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Numero 76/77 - Anno XIII, Maggio-Agosto 2005 - Club Plein Air BdS

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Perché ancora oggi il teatro greco<br />

Anche quest’anno si rinnova presso il teatro greco di Siracusa il tradizionale<br />

appuntamento con la tragedia antica: ma qual era il suo significato<br />

nel V secolo a.C. e qual è, soprattutto, oggi a distanza di 2.500 anni<br />

L<br />

a gente accorre tra maggio e<br />

giugno ormai di ogni anno a Siracusa per assistere<br />

alle tragedie greche messe in scena a<br />

cura dell'Istituto del Dramma Antico. Lo fa un<br />

po' per moda, un po' per reale interesse, un<br />

po' perché "almeno una volta nella vita vanno<br />

viste"; giunge a Siracusa con lo stesso entusiasmo<br />

con il quale ateniesi, meteci (i residenti<br />

senza cittadinanza), non ateniesi e<br />

schiavi accorrevano nel V secolo a.C. nel teatro<br />

di Dioniso, fatto ricostruire poi a metà del<br />

IV secolo da Licurgo e adornato con le statue<br />

dei maggiori autori (Eschilo, Sofocle ed Euripide).<br />

Eppure una tragedia greca non è uno<br />

spettacolo facile da "digerire" (forse non lo<br />

era nemmeno quando nacque), quindi viene<br />

spontanea la domanda: perché tanto interesse<br />

a distanza di 2500 anni E qual è il significato<br />

del teatro antico riproposto oggi, fuori<br />

dal contesto storico di appartenenza Cercheremo<br />

con queste brevi noti di fornire una<br />

chiave di lettura al problema;<br />

Per tentarci, bisogna partire dal contesto<br />

sociale e culturale nel quale videro la<br />

luce queste opere. Siamo nel V secolo a.C. ad<br />

Atene, porto "internazionale" del Mediterraneo,<br />

città popolata (130.000 abitanti) e ricca<br />

più di ogni altra, insomma il centro più importante<br />

di tutto l'Occidente sia per potenzialità<br />

economica che per influenza culturale, tanto<br />

da fare scrivere a Tucidide (il maggiore “giornalista”<br />

dell’epoca, per noi il massimo storico<br />

di quel tempo) che Atene era la "scuola della<br />

Grecia" (va subito detto che la seconda città<br />

in ordine d'importanza a quell'epoca era proprio<br />

la nostra Siracusa!). Questa leadership<br />

Atene l'aveva conquistata meritatamente con<br />

la vittoria sugli invasori persiani nel 480, ma<br />

l'avrebbe persa ben presto con la disastrosa<br />

lotta di egemonia (431-404) con Sparta, roccaforte<br />

militare a economia esclusivamente<br />

rurale. Ma bastarono meno di 70 anni per<br />

cambiare il mondo, non solo quello di allora,<br />

ma anche il nostro.<br />

Ma torniamo all'Atene di allora: la<br />

società ateniese, nonostante la divisione della<br />

popolazione in vere e proprie classi e la presenza<br />

massiccia di schiavi, era in un certo<br />

senso più compatta delle democrazie odierne,<br />

nel senso che tutti partecipavano comunque<br />

alla vita pubblica e alle assemblee popolari<br />

della città. E anche dal punto di vista culturale,<br />

il teatro, così come per altro i dibattiti di<br />

retorica o le recite di poemi epici, era visto<br />

come il luogo della cultura di massa, un po'<br />

come oggi la televisione. Tutti assistevano<br />

alle rappresentazioni teatrali (quelle tragiche e<br />

poi quelle comiche), partecipando attivamente<br />

al dibattito culturale (secondo i romani i<br />

greci pensavano e discutevano troppo... ).<br />

La tragedia greca era anche intimamente<br />

legata alla religione, e precisamente al<br />

culto di Dioniso, dio della fertilità; il potere<br />

della religione, che un tempo pervadeva anche<br />

ogni aspetto della quotidianità, spiega il<br />

condizionamento della gente verso una morale<br />

e una storia che trascendono la realtà, e in<br />

questo senso la tragedia rappresentava il<br />

momento più alto in cui storia, morale e religione<br />

si univano per fornire un ”indirizzo” a<br />

una comunità strettamente unita.<br />

All'inizio della primavera, quando A-<br />

tene era stipata di turisti e uomini d'affari, si<br />

celebrava la festa di Dioniso, la più importante<br />

di tutto l'Occidente; nell'ambito di tale festa<br />

l'arconte eponimo (una sorta di assessore<br />

multi-funzione) designava a suo arbitrio tre<br />

poeti, ciascuno dei quali doveva proporre al<br />

pubblico, dopo i sacrifici e la grande processione<br />

religiosa, in una vera e propria gara che<br />

durava tre giorni, tre tragedie e un dramma<br />

satiresco, le cui spese di allestimento in teatro<br />

sarebbero toccate a tre cittadini facoltosi<br />

(oggi li definiremmo "sponsor").

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