Numero 76/77 - Anno XIII, Maggio-Agosto 2005 - Club Plein Air BdS
Numero 76/77 - Anno XIII, Maggio-Agosto 2005 - Club Plein Air BdS
Numero 76/77 - Anno XIII, Maggio-Agosto 2005 - Club Plein Air BdS
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CLUB PLEIN AIR BDS<br />
Associazione nazionale dei camperisti e degli amanti del plein air del BANCO di SICILIA<br />
Aderente all'A.I.T.R. - Associazione Italiana Turismo Responsabile<br />
Gemellata con Camping Car <strong>Club</strong> Provence-Cote d’Azur e Calabria Camper <strong>Club</strong> Sila<br />
Sede: Via Rosolino Pilo, 33 - 90139 PALERMO - ! 091.608.5152- Fax: 091.608.5517<br />
Internet: www.pleinairbds.it - E-mail: info@pleinairbds.it<br />
Comitato di Coordinamento<br />
Maurizio Karra (Presidente) - Giangiacomo Sideli (Vice Presidente)<br />
Achille Bufardeci, Giuseppe Carollo, Adele Crivello,<br />
Ninni Fiorentino ed Elio Rea (Consiglieri)<br />
Collegio sindacale<br />
Silvana Caruso La Rosa (Presidente)<br />
Luigi Fiscella ed Enzo Triolo (Componenti)<br />
Collegio dei Probiviri<br />
Pippo Campo (Presidente)<br />
Pietro Inzerillo e Marcello Oddo (Componenti)<br />
" " "<br />
Bimestrale di informazione per i Soci del CLUB PLEIN AIR BDS<br />
Pubblicazione periodica a circolazione interna inviata anche ad altre Associazioni di campeggio e alla stampa<br />
Responsabile editoriale<br />
Maurizio Karra<br />
Redazione<br />
Mimma Ferrante, Giangiacomo Sideli e Alfio Triolo<br />
Hanno collaborato a questo numero anche:<br />
Agostino Alaimo, Anna Maria Carabillò, Paolo Carabillò, Luigi Fiscella, Gabriele Gigli,<br />
Massimiliano Magno, Piero e Cinzia Marenco, Enza Messina, Enzo Triolo<br />
In questo numero<br />
EDITORIALE pag. 3<br />
VITA DEL CLUB<br />
- Un week-end elettrizzante " 4<br />
- A caccia di orchidee " 11<br />
- Inseguendo il passato " 16<br />
- Perché ancora oggi il teatro greco " 24<br />
- Nord, sud, ovest, est “ 27<br />
VIAGGI E TURISMO<br />
- In capo al mondo " 31<br />
- Il Sàpmi, la terra dei figli del sole e del vento " 39<br />
- Creta: viaggio alle radici della civiltà “ 43<br />
- Sardegna: proprio un’altra isola “ 46<br />
TERRA DI SICILIA<br />
- Quel ramo del lago Gurrida... “ 55<br />
- Dall’antologia poetica di Giovanni Formisano “ 56<br />
- Il parco delle pietre luccicanti “ 57<br />
RUBRICHE<br />
- Vita di camper “ 59<br />
- Internet, che passione “ 61<br />
- Cucina da ...camper “ 63<br />
- Riflessioni “ 64<br />
- News: notizie in breve “ 65<br />
- L'ultima parola " 68
C<br />
ome ogni anno siamo ormai vicini<br />
alle nostre ferie estive, e quindi ai tanto agognati<br />
viaggi che ci porteranno da un lato all’altro<br />
dell’Italia, dell’Europa e del Mediterraneo. Anche<br />
quest’anno troveremo code in autostrada, confusione<br />
nelle più note località turistiche, prezzi alle<br />
stelle e così via; anche quest’anno magari ci ritroveremo<br />
in tanti negli stessi posti, negli stessi soliti<br />
luoghi. Bruno Andrea Ciattini, direttore di Auto-<br />
Caravan, nell’editoriale al numero di giugno della<br />
rivista, fa una riflessione proprio su questo argomento.<br />
“Nel nord Europa – scrive - le vacanze<br />
distribuite a intervalli opportuni sono la norma.<br />
Da noi, mentre in Germania o in Olanda si continua<br />
a lavorare, si ferma tutto. È vero che a giustificare<br />
le ferie all'italiana c'è un fattore determinante<br />
come il clima, ma per interpretare gli scenari<br />
delle strade intasate e dei posti di villeggiatura<br />
sovraffollati restano solo le cattive abitudini<br />
che ancora molti hanno in comune”. E’ indubbio<br />
che questo è da sempre il punto dolente delle nostre<br />
“vacanze”, legate quasi sempre a quel periodo<br />
che va da metà luglio a metà agosto e, ahimè,<br />
legate anche ai soliti luoghi rinomati e arcinoti.<br />
“Gli stranieri dicono che noi italiani, quando facciamo<br />
le vacanze, andiamo sempre nello stesso<br />
posto. A me sembra piuttosto – continua Ciattini<br />
- che tutti andiamo negli stessi luoghi. Cambiamo<br />
cielo per ritrovarci poi ammucchiati l’un l’altro”.<br />
Sulla stessa linea è Luciano Mantovani,<br />
uno dei grandi nomi del camperismo italiano, che<br />
sull’ultimo numero de Il Giramondo scrive: “non<br />
possiamo non renderci conto che una concentrazione<br />
esagerata di camper è fastidiosa per chi<br />
camperista non è; è innegabile che conduciamo<br />
veicoli ingombranti, lenti e tutt’altro che agili... E<br />
quando siamo in tanti, la sopportazione nei nostri<br />
confronti finisce presto”. Parliamo anche di impatto<br />
ambientale; diciamocelo: “quelle distese di<br />
tetti bianchi, vanamente ingentiliti da oblò e paraboliche,<br />
non sono un bel vedere”.<br />
Tutto questo perché Perché riesce difficile,<br />
nella boria di una moda che porta all’acquisto<br />
di camper sempre più grandi e accessoriati da<br />
parte di tante persone che non hanno alcuna cultura<br />
del plein air dietro le spalle, capire che la libertà<br />
tanto reclamata per sé finisce proprio dove<br />
inizia quella degli altri. Un camper è solo un mezzo<br />
per viaggiare e nulla di più. Ma un mezzo che<br />
necessita di una sensibilità diversa da chi guida<br />
Editoriale<br />
una semplice autovettura o una moto. Essere<br />
camperisti significa essere portatori di una cultura,<br />
quella del pleinair o dell’abitar viaggiando o<br />
del turismo itinerante (come vogliamo chiamarlo)<br />
che implica rispetto degli altri e dell’ambiente e<br />
soprattutto amore per la ricerca di luoghi che altrimenti<br />
non potrebbero essere così facilmente<br />
visitati. Perché affollarsi tutto sul litorale di San<br />
Vito lo Capo quando a pochi chilometri di distanza<br />
ci sono calette meravigliose e più solitarie<br />
Perché riprendere le abitudini dei nostri abituali<br />
condomini anche quando siamo in camper e ci<br />
troviamo in mezzo a decine e decine di altri camper<br />
La cultura e la sensibilità del pleinair non<br />
si inventano ovviamente dall’oggi al domani; la<br />
responsabilità non è solo di chi guida un camper<br />
(spesso da poco tempo perché magari il camper è<br />
preso a noleggio); le responsabilità sono un po’ di<br />
tutti, l’ho scritto spesso, anche di tante associazioni<br />
che non si curano affatto della “cultura” dei<br />
propri associati e magari organizzano raduni oceanici<br />
per dimostrare (ma a chi) la loro importanza.<br />
La responsabilità è spesso anche di chi i camper<br />
li vende o li noleggia e non pensa affatto a<br />
come quei mezzi potranno essere utilizzati. La responsabilità<br />
è anche delle Forze dell’Ordine che<br />
non intervengono in modo “chirurgico” contro<br />
chi non rispetta norme di legge ben chiare lasciando<br />
in pace tutti gli altri. La responsabilità è<br />
anche dei Comuni che ignorano il turismo<br />
dell’abitar viaggiando, magari obbedendo alle<br />
pressioni di albergatori e gestori di campeggi.<br />
Sì, anche dei gestori dei campeggi: perché<br />
si fa un bel dire che noi siamo campeggiatori!<br />
E no, cari amici, noi siamo viaggiatori in camper,<br />
che ovviamente quando è necessario e lo vogliamo<br />
utilizzano un campeggio; ma che non hanno<br />
comprato un camper con l’obiettivo di andarsi a<br />
chiudere sempre dentro uno di quei luoghi recintati<br />
che si chiamano camping (chi ha scelto la<br />
roulotte spesso fa turismo stanziale, non chi usa il<br />
camper). Il camper è fatto per viaggiare, per farci<br />
viaggiare, spesso anche senza una meta precisa,<br />
per farci scoprire scenari sempre nuovi e desueti,<br />
per farci crescere e maturare a qualsiasi età. Il<br />
camper è questo e tanto altro ancora. Ricordiamocelo<br />
in queste nostre prossime vacanze, che<br />
auguro a tutti serene e splendide.<br />
Maurizio Karra
Un week-end “elettrizzante”<br />
La magica gita nell’agrigentino del 15-17 aprile, sotto la sapiente guida di Mister<br />
Five, alla scoperta di cattedrali sotterranee, bianche scogliere, giardini sacri,<br />
castelli e …ricotta<br />
U<br />
n raduno organizzato dallo<br />
strepitoso Mister Five, al secolo Angelo<br />
Cinque, non poteva che essere “elettrizzante”,<br />
riguardo all’organizzazione, alle chicche da<br />
scoprire, ai sapori da gustare, alle magiche<br />
esplorazioni da attuare. Non poteva… E così è<br />
stato. Naturalmente, logicamente, ovviamente.<br />
A metà aprile ci siamo diretti nella<br />
provincia di Agrigento per seguire il succoso<br />
programma realizzato per noi proprio da<br />
Angelo, ben consapevoli che avremmo visto<br />
mete quasi inesplorate anche dagli agrigentini.<br />
Proprio per questo motivo i partecipanti erano<br />
numerosi e nel corso del raduno che ci ha visto<br />
percorrere le strade di San Biagio Platani,<br />
Realmonte, Siciliana, Porto Empedocle ed<br />
Agrigento, la nostra carovana si è andata<br />
allungando sempre di più, ma sempre con la<br />
massima correttezza e puntualità da parte di<br />
tutti, fatto questo che ha permesso di<br />
mantenere gli impegni presi con le guide delle<br />
varie località e i custodi dei vari monumenti,<br />
rispettando scrupolosamente la tabella di<br />
marcia prevista, cosa semplice quando si è<br />
anche in dieci camper, certamente più<br />
complicata quando il numero aumenta.<br />
Il punto di riunione era previsto, nel<br />
pomeriggio di venerdì 15 aprile, presso il<br />
campo sportivo di San Biagio Platani,<br />
cittadina addobbata nel periodo pasquale con i<br />
suggestivi Archi di Pasqua, spettacolari<br />
costruzioni effimere, realizzate fin dal ‘700 su<br />
una struttura di ferule di agave, che danno vita<br />
ad archi, portali e chiese alti oltre dieci metri,<br />
delimitando l’area sacrale nella quale avviene<br />
l’incontro tra il Cristo risorto e la Madonna. Gli<br />
archi vengono abbelliti con numerosi frutti<br />
della terra, come semi, grano, pane, fiori,<br />
arance, datteri, superbamente decorati, in un<br />
connubio di sacro e profano che rimanda alle<br />
festività pagane della primavera, alla sacralità<br />
della vita, al rinnovarsi delle stagioni. Così<br />
all’ombra delle due confraternite paesane, i<br />
“Madunnara” e i “Signurara”, si rinnova ogni<br />
anno, dalla Domenica delle Palme al primo<br />
maggio, un crogiolo di arte e sacralità che si<br />
riflette nei rilievi di pasta cotta, nei capitelli di<br />
pane, negli addobbi realizzati con i mosaici di<br />
semi, incantando i numerosi visitatori che ogni<br />
anno si riversano da tutta la Sicilia, e non solo,<br />
in questo minuscolo paese dell’agrigentino.<br />
Gli archi di Pasqua<br />
di San Biagio Platani in notturna
Due immagini dei nostri soci all’interno delle miniere di Realmonte
Non poteva mancare neanche per<br />
coloro che sono giunti la sera dopo cena,<br />
quindi, anche una piccola passeggiata serale<br />
nel centro del paese, per ammirare i magici<br />
Archi di Pasqua, purtroppo quest’anno in parte<br />
rovinati dalle abbondanti piogge del periodo<br />
primaverile; questo non ci ha impedito, però, di<br />
gustarci le magnifiche ed effimere chiese a<br />
cielo aperto dedicate alla Madonna e al Cristo,<br />
che si riflettevano con i loro brillanti colori sul<br />
velluto blu del cielo notturno. E poi, dopo aver<br />
brindato con gli auguri per il nuovo camper di<br />
Nunziatella e Salvo, ci siamo ritirati nei nostri<br />
appartamenti su ruote.<br />
Il mattino del sabato la carovana dei<br />
nostri camper si è snodata lungo stradine<br />
secondarie fino a raggiungere la zona di<br />
Realmonte, dove ci siamo fermati innanzi tutto<br />
per visitare la miniera di salgemma della Italkali<br />
che si allunga nel sottosuolo per decine di<br />
chilometri fino ad oltre 250 metri sotto il<br />
livello del mare. Questa miniera, tuttora in<br />
piena attività, cela però un segreto che ha ben<br />
poco a vedere con la produttività, con i bilanci<br />
e con l’estrazione del sale: infatti a 45 metri<br />
sotto il livello del mare si apre una gigantesca<br />
caverna di un bianco abbagliante che ospita<br />
una vera e propria cappella, dedicata a Santa<br />
Barbara, patrona dei minatori, con bassorilievi<br />
di impronta sacra, incisi nel sale da uno<br />
giovane scultore del luogo, che raffigurano un<br />
Crocifisso, la Sacra Famiglia e Santa Barbara.<br />
Inutile dire che, penetrandovi, ci siamo<br />
sentiti molto emozionati ed increduli davanti a<br />
tanta bellezza, e i nostri ringraziamenti al<br />
nostro Angelo sono stati molto sentiti,<br />
soprattutto quando abbiamo saputo che la<br />
miniera non è aperta al pubblico e che solo la<br />
notevole capacità di persuasione di Mister Five<br />
nei riguardi dei dirigenti della Italkali era<br />
riuscita nella difficile impresa.<br />
La miniera custodisce nelle viscere<br />
della terra, a circa 70 metri sotto il livello del<br />
mare, un’altra chicca di grandiosa bellezza,<br />
raggiungibile in fuoristrada attraverso<br />
chilometri di cunicoli scavati nel sale in cui il<br />
buio assoluto la fa da padrone: un magnifico<br />
rosone di oltre 7 metri di altezza dai colori<br />
digradanti, dal bianco al grigio antracite, frutto<br />
della natura che, grazie ai diversi minerali<br />
presenti nel salgemma, ha creato questa<br />
magnifica opera d’arte, davanti alla quale i<br />
pochi che sono riusciti a giungervi sono rimasti<br />
letteralmente sbalorditi, estasiati e molto<br />
emozionati.<br />
Alla fine della visita tutto il gruppo è<br />
quindi tornato “a riveder le stelle”, consapevole<br />
di aver avuto il privilegio di ammirare uno<br />
spettacolo unico, in cui la natura e l’opera<br />
dell’uomo sono stati, una volta tanto, giusti<br />
alleati. E per ricordare questi momenti magici<br />
abbiamo raccolto piccoli sassi di salgemma che<br />
con il loro luccichio rallegreranno un angolo<br />
della nostra casa in muratura.<br />
Con gli occhi ancora pieni delle<br />
meraviglie ammirate nel sottosuolo ci siamo<br />
quindi diretti alla cosiddetta Scala dei Turchi,<br />
una splendida e candida scogliera che si erge<br />
sulla costa di Realmonte, scandita da enormi<br />
gradoni che fanno proprio pensare ad una scala<br />
di dimensioni ciclopiche, che si staglia sulle<br />
profondità azzurre del Canale di Sicilia con la<br />
sua struttura in marna, una sorta di gesso<br />
bianco che ricorda le bianche scogliere di<br />
Dover. Di lì a poco siamo approdati a Capo<br />
Russello, presso l’area attrezzata “La Playa”,<br />
che si staglia a pochi metri dal mare in un<br />
contesto naturalistico davvero notevole, tra la<br />
macchia mediterranea, la spiaggia che il mare<br />
lambisce poco oltre e lo scenario della Scala<br />
dei Turchi che si intravede appena più in là.<br />
Nel pomeriggio con alcuni camper ci<br />
siamo poi spostati al vicino paese di Siculiana,<br />
dove abbiamo visitato il castello della cittadina,<br />
arroccato all’estremità della cresta rocciosa di<br />
un promontorio fin dal XIV secolo, anche se la<br />
parte più antica, risalente forse alla<br />
dominazione araba, è stata rasa al suolo dai<br />
proprietari per costruire una nuova costruzione<br />
più moderna all’inizio dell’900.
nuziale e in molti si sono attardati anche a fare<br />
gli auguri agli sposi.<br />
La sera, tornati all’area attrezzata “La<br />
Playa”, dotata anche di un ottimo ristorante,<br />
tutti i presenti si sono riuniti attorno per il<br />
classico rituale delle cavallette facendo fuori un<br />
magnifico menù di piatti di pesce (solo una<br />
minoranza ha preferito quello a base di carne),<br />
con numerosi antipasti, due primi paradisiaci,<br />
un secondo squisito e via …mangiando. Si<br />
imponeva poi un po’ di movimento, per<br />
smaltire tutte le calorie ingurgitate e così ci<br />
siamo lanciati nelle danze, grazie alla musica<br />
dal vivo ottimamente suonata. Solo a notte<br />
inoltrata tutti sono crollati, nelle rispettive<br />
mansarde, a “russare” il sonno del giusto.<br />
Qui e nella pagina precedente tre<br />
immagini del castello di Siculiana<br />
I nostri camper a Capo Russello<br />
La tradizione vuole che i patti conclusi<br />
sulla rocca di Siculiana siano benedetti dalla<br />
provvidenza e per questo motivo nel castello<br />
sono stati celebrati nel corso dei secoli<br />
numerosi matrimoni, consuetudine che<br />
perdura anche ai giorni nostri, dato che la parte<br />
più moderna della costruzione e il cortile<br />
interno sono utilizzati per ricevimenti nuziali e<br />
come centro congressi. Noi abbiamo avuto la<br />
possibilità comunque di visitare anche la parte<br />
più antica che ospita vetuste prigioni, armature<br />
e …cinture di castità, non solo femminili, ma<br />
anche maschili (e qui gli appartenenti al sesso<br />
forte sono rabbrividiti dinanzi a quell’aggeggio<br />
infernale). All’uscita del castello il gruppo si è<br />
poi fermato a visitare il vicino Santuario del SS.<br />
Crocifisso, dove era in corso una cerimonia<br />
Ma la mattina della domenica le<br />
cavallette d’ordinanza sono state richiamate in<br />
servizio grazie alla mangiata corale di ricotta<br />
calda e formaggio fresco; e qui è meglio tacere<br />
per decoro sulle insospettabili capacità degli<br />
apparati digerenti degli intervenuti...<br />
Quindi la carovana dei camper si è<br />
messa in moto, snodandosi lungo Porto<br />
Empedocle o “Vigata”, come recita il cartello di<br />
benvenuto voluto dai suoi cittadini per<br />
ricordare il nome dato alla cittadina da Andrea<br />
Camilleri nei romanzi che hanno per<br />
protagonista l’ineffabile commissario<br />
Montalbano, che hanno dato grande notorietà<br />
al “centro più inventato della Sicilia più tipica”.<br />
La tappa seguente è stata Agrigento,<br />
con la sua magica Valle dei Templi, nel cui<br />
parcheggio l’incredibile Mister Five è riuscito a<br />
far sistemate tutti i camper, tra l’incredulità<br />
generale (anche dei vigili e degli stessi<br />
posteggiatori!). Qui ci attendeva la prevista
visita del giardino di Kolymbetra, situato in un<br />
vallone scavato nell’arenaria a ridosso del<br />
tempio di Castore e Polluce, recentemente<br />
risistemato dal FAI dopo che lo stesso era<br />
diventato con il passare degli anni un<br />
ricettacolo di immondizie.<br />
Foto di gruppo davanti al tempio di<br />
Castore e Polluce ad Agrigento.<br />
Sotto il famoso telamone sdriaiato<br />
A farci da guida è stata Antonietta, un<br />
vulcano di conoscenze, di amore per la natura<br />
e di simpatia, che ha incantato tutto il gruppo<br />
con la sua gentilezza e disponibilità; grazie a lei<br />
abbiamo saputo che il giardino di Kolymbetra<br />
ha origine antichissime, dato che con ogni<br />
probabilità è da ricollegare a “Colimbetra”, il<br />
vivaio di pesci, nonché la piscina sacra che<br />
veniva usata per le abluzioni rituali attorno al V<br />
secolo a.C. dai greci, prima di recarsi ai vicini<br />
templi. Questa sorta di canyon veniva<br />
alimentato da vari ipogei che racchiudevano<br />
acque sotterranee e, dopo che cadde in disuso<br />
come piscina sacra, venne riconvertito in<br />
epoca araba in orto e agrumeto, funzione che<br />
ha ripreso perfettamente ai nostri giorni, al<br />
punto che penetrandovi sembra quasi di<br />
entrare in una sorta di giardino dell’Eden, in cui<br />
la macchia mediterranea si alterna ad aranceti<br />
di varie specie, a fichidindia, a carrubi, a limoni<br />
e così via, mentre la zagara profuma l’ambiente<br />
circostante e i templi fanno capolino tra la<br />
vegetazione, quasi come in una visione onirica.<br />
I partecipanti si sono sentiti in piena<br />
simbiosi con la natura, mentre passeggiavano<br />
per i viottoli del giardino, ammirando alcune<br />
grotte usate quasi duemila anni fa come<br />
chiesette paleocristiane, osservando con<br />
interesse le varie specie vegetali, ma anche<br />
assaggiando le diverse qualità di arance<br />
gentilmente offerte da Antonella e qui, tra un<br />
morso e l’altro, qualche cavalletta ha fatto la<br />
sua ricomparsa.<br />
Dopo il pranzo domenicale ci<br />
attendeva l’esplorazione di due delle chiese più<br />
belle del centro di Agrigento; infatti a bordo di<br />
qualche camper e della auto della famiglia<br />
Cinque, alla quale va un grazie particolare per<br />
l’appoggio e la disponibilità dimostrati<br />
ampiamente anche da Adriana e da Claudia, ci<br />
siamo diretti nei vicoletti del centro storico,<br />
fermandoci a visitare la particolarissima chiesa<br />
di Santa Maria dei Greci, che fino a qualche<br />
tempo fa si riteneva la più antica della città.<br />
Invece, grazie a scavi recenti si è potuto<br />
appurare che il luogo in cui sorge è stato<br />
dedicato fin dal V secolo a.C. ad attività<br />
religiose: infatti nelle fondamenta della chiesa,<br />
perfettamente visibili grazie ad un pavimento in<br />
vetro montato allo scopo, si susseguono un<br />
grandioso tempio greco, dedicato ad Atena, e<br />
al centro di quest’ultimo la prima cattedrale di<br />
Agrigento, una piccola chiesetta paleocristiana<br />
dedicata forse a San Gerlando, vescovo della<br />
città attorno all’anno Mille. I presenti sono<br />
anche riusciti a scendere materialmente nelle<br />
fondamenta della costruzione e ad ammirare a<br />
pochi centimetri di distanza le bellissime<br />
colonne doriche del tempio di Atena.
Due immagini del Giardino della Kolymbetra, accanto la valle dei Templi di<br />
Agrigento. Qui domenica 17 aprile è avvenuta l’associazione del nostro <strong>Club</strong> al<br />
FAI, Fondo per l’Ambiente Italiano, la principale fondazione italiana no profit<br />
per la tutela, la salvaguardia e la cura del patrimonio artistico e naturalistico<br />
del nostro Paese. In basso, la mascotte del gruppo, Enrico Agnello, con la<br />
maglietta donata dalla simpaticissima Antonietta, la nostra guida al giardino.
Alcuni soci nelle fondamenta della<br />
chiesa di Santa Maria dei Greci di<br />
Agrigento, edificata sull’antico<br />
tempio di Atena, di cui sono visibili<br />
ancora le colonne e i basamenti<br />
Di emozione in emozione ci siamo poi<br />
diretti alla vicina Cattedrale, caratterizzata da<br />
una magnifica abside di impronta barocca,<br />
letteralmente incrostata da puttini, arabeschi,<br />
fregi floreali e, ai lati, da due grandiosi quadri,<br />
quello di destra con il Patrono San Gerlando<br />
che predica agli agrigentini, e quello di sinistra<br />
con San Giacomo Apostolo che sconfigge gli<br />
arabi. Ma in tutta la chiesa si susseguono<br />
numerose cappelle ricche di tesori artistici,<br />
oltre al cosiddetto Coretto, dove si riunivano i<br />
sacerdoti in meditazione, in cui si possono<br />
ammirare, oltre agli antichi scanni del XVII<br />
secolo, anche gli affreschi settecenteschi e un<br />
prezioso altare marmoreo barocco.<br />
Purtroppo il tempo correva tiranno e a<br />
questo punto siamo stati costretti a dichiarare<br />
ufficialmente concluso il raduno per riprendere<br />
la rotta di casa, mentre i saluti affettuosi e i<br />
sinceri ringraziamenti a Mister Five e alla sua<br />
bellissima famiglia rischiavano di farci scappare<br />
qualche lacrimuccia; e al momento<br />
dell’arrivederci le nostre parole sono state<br />
improntate ad una chiara promessa (o forse era<br />
una minaccia): torneremo al più presto per<br />
continuare a scoprire i mille tesori nascosti di<br />
Agrigento e del suo pregevole territorio. E<br />
meno male che c’è Mister Five…<br />
Mimma Ferrante<br />
Il nostro gruppo davanti alla Cattedrale di Agrigento
A caccia di orchidee<br />
Nel week-end di metà maggio numerosi soci si sono dati appuntamento a<br />
Scopello per visitare la magnifica Riserva dello Zingaro, nel periodo più bello<br />
dell’anno in cui fioriscono le orchidee selvatiche<br />
F<br />
inalmente l’estate è arrivata e con<br />
lei la voglia di tuffarsi nella natura a piene<br />
mani per rigenerarsi, per respirare a pieni<br />
polmoni – allergie permettendo - tutti i<br />
profumi delle essenze e per godere ...a pieni<br />
occhi dei fantastici colori dei fiori che in<br />
questo periodo costellano i prati. E, come<br />
ogni anno, l’arrivo della bella stagione ci porta<br />
ad approfittare di ogni momento libero per<br />
esplorare ciò che ci circonda, in particolare al<br />
di fuori delle città cementificate, alla ricerca di<br />
sole, aria pulita, verde di campagne e boschi<br />
così come del blu del mare, facendo<br />
ovviamente base sulle nostre magnifiche<br />
casette su ruote, i nostri amatissimi camper.<br />
Anche quest’anno non siamo sfuggiti<br />
a questa regola e, anzi, abbiamo inaugurato la<br />
stagione estiva ormai alle porte con una vera<br />
e propria chicca, che ha riscosso commenti<br />
entusiastici da parte dei tantissimi<br />
partecipanti: una passeggiata alla Riserva dello<br />
Zingaro, situata nei pressi del paesino di<br />
Scopello. Così fra la mattina e il pomeriggio di<br />
sabato 14 maggio ci siamo dati<br />
appuntamento nell’area attrezzata camper “La<br />
Plaia” situata a 300 metri dal baglio Anselmi<br />
che poi è il cuore del piccolo borgo del<br />
trapanese, arrivando alla spicciolata nel corso<br />
della giornata.<br />
Dopo i baci e gli abbracci di rito,<br />
conditi dai progetti per gli imminenti viaggi<br />
estivi, ci siamo recati al calar del sole a<br />
“tampasiare” al vicino borgo, sorto intorno al<br />
settecentesco insediamento del baglio, sul<br />
luogo in cui sorgeva un antico casale arabo,<br />
e disteso attorno alla piazzetta centrale invasa<br />
da coppie di giovani sposi intenti a farsi<br />
immortalare nel giorno più felice (!!) della<br />
loro vita. Tutto attorno si affacciano casette<br />
ad un piano, bar e ristorantini, mentre<br />
passeggiando attraverso i vicoletti acciottolati<br />
si riesca a scorgere a tratti qualche scorcio<br />
spettacolare delle coste accarezzate dal mare<br />
diverse centinaia di metri più in basso.<br />
La nostra meta per la serata era<br />
proprio all’interno del baglio, presso il<br />
ristorante omonimo, dove avevamo prenotato<br />
qualche settimana prima quella che ci era<br />
stata assicurata come una cena tipica e che<br />
invece si è rivelata come un’autentica bufala,<br />
non nel senso della mozzarella, ma nel senso<br />
della ...fregatura, figlia prima di tutto di<br />
professionalità improvvisata come purtroppo<br />
capita spesso nei luoghi turistici che “vivono”<br />
solo tre o quattro mesi l’anno quando va<br />
bene. Non stendiamo, in questo caso, un velo<br />
pietoso sulla vicenda, che invece merita un<br />
approfondimento a parte.<br />
Un tratto di costa dello Zingaro
Cronaca di una cena da dimenticare<br />
Dopo aver prenotato nei giorni precedenti una cena “per circa trentacinque persone” al<br />
Ristorante “Il Baglio” di Scopello con un “tipico menu” (vari antipasti, busiate alla trapanese,<br />
arrosto misto di carni con contorno, acqua e vino compresi, pensavamo anche la frutta...),<br />
mentre alcuni partecipanti alla gita (pochi in verità) avevano preferito rimanere per cena in<br />
camper, in quarantaquattro persone tra adulti e bambini ci siamo presentati sabato 14 maggio al<br />
predetto ristorante all’orario prestabilito (le 20,15).<br />
Ma, ahimè, una dozzina di soci hanno optato all’ultimo momento per la pizza al posto<br />
della cena completa, con grande rabbia del proprietario del ristorante che ha subito contestato la<br />
cosa, sostenendo di aver fatto la spesa (!!!), in abbondanza, per quaranta persone (come se poi al<br />
ristorante non ci fossero almeno altri cinquanta commensali oltre noi!) e che quindi il numero<br />
delle persone vincolate alla cena doveva essere quello previsto e non inferiore, nemmeno di una<br />
o due unità, anche se poi ai tavoli eravamo ben nove in più. Dopo un crescendo di contestazioni,<br />
in un’atmosfera che si arroventava sempre più, con alcuni soci costretti, loro malgrado, a<br />
ritornare sulle loro decisioni rinunciando alla pizza per la cena completa, è finalmente cominciato<br />
il pasto (era nel frattempo passata un’ora!), con il menu originario scelto (liberamente o no) da<br />
trentadue dei quarantaquattro presenti, compresi i bambini di tre anni.<br />
Ma, mentre per chi aveva scelto la pizza non ci sono stati poi inconvenienti, per chi era<br />
rimasto ancorato alla scelta della cena completa o per chi aveva dovuto ritornare sulla sua<br />
decisione rinunziando alla pizza, si sono accavallati i problemi: alla scortesia iniziale si sono<br />
aggiunti, nell’ordine: porzioni da fame; un servizio pessimo, nonostante la gentilezza di qualche<br />
cameriere, con intervalli anche di un’ora tra una portata e l’altra; innocue richieste di due<br />
porzioni di patatine per alcuni bambini sdegnosamente rifiutate perché “non comprese nel prezzo<br />
concordato: se volete le vendono qui accanto”; i vassoi di insalata “all’acqua” giunti dopo<br />
mezz’ora dalla carne e solo dopo che era stato controllato dal ristoratore che era previsto<br />
effettivamente un contorno al secondo, e condita solo da chi aveva afferrato da qualche tavolo<br />
vicino oliera e saliera; e infine - come ulteriore beffa - la frutta negata a fine pasto (”non ne<br />
avevamo parlato”); per non parlare invece del prezzo, concordato in una misura (18 euro a<br />
persona), e trasformato alla fine in 20 euro con un arrotondamento ingiustificato.<br />
Noi - da signori quali siamo – a fine cena (erano le 23,30!) abbiamo pagato il conto e<br />
dopo il pagamento ci siamo trattenuti (alcuni componenti del direttivo) in amabile conversazione<br />
col gestore del ristorante che non si è smosso di un centimetro dalle sue posizioni rintuzzando le<br />
nostre doverose contestazioni sempre con la stessa tiritera (“avevate prenotato in trentacinque e<br />
la cena l’avete effettuato in trentadue; e io tutta la roba che ho comprato (!!!!!!!!!!!!!) ora la devo<br />
buttare”); alla fine, di fronte a un muro di gomma invalicabile fino al limite della banalità, abbiamo<br />
solo promesso a nome di tutti i commensali che mai più nessuno di noi sarebbe ritornato al<br />
ristorante “Il Baglio” e che ciascuno, col passaparola fra amici e conoscenti, si sarebbe anzi<br />
trasformato in ottimo “testimonial pubblicitario” (ovviamente in senso negativo)!<br />
A questo punto una riflessione è d’obbligo: se avere troppi turisti porta i gestori di alcuni<br />
ristoranti (così come di alcuni alberghi e campeggi) a comportarsi in questo modo, arrivando a<br />
taglieggiare i clienti occasionali (che naturalmente non si presenteranno mai più in quel locale),<br />
che futuro può avere il turismo in queste località Che professionalità e correttezza si può<br />
invocare, se i suddetti personaggi ne disconoscono completamente il significato Che risvolti si<br />
potranno avere in un mercato turistico stravolto dagli aumenti ingiustificati, imputati soltanto<br />
all’euro, senza che come controparte vi sia alcuna garanzia a favore del turista Interrogativi<br />
legittimi, a nostro parere, che anche noi camperisti dovremmo cominciare a porci, disertando<br />
senza ripensamenti quelle località che vedono il turista (non solo italiano ma purtroppo anche<br />
estero) solo come un pollo da spennare.<br />
Maurizio Karra
Scusate se scrivo anch’io...<br />
Caro Presidente, cari Soci, mi permetto di scrivervi per chiedervi scusa se non vi parlo di<br />
cosa ho provato comprando di recente il camper; per chiedervi scusa perché non riesco a dire<br />
cosa provo guidandolo; per chiedervi scusa se non partecipo a tutte le attività sociali; per<br />
chiedervi scusa se, quando incontro altri soci nei raduni, pongo sempre domande, chiedo<br />
informazioni, chiarimenti... Chiedo scusa per quelle volte in cui magari i miei “cuccioli”<br />
rumoreggiano un po’ negli orari ...comunque consentiti; vi chiedo scusa perché magari ho<br />
dimenticato qualche altra mia “colpa”.<br />
Ma principalmente chiedo scusa pubblicamente, attraverso il giornalino del club, a mio<br />
figlio Alessandro e a mia figlia Eleonora, così come a tutti gli altri bambini che erano presenti alla<br />
cena del 14 maggio al Baglio di Scopello, perché hanno dovuto mangiare con notevole ritardo<br />
rispetto a quando ci siamo seduti a tavola, anche perché qualcuno dei partecipanti ha messo in<br />
difficoltà il presidente (persona troppo buona: e lui sa che dico il vero) cambiando<br />
repentinamente idea dopo aver prenotato nei giorni precedenti la cena e richiedendo invece<br />
all’ultimo momento la pizza, oggetto di una notevole e lunga discussione con il ristoratore<br />
(intransigente senza alcuna ragione), che ha causato una gran perdita di tempo, inutile, per<br />
l’inizio della cena stessa e tante altre discussioni fino alla fine.<br />
A questi non chiedo scusa, ma chiedo rispettosamente per la prossima volta di attenersi<br />
alle loro (per altro libere) decisioni, se appunto decidono di partecipare alle cene di gruppo.<br />
Soprattutto quando si accorgono che le loro decisioni provocano quello che è successo a<br />
Scopello. Personalmente io mi definisco un “cacciatore”, nel senso che mi muovo spesso da<br />
solo; ma se decido di aggregarmi al simpatico “branco” del mio <strong>Club</strong>, mi attengo rigorosamente<br />
a quanto il programma stabilisce. Evitando di creare problemi che poi possono allargarsi<br />
ricadendo su quanti non hanno alcuna responsabilità o colpa. Cordialmente.<br />
Massimiliano Magno<br />
Meno male che il motivo per cui ci<br />
siamo recati nella zona meritava più che<br />
ampiamente, invece, la nostra presenza; così<br />
la mattina della domenica, sotto un cielo<br />
azzurro porcellana e un sole splendente, ci<br />
siamo spostati a bordo di qualche camper di<br />
un paio di chilometri, fino al parcheggio della<br />
Riserva dello Zingaro, dove ci hanno<br />
raggiunto in auto altri soci e, cosa davvero<br />
bellissima, parecchi figli ormai grandi<br />
interessati, se non a venire in camper con noi<br />
dal giorno precedente, a condividere<br />
comunque con noi questa esperienza; lì, ad<br />
attendere il nostro gruppo formato adesso da<br />
oltre sessanta persone, ci attendeva la nostra<br />
guida, il simpatico e preparato Mimmo<br />
Scuderi, da noi incontrato in un’occasione<br />
precedente nel corso della quale ci aveva<br />
colpito il suo amore per la riserva e la sua<br />
grande conoscenza del territorio.<br />
Le orchidee selvagge dello Zingaro
Mimmo Scuderi, la nostra guida<br />
A questo punto, grandi e bambini,<br />
tutti muniti di scarpe da trekking e cappellini,<br />
si sono inoltrati nei sentieri della riserva,<br />
istituita nel 1982, dopo anni di lotte civili per<br />
fermare i lavori di una strada che avrebbe<br />
dovuto congiungere Scopello a San Vito Lo<br />
Capo, violentando uno dei tratti di costa più<br />
belli della parte occidentale dell’isola, immersa<br />
in una lussureggiante oasi di vegetazione<br />
mediterranea, con palme nane, simbolo della<br />
riserva, ma anche carrubi, ginestre,<br />
biancospini, euforbie, asfodeli e tanto altro.<br />
Un vero paradiso terrestre, insomma, nel<br />
quale i presenti si sono trovati catapultati<br />
dopo aver attraversato la galleria lasciata<br />
incompiuta che testimonia l’inizio dei lavori,<br />
per fortuna bloccati.<br />
Subito oltre si è spalancato agli occhi<br />
di tutti uno scenario da favola, con le<br />
profondità del mare che occhieggiava poco<br />
più in giù e la collina immersa in una<br />
vegetazione fitta di arbusti e di alberi, tra cui<br />
si notavano fiori dai mille colori. Procedendo<br />
avanti, attraverso uno stretto sentiero, ora in<br />
salita ora in discesa, non sempre agevole per<br />
la verità, ci siamo ritrovati a costeggiare<br />
diverse calette, dove l’acqua assume<br />
sfumature incredibili, tra palme nane, cespugli<br />
di mirto e arbusti di ginestra, mentre i sensi<br />
entravano in conflitto tra loro, dato che lo<br />
sguardo non sapeva se farsi catturare dal<br />
mare sottostante o dalla coloratissima<br />
vegetazione, l’olfatto non sapeva quale<br />
profumo seguire, se quello delle essenze o<br />
quello della salsedine, e gli altri sensi venivano<br />
sedotti dal calore del sole e dal richiamo dei<br />
gabbiani che volteggiavano su di noi.<br />
Dopo una sosta al centro visitatori,<br />
per un’introduzione di Mimmo Scuderi sulle<br />
piante e sugli animali che vivono allo Zingaro<br />
e per ammirare i lavori realizzati con la parte<br />
interna della palma nana dai giovani locali<br />
(cestini, borse e attrezzi vari), la nostra<br />
carovana si è rimessa in moto per<br />
raggiungere la zona intermedia della riserva,<br />
che si snoda per circa sette chilometri, dove<br />
erano state avvistati diversi esemplari di<br />
orchidea selvatica. La nostra solerte guida,<br />
intanto, ci dava notizie sulle piante che si<br />
andavano incontrando, ma anche sulla fauna<br />
della riserva, come gli esemplari di aquila<br />
reale, l’istrice, la volpe, la lepre e così via; e<br />
poi all’improvviso, quando il fiato cominciava<br />
a mancare e il sudore imperlava la fronte,<br />
abbiamo avuto l’ennesima ricompensa, con la<br />
visione delle bellissime orchidee selvatiche<br />
che occhieggiavano tra la vegetazione. E’<br />
stato un susseguirsi di foto, di riprese e di<br />
sospiri estatici, mentre la risacca del mare<br />
consacrava più in basso questi momenti unici.<br />
Vegetazione tipica della Riserva
Il nostro gruppo al Centro visitatori della Riserva<br />
E poi, lentamente, siamo tornati<br />
indietro, ammirando una volta ancora quello<br />
scenario da sogno, quegli scogli dalle forme<br />
più strane a cui con un po’ di fantasia si<br />
possono dare somiglianze incredibili, come<br />
quello in prossimità della seconda caletta che<br />
fa pensare ad un leone disteso, quegli arbusti<br />
e quei fiori che non ci capita spesso di poter<br />
vedere, mentre Mimmo continuava a<br />
raccontarci, con semplicità e con grande<br />
partecipazione, dell’universo vegetale e<br />
animale della riserva. Uscire dalla riserva è<br />
stato come risvegliarsi da un sogno ad occhi<br />
aperti e, nonostante la stanchezza, fioccavano<br />
già i progetti per visitarne altre sezioni in un<br />
prossimo futuro (come dire che l’appetito vien<br />
mangiando).<br />
E a proposito di appetito, dopo aver<br />
salutato il nostro anfitrione con un affettuoso<br />
arrivederci, le nostre cavallette sono tornate<br />
all’area camper dove hanno dato il via al<br />
classico rito dell’abbuffata, sia per<br />
compensare i risvolti dolorosi della cena<br />
“dietologica” della sera precedente, sia per<br />
riequilibrare le numerose calorie spese nel<br />
corso della passeggiata alla riserva: si è<br />
assistito così al consueto spettacolo di<br />
pietanze “improvvisate” in numero mostruoso<br />
che si rincorrevano da un tavolo all’altro o da<br />
un camper all’altro, vassoi e piatti che<br />
venivano tutti implacabilmente prosciugati,<br />
immortalati sull’altare della golosità dei<br />
presenti.<br />
I nostri camper nell’area La Plaia<br />
di Scopello<br />
Poi, purtroppo, è giunto il momento<br />
di tornare a casa, ma già mentre le ruote dei<br />
mezzi si avvicinavano a destinazione,<br />
fioccavano le mete per le prossime uscite,<br />
contribuendo a consolare chi aveva il magone<br />
per la fine del week-end: d’altra parte ormai<br />
l’estate è arrivata e chi ci ferma<br />
Mimma Ferrante
Inseguendo il passato<br />
Tra il 1° e il 5 giugno ci siamo fatti affascinare dalle atmosfere senza tempo di<br />
Siracusa assistendo al Teatro Greco alla rappresentazione dell’Antigone di Sofocle,<br />
per poi tuffarci nelle suggestioni naturalistiche di Vendicari e della Valle<br />
dell’Anapo, e concludere il tour nel siracusano fra i borghi di Marzamemi e Sortino,<br />
in un magnifico mix di arte, cultura, natura e … buona cucina<br />
L’<br />
occasione era troppo ghiotta<br />
per farsela sfuggire: cinque giorni di libertà,<br />
quelli del ponte tra il 1° e il 5 giugno, da dedicare<br />
all’esplorazione della nostra magica i-<br />
sola, lungo il versante sud-orientale che è più<br />
difficile da raggiungere da Palermo nel corso<br />
di un breve week-end, alla (ri)scoperta della<br />
splendida Siracusa, che in quell’occasione o-<br />
spitava al Teatro Greco anche la rappresentazione<br />
delle tragedie classiche, ma anche delle<br />
riserve naturalistiche di Vendicari e<br />
dell’Anapo, con la suggestiva Pantalica, e di<br />
due piccoli borghi, il delizioso Marzamemi e il<br />
barocco Sortino, attraverso un excursus che<br />
in una manciata di giorni ha coniugato con<br />
grande equilibrio cultura, storia, arte, ma anche<br />
natura, paesaggi magnifici e cucina, una<br />
delle grandi passioni delle cavallette targate<br />
<strong>Club</strong> <strong>Plein</strong> <strong>Air</strong> <strong>BdS</strong>. Tutto ciò è stato possibile<br />
grazie alla sapiente organizzazione “in loco”<br />
dei nostri soci Alfio Triolo ed Emanuele A-<br />
menta, che si sono prodigati per realizzare<br />
una gita che, per quanti vi hanno preso parte,<br />
non sarà facilmente dimenticata.<br />
Ma andiamo per ordine: a metà giornata<br />
di mercoledì 1° giugno una dozzina di<br />
equipaggi di soci provenienti da tutta la Sicilia<br />
si sono dati appuntamento a Siracusa presso<br />
l’area camper “Von Platen”, situata a ridosso<br />
del Santuario della Madonnina delle Lacrime<br />
e del Museo Archeologico. Il primo appuntamento<br />
in programma era al vicino teatro greco<br />
per assistere ad una delle tragedie classiche<br />
in cartellone, l’Antigone di Sofocle. Ed è<br />
stata un’esperienza notevole ritrovarsi sulle<br />
gradinate di un teatro “vecchio” di duemilacinquecento<br />
anni, circondati da migliaia di<br />
persone immerse in un’atmosfera al di fuori<br />
del tempo, a pochi passi dall’area archeologica<br />
e dall’Orecchio di Dioniso dove, secondo<br />
la leggenda, il tiranno spiava i discorsi dei<br />
prigionieri che tramavano contro di lui, grazie<br />
al magnifico effetto di amplificazione dei suoni<br />
che a tutt’oggi si può osservare all’interno<br />
della grotta.<br />
Dopo aver fortunosamente trovato<br />
posto nel teatro gremito all’inverosimile, lo<br />
sguardo dei presenti è stato attratto dalla<br />
scenografia, scandita da gigantesche copie<br />
delle enigmatiche statue cicladiche che, sebbene<br />
risalenti a migliaia di anni fa, hanno<br />
forme ancora molto attuali, tanto da potersi<br />
accostare alla scultura moderna. Poco dopo<br />
le 18,30 ha avuto finalmente inizio lo spettacolo,<br />
scandito dalle figure funeree degli attori<br />
fasciati in lugubri abiti neri; in effetti questo è<br />
stato l’unico aspetto dello spettacolo che non<br />
ci ha convinto più di tanto, mentre il resto<br />
della messa in scena ci ha colpito per la sua<br />
incisività.<br />
L’argomento si prestava eccezionalmente:<br />
com’è noto, si tratta del dramma di<br />
Antigone, sfortunata figlia nata dalle nozze<br />
incestuose tra Edipo e Giocasta, che cerca di<br />
convincere la timorosa sorella Ismene a partecipare<br />
ai riti funebri nei confronti del comune<br />
fratello Polinice, vietati con un severo<br />
bando dal re Creonte, loro zio, che vuole così<br />
punire Polinice per avere marciato contro Tebe<br />
per rivendicarne la guida e avere così assassinato<br />
suo fratello Eteocle, rimanendo a<br />
sua volta ucciso nel duello fratricida. Antigone<br />
resterà sola in questa sua lotta per rispettare<br />
il fratello morto e i riti voluti dagli dei in<br />
onore dei morti; sarà scoperta e condannata<br />
a morte da Creonte, autore di un bando che<br />
vuole punire Polinice anche da morto negandogli<br />
la sacra sepoltura voluta dagli dei; Creonte,<br />
accecato dall’odio per chi ha marciato<br />
contro la città, la farà rinchiudere in una grotta<br />
con la veste nuziale che avrebbe dovuto<br />
indossare durante le nozze, fissate con suo<br />
figlio Emone.
Una scena dell’Antigone al Teatro Greco di Siracusa<br />
In basso i nostri soci davanti ai resti del Tempio di Apollo a Ortigia
Ma a dramma segue dramma: giungerà<br />
in scena l’indovino Tiresia che, con<br />
grande pathos, anticiperà al re le sciagure<br />
familiari che lo stanno per colpire duramente<br />
a causa delle sue scelte impietose. E non basterà<br />
che il re tenti di rimediare ai suoi errori<br />
di giudizio, dato che, mentre cerca di correre<br />
ai ripari, si troverà davanti al macabro spettacolo<br />
di Antigone suicida e al figlio Emone<br />
che, dopo aver tentato di ucciderlo, volgerà<br />
contro di sé la spada uccidendosi a sua volta,<br />
mentre la moglie del re, Euridice, nel sentire<br />
la funerea notizia della morte del figlio, si suiciderà<br />
anch’essa gettandosi sulla spada, tra i<br />
lamenti strazianti di Creonte, che invocherà a<br />
sua volta la morte.<br />
La tragedia di Sofocle, che è una sorta<br />
di sequel, come lo chiameremmo oggi, dei<br />
“Sette a Tebe” di Eschilo (anch’essa rappresentata<br />
a Siracusa a giorni alterni insieme<br />
all’Antigone, richiama alla mente temi universali,<br />
come la contrapposizione tra il mondo<br />
dei vivi e quello dei morti, così come le leggi<br />
del diritto e quelle sacre ed eterne della morale<br />
e della religione; ma anticipa anche la moderna<br />
contrapposizione uomo-donna, quando<br />
Creonte esclama che le donne non possono<br />
comandare sugli uomini e che se questo dovesse<br />
accadere l’umanità sarebbe condannata.<br />
Tutti temi ricorrenti anche nella società<br />
odierna che fanno delle tragedie del teatro<br />
greco antico rappresentazioni sempre attuali<br />
e strettamente collegate con l’identità stessa<br />
della natura umana.<br />
Dopo uno spettacolo così grandioso,<br />
ben recitato e arricchito da pregevoli musiche,<br />
i presenti sono tornati all’area camper<br />
dove li attendeva la cena e il sonno del giusto,<br />
pronti il giorno dopo a tuffarsi nelle atmosfere<br />
di Ortigia, l’isoletta che è stata il nucleo<br />
originario della colonia greca che ha dato<br />
il via alla nascita di Siracusa. Purtroppo il<br />
cielo era velato e le diverse prospettive<br />
dell’isoletta apparivano offuscate e quasi senza<br />
contorni, privando del piacere di apprezzare<br />
fino in fondo il contrasto tra l’acqua e le<br />
pregevoli costruzioni che vi si riflettono; in<br />
ogni caso, sotto la sapiente guida di Alfio<br />
Triolo, abbiamo seguito l’itinerario classico di<br />
scoperta dell’isoletta, dalle rovine del tempio<br />
di Apollo, risalenti al VI secolo a.C., a Piazza<br />
Archimede, con la fontana dedicata a Diana<br />
di inizio ‘900, a Via delle Maestranze, arricchita<br />
da pregevoli architetture barocche, fino<br />
al magnifico Duomo, costruito sul tempio<br />
greco dedicato ad Atena, di cui si distinguono<br />
chiaramente le colonne doriche lungo il<br />
suo perimetro, e alla Fontana Aretusa, scandita<br />
dal verde dei papiri e dal candore delle paperelle,<br />
che ricorda lo sfortunato amore della<br />
ninfa, trasformata in fonte, e di Alfeo, trasformato<br />
in fiume, in modo che le loro acque<br />
potessero congiungersi in eterno. Peccato<br />
che Ortigia, nonostante i suoi tesori in pietra,<br />
versi in uno stato di notevole degrado che<br />
meriterebbe estrema attenzione da parte delle<br />
autorità cittadine e non certo l’oblio che la<br />
circonda!<br />
La Fontana Aretusa a Ortigia<br />
Questo magone della mattina è stato<br />
“rinforzato” dalla mancata visita (prevista nel<br />
pomeriggio) al Museo Archeologico Paolo<br />
Orsi, chiuso a partire dalle ore 13 “per il<br />
giorno festivo”, quel 2 giugno che invece ha<br />
proposto un po’ dappertutto in Italia il prolungamento<br />
dell’orario di apertura delle sedi<br />
museografiche più disparate fino alle ore 22!<br />
Inutile dire che siamo rimasti senza parole,<br />
anche perché continua a sfuggirci il senso del<br />
chiudere i musei proprio quando la gente è<br />
libera e potrebbe quindi visitarli più facilmente.<br />
Ovviamente pensiamo alle migliaia di turisti<br />
anche di altre nazioni incappati quel pome-
iggio nella chiusura non prevista del museo e<br />
non ci meravigliamo affatto del perché le percentuali<br />
parlino sempre chiaro: l’Italia, e la Sicilia<br />
in particolare, non attirano più come un<br />
tempo i turisti.<br />
Nel pomeriggio la visita di Siracusa è<br />
comunque proseguita con la sosta al vicino<br />
Santuario della Madonnina delle Lacrime, costruito<br />
per custodire l’effigie della Madonna<br />
che ha versato lacrime nel 1953, in una casa<br />
di una giovane coppia di sposi in via degli Orti.<br />
Il complesso religioso, i cui lavori sono stati<br />
solo recentemente conclusi, si compone di<br />
due parti: la cripta, eretta nel 1968, che ha<br />
fatto da chiesa fino alla costruzione della parte<br />
superiore, consacrata nel 1994 a lavori ancora<br />
in corso ed eretta a forma di cono rovesciato.<br />
Sia l’interno che l’esterno del Santuario<br />
sono realizzati in cemento armato e in<br />
forme ultramoderne, che non incontrano facilmente<br />
il gusto dei siracusani. Tra il piano<br />
superiore e quello superiore, per dare un po’<br />
più di “calore religioso” all’insieme, si susseguono<br />
diverse cappelle con opere d’arte moderna,<br />
come quadri e mosaici di argomento<br />
sacro, ma anche pregevoli iconostasi e resti<br />
archeologici che emergono dal pavimento, un<br />
po’ come in tutta la città, ma l’insieme risulta<br />
comunque freddo e vagamente sterile.<br />
Parlando proprio di questi argomenti,<br />
il gruppo è quindi ritornato in serata con una<br />
bella passeggiata a Ortigia per concludere<br />
degnamente la giornata presso il ristorante<br />
“Al Gambero Rosso”, dove il nostro Alfio<br />
Triolo aveva organizzato una splendida cena<br />
con menù a base di pesce. Qui abbiamo avuto<br />
anche l’occasione di brindare a Francesco,<br />
delizioso nipotino di Alfio Triolo, nato da appena<br />
sei settimane, e quindi divenuto la mascotte<br />
del nostro <strong>Club</strong>. E poi, con le panze<br />
decisamente piene, non è rimasto che tornare<br />
ai camper e crollare nelle mansarde.<br />
Il Santuario della Madonnina delle<br />
Lacrime<br />
Alfio Triolo con la moglie, la figlia e<br />
il nipotino, nuova mascotte del nostro<br />
<strong>Club</strong><br />
La mattina del 3 giugno la nostra carovana<br />
si è spostata all’oasi naturalistica di<br />
Vendicari, luogo di migrazione di varie specie<br />
di uccelli come cavalieri d’Italia, fenicotteri e<br />
anatre, dove è possibile passeggiare in un<br />
contesto che ricorda da vicino le distese sabbiose<br />
del deserto, intervallate però da pantani,<br />
stagni e mare; attraverso i capanni in legno,<br />
disseminati lungo le rive dei pantani, si<br />
possono osservare le varie specie di uccelli,<br />
che raggiungono l’oasi per riposarsi, prima di<br />
continuare la migrazione dall’Europa del centro-nord<br />
al nord-Africa e viceversa. Il mese di<br />
giugno non è il migliore per l’osservazione<br />
ornitologica, perché la maggior parte degli<br />
uccelli è già ripartita, ma lo spettacolo della<br />
natura, con le acque che si incuneano tra la<br />
terraferma, scandita da numerose specie di<br />
piante, è sempre garantito, anche se il cielo
velato ha continuato a perseguitarci, annullando<br />
i contorni tra cielo e acqua.<br />
L’oasi di Vendicari<br />
Dopo il pranzo la carovana di camper<br />
ha, quindi, raggiunto il vicino borgo marinaro<br />
di Marzamemi, disteso scenograficamente tra<br />
il porticciolo ricolmo di barche, la lunghissima<br />
spiaggia candida e le casette colorate che<br />
le fanno da cornice, tra cui spicca quella dalla<br />
facciata in rosso pompeiano che è stata abitata<br />
da Vitaliano Brancati, e che è stata costruita<br />
su una minuscola isoletta che durante l’alta<br />
marea resta isolata, nonostante si trovi a pochi<br />
metri dalla riva. Sulla piazza principale del<br />
borgo si innalza un complesso gentilizio del<br />
‘700, composto dal palazzo nobiliare e dalla<br />
chiesa adiacente, attorno a cui si è sviluppata<br />
la tonnara e il piccolo borgo, e lungo il corso<br />
principale vi è anche un negozio di specialità<br />
locali, al cui interno le cavallette di turno si<br />
sono date agli acquisti, tra bottarga di tonno,<br />
conserve a base di pomodorini di Pachino,<br />
tonno, sgombri, alici, ecc. E poi, a proposito<br />
di cibo, le stesse cavallette si sono riunite<br />
presso la vicina pizzeria “l’Ancora”, dove si è<br />
dato il via al rito collettivo di pizza e patatine.<br />
Chi aveva ancora spazio nella pancia ha ingurgitato<br />
anche il gelato e poi il gruppo si è<br />
diviso, tra coloro che hanno preferito le delizie<br />
della mansarda e coloro che, invece, si<br />
sono recati in piazza per assistere ad uno<br />
spettacolo. Ma per tutti la notte è stata cullata<br />
dal vicino sciabordio delle onde, che ha assicurato<br />
sonni sereni e rilassanti.<br />
Il mattino del 4 giugno ci si è mossi<br />
di buon mattino per raggiungere la Valle<br />
dell’Anapo e Pantalica, situata su uno sperone<br />
roccioso a guardia della omonima valle che si<br />
incunea fra i Monti Iblei e che costituisce uno<br />
dei più importanti siti preistorici in Sicilia,<br />
grazie al notevole interesse archeologico dato<br />
dalle 5.000 tombe a grotticella presenti<br />
nell’area e risalenti al <strong>XIII</strong>-VIII secolo a.C.; nel<br />
loro insieme queste tombe costituiscono la<br />
più grande necropoli rupestre d’Europa, ma<br />
non è da trascurare nemmeno il rilevante valore<br />
naturalistico del paesaggio che incornicia<br />
la necropoli, grazie ad una densa vegetazione,<br />
allo scorrere del fiume Anapo e agli scorci<br />
panoramici sugli Iblei, intervallati dalle visioni<br />
della necropoli che si susseguono lungo il<br />
percorso.<br />
Pantalica e la Valle dell’Anapo<br />
La visita di quest’oasi naturalistica e<br />
archeologica si è svolta sotto la guida di Melanie,<br />
che ci ha aiutato a guadare fiumi e ad<br />
arrampicarci tra i massi, lungo i passaggi più<br />
difficili delle nostre esplorazioni, contribuendo<br />
a farci sentire tutti come dei novelli Indiana<br />
Jones, al cospetto di un paradiso naturalistico<br />
per fortuna non ancora perduto. Così<br />
sotto i nostri occhi meravigliati si sono succeduti,<br />
dall’ingresso della Riserva Naturale dal<br />
lato di Sortino, gallerie buie, il tracciato della<br />
vecchia ferrovia Siracusa-Vizzini, scorci<br />
sull’ampia valle dell’Anapo, incorniciata da<br />
platani, pioppi, salici e coloratissimi oleandri,
il placido fluire del fiume Anapo in un universo<br />
verde tra acque e vegetazione, ma anche<br />
tracce di storia antica, incarnate<br />
dall’acquedotto greco, costruito dal tiranno<br />
Gelone intorno al 480 a.C., che ancora oggi<br />
convoglia le acque del vicino fiume di Calcinara<br />
fino al teatro greco di Siracusa, con un<br />
percorso di oltre trenta chilometri in leggera<br />
pendenza.<br />
I nostri soci mentre guadano<br />
l’Anapo<br />
E poi, attraverso un sentiero che segue<br />
il fluire sinuoso dell’Anapo, con suggestivi<br />
laghetti che si aprono davanti<br />
all’improvviso, libellule che si librano nell’aria,<br />
farfalle che volteggiano pigramente e fiori dai<br />
mille colori, ci siamo ritrovati sul vecchio<br />
tracciato della ferrovia, fino alla Stazione di<br />
Pantalica, adibita a Museo Etnoantropologico<br />
e naturalistico, mentre le telecamere<br />
di una troupe RAI di Geo & Geo, presenti<br />
nella riserva, ci seguivano passo passo.<br />
Inutile dire che a questo punto eravamo<br />
piuttosto stanchi e sentivamo il bisogno<br />
di riposare all’ombra, ma anche di mettere<br />
qualcosa tra i denti, anche perché si era fatta<br />
l’ora di pranzo; e anche questa volta le cavallette<br />
sono state accontentate, mentre si materializzavano<br />
all’improvviso, tra gli alberi e la<br />
fitta vegetazione, pizze e scacce ancora calde<br />
in abbondanza, vino di casa, acqua fresca e<br />
arance. Si è dato così il via ad uno spuntino<br />
bucolico in grande stile, durante il quale le<br />
cavallette hanno dato il meglio di sé, ma senza<br />
riuscire a finire tutto, tanto che francescanamente<br />
sono state poi divise le pizze e le<br />
scacce rimaste, che sono state consumate<br />
nelle ventiquattro ore seguenti, senza che<br />
nemmeno una briciola di quel bendiddio andasse<br />
perduta.<br />
I nostri soci in una sosta nel corso della visita<br />
della Valle dell’Anapo e di Pantalica
Dopo il pranzo e i chilometri percorsi<br />
la stanchezza era notevole, ma per fortuna ci<br />
è venuto in soccorso il pulmino della riserva<br />
che ci ha riportato indietro su ruote, fino ai<br />
camper che ci attendevano pazientemente<br />
all’ingresso, alcuni chilometri indietro! Quindi<br />
la carovana di mezzi si è spostata ancora verso<br />
l’ultima tappa del raduno, il vicino paese di<br />
Sortino, dove era attesa nel parcheggio del<br />
municipio, in cui erano stati riservati dei posti<br />
per i camper presenti. Qui giunti, un po’ di<br />
riposo era d’obbligo, dopo i chilometri percorsi<br />
nel corso della giornata, anche se alcuni<br />
dei presenti ne hanno approfittato per fare<br />
una prima passeggiata nel paese, assistendo<br />
anche alla messa pomeridiana del sabato.<br />
Il nostro gruppo a Sortino davanti<br />
la chiesa della Natività<br />
Ma il grosso delle esplorazioni cittadine<br />
hanno avuto luogo il giorno dopo, la<br />
mattina della domenica 5 giugno, quando una<br />
guida della Pro Loco è venuta ad accompagnarci<br />
nel corso della visita; si è così effettuata<br />
una passeggiata nel centro storico, ricostruito<br />
dopo le distruzione del terribile terremoto<br />
del 1693 che cambiò la fisionomia della<br />
Sicilia orientale, seminando morte e distruzione.<br />
Peccato che in questo periodo la cittadina,<br />
con la decisa impronta barocca rilevabile<br />
tuttora nelle architetture delle chiese e di<br />
alcuni palazzi nobiliari costruiti dopo il terremoto,<br />
sembri un enorme cantiere in costruzione,<br />
dato che buona parte dei suoi monumenti<br />
più importanti sono in restauro, facciate<br />
comprese.<br />
In ogni caso, percorrendo il centrale<br />
Corso Umberto ci siamo inoltrati nel cuore<br />
dell’abitato, fiancheggiando le varie chiese<br />
cittadine, come quella di Santa Sofia, dedicata<br />
alla patrona cittadina, o come la chiesa del<br />
Purgatorio, incorniciata da un grazioso portale,<br />
o ancora come la chiesa di San Sebastiano,<br />
arricchita da affreschi del Crestadoro, artista<br />
palermitano del ‘700. Ma tra le chiese<br />
cittadine più importanti vi sono la chiesa della<br />
Natività, con un’armoniosa facciata concavoconvessa<br />
su tre ordini, che ospita all’interno<br />
un pregevole pavimento in piastrelle di maioliche<br />
che raffigura la Pesca miracolosa, la<br />
chiesa dei Cappuccini, che ospita il prezioso<br />
ciborio dell’altare maggiore in legno intarsiato,<br />
eseguito in diciotto anni da Fra Angelo di<br />
Mazzarino, e la settecentesca Chiesa Madre,<br />
dedicata a San Giovanni Evangelista, preceduta<br />
da un artistico sagrato e caratterizzata<br />
da una facciata che, dalle foto che ci sono<br />
state mostrate (dato che sono in corso i lavori<br />
di restauro) è un vero e proprio capolavoro<br />
di architettura barocca.<br />
Il pezzo forte della visita della cittadina<br />
è stato però senza dubbio il Museo<br />
dell’Opera dei Pupi, ospitato all’interno del<br />
Convento dei Padri Conventuali, che raccoglie<br />
al suo interno la collezione di pupi siciliani<br />
appartenenti al puparo don Ignazio Pugliesi,<br />
con pupi alti fino ad un metro e quaranta,<br />
dal peso di oltre trentacinque chili. Penetrare<br />
all’interno del museo è quasi come fare un<br />
salto nel giardino della nostra infanzia, tra<br />
pupi variopinti dalle espressioni più varie, che<br />
sembrano in grado di animarsi da un momento<br />
all’altro, per trascinarci in un universo rutilante<br />
di suoni e di emozioni, dove tutto sembra<br />
possibile, anche l’amore disperato di Orlando<br />
per Angelica.<br />
Nel museo si susseguono varie sale<br />
tematiche, come quella dei giganti e dei mostri,<br />
quella dei saraceni, sui cui volti si allungano<br />
ghigni satanici, dei paladini di Francia,
con un posto d’onore riservato a Carlo Magno,<br />
o ancora come quella di Orlando, Angelica<br />
e Rinaldo, cristallizzati nel loro eterno<br />
triangolo, ma vi è anche una sezione dedicata<br />
alla farsa, che concludeva ogni rappresentazione,<br />
con il personaggio di Peppennino, e<br />
un’altra ancora dedicata alle teste dei pupi,<br />
che sembra appena uscita da una seduta<br />
straordinaria della ghigliottina francese. La<br />
visita del museo si conclude con la tappa<br />
nell’antico teatrino, che sembra sul punto di<br />
animarsi con l’ennesima messa in scena delle<br />
vicende dei paladini di Francia.<br />
Dopo questo entusiasmante tuffo nel<br />
passato dei nostri nonni, ci siamo ritrovati nel<br />
parcheggio del municipio per consumare un<br />
pranzo veloce, prima di riprendere la rotta<br />
verso casa, che per la maggior parte dei partecipanti<br />
distava diverse ore di cammino; ma<br />
nemmeno le piccole code incontrate per<br />
strada sono riuscite a farci dimenticare i suoni,<br />
i colori e i profumi di questo lungo e magico<br />
tour trascorso tutti insieme, inseguendo<br />
l’affascinante passato della nostra isola, dalle<br />
tragedie greche alle rappresentazioni dei pupi,<br />
dalle colonne doriche dei templi greci alle colonne<br />
tortili delle chiese barocche, dall’oasi<br />
naturalistica di Vendicari paradiso degli uccelli<br />
alla riserva naturale di Pantalica paradiso<br />
degli umani, attraverso un percorso di grande<br />
bellezza che mescola arte, storia, natura, ma<br />
anche le sagome dei nostri irrinunciabili camper.<br />
Chi potrebbe farne a meno<br />
Il museo dei pupi di Sortino<br />
Testo di Mimma Ferrante - Foto di<br />
Paolo Carabillò e Maurizio Karra<br />
Il porticciolo di Marzamemi
Perché ancora oggi il teatro greco<br />
Anche quest’anno si rinnova presso il teatro greco di Siracusa il tradizionale<br />
appuntamento con la tragedia antica: ma qual era il suo significato<br />
nel V secolo a.C. e qual è, soprattutto, oggi a distanza di 2.500 anni<br />
L<br />
a gente accorre tra maggio e<br />
giugno ormai di ogni anno a Siracusa per assistere<br />
alle tragedie greche messe in scena a<br />
cura dell'Istituto del Dramma Antico. Lo fa un<br />
po' per moda, un po' per reale interesse, un<br />
po' perché "almeno una volta nella vita vanno<br />
viste"; giunge a Siracusa con lo stesso entusiasmo<br />
con il quale ateniesi, meteci (i residenti<br />
senza cittadinanza), non ateniesi e<br />
schiavi accorrevano nel V secolo a.C. nel teatro<br />
di Dioniso, fatto ricostruire poi a metà del<br />
IV secolo da Licurgo e adornato con le statue<br />
dei maggiori autori (Eschilo, Sofocle ed Euripide).<br />
Eppure una tragedia greca non è uno<br />
spettacolo facile da "digerire" (forse non lo<br />
era nemmeno quando nacque), quindi viene<br />
spontanea la domanda: perché tanto interesse<br />
a distanza di 2500 anni E qual è il significato<br />
del teatro antico riproposto oggi, fuori<br />
dal contesto storico di appartenenza Cercheremo<br />
con queste brevi noti di fornire una<br />
chiave di lettura al problema;<br />
Per tentarci, bisogna partire dal contesto<br />
sociale e culturale nel quale videro la<br />
luce queste opere. Siamo nel V secolo a.C. ad<br />
Atene, porto "internazionale" del Mediterraneo,<br />
città popolata (130.000 abitanti) e ricca<br />
più di ogni altra, insomma il centro più importante<br />
di tutto l'Occidente sia per potenzialità<br />
economica che per influenza culturale, tanto<br />
da fare scrivere a Tucidide (il maggiore “giornalista”<br />
dell’epoca, per noi il massimo storico<br />
di quel tempo) che Atene era la "scuola della<br />
Grecia" (va subito detto che la seconda città<br />
in ordine d'importanza a quell'epoca era proprio<br />
la nostra Siracusa!). Questa leadership<br />
Atene l'aveva conquistata meritatamente con<br />
la vittoria sugli invasori persiani nel 480, ma<br />
l'avrebbe persa ben presto con la disastrosa<br />
lotta di egemonia (431-404) con Sparta, roccaforte<br />
militare a economia esclusivamente<br />
rurale. Ma bastarono meno di 70 anni per<br />
cambiare il mondo, non solo quello di allora,<br />
ma anche il nostro.<br />
Ma torniamo all'Atene di allora: la<br />
società ateniese, nonostante la divisione della<br />
popolazione in vere e proprie classi e la presenza<br />
massiccia di schiavi, era in un certo<br />
senso più compatta delle democrazie odierne,<br />
nel senso che tutti partecipavano comunque<br />
alla vita pubblica e alle assemblee popolari<br />
della città. E anche dal punto di vista culturale,<br />
il teatro, così come per altro i dibattiti di<br />
retorica o le recite di poemi epici, era visto<br />
come il luogo della cultura di massa, un po'<br />
come oggi la televisione. Tutti assistevano<br />
alle rappresentazioni teatrali (quelle tragiche e<br />
poi quelle comiche), partecipando attivamente<br />
al dibattito culturale (secondo i romani i<br />
greci pensavano e discutevano troppo... ).<br />
La tragedia greca era anche intimamente<br />
legata alla religione, e precisamente al<br />
culto di Dioniso, dio della fertilità; il potere<br />
della religione, che un tempo pervadeva anche<br />
ogni aspetto della quotidianità, spiega il<br />
condizionamento della gente verso una morale<br />
e una storia che trascendono la realtà, e in<br />
questo senso la tragedia rappresentava il<br />
momento più alto in cui storia, morale e religione<br />
si univano per fornire un ”indirizzo” a<br />
una comunità strettamente unita.<br />
All'inizio della primavera, quando A-<br />
tene era stipata di turisti e uomini d'affari, si<br />
celebrava la festa di Dioniso, la più importante<br />
di tutto l'Occidente; nell'ambito di tale festa<br />
l'arconte eponimo (una sorta di assessore<br />
multi-funzione) designava a suo arbitrio tre<br />
poeti, ciascuno dei quali doveva proporre al<br />
pubblico, dopo i sacrifici e la grande processione<br />
religiosa, in una vera e propria gara che<br />
durava tre giorni, tre tragedie e un dramma<br />
satiresco, le cui spese di allestimento in teatro<br />
sarebbero toccate a tre cittadini facoltosi<br />
(oggi li definiremmo "sponsor").
Una rappresentazione moderna di una tragedia antica, con gli attori che<br />
vestono paludamenti e maschere simili a quelli del passato.<br />
Le spese erano comunque abbastanza<br />
relative, dato che lo scenario era primitivo<br />
o quasi inesistente, non vi erano illuminazione<br />
né organizzazione scenica, e l'autore teatrale,<br />
che era all’inizio anche attore e capo di<br />
una vera e propria compagnia, non percepiva<br />
alcun compenso: solo al vincitore dell'agone<br />
teatrale sarebbe toccato infatti come premio<br />
una corona di alloro. Le uniche spese erano<br />
legate all'organizzazione del coro (una quindicina<br />
di persone) e del suonatore di flauto che<br />
con la sua musica all'unisono accompagnava<br />
la recitazione in scena; costumi e maschere o<br />
erano confezionati alla buona o noleggiati da<br />
appositi magazzini.<br />
Dicevamo che all'inizio lo stesso autore<br />
era anche attore, anzi era "l'attore" (unico),<br />
dato che la tragedia era in pratica un<br />
susseguirsi di monologhi; successivamente il<br />
teatro antico conobbe, oltre alle comparse (in<br />
genere mute), il secondo e poi il terzo attore,<br />
tutti rigorosamente uomini, che impersonavano<br />
nel corso della rappresentazione vari<br />
personaggi (anche femminili), cambiando abito<br />
di scena e maschera, nonché voce (uomodonna,<br />
giovane-vecchio) e modo di interpretazione.<br />
La tragedia in tal modo si arricchì di<br />
fitti dialoghi tra personaggi che contestualmente<br />
erano presenti in scena, mentre il coro<br />
a suon di musica fungeva da "commento" alla<br />
scena o voce fuori campo, e talvolta perfino<br />
da corpo di ballo con passi cadenzati e con<br />
movimenti ritmici delle mani e delle braccia;<br />
tra un atto e l'altro della rappresentazione,<br />
inoltre, il coro si rivolgeva al pubblico attivandone<br />
la presenza con una specie di dialogo<br />
fuori scena.<br />
Le tecniche di recitazione, non sempre<br />
conservatesi oggi nei cicli di rappresentazioni<br />
moderne (nelle quali per esempio sono<br />
presenti in scena molti attori), erano ben precise.<br />
I movimenti degli attori in scena erano<br />
rapidi e i gesti rigorosi e, poiché l'attore antico<br />
era totalmente ricoperto di paludamenti e<br />
maschera per dar corpo al singolo personaggio,<br />
la teatralità era oltremodo enfatizzata: per<br />
capirlo, si pensi al cinema muto, con gli attori<br />
che si buttavano a terra, che si battevano il<br />
petto, si abbracciavano, piangevano singultando,<br />
ecc.
E gli spettatori Si può pensare che,<br />
oggi come allora, qualcuno andava a teatro<br />
per il gusto di dire "c'ero anch'io", magari<br />
addormentandosi a metà della tragedia; ma la<br />
maggior parte della gente - ce lo dicono le<br />
fonti antiche - partecipava con attenzione e<br />
spirito critico alle vicende rappresentate, e-<br />
sprimendo liberamente i propri sentimenti di<br />
approvazione o di ostilità alle varie vicende o<br />
ai vari personaggi con battimani, grida, fischi,<br />
colpi con i piedi ai sedili e altro ancora (cose<br />
che oggi farebbero espellere lo spettatore dal<br />
teatro, ma non sempre quello degli stadi!).<br />
Il pubblico aveva naturalmente i suoi<br />
beniamini, sia tra gli autori che, più tardi, tra<br />
gli attori; a un certo punto, anzi, gli autori<br />
"moderni" finirono con il reinterpretare solamente<br />
opere di autori precedenti (mettendo<br />
in scena veri e propri "remake") e così la tragedia,<br />
divenuta un "festival" di recitazione,<br />
declinò ben presto cedendo il posto ad altre<br />
forme di teatro meno solenni.<br />
Gli autori greci pervenuti anoi (Eschilo,<br />
Sofocle ed Euripide) non furono naturalmente<br />
gli unici dell'antichità, ma furono appunto<br />
i più rappresentati anche dopo la loro<br />
morte nell'ambito dei "festival" di cui accennavamo.<br />
Quanto ai loro testi, essi si sono<br />
conservati non sempre nella versione originale<br />
(che non veniva "edita" all'inizio) ma nella<br />
versione che Licurgo nel 330 a.C. con una<br />
legge fece trascrivere e conservare come<br />
"copia ufficiale"; ma poiché in circa un secolo<br />
i testi avevano subito in alcuni casi anche pesanti<br />
modifiche (non esisteva allora neanche<br />
una legge sui diritti d'autore), è presumibile<br />
che del teatro antico di originale si sia conservato<br />
in ogni caso molto poco.<br />
Oltre a numerosi frammenti (anche di<br />
altri autori), le opere pervenute fino a noi e<br />
quindi rappresentabili sono in tutto 32, di cui<br />
7 di Eschilo, l'autore più antico, vissuto fra il<br />
525 e il 456 a.C. (fra queste I Sette a Tebe<br />
rappresentata quest'anno), 7 di Sofocle, vissuto<br />
fra il 496 e il 406 (fra cui l’Antigone,<br />
anch’essa in cartellone quest’anno), e 18 di<br />
Euripide, vissuto fra il 485 e il 406.<br />
A questo punto ritorniamo sul problema<br />
che avevamo sollevato all'inizio: perché<br />
anche oggi che tante opere teatrali contemporanee<br />
vedono la scena e magari vengono<br />
disertate dal pubblico si sente quasi il bisogno<br />
di tornare indietro di 2500 anni Si tratta<br />
solo di fenomeno "cult" lo credo che, oltre<br />
agli enormi interessi economici che girano<br />
intorno alla manifestazione (alberghi, ristoranti,<br />
pacchetti aereo+pullman, ecc.), il fascino<br />
squisitamente culturale del teatro greco<br />
non è solo dettato da curiosità per il passato.<br />
E' come se il mondo di Eschilo, di Sofocle e<br />
di Euripide ci chiedesse attraverso il contatto<br />
delle rappresentazioni di Siracusa (che comunque<br />
non sono le uniche neanche in Italia,<br />
per quanto le più importanti) chi siamo e come<br />
siamo noi oggi, e noi a nostra volta ci<br />
chiedessimo come eravamo e attraverso quali<br />
avvenimenti e quali dubbi ci siamo mossi durante<br />
due millenni e più.<br />
Forse l'attualità del teatro antico,<br />
come quella dei classici in genere, sta in questo<br />
e in questo soltanto. Sta nella capacità dei<br />
registi di oggi di re interpretare magari alla<br />
luce di avvenimenti storici moderni e attuali il<br />
contesto di sfondo dell'opera, creando agganci<br />
che dal punto di vista filologico possono<br />
fare scandalizzare gli studiosi della letteratura<br />
antica, ma che producono e stimolano<br />
interesse e comprensione da parte del pubblico;<br />
sta agli insegnanti non portare gli alunni<br />
delle scuole a Siracusa come "pacchi postali",<br />
obbligandoli a fare qualcosa che non<br />
comprendono; sta a tutti fare da pubblico<br />
consapevole e maturo, quindi partecipe in<br />
modo coerente allo spettacolo a cui si assiste.<br />
La ricerca di una giustificazione e di<br />
una legittimazione della presenza dei classici<br />
nel mondo di oggi vale tanto più se riusciamo<br />
a non accorgerci dei millenni che ci separano<br />
dagli antichi, da Eschilo o da Euripide per<br />
quanto riguarda le tragedie greche, dall'ignoto<br />
autore di pitture vascolari o di bassorilievi<br />
esposti in un museo archeologico per quanto<br />
riguarda la pittura o la scultura. E' uno sforzo<br />
che va fatto con maturità e non con superficialità;<br />
e forse noi del <strong>Club</strong> <strong>Plein</strong> <strong>Air</strong> <strong>BdS</strong>, più<br />
abituati di altri a questa funzione "culturale"<br />
della nostra associazione, partiamo avvantaggiati.<br />
Maurizio Karra
E<br />
Nord, sud, ovest, est<br />
Ai nastri di partenza i viaggi dell’estate <strong>2005</strong><br />
ccoci, come ogni anno, alla vigilia dei viaggi estivi, sempre più sinonimo di libertà e<br />
di “ricompensa” di un anno di lavoro e fatica. Tante, come sempre, le mete che il <strong>Club</strong> propone,<br />
veramente ai quattro angoli delle terre raggiungibili su ruote, dalla Norvegia al Portogallo, dalle<br />
Repubbliche Baltiche alla Turchia.<br />
LE METE<br />
Tour di Spagna e Portogallo<br />
! Organizzatore: Maurizio Karra.<br />
! Inizio viaggio e durata: 25 giugno da Messina - 33 giorni.<br />
! Itinerario: Veloce attraversamento dell’Italia e della Francia mediterranea fino al confine<br />
spagnolo; quindi visita di Barcelona, Valencia, Cuenca, Belmonte, Irota del Cuervo, El Tobosco,<br />
Consuegra, Puerto Lapice, Argamasilla de Alba, Valdepenas, Ubeda, Baeza, Andujar,<br />
Cordoba, Granada, Anteguera, Ronda, Gibilterra, Jerez de la Frontera, Badajoz; ingresso<br />
in Portogallo e proseguimento per Villa Vicosa, Estremoz, Evora, Arraiolos, Lisbona,<br />
Cascais, Sintra, Capo de Roca, Mafra, Obidos, Peniche, Nazaré, Alcobaca, Batalha, Fatima,<br />
Tomar, Coimbra, Viseu, Porto, Viana do Castelo, Braga, Guimares, Villa Real, Braganca;<br />
rientro in Spagna e visita di Valladolid, Coca, Segovia, San Ildefonso-La Granja, Madrid,<br />
Zaragoza, Lerida, Andorra; rientro in Italia via Provenza (circa 9.000 km.).<br />
! Note: Il tour sarà incentrato sui seguenti micro-itinerari: Barcelona e la Catalugna; la Strada<br />
di Don Chisciotte nella regione della Mancha; l’Andalusia minore e le grandi città manueline;<br />
il Portogallo da sud a nord; Madrid e dintorni. Sarà un viaggio di grande respiro,<br />
che presterà la massima attenzione agli aspetti culturali e sociali delle regioni attraversate.<br />
Viaggio nel paesaggio italiano<br />
! Organizzatore: Luigi Fiscella, per la partenza dell’8 luglio; Filippo Santonocito per la partenza<br />
del 15 luglio.<br />
! Inizio viaggio e durata: 8 e 15 luglio da Palermo – 22 giorni.<br />
! Itinerario: Il lago di Bolsena, Capodimonte, Terni, la cascata delle Marmore, Todi, Assisi,<br />
l’Abbazia di Vallingegno, Gubbio, Fossombrone, la Valle del Metauro, Urbino, Bologna,<br />
Ferrara, Lucca, Pisa, San Gimignano, Siena, la Maremma, Tivoli e Roma (circa 3.500 km.).<br />
! Note: L’itinerario si snoda fra centri minori e città d’arte dell’Italia centrale, attraversando<br />
ambienti e paesaggi di straordinario interesse dell’Umbria, delle Marche, della Toscana,<br />
Dell’Emilia e del Lazio. A tale scopo saranno preferite strade statali e provinciali. I due<br />
gruppi effettueranno insieme una parte del tour comune.<br />
Ritorno in Norvegia<br />
! Organizzatore: Eduardo Spadoni.<br />
! Inizio viaggio e durata: 14 luglio da Palermo – 43 giorni.<br />
! Itinerario: da Palermo traghetto per Civitavecchia, quindi veloce attraversamento della<br />
penisola e breve giro delle città della Romantische Strasse (Fussen, Rothenburg, Nordlingen,<br />
Wurzburg); proseguimento per Lubecca e traghetto per la Danimarca con arrivo a<br />
Copenaghen, quindi attraverso il ponte di Malmo arrivo in Svezia e visita di Helsingborg,<br />
Goteborg, Uddevalla e Halden, ingresso in Norvegia e visita di Oslo, Lillehammer, Otta,<br />
Dombas, Oppdal, Trondheim, Alval, Kongsvinger, Karlstad; nuovamente in Svezia e tra-
ghetto da Helsingborg a Helsingor e, in Danimarca da Roodbyhavn a Puttgarden in Germania;<br />
rientro via Berlino, Dresda, Norinberga, Monaco, Brennero (circa 14.000 km. oltre<br />
ai vari traghetti).<br />
! Note: E’ un percorso impegnativo in termini chilometrici volto a visitare con calma alcuni<br />
dei luoghi più belli della Scandinavia e, in particolare, della Norvegia meridionale; sarà affrontato<br />
senza fretta, con soste anche di relax lungo l’itinerario.<br />
La Mitteleuropa<br />
! Organizzatore: Matteo Graffagnini.<br />
! Inizio viaggio e durata: 15 luglio da Palermo – 30 giorni.<br />
! Itinerario: veloce attraversamento dell’Italia fino al confine del Brennero; quindi in Austria<br />
visita di Innsbruck, Wattens, Salisburgo, St. Gilles, St. Wolfgang, Linz; ingresso in Rep.<br />
Ceca e soste a Cesky Krumlow, castello di Hubloka, Ceske Budejovice, Praga, castello di<br />
Karlstein, Kutna Hora, Hradec Kralowe, Olomouc, Telc, Brno; ingresso in Rep. Slovacca e<br />
visita di Austerlitz e Bratislava; rientro in Austria con soste a Vienna, Graz e Gurk; infine<br />
dal confine di Tarvisio rientro in Italia (circa 6.000 km.).<br />
! Note: E’ un itinerario fra città d’arte e di cultura della vicina Europa centro-orientale, che<br />
tocca le capitali dei tre stati interessati (Praga, Bratislava e Vienna) e le principali città delle<br />
tre nazioni, famose per i monumenti civili e religiosi e per l’artigianato artistico.<br />
La Croazia<br />
! Organizzatore: Adele Crivello.<br />
! Inizio viaggio e durata: 15 luglio da Palermo – 22 giorni.<br />
! Itinerario: da Palermo a Venezia e Trieste; attraversamento del confine con la Slovenia e<br />
successivo ingresso in Croazia; visita di Porec, Rovinij, Pula, Fiume, Ototac, Parco di Plitvice,<br />
Zara, Sibenik, Skradin, Parco di Krka, Trogir, Spalato, traghetto per l’Isola di Hvar<br />
(Stari Grad, Hvar Grad, Vrboska, Jelsa), rientro sulla terraferma a Drvenik, quindi Dubrovnik<br />
e infine traghetto per Bari e rientro a Palermo (circa 4.000 km. oltre ai traghetti).<br />
! Note: L’itinerario si snoda lungo tutta la costa della Crozia, dall’Istria a Dubrovnik, toccando<br />
città d’arte d’aspetto ancora veneziano, aree archeologiche, parchi naturalistici e il mare,<br />
con qualche giorno nell’isola più bella, quella di Hvar.<br />
Le coste di Grecia e Turchia<br />
! Organizzatore: Giovanni Pitré.<br />
! Inizio viaggio e durata: 22 luglio da Palermo – 21 giorni.<br />
! Itinerario: da Palermo a Bari e traghetto per Igoumenitza, quindi Ioannina, le Meteore, la<br />
costa egea fino al confine turco, Istanbul, Pammukale, Phaselis, Kas, Kalcan, Oludeniz, Bodrum,<br />
Efeso, Pergamo, Troia; arrivo a Cesme e imbarco per Brindisi, infine arrivo a Palermo<br />
(circa 4.000 km. oltre ai traghetti).<br />
! Note: E’ un viaggio che sarà imperniato soprattutto sul soggiorno in varie località della costa<br />
egea e della costa turchina, con escursioni in gommone per battute di pesca subacquea.<br />
Sono previste altresì visite ai monasteri delle Meteore, di Istanbul e delle aree archeologiche<br />
di Efeso, Pergamo e Troia.<br />
Dordogne-Perigord: le Pays de l’homme<br />
! Organizzatore: Ernesto Bazan.<br />
! Inizio viaggio e durata: 25 luglio da Palermo – 24 giorni.<br />
! Itinerario: da Palermo traghetto per Napoli, quindi veloce attraversamento della penisola<br />
e, dalla Val d’Aosta, ingresso in Francia con visite del Grand Bonanrd, La Clusaz, Annecy;<br />
da qui per Sarlat la Caneda, Beynac e Canezac, Limeuil, Bergerac, Perigueux, Bantome,<br />
Junilac le Grand, Nontron, Les Eppes, Riberac, Cap Ferret, Neuvie sur l’Isle, Le Burgue e<br />
rientro in Italia; da Genova traghetto per Palermo (circa 4.200 km. oltre ai traghetti).
! Note: La Dordogna, sulla strada che conduce da Parigi ai Pirenei, è una regione ricca di<br />
fascino e di sfumature racchiusa fra l’oceano e le montagne. Il viaggio in questa regione<br />
della Francia si presta quindi a un forte contatto con la natura con passeggiate in bici (indispensabile<br />
per chi vi parteciperà), escursioni in montagna e in canoa e visite delle principali<br />
città, dei parchi e dei siti archeologici.<br />
Il Baltico orientale<br />
! Organizzatore: Ninni Fiorentino.<br />
! Inizio viaggio e durata: 25 luglio da Palermo – 35 giorni.<br />
! Itinerario: da Palermo traghetto per Napoli, quindi veloce attraversamento della penisola e<br />
via Brennero, arrivo a Dresda e Berlino; dopo qualche giorno ingresso in Polonia da Stettino<br />
e arrivo sul Baltico con visite di Koszalin, Leba, Danzica; attraversamento della regione<br />
dei laghi Masuri e arrivo in Lituania con visita di Kaunas, Trakai, Vilnius, quindi Riga in<br />
Lettonia e Tallin in Estonia; da qui inizia la discesa verso sud con soste a Parnu, Jurmala,<br />
Palanga, Klaipeda, Nida; riattraversamento del confine fra Lituania e Polonia e rientro in I-<br />
talia via Varsavia, Wroklaw, Praga, Norinberga, Monaco, Brennero (circa 6.500 km. oltre<br />
ai traghetti).<br />
! Note: La costa del Mar Baltico polacco e le tre repubbliche baltiche di Estonia, Lettonia e<br />
Lituania sono la meta principale di questo tour che, unendo visite culturali a passeggiate<br />
naturalistiche, toccherà, in salita e in discesa, anche alcune delle più belle città dell’Europa<br />
centro-orientale (Dresda, Berlino, Varsavia, Praga, Monaco).<br />
La Grecia classica<br />
! Organizzatore: Nando Parisi.<br />
! Inizio viaggio e durata: 2 settembre da Palermo – 21 giorni.<br />
! Itinerario: da Palermo per Brindisi e imbarco per Igoumenitza; quindi Ioannina, Pearlia,<br />
Metsovo, Meteore, Karditsa, Lamia, Delfi, Loukas, Tebe, Atene, Capo Sounion, Dafni, E-<br />
leusi, Corinto, Micene, Nauplia, Epidauro, Tripolis, Sparta, Mistrà, Kalamata, Pylos, Olimpia,<br />
Patrasso, imbarco per Corfù e da qui imbarco per Brindisi e rientro a Palermo (circa<br />
3.000 km. oltre ai traghetti).<br />
! Note: Il tour prevede la visita dei luoghi più importanti di quella che fu la Grecia classica,<br />
nonché dei Monasteri delle Meteore e di alcune città bizantine. E’ prevista anche qualche<br />
sosta al mare. Oltre a Corfù, se il tempo lo permetterà, potrebbe essere aggiunta la visita<br />
di un’altra isola minore.<br />
NORME SUI VIAGGI<br />
I viaggi sono riservati ai soci del <strong>Club</strong> <strong>Plein</strong> <strong>Air</strong> <strong>BdS</strong>. Ognuno di essi potrà subire modifiche<br />
nella data di partenza, nell’itinerario e nella durata per ragioni varie, indipendenti dalla volontà<br />
dei relativi organizzatori (spostamento del periodo di ferie, motivi di famiglia, ecc.). In ogni caso,<br />
per ragioni meramente logistiche a ciascun viaggio potrà partecipare un numero massimo di<br />
4 equipaggi compreso l’organizzatore, tranne che questi, in deroga a tale numero, non sia disponibile<br />
ad aggregare un numero maggiore di equipaggi.<br />
L’organizzatore fungerà anche da capogruppo e rappresenterà il <strong>Club</strong> di fronte a terzi in<br />
tutto il viaggio; dovrà in particolare farsi carico di:<br />
! rappresentare per tutta la durata del tour, e nella migliore maniera possibile, l'immagine<br />
del <strong>Club</strong>, sia nei confronti dei partecipanti stessi (che avranno nell'organizzatore il punto di<br />
riferimento dell'associazione), sia nei confronti di tutti gli estranei al <strong>Club</strong> che durante il<br />
viaggio si avrà l'opportunità di incontrare (autorità locali, gestori di campeggi, ecc.), cercando<br />
di pubblicizzare le attività dell'associazione e informare sull'impegno di questa nell'ambito<br />
turistico-culturale e in quello del turismo responsabile;<br />
! utilizzare nel corso del viaggio il consueto borderò del <strong>Club</strong> per annotare i dati salienti di<br />
ogni giornata;
! restituire a fine viaggio alla Segreteria del <strong>Club</strong>, aggiornate, le banche dati ricevute;<br />
! predisporre, per ciascuno degli equipaggi partecipanti al viaggio e iscritti a CRAL <strong>BdS</strong>, un<br />
elenco analitico delle spese effettuate, provvisto di tutte le evidenze di spesa (scontrini e<br />
ricevute di campeggi, ristoranti e pizzerie, alimentari, carburante, pedaggi e quant'altro<br />
possa giustificare al meglio la richiesta di contributo), in linea con l’itinerario predisposto,<br />
con l'esclusione delle evidenze relative alle spese di carattere personale;<br />
! predisporre (anche a più mani, e quindi con la collaborazione di altri soci partecipanti al<br />
tour) uno o più articoli destinati al giornale e al sito Web del <strong>Club</strong>, contenenti - anche in<br />
un box finale - la maggior quantità possibile di informazioni riguardanti il viaggio: in particolare<br />
i campeggi, i punti sosta e i camper-service utilizzati, i musei e i palazzi storici, i siti<br />
naturalistici, i siti archeologici, nonché informazioni sugli itinerari, i percorsi stradali, lo<br />
shopping, il clima, gli eventi socio-culturali e folcloristici, ecc..<br />
Per quanto riguarda l'adesione dei soci ai vari programmi, tutti coloro che fossero interessati<br />
a uno dei viaggi in programma dovranno contattare al più presto direttamente<br />
l’organizzatore del viaggio prescelto, concordando con lui le modalità di partecipazione. I vari<br />
organizzatori terranno informati via via la segreteria del <strong>Club</strong>.<br />
INIZIATIVE COLLATERALI<br />
Collateralmente all'organizzazione dei viaggi estivi, anche quest'anno avranno luogo alcuni<br />
concorsi riservati ai soci del <strong>Club</strong>.<br />
Concorso fotografico e calendario del <strong>Club</strong><br />
Tutti i soci del <strong>Club</strong> possono partecipare a un concorso fotografico, con esposizione delle<br />
fotografie in luogo e data che saranno successivamente comunicati. Il tema delle foto è libero<br />
(paesaggi, monumenti, persone, situazioni particolari, ecc.), anche se dovrà riguardare comunque<br />
momenti o episodi legati ai viaggi.<br />
Ogni concorrente potrà partecipare al concorso inviando alla Segreteria del <strong>Club</strong> entro il<br />
3 ottobre <strong>2005</strong> un numero di fotografie compreso fra 5 e 8, ciascuna di dimensione 20 x 30. Le<br />
foto dovranno essere presentate con una targhetta adesiva sul retro con il nome del concorrente<br />
e il titolo della stessa. La valutazione sarà effettuata nell'ambito della mostra fotografica o collateralmente<br />
ad essa, secondo modalità che saranno preventivamente comunicate; gli autori delle<br />
foto vincitrici riceveranno un simpatico premio.<br />
Tra le foto presentate alla mostra, quelle più significative e nel contempo tecnicamente<br />
migliori saranno inserite, come è ormai consuetudine, nel calendario dei soci per il nuovo anno<br />
(2006). La selezione sarà curata da una commissione interna al <strong>Club</strong> e nominata dal direttivo.<br />
Concorso giornalistico<br />
Tutti i soci del <strong>Club</strong> possono partecipare a un concorso giornalistico predisponendo uno<br />
o più articoli o reportage di viaggio, composti ciascuno da un minimo di 8.000 e un massimo di<br />
30.000 battute.<br />
Gli articoli - che devono essere inediti - devono giungere alla redazione de "IL CLUB"<br />
stampati su carta e possibilmente registrati su dischetto in formato testo o Word, insieme a delle<br />
foto a corredo, entro il 20 ottobre <strong>2005</strong>.<br />
Tutti gli articoli pervenuti saranno pubblicati sui vari numeri successivi del giornalino e i<br />
migliori tre autori, a giudizio insindacabile della redazione de "IL CLUB", saranno successivamente<br />
premiati. Sono esclusi dal concorso i componenti della redazione del giornalino.<br />
* * *<br />
A tutti, quindi, un augurio di buon viaggio e un arrivederci al raduno di fine estate che si<br />
terrà quest’anno nel week-end del 16/18 settembre presso il Nautisub <strong>Club</strong> di Marsala-Birgi,<br />
all’interno della Riserva dello Stagnone, e di cui si fornirà per tempo il programma.
In capo al mondo<br />
A Capo Nord attraverso la natura spettacolare della Norvegia occidentale<br />
R<br />
aggiungere Capo Nord: il sogno<br />
di chi ami viaggiare su quattro ruote, il sogno<br />
di ogni camperista di spingersi con la propria<br />
casa itinerante fin dove giungono le strade<br />
europee, all’estremo nord possibile del mondo.<br />
Un percorso impegnativo, per la durata e<br />
per la percorribilità delle strade, un percorso<br />
entusiasmante per la spettacolarità dei paesaggi,<br />
tra vette altissime e ghiacciai perenni,<br />
sorprendenti spiagge candide lambite dalla<br />
Corrente del Golfo, incantevoli fiordi dalle<br />
acque verdissime incuneati tra ripide pareti<br />
incombenti solcate da spumeggianti cascate.<br />
La Norvegia è tutto questo, ma è anche fiabeschi<br />
paesini dalle casette colorate che si<br />
affacciano su acque cristalline, è le sue leggende,<br />
la vivibilità delle sue città.<br />
Contadini e pescatori fin dai tempi<br />
più antichi della loro storia, i norvegesi furono<br />
anche esperti marinai che con tecnologie<br />
non ancora del tutto conosciute furono in<br />
grado di percorrere grandi distanze sui mari,<br />
sembra fino al Nord America. Mentre da un<br />
lato le loro migrazioni favorirono i commerci,<br />
dall’altro le incursioni vichinghe intorno<br />
all’anno 1000 portarono distruzioni, saccheggi<br />
e stragi in tutta l’Europa.<br />
Dopo il pacifico e prospero periodo<br />
medievale, la Norvegia subì per parecchi secoli<br />
il dominio della Danimarca e della Svezia,<br />
fino al 1905, quando si rese indipendente dal<br />
regno di Svezia con un referendum popolare.<br />
In tempi recenti, la scoperta del petrolio nel<br />
Mare del Nord ha innalzato il tenore di vita<br />
dei suoi abitanti e reso il paese tra i più ricchi<br />
d’Europa. Profondamente nazionalista e individualista,<br />
gelosa forse anche del proprio benessere,<br />
la Norvegia non fa ancora parte<br />
dell’Europa.<br />
Oslo, una tranquilla capitale<br />
Oslo, la tranquilla capitale, è una città<br />
poco estesa, senza molti monumenti significativi,<br />
il cui centro storico è concentrato quasi<br />
esclusivamente lungo la rettilinea e affollata<br />
Johan Gatan che dalla stazione conduce al<br />
Palazzo Reale e sulla quale si affacciano il<br />
Grand Hotel, dove alloggiano i vincitori del<br />
Premio Nobel per la pace, il Gran Cafè frequentato<br />
dagli intellettuali norvegesi, il Parlamento,<br />
l’Università, il Teatro Nazionale. La<br />
strada è particolarmente affollata in estate,<br />
quando la temperatura mite invoglia abitanti e<br />
turisti a sostare sulle panchine e sui prati,<br />
rendendola gioiosa e vivace.<br />
Il giro di Oslo si può compiere facilmente<br />
in uno o due giorni. La visita non può<br />
prescindere dal Rådhus, l’imponente Municipio<br />
di fronte al mare, dalla Akershus, la grande<br />
fortezza che domina il fiordo di Oslo la<br />
DomKirke, la cattedrale evangelica, gli Aker<br />
Brygge, i vecchi moli ristrutturati oggi sede di<br />
moderni edifici, ristoranti, locali all’aperto in<br />
estate, luoghi di ritrovo della gioventù. Interessanti<br />
il museo che ospita la nave Flåm con<br />
cui Amundsen raggiunse il polo sud e quello<br />
che raccoglie vari esempi di navi vichinghe.<br />
Ricco di opere d’arte del pittore il museo dedicato<br />
a Edvard Munch, il solitario e tormentato<br />
artista che in forme cupe e drammatiche,<br />
ma talora anche gioiose e piene di luce, descrisse<br />
la sua Norvegia.<br />
Interessante nella sua particolarità è il<br />
Frognerpark, il grande polmone di verde cittadino<br />
all’interno del quale si racconta il ciclo<br />
della vita, dal concepimento alla morte, attraverso<br />
i numerosissimi gruppi scultorei di Gustav<br />
Vigeland, centinaia di statue rappresentanti<br />
nudi di bambini, giovani, vecchi, uomini<br />
e donne, dagli albori della vita alla spensieratezza<br />
della gioventù, fino alla malinconia della<br />
vecchiaia e la morte.<br />
Il Telemark e Bergen<br />
Da Oslo, Bergen può essere raggiunta<br />
attraverso la bella regione del Telemark,<br />
nel cuore della Norvegia meridionale. Il paesaggio<br />
è un susseguirsi di boschi rigogliosi<br />
con rare case in legno dipinte a colori vivaci
attraverso i quali la strada si snoda tortuosa<br />
seguendo nel suo saliscendi le curve del terreno,<br />
tra specchi d’acqua immobile su cui si<br />
riflettono gli alberi e le piccole case costruite<br />
sulle rive.<br />
A Heddal si trova la “cattedrale” delle<br />
chiese in legno norvegesi, la duecentesca<br />
stavkirke dai bei portali intagliati che si erge<br />
imponente e solitaria nella campagna circostante.<br />
La provinciale 124 si inerpica quindi<br />
tra i boschi nella valle del Tuddal in uno scenario<br />
di selvaggia bellezza, tra nevi perenni<br />
sulle cime più alte, quasi a portata di mano.<br />
Alla sommità, circa 1850 metri, non ci sono<br />
più alberi, ma una spettacolare ed imprevista<br />
distesa desolata e selvaggia con rocce ricoperte<br />
di muschio e una bassa e fitta vegetazione<br />
di licheni. Tra le folate di nebbia, la neve<br />
appare ancora intatta ai bordi della strada.<br />
La statale 40 segue la valle del Numedal,<br />
dove si trovano le più belle chiese in<br />
legno della Norvegia. Superata Geilo, la statale<br />
50 porta ad Aurland, un piccolo borgo<br />
all’estremità del suo bellissimo fiordo. E’ una<br />
strada splendida, il cui percorso si snoda tra<br />
panorami multiformi: gradualmente i pini silvestri<br />
e le betulle si diradano e prevale la tundra<br />
aspra e solitaria, dove la bassa vegetazione<br />
tra le rocce assume le più calde e varie<br />
gradazioni del verde e del marrone. La neve<br />
che si scioglie forma innumerevoli laghetti e<br />
fiumiciattoli vorticosi, attraverso mille rivoli e<br />
cascatelle spumeggianti.<br />
Improvviso appare dall’alto lo stupendo<br />
fiordo di Aurland, uno specchio verde<br />
smeraldo incuneato tra alte e ripide montagne.<br />
A pochi chilometri da Aurland, a Flåm,<br />
un trenino compie un ardito percorso fino a<br />
Myrdal, superando un dislivello di quasi 900<br />
metri in soli 6 chilometri, tra dirupi e cascate<br />
in un scenario di selvaggia bellezza. Dal treno<br />
si può ammirare dall’alto la valle del Flåm, la<br />
seicentesca chiesa del piccolo centro, i tornanti<br />
dell’antica carrozzabile. Proprio a ridosso<br />
della bella cascata di Kjofossen il treno effettua<br />
una fermata. Una giovane figura femminile<br />
appare improvvisamente tra le rocce e<br />
danza ai bordi dell’acqua spumeggiante al<br />
suono di una dolce melodia, ammaliante sirena<br />
che con il suo canto invita gli uomini a seguirla<br />
nelle viscere della montagna. Da Flåm a<br />
Bergen il paesaggio è sereno e ridente. La<br />
E16 costeggia il Sorfjorden le cui acque tranquille<br />
lambiscono le rive boscose. Una serie<br />
di lunghe gallerie, quasi sempre strette e poco<br />
illuminate, ne caratterizza l’ultimo tratto<br />
fino a Bergen.<br />
Bergen, l’antica capitale della Norvegia,<br />
è oggi una piacevolissima e moderna città<br />
che ha il suo centro nel Bryggen, il lungomare<br />
sul porto di Vågen, dove si affacciano i<br />
magazzini e le abitazioni in legno colorato che<br />
appartennero ai mercanti tedeschi della Lega<br />
Anseatica. Nel quattordicesimo secolo questi<br />
si stabilirono a Bergen e con i loro commerci<br />
in tutto il Baltico diedero alla città un periodo<br />
di grande splendore e benessere. In alcuni<br />
degli antichi locali, più volte riedificati dopo i<br />
frequenti incendi, è ricavato il museo della<br />
Lega, dove sono ricostruiti i locali adibiti alla<br />
lavorazione del pesce e gli alloggi del mercante,<br />
dei suoi collaboratori e dei giovani apprendisti.<br />
Di questi il museo illustra dettagliatamente<br />
la durezza della vita, lo sfruttamento<br />
e la dura disciplina. Colpisce il contrasto stridente<br />
tra i loro poveri ambienti e l’eleganza<br />
dell’alloggio del mercante. Nella stanza del<br />
sovrintendente fa bella mostra di sé una lunga<br />
frusta. A ridosso del Brygge, la Torget è<br />
animata dal grande mercato del pesce e dalle<br />
bancarelle piene di prodotti tipici e frutta. Vicino<br />
al centro, la funicolare porta sulla cima<br />
del Floyen, a 300 metri di altezza, da dove si
può ammirare il panorama della città, il mare,<br />
i monti circostanti.<br />
Ripercorrendo a ritroso la E16 fino a<br />
Voss, la statale 13 sale in direzione di Geiranger,<br />
in una delle più belle zone della montagna<br />
norvegese, sempre tra cascate imponenti,<br />
fiordi sereni, belle montagne verdi che<br />
si alternano a paesaggi stepposi aridi e desolati<br />
con la bassa vegetazione tipica della tundra.<br />
In prossimità di Geiranger, la statale 16<br />
si snoda in un paesaggio fantastico. A più di<br />
mille metri di altezza, sul passo in prossimità<br />
del monte Dalsnibba, è affiancata da grossi<br />
lastroni di ghiaccio, a chiazze sulle alture brulle.<br />
L’acqua scende giù da ogni parte, forma<br />
cascate fragorose e spumeggianti, si getta nel<br />
lago sottostante immobile e livido sotto la<br />
pioggia sottile. Il cielo è come piombo, la<br />
nebbia rende il paesaggio irreale.<br />
Da Geiranger un battello effettua in<br />
circa un’ora la traversata del magnifico fiordo<br />
fino al piccolo borgo di Hellesylt. Lo spettacolo<br />
è fiabesco. Le acque verdi e immobili<br />
sono come specchi su cui si riflettono nitide<br />
le pareti scoscese di montagne selvagge e<br />
cupe solcate dalle celebri cascate dai nomi<br />
fantasiosi come le “Sette sorelle”, formate da<br />
sette altissimi rivoli, “il Pretendente”,<br />
l’innamorato respinto che si mutò in bottiglia.<br />
Da Ålesund a Trondheim<br />
Da Hellesylt la statale 60 conduce a<br />
Ålesund. La città ha un aspetto caratteristico<br />
ed insolito: dopo l’incendio devastante che,<br />
nel 1904, distrusse completamente le sue case<br />
in legno, fu ricostruita nello stile<br />
dell’epoca, il Liberty. Così molte strade del<br />
centro storico sono fiancheggiate da graziosissime<br />
case nello stile art nouveau, ornate da<br />
fregi, ghirlande di fiori, arabeschi, e colorate<br />
nei più svariati colori pastello.<br />
Lasciata Ålesund, eccoci a Trondheim,<br />
la terza città della Norvegia, tranquilla<br />
e piacevole, ricca di spazi verdi. Il suo cuore è<br />
la Torget, al centro della quale si erge il monumento<br />
ad Olav I, fondatore della città. Dal<br />
Gamle Bybro, il Ponte della Città Vecchia sul<br />
fiume Nidelv, si ha una bella vista sui Bryggene,<br />
le case in legno su palafitte del XVII e<br />
XVIII secolo che ricordano quelle di Bergen,<br />
ancora intatte nei caldi colori originali.<br />
Il monumento più importante della<br />
città è la splendida Cattedrale gotica di Nidaros,<br />
costruita sulla tomba di re Olav il Santo,<br />
il re norvegese che si convertì al cristianesimo<br />
e morì in battaglia nel 1030. La maestosa<br />
facciata della chiesa è ornata di statue di re e<br />
vescovi norvegesi. L’interno è austero e solenne:<br />
ha un bel coro gotico, bellissime vetrate<br />
colorate nei toni del rosso e del blu, un<br />
magnifico rosone, costituito da più di diecimila<br />
pezzi, capolavoro del pittore e architetto<br />
norvegese Gabriel Kielland che vi lavorò dal<br />
1911 al 1930. Un bel dipinto sulla tomba del<br />
re lo raffigura con i simboli del potere, il globo<br />
e l’asta; agli angoli del riquadro sono descritte<br />
la battaglia, la morte e le esequie.<br />
Nel medioevo la cattedrale fu meta di<br />
pellegrinaggi da tutta l’Europa, come lo erano<br />
Roma, Gerusalemme, Santiago di Compostela.<br />
Oggi l’antica via dei pellegrini, nuovamente<br />
percorsa da Oslo e Trondheim dai devoti di<br />
Sant’Olav tra strade disagevoli e sentieri di<br />
montagna, è anche occasione per un cammino<br />
a contatto con la natura, tra antichi e storici<br />
monumenti. L’antico Palazzo Arcivescovile<br />
adiacente alla Cattedrale contiene il Museo<br />
delle Armi e il Museo della Resistenza norvegese<br />
durante l’occupazione nazista della Norvegia.
66° 33’ latitudine nord: il centro visitatori costruito<br />
ai margini della E6 norvegese sul Circolo Polare Artico<br />
In basso le rorbuer delle isole Lofoten
Il Circolo Polare Artico<br />
Lasciata la città si prosegue per la E6<br />
che corre dritta verso Nord. Superata la città<br />
di Mo i Rana, i boschi fitti cedono il posto a<br />
sottili betulle rade e basse, che gradualmente<br />
scompaiono, finché, a 650 metri di altezza,<br />
appare improvvisa la piatta e arida distesa per<br />
cui passa il Circolo Polare Artico, la linea<br />
immaginaria che corre a 66° 33’ di latitudine<br />
nord e che segna il limite del sole di mezzanotte<br />
al solstizio d’estate e il culmine della<br />
notte polare al solstizio d’inverno.<br />
Alcuni cippi segnano questa linea sulla<br />
brulla spianata, tra chiazze di neve e ruscelli<br />
tumultuosi che lo sciogliersi del ghiaccio alimenta<br />
sempre più. E’ già un paesaggio artico,<br />
deserto e desolato, dove vegetano solo muschi<br />
e licheni. I numerosi turisti affollano il<br />
centro commerciale dove si vendono souvenir,<br />
funziona un centro postale e si rilasciano i<br />
certificati che attestano il passaggio del Circolo<br />
(a pagamento!).<br />
Scendendo giù dall’altopiano il paesaggio<br />
si addolcisce, la strada si snoda tra<br />
boschi, ruscelli vorticosi, piccoli agglomerati<br />
di case, laghi. A Bognes il traghetto conduce<br />
a Lødingen, il piccolo centro delle isole Vesterålen,<br />
meno turistiche delle più famose<br />
Lofoten. Verdi e pianeggianti, hanno paesaggi<br />
sereni con molte coltivazioni e abitazioni, ma<br />
non il fascino delle splendide sorelle.<br />
Le isole Lofoten<br />
Passato con un altro traghetto il piccolo<br />
braccio di mare tra Melbu e Fiskebøl, si<br />
sbarca alle Lofoten. Celebrate da artisti e<br />
viaggiatori, le isole non smentiscono affatto<br />
la loro fama. Il primo spettacolo è uno scenario<br />
incantevole di sottili e basse betulle che si<br />
fanno gradualmente sempre più rade tra imponenti<br />
montagne scoscese chiazzate di neve.<br />
Svolvaer, il tranquillo capoluogo dominato<br />
dalla mole di un caratteristico monte<br />
a due punte, la Svolvaergeita (la Capra di<br />
Svolvaer), è un importante centro per la lavorazione<br />
ed il commercio del merluzzo, la<br />
grande risorsa delle Lofoten: ne viene pescato<br />
tantissimo, anche se oggi si è notevolmente<br />
ridotto rispetto al passato.<br />
Il pesce viene lasciato essiccare su alti<br />
tralicci di legno e viene poi esportato, particolarmente<br />
proprio in Italia. Da Gennaio ad<br />
Aprile, attratto dalla Corrente del Golfo che<br />
rende meno freddo e mai ghiacciato il mare<br />
di queste zone, il pesce arriva in quantità e si<br />
organizzano le grandi battute di pesca. Anticamente<br />
i pescatori venivano anche da molto<br />
lontano e venivano alloggiati in piccole case<br />
di legno dipinte di rosso costruite in parte<br />
sugli scogli e in parte su palafitte. Queste casette,<br />
le rorbuer, sono oggi date in affitto ai<br />
turisti, alcune ancora intatte, altre restaurate<br />
o ricostruite.<br />
Dopo il tunnel sottomarino di Leiknes<br />
le isole diventano magiche, semplicemente<br />
superbe. Ad ogni curva della strada si aprono<br />
scorci fiabeschi che lasciano incantati, in un<br />
susseguirsi di paesaggi di maestosa serenità,<br />
dominati dalle nere montagne innevate, ora<br />
dolcemente ondulate ora dalle cime aguzze,<br />
ai cui piedi si annidano, di fronte ad acque<br />
cristalline di un incredibile verde smeraldo, le<br />
casette rosse dei piccoli villaggi e le deliziose<br />
cittadine ormai di consolidata vocazione turistica:<br />
Ramberg, con la sua spiaggia di finissima<br />
sabbia che il sole, anche se pallido, riesce<br />
ugualmente a rendere di un bianco abbagliante,<br />
lambita da acque trasparenti e verdissime<br />
ai piedi di alte vette chiazzate di neve;<br />
Nussfjord, un delizioso villaggio annidato in<br />
uno stretto fiordo racchiuso tra cime alte e<br />
scoscese, intatto nel suo impianto originale,<br />
caratteristico per le rorbuer rosse disposte a<br />
semicerchio attorno ad un’insenatura del<br />
fiordo; Reine, forse la più famosa delle Lofoten,<br />
incastonata in uno scenario da favola ai<br />
piedi di un’aspra montagna a forma di cono<br />
svettante come appena sorta dal mare;<br />
all’estremo sud, Å, il minuscolo villaggio di<br />
poche case che vive di pesca, rigorosamente<br />
pedonale.<br />
Come i centri vicini, da ogni parte si<br />
vedono le rastrelliere cui vengono appesi a<br />
seccare i merluzzi; centinaia di gabbiani stridendo<br />
fanno la spola tra la parete di roccia su<br />
cui nidificano e il locale dove viene lavorato il<br />
pesce, sperando in qualche boccone prelibato.<br />
Lungo la riva del mare le rorbuer rosse<br />
aumentano la suggestione del luogo. Una curiosità:<br />
Å è l’ultima lettera dell’alfabeto norvegese;<br />
il nome quindi ben si addice al più meridionale<br />
dei villaggi dell’arcipelago.
Si ripercorre a ritroso il tragitto, immergendosi<br />
nuovamente nell’incanto di una<br />
natura così straordinariamente affascinante.<br />
Verso Nordkapp<br />
Lasciate così la magia delle Lofoten, il<br />
viaggio riprende lungo la E10 e poi la E6 verso<br />
nord. Vale la pena fare un passo indietro e<br />
visitare Narvik, punto nevralgico nell’attacco<br />
della Germania nazista alla Norvegia durante<br />
la seconda guerra mondiale. Distrutta quasi<br />
completamente in quegli anni, oggi è una<br />
tranquilla città, importantissimo porto mai<br />
ghiacciato a causa della Corrente del Golfo,<br />
punto di arrivo della ferrovia che porta il ferro<br />
da Kiruna, in Svezia, quando l’inverno blocca<br />
completamente i porti svedesi.<br />
In città è interessante visitare il Krigsminnemuseet,<br />
il museo della Croce Rossa<br />
che illustra le vicende della battaglia di Narvik,<br />
quando nel 1940 la città e il suo porto<br />
furono teatro di devastanti bombardamenti<br />
aerei e di asprissimi combattimenti in terra e<br />
in mare, prima di essere costretta alla resa e<br />
occupata dalle truppe naziste per cinque lunghi<br />
anni.<br />
Deviando dalla E6, la E8 porta a<br />
Tromsø, il più importante centro abitato<br />
dell’estremo nord, situato in un incantevole<br />
ambiente naturale, di fronte al fiordo e circondato<br />
da colline boscose. E’ una città vivace,<br />
punto di partenza per le esplorazioni<br />
dell’Artico; è anche sede della Università più<br />
settentrionale al mondo.<br />
Il centro storico è costruito su<br />
un’isola che un ponte unisce alla parte moderna<br />
sulla terraferma. La via principale è<br />
l’animata Storgata, fiancheggiata da colorate<br />
case in legno del diciannovesimo secolo,<br />
pregevoli per la fantasia e l’armonia delle facciate.<br />
Anche in legno la cattedrale protestante,<br />
la Domkirke e la semplice e luminosa<br />
Chiesa Cattolica con l’annesso Arcivescovado,<br />
sulla cui facciata una targa ricorda la visita<br />
di Giovanni Paolo II nel 1989. Accanto alla<br />
cattedrale protestante si trova lo Stengarden,<br />
oggi sede di una banca, che fu il quartier generale<br />
della Gestapo. Gli abitanti raccontano<br />
degli arrestati che si lanciavano dalle finestre<br />
per sfuggire agli interrogatori.<br />
Fronteggia il porto il monumento a<br />
Roald Amundsen che da Tromsø partì per<br />
cercare Umberto Nobile disperso con il dirigibile<br />
“Italia” e che in quella occasione trovò<br />
la morte. Nella parte moderna il monumento<br />
più interessante è la Tromsdalen kirke, la Cattedrale<br />
Artica, la grande chiesa bianca che<br />
con le sue guglie fa pensare ad una montagna<br />
di ghiaccio e che dall’alto di una collina domina<br />
la città. L’interno è molto semplice, in<br />
legno chiaro di quercia, ed ha sullo sfondo un<br />
pannello triangolare alto 23 metri rappresentante<br />
il ritorno glorioso del Cristo, una grande<br />
vetrata costituita da pezzi di vetro vivacemente<br />
colorati che danno all’insieme una<br />
grande luminosità. Quando la sera la cattedrale<br />
è illuminata, da ogni parte della città si può<br />
ammirare la suggestione della luce riflessa dai<br />
cristalli colorati.<br />
Superata Tromsø, la E6 entra nel<br />
Finmark, la regione più settentrionale della<br />
Norvegia. Lungo la strada si incontrano i tipici<br />
chioschi dove si vendono manufatti dei<br />
Sami, l’antico popolo che abitò il nord della<br />
Norvegia già diecimila anni fa e che oggi rivendica<br />
il diritto alla propria identità e alla<br />
salvaguardia della propria cultura.<br />
Si giunge ad Alta, una piacevole città<br />
attraversata dall’Altaelva, il fiume famoso perché<br />
ricco di salmoni, oggetto di una controversia<br />
ancora oggi vivace perché sbarrato da<br />
una diga negli anni sessanta. La lunga protesta<br />
dei Sami contro lo sfruttamento del fiume<br />
fu però la premessa per il riconoscimento dei<br />
loro diritti da parte delle autorità norvegesi e<br />
ulteriore stimolo per la salvaguardia del patrimonio<br />
naturale.<br />
Ad Alta si può visitare l’interessantissimo<br />
museo delle incisioni rupestri dichiarate<br />
dall’Unesco patrimonio dell’Umanità:<br />
lungo i sei chilometri del percorso su passe-
elle di legno si possono ammirare i circa<br />
5000 graffiti realizzati dalle popolazioni che<br />
abitarono queste zone in un periodo compreso<br />
tra 6000 e 2500 anni fa. Ritoccate con<br />
pittura rosso ocra, che si pensa fosse il colore<br />
originale, rappresentano scene di caccia<br />
all’orso e alla renna, imbarcazioni, figure u-<br />
mane impegnate nella caccia o nella danza,<br />
animali terrestri, pesci, uccelli.<br />
Dopo Alta, avvicinandosi sempre più<br />
all’estremo nord, mentre la strada si inerpica,<br />
boschi di rade e sottili betulle si alternano al<br />
paesaggio ampio e solitario della tundra artica,<br />
dove solo i bassi licheni riescono a sopravvivere.<br />
Si imbocca infine la E69 che conduce<br />
direttamente a Capo Nord.<br />
La strada scorre lungo la profonda<br />
insenatura del Porsangen, affiancata da alte<br />
pareti di strane rocce stratificate che somigliano<br />
a scure pile di libri. Man mano che si<br />
sale il paesaggio si fa più ampio e più desolato,<br />
in uno scenario imponente e selvaggio di<br />
montagne brulle che incombono sulle acque<br />
del fiordo increspate dal vento del nord. La<br />
strada ora corre diritta seguendo il saliscendi<br />
del terreno, ora si inerpica con ripidi tornanti<br />
che si affrontano con un po’ di apprensione,<br />
privi come sono di alcuna protezione sul bordo<br />
scosceso. Mandrie di renne stanno placidamente<br />
al pascolo e non hanno alcun timore<br />
ad attraversare lentamente la strada dinanzi ai<br />
veicoli. Si sale sempre più, lasciando in basso<br />
le montagne e il fiordo, si ha la sensazione<br />
entusiasmante di essere proprio in capo al<br />
mondo, più su di ogni altra cosa. Al suolo solo<br />
una bassa vegetazione oscilla nel vento.<br />
NordKapp, la meta<br />
Un tunnel sottomarino immette<br />
nell’isola di Magerøy, all’estremità della quale<br />
si trova Capo Nord, meta di esploratori nei<br />
secoli passati (il primo, l’italiano Francesco<br />
Negri nel 1664) e oggi traguardo irrinunciabile<br />
per chi visita la Norvegia settentrionale.<br />
Molti di questi turisti rimarrebbero<br />
delusi se apprendessero che Capo Nord non<br />
è proprio il punto più settentrionale di Europa,<br />
ma che questo primato spetta al vicino<br />
promontorio di Knivskjelodden, raggiungibile<br />
solo a piedi in circa tre ore. Questa constatazione<br />
nulla toglie comunque al fascino del<br />
luogo, meta ultima per il viaggiatore su quattro<br />
ruote, che ne riporta sensazioni indimenticabili.<br />
Alta sul mare a circa trecento metri di<br />
altezza, alla sommità della ripida scogliera<br />
granitica, la grande spianata è spazzata da un<br />
vento fortissimo che fa oscillare i tantissimi<br />
camper che vi sostano per assistere al fenomeno<br />
tanto atteso, il sole di mezzanotte,<br />
quando l’astro rimane sopra l’orizzonte anche<br />
durante la notte. Questo si può osservare anche<br />
a latitudini inferiori, al di sopra del Circolo<br />
Polare Artico, ma è a Capo Nord che raggiunge<br />
il suo culmine e ha un fascino tutto<br />
speciale.<br />
Verso la fine della giornata il sole<br />
proietta sul terreno aspro ombre lunghissime,<br />
mentre i turisti si apprestano a sparpagliarsi<br />
sulla spianata per godersi lo spettacolo, anche<br />
portandosi dietro le proprie sedie! Attendono,<br />
ma il sole non tramonta. Si ferma alto nel<br />
cielo, nascosto a tratti dalle nuvole colore a-<br />
rancio, sul mare calmo variegato di rosso.<br />
Quasi inavvertitamente si sposta poi<br />
sull’orizzonte per risorgere il giorno successivo.<br />
Quando la gente inizia a sciamare lentamente<br />
verso i propri mezzi e i pullman riportano<br />
indietro gli ospiti degli alberghi nella cittadina<br />
più a valle, allora soltanto l’urlo del<br />
vento rompe il silenzio della grande distesa<br />
pianeggiante, avvolta dalla luce livida che<br />
rende irreale e incantato il paesaggio della<br />
notte artica.<br />
A Capo Nord il grande centro commerciale,<br />
il Nordkapphallen, ha negozi in cui<br />
si possono acquistare souvenir, un ufficio postale<br />
da cui inviare cartoline-ricordo, un bar,<br />
un ristorante, un cinema, una sala per concerti.<br />
Al piano inferiore, scavato nella roccia,<br />
si trovano foto relative alla visita a Capo Nord
di personaggi illustri come il re Oscar II nel<br />
1873, il museo dedicato al re tailandese Chulalongkorn<br />
che visitò il Capo nel 1907, la<br />
suggestiva cappella ecumenica di stile moderno.<br />
All’esterno si trovano, isolati sull’arido<br />
altopiano, sette grandi tondi in bronzo, “I<br />
Bambini della Terra”, i cui soggetti furono i-<br />
deati da sette bambini di varie nazioni, tra cui<br />
l’Italia, a significare l’amicizia, la fraternità,<br />
l’unione di tutti i bambini del mondo. Di fronte,<br />
un bel gruppo bronzeo che rappresenta<br />
una mamma con un bimbo. Ogni anno viene<br />
conferito un premio ad un progetto o ad<br />
un’organizzazione particolarmente distintisi in<br />
iniziative per il miglioramento delle condizioni<br />
dell’infanzia nel mondo.<br />
Il saluto a Capo Nord, prima di ripercorrere<br />
in discesa i ripidi tornanti, porta con<br />
sé l’eco delle sensazioni appena vissute e il ricordo<br />
incancellabile di un’esperienza affascinante<br />
ed unica, e anche un po’ di nostalgia.<br />
Testo di Anna Maria Carabillò<br />
Foto di Enzo Triolo<br />
NordKapp, la meta di ogni camperista
Il Sàpmi, la terra dei figli del sole e del vento<br />
La terra dei Sami, un popolo antico che con orgoglio e tenacia rivendica il<br />
diritto alla propria identità e alla salvaguardia della propria cultura<br />
I<br />
Sami, noti ai più come Lapponi,<br />
termine ormai in disuso perché dispregiativo<br />
nel suo significato originale, vivono da migliaia<br />
di anni nell’estremo nord dell’Europa,<br />
oltre il Circolo Polare Artico. Nella mitologia<br />
dei Sami il padre del popolo è il sole, la madre<br />
è la terra. Ma la terra non potrebbe generare<br />
senza il vento che tiepido favorisce la<br />
crescita e gelido impedisce la vita dei licheni,<br />
il cibo principale delle renne attorno alle quali<br />
ruotava e ancora oggi in parte ruota la vita<br />
dei Sami. Figli del sole e del vento, dunque,<br />
come amano essere definiti, pervasi da una<br />
spiritualità che fonde il cristianesimo cui sono<br />
convertiti da tempo e l’antico senso<br />
dell’arcano, quando il Noajdde, lo sciamano,<br />
con il suo tamburo andava in trance ed entrava<br />
in contatto con gli spiriti e gli dei di cui interpretava<br />
la volontà e da cui invocava l’aiuto<br />
per tutta la comunità.<br />
Stabilitisi nel nord Europa alla fine<br />
dell’ultima glaciazione, circa diecimila anni fa,<br />
i Sami inizialmente allevarono poche renne<br />
che servivano loro per la carne ed il latte, per<br />
trainare le slitte nei trasferimenti, per fornire<br />
pelli per il vestiario e il riposo, e corna e ossa<br />
per gli utensili. Vivevano di caccia e di pesca,<br />
commerciavano con i popoli vicini. Intorno al<br />
1500 iniziarono ad allevare le grandi mandrie<br />
che divennero presto la fonte del loro reddito.<br />
Al variare delle stagioni le renne venivano<br />
trasferite, sulla costa in estate perché ingrassassero<br />
per affrontare il gelo della stagione<br />
fredda, in inverno sulla montagna dove sono<br />
abilissime a scovare sotto la neve i licheni di<br />
cui si cibano. I trasferimenti dalle mandrie<br />
coinvolgevano intere famiglie che trasportavano<br />
i loro averi su slitte trainate da renne e<br />
sostavano in tende formate da tronchi disposti<br />
a cono e ricoperti di pelli. Al centro della<br />
tenda stava il focolare che dava luce e calore<br />
e serviva alla cottura dei cibi. Uniche aperture,<br />
l’ingresso e un foro in alto per la fuoruscita<br />
del fumo. Tutt’intorno sul pavimento, ramoscelli<br />
secchi e pelli per distendersi, alle pareti<br />
corde e sostegni per gli abiti.<br />
In seguito i Sami divennero stanziali,<br />
costruirono i primi villaggi, e allora non più<br />
tutta la famiglia si spostava, ma solo il pastore.<br />
Nel sedicesimo secolo iniziò l’evangelizzazione,<br />
nel diciassettesimo la Bibbia venne<br />
tradotta in lingua sami e sul territorio sorsero<br />
le prime chiese. Avvenivano allora i grandi<br />
raduni di tutto il popolo in occasioni di fiere e<br />
di feste religiose, il Giorno della preghiera di<br />
autunno e di primavera, il Giorno di tutti i<br />
santi. Le famiglie accorrevano anche da molto<br />
lontano, dalla costa e dall’entroterra, si<br />
riunivano nelle città-chiesa e vi sostavano anche<br />
per più settimane in un clima di festa,<br />
come una grande vacanza collettiva desiderata<br />
ed attesa nella solitudine e nel buio dei<br />
lunghi inverni. Gli uomini andavano a caccia e<br />
a pesca, i giovani trascorrevano il tempo dedicandosi<br />
ai giochi , le donne stavano in casa<br />
intente ai lavori manuali o si recavano in visita<br />
a parenti ed amici.<br />
E in queste occasioni si celebravano i<br />
battesimi e i matrimoni, e anche i funerali. Si<br />
intonava allora il vuöllie, o yojk, il tipico canto<br />
che esprimeva la gioia al matrimonio ovvero il<br />
sentimento generale di dolore al funerale. Ad<br />
Arvidsjaur, nella Lapponia svedese , si può<br />
visitare la Lappstaden, la Città dei Lapponi, il<br />
più grande villaggio-chiesa sami che conserva<br />
più di ottanta capanne in legno dove alloggiavano<br />
le famiglie. Costruite con grossi tronchi,<br />
hanno la forma di un parallelepipedo con un<br />
tetto a piramide che richiama l’idea della tenda.<br />
Molto piccole e basse, erano facili da<br />
scaldare. Come nella tenda, al centro c’era il<br />
fuoco il cui fumo poteva uscire da un’apertura<br />
sul tetto, niente mobili ma corde e ganci dove<br />
attaccare gli abiti ed anche il cibo da affumicare.<br />
Oggi, nel villaggio ancora intatto, i Sami<br />
si riuniscono l’ultimo fine settimana di <strong>Agosto</strong><br />
per celebrare il grande raduno tribale, in una<br />
festa che li vede tutti insieme, convenuti da<br />
ogni parte del paese.
Una tipica tenda dei Sami<br />
In basso il villaggio sami di Alvisdjaur
I Sami usavano impiegare il sovrappiù<br />
del loro reddito per l’acquisto da mercanti dei<br />
paesi vicini di oggetti d’argento, un bene duraturo<br />
e facile da trasportare. Le forme e i disegni<br />
erano ispirati ai motivi caratteristici del<br />
loro abbigliamento e dei loro manufatti: il sole,<br />
la luna, i quattro punti cardinali, il sole di<br />
mezzanotte…. Ancora oggi prospera a vari<br />
livelli l’artigianato dell’argento che riproduce<br />
gli antichi disegni. Dai mercanti i Sami acquistavano<br />
anche il panno e le stoffe più leggere<br />
per i loro abiti colorati e ornati da galloni. I<br />
colori più comuni erano il rosso e il blu, ma<br />
anche il giallo e il verde, che troviamo anche<br />
negli arredi delle loro chiese con altari e panche<br />
dipinti in colori sgargianti.<br />
Dal diciannovesimo secolo la rivoluzione<br />
industriale portò un grande cambiamento<br />
nella vita dei Sami. Il disboscamento<br />
delle foreste, lo sfruttamento del territorio, il<br />
prevalere della tecnologia sulla salvaguardia<br />
dell’ambiente mutarono il loro habitat e incisero<br />
profondamente sulla loro vita, da sempre<br />
vissuta in armonia con la natura e strettamente<br />
dipendente dal suo equilibrio. Nel 1986,<br />
per esempio, il disastro nucleare di Cernobyl<br />
ebbe conseguenze disastrose in quell’area. La<br />
radioattività fu assorbita dalle piante e contaminò<br />
profondamente i licheni; la carne di<br />
migliaia di renne dovette essere bruciata. Ancora<br />
oggi, anche se gli effetti del cesio sono<br />
notevolmente diminuiti, gli animali vengono<br />
macellati all’inizio dell’autunno, quando ancora<br />
non hanno iniziato a nutrirsi dei licheni.<br />
I Sami sono oggi circa settantamila,<br />
distribuiti tra Norvegia, Svezia, Finlandia e<br />
Russia, la maggior parte in Norvegia, ormai<br />
inseriti nel tessuto sociale di questi paesi.<br />
Molti continuano ad allevare le renne, ma organizzati<br />
modernamente. Accompagnano ancora<br />
le mandrie nelle loro migrazioni stagionali,<br />
nelle soste usano ancora le tende, non<br />
più però costruite con pelli, ma con materiali<br />
leggeri ed impermeabili, non usano più le slitte,<br />
ma gatti delle nevi, fuoristrada, camper ed<br />
elicotteri.<br />
Dopo lunghi anni in cui videro diventare<br />
proprietà delle nazioni del nord Europa<br />
quella terra che da tempo immemorabile consideravano<br />
propria, boicottati nella loro cultura<br />
e nella lingua, costretti a pagare tasse sul<br />
territorio di pascolo anche a tre stati contemporaneamente,<br />
sono ora riconosciuti come<br />
minoranza, hanno le loro scuole, i loro giornali,<br />
una bandiera comune, un loro Parlamento,<br />
il Sámediggi. Composto da trentanove<br />
membri regolarmente eletti dal popolo, il Parlamento,<br />
pur avendo solo un potere consultivo,<br />
si riunisce quattro volte l’anno per discutere<br />
i problemi e i diritti della popolazione indigena<br />
riguardo la lingua, la cultura,<br />
l’educazione.<br />
Popolo orgoglioso e tenace, fiero delle<br />
proprie radici e geloso della propria autonomia,<br />
i Sami salvaguardano con orgoglio le<br />
loro tradizioni e i loro costumi, conservano la<br />
propria lingua, nei matrimoni e nelle feste indossano<br />
i coloratissimi abiti e i vistosi gioielli<br />
in argento e oro. Hanno una propria letteratura<br />
e una loro musica che, pur adeguandosi<br />
spesso al genere più attuale, nella sua forma<br />
più tradizionale richiama il canto monotono<br />
dello sciamano o lo yoik, l’antico canto popolare.<br />
A sud di Capo Nord, Karasjok e Kautokeino<br />
sono le due città dove più forte è la<br />
presenza dei Sami.<br />
Karasjok è la sede del Parlamento.<br />
Inaugurato nel 2000, l’edificio, completamente<br />
in legno, ha una struttura molto originale.<br />
Ha l’aspetto di una tenda e contiene una fornita<br />
biblioteca, luoghi di riunione, la sala dove<br />
si riunisce l’assemblea. Qui l’antico e il moderno,<br />
il passato e il presente si fondono. La<br />
sala, fornita di moderna attrezzatura per la<br />
traduzione simultanea, è arricchita da un<br />
grande dipinto a vivaci colori dove sono rappresentati<br />
in forma simbolica motivi della tradizione<br />
sami: la tenda con al centro il fuoco,<br />
la montagna e il mare con riferimento ai due<br />
diversi tipi di popolazione, l’aurora boreale.<br />
Nel 2002 l’edificio del Sámediggi ha ricevuto<br />
il premio per l’architettura della Norvegia del<br />
nord. Il Samipark è un museo all’aperto dove<br />
sono esposte antiche tende, capanne per la<br />
conservazione del cibo, strumenti di lavoro,<br />
recinti per le renne. Qui è stato creato un<br />
mondo un po’ artificiale, in parte organizzato<br />
a beneficio dei turisti che si spingono fin<br />
quassù, ma che comunque riesce a dare<br />
un’idea di quella società così lontana. Il visitatore<br />
può essere coinvolto nella ricostruzione
della vita di contadini e pastori, visitando le<br />
loro capanne riscaldate dal fuoco, gustando il<br />
loro cibo, esercitandosi nel lancio del lazo tirato<br />
sulle corna delle renne per la loro cattura.<br />
All’interno del museo un filmato molto interessante<br />
e suggestivo esprime la spiritualità<br />
di questa gente antica, il suo legame con la<br />
natura, il suo rispetto per il sole e la terra. Di<br />
contro, mostra l’odierna vita automatizzata<br />
che usa strumenti moderni e li ha allontanati<br />
dalla stretta simbiosi con la natura che fu dei<br />
loro avi.<br />
A Kautokeino, nel centro dell’altopiano<br />
del Finmark, vive la maggior parte dei<br />
Sami e non è difficile incontrarne qualcuno<br />
che anche al supermercato indossa il tipico<br />
costume di panno blu decorato da galloni<br />
rossi. Il villaggio ha l’aspetto di una luogo di<br />
frontiera: nel piccolissimo centro si trovano il<br />
supermercato, la banca, qualche locale; e poi<br />
case sparse nella brulla tundra circostante. La<br />
chiesa in legno è stata ricostruita recentemente<br />
sulle rovine dell’incendio della precedente.<br />
All’interno, l’altare è rosso e blu, i sedili<br />
rossi e verdi, i caratteristici, luminosi colori<br />
della tradizione sami.<br />
abiti in panno e pelle, da sovrapporre nel<br />
grande freddo, calzari in pelle di renna con la<br />
caratteristica punta ricurva per poter essere<br />
attaccati agli sci, culle da sospendere al soffitto,<br />
cui era fissata la catenina a sonagli per tenere<br />
lontani gli spiriti maligni.<br />
A circa due chilometri dal centro si<br />
trova la famosa Silver Gallery, alloggiata in un<br />
originale edificio dalla forma caratteristica<br />
che riprende il motivo della tenda. Due coniugi,<br />
Frank e Regine Juhls, hanno creato dal<br />
nulla questi locali, dove espongono gioielli in<br />
argento che riproducono gli antichi motivi dei<br />
Sami, e anche originali gioielli moderni creati<br />
da Regine e ispirati alla natura. Sono esposti<br />
anche oggetti di fattura scandinava e oggetti<br />
orientali provenienti dall’India.<br />
Un po’ dovunque nel nord Europa<br />
sono oggi sorti musei dove sono esposti oggetti<br />
dell’artigianato sami (lavori in pelle, in<br />
legno, in ossa di renna, oggetti in argento,<br />
coltelli). Purtroppo anche il consumismo ed il<br />
turismo a buon mercato hanno oggi la loro<br />
parte, e non tutto di quello che si incontra è<br />
autentico. Il popolo Sami, però, pur integrato<br />
nella società moderna, è realmente fiero della<br />
propria cultura e intende mantenerla intatta e<br />
tramandarla ai propri figli insieme al senso<br />
profondo della sua identità e al forte legame<br />
al proprio passato, con la speranza che un<br />
giorno lontano si possa realizzare il sogno di<br />
avere una loro terra comune, il Sapmi dei loro<br />
padri.<br />
Il Museo espone attrezzi, manufatti<br />
del passato, slitte usate per i trasferimenti,<br />
Testo di Anna Maria Carabillò<br />
Foto di Enzo Triolo<br />
Ti ha detto qualcuno che noi viviamo nella terra dei Sami<br />
Ha detto che questa è il Sápmi<br />
Ha anche ammesso che è nostro<br />
Non ha parlato della cultura primitiva di gente semplice<br />
O ha affermato che essi son venuti con la luce<br />
Nils Aslak Valkeapää<br />
(Uno dei più noti autori sami contemporanei)
Creta: viaggio alle radici della civiltà<br />
Viaggio a Creta, la grande isola nel cuore del Mediterraneo dove è scaturita<br />
la linfa della civiltà europea, culla del mondo minoico e miceneo e crocevia<br />
di tre continenti.<br />
L’<br />
isola di Creta è un approdo irrinunciabile<br />
per chi, oltre ai piaceri del mare e<br />
del sole, vuole viaggiare a ritroso nel tempo<br />
per cercare le proprie radici, attingendo a<br />
piene mani in questo scrigno pieno di tesori.<br />
L’avventura dell’uomo occidentale è passata<br />
di qua. Bastano pochissimi passi e si riconquista<br />
una dimensione del tutto differente:<br />
dal museo archeologico di Iraklion (il capoluogo<br />
dell’isola), destinato a passare il<br />
testimone alle popolazioni achee del<br />
continente verso il 1400 avanti Cristo, ai resti<br />
del famoso palazzo di Knosso del Re<br />
Minosse, il ricordo del Minotauro e di Icaro,<br />
la grotta dove nacque Zeus, zone come<br />
Festo, Gorkina, Zakros, Aghia Triada sono i<br />
punti dove inevitabilmente si ha l’impatto coi<br />
miti che ancora incidono la nostra psicologia<br />
di europei, pronipoti dei costruttori di quei<br />
palazzi. Voluto dal Re Minosse per proteggere<br />
il suo popolo dal Minotauro, il dedalo di<br />
Creta è il luogo simbolo di una delle storie<br />
più enigmatiche dell'antica Grecia, dove fiorì<br />
una delle più antiche e raffinate culture<br />
d’occidente, quella minoica. Il palazzo reale di<br />
Knosso è il simbolo stesso della cultura minoica<br />
e di Creta. Quello che oggi è un insieme<br />
di scavi e di rovine a circa sei chilometri<br />
dalla capitale Iraklion era con i suoi 1300<br />
ambienti la reggia più grande dell’antichità:<br />
un autentico labirinto di sale affrescate e scalinate,<br />
passaggi colonnati e corridoi, sotterranei<br />
e magazzini.<br />
All’inizio del secolo Sir Arthur Evans<br />
diede inizio agli scavi che hanno portato alla<br />
luce questa meraviglia ed è grazie a lui che<br />
molte cose sono state conservate al museo<br />
archeologico di Iraklion, Londra, Atene e<br />
Roma. Attraverso lo studio della ceramica,<br />
Evans determinò i tre grandi periodi storici<br />
isolani: l’antico minoico (tra il 2500 e il 2000<br />
avanti Cristo), il medio minoico (tra il 2000 e<br />
il 1600 avanti Cristo) ed il tardo minoico (tra<br />
il 1600 e il 1100 avanti Cristo).<br />
Anche se è stato in parte contestato<br />
per aver ricomposto e ricostruito una parte di<br />
quei ruderi (pensiamo comunque che la vicenda<br />
ebbe luogo intorno al 1890 circa),<br />
dobbiamo essergli grati per tutto quanto è<br />
riuscito a tramandare a noi, insieme ad altri<br />
archeologi famosi di quei tempi, ed il luogo<br />
non ha perso il suo fascino ed è visitato da<br />
turisti di tutto il mondo.<br />
Da Knosso a Festo, dove venne rinvenuto<br />
nei magazzini del Palazzo Minoico il<br />
famoso "Disco" sul quale sono incisi dei segni<br />
a tutt’oggi dal significato misterioso. Chi li<br />
ha incisi Quando Come Dove Qual è il<br />
messaggio che racchiudono Sono tutte do-
mande che ci si pone davanti alla scrittura del<br />
disco, uno dei grandi enigmi dell’archeologia.<br />
Dal 3 Luglio 1908, data della sua scoperta,<br />
nella stanza numero otto del palazzo di Festo,<br />
databile al 1700 circa avanti Cristo, il mistero<br />
che racchiude continua ad appassionare gli<br />
archeologi di tutto il mondo. Contiene uno<br />
scritto alfabetico, sillabico o ideografico<br />
Il disco è stato realizzato in argilla di<br />
colore giallo, ha un diametro irregolare che<br />
va da 158 a 165 millimetri e riporta incisi a<br />
spirale sulle sue due facce dei logotipi simbolici<br />
che sono stati impressi quando l’argilla<br />
era ancora fresca. Quest’unica certezza del<br />
disco di Festo riveste una straordinaria importanza<br />
storica: i popoli che abitavano quelle<br />
zone furono, millenni prima di Gutemberg, gli<br />
inventori della stampa a caratteri mobili. I<br />
simboli univoci sono 45, per un totale di 241<br />
caratteri, impressi sulle due facce del disco.<br />
Sono, la testa, l’ulivo, la vite, il papiro, il tonno,<br />
il delfino, la colomba ecc. Queste a grandi<br />
linee sono le tessere di quel sorprendente e<br />
complicatissimo puzzle che è il disco di Festo.<br />
Chi, armato di conoscenza, pazienza e una<br />
buona dose di fortuna riuscisse a collocare i<br />
simboli ognuno al proprio posto e a dar loro<br />
un significato trovando la chiave di lettura di<br />
quanto ha voluto tramandarci, assurgerebbe<br />
certamente a fama mondiale, ma almeno per<br />
ora questi simboli servono solamente a stimolare<br />
la curiosità e le capacità enigmistiche<br />
di studiosi e semplici lettori.<br />
Come accennavo nelle prime righe,<br />
anche se spesso la scelta di Creta come meta<br />
per le vacanze avviene solamente per il mare<br />
e i suoi paesaggi, vi assicuro, come è successo<br />
al sottoscritto nelle scorse ferie estive, che<br />
è impossibile rimanere insensibili al fascino<br />
che emanano i luoghi sopra descritti.<br />
Ma Creta è anche il trionfo della natura:<br />
con mille chilometri di costa bagnati da<br />
acque trasparenti che ricordano i Caraibi,<br />
l’isola richiama ogni anno una moltitudine di<br />
turisti che cercano il mare, il sole, la tranquillità<br />
e la pace, a diretto contatto con la natura.<br />
Per i camperisti l’isola è un vero paradiso:<br />
oltre ad offrirci le sue bellezze, ci accoglie<br />
come turisti - automobilisti, senza divieti<br />
d’alcun genere, senza barre limitatrici in<br />
altezza, con possibilità di parcheggiare ovunque<br />
il nostro mezzo a pochi metri da spiagge<br />
da sogno con assenza o quasi di microcriminalità.<br />
E’ quindi una vera pacchia.<br />
Ma torniamo alle bellezze naturali.<br />
Chi non ha visto Loutrò, decantato a modello<br />
di sublime paesaggio sino ad una decina<br />
d’anni fa, non conosce il vero mare di Creta.<br />
E' uno stupendo villaggio di pescatori arroccato<br />
su di un promontorio ai piedi d’alte<br />
montagne. La magia di questo villaggio (dovuta<br />
anche al suo isolamento, dato che si arriva<br />
solamente dal mare) sorprende il turista<br />
non appena il battello lo scarica sulla spiaggia.<br />
La pace del tramonto e della sera è un<br />
qualcosa che va vissuto in prima persona.<br />
Un’altra spiaggia da sogno è quella<br />
nella zona sud-est dell’isola. E’ una baia che<br />
assomiglia ad una laguna, con chilometriche<br />
spiagge di sabbia rosa (composta di sabbia<br />
bianchissima e da corallo rosso), piccoli promontori<br />
e l’acqua del mare che risplende in<br />
tutte le sue sfumature, dal verde al blu.<br />
Se non fosse per il bianco Monastero<br />
di Chrissoskalitissa, nelle sue vicinanze, Elafonissi<br />
potrebbe essere scambiato con uno<br />
dei tanti paradisi tropicali. Da notare che ho<br />
sostato con il camper a circa 10 metri dal<br />
mare per due giorni senza problemi. Lo spet-
tacolo del tramonto, con il sole che incendia<br />
il mare arricchendolo di una moltitudine di<br />
colori caldi, dal rosso all’arancione, e poi dopo<br />
poche ore, la notte buia e profonda con<br />
un cielo incredibilmente terso da vedere ogni<br />
minima stella, compresa la via lattea e, visto il<br />
periodo, anche moltissime stelle cadenti, dalle<br />
nostre sdraio, senza zanzare e accarezzati<br />
da una dolce brezza di mare a 25/28 gradi<br />
sino oltre le 24 è stata un’esperienza unica e<br />
che ricorderemo per molto.<br />
Altra meraviglia della natura, per le<br />
nostre latitudini, è la spiaggia di Preveli, incorniciata<br />
da un fitto bosco di palme, eucalipti<br />
ed altre piante, ai fianchi alte pareti rocciose.<br />
Si raggiunge attraverso una strada sterrata<br />
e poi percorrendo a piedi un sentiero accidentato<br />
a picco su un’alta scogliera. La bellezza<br />
di questo luogo è che oltre a sabbia e<br />
mare, Preveli offre un’insolita avventura nella<br />
natura. Dalla spiaggia si può risalire per un bel<br />
pezzo il torrente dalle acque fresche e limpidissime<br />
con tutt’attorno una specie di foresta<br />
tropicale di palme e molti altri tipi di piante<br />
varie che si è sviluppata grazie al caldo dei<br />
luoghi e alle acque dolci del torrente Megalos.<br />
All’estremità nord orientale dell’isola<br />
il più piccolo Parco Nazionale greco tutela un<br />
bosco di rare phoenix theophrasti, la sola<br />
palma d’alto fusto d’Europa. Rilassarsi sulle<br />
sdraio all’ombra di una palma e passeggiare in<br />
un palmeto nella sabbia finissima, resta una<br />
delle cose che si ricordano di più, anche perché<br />
alle nostre latitudini non si trova in alcun<br />
altra zona un posto con simili caratteristiche.<br />
Altro luogo da visitare assolutamente,<br />
prima di lasciare l’isola, sono le gole di Samaria.<br />
Sono situate nel cuore dei monti Lefka, e<br />
sono un canyon impressionante, secondo in<br />
Europa solo a quello del Verdon in Provenza.<br />
Per chi ama la natura è una gita indimenticabile<br />
poiché abbina nello stesso percorso<br />
monti e mare. Si parte di buon mattino dai<br />
1200 metri dell’altipiano d’Omalos e ci<br />
s’incammina attraverso uno dei pochi sentieri<br />
che invitano a camminare anche il più sedentario<br />
dei turisti. Atletici turisti scendono insieme<br />
con anziane signore, il silenzio e lo<br />
splendore della natura consentono di apprezzare<br />
nel modo migliore uno spettacolo<br />
d’eccezionale fascino. Sono circa 15 i chilometri<br />
del percorso accompagnati a volte da<br />
falchi, aquile, grifoni e per i più fortunati anche<br />
delle capre selvatiche Kri Kri descritte per<br />
la prima volta nell’Odissea, senza parlare delle<br />
rarità di fiori che s’incontrano lungo il sentiero.<br />
La valle, a circa metà percorso, si chiude<br />
in una serie d’impressionanti forre alte anche<br />
più di 300 metri e larghe non più di un paio<br />
di metri. L’acqua del ruscello inghiottita da<br />
vari cunicoli appare appena prima delle forre,<br />
e convince non pochi turisti, noi per primi,<br />
ad un piacevole rinfresco.<br />
Dopo sei/otto ore di cammino (che<br />
passano in fretta, tanto sono le distrazioni di<br />
ammirare ora un particolare ora un altro) in<br />
pianura o leggera discesa ecco di fronte a noi<br />
le limpide e azzurre acque del mar libico (non<br />
abbiamo resistito, e così anche se un po’ in<br />
fretta, per non perdere il battello, ci siamo<br />
immersi in quelle calde e stupende acque) ed<br />
il pittoresco villaggio d’Aghia Roumeli, raggiungibile<br />
solamente dal mare. Inutile affermare<br />
che quando verso le 19 siamo saliti sul<br />
battello che ci riportava al camper, abbiamo<br />
avuto la netta sensazione di aver vissuto veramente<br />
per un giorno a diretto contatto con<br />
la natura con la N maiuscola, armati solamente<br />
della nostra voglia di camminare e del frugale<br />
pranzo al sacco in un percorso unico per<br />
emozioni e sensazioni.<br />
Questi che ho sommariamente descritti<br />
sono i luoghi veramente più caratteristici<br />
e particolari che chiunque turista di Creta<br />
non dovrebbe perdere (a parte i siti archeologici),<br />
e vi assicuro che una vacanza in<br />
questa meravigliosa isola dove, da ogni angolo<br />
della sua frastagliata costa, si schiudono<br />
paesaggi unici e da godere per la loro bellezza,<br />
riesce a dare al turista che la visita, un<br />
senso di bello, d’amore per la natura che sarà<br />
ricordato per molto tempo.<br />
Piero e Cinzia Marenco<br />
dal sito Web del Camper <strong>Club</strong> La Granda<br />
www.camperclublagranda.it/creta.htm
Sardegna: proprio un’altra isola<br />
Scenari naturalistici mozzafiato, testimonianze archeologiche uniche nel<br />
loro genere, oreficeria e artigianato di eccellente fattura, prodotti e piatti<br />
tipici ricchissimi di sapori e profumi, un popolo meraviglioso: eppure<br />
qualcuno si ostina a sognare la Sardegna solo per il suo mare d’estate...<br />
S<br />
e conversando della Sicilia con<br />
uno di noi, siciliano, un amico del nord Italia<br />
o per esempio un olandese o uno svizzero<br />
parlasse e volesse sentire parlare solo del<br />
mare siciliano ad agosto, come la<br />
prenderemmo Ovviamente, le coste siciliane,<br />
e alcune più di altre, sono bellissime, il nostro<br />
mare in alcune zone è sicuramente una<br />
favola... Però... Se al nostro amico di salire<br />
sull’Etna, di visitare la Valle dei Templi, di<br />
conoscere la Palermo normanna e barocca,<br />
l’area delle saline di Trapani o i centri e i<br />
boschi delle Madonie e dei Nebrodi, i vini o la<br />
cucina dell’Isola non gliene importasse nulla,<br />
non ci resteremmo male Non cercheremmo<br />
di indurlo a conoscere anche qualcos’altro<br />
della nostra terra di cui noi siciliani andiamo<br />
fieri E di provare a conoscerla, questa nostra<br />
terra, in un periodo meno stressante, quando<br />
a popolare la Sicilia sono soprattutto i siciliani<br />
e non i turisti<br />
Ebbene, quando anche noi parliamo<br />
della Sardegna, ogni discorso si incentra sul<br />
suo mare, sulle sue coste, sulle sue spiagge, e<br />
così via. Con la conseguenza che chi ama il<br />
mare “a senso unico” finirà magari per<br />
andarci senza mai toccare alcuna località<br />
dell’interno; mentre chi il mare non lo ama<br />
più di tanto o comunque è già appagato da<br />
quello siciliano sceglierà di non andarci<br />
perché tanto non vale la pena, da isolani,<br />
dedicare le proprie vacanze a un’altra isola,<br />
che peraltro si pensa uguale o simile alla<br />
nostra. Questa è la ragione per cui la<br />
Sardegna (come capita anche alla Sicilia) è<br />
un’isola assai poco conosciuta anche da chi<br />
c’è stato più di una volta, e soprattutto –<br />
lasciatemelo dire - da coloro che da anni vi<br />
passano le loro vacanze fermi in un unico<br />
posto (villaggio turistico, campeggio, albergo,<br />
casa in affitto, ecc.); in quanto, come sento<br />
dire da tante persone, “oltre al mare, lì<br />
cos’altro vuoi vedere”.<br />
Per sfatare questa e altre leggende<br />
metropolitane, per poter ribattere a chi della<br />
Sardegna ha l’idea sopra descritta,<br />
ovviamente in controtendenza rispetto alle<br />
masse di turisti che vi sbarcano fra luglio e<br />
agosto, noi abbiamo visitato quest’isola in un<br />
periodo (come quello di fine aprile-inizio di<br />
maggio) che ci ha consentito di poter gustare<br />
tutto quello che abbiamo visto e fatto con la<br />
massima serenità e senza impedimenti di<br />
alcun genere (divieti, caos, ecc.), senza<br />
incontrare quasi nessun altri (tranne i soliti<br />
tedeschi) che i sardi; e nel corso del viaggio<br />
abbiamo ricevuto la più ampia conferma di<br />
ciò che in realtà avevamo già in mente di<br />
questa terra meravigliosa, e soprattutto del<br />
fatto che si tratta di un’altra isola rispetto alla<br />
Sicilia, altrettanto bella per il suo territorio,<br />
intrigante per le sue tradizioni e ospitale per<br />
la sua gente quanto diversa, in ogni caso<br />
tutta da scoprire.<br />
Un tipico murale sardo<br />
Collegamenti e strade<br />
Ovviamente, trattandosi di un’isola,<br />
non si può che arrivare in Sardegna a bordo<br />
di un traghetto, in particolare per noi<br />
camperisti con il veicolo al seguito; ci sono
varie compagnie che effettuano il relativo<br />
collegamento, da Palermo, Trapani e Napoli<br />
verso Cagliari, da Civitavecchia, Livorno e<br />
Genova verso Olbia e Arbatax, ecc. Solo una<br />
di queste, da Livorno ad Olbia effettua il<br />
passaggio in open deck, mentre dalla Sicilia la<br />
Tirrenia – unica delle compagnie di<br />
navigazioni a collegare direttamente le due<br />
isole – utilizza le navi più vecchie della sua<br />
flotta, ovviamente senza open deck.<br />
Per quanto riguarda la viabilità, l’isola<br />
dispone di una sola superstrada, per lunghi<br />
tratti a due carreggiate (la SS. 131<br />
comunemente nota come “Carlo Felice”) che<br />
da Cagliari spacca la Sardegna a metà,<br />
toccando le maggiori città da sud a nord; ma<br />
anche le altre statali e le provinciali sono<br />
generalmente in ottimo stato, in buona parte<br />
dritte (tranne quando non si arrampicano su<br />
per qualche monte) e con un buon manto<br />
stradale; inoltre (ma certamente la cosa non<br />
vale a luglio e agosto), la cosa che più<br />
meraviglia è il traffico praticamente<br />
inesistente.<br />
La gente e la lingua<br />
Un po’ dovunque abbiamo trovato<br />
persone molto disponibili, gentili e portate al<br />
dialogo e al contatto umano; niente a che<br />
vedere con gli stereotipi che vedono i sardi<br />
come arretrati e chiusi; si tratta soltanto di<br />
un’altra leggenda metropolitana!<br />
Dato il periodo, abbiamo perfino<br />
goduto di visite guidate effettuate solo per<br />
noi da fior di archeologi e naturalisti, che<br />
hanno avuto il piacere, offrendosi<br />
spontaneamente e gratuitamente, di<br />
accompagnarci per poterci fare conoscere<br />
meglio i siti che volevamo visitare. Talvolta<br />
anche l’acquisto del pane o di un oggetto di<br />
artigianato ci ha spalancato davanti orizzonti<br />
di conversazione e di approfondimento di<br />
impensabile interesse, evidenziando da sud a<br />
nord l’evidente piacere della gente locale a<br />
promuovere la propria terra, le proprie<br />
tradizioni e la propria storia.<br />
Una nota speciale va dedicata alla<br />
lingua sarda che (a costo di apparire troppo<br />
tecnici dal punto di vista glottologico) non è<br />
un dialetto italiano ma una lingua vera e<br />
propria che in molti casi scorre parallela,<br />
nell’universo quotidiano della gente,<br />
all’italiano, dando alla lingua nazionale solo<br />
alcune peculiarità come le vocali molto chiuse<br />
e una musicalità e un’intonazione davvero<br />
unici; il sardo è parlato abitualmente<br />
soprattutto dalla gente più anziana e nei<br />
centri interni, più al centro nord che al sud, e<br />
vive ufficialmente nella toponomastica, con i<br />
nomi delle strade spesso scritti nelle due<br />
lingue e con i nomi delle località e dei paesi<br />
palesemente scritti in sardo. Ovviamente<br />
esiste una vera e propria sintassi della lingua<br />
oltre che un lessico, ma evitiamo eccessivi<br />
approfondimenti che potrebbero non<br />
interessare tutti.<br />
Donna in costume tradizionale. Per<br />
chi ama il folclore, un’esperienza<br />
unica si ha il 1° maggio a Cagliari<br />
in occasione della festa del Santo<br />
Patrono, Sant’Efisio.<br />
Una nota ulteriore riguarda Alghero e<br />
la zona vicina, dove ancora oggi si parla una<br />
lingua-dialetto che è un misto di sardo e<br />
catalano, retaggio della storia della costa<br />
nord-occidentale sarda dominata per lungo<br />
tempo dai catalani.<br />
Paesaggi marini, boschi e grotte<br />
E’ indubbio che la natura è padrona<br />
incontrastata in tutta quanta la Sardegna. Già<br />
sbarcando a Cagliari è possibile, a poca<br />
distanza dal centro della città (oltre il Poetto)<br />
poter assistere allo spettacolo dei fenicotteri<br />
negli stagni fra il capoluogo e Quartu<br />
Sant’Elena. La stessa cosa avviene ad ovest di<br />
Oristano, negli stagni attorno a Cabras, segno<br />
evidente che la Sardegna è considerata da<br />
questi e da altri uccelli una sede “tranquilla”<br />
per la loro vita.
Fenicotteri negli stagni fra Cagliari e Quartu Sant’Elena<br />
In basso cavallini al pascolo nella Giara di Gesturi
Del mare c’è poco da dire che già<br />
non si sappia: litorali come quello fra Pula e<br />
Sant’Antioco, a ovest di Cagliari, o come<br />
quello di Villasimius, sul Tirreno, o ancora<br />
come quello, sempre sul Tirreno ma più a<br />
nord, di Cala Gonone e Cala Luna, a ridosso<br />
della Costa Smeralda, sono i paesaggi mito<br />
della Sardegna marina, con le calette di<br />
spiaggia dorata e acqua turchina.<br />
La spiaggia di Cala Luna<br />
Ma splendido è anche l’interno, come<br />
la zona boschiva del Supramonte, attorno a<br />
Orgosolo, o come la Giara di Gesturi, a poche<br />
decine di chilometri a nord di Cagliari, ben<br />
poco nota al grande pubblico; si tratta di un<br />
altopiano che conserva una lussureggiante<br />
macchia mediterranea, in cui si sviluppano<br />
sughereti contorti dalla forza del vento che si<br />
alternano a magnifici stagni che in primavera<br />
si ricoprono completamente di fiori di<br />
camomilla, di grande effetto scenografico.<br />
Qui si può passeggiare nei vari sentieri, nel<br />
silenzio interrotto soltanto dal vento, fra buoi<br />
al pascolo, maialini selvatici e cavallini, che<br />
vivono liberi solo in quest’area protetta.<br />
sottosuolo sardo, dove sono di grande<br />
interesse naturalistico anche alcune grotte<br />
con concrezioni calcaree che hanno creato<br />
nei millenno milioni di stalattiti e stalagmiti,<br />
come quelle di Is Zuddas, fra Pula e Santadi,<br />
o come quella del Bue Marino, vicino Cala<br />
Gonone, che prende il nome dal fatto che qui<br />
viveva fino a poco tempo fa la foca monaca,<br />
meglio nota ai sardi proprio col nome di bue<br />
marino.<br />
Memorie storico-archeologiche<br />
Come la Sicilia conserva ampie<br />
testimonianze della dominazione greca e poi<br />
romana (le aree archeologiche di Agrigento,<br />
Segesta, Selinunte, Piazza Armerina, Siracusa,<br />
ecc.), così il territorio sardo è una miniera<br />
inesauribile per quanto riguarda siti nuragici,<br />
prenuragici e punico-fenici.<br />
Un bellissimo esempio di archeologia<br />
preistorica è la Necropoli di Montessu,<br />
nell’estremo sud-ovest della Sardegna fra Pula<br />
e l’isola di Sant’Antico, con tombe scavate<br />
nella roccia risalenti all’età del bronzo<br />
(attorno al 3.000 a.C.), che prendono il nome<br />
di “domus de janas” (questo, per esempio, è<br />
un termine sardo), immerse in una<br />
lussureggiante vegetazione, con alcune<br />
decorazioni collegate con il culto della dea<br />
Madre. Un altro esempio è... proprio il paese<br />
di Sant’Antioco, di fatto costruito tutto sulle<br />
tombe dell’antico insediamento fenicio. Altri<br />
siti archeologici di particolare importanza<br />
sono quelli - sempre fenici - di Nora, con il<br />
complementare museo archeologico della<br />
vicina Pula, e quelli di Tharros, a pochi<br />
chilometri da Oristano.<br />
Le grotte di Is Zuddas<br />
Un’ultima annotazione merita il<br />
L’area archeologica di Tharros
Su Nuraxe, a Barumini<br />
Ma il simbolo archeologico della<br />
Sardegna per eccellenza sono i nuraghi, delle<br />
torri singole o composite in pietra viva,<br />
prototipo ante litteram dei medievali castelli,<br />
realizzati soprattutto nell’età del bronzo e<br />
rintracciabili un po’ dappertutto sul territorio:<br />
se ne contano circa sette mila in tutta l’isola<br />
fra grandi e piccoli, anche se solo una decina<br />
di questi possono considerarsi dei complessi<br />
nuragici veri e propri e vale la pena visitarli.<br />
Uno di questi, caratterizzato da<br />
quattro torri, da un pozzo profondo oltre<br />
quindici metri e da un villaggio nuragico<br />
tutt’attorno che è stato abitato fino all’epoca<br />
romana, si trova vicino Barumini, a metà<br />
strada fra Cagliari e Oristano (quasi tutti si<br />
trovano nelle parti interne dell’isola e solo<br />
pochissimo vicino le coste), ed è stato iscritto<br />
nella Lista del Patrimonio dell’Umanità<br />
dall’Unesco. Un altro di particolare<br />
importanza è il nuraghe Santa Cristina,<br />
inserito in un contesto paesaggistico di<br />
grande suggestione, dove è ancora visibile un<br />
pozzo sacro in cui dall’antica sorgente sgorga<br />
ancora oggi l’acqua e che probabilmente<br />
costituisce l’esempio più significativo<br />
dell’architettura religiosa nuragica sarda.<br />
Le chiese medievali<br />
Un’altra delle peculiarità della<br />
Sardegna è costituita dalla presenza di alcune<br />
chiese medievali sparse sul suo territorio,<br />
anche in questo caso soprattutto all’interno,<br />
iscritte in contesti agrari, lontano dai centri<br />
abitati. Una di queste è la magnifica chiesa<br />
romanica della SS. Trinità di Saccargia,<br />
risalente all’XI secolo, che è probabilmente la<br />
più bella dell’isola, caratterizzata dal<br />
cromatismo bianco-nero della pietra della<br />
facciata, arricchita da capitelli decorati e da<br />
un interno unico, con affreschi con scene<br />
della passione di Cristo.<br />
Un altro esempio è la magnifica<br />
cattedrale di Santa Maria di Monserrato a<br />
Tratalias, nel sud-ovest dell’isola, un borgo<br />
disabitato da alcuni decenni a causa della<br />
vicinanza dell’invaso di Monte Pranu che ne<br />
avrebbe provocato il dissesto idrogeologico;<br />
un autentico gioiello di pietra risalente<br />
all’inizio del <strong>XIII</strong> secolo, di impronta pisana
con una facciata scandita da archetti pensili e<br />
da un bel portale con lunetta.<br />
dove proprio ad Orgosolo, in periodo di piena<br />
contestazione contro lo Stato, un professore<br />
di disegno - Francesco Del Casino - produsse<br />
con i suoi allievi una serie di pitture sui muri<br />
delle case che riprendevano lo stile della<br />
pittura messicana, antesignana nei murales<br />
nostrani, per mettere in luce i problemi del<br />
paese abbandonato dallo stato, con slogan<br />
scritti in sardo.<br />
La Santissima Trinità di Saccargia<br />
Vicino a SS. Trinità di Saccargia si<br />
trova anche la chiesa benedettina di San<br />
Pietro di Sorres, di impronta romanicopisana,<br />
risalente all’XI secolo, caratterizzata<br />
anch’essa da una facciata in pietra a due<br />
colori, con archi e lesene, che danno vita ad<br />
un pregevole gioco cromatico.<br />
Un altro esempio è ancora la<br />
chiesetta paleocristiana di San Giovanni in<br />
Sinis, la più antica della Sardegna (risale al<br />
470), vicino agli scavi di Tharros, con una<br />
facciata romanica scandita da cupolette e un<br />
interno in pietra viva in cui si nota il<br />
pregevole battesimale in marmo che mostra<br />
all’interno un pesce scolpito, simbolo di<br />
Cristo sin dai i primi cristiani perseguitati.<br />
I murales<br />
Facendo un notevole salto temporale<br />
eccoci a un’altra peculiarità della Sardegna,<br />
che ha reso famosa l’isola anche se non la<br />
riguarda esclusivamente: i murales. La moda<br />
dei murales sardi ha inizio nel 1968 e non a<br />
Orgosolo, paese oggi simbolo di quest’arte,<br />
ma nel paesino di San Sperate, nella provincia<br />
di Cagliari; successivamente si propaga a<br />
Villamar, sempre nel cagliaritano, per<br />
investire quindi attorno al 1975 la Barbagia,<br />
Il nostro camper accanto a un<br />
murale di Villamar<br />
E’ indubbio che la forza espressiva di<br />
questi murales, che a Orgosolo si incontrano<br />
ad ogni angolo, incorniciando finestre,<br />
accompagnando spigoli, decorando intere<br />
facciate e perfino saracinesche di magazzini,<br />
è notevolissima, sia per la ricchezza dei<br />
contenuti che per la varietà degli stili; a tal<br />
punto che anche un centro abitato<br />
sostanzialmente anonimo e privo di<br />
peculiarità architettoniche e monumentali può<br />
trasformarsi, proprio come è stato il caso di<br />
Orgosolo, in un’enorme galleria d’arte a cielo<br />
aperto attirando un turismo che altrimenti<br />
non avrebbe alcuna ragione d’essere. E<br />
proprio per questa ragione sono sempre più<br />
numerosi i paesi sardi che anche negli ultimi<br />
anni stanno “investendo” nell’invitare artisti<br />
locali e non ad abbellire le proprie strade con<br />
murales, sull’esempio dei centri già “famosi”.<br />
L’artigianato artistico<br />
La tentazione di fare acquisti è molto<br />
forte in tutta quanta la Sardegna, soprattutto<br />
trovandosi davanti ad oggetti artigianali di<br />
grande livello, come la filigrana in oro e<br />
argento dei gioielli di Oristano e Alghero, le<br />
belle ceramiche, la lavorazione di oggetti vari<br />
in sughero, gli arazzi multicolori tessuti
ancora a mano in numerosi paesi, ecc.<br />
In parecchie città (le più grandi) e<br />
paesi (quelli con le maggiori tradizioni<br />
artigianali), troverete dei centri commerciali<br />
consortili denominati “ISOLA”, che<br />
propongono un panel assai completo di<br />
prodotti tipici (escluso quelli alimentari), a<br />
prezzi assolutamente abbordabili, come<br />
abbordabili sono comunque presso le varie<br />
“botteghe”. Il personale sarà altresì in grado<br />
di fornire notizie sulle varie tecniche, i vari<br />
artisti, le aree di produzione, ecc. E in ogni<br />
caso sarà una gioia per gli occhi poter avere a<br />
disposizione in un completo microcosmo<br />
tutto ciò che la Sardegna produce in questo<br />
settore.<br />
Prodotti e piatti tipici<br />
Guai a voler visitare poi una nazione<br />
(o una regione, come in questo caso) senza<br />
voler conoscere, oltre ai luoghi, anche i<br />
prodotti e la cucina! In Sardegna non si può<br />
fare a meno di gustare, spesso acquistandolo<br />
direttamente dai pastori, il pecorino sardo,<br />
stagionato e non, di una dolcezza e di una<br />
prelibatezza che non ha uguali. Altrettanto<br />
imperdibile è, per chi visita Alghero, una<br />
tappa alle cantine Sella e Mosca, un autentico<br />
tempio dell’enocultura italiana, oltre che<br />
sarda, con vini bianchi e rossi di grande<br />
eccellenza. Altrettanto consigliato è l’acquisto<br />
di liquore a base di mirto, ottenuto dalle<br />
bacche rosse di questo arbusto – presente<br />
ovunque nell’isola - lasciate a macerare<br />
nell’alcol.<br />
Fra i piatti regionali, segnaliamo<br />
molte varianti di primi piatti e di secondi a<br />
base di pesce e di carne davvero eccellenti,<br />
tutti da provare, come gli gnocchetti sardi, i<br />
ravioli con ricotta di pecora, il maiale<br />
cucinato in mille modi diversi, la carne di<br />
agnello o di pecora marinata e così via;<br />
peccato che i prezzi dei ristoranti non siano<br />
molto abbordabili, dato che un pranzo medio<br />
va dai trenta ai quaranta euro.<br />
Il nostro itinerario e le soste<br />
L’itinerario che segue, sviluppato in<br />
dieci giorni (ma consigliato per un numero di<br />
giorni superiore a quanti abbiano maggiore<br />
disponibilità di tempo), ha coperto circa<br />
1.200 chilometri del territorio dell’isola, tra la<br />
parte meridionale, le coste occidentali, una<br />
buona parte di Sardegna interna e una<br />
puntatina nella costa tirrenica; soltanto la<br />
parte nord-orientale, fra Porto Torres e la<br />
Costa Smeralda, è stata evitata per mancanza<br />
di tempo (e, per quanto riguarda la Costa<br />
Smeralda, per scelta).<br />
Per quanto riguarda i pernottamenti,<br />
va detto che diverse leggende metropolitane<br />
vorrebbero la Sardegna come una sorta di<br />
purgatorio per i camperisti, con divieti di<br />
sosta dovunque e multe molto facili;<br />
onestamente in bassa stagione non è così,<br />
soprattutto se si evita la zona nord orientale,<br />
attorno alla Costa Smeralda, dove i camperisti<br />
sono generalmente considerati e trattati<br />
come paria. Noi abbiamo trovato molti<br />
campeggi lungo le coste, di cui non abbiamo<br />
fatto uso anche perché peraltro quasi tutti<br />
chiusi (aprono solo fra giugno e settembre),<br />
diverse aree attrezzare comunali e private, e<br />
in generale la possibilità di parcheggiare quasi<br />
ovunque, con ben poche eccezioni, per altro<br />
segnalate.<br />
Ma ecco il nostro itinerario, il cui<br />
ritmo (lo capireste da soli) è stato assai<br />
“sostenuto”:<br />
1° giorno<br />
All’arrivo al porto di Cagliari (sbarco in<br />
genere alle ore 8,30 sia per chi proviene da<br />
Palermo che per chi proviene da Trapani),<br />
S.S.195 per la visita del tratto di costa sudoccidentale<br />
della Sardegna; in particolare<br />
visita della chiesa romanica di Sant’Efisio e<br />
della vicina area archeologica punico-romana<br />
di Nora (37 km.), vicino alla quale si trova<br />
anche il Centro Laguna di Nora, area
naturalistica con un acquario e un delfinario.<br />
Eventuale sosta anche nella vicina Pula per la<br />
visita del centro storico e del museo<br />
archeologico. Nel pomeriggio proseguimento<br />
sulla S.S.195 per 35 km. fino a Teulada e<br />
quindi S.P. per Santadi per 21 km. fino alle<br />
grotte di Is Zuddas e visita delle stesse.<br />
Proseguimento sulla S.P. per la vicina Santadi<br />
e, all’arrivo, visita del paese (Casa Museo Sa<br />
Domus Antiga, Museo Archeologico). Quindi<br />
trasferimento per la vicina Necropoli di<br />
Montessu (visita delle tombe denominate<br />
“domus de Janas”, con la tomba delle spirali e<br />
quella del toro). Pernottamento nel<br />
parcheggio della necropoli. Percorsi nella<br />
giornata in totale km 102.<br />
2° giorno<br />
In mattinata S.P. per Tratalias (16 km.),<br />
famosa per la Cattedrale di S. Maria di<br />
Montserrat, e poi con la S.S.126 per<br />
Sant’Antioco (a 13 km.) con visita della<br />
cittadina (istmo, area archeologica, Santuario<br />
di Sant’Antioco, Forte Sabaudo con il Museo<br />
del Sinis). S.S. 126 per Carbonia e Iglesias<br />
(30 km.) con visita della cittadina (chiesa di<br />
Santa Chiara, chiesa di Santa Maria delle<br />
Grazie, Museo delle Miniere, Castello, chiesa<br />
di San Francesco). Nel pomeriggio S.S.130<br />
per Uta (40 km.) per la visita della splendida<br />
chiesa di Santa Maria di Uta; quindi<br />
deviazione sulla S.S.197 per Su Nuraxi vicino<br />
Barumini (35 km). Pernottamento nel<br />
parcheggio del ristorante “Al cavallino nella<br />
giara”, di fronte al nuraghe, con cena tipica.<br />
Percorsi nella giornata in totale km. 171.<br />
3° giorno<br />
Dopo la visita al nuraghe e al paesino di<br />
Barumini, proseguimento sulla S.S. 197 fino<br />
a Gesturi, con visita della Giara, un altopiano<br />
di macchia mediterranea con stagni, dove<br />
pascolano allo stato brado i cavallini sardi, e<br />
quindi ritorno sulla S.S. 197 fino a Villamar<br />
(visita del paese con i murales, la chiesa di S.<br />
Giovanni Battista, con un retablo del ‘500, e<br />
la chiesetta romanica di San Pietro. Quindi si<br />
prosegue fino alla cittadina di Sanluri (visita<br />
del castello medievale, solo su appuntamento,<br />
e del museo etnografico presso il Convento<br />
dei Cappuccini). S.S.131-E.25 per Oristano<br />
(75 km.). Pernottamento all’area camper<br />
comunale di Viale della Repubblica, situata di<br />
fronte alla piscina comunale, (Sa’ Rodia).<br />
Percorsi nella giornata in totale km. 93.<br />
4° giorno<br />
Visita della città (Cattedrale dell’Assunta,<br />
chiesa di San Francesco, Torre di Mariano II,<br />
Antiquarium, chiesa di Santa Chiara e di<br />
Nostra Signora del Carmine). Visita della zona<br />
naturalistica attorno allo stagno di Cabras<br />
(20 km. da Oristano), della chiesa di San<br />
Giovanni di Sinis, dell’area archeologica di<br />
Tharros e dello stagno di Mistras. Nel<br />
pomeriggio S.S.131 per Macomer (strada<br />
della Valle dei Nuraghi) e, lungo la strada,<br />
sosta al Nuraghe di Santa Cristina e al<br />
Nuraghe Losa (tot. 55 km.). Visita del<br />
paesino di Ghilarza (San Palmerio, Torre<br />
aragonese, Casa Gramsci) e pernottamento<br />
nel parcheggio del Piazzale di San Palmerio, a<br />
200 metri dal camper service cittadino.<br />
Percorsi nella giornata in totale km. 80.<br />
5° giorno<br />
S.S.129 bis per Bosa, visita del paese,<br />
famoso per la gioielleria (castello di Serravalle<br />
con la chiesetta di Nostra Signora di Regnos<br />
Altos, convento del Carmine, Cattedrale<br />
dell’Immacolata, chiesa di S. Pietro). Nel<br />
pomeriggio strada litoranea per Alghero (45<br />
km.) e, all’arrivo, visita della città, famosa per<br />
la lavorazione del corallo (Torri della città<br />
murata, Cattedrale, Museo Diocesano, Casa<br />
Doria, chiesa di San Michele, chiesa di San<br />
Francesco). Pernottamento nell’area<br />
attrezzata “I Platani”, vicino Fertilia, tel.<br />
079.930335 o 333.4<strong>77</strong>3911. Percorsi nella<br />
giornata in totale km. 120.<br />
6° giorno<br />
Da Alghero escursione fino alle Grotte di<br />
Nettuno (A/R 30 km.). Quindi, prima di<br />
lasciare definitivamente l’area di Alghero,<br />
possibile visita, lungo la strada per Porto<br />
Torres, delle famose cantine Sella e Mosca<br />
con annesso museo vinicolo (tel.<br />
079.99<strong>77</strong>00). Nel pomeriggio S.S. 131 dir.<br />
Cagliari e poi breve deviazione per Olbia, fino<br />
alla chiesa di Santa Trinità di Saccargia.<br />
Quindi S.S.131 per 40 km. fino alla<br />
deviazione per la chiesa di San Pietro in<br />
Torres (9 km.), del paese di Torralba (Museo
della Valle dei nuraghi) e del vicino Nuraghe<br />
Sant’Antine. Proseguimento fino a Macomer<br />
(30 km.) e S.S.129 per Nuoro (35 km). Da<br />
qui si imbocca la S.P. per Orgosolo (10 km.)<br />
con visita del famoso centro del Supramonte<br />
(murales del centro medievale, oratorio di<br />
Santa Croce, chiesa dell’Assunta).<br />
Pernottamento nella piazzetta di fronte la<br />
polizia. Percorsi nella giornata in totale km.<br />
234.<br />
7° giorno<br />
Si prosegue verso est fino ad incontrare la<br />
costa tirrenica a Cala Gonone, da cui si<br />
prende la barca per la visita della Grotta del<br />
Bue marino e della spiaggia di Cala Luna;<br />
quindi si torna indietro verso l’entroterra fino<br />
a Dorgali, paese famoso per l’artigianato<br />
(gioielli in filigrana, ceramica, arazzi, pelle);<br />
quindi si torna in direzione di Nuoro, fino a<br />
imboccare la S.S.131 dir. per 43 km. che<br />
confluisce sulla 131 per Cagliari (127 km.).<br />
All’arrivo sistemazione nell’area attrezzata di<br />
Via Caboni, 13, dietro la Basilica di Nostra<br />
Signora di Bonaria (tel. 070.303147 o<br />
328.3348847). Percorsi nella giornata in<br />
totale km. 274.<br />
8° giorno<br />
Intera giornata dedicata alla visita di Cagliari<br />
(museo archeologico e d’arte, Cattedrale,<br />
bastione di San Remi, Torre dell’Elefante,<br />
chiesa di Sant’Efisio). Secondo<br />
pernottamento nell’area attrezzata della città.<br />
9° giorno<br />
Mattina dedicata a un’escursione sulla costa<br />
sud-est fino a Villasimius e Capo Carbonara<br />
(70 km.). Nel pomeriggio rientro in città (70<br />
km.) per l’imbarco sul traghetto Tirrenia per<br />
Trapani, che parte alle ore 19. Pernottamento<br />
a bordo in attesa dello sbarco dell’indomani<br />
mattina a Trapani.<br />
Mimma Ferrante e Maurizio Karra<br />
Il nostro camper a Cala Regina, vicino Villasimius
Quel ramo del lago Gurrida...<br />
Una gita particolare lungo le sponde dell’unico bacino europeo nato da<br />
uno sbancamento lavico, tra i vigneti d’Alicante, per ammirare l’Etna o fare<br />
bird-watching.<br />
C<br />
irca 500.000 anni fa i fiumi a<br />
sud dei Nebrodi sfociavano in una ampia baia<br />
marina, larga una quarantina di chilometri,<br />
definita da alcuni autori "Golfo Preetneo".<br />
Con la nascita dell'Etna questi fiumi sono stati<br />
costretti a modificare i loro percorsi. I torrenti<br />
della Saracena, Cutò e Martello hanno dato<br />
vita, all'altezza di Maniace, al fiume Simeto<br />
che, aggirando il vulcano, ha seguito l'antico<br />
margine dei goifo. L'Alcantara, deviando ad<br />
est, nel corso dei millenni ha inciso le lave<br />
preistoriche creando le famose Gole.<br />
Un solo fiume non è riuscito a trovare<br />
la strada del mare: il Flascio. E' stato alternativamente,<br />
per i continui mutamenti dell'Etna,<br />
emissario sia del Simeto sia dell'Alcantara.<br />
Il fronte lavico dell'eruzione del 1536 lo<br />
imprigionò definitivamente costringendolo a<br />
formare un bacino, il lago Gurrida.<br />
Questo lago presenta delle peculiarità.<br />
È l'unico lago europeo originatosi da uno<br />
sbarramento lavico e l'unica zona umida dei<br />
parco dell'Etna, rappresentando una importante<br />
stazione di sosta per gli uccelli migratori.<br />
Il livello del lago dipende dall'apporto idrico<br />
del fiume Flascio che è massImo in inverno,<br />
quando inonda con il suo prezioso limo<br />
questa grande conca.<br />
Questa peculiarità, descritta nel<br />
1815 dall'abate Giuseppe Recupero nella<br />
“Storia naturale e generale dell'Etna", venne<br />
utilizzata dai discendenti dell’Ammiraglio Nelson,<br />
proprietari della immensa Ducea, che<br />
intorno al 1850 vi fecero impiantare un vigneto<br />
di uve d'Alicante. Questi vitigni, di origine<br />
spagnola, trasportati secondo la leggenda<br />
dal bastimento "Victory", non hanno mai<br />
conosciuto il flagello della fillossera: il vigneto,<br />
infatti, viene periodicamente sommerso<br />
dal lago che così lo preserva da questa malattia,<br />
mentre con la bella stagione e il ritiro delle<br />
acque risorge a nuova vita dando un ottimo<br />
vino.<br />
Da alcuni anni uno spazio attorno al<br />
lago è diventato un sentiero natura "speciale",<br />
attrezzato con le necessarie strutture che<br />
permettono la fruibilità a tutti, anche a coloro<br />
che hanno impedimenti fisici, come recita il<br />
pieghevole che viene consegnato all'ingresso:<br />
"Gurrida un sentiero per tutti".<br />
Il lago Gurrida. Sotto il ponte in legno<br />
da cui si accede.<br />
Per arrivarci, da Randazzo si deve<br />
percorre la S.S. 120; al Km.181, subito dopo<br />
la frazione di Murazzo Rotto, quando si incontra<br />
la segnaletica del sentiero, si deve deviare<br />
per la strada in terra battuta che attraversa<br />
il cantiere per la lavorazione del pietrisco<br />
lavico. Appena qualche decina di metri<br />
avanti, è possibile parcheggiare il camper da-
vanti al cancello dell' Azienda Agricola "La<br />
Gurrida". Il sentiero inizia, superata la masseria,<br />
dal lungo pontile in legno che attraversa il<br />
vigneto.<br />
Alla fine del pontile la vista si apre<br />
sullo splendido panorama del versante nord<br />
dell'Etna e sulle lave del 1536. La vera attrazione<br />
è il lago che si raggiunge dopo aver<br />
percorso una piacevole passeggiata, dove è<br />
possibile osservare la fauna, senza disturbare,<br />
attraverso due capanni attrezzati per il birdwatching.<br />
Il lago è incorniciato da una lunga<br />
cortina di canne e alberi idrofili come i salici<br />
e pioppo nero; è opportuno quindi, procedere<br />
in silenzio attrezzati di binocolo e teleobiettivo<br />
per ammirare i numerosi uccelli.<br />
Un suggerimento: prendete per mano<br />
il vostro bambino o un anziano parente o<br />
semplicemente un amico che per motivi di<br />
età o salute ha difficoltà fisiche e conduceteli,<br />
per questa facile e rilassante passeggiata, in<br />
questo splendido angolo dell'Etna. Qui non<br />
avrà alcuna difficoltà a incontrare una natura<br />
incontaminata.<br />
Alfio Triolo<br />
Dall’antologia poetica di Giovanni Formisano<br />
Chi non conosce le melodiose note della canzone siciliana «E vui durmiti ancora» Ebbene, questa<br />
canzone che, come ha asserito lo storico Santi Correnti, cantata durante una battaglia della<br />
prima guerra mondiale da un soldato catanese in una notte di luna piena al suono di una chitarra,<br />
fermò momentaneamente le ostilità e guadagnò l'applauso anche della trincea nemica.<br />
E vui durmiti ancora<br />
Lu Suli è già spuntatu di lu mari<br />
E vuì, bidduzza mia, dormiti ancora,<br />
l'aceddi sunnu stanchi di cantari<br />
e affridatì v'aspettanu cca fora,<br />
supra 'ssu balcuneddu su' pusati<br />
e aspettanu quann'è ca v'affaccìati!<br />
Li ciuri senza vui non ponnu stari,<br />
su' tutti ccu lì testi a pinnulunì,<br />
ognunu d'iddi non voli sbucciari<br />
su prima non sì grapì 'ssu balcuni,<br />
dintra li buttuneddi su' ammucchiati<br />
e aspettanu quann'è ca v'affacciati!<br />
Lassati stari, non dormiti cchiui,<br />
ca 'mmenzu ad iddi, dintra 'ssa vanedda,<br />
cci sugnu puro iu, c'aspettu a vui,<br />
pri vidiri 'ssa facci accussì bedda,<br />
passu cca fora tutti li nuttati<br />
e aspettu puru quannu v' affacciati.<br />
NOTE:<br />
L'aceddi: gli uccelli. Cca fora: qua fuori. Balcuneddu: piccolo balcone. Ponnu: possono.<br />
Pinnuluni: penzoloni. Grapi: apre. Ammucciati: nascosti. 'Mmenzu ad iddi: in mezzo ad essi.<br />
Vanedda: vicolo. Cci sugnu puro iu: ci sono anch'io. Pri: per.
Il parco delle pietre luccicanti<br />
Appena qualche chilometro dopo Barcellona Pozzo di Gotto, una città immaginaria<br />
con piazze, viali, caseggiati, immersa nel contesto stupendo dei<br />
Peloritani: Jalari<br />
C'<br />
è un posto in Sicilia dove fisica<br />
e metafisica si intrecciano sino a confondersi.<br />
Lo sguardo spazia. il pensiero sembra svincolarsi<br />
sino a librarsi leggero come mai Un percorso<br />
culturale, ideale, di rinascimento filosofico<br />
poggiato su una collina peloritana, così<br />
ammaliante e avvolgente da farti emergere in<br />
esso passo dopo passo. E' un'ascesa su un<br />
colle - forse una metafora anch' essa - che via<br />
via che ci si allontana dagli affanni quotidiani<br />
prepara a una liberazione. Il Parco Jalari, appena<br />
qualche chilometro sopra Barcellona<br />
Pozzo di Gotto, in provincia di Messina, è un<br />
sogno che diventa realtà.<br />
circa trentamila alberi e ben 1.500 sculture in<br />
pietra.<br />
Una scultura del Parco Jalari<br />
Una delle “piazze” del Parco Jalari<br />
E’ il sogno delle famiglie Pietrini e<br />
Giorgianni che lo hanno realizzato con costanza<br />
e perseveranza in 28 anni di lavoro.<br />
Oggi, che da poco tempo ha completato le<br />
sue strutture, assomiglia ad una città immaginaria,<br />
con piazze, strade, viali, caseggiati. Il<br />
tutto in un contesto naturalistico come quello<br />
dei primi contrafforti dei Peloritani. Il Giardino<br />
delle muse, l'Oasi delle Memorie Infinite,<br />
la Piazza Aromi e Sapori, la Fontana Olimpo<br />
degli dei, la Piazza delle Erbe, l'Universo E-<br />
nergetico del Bello e il grande Libro di Pietra,<br />
la Rocca dell'ulivastro non sono postazioni<br />
immaginarie, sono "stazioni" di questo percorso<br />
che si estende (a quota 650 metri) su<br />
una superficie di 35 ettari, che comprende<br />
Già, perché la scultura e la pietra sono<br />
il magico "fil rouge" deI parco Jalari, che<br />
in arabo significa "pietra luccicante". E quelle<br />
pietre, quelle sculture, disseminate su una e-<br />
stensione così vasta e proiettate in questo<br />
percorso ideale, ti guardano creando misteriose<br />
suggestioni. La pietra lavorata è stata<br />
forse il primo impegno dell’uomo, E c'è davvero<br />
tanto lavoro in questo parco. Il lavoro di<br />
28 anni, come detto. Un lavoro incessante<br />
che a sua volta valorizza un altro lavoro. Ecco<br />
perché, lungo tutto il percorso ci sono anche<br />
42 botteghe di antichi mestieri. Piccoli e<br />
straordinari squarci (grazie a quindicimila oggetti<br />
donati da varie famiglie e salvati dall'oblio<br />
e da qualche discarica) del tempo che fu<br />
e che non tornerà. Un tempo in cui regnava<br />
la semplicità.<br />
C'è buona parte della storia di Sicilia,<br />
con quegli stili trasfusi nelle strutture più<br />
grandi, e buona parte della storia del mondo.<br />
C'è l’uomo, il suo percorso spirituale, il suo<br />
percorso fisico su questo pianeta, un percorso<br />
faticoso che, per fortuna, può condurre in<br />
alto. Cos'è Jalari Un borgo La città ideale
Forse una risposta completa ed esaustiva è<br />
impossibile. Forse è solo il trionfo della pietra.<br />
Forse è una macchina del tempo che ti<br />
riporta indietro, ma che nei contempo ti offre,<br />
se vuoi, una proposta per guardare avanti.<br />
Si riscopre un atavico legame con la terra, la<br />
pietra, l'acqua, il verde delle piante. E quelle<br />
sculture offrono ognuna spunti di riflessione:<br />
i vizi capitali, le muse e tante altre.<br />
La Piazza degli Artigiani<br />
Sculture uscite dalle mani del professore<br />
Mariano Pietrini, un paradosso vivente,<br />
un docente di matematica che ama lavorare la<br />
pietra. Mentre il fratello Salvatore si è dedicato<br />
principalmente alla realizzazione delle architetture<br />
in pietra ispirate alle culture che nel<br />
corso dei secoli hanno dominato la Sicilia. Il<br />
Viale della Confusione, il Viale della Riflessione<br />
e dei Ripensamenti, quello dei Sogni: il<br />
percorso incita alla resurrezione dello spirito<br />
e favorisce la riappropriazione del proprio essere.<br />
L'estensione, la splendida posizione<br />
(una "balconata" sul Tirreno), la sua architettura,<br />
i suoi colori e i suoi profumi rendono il<br />
parco Jalari una struttura straordinaria, quasi<br />
irreale, ma con fortissimi agganci nella storia<br />
della società umana. Appigli che riportano<br />
sulla terra quei processi mentali che invece<br />
liberano la mente. Fisica e metafisica. Naturale<br />
e sovrannaturale. Una sintesi perfetta Forse<br />
no, ma è un tentativo obiettivamente straordinario.<br />
Un tentativo che poteva essere fatto<br />
solo in Sicilia, la terra che le tante dominazioni<br />
hanno impoverito, dal punto di vista materiale,<br />
ma arricchito spiritualmente.<br />
Alfio Triolo<br />
La fontana degli dei, uno dei luoghi più “metafisici” del percorso del parco
Vita da camper<br />
Consigli preziosi nel caso in cui, in uno dei nostri viaggi, dovesse<br />
capitare un caso di avvelenamento o un morso di insetto o di qualche<br />
altro animale<br />
S<br />
periamo ovviamente che non<br />
capiti mai. Ma può capitare che anche il<br />
banale morso di un’ape faccia andare sotto<br />
sopra una gita o costringa addirittura, per<br />
una crisi anafilattica (soprattutto nei<br />
bambini), a un immediato ricovero in<br />
ospedale. Sappiamo esattamente cosa fare<br />
in questi casi senza farci cogliere dal panico<br />
e senza peggiorare le cose Ecco, qui di<br />
seguito, i consigli di Gabriele Gigli,<br />
pubblicati sul giornalino “L’angolo” degli<br />
amici dell’associazione Viaggiare in Libertà<br />
di Ancona.<br />
Sostanze tossiche<br />
iniettate<br />
Derivano da diverse fonti: insetti,<br />
ragni, serpenti e certe forme di vita marina<br />
possono inoculare veleni nell'organismo. La<br />
sostanza tossica può anche essere un<br />
farmaco o una sostanza chimica iniettata per<br />
mezzo di un ago ipodermico. Certe<br />
situazioni si verificano più frequentemente<br />
per sovradosaggio, soprattutto nei bambini<br />
ai quali possono essere iniettate dosi da<br />
adulti; in questi ultimi avvengono per errori<br />
di somministrazione di soluzioni<br />
medicamentose, che risultano così<br />
pericolose per il soggetto (ad es. insulina in<br />
un paziente non diabetico o penicillina in un<br />
soggetto allergico), oppure per scambio di<br />
soluzioni destinate ad altra via (ad es.<br />
iniezione intramuscolo e/o endovenosa di<br />
fiale contenenti sostanze per aeroso!).<br />
Cosa fare Rallentare, in caso di<br />
puntura intramuscolare o puntura di insetto<br />
o pesce ragno o morso di vipera,<br />
l'assorbimento mediante applicazione locale<br />
di ghiaccio. Togliere eventuali gioielli dagli<br />
arti colpiti. Ciò è importante, in quanto se<br />
successivamente l'arto dovesse gonfiarsi, la<br />
rimozione risulterebbe difficile. Mantenere<br />
l'arto immobilizzato per rallentare la<br />
diffusione della sostanza tossica.<br />
Cosa non fare Non usare farmaci<br />
non prescritti dal medico solo perché hanno<br />
giovato ad un nostro simile; non<br />
massaggiare la parte, credendo di alleviare<br />
l'eventuale dolore locale, perché faciliteremo<br />
l'assorbimento del veleno; non estrarre il<br />
pungiglione o il sacco di veleno di un'ape o<br />
di una vespa in quanto potreste iniettare<br />
un'altra dose di veleno.<br />
Punture di animali<br />
Tra gli avvelenamenti vanno<br />
catalogati anche le punture di insetti, i morsi<br />
di animali come i serpenti, ecc. Nel caso di<br />
punture di insetti, le conseguenze della<br />
inoculazione con la puntura di sostanze<br />
estranee si limitano normalmente ad un po'<br />
di dolore locale, arrossamento, gonfiore e<br />
prurito; a volte, soprattutto nel caso di più<br />
punture, si può avvertire un malessere generale.<br />
Non allarmarsi per una puntura, ma<br />
nemmeno sottovalutarla; in ogni caso fare<br />
impacchi di ghiaccio nella zona colpita; se<br />
questa fa parte di un braccio o di una<br />
gamba, è bene fare una legatura a monte<br />
della puntura e, se possibile, applicare una<br />
crema antistaminica o cortisonica; se non si<br />
è vaccinati, fare l'antitetanica. Inoltre,<br />
segnalare sempre al proprio medico<br />
l'accaduto e descrivergli le reazioni.<br />
Ma il paziente potrebbe reagire al<br />
veleno (per esempio inoculatogli da un’ape)<br />
sviluppando uno shock anafilattico che<br />
definiamo come conseguenza di una grave<br />
reazione allergica e considerata una<br />
condizione gravissima e potenzialmente<br />
letale. L’intervento di un medico, il ricorso a<br />
una farmacia o la ricerca immediata di un<br />
pronto soccorso sono necessari.
Nel caso di morso di un serpente, a<br />
meno che non vi troviate di fronte ad una<br />
specie nota di serpente non velenoso,<br />
considerate tutti i serpenti come se fossero<br />
velenosi. Un morso evidente sulla cute è<br />
l'unico segno rilevabile e potrebbe essere<br />
semplicemente una variazione di colore<br />
della cute nel punto colpito. Il dolore e il<br />
gonfiore nell'area del morso potrebbero<br />
svilupparsi lentamente impiegando da trenta<br />
minuti a diverse ore. Il malcapitato potrebbe<br />
avere le seguenti reazioni: polso rapido e<br />
respirazione faticosa; stato di debolezza<br />
generale che tende ad accentuarsi; problemi<br />
visivi (vista debole e sfuocata); nausea o<br />
vomito e convulsioni; sonnolenza e perdita<br />
di coscienza.<br />
Forme di vita marina<br />
Le forme di vita marina velenose in<br />
grado di produrre delle lesioni da puntura<br />
comprendono la medusa, il mollusco<br />
urticante, la fisalia, il corallo, l'anemone<br />
marino, l'idra femmina, lo scorfano e la<br />
razza. Nella maggior parte dei casi, la<br />
puntura dà luogo all'insorgenza di dolore<br />
localizzato e poche complicanze, tuttavia<br />
alcuni pazienti possono mostrare reazioni<br />
allergiche e sviluppare uno shock<br />
anafilattico. Si verificano ferite perforanti<br />
qualora un soggetto calpesti un riccio di<br />
mare, un gatto spinoso o afferri altre specie<br />
marine dotate di aculei.<br />
Attenzione al morso dei serpenti:<br />
anche un bellissimo bosco potrebbe<br />
nasconderne uno in agguato<br />
Dobbiamo subito contattare il<br />
medico più vicino, recarci da un farmacista<br />
o telefonare al servizio 118, ed in attesa<br />
dell’intervento dobbiamo mantenere calmo<br />
il paziente, conservarne il calore corporeo,<br />
localizzare i segni dei denti dell’animale e<br />
pulire la zona con acqua e sapone e togliere<br />
ogni elemento di costrizione nell'estremità<br />
morsa; inoltre, tenere immobilizzata<br />
l'estremità colpita: l'applicazione di una<br />
stecca può essere di aiuto.<br />
Chi ama il mare va spesso incontro<br />
a “incontri ravvicinati” con meduse<br />
o a punture di spine di ricci<br />
Benché corrisponda al vero che<br />
immergendo la ferita in acqua calda per<br />
trenta minuti l'azione del veleno si riduce,<br />
bisogna provvedere all'immediato trasporto<br />
in ospedale in quanto il paziente può aver<br />
bisogno di un'iniezione antitetanica e le<br />
ferite trattate da un medico. E ricordate:<br />
anche in questi casi, il paziente potrebbe<br />
reagire al veleno sviluppando uno shock<br />
anafilattico che potrebbe diventare<br />
potenzialmente letale.<br />
Gabriele Gigli<br />
(da “L’Angolo” – maggio-giugno <strong>2005</strong>)
Internet che passione!<br />
Intrattenersi con i “blog”<br />
C’<br />
era, e c’è ancora, chi al mattino<br />
comprava il quotidiano e chi più recentemente<br />
ha preso l’abitudine di consultare i giornali<br />
on line. In effetti c’è l’imbarazzo della scelta:<br />
tutti i maggiori quotidiani sono a disposizione<br />
direttamente in casa propria a tutte le ore del<br />
giorno e della notte, con le più “fresche” notizie<br />
che magari saranno quelle stampate sulla<br />
carta per le edicole il giorno dopo!<br />
Un’altra abitudine che va sempre più<br />
diffondendosi, parallelamente alla lettura dei<br />
giornali on line, è la lettura dei blog. Per chi<br />
non lo sapesse, il blog è uno dei tanti fenomeni<br />
nati su internet negli ultimi anni, iniziato<br />
ovviamente negli USA e in breve esportato<br />
con successo in tutto il mondo. Il termine<br />
blog nasce dall’unione di due parole (web +<br />
log) e potrebbe essere tradotto in “diario della<br />
rete” o giù di lì. Nella sostanza il blog è un<br />
sito di qualcuno che giornalmente pubblica i<br />
propri pensieri e le proprie opinioni, nonché<br />
le proprie stupidaggini, se ritiene sia il caso.<br />
Chiaramente l’importanza e l’estrosità del<br />
soggetto creativo determinano il successo del<br />
blog e talvolta potrebbe essere più interessante<br />
leggere tra i pensieri di uno sconosciuto,<br />
invece che tra le pagine del sito di un importante<br />
quotidiano o organo di informazione.<br />
In fondo a chi non piace farsi un po’ i fatti<br />
degli altri<br />
Un blog è alla portata di tutti perché<br />
quasi tutti i grandi portali ne consentono la<br />
creazione e l’aggiornamento; e inoltre chi ha<br />
un minimo di dimestichezza con internet può<br />
crearsene uno (anche la sezione guestbook<br />
del nostro sito ha una struttura analoga, che<br />
permette di inserire un messaggio da qualsiasi<br />
parte del mondo, permettendo anche un<br />
colloquio).<br />
Un blog simbolo, di cui tutti avranno<br />
purtroppo certamente sentito parlare, è il<br />
Bloghdad del creativo e giornalista Enzo Baldoni,<br />
ucciso in Irak lo scorso anno. Il sito è<br />
ancora disponibile su internet e si dimostra<br />
come un diario personale, interrotto il 26 a-<br />
gosto del 2004, su cui il giornalista inviava<br />
quotidianamente le proprie emozioni secondo<br />
il proprio umore, secondo le proprie sensazioni,<br />
ma anche secondo i canoni del suo<br />
mestiere.<br />
Enzo Baldoni in una foto dall’Iraq<br />
Un altro blog recente e di grande<br />
successo anche per la materia di cui tratta, è<br />
quello di Beppe Grillo il quale, ex acerrimo<br />
nemico della tecnologia informatica, ha pensato<br />
di utilizzare lo strumento internet come<br />
punto di aggregazione e di controinformazione.<br />
“Il blog è una cosa straordinaria che mette<br />
in relazione le persone”, dice lo stesso<br />
Beppe Grillo; e guardando le pagine del suo<br />
diario ci si rende conto come in effetti una<br />
sua idea, un suo commento su un argomento<br />
d’attualità, venga commentato e fatto proprio<br />
o aspramente criticato da centinaia di lettori<br />
che hanno la massima libertà di replica.<br />
Un’esibizione di Beppe Grillo
Non so dire se questa sia reale controinformazione,<br />
ma spero solo chi sia il più<br />
libera possibile. Certo è che il sito in questione<br />
è tra i miei preferiti già da tempo e che la<br />
lettura dei suoi post è per me argomento di<br />
lettura e riflessione su quelle che, sempre secondo<br />
me, sono alcune storture del nostro<br />
bel pianeta.<br />
Ovviamente non poteva mancare il<br />
motore dei blog: blogwise (il primo raggiungibile<br />
da Google, che mostra un risultato ben<br />
173 milioni di pagine trovate in seguito alla<br />
ricerca del termine) fornisce statistiche varie<br />
sui 46850 blogs di tutto il mondo, dei quali<br />
1062 italiani.<br />
Sull’idea di una realizzazione collettiva<br />
simile a quella dei blog, ma questa volta a reali<br />
dimensioni planetarie, è inoltre nata nel<br />
2001 Wikipedia, l’enciclopedia libera (così<br />
come si autodefinisce). Questo sito, di notevole<br />
dimensione e spessore (pensate che è<br />
redatto in 195 lingue differenti), è sostenuto<br />
da un’organizzazione non-profit e sopravvive,<br />
nel senso dei contenuti, grazie ad un altissimo<br />
numero di utenti sparsi in tutto il mondo,<br />
che aggiornano e integrano costantemente<br />
gli archivi con nuovi interventi.<br />
Wikipedia (il cui nome deriva da wiki,<br />
che in hawaiano significa “veloce” e che informaticamente<br />
indica una applicazione web<br />
che permette di inserire facilmente dei contenuti,<br />
e pedia, suffisso di enciclopedia) è<br />
progettata con tecnologia open-source ed è<br />
redatta in decine e decine di lingue e dialetti,<br />
compresi l’esperanto, il latino, il suomi e,<br />
pensate, perfino ...il siciliano.<br />
I riferimenti in rete<br />
http://bloghdad.splinder.com/<br />
http://www.beppegrillo.it/<br />
http://www.blogwise.com/<br />
http://www.wikipedia.org/<br />
http://scn.wikipedia.org/wiki/Pagina_principali/<br />
Il logo internazionale di Wikipedia<br />
e, in basso, quello siciliano<br />
Chiunque abbia qualcosa da pubblicare<br />
può dare il proprio contributo senza alcun<br />
vincolo o preventivo controllo nella presunzione<br />
della sua buona fede e del fatto che o-<br />
gni nuova voce inserita può essere integrata,<br />
modificata, corretta o anche criticata da<br />
chiunque in qualunque successivo momento,<br />
sempre tenendo ben presente i concetti indicati<br />
nel decalogo del sito: “amiamo accumulare,<br />
ordinare, strutturare e rendere liberamente<br />
disponibili le conoscenze che abbiamo sotto<br />
forma di un'enciclopedia senza precedenti”.<br />
Assolutamente da non perdere la wikipedia<br />
siciliana, comprendente al momento<br />
1138 articuli prevalentemente redatti da conterranei<br />
residenti all’estero e suddivisi in varie<br />
sezioni, tra le quali sono comprese la Bioluggia,<br />
l’Allitronica, la Ncigniria e la Pillìcula.<br />
Giangiacomo Sideli
Cucina da ...camper<br />
Tre ricette semplici e veloci utili anche a chi viaggia<br />
(Tutte le dosi si intendono per 4 persone)<br />
Mozzarella in carrozza<br />
Ingredienti<br />
16 fette di pancarré un po’ raffermo (o pane del tipo paesano), 8 fette di mozzarella, 2 uova,<br />
farina, latte, pangrattato, olio, sale.<br />
Preparazione<br />
Disporre su metà delle fette di pancarré le fettine di mozzarella (a questa si possono aggiungere<br />
anche fette di prosciutto cotto sgrassato). Coprite con il resto del pane. Infarinate ed immergete<br />
le fette di pancarré nelle uova sbattute con un dito di latte ed un pizzico di sale. Passatele nel<br />
pangrattato e friggetele in abbondante olio bollente. Mettete a scolare su carta assorbente da<br />
cucina. Servite ben caldo.<br />
Spaghetti alla carrettiera<br />
Ingredienti<br />
500 gr. di spaghetti, 600 gr. di pomodoro da spellare, 2 spicchi d’aglio, 1 rametto di basilico,<br />
olio, sale, pepe q.b.<br />
Preparazione<br />
Immergete i pomodori in acqua calda per qualche minuto, poi scolateli e spellateli, apriteli a<br />
metà, eliminate i semi e tagliate la polpa a filetti. Sbucciate gli spicchi d’aglio, tagliandoli<br />
grossolanamente in una terrina capiente dove avrete già posto il pomodoro. Spezzettate con le<br />
mani le foglie di basilico, unendole al condimento. Salate e pepate e fate riposare per circa<br />
mezz’ora. Appena gli spaghetti saranno cotti, scolarli. Rovesciateli nella terrina, condite con olio,<br />
profumando con pepe macinato fresco. Rimescolate il tutto.<br />
Vitello alla pizzaiola<br />
Ingredienti<br />
4 fette di vitello, 4 fette di formaggio fondente, 1 scatola di polpa di pomodoro, 2 spicchi<br />
d’aglio, 1 ciuffo di prezzemolo tritato, ½ cucchiaio di origano, olio d’oliva, sale, pepe q.b.<br />
Preparazione<br />
Fare rosolare l’aglio tritato in padella con l’olio, aggiungendovi in seguito la polpa. Salare e<br />
pepare. Far cuocere per un paio di minuti il condimento, quindi adagiarvi le fettine, facendole<br />
cuocere da ambedue i lati. Aggiungere il prezzemolo tritato e l’origano. Fare insaporire il tutto e<br />
in ultimo sistemare sopra le fettine di formaggio, facendolo fondere per qualche minuto.<br />
Enza Messina
Riflessioni<br />
Ma chi me lo fa fare…<br />
L’<br />
ignoranza Brutta bestia! Un<br />
lusso oggi più che mai insostenibile. In qualsiasi<br />
settore in qualsiasi ambiente, fare orecchie<br />
da mercante alle nuove tecnologie e, ancor<br />
più, cullarsi sull’amaca del ricordo dei bei<br />
tempi andati esaltando penna carta e calamaio,<br />
è oggi un costo che nessuno può permettersi.<br />
L’inadeguatezza informatica dei lavoratori,<br />
sia nel pubblico sia nel privato, fa<br />
ogni anno perdere all’Azienda Italia molti miliardi<br />
di euro.<br />
Ma questa inadeguatezza che dai giovani<br />
è spesso subita, per disattenzione o per<br />
sottovalutazione dell’importanza dell’aggiornamento<br />
professionale da parte dei datori<br />
di lavoro, nelle persone che hanno superato<br />
gli “anta” - che costituzionalmente manifestano<br />
una repulsione verso il nuovo, il rinnovamento,<br />
il diverso - fa sì che gli stessi pensino:<br />
ma chi me lo fa fare<br />
L’inadeguatezza informatica è a vari<br />
livelli e coinvolge con preoccupazione in ordine<br />
decrescente la scala gerarchica organizzativa<br />
delle amministrazioni sia delle piccole<br />
sia delle grandi aziende. E ciò è molto preoccupante<br />
perché in piena società<br />
dell’informazione nessuno può permettersi di<br />
disconoscere o di fare spallucce alle nuove<br />
tecnologie.<br />
La figura dell’impiegato medio che vaga<br />
tra i tavoli alla ricerca di qualcuno che riesca<br />
a fargli partire il pc o che gli risolva il<br />
problema della stampa o ancora che gli formatti<br />
un floppy, è l’immagine stigmatizzata<br />
degli uffici italiani. Al punto che la figura del<br />
collega esperto, quello che ti risolve il problema<br />
con un po’ di esperienza casereccia e<br />
con tanta buona volontà, è divenuta una figura<br />
irrinunciabile, anzi spesso ricercata e strategicamente<br />
collocata nell’ambiente lavorativo.<br />
Come dire: “in un mondo di ciechi ben<br />
venga chi ha un solo occhio”.<br />
La pubblica istruzione, poi, non ha mai<br />
considerato il computer materia di studio ad<br />
alcun livello: né nella scuola dell’obbligo né in<br />
quella superiore, sottovalutando l’importanza<br />
che ormai riveste questo tipo di cultura nella<br />
società contemporanea. Oggi tutto ciò è i-<br />
naccettabile. E fin qui molto disappunto ma<br />
poca meraviglia. Ma che neanche le aziende<br />
che vivono di informatica, investano seriamente<br />
nella formazione dei propri dipendenti<br />
è semplicemente assurdo. E’ come dire: chi fa<br />
da sé fa per tre.<br />
Testo di Luigi Fiscella<br />
Immagine di Agostino Alaimo
News, notizie in breve<br />
Il motorhome Una barca da un milione di dollari<br />
Il trito paragone ("sembra una nave") che si fa sempre per i grandi motorhome ha finalmente<br />
un senso: lo spettacolare Terra Wind prodotto dalla Cami di Bluffton, in South Carolina, "è"<br />
una nave. Nel senso che oltre a viaggiare su strada come tutti i suoi gemelli, riesce a navigare in<br />
acque calme come se nulla fosse.<br />
Un prodigio della tecnica che si paga:<br />
su strada, o in acqua (a voi la scelta), il Terra<br />
Wind costa 850 mila dollari, ma una versione<br />
full optional arriva a 1,2 milioni. Uno sproposito,<br />
anche se le sue caratteristiche sono<br />
davvero uniche e se l'azienda americana non<br />
riesce a stare dietro alla domanda. Cominciano<br />
da un dato apparentemente banale, ma<br />
importante per le barche: la lunghezza.<br />
Il Terra Wind misura la bellezza di 14<br />
metri, il che se in acqua è solo un dettaglio e<br />
dà il senso della classe di appartenenza, su Due immagini del “mostro”<br />
asfalto significa dover manovrare un vero<br />
camion. Che pesa 14 tonnellate. Il motore è<br />
un Caterpillar turbodiesel di 7200 cc da 330<br />
Cv (a 2400 giri minuto) e la propulsione, ruote<br />
a parte, è assicurata da un paio di grosse<br />
eliche che spuntano dalla coda. Ovviamente i<br />
miracoli non esistono e con questa stazza il<br />
Terra Wind per galleggiare ha bisogno di due<br />
enormi gommoni laterali, che si gonfiano in<br />
pochi minuti prima dell'immersione.<br />
Questa deve avvenire ovviamente senza tuffi (pena trovarsi alla cloche di un sottomarino)<br />
ma attraverso rampe di accesso non troppo inclinate. In compenso si può navigare ovunque e nel<br />
più totale lusso. Le finiture prevedono marmi pregiati (anche per la doccia), legni rari e pelli di ogni<br />
tipo. Il letto è un Queen-size, mentre lo stereo è composto da sei differenti Hi-fi, con una Tv al plasma<br />
da 42 pollici e una più piccola per il pilota. Cucina a sei fuochi e vetrate panoramiche completano<br />
poi "l'abitacolo", ma la cosa più spettacolare è l'ingresso posteriore, che in navigazione si può<br />
aprire completamente, trasformando il motorhome in un vero yacht di lusso.<br />
Perché il turismo non decolla al sud<br />
La dimensione del turismo nel meridione è di molto inferiore alle potenzialità: a spingere<br />
per un rilancio del settore turistico nelle regioni del sud è il vice presidente di Confindustria, con<br />
delega al Mezzogiorno, il palermitano Ettore Artioli. Citando il rapporto di Confindustria “Turismo e<br />
Mezzogiorno”, Artioli ha sottolineato come all'origine della crisi del turismo italiano ci sono, oltre<br />
agli attuali problemi congiunturali, anche specifici problemi strutturali. Per il Sud, in particolare, Artioli<br />
identifica come ''specifiche criticità” le difficoltà di accedere ai servizi: ricezione, trasporti, informazioni;<br />
la scarsità quantitativa e qualitativa dell'offerta; il cattivo rapporto tra qualità e prezzi; la<br />
mancanza di un'offerta adeguata alle aspettative e al target dei potenziali visitatori; modelli di consumo<br />
simili a quelli del centro-nord, impraticabili e poco attrattivi nel sud e una scarsa propensione<br />
all'associazionismo, alla cooperazione di filiera e di distretto.
Secondo il rapporto - ha ricordato Artioli - la quota dei turisti stranieri nel sud è pari al 27%<br />
del totale, contro il 46% dell'intera Italia. La loro spesa, nel Mezzogiorno, è di 7,7 miliardi di euro,<br />
sui 27 a livello nazionale. Dunque è necessario favorire l'integrazione di filiera, con il recupero e la<br />
valorizzazione dei beni ambientali e culturali; superare l'attuale concezione di turismo, concepito<br />
come piccole attività individuali e non come sistema; puntare sulle nicchie di mercato, come il turismo<br />
eno-gastronomico, ambientale, ecc.; costruire sistemi turistici locali; fare della qualità un elemento<br />
di sistema e promuovere partenariati pubblico-privati. Per lavorare su queste priorità – secondo<br />
Artioli - occorre quindi che gli attori in gioco siano consapevoli delle sfide che li attendono.<br />
Occorre una classe dirigente preparata e pronta a rischiare, che sappia progettare strategie congiunte<br />
e creare un sistema davvero integrato tra turismo e servizi nel sud.<br />
Ancora sul turismo: il ruolo dei piccoli comuni<br />
L'UNESCO conferma che l'Italia è al primo posto della classifica mondiale per numero di siti<br />
turistico-culturali, “patrimonio dell'umanità”. Un turismo rispettoso dell'ambiente, che sappia valorizzare<br />
e far conoscere la tradizione e le qualità agro-territoriali dell'Italia, può rappresentare uno dei<br />
motori di una ripresa economica che tarda, che tutti dobbiamo contribuire a realizzare. I piccoli<br />
comuni si rivelano un serbatoio prezioso di prodotti tipici di qualità: nove su dieci vantano un prodotto<br />
certificato DOP. L'unicità di questi prodotti conferisce risalto al “made in Italy”. E proprio dall'incontro<br />
fra qualità della vita, tradizioni, cultura, storia ma anche nuove tecnologie e ricerca che<br />
nasce una risposta originale alle sfide della 'globalizzazione'.<br />
Non dobbiamo temere la globalizzazione, ma non si può rimanere con le mani in mano. Bisogna<br />
reagire, con idee con iniziative, con creatività. Ad esempio, valorizzando i piccoli comuni, i<br />
loro prodotti tipici, il loro patrimonio storico e artistico, promuovendo in essi ''un turismo rispettoso<br />
dell'ambiente. Questo l'appello di Carlo Azeglio Ciampi, nel giorno in cui – il 10 maggio u.sc - si<br />
è celebrata la II edizione di ''Voler bene all'Italia, Festa Nazionale della piccola grande Italia'', la manifestazione<br />
per la promozione dei piccoli Comuni italiani organizzata da ANCI e Legambiente. Sulla<br />
questione non possiamo che essere d’accordo.<br />
Nuove iniziative turistiche in Sicilia<br />
Nonostante tutti i problemi che fa registrare il settore del turismo in Italia, e soprattutto al<br />
sud, segnaliamo anche alcune nuove iniziative - che sono senz’altro interessanti - recentemente avviate<br />
in Sicilia, e che possono certamente essere valide anche per noi camperisti come idea per una<br />
gita. La prima riguarda, a Burgio, la recente inaugurazione della nuova Riserva Naturale della valle<br />
del Sosio. Si tratta di una delle oasi naturali più vaste, selvagge e incontaminate della fascia sudoccidentale<br />
della Sicilia, con un territorio di diverse centinaia di ettari fra le province di Agrigento e<br />
Palermo che interessa i comuni di Burgio, Bivona, Palazzo Adriano e Chiusa Sclafani. La nuova Riserva<br />
Naturale Orientata si chiama «Monti di Palazzo Adriano e Valle del Sosio».<br />
La seconda, a Trapani, riguarda la riapertura del Baglio delle Saline, un'antica dimora dei<br />
Marchesi di Platamone, a pochi metri dal mare e dalla Riserva Naturale delle saline di Trapani e Paceco,<br />
uno dei principali presidi ornitologici e naturalistici del Mediterraneo. Il W.W.F. per far conoscere<br />
questo ecosistema ha ideato sentieri pedonali, piste ciclabili e percorsi navigabili a bordo di<br />
barconi lungo i canali che delimitano le vasche saline (per maggiori informazioni:<br />
www.regione.sicilia.it/turismo/web_turismo/).<br />
La terza, infine, riguarda la provincia di Siracusa, città candidata all’iscrizione nel corso del<br />
<strong>2005</strong> fra il patrimonio dell'umanità dell'Unesco, e quella di Ragusa. Fra le due province per tutta<br />
l’estate, fino al 30 settembre, entrerà in funzione fra le piccole stazioni del Val di Noto un treno<br />
composto da locomotive e vagoni storici, in collaborazione con Trenitalia. Da Siracusa a Noto e<br />
Modica, da Siracusa a Ragusa Ibla e Scicli: saranno questi i due itinerari insoliti e suggestivi proposti<br />
dall'Assessorato Regionale al Turismo e dalle Aziende Provinciali per l'Incremento Turistico di<br />
Siracusa e Ragusa con la cura particolare dell'Associazione Treno Barocco del Val di Noto<br />
(http://www.trenobarocco.it/).
Dai finestrini del treno d'epoca sarà possibile ammirare la Valle dell'Anapo con i suoi papiri,<br />
passando per una pianura coltivata a uliveti, mandorleti, agrumeti e toccando prima Avola, con la<br />
sua originale pianta esagonale e i celebri edifici barocchi; e poi Noto, dove ci sarà una sosta. Il viaggio<br />
proseguirà all'interno, tagliando la parte alta del promontorio di Capo Passero e continuando verso<br />
Rosolini e Ispica, luogo circondato da suggestive grotte e cave. Una lunga galleria in salita, subito<br />
dopo la stazione di Modica, immetterà poi nella valle del fiume Irmino. Il treno si arrampicherà lentamente,<br />
affrontando una sequenza di tornanti e gallerie tra le pareti scoscese della vallata, per portarsi<br />
ai 502 metri di quota dell'antica Hybla. Oltrepassata la stazione di Ragusa Ibla, la ferrovia descriverà<br />
una grande curva, entrando in una galleria elicoidale sotto la città, dalla quale il treno uscirà<br />
poco prima dell'arrivo in stazione. Il viaggio abbraccerà così principalmente gli aspetti culturali, paesaggistici,<br />
ambientali del sud-est siciliano, già iscritti nel patrimonio dell'umanità, dove il viaggiatore<br />
potrà organizzare le proprie giornate con soste nei luoghi preferiti o effettuare proprio un giro senza<br />
mai scendere, osservando dal finestrino dell'antico treno anche i luoghi della fiction TV del<br />
Commissario Montalbano.<br />
Il costo del biglietto sarà di 20 euro per gli adulti e di 10 euro per i ragazzi da 5 a 18 anni e<br />
gli adulti con età superiore a 65 anni (gratis i bambini fino a 4 anni); inoltre per i gruppi con un minimo<br />
di 20 persone verrà praticato il prezzo di 15 euro ciascuno; e il biglietto sarà comprensivo di<br />
una degustazione di prodotti tipici nei comuni raggiunti dal treno. E infine, per garantire ai turisti e<br />
agli appassionati un'adeguata accoglienza, le amministrazioni comunali e le Apit delle città attraversate<br />
dal convoglio, forniranno un servizio navetta per il trasporto dalle stazioni ai centri storici.<br />
La Sicilia e i siti tutelati dall’Unesco<br />
Sono stati sospesi in Sicilia i permessi di ricerca, trivellazione e sfruttamento di idrocarburi<br />
nella aree riconosciute patrimonio dell'Unesco. Lo ha deciso la Giunta Regionale Siciliana che ha<br />
dato mandato all'Assessore Regionale all'Industria, Antonio D'Aquino, di predisporre un organico<br />
disegno di legge per disciplinare la materia delle concessioni per lo sfruttamento produttivo nelle<br />
aree di interesse ambientale e culturale.<br />
La decisione della Giunta arriva dopo le polemiche dei giorni scorsi. Alcuni comuni hanno<br />
protestato contro il rilascio di permessi petroliferi alla Panther Resources Corporation, società texana<br />
che aveva ottenuto un decreto di autorizzazione il 31 marzo del 2004 ad avviare ricerche di<br />
idrocarburi nel bacino della Valle del Tellaro e nella VaI di Noto. La protesta, sfociata nella costituzione<br />
di un Forum contro le trivellazioni, era stata appoggiata dall'Assessore al Turismo, Fabio Granata,<br />
che aveva depositato in Giunta la richiesta di sospensione dei permessi.<br />
Tutto ciò mentre l'Italia conferma la sua posizione di leader mondiale per quanto riguarda i<br />
siti tutelati dall’Unesco che, dagli attuali 39, dovrebbero passare a luglio <strong>2005</strong> a 40, con l'entrata<br />
nella Word Heritage List del sito siciliano di Pantalica. La notizia è stata data venerdì 20 maggio<br />
u.sc. a Racconigi alla terza Conferenza Nazionale dei Siti Unesco dal Sottosegretario ai Beni Culturali,<br />
Nicola Bono, che ha sottolineato: “Non si tratta solo di una fattore numerico, ma di una nuova<br />
strategia: siamo contenti di essere il Paese con più siti riconosciuti dall'Unesco, ma ora il nostro<br />
impegno è individuare una nuova politica che parta dalle eccellenze culturali e ambientali italiane<br />
per fame veri motori di sviluppo turistico ed economico all'interno del sistema Italia".<br />
All'incontro era presente anche l'ambasciatore italiano presso l'Unesco, Francesco Caruso,<br />
che ha sottolineato come “noi italiani siamo vittime del nostro stesso successo, perché siamo<br />
guardati da tutti come i 'maestri'; e se presentiamo delle nuove candidature per i siti o programmi<br />
specifici, ci viene richiesto il massimo. Così i nostri 'Piani di gestione' dei quali si sono dotati i siti<br />
verranno molto probabilmente visti come modelli per gli altri Paesi".<br />
A cura di Maurizio Karra
L'ultima parola<br />
di Agostino Alaimo<br />
A proposito di partenze intelligenti...<br />
IL CLUB n. <strong>76</strong>/<strong>77</strong> - pag. 68