<br />

agli appassionati un'adeguata accoglienza, le amministrazioni comunali e le Apit delle città attraversate<br />

dal convoglio, forniranno un servizio navetta per il trasporto dalle stazioni ai centri storici.<br />

La Sicilia e i siti tutelati dall’Unesco<br />

Sono stati sospesi in Sicilia i permessi di ricerca, trivellazione e sfruttamento di idrocarburi<br />

nella aree riconosciute patrimonio dell'Unesco. Lo ha deciso la Giunta Regionale Siciliana che ha<br />

dato mandato all'Assessore Regionale all'Industria, Antonio D'Aquino, di predisporre un organico<br />

disegno di legge per disciplinare la materia delle concessioni per lo sfruttamento produttivo nelle<br />

aree di interesse ambientale e culturale.<br />

La decisione della Giunta arriva dopo le polemiche dei giorni scorsi. Alcuni comuni hanno<br />

protestato contro il rilascio di permessi petroliferi alla Panther Resources Corporation, società texana<br />

che aveva ottenuto un decreto di autorizzazione il 31 marzo del 2004 ad avviare ricerche di<br />

idrocarburi nel bacino della Valle del Tellaro e nella VaI di Noto. La protesta, sfociata nella costituzione<br />

di un Forum contro le trivellazioni, era stata appoggiata dall'Assessore al Turismo, Fabio Granata,<br />

che aveva depositato in Giunta la richiesta di sospensione dei permessi.<br />

Tutto ciò mentre l'Italia conferma la sua posizione di leader mondiale per quanto riguarda i<br />

siti tutelati dall’Unesco che, dagli attuali 39, dovrebbero passare a luglio <strong>2005</strong> a 40, con l'entrata<br />

nella Word Heritage List del sito siciliano di Pantalica. La notizia è stata data venerdì 20 maggio<br />

u.sc. a Racconigi alla terza Conferenza Nazionale dei Siti Unesco dal Sottosegretario ai Beni Culturali,<br />

Nicola Bono, che ha sottolineato: “Non si tratta solo di una fattore numerico, ma di una nuova<br />

strategia: siamo contenti di essere il Paese con più siti riconosciuti dall'Unesco, ma ora il nostro<br />

impegno è individuare una nuova politica che parta dalle eccellenze culturali e ambientali italiane<br />

per fame veri motori di sviluppo turistico ed economico all'interno del sistema Italia".<br />

All'incontro era presente anche l'ambasciatore italiano presso l'Unesco, Francesco Caruso,<br />

che ha sottolineato come “noi italiani siamo vittime del nostro stesso successo, perché siamo<br />

guardati da tutti come i 'maestri'; e se presentiamo delle nuove candidature per i siti o programmi<br />

specifici, ci viene richiesto il massimo. Così i nostri 'Piani di gestione' dei quali si sono dotati i siti<br />

verranno molto probabilmente visti come modelli per gli altri Paesi".<br />

A cura di Maurizio Karra


L'ultima parola<br />

di Agostino Alaimo<br />

A proposito di partenze intelligenti...<br />

IL CLUB n. <strong>76</strong>/<strong>77</strong> - pag. 68

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