Giuseppe DI PAOLA, CancelliereDepositata in Cancelleria l'8 maggio 2009.4)CORTE COSTITUZIONALE, SENTENZA N.89/2003Considerato in <strong>di</strong>ritto1.- Il Tribunale <strong>di</strong> Pisa dubita, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, dellalegittimità costituzionale dell’art. 36, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001,n. 165 (Norme generali sull’or<strong>di</strong>namento del lavoro alle <strong>di</strong>pendenze <strong>delle</strong>amministrazioni pubbliche), nella parte in cui esclude che la violazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>sposizioniimperative riguardanti l’assunzione o l’impiego <strong>di</strong> lavoratori, da parte <strong>delle</strong> pubblicheamministrazioni, possa comportare la costituzione <strong>di</strong> rapporti <strong>di</strong> lavoro a tempoindeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni.La norma - ad avviso del rimettente - sarebbe lesiva del principio <strong>di</strong> eguaglianza inquanto, nonostante l’intervenuta privatizzazione del rapporto <strong>di</strong> lavoro dei <strong>di</strong>pendenti<strong>delle</strong> pubbliche amministrazioni e la <strong>di</strong>chiarata applicabilità al suddetto rapporto dellalegge 18 aprile 1962, n. 230, (Disciplina del contratto <strong>di</strong> lavoro a tempo determinato) esuccessive mo<strong>di</strong>ficazioni, <strong>di</strong>scriminerebbe i <strong>di</strong>pendenti pubblici rispetto a quelli privatiprecludendo ai primi - nel caso <strong>di</strong> violazione <strong>delle</strong> norme imperative sul lavoro atermine - la tutela rappresentata dalla cosiddetta conversione del rapporto, prevista dagliartt. 1 e 2 della citata legge n. 230 del 1962, applicabile pro tempore alle fattispeciededotte nel giu<strong>di</strong>zio a quo.Sarebbe altresì violato il principio <strong>di</strong> buon andamento della pubblica amministrazione,in quanto - secondo lo stesso rimettente - la stabilità del rapporto <strong>di</strong> lavoro renderebbepiù motivati, e quin<strong>di</strong> più efficienti, i <strong>di</strong>pendenti pubblici che attualmente prestano laloro opera in con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> precariato.2.- La questione non è fondata.2.1.- Il rimettente muove dall’assunto che, a seguito della cosiddetta privatizzazione,derivante dalla riforma del 1993, il rapporto <strong>di</strong> lavoro alle <strong>di</strong>pendenze <strong>delle</strong> pubblicheamministrazioni sia assimilato, sotto ogni aspetto, a quello svolto alle <strong>di</strong>pendenze <strong>di</strong>datori <strong>di</strong> lavoro privati, desumendo da tale premessa l’illegittimità costituzionale dellanorma denunciata in quanto contrastante con il principio <strong>di</strong> eguaglianza.Siffatto assunto, nei termini assoluti nei quali è formulato, non può ritenersi corretto.Va infatti considerato - limitando l’esame al solo profilo genetico del rapporto, che nellaspecie viene in considerazione - che il principio fondamentale in materia <strong>di</strong>instaurazione del rapporto <strong>di</strong> impiego alle <strong>di</strong>pendenze <strong>delle</strong> pubbliche amministrazioni èquello, del tutto estraneo alla <strong>di</strong>sciplina del lavoro privato, dell’accesso me<strong>di</strong>anteconcorso, enunciato dall’art. 97, terzo comma, della Costituzione.12
L’esistenza <strong>di</strong> tale principio, posto a presi<strong>di</strong>o <strong>delle</strong> esigenze <strong>di</strong> imparzialità e buonandamento dell’amministrazione, <strong>di</strong> cui al primo comma dello stesso art. 97 dellaCostituzione, <strong>di</strong> per sé rende palese la non omogeneità - sotto l’aspetto considerato -<strong>delle</strong> situazioni poste a confronto dal rimettente e giustifica la scelta del legislatore <strong>di</strong>ricollegare alla violazione <strong>di</strong> norme imperative riguardanti l’assunzione o l’impiego deilavoratori da parte <strong>delle</strong> amministrazioni pubbliche conseguenze <strong>di</strong> carattereesclusivamente risarcitorio, in luogo della conversione (in rapporto) a tempoindeterminato prevista per i lavoratori privati.E’ appena il caso <strong>di</strong> sottolineare, al riguardo, che, seppure lo stesso art. 97, terzocomma, della Costituzione, contempla la possibilità <strong>di</strong> derogare per legge a migliortutela dell’interesse pubblico al principio del concorso, è tuttavia rimessa alla<strong>di</strong>screzionalità del legislatore, nei limiti della non manifesta irragionevolezza,l’in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> siffatti casi eccezionali (sentenze n. 320 del 1997, n. 205 del 1996),senza che alcun vincolo possa ravvisarsi in una pretesa esigenza <strong>di</strong> uniformità <strong>di</strong>trattamento rispetto alla <strong>di</strong>sciplina dell’impiego privato, cui il principio del concorso è,come si è detto, del tutto estraneo.2.2.- Le considerazioni sin qui svolte rendono palese l’infondatezza della questioneanche con riferimento al parametro <strong>di</strong> cui all’art. 97 della Costituzione.L’assunto del rimettente - secondo il quale la stabilizzazione del rapporto <strong>di</strong> lavoro deicosiddetti precari, attraverso la conversione dei rapporti a termine irregolari in rapporti atempo indeterminato, sarebbe rispondente al principio <strong>di</strong> buon andamento della pubblicaamministrazione - trova infatti smentita nella stessa norma costituzionale, là dovequesta, al terzo comma, in<strong>di</strong>vidua appunto nel concorso lo strumento <strong>di</strong> selezione delpersonale in linea <strong>di</strong> principio più idoneo a garantire l’imparzialità e l’efficienza dellapubblica amministrazione.PER QUESTI MOTIVILA CORTE COSTITUZIONALE<strong>di</strong>chiara non fondata la questione <strong>di</strong> legittimità costituzionale dell’art. 36, comma 2, deldecreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’or<strong>di</strong>namento del lavoroalle <strong>di</strong>pendenze <strong>delle</strong> amministrazioni pubbliche), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e97 della Costituzione, dal Tribunale <strong>di</strong> Pisa con l’or<strong>di</strong>nanza in epigrafe.Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13marzo 2003.Riccardo CHIEPPA, PresidenteAnnibale MARINI, RedattoreDepositata in Cancelleria il 27 marzo 2003.13
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