Una tipica tenda dei Sami In basso il villaggio sami di Alvisdjaur
I Sami usavano impiegare il sovrappiù del loro reddito per l’acquisto da mercanti dei paesi vicini di oggetti d’argento, un bene duraturo e facile da trasportare. Le forme e i disegni erano ispirati ai motivi caratteristici del loro abbigliamento e dei loro manufatti: il sole, la luna, i quattro punti cardinali, il sole di mezzanotte…. Ancora oggi prospera a vari livelli l’artigianato dell’argento che riproduce gli antichi disegni. Dai mercanti i Sami acquistavano anche il panno e le stoffe più leggere per i loro abiti colorati e ornati da galloni. I colori più comuni erano il rosso e il blu, ma anche il giallo e il verde, che troviamo anche negli arredi delle loro chiese con altari e panche dipinti in colori sgargianti. Dal diciannovesimo secolo la rivoluzione industriale portò un grande cambiamento nella vita dei Sami. Il disboscamento delle foreste, lo sfruttamento del territorio, il prevalere della tecnologia sulla salvaguardia dell’ambiente mutarono il loro habitat e incisero profondamente sulla loro vita, da sempre vissuta in armonia con la natura e strettamente dipendente dal suo equilibrio. Nel 1986, per esempio, il disastro nucleare di Cernobyl ebbe conseguenze disastrose in quell’area. La radioattività fu assorbita dalle piante e contaminò profondamente i licheni; la carne di migliaia di renne dovette essere bruciata. Ancora oggi, anche se gli effetti del cesio sono notevolmente diminuiti, gli animali vengono macellati all’inizio dell’autunno, quando ancora non hanno iniziato a nutrirsi dei licheni. I Sami sono oggi circa settantamila, distribuiti tra Norvegia, Svezia, Finlandia e Russia, la maggior parte in Norvegia, ormai inseriti nel tessuto sociale di questi paesi. Molti continuano ad allevare le renne, ma organizzati modernamente. Accompagnano ancora le mandrie nelle loro migrazioni stagionali, nelle soste usano ancora le tende, non più però costruite con pelli, ma con materiali leggeri ed impermeabili, non usano più le slitte, ma gatti delle nevi, fuoristrada, camper ed elicotteri. Dopo lunghi anni in cui videro diventare proprietà delle nazioni del nord Europa quella terra che da tempo immemorabile consideravano propria, boicottati nella loro cultura e nella lingua, costretti a pagare tasse sul territorio di pascolo anche a tre stati contemporaneamente, sono ora riconosciuti come minoranza, hanno le loro scuole, i loro giornali, una bandiera comune, un loro Parlamento, il Sámediggi. Composto da trentanove membri regolarmente eletti dal popolo, il Parlamento, pur avendo solo un potere consultivo, si riunisce quattro volte l’anno per discutere i problemi e i diritti della popolazione indigena riguardo la lingua, la cultura, l’educazione. Popolo orgoglioso e tenace, fiero delle proprie radici e geloso della propria autonomia, i Sami salvaguardano con orgoglio le loro tradizioni e i loro costumi, conservano la propria lingua, nei matrimoni e nelle feste indossano i coloratissimi abiti e i vistosi gioielli in argento e oro. Hanno una propria letteratura e una loro musica che, pur adeguandosi spesso al genere più attuale, nella sua forma più tradizionale richiama il canto monotono dello sciamano o lo yoik, l’antico canto popolare. A sud di Capo Nord, Karasjok e Kautokeino sono le due città dove più forte è la presenza dei Sami. Karasjok è la sede del Parlamento. Inaugurato nel 2000, l’edificio, completamente in legno, ha una struttura molto originale. Ha l’aspetto di una tenda e contiene una fornita biblioteca, luoghi di riunione, la sala dove si riunisce l’assemblea. Qui l’antico e il moderno, il passato e il presente si fondono. La sala, fornita di moderna attrezzatura per la traduzione simultanea, è arricchita da un grande dipinto a vivaci colori dove sono rappresentati in forma simbolica motivi della tradizione sami: la tenda con al centro il fuoco, la montagna e il mare con riferimento ai due diversi tipi di popolazione, l’aurora boreale. Nel 2002 l’edificio del Sámediggi ha ricevuto il premio per l’architettura della Norvegia del nord. Il Samipark è un museo all’aperto dove sono esposte antiche tende, capanne per la conservazione del cibo, strumenti di lavoro, recinti per le renne. Qui è stato creato un mondo un po’ artificiale, in parte organizzato a beneficio dei turisti che si spingono fin quassù, ma che comunque riesce a dare un’idea di quella società così lontana. Il visitatore può essere coinvolto nella ricostruzione