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diario di un tatoPazienza, disponibil<strong>it</strong>à, fantasia, capac<strong>it</strong>à di capire i bambini.Chi lo ha detto che la baby s<strong>it</strong>ter non può essere maschio?di Barbara AutuoriTramontata da un pezzo l’epoca delle tate stile MaryPoppins, inizia adesso quella del baby s<strong>it</strong>ter maschio.Una tendenza inglese dal momento che a Londra edintorni sono sempre di più le famiglie che affidanoi pargoli invece che alla tradizionale nanny (la tatanostrana) al manny (dall’unione di man e nanny). Unmaschio, insomma, che si occupa della cura ed educazionedei bambini di casa con grande professional<strong>it</strong>à.Una scelta che può presentare dei vantaggi rispettoalla tradizionale figura femminile? «In termini assoluti,avere un maschio o una femmina come baby s<strong>it</strong>ternon fa una grossa differenza – spiega la psicologaSusanna Coen Pirani –. La capac<strong>it</strong>à di entrare insintonia con i bambini prescinde dal sesso. Un uomopuò avere le qual<strong>it</strong>à per svolgere questo lavoro tantoquanto una donna».gioco da ragazziPazienza, disponibil<strong>it</strong>à, fantasia, creativ<strong>it</strong>à, doti indispensabiliper chi si occupa di bambini, che non sonoesclusivo monopolio del gentil sesso. «Anzi. Non èraro che nel gioco, dove la regressione all’infanzia ènecessaria per raggiungere il terreno dei più piccoli,gli uomini siano più bravi». Eterno Peter Pan o meno,il baby s<strong>it</strong>ter maschio può avere un suo ruolo ins<strong>it</strong>uazioni particolari. «Penso alle mamme single o aquelle famiglie dove la figura paterna è più assente– afferma l’esperta –. In questi casi, soprattutto inpresenza di figli maschi, un tato può rappresentare unbuon punto di riferimento, a patto che sappia essereautorevole senza rinunciare all’affettiv<strong>it</strong>à». A spezzareuna lancia a favore del baby s<strong>it</strong>ter in pantaloni èCaterina Mirenzi, t<strong>it</strong>olare della C/Work Agency diRoma che fa ricerca e selezione di personale in questoamb<strong>it</strong>o. «Mi cap<strong>it</strong>a spesso di fare colloqui con ragazziadattissimi per questo lavoro: si tratta soprattuttodi giovani studenti che vogliono fare gli insegnanti,che hanno già avuto esperienze nei campi estivi perbambini o che fanno gli allenatori. Figure che proponiamo,per esempio, a famiglie con figli in età scolare».Ugualmente efficienti delle colleghe nello svolgere letipiche incombenze, dall’accompagnamento allo sportall’assistenza nei comp<strong>it</strong>i, sono magari più disponibilia improvvisare una part<strong>it</strong>a di pallone o una corsa inbicicletta al parco. continua >>59

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