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Dispense delle lezioni di Diritto Amministrativo II, modulo 1 ... - Lumsa

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<strong>Diritto</strong> amministrativo <strong>II</strong>Raccolta <strong>di</strong> giurisprudenzaModulo <strong>II</strong>n<strong>di</strong>cen.1 Prorogatio (Corte Cost. n. 208/1992)n. 2 Principio <strong>di</strong> legalità sostanziale (Corte cost. n. 32/2009)n. 3 Legge provve<strong>di</strong>mento (Corte cost. n. 137/2009)n. 4 Costituzione <strong>di</strong> rapporti <strong>di</strong> lavoro a tempo indeterminato con la pubblicaamministrazione (Corte cost. n. 89/2003)n. 5 Incompatibilità (Cons. St., V, n. 1484/1997)n. 6 Amministrazione finanziaria e concorsi interni (Corte cost n. 1/1999)n. 7 Composizione <strong>delle</strong> commissioni giu<strong>di</strong>catrici nei concorsi pubblici (Corte cost.n. 453/1990)n. 8 Lazio service spa (Corte cost. n. 277/ 2005)n. 9 Limiti costituzionali al cd. spoil system (Corte cost. n. 104/2007)n. 10 ARUSIA(Corte cost. n. 34/1999)n. 11 Sospensione del <strong>di</strong>pendente pubblico a seguito <strong>di</strong> condanna penale (Cortecost. n. 145/2002)n. 12 Divieto <strong>di</strong> fumo nei locali pubblici (Cons. St., V, n. 6170/2009)n. 13 Or<strong>di</strong>nanze contingibili e urgenti (TAR Calabria, Catanzaro, <strong>II</strong>, n. 120/2010)n. 14 Poteri impliciti (TAR Puglia, Bari, I, n. 1803/2009)1


1. Corte costituzionale, 4 maggio 1992, n. 208<strong>Diritto</strong>1.- Nel corso <strong>di</strong> due <strong>di</strong>versi giu<strong>di</strong>zi, con due <strong>di</strong>stinte or<strong>di</strong>nanze, è stata sollevata dalTribunale amministrativo regionale della Sardegna, in riferimento all'art. 46 delloStatuto speciale della Regione stessa, questione <strong>di</strong> legittimità costituzionale dell'art. 9,primo comma, della legge regionale 23 ottobre 1978 n. 62, come mo<strong>di</strong>ficato dall'art. 1della legge regionale 26 gennaio 1989 n. 6, perchè <strong>di</strong>spone che i Comitati <strong>di</strong> controllo"decadono" se non rinnovati entro sessanta giorni dalla loro scadenza - che coincide conl'inse<strong>di</strong>amento del Consiglio regionale - termine entro il quale il Consiglio stesso deve"obbligatoriamente" provvedere alla loro ricostituzione. Si assume nelle or<strong>di</strong>nanze <strong>di</strong>rinvio che la norma denunciata, escludendo in tal modo la prorogatio -principio <strong>di</strong>carattere generale, tale da vincolare il legislatore regionale - fino alla rinnovazione deinuovi organi, impe<strong>di</strong>rebbe durante la vacanza l'esercizio della funzione <strong>di</strong> controllo,necessaria e indefettibile secondo l'invocato parametro statutario che, ad avviso delgiu<strong>di</strong>ce rimettente, è "in armonia con l'analoga prescrizione contenuta nell'art. 130Cost.".2.Omissis 3. - Poichè i giu<strong>di</strong>zi concernono le medesime questioni, essi possono essereriuniti per essere decisi con un'unica pronuncia.4.1.- La questione <strong>di</strong> costituzionalità sollevata nei confronti dell'art.9,primo comma,della legge regionale n. 62 del 1978, mo<strong>di</strong>ficato dall'art. 1 della legge regionale n. 6 del1989, non è fondata.Come si è ricordato, la norma impugnata prevede che i Comitati regionali <strong>di</strong> controllo"scadono con l'inse<strong>di</strong>amento del Consiglio regionale" e "decadono il sessantesimogiorno dalla predetta scadenza: entro tale termine il Consiglio regionale deveobbligatoriamente provvedere alla loro ricostituzione".Ciò premesso, osserva la Corte che deve essere con<strong>di</strong>viso il presupposto da cuimuovono le or<strong>di</strong>nanze <strong>di</strong> rinvio le quali ritengono che, dall'interpretazione della normaimpugnata, si desuma che i Comitati, una volta decorso il sessantesimo giornodall'inse<strong>di</strong>amento del Consiglio regionale, non possano continuare, in prorogatio <strong>di</strong>fatto, ad esercitare le loro funzioni fino alla ricostituzione dei nuovi organi.La norma è <strong>di</strong>fatti formulata in modo da non lasciare dubbi sul preciso intento <strong>delle</strong>gislatore <strong>di</strong> non far sopravvivere i Comitati <strong>di</strong> controllo oltre il termine <strong>di</strong> sessantagiorni, assegnato al Consiglio regionale per provvedere obbligatoriamente alla lororicostituzione. Se fosse vero il contrario, non avrebbe senso la previsione della scadenzadei Comitati con l'inse<strong>di</strong>amento del Consiglio e poi della loro decadenza, per l'inutiledecorso <strong>di</strong> sessanta giorni da quest'ultimo evento che segna il <strong>di</strong>es a quo da cui scattal'obbligatorietà dell'adempimento da parte del Consiglio regionale.4.2.- Una volta escluso, conformemente alla premessa da cui muovono le or<strong>di</strong>nanze <strong>di</strong>rinvio, che il legislatore regionale abbia attribuito carattere meramente or<strong>di</strong>natorio altermine <strong>di</strong> sessanta giorni previsto per la ricostituzione dell'organo <strong>di</strong> controllo, non hafondamento la conseguenza che se ne fa derivare. Quella, cioè, dell'illegittimitàcostituzionale della norma impugnata sol perchè questa renderebbe inapplicabile laregola della c.d. prorogatio a tempo indeterminato, ritenuta nelle or<strong>di</strong>nanze <strong>di</strong> rinviorispondente ad un principio <strong>di</strong> carattere generale insito nell'or<strong>di</strong>namento, cuisembrerebbe ad<strong>di</strong>rittura attribuirsi valore costituzionale in relazione all'indefettibilità <strong>di</strong>certe funzioni pubbliche per assicurare la continuità dell'esercizio <strong>di</strong> queste, come nella2


specie quella <strong>di</strong> controllo sugli atti degli enti locali.In proposito osserva la Corte che, <strong>di</strong>versamente da quanto spesso si ritiene con opinionetralatizia, dal complesso normativo vigente non è possibile desumere che quella dellac.d. prorogatio <strong>di</strong> fatto, incerta nella sua durata, costituisca regola valevole in generaleper gli organi amministrativi.Non sfugge alla Corte che l'in<strong>di</strong>rizzo della giurisprudenza amministrativa è nel sensoche la generalità della regola si desuma, oltre che dall'or<strong>di</strong>namento nel suo complesso,dalle norme in materia <strong>di</strong> enti locali territoriali, ed in particolare, risalendo a ritroso, daquella più recente dell'art. 31, terzo comma, della legge n. 142 del 1990sull'or<strong>di</strong>namento degli enti locali, a quelle dell'art. 14 del testo unico <strong>delle</strong> leggicomunali e provinciali n. 383 del 1934, dell'art. 283 del testo unico n. 148 del 1915,dell'art. 231 del testo unico n. 5921 del 1889, e dell'art. 205 della legge n. 2248, all.A,del 1865. Tutte norme, quelle citate, che pur con <strong>di</strong>versità lessicali, dovute all'evolversidel linguaggio, <strong>di</strong>spongono per i predetti enti che coloro che sono nominati a tempo acoprire uffici rimangono in carica, ancorchè scaduti, fino all'inse<strong>di</strong>amento deisuccessori; previsione, questa, che è anche ripetuta nel regolamento <strong>delle</strong> istituzionipubbliche <strong>di</strong> assistenza e beneficenza (art. 16 regio decreto 5 febbraio 1981 n. 99).4.3.- Come è stato sottolineato da chi nega la generalità dell'istituto, il richiamo alleleggi che <strong>di</strong>sciplinano l'or<strong>di</strong>namento degli enti locali non può valere per qualsivogliaorgano, perchè tali leggi si riferiscono agli enti territoriali, enti politici esponenziali <strong>di</strong>comunità (sentenza n.876 del 1988) e quin<strong>di</strong> necessari, proprio a causa della peculiarerilevanza della territorialità, che qualifica la struttura stessa dello Stato. Quin<strong>di</strong> anche sea dette norme potesse attribuirsi il significato <strong>di</strong> prevedere la prorogatio a tempoindeterminato onde assicurare la continuità funzionale degli organi degli enti locali, essefonderebbero la propria giustificazione sul peculiare carattere <strong>di</strong> quegli enti, e, quin<strong>di</strong>, lastessa regola non potrebbe estendersi ad altri organi ed uffici che non presentino ugualicaratteristiche.Si deve però parimenti considerare che il rinnovo degli organi degli enti localiterritoriali è legato a precise scansioni temporali, previste dalle leggi che ne <strong>di</strong>sciplinanol'or<strong>di</strong>namento e da quelle per l'elezione <strong>di</strong> detti organi, la cui osservanza è assicurata siadal controllo politico della comunità che da quello dello Stato sugli organi stessi, che neimpe<strong>di</strong>scono l'elusione, mentre in relazione alle ipotesi <strong>di</strong> un anomalo protrarsi, perqualsivoglia ragione, della vacanza <strong>di</strong> quegli organi, è prevista la supplenza da parte <strong>di</strong>organi straor<strong>di</strong>nari, peraltro nominati per perio<strong>di</strong> estremamente limitati nel tempo.La norma contenuta fin dal 1865 nelle varie leggi comunali e provinciali succedutesi neltempo e tramandata fino alla legge n.142 del 1990, sull'"or<strong>di</strong>namento <strong>delle</strong> autonomielocali", non può perciò per il contesto in cui è inserita ritenersi espressiva <strong>di</strong> unprincipio generale valevole per tutti gli enti ed organi pubblici avulsi da quel contesto.4.4. – (Omissis.)Analoghe considerazioni debbono formularsi anche per il riferimento,talvolta operato per sostenere la generalità <strong>di</strong> quel principio, alla <strong>di</strong>sciplina <strong>delle</strong>istituzioni pubbliche <strong>di</strong> assistenza e beneficenza.La norma invocata (art. 16, primo comma, del regio decreto 5 febbraio 1891, n.99),modellata sulla legge comunale e provinciale all'epoca vigente per la contiguità <strong>delle</strong>istituzioni con gli enti regolati da detta legge e circondata da analoghe cautele <strong>di</strong>rette aprevenire abusi (art. 16, cit., secondo comma), non può comunque assumere valoreesemplare per tutti gli altri enti ed uffici pubblici, sia per la sua natura regolamentare,sia per il regime giuri<strong>di</strong>co <strong>delle</strong> istituzioni stesse "caratterizzato dall'intrecciarsi <strong>di</strong> una<strong>di</strong>sciplina pubblicistica in funzione <strong>di</strong> controllo, con una notevole permanenza <strong>di</strong>3


elementi privatistici, il che conferisce ad esse un'impronta assai peculiare rispetto aglialtri enti pubblici" (sentt. nn. 396 del 1988 e 195 del 1987).4.5.- Quanto poi alle norme, talvolta richiamate a sostegno della generalità del principio,che <strong>di</strong>spongono espressamente in tema <strong>di</strong> proroga degli organi costituzionali o <strong>di</strong>rilevanza costituzionale per ammetterla, limitarla o escluderla, nemmeno da essepotrebbero trarsi argomenti valevoli per gli organi amministrativi, sia perchè le loroprevisioni, nell'uno o nell'altro senso, sono tassative e <strong>di</strong>versificate e, quin<strong>di</strong>, nonsignificative <strong>di</strong> una regola uniforme, sia perchè l'organizzazione amministrativa èregolata non con riferimento alla <strong>di</strong>sciplina degli organi costituzionali, bensì sulla basedei principi dettati dall'art. 97 della Costituzione, con i quali, come si vedrà inprosieguo, la regola della prorogatio a tempo indefinito, ove ritenuta vigente,apparirebbe contrastare.4.6.- É quin<strong>di</strong> priva <strong>di</strong> fondamento la <strong>di</strong>stinzione talvolta operata fra proroga, comerisultato <strong>di</strong> una espressa previsione legislativa, e prorogatio (<strong>di</strong> fatto) come vicendaautomaticamente collegata ad una anomala vacanza.Infatti poichè, in base alle conclusioni cui si è pervenuti, è da escludersi l'esistenza <strong>di</strong>norme dalle quali possa trarsi la generalità del principio, deve arguirsi che ogni proroga,in virtù dei principi desumibili dal citato art. 97 della Costituzione, può aversi soltantose prevista espressamente dalla legge e nei limiti da questa in<strong>di</strong>cati, per cui la<strong>di</strong>stinzione perde ogni significativo valore.Neppure quin<strong>di</strong> la tesi, secondo cui la regola della prorogatio <strong>di</strong> fatto, a tempoindefinito, sia da considerarsi vigente in quanto inscin<strong>di</strong>bilmente legata all'essenzastessa degli or<strong>di</strong>namenti e quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> applicazione automatica e generale, può <strong>di</strong>rsisorretta da argomenti plausibili ma, anzi, qualora la predetta regola risultasse <strong>di</strong> generaleapplicazione, senza le cautele idonee ad impe<strong>di</strong>rne l'abuso - analoghe a quelle che sonoinsite nei sistemi <strong>di</strong> rinnovazione degli organi elettivi degli enti territoriali - è rispetto adessa che verrebbe a profilarsi un contrasto con la Costituzione.Un'organizzazione caratterizzata da un abituale ricorso alla prorogatio sarebbe <strong>di</strong>fattiben lontana dal modello costituzionale. Se è previsto per legge che gli organiamministrativi abbiano una certa durata e che quin<strong>di</strong> la loro competenza siatemporalmente circoscritta, un'eventuale prorogatio <strong>di</strong> fatto sine <strong>di</strong>e -demandandoall'arbitrio <strong>di</strong> chi debba provvedere alla sostituzione <strong>di</strong> determinarne la durata purprevista a termine dal legislatore or<strong>di</strong>nario - violerebbe il principio della riserva <strong>di</strong> leggein materia <strong>di</strong> organizzazione amministrativa, nonchè quelli dell'imparzialità e del buonandamento.4.7.- Nè potrebbe con<strong>di</strong>vidersi la tesi interme<strong>di</strong>a, talvolta avanzata, che, pur escludendoil carattere <strong>di</strong> regola generale della prorogatio a tempo indeterminato, sostiene che, se lalegge non preveda proroghe, la durata dell'organo possa ritenersi protratta, oltre lascadenza, per un termine congruo a consentire la nomina dei successori.Tale tesi fa leva su <strong>di</strong> un criterio, quello della "congruità", utilizzato a posteriori pervalutare la ragionevolezza <strong>di</strong> un termine fissato dalla legge nella sua durata (come nelcaso della norma regionale impugnata) per il compimento <strong>di</strong> atti obbligatori da parte <strong>di</strong>organi pubblici, o in<strong>di</strong>cato ad altri soggetti per proporre un'azione o un ricorso (sentenzenn. 284 del 1985, 31 del 1977, 138 del 1975, 106 del 1973, 10 del 1970 e 57 del 1962) oancora per valutare la sufficienza del termine assegnato da una <strong>delle</strong> parti <strong>di</strong> un rapportoall'altra per certi adempimenti. Ma il criterio è inidoneo, perchè estremamente fluido,per verificare se sussista o meno la competenza temporale <strong>di</strong> un organo, cioé un aspettoche deve essere ben definito nel momento dell'esercizio della funzione, derivando dalla4


verifica la possibilità stessa <strong>di</strong> quell'esercizio, che <strong>di</strong>penderebbe altrimenti davalutazioni non ancorate ad elementi certi.In ogni caso il criterio, ipotizzato per evitare che la prorogatio possa durare a tempoindefinito, appare inutile in relazione all'esigenza su cui si vuole giustificare l'istituto ecioè quella <strong>di</strong> assicurare la continuità <strong>delle</strong> funzioni pubbliche proprie dell'organo odell'ufficio scaduti.Difatti, anche ammesso che sia possibile determinare, nel modo il più plausibile edobbiettivo, il momento a partire dal quale la prorogatio <strong>di</strong> fatto sia <strong>di</strong>venuta incongruaperdurando l'inadempienza <strong>di</strong> chi deve provvedere alla ricostituzione dell'organo, daquel momento ugualmente questo dovrebbe cessare dal funzionare, onde l'inconvenientecui si vorrebbe ovviare sarebbe solo protratto ad un momento successivo, ma nonrisolto.5.- Una volta pervenuti alla conclusione secondo cui non è possibile desumere dallenorme, che espressamente prevedono la proroga <strong>di</strong> organi oltre la loro scadenzanaturale, il principio generale della prorogatio <strong>di</strong> fatto degli organi amministrativiscaduti, a tempo indefinito e con pieni poteri, viene meno ogni dubbio circa lalegittimità costituzionale della impugnata norma della Regione Sardegna che,prevedendo dopo la naturale scadenza dei Comitati regionali <strong>di</strong> controllo la loro prorogaa termine, non contrasta con l'invocato art. 46 dello Statuto regionale che affida allalegge regionale <strong>di</strong> <strong>di</strong>sciplinare la funzione <strong>di</strong> controllo sugli atti degli enti locali "inarmonia con i principi <strong>delle</strong> leggi dello Stato".Omissis2) CORTE COSTITUZIONALE, SENTENZA N.32/2009Considerato in <strong>di</strong>ritto1. – Il Tribunale amministrativo regionale del Veneto dubita della legittimitàcostituzionale dell’art. 3 della legge della Regione Veneto 29 marzo 1999, n. 11(Istituzione del Comune <strong>di</strong> Cavallino-Treporti), in riferimento agli artt. 3, 97 e 117 dellaCostituzione.Il dubbio <strong>di</strong> costituzionalità è stato prospettato nel corso <strong>di</strong> un giu<strong>di</strong>zio relativo aduna deliberazione della Provincia <strong>di</strong> Venezia che ha determinato «i criteri generali per ladefinizione dei rapporti conseguenti all'istituzione del Comune <strong>di</strong> Cavallino-Treporti,per scorporo <strong>di</strong> parte del Comune <strong>di</strong> Venezia», nell’esercizio del potere demandato allaProvincia stessa dall’art. 17 della legge della Regione Veneto 24 <strong>di</strong>cembre 1992, n. 25(Norme in materia <strong>di</strong> variazioni provinciali e comunali), e, in conformità a quest’ultima,dall’art. 3 della legge reg. Veneto n. 11 del 1999.Nella Regione Veneto, infatti, l’istituzione <strong>di</strong> nuovi Comuni nell’ambito delproce<strong>di</strong>mento delineato dall’art. 133, secondo comma, della Costituzione è <strong>di</strong>sciplinatain via generale dalla legge regionale n. 25 del 1992, il cui art. 8 esige poi l’adozione,volta per volta, <strong>di</strong> una ulteriore legge regionale, recante, tra l’altro, «le <strong>di</strong>rettive <strong>di</strong>massima per la soluzione degli aspetti finanziari e patrimoniali connessi con la revisionecircoscrizionale»; l’art. 17 della stessa legge, inoltre, prevede che la Provinciacompetente per territorio provveda a definire i rapporti conseguenti alla istituzione <strong>di</strong>nuovi Comuni tenendo conto «dei principi riguardanti la successione <strong>delle</strong> personegiuri<strong>di</strong>che ed in armonia con la legge regionale» in<strong>di</strong>cata dal summenzionato art. 8.In questo contesto normativo, l’art. 3 della legge n. 11 del 1999, che haprovveduto all’istituzione del Comune <strong>di</strong> Cavallino-Treporti per scorporo dal Comune5


Appare perciò evidente sia il legislatore statale che quello regionale hannoconsiderato relativamente agevole il riparto patrimoniale fra i <strong>di</strong>versi Comuni interessatiderivanti da un processo <strong>di</strong> scorporo, assumendo come naturale principio, talvoltaimplicito, il riparto dei beni mobili ed immobili in proporzione alla consistenzademografica e territoriale degli enti coinvolti, nonché in base alla collocazione fisica deibeni immobili, e lasciando all’Amministrazione incaricata o delegata al riparto, definiregli aspetti più dettagliati della vicenda o comunque i profili peculiari che ciascun casopotesse presentare rispetto alla generalità degli altri (seppure sotto il controllogiuris<strong>di</strong>zionale).E’ in questa sede applicativa che pertanto emergono criteri <strong>di</strong> ripartorelativamente più elaborati, in riferimento alle <strong>di</strong>verse e più complesse caratteristiche <strong>di</strong>alcuni enti territoriali (si pensi come lo stesso criterio <strong>di</strong> considerare le popolazioni ed iterritori interessati al fine <strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduare una percentuale <strong>di</strong> riparto possa essere<strong>di</strong>versamente modulato, a seconda del maggiore o minore rilievo che si <strong>di</strong>a all’uno oall’altro fattore).5. – Sulla base <strong>di</strong> queste premesse può essere decisa la questione posta dalrimettente al vaglio della Corte: il TAR rileva che la norma impugnata, omettendol’in<strong>di</strong>cazione <strong>di</strong> stringenti criteri in base ai quali determinare la quota <strong>di</strong> patrimonio delComune <strong>di</strong> Venezia da devolvere al Comune <strong>di</strong> Cavallino-Treporti, avrebbeintegralmente affidato alla Provincia il compito <strong>di</strong> <strong>di</strong>sciplinare la fattispecie inquestione, in violazione del principio <strong>di</strong> legalità sostanziale (che il rimettente desumedall’art. 97 della Costituzione), cui deve invece conformarsi il conferimento legislativodei poteri esercitati dalla pubblica amministrazione.Questa Corte ha riconosciuto che la «assoluta indeterminatezza» del poteredemandato ad una pubblica amministrazione «senza l’in<strong>di</strong>cazione <strong>di</strong> alcun criterio daparte della legge» viola il principio <strong>di</strong> legalità sostanziale (sentenza n. 307 del 2003; inprecedenza, si veda in particolare la sentenza n. 150 del 1982): tuttavia, con riguardo alcaso <strong>di</strong> specie, non è dato ravvisare una carenza <strong>di</strong> simile gravità nella <strong>di</strong>sposizionecensurata, specie se letta alla luce dei principi appena esposti, desumibili dalla <strong>di</strong>sciplinadella materia in oggetto.L’articolo 3 della legge n. 11 del 1999, per quanto sinteticamente, infatti, enunciaespressamente il «criterio secondo cui il Comune <strong>di</strong> nuova istituzione subentra nellatitolarità <strong>di</strong> tutti i beni mobili ed immobili e <strong>di</strong> tutte le situazioni giuri<strong>di</strong>che attive epassive» del Comune <strong>di</strong> Venezia, chiarendo in tal modo che la successione abbracciaogni componente del suo patrimonio; per tale via, le previsioni generali tracciate dallalegge regionale n. 25 del 1992 si sono senz’altro arricchite, giacché l’art. 17 <strong>di</strong> talelegge si limita a vincolare la Provincia delegata a tener «conto dei principi riguardanti lasuccessione <strong>delle</strong> persone giuri<strong>di</strong>che» e cioè <strong>di</strong> principi <strong>di</strong>fficilmente enucleabili intermini univoci dalla variegata legislazione che li contiene e comunque <strong>di</strong> non agevoleadattamento agli enti pubblici territoriali. La norma impugnata ha espresso, invece, lascelta, in precedenza non scontata, <strong>di</strong> non escludere a priori alcuna tipologia <strong>di</strong> beni delComune <strong>di</strong> Venezia dal proce<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> riparto.Tale criterio si cumula, quanto alla determinazione <strong>delle</strong> quote <strong>di</strong> spettanza delnuovo ente, con l’adozione dei parametri costituiti dalla popolazione e dal territoriointeressati al proce<strong>di</strong>mento, <strong>di</strong> cui la legislazione vigente reca, larga traccia.8


Spetta pertanto alla Provincia delegata, sulla base <strong>di</strong> questi criteri legislativi,procedere alla definizione in dettaglio <strong>delle</strong> modalità con cui essi vanno applicati e<strong>di</strong>nfine concretamente attribuire al nuovo Comune il patrimonio che gli spetta, sempresotto il possibile controllo dei competenti organi giuris<strong>di</strong>zionali: per tali ragioni, lacensura relativa alla violazione del principio <strong>di</strong> legalità sostanziale va rigettata.6. – Del pari non è fondato il dubbio del rimettente che la <strong>di</strong>sciplina impugnata siairragionevole, e perciò lesiva dell’art. 3 della Costituzione, in quanto profondamenteinadeguata rispetto alla funzione <strong>di</strong> ripartire «in modo logico e razionale il variegatopatrimonio mobiliare ed immobiliare del Comune <strong>di</strong> Venezia».Infatti, una volta appurato che la legislazione contiene sufficienti criteri perorientare e vincolare l’azione della pubblica amministrazione in sede <strong>di</strong> riparto <strong>delle</strong>poste patrimoniali tra i Comuni, non vi è alcuna necessità costituzionale che impongaalla legge <strong>di</strong> farsi <strong>di</strong>rettamente carico della regolamentazione <strong>di</strong> ogni peculiare profiloche ciascuna vicenda successoria possa implicare, né tale omissione si può considerareirragionevole: anzi, questa Corte ha già negato che «una legge che <strong>di</strong>segni un nuovoassetto organizzativo debba necessariamente contenere, a pena <strong>di</strong> incostituzionalità,anche ogni <strong>di</strong>sposizione <strong>di</strong> dettaglio operativo o attuativo» (sentenza n. 286 del 1997).D’altra parte, non appare in generale <strong>di</strong>scutibile, sotto il profilo della manifestairragionevolezza, la pretesa dei nuovi Comuni <strong>di</strong> succedere in una percentuale dellacomplessiva sfera patrimoniale del preesistente Comune <strong>di</strong> cui erano in precedenza unafrazione alla pari <strong>di</strong> tutte le altre, salve le sole tipicità derivanti dall’inse<strong>di</strong>amentoterritoriale dei beni immobili e dalla opportunità <strong>di</strong> non arrecare irrazionali o inutili<strong>di</strong>sfunzionalità nel precedente assetto organizzativo e patrimoniale.PER QUESTI MOTIVILA CORTE COSTITUZIONALE<strong>di</strong>chiara inammissibile la questione <strong>di</strong> legittimità costituzionale dell’art. 3 dellalegge della Regione Veneto 29 marzo 1999, n. 11 (Istituzione del Comune <strong>di</strong> Cavallino-Treporti), sollevata dal Tribunale amministrativo regionale per il Veneto in relazioneall’art. 117 della Costituzione, con l’or<strong>di</strong>nanza in<strong>di</strong>cata in epigrafe;<strong>di</strong>chiara non fondata la questione <strong>di</strong> legittimità costituzionale dell’art. 3 dellamedesima legge regionale n. 11 del 1999, sollevata dal Tribunale amministrativoregionale per il Veneto in relazione agli artt. 3 e 97 della Costituzione e al principio <strong>di</strong>legalità sostanziale, con l’or<strong>di</strong>nanza in<strong>di</strong>cata in epigrafe.Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo dellaConsulta, il 26 gennaio 2009.F.to:Giovanni Maria FLICK, PresidenteUgo DE SIERVO, RedattoreGiuseppe DI PAOLA, CancelliereDepositata in Cancelleria il 6 febbraio 2009.3) CORTE COSTITUZIONALE, SENTENZA N. 137/20099


Considerato in <strong>di</strong>ritto1. ⎯ La questione <strong>di</strong> legittimità costituzionale sollevata in via incidentale dalTribunale amministrativo regionale del Lazio investe l’art. 17 e la tabella B della leggedella Regione Lazio 28 <strong>di</strong>cembre 2006, n. 28 (Bilancio <strong>di</strong> previsione della RegioneLazio per l’esercizio finanziario 2007), i quali <strong>di</strong>spongono il concorso della Regionealle iniziative sociali, culturali e sportive <strong>di</strong> carattere locale attraverso la <strong>di</strong>rettaprevisione tanto dei soggetti destinatari <strong>di</strong> contributi quanto, con riferimento a ciascunbeneficiario, dell’importo del contributo assegnato.Ad avviso del TAR del Lazio, le <strong>di</strong>sposizioni denunciate – da qualificare comelegge-provve<strong>di</strong>mento – sarebbero lesive del principio <strong>di</strong> eguaglianza, perché<strong>di</strong>sporrebbero la ripartizione dei contributi <strong>di</strong>sponibili tra enti in<strong>di</strong>viduati in assenza <strong>di</strong>qualsiasi procedura idonea ad assicurare la trasparenza dell’azione amministrativaregionale, e perché la scelta legislativa sarebbe caratterizzata da arbitrarietà e<strong>di</strong>rragionevolezza, non essendo desumibili le particolari ragioni suscettibili <strong>di</strong> giustificarela deroga operata al principio della par con<strong>di</strong>cio.Il giu<strong>di</strong>ce rimettente prospetta, altresì, il contrasto con l’art. 97 Cost., sul rilievoche la violazione dei principi <strong>di</strong> buon andamento ed imparzialità costituirebbe uncorollario dell’arbitrarietà e manifesta irragionevolezza della <strong>di</strong>sciplina impugnata; econ l’art. 117 della Costituzione, sotto il profilo del mancato rispetto del principiofondamentale dettato dall’art. 12 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme inmateria <strong>di</strong> proce<strong>di</strong>mento amministrativo e <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> accesso ai documentiamministrativi), ai cui sensi la concessione <strong>di</strong> sovvenzioni, contributi, sussi<strong>di</strong> ed ausilifinanziari e l’attribuzione <strong>di</strong> vantaggi economici <strong>di</strong> qualunque genere a persone ed entipubblici e privati sono subor<strong>di</strong>nate alla predeterminazione ed alla pubblicazione daparte <strong>delle</strong> amministrazioni procedenti, nelle forme previste dai rispettivi or<strong>di</strong>namenti,dei criteri e <strong>delle</strong> modalità cui le amministrazioni stesse devono attenersi.2. ⎯ La questione è fondata.La questione ha ad oggetto la valutazione, alla stregua dei parametri soprain<strong>di</strong>cati, della conformità alla Costituzione <strong>di</strong> una <strong>di</strong>sposizione che può esserequalificata come legge-provve<strong>di</strong>mento, in quanto incide su un numero determinato <strong>di</strong>destinatari ed ha contenuto particolare e concreto, attribuendo a ben precisi soggetticollettivi sovvenzioni in danaro per iniziative e progetti.Al riguardo, va ricordato che, secondo la consolidata giurisprudenza <strong>di</strong> questaCorte (sentenze nn. 248 e 347 del 1995), non è preclusa alla legge or<strong>di</strong>naria, eneppure alla legge regionale, la possibilità <strong>di</strong> attrarre nella propria sfera <strong>di</strong> <strong>di</strong>sciplinaoggetti o materie normalmente affidati all’autorità amministrativa, non sussistendoun <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> adozione <strong>di</strong> leggi a contenuto particolare e concreto.Tuttavia, come <strong>di</strong> recente riba<strong>di</strong>to da questa Corte nelle sentenze n. 94 del 2009e n. 267 del 2007, queste leggi sono ammissibili entro limiti non solo specifici, qual èquello del rispetto della funzione giuris<strong>di</strong>zionale in or<strong>di</strong>ne alla decisione <strong>delle</strong> causein corso, ma anche generali, e cioè quello del rispetto del principio <strong>di</strong> ragionevolezzae non arbitrarietà (sentenze n. 143 del 1989, n. 346 del 1991 e n. 492 del 1995). Lalegittimità costituzionale <strong>di</strong> questo tipo <strong>di</strong> leggi deve, quin<strong>di</strong>, essere valutata inrelazione al loro specifico contenuto (sentenza n. 241 del 2008).10


In considerazione del pericolo <strong>di</strong> <strong>di</strong>sparità <strong>di</strong> trattamento insito in previsioni <strong>di</strong>tipo particolare o derogatorio (sentenze n. 153 del 1997 e n. 185 del 1998), la leggeprovve<strong>di</strong>mentoè, conseguentemente, soggetta ad uno scrutinio stretto <strong>di</strong>costituzionalità (sentenze nn. 2 e 153 del 1997, n. 364 del 1999 e n. 429 del 2002),essenzialmente sotto i profili della non arbitrarietà e della non irragionevolezza dellascelta del legislatore. Ed un tale sindacato deve essere tanto più rigoroso quanto piùmarcata sia, come nella specie, la natura provve<strong>di</strong>mentale dell’atto legislativosottoposto a controllo (sentenza n. 153 del 1997).Dalla giurisprudenza costituzionale si ricava che, se è vero che non èconfigurabile, in base alla Costituzione, una riserva <strong>di</strong> amministrazione, è pur vero chelo stesso legislatore, qualora emetta leggi a contenuto provve<strong>di</strong>mentale, deve applicarecon particolare rigore il canone della ragionevolezza, affinché il ricorso a detto tipo <strong>di</strong>provve<strong>di</strong>mento non si risolva in una modalità per aggirare i principi <strong>di</strong> eguaglianza e<strong>di</strong>mparzialità. In altri termini, la mancata previsione costituzionale <strong>di</strong> una riserva <strong>di</strong>amministrazione e la conseguente possibilità per il legislatore <strong>di</strong> svolgere un’attività acontenuto amministrativo, non può giungere fino a violare l’eguaglianza tra i citta<strong>di</strong>ni.Ne consegue che, qualora il legislatore ponga in essere un’attività a contenutoparticolare e concreto, devono risultare i criteri ai quali sono ispirate le scelte e lerelative modalità <strong>di</strong> attuazione.In questa prospettiva, la norma-provve<strong>di</strong>mento impugnata deve ritenersi incontrasto con l’art. 3 Cost., non avendo rispettato il principio <strong>di</strong> eguaglianza nel suosignificato <strong>di</strong> parità <strong>di</strong> trattamento.Difatti, né dal testo della norma – che contiene, con il rinvio alla tabella, un meroelenco dettagliato <strong>di</strong> destinatari, <strong>di</strong> progetti finanziati e <strong>di</strong> importi ripartiti – né dai lavoripreparatori della legge emerge la ratio giustificatrice del caso concreto, non risultandoche il Consiglio regionale abbia osservato criteri, obiettivi e trasparenti, nella scelta deibeneficiari dei contributi o nella programmazione e pianificazione degli interventi <strong>di</strong>sostegno.In tal modo la norma denunciata si risolve in un percorso privilegiato per la<strong>di</strong>stribuzione <strong>di</strong> contributi in danaro, con prevalenza degli interessi <strong>di</strong> taluni soggetticollettivi rispetto a quelli, parimenti meritevoli <strong>di</strong> tutela, <strong>di</strong> altri enti esclusi, e a scapito,quin<strong>di</strong>, dell’interesse generale.Resta assorbito l’esame del dedotto contrasto con gli artt. 97 e 117 dellaCostituzione.PER QUESTI MOTIVILA CORTE COSTITUZIONALE<strong>di</strong>chiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 17 e della tabella B della legge dellaRegione Lazio 28 <strong>di</strong>cembre 2006, n. 28 (Bilancio <strong>di</strong> previsione della Regione Lazio perl’esercizio finanziario 2007).Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo dellaConsulta, il 4 maggio 2009.F.to:Francesco AMIRANTE, PresidentePaolo MADDALENA, Redattore11


Giuseppe DI PAOLA, CancelliereDepositata in Cancelleria l'8 maggio 2009.4)CORTE COSTITUZIONALE, SENTENZA N.89/2003Considerato in <strong>di</strong>ritto1.- Il Tribunale <strong>di</strong> Pisa dubita, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, dellalegittimità costituzionale dell’art. 36, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001,n. 165 (Norme generali sull’or<strong>di</strong>namento del lavoro alle <strong>di</strong>pendenze <strong>delle</strong>amministrazioni pubbliche), nella parte in cui esclude che la violazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>sposizioniimperative riguardanti l’assunzione o l’impiego <strong>di</strong> lavoratori, da parte <strong>delle</strong> pubblicheamministrazioni, possa comportare la costituzione <strong>di</strong> rapporti <strong>di</strong> lavoro a tempoindeterminato con le medesime pubbliche amministrazioni.La norma - ad avviso del rimettente - sarebbe lesiva del principio <strong>di</strong> eguaglianza inquanto, nonostante l’intervenuta privatizzazione del rapporto <strong>di</strong> lavoro dei <strong>di</strong>pendenti<strong>delle</strong> pubbliche amministrazioni e la <strong>di</strong>chiarata applicabilità al suddetto rapporto dellalegge 18 aprile 1962, n. 230, (Disciplina del contratto <strong>di</strong> lavoro a tempo determinato) esuccessive mo<strong>di</strong>ficazioni, <strong>di</strong>scriminerebbe i <strong>di</strong>pendenti pubblici rispetto a quelli privatiprecludendo ai primi - nel caso <strong>di</strong> violazione <strong>delle</strong> norme imperative sul lavoro atermine - la tutela rappresentata dalla cosiddetta conversione del rapporto, prevista dagliartt. 1 e 2 della citata legge n. 230 del 1962, applicabile pro tempore alle fattispeciededotte nel giu<strong>di</strong>zio a quo.Sarebbe altresì violato il principio <strong>di</strong> buon andamento della pubblica amministrazione,in quanto - secondo lo stesso rimettente - la stabilità del rapporto <strong>di</strong> lavoro renderebbepiù motivati, e quin<strong>di</strong> più efficienti, i <strong>di</strong>pendenti pubblici che attualmente prestano laloro opera in con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> precariato.2.- La questione non è fondata.2.1.- Il rimettente muove dall’assunto che, a seguito della cosiddetta privatizzazione,derivante dalla riforma del 1993, il rapporto <strong>di</strong> lavoro alle <strong>di</strong>pendenze <strong>delle</strong> pubblicheamministrazioni sia assimilato, sotto ogni aspetto, a quello svolto alle <strong>di</strong>pendenze <strong>di</strong>datori <strong>di</strong> lavoro privati, desumendo da tale premessa l’illegittimità costituzionale dellanorma denunciata in quanto contrastante con il principio <strong>di</strong> eguaglianza.Siffatto assunto, nei termini assoluti nei quali è formulato, non può ritenersi corretto.Va infatti considerato - limitando l’esame al solo profilo genetico del rapporto, che nellaspecie viene in considerazione - che il principio fondamentale in materia <strong>di</strong>instaurazione del rapporto <strong>di</strong> impiego alle <strong>di</strong>pendenze <strong>delle</strong> pubbliche amministrazioni èquello, del tutto estraneo alla <strong>di</strong>sciplina del lavoro privato, dell’accesso me<strong>di</strong>anteconcorso, enunciato dall’art. 97, terzo comma, della Costituzione.12


L’esistenza <strong>di</strong> tale principio, posto a presi<strong>di</strong>o <strong>delle</strong> esigenze <strong>di</strong> imparzialità e buonandamento dell’amministrazione, <strong>di</strong> cui al primo comma dello stesso art. 97 dellaCostituzione, <strong>di</strong> per sé rende palese la non omogeneità - sotto l’aspetto considerato -<strong>delle</strong> situazioni poste a confronto dal rimettente e giustifica la scelta del legislatore <strong>di</strong>ricollegare alla violazione <strong>di</strong> norme imperative riguardanti l’assunzione o l’impiego deilavoratori da parte <strong>delle</strong> amministrazioni pubbliche conseguenze <strong>di</strong> carattereesclusivamente risarcitorio, in luogo della conversione (in rapporto) a tempoindeterminato prevista per i lavoratori privati.E’ appena il caso <strong>di</strong> sottolineare, al riguardo, che, seppure lo stesso art. 97, terzocomma, della Costituzione, contempla la possibilità <strong>di</strong> derogare per legge a migliortutela dell’interesse pubblico al principio del concorso, è tuttavia rimessa alla<strong>di</strong>screzionalità del legislatore, nei limiti della non manifesta irragionevolezza,l’in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> siffatti casi eccezionali (sentenze n. 320 del 1997, n. 205 del 1996),senza che alcun vincolo possa ravvisarsi in una pretesa esigenza <strong>di</strong> uniformità <strong>di</strong>trattamento rispetto alla <strong>di</strong>sciplina dell’impiego privato, cui il principio del concorso è,come si è detto, del tutto estraneo.2.2.- Le considerazioni sin qui svolte rendono palese l’infondatezza della questioneanche con riferimento al parametro <strong>di</strong> cui all’art. 97 della Costituzione.L’assunto del rimettente - secondo il quale la stabilizzazione del rapporto <strong>di</strong> lavoro deicosiddetti precari, attraverso la conversione dei rapporti a termine irregolari in rapporti atempo indeterminato, sarebbe rispondente al principio <strong>di</strong> buon andamento della pubblicaamministrazione - trova infatti smentita nella stessa norma costituzionale, là dovequesta, al terzo comma, in<strong>di</strong>vidua appunto nel concorso lo strumento <strong>di</strong> selezione delpersonale in linea <strong>di</strong> principio più idoneo a garantire l’imparzialità e l’efficienza dellapubblica amministrazione.PER QUESTI MOTIVILA CORTE COSTITUZIONALE<strong>di</strong>chiara non fondata la questione <strong>di</strong> legittimità costituzionale dell’art. 36, comma 2, deldecreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’or<strong>di</strong>namento del lavoroalle <strong>di</strong>pendenze <strong>delle</strong> amministrazioni pubbliche), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e97 della Costituzione, dal Tribunale <strong>di</strong> Pisa con l’or<strong>di</strong>nanza in epigrafe.Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13marzo 2003.Riccardo CHIEPPA, PresidenteAnnibale MARINI, RedattoreDepositata in Cancelleria il 27 marzo 2003.13


5) Consiglio <strong>di</strong> Stato , V, n. 1484/1997DIRITTO. — 1. I due ricorsi <strong>di</strong> cui in epigrafe devono essere riuniti, essendo rivolticontro la medesima sentenza.2. Con entrambi gli appelli i ricorrenti sostengono che l'espressione del parere sulladelibera <strong>di</strong> approvazione degli atti della commissione giu<strong>di</strong>catrice del concorso da partedel <strong>di</strong>rettore sanitario, che della commissione era stato presidente, costituisce un attodovuto, in quanto l'art. 1, comma 9, del D.L. n. 35/1991 (convertito in legge n.111/1991) prevede il parere obbligatorio del <strong>di</strong>rettore sanitario all'Amministratore, epertanto non sussiste alcuna incompatibilità.Il TAR, soggiunge l'appellante Binetti, ha errato anche nel respingere l'eccezione <strong>di</strong>irricevibilità del ricorso fondata sulla considerazione che i ricorrenti, esclusi dalla provaorale sin dal 26 ottobre 1992, hanno notificato il ricorso ben oltre il termine <strong>di</strong>decadenza dalla data suin<strong>di</strong>cata.Va esaminata anzitutto la censura <strong>di</strong> irricevibilità del ricorso originario.Essa va <strong>di</strong>sattesa. Si deduce che i ricorrenti, pur essendo stati esclusi dalla prova orale,per mancato superamento della prova pratica, sin dal 26 ottobre 1992 (concomunicazione verbale del Presidente della Commissione), hanno notificato il ricorso(contro l'atto conclusivo del proce<strong>di</strong>mento) ben oltre il termine <strong>di</strong> decadenza dalla datadell'atto <strong>di</strong> esclusione.Ma gli atti della. commissione <strong>di</strong> concorso acquistano efficacia solo dopo che l’organodeliberante dell'Ente, riconosciutili regolari, li approvi (cfr. art. 18, primo comma delDM 30 gennaio 1982). Ciò significa che, fino a quel. momento, essi non produconoeffetti definitivi, in quanto l'organo <strong>di</strong> amministrazione attiva, ove riscontri qualcheillegittimità, è tenuto a rettificarli d'ufficio, se possibile, ovvero a restituire gli atti stessialla commissione perché rinnovi quelli ritenuti viziati. La comunicazione verbale <strong>di</strong>esclusione dalla prova orale, fatta dal Presidente della Commissione, era pertantoinidonea a far decorrere il termine decadenziale per la proposizione del ricorso.Infondata è pure la censura <strong>di</strong> merito, con la quale gli appellanti sostengono lalegittimità del parere espresso dal Direttore sanitario dell'Ente ospedaliero, giàpresidente della Commissione esaminatrice.Una pacifica e copiosa giurisprudenza ha chiarito che l'obbligo <strong>di</strong> astensione .da partedel soggetto in posizione <strong>di</strong> incompatibilità, espressamente enunciato in singole<strong>di</strong>sposizioni normative relative a determinati organi amministrativi (quali, per esempio.1'art. 290 T.U. n. 248 del 1915; gli artt. 148 e 279.T.U. n. 383 del 1934, l'art. 149 T.U.n. 3 del 1957), costituisce espressione <strong>di</strong> un principio generale, <strong>di</strong>rettamentericollegantesi al dovere, <strong>di</strong> imparzialità dell'azione amministrativa (art. 97 Cost.), e,come tale, applicabile anche al <strong>di</strong> fuori ipotesi espressamente previste.È poi idonea a configurare una posizione <strong>di</strong> incompatibilità qualsiasi situazione <strong>di</strong>natura oggettiva, la quale possa far dubitare che il titolare o il componente dell’organoamministrativo conservi una posizione <strong>di</strong> assoluta serenità rispetto al giu<strong>di</strong>zio o alladecisione che deve emettere, o contribuire ad emettere.Ciò in quanto le <strong>di</strong>sposizioni in tema <strong>di</strong> incompatibilità sono rivolte anzitutto adassicurare il prestigio dell'autorità amministrativa, ponendola al <strong>di</strong> sopra <strong>di</strong> ogni14


sospetto , sicché <strong>di</strong>viene irrilevante l'indagine volta ad accertare se la situazione <strong>di</strong>incompatibilità abbia realmente avuto un effetto sviante.in una vicenda caratterizzata da rilevanti tratti <strong>di</strong> analogia con quella in esame questoConsiglio <strong>di</strong> Stato ha affermato che il componente del Comitato <strong>di</strong> Gestione, il quale siastato presidente della commissione esaminatrice a posti <strong>di</strong> me<strong>di</strong>co della USL deveastenersi dal partecipare alla deliberazione <strong>di</strong> approvazione della relativa graduatoria,atteso che tale approvazione, secondo .l'art..18, primo comma, del D.M. 30 gennaio1982 implica un controllo sulla regolarità degli atti del concorso (C.d.S., sez. IV, 11febbraio 1992 n. 161).Nella fattispecie all'esame del Collegio la circostanza che il soggetto agente, anzichémembro del Comitato <strong>di</strong> gestione, sia invece il Direttore sanitario dell'Ente ed abbiaespresso solo un parere, non altera apprezzabilmente i termini della questione.Com'è noto, le deliberazioni dell'Amministratore straor<strong>di</strong>nario <strong>delle</strong> Unità Sanitarielocali sono adottate con l'assistenza, oltre che del Coor<strong>di</strong>natore amministrativo, delCoor<strong>di</strong>natore sanitario (corrispondente al Direttore sanitario, per quegli enti, come gliOspedali Riuniti <strong>di</strong> Bergamo, non confluiti nelle UU.SS.LL.), i quali esprimono pareriobbligatori sugli atti <strong>di</strong> competenza dell'Amministratore stesso (art. 1 comma .9, del dl 6febbraio 1991, n. 35, conv., con mod., in legge 5 aprile 1991, n. 111)Ora, non può dubitarsi che l'esercizio della funzione consultiva risultiirrime<strong>di</strong>abilmente alterato quando il parere venga espresso da chi, per essere in qualchemodo interessato all'oggetto della valutazione, non si trovi in una con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> assolutaimparzialità.Tale ultimo requisito manca nella fattispecie, in quanto lo stesso soggetto che avevapresieduto le operazioni concorsuali ha poi espresso il parere sulla loro regolarità.Né a <strong>di</strong>versa soluzione conduce il rilievo che si tratti <strong>di</strong> un parere obbligatorio, ma nonvincolante, giacché non è dubbio che l'illegittima formazione dello stesso si ripercuotasull'atto terminale del proce<strong>di</strong>mento.Il parere in questione, pertanto, avrebbe dovuto essere espresso dal funzionario titolare,in base ad una norma espressa od ai principi, della funzione vicaria del Direttoresanitario.Per le considerazioni che precedono, gli appelli vanno respinti.6) Corte costituzionale, 4 gennaio 1999 n. 1<strong>di</strong>ritto1.- Il Consiglio <strong>di</strong> Stato dubita della legittimità costituzionale dell'art. 3, commi 205,206 e 207, della legge 28 <strong>di</strong>cembre 1995, n. 549, come mo<strong>di</strong>ficato dall'art. 6, comma 6-bis, del decreto-legge 31 <strong>di</strong>cembre 1996, n. 669, convertito in legge 28 febbraio 1997, n.30. A suo parere la denunciata normativa, consentendo la copertura dei posti <strong>di</strong>sponibilinelle dotazioni organiche dell'amministrazione finanziaria per i livelli dal quinto al nono- attraverso proce<strong>di</strong>menti <strong>di</strong> riqualificazione riservati al personale appartenente allequalifiche funzionali inferiori, e consistenti in una prova scritta, in un corso ed in unaprova tecnico-pratica finale - lede l'art. 97, primo e terzo comma, Cost. per la violazionedella regola del pubblico concorso ed il pregiu<strong>di</strong>zio recato al buon andamento della15


pubblica amministrazione dalla copertura <strong>di</strong> tutti i posti <strong>di</strong>sponibili attraverso unreclutamento esclusivamente interno. Un ulteriore vulnus è poi prospettato, dalrimettente, in relazione all'art. 3 Cost. per l'asserita <strong>di</strong>fformità <strong>di</strong> regime giuri<strong>di</strong>corispetto all'accesso ai profili professionali nelle altre amministrazioni dello Stato.2.- La questione è fondata.2.1.- Omissis 2.2.- La denunciata normativa stabilisce che i posti <strong>di</strong>sponibili nelledotazioni organiche dei livelli dal quinto al nono degli uffici finanziari vengano copertiattraverso procedure finalizzate alla riqualificazione del personale. Secondo il comma205, tali procedure sono definite dall'Agenzia per la rappresentanza negoziale <strong>delle</strong>pubbliche amministrazioni d'intesa con le organizzazioni sindacali, e sono attuate "invia sperimentale" per incrementare l'attività <strong>di</strong> controllo ed assicurare altresì il massimogrado <strong>di</strong> efficienza dei servizi nonché la semplificazione e la trasparenza dei rapporticon i contribuenti.Nel successivo comma 206 sono poi fissati i criteri generali cui vanno improntate leprocedure. A riguardo, il testo originario - contenuto nella legge finanziaria n. 549 del1995 - prevedeva lo svolgimento <strong>di</strong> corsi <strong>di</strong> riqualificazione, aggiornamento especializzazione organizzati dal Dipartimento della funzione pubblica d'intesa con ilMinistero <strong>delle</strong> finanze, allo stesso modo <strong>di</strong>sponendo circa la nomina <strong>delle</strong>commissioni; con la mo<strong>di</strong>fica introdotta dal citato decreto-legge n. 669 del 1996 si èsoppresso ogni intervento del Ministro per la funzione pubblica e inoltre i corsi sonostati articolati su base regionale. L'accesso ai corsi medesimi viene subor<strong>di</strong>nato allosvolgimento <strong>di</strong> una prova selettiva <strong>di</strong>retta a <strong>di</strong>mostrare la conoscenza dei servizi e lacompetenza necessaria per l'esercizio <strong>delle</strong> mansioni relative al profilo cui è in<strong>di</strong>rizzatociascun corso.Il comma 207, infine, consente che - dopo il superamento della sola prova d'ingressoappena descritta - i <strong>di</strong>pendenti possano essere utilizzati, in via provvisoria, pressol'ufficio <strong>di</strong> destinazione con le funzioni inerenti al profilo superiore e col relativotrattamento economico.Ai corsi - "salvo che per l'accesso [proprio, e solo] alla settima qualifica funzionale" -sono ammessi i <strong>di</strong>pendenti in servizio al 31 <strong>di</strong>cembre 1994 appartenenti alle qualifichefunzionali imme<strong>di</strong>atamente inferiori a quella cui sono in<strong>di</strong>rizzati i corsi medesimi,purché in servizio da cinque anni ed in possesso del titolo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o prescritto perl'accesso alla qualifica alla quale concorrono ovvero <strong>di</strong> un titolo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o inferiore se sitratta <strong>di</strong> <strong>di</strong>pendenti in servizio da almeno <strong>di</strong>eci anni.Inizialmente era previsto che i corsi vertessero su materie <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto tributarioamministrativo e ragioneria; ma, a sèguito della summenzionata mo<strong>di</strong>fica, la normativacontempla soltanto "materie attinenti ai profili professionali cui sono in<strong>di</strong>rizzati i corsistessi"; al termine dei quali i can<strong>di</strong>dati vengono sottoposti ad una prova <strong>di</strong> carattereteorico-pratico.2.2.1.- Chiamata più volte a pronunciarsi sulle norme costituzionali che in<strong>di</strong>viduano nelconcorso il mezzo or<strong>di</strong>nario per accedere agli impieghi pubblici, questa Corte haripetutamente sottolineato la relazione intercorrente tra l'art. 97 e gli artt. 51 e 98 Cost.,osservando come in un or<strong>di</strong>namento democratico - che affida all'azionedell'amministrazione, separata nettamente da quella <strong>di</strong> governo (politica perdefinizione), il perseguimento <strong>delle</strong> finalità pubbliche obiettivate dall'or<strong>di</strong>namento - ilconcorso pubblico, quale meccanismo <strong>di</strong> selezione tecnica e neutrale dei più capaci,resti il metodo migliore per la provvista <strong>di</strong> organi chiamati ad esercitare le propriefunzioni in con<strong>di</strong>zioni d'imparzialità ed al servizio esclusivo della Nazione. Valore,16


quest'ultimo, in relazione al quale il principio posto dall'art. 97 Cost. impone chel'esame del merito sia in<strong>di</strong>pendente da ogni considerazione connessa alle con<strong>di</strong>zionipersonali dei vari concorrenti (cfr. sentenze n. 333 del 1993 e n. 453 del 1990).Deroghe alla regola del concorso, da parte del legislatore, sono ammissibili soltanto neilimiti segnati dall'esigenza <strong>di</strong> garantire il buon andamento dell'amministrazione (cfr.,per tutte, sentenza n. 477 del 1995) o <strong>di</strong> attuare altri princìpi <strong>di</strong> rilievo costituzionale,che possano assumere importanza per la peculiarità degli uffici <strong>di</strong> volta in voltaconsiderati: ad esempio, quando si tratti <strong>di</strong> uffici destinati in modo <strong>di</strong>retto allacollaborazione con gli organi politici o al supporto dei medesimi.A codesto regime non si è ritenuto sottratto nemmeno il passaggio ad una fasciafunzionale superiore, nel quadro <strong>di</strong> un sistema, come quello oggi in vigore, che nonprevede carriere, o le prevede entro ristretti limiti, nell'àmbito dell'amministrazione: intale passaggio è stata, infatti, ravvisata una forma <strong>di</strong> reclutamento che esige anch'essa unselettivo accertamento <strong>delle</strong> attitu<strong>di</strong>ni (cfr. sentenze n. 320 del 1997, nn. 134 e 528 del1995, n. 314 del 1994, n. 487 del 1991 e n. 161 del 1990). In particolare nella sentenzan. 314 del 1994, viene osservato come l'abnorme <strong>di</strong>ffusione del concorso interno pertitoli nel passaggio da un livello all'altro produce una <strong>di</strong>storsione che, oltre areintrodurre surrettiziamente il modello <strong>delle</strong> carriere in una nuova <strong>di</strong>sciplina che nepresuppone invece il superamento, si riflette negativamente anche sul buon andamentodella pubblica amministrazione.L'accesso al concorso può, ovviamente, essere con<strong>di</strong>zionato al possesso <strong>di</strong> requisitifissati in base alla legge, e in tal modo non è da escludere a priori che possa stabilirsianche il possesso <strong>di</strong> una precedente esperienza nell'àmbito dell'amministrazione, ovequesto si configuri ragionevolmente quale requisito professionale. Ma quando ciò non siverifichi, la sostituzione al concorso <strong>di</strong> meccanismi selettivi esclusivamente interni adun dato apparato amministrativo non si giustifica alla luce degli accennati princìpicostituzionali.Trattasi, in verità, <strong>di</strong> affermazioni rese prevalentemente con riguardo a leggi regionali;non<strong>di</strong>meno esse sono tutte riferibili anche all'amministrazione dello Stato, attesi iparametri costituzionali cui attengono.2.2.2.- Alle esposte considerazioni in tema d'imparzialità ne vanno aggiunte altre - <strong>di</strong>decisiva importanza, siccome relative al parallelo principio dell'efficienza -, che trovanoriscontro nel <strong>di</strong>segno <strong>di</strong> riforma sinteticamente qualificato "privatizzazione del pubblicoimpiego".Ha rilevato la Corte come attraverso tale privatizzazione il legislatore abbia intesogarantire, senza pregiu<strong>di</strong>zio della imparzialità, anche il valore dell'efficienza, grazie a"strumenti gestionali" che consentano <strong>di</strong> assicurare il contenuto della prestazione intermini <strong>di</strong> produttività ovvero una sua più flessibile utilizzazione (sentenza n. 309 del1997). Ed ha più volte richiamato l'esigenza <strong>di</strong> razionalizzazione amministrativa, chelega in un rapporto <strong>di</strong> funzionalità la materia <strong>delle</strong> assunzioni e della progressione nellequalifiche con la definizione <strong>delle</strong> piante organiche e la verifica dei carichi <strong>di</strong> lavoro;parlando in proposito <strong>di</strong> "princìpi fondamentali posti dalla legislazione dello Stato inmateria <strong>di</strong> pubblico impiego" (sentenza n. 479 del 1995), oltre che <strong>di</strong> "norme <strong>di</strong> riformaeconomico sociale" (sentenza n. 406 del 1995, cui fa richiamo anche la già citatasentenza n. 528 del 1995).2.2.3.- La normativa in esame contrad<strong>di</strong>ce totalmente i princìpi appena sintetizzati: nelquadro <strong>di</strong> una sorta <strong>di</strong> globale scivolamento verso l'alto <strong>di</strong> quasi tutto il personaledell'amministrazione finanziaria, essa realizza un'anacronistica forma <strong>di</strong> generalizzata17


cooptazione, che proprio per quanto concerne in particolare l'accesso alla settimaqualifica - oggetto del presente scrutinio <strong>di</strong> costituzionalità - pone in evidenza ulteriorielementi <strong>di</strong> irragionevolezza. Infatti l'ammissione ai corsi, non solo riguarda tutti i posti<strong>di</strong>sponibili nella detta qualifica ed è riservata ai soli <strong>di</strong>pendenti in servizio ad una certadata, ma è consentita perfino a quanti, fra questi, non appartengono alla qualificaimme<strong>di</strong>atamente inferiore: così finendosi col conferire all'anzianità <strong>di</strong> servizio unafunzione del tutto abnorme. Il <strong>di</strong>pendente, anche in mancanza del titolo <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>oprescritto - e prescindendo perfino dal criterio dell'esercizio <strong>di</strong> fatto <strong>delle</strong> mansionisuperiori - viene ammesso al corso <strong>di</strong> riqualificazione soltanto con il superamento <strong>di</strong>una prova scritta <strong>di</strong> contenuto più che mai generico, con l'ulteriore possibilità <strong>di</strong>esercitare subito dopo, sia pure in via provvisoria, le funzioni connesse alla qualificasuperiore. E tale genericità si estende ai contenuti del corso stesso e dell'esame finale; ilche suscita fondati dubbi anche sull'idoneità <strong>di</strong> un tale modo <strong>di</strong> selezione a consentireuna seria verifica della professionalità richiesta per detta qualifica. Ma, a parte ciò, sitratterebbe comunque <strong>di</strong> formazione professionale somministrata proprio attraverso icorsi cui i (soli) <strong>di</strong>pendenti vengono abilitati ad accedere, e che dunque prescinde dalleeffettive attitu<strong>di</strong>ni antecedentemente poste in luce dai <strong>di</strong>pendenti medesimi.2.2.4.- L'insieme <strong>delle</strong> denunciate previsioni normative realizza, pertanto, unadeviazione dai princìpi ispiratori - segnatamente dopo la grande riforma <strong>di</strong> cui sopra si èdetto - dell'organizzazione amministrativa. Deviazione non giustificata da una specificaesigenza <strong>di</strong> garantire il buon andamento della pubblica amministrazione. A quest'ultimoproposito è appena il caso <strong>di</strong> osservare che le ragioni enunciate dal legislatore perlegittimare l'"esperimento" dei corsi coincidono integralmente con le stesse finalitàistituzionali dell'amministrazione finanziaria.Avuto riguardo particolare al principio dell'efficienza, basta confrontare i profiliprofessionali relativi alla settima qualifica funzionale quali risultano dall'analiticaprevisione dei compiti e <strong>delle</strong> responsabilità descritti nel d.P.R. 29 <strong>di</strong>cembre 1984, n.1219, con le mansioni prevalentemente esecutive inerenti alle qualifiche inferiori, percomprendere come la denunciata normativa rappresenti l'esatto contrario <strong>di</strong> strumenti <strong>di</strong>gestione del personale volti ad assicurarne l'impiego migliore.2.3.- Conclusivamente, allora, la denunciata normativa è da ritenersi contrastante,nonché con l'art. 97, primo e terzo comma, Cost., col criterio stesso dellaragionevolezza; restando assorbito ogni altro profilo d'illegittimità costituzionaleprospettato dal rimettenteP.Q.MLA CORTE COSTITUZIONALE<strong>di</strong>chiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 3, commi 205, 206 e 207, della legge 28<strong>di</strong>cembre 1995, n. 549 (Misure <strong>di</strong> razionalizzazione della finanza pubblica), comemo<strong>di</strong>ficato dall'art. 6, comma 6-bis, del decreto-legge 31 <strong>di</strong>cembre 1996, n. 669,convertito in legge 28 febbraio 1997, n. 30 (Disposizioni urgenti in materia tributaria,finanziaria e contabile a completamento della manovra <strong>di</strong> finanza pubblica per l'anno1997), limitatamente alle procedure <strong>di</strong> riqualificazione per l'accesso alla settimaqualifica funzionale.18


7) Corte costituzionale, 15 ottobre 1990, n. 453<strong>di</strong>ritto1.-La questione <strong>di</strong> legittimità costituzionale sollevata dall'or<strong>di</strong>nanza <strong>di</strong> cui è causainveste l'art. 28 della legge della Regione Siciliana 2 <strong>di</strong>cembre 1980, n. 125(Provve<strong>di</strong>menti per l'inserimento <strong>delle</strong> giovani leve del lavoro nella pubblicaamministrazione e nelle attività produttive e sociali), dove si regola la composizione<strong>delle</strong> commissioni giu<strong>di</strong>catrici dei concorsi per l'accesso alle qualifiche dei ruoli delpersonale dei Comuni e <strong>delle</strong> Province.Le <strong>di</strong>sposizioni impugnate prevedono in particolare: a) che nei Comuni con un numero<strong>di</strong> consiglieri non inferiore a quaranta e nelle amministrazioni provinciali lecommissioni <strong>di</strong> concorso sono presiedute dal rappresentante legale dell'ente o da un suodelegato e sono composte-al fine <strong>di</strong> assicurare la rappresentanza della minoranza - dacinque membri eletti dal consiglio con voto limitato ad uno, da un esperto designato dalrappresentante legale dell'ente e da un rappresentante designato dalle organizzazionisindacali maggiormente rappresentative in campo nazionale (primo comma); b) che neirestanti Comuni la composizione <strong>delle</strong> commissioni giu<strong>di</strong>catrici deve assicurare larappresentanza della minoranza (terzo comma).Ad avviso del Tribunale amministrativo per la Sicilia tale <strong>di</strong>sciplina risulterebbe lesivadell'art. 97, primo e terzo comma, Cost. in quanto suscettibile <strong>di</strong> compromettere,attraverso la netta prevalenza in seno alle commissioni giu<strong>di</strong>catrici dei componentipolitici sugli esperti, la natura tecnica del giu<strong>di</strong>zio e conseguentemente l'imparzialità<strong>delle</strong> operazioni concorsuali.In altri termini, le commissioni giu<strong>di</strong>catrici, nella costituzione prevista dalla normaimpugnata, opererebbero come vere e proprie , destinate arispecchiare le parti politiche dell'organo rappresentativo, con la conseguenza <strong>di</strong>privilegiare gli interessi particolari degli schieramenti politici <strong>di</strong> appartenenza deisingoli commissari sull'interesse pubblico alla oggettiva selezione dei migliori.2. La questione è fondata.L'art. 97, primo comma, Cost. in<strong>di</strong>vidua nella dell'amministrazione unodei principi essenziali cui deve informarsi, in tutte le sue <strong>di</strong>verse articolazioni,l'organizzazione dei pubblici uffici.Alla salvaguar<strong>di</strong>a <strong>di</strong> tale principio si collegano anche le norme costituzionali chein<strong>di</strong>viduano nel concorso il mezzo or<strong>di</strong>nario per accedere agli impieghi pubblici (art. 97,terzo comma) e che pongono i pubblici impiegati al servizio esclusivo della Nazione(art. 98). Sia l'una che l'altra <strong>di</strong> tali norme si pongono, infatti, come corollari naturalidell'imparzialità, in cui viene a esprimersi la <strong>di</strong>stinzione più profonda tra politica eamministrazione, tra l'azione del -che, nelle democrazie parlamentari, ènormalmente legata agli interessi <strong>di</strong> una parte politica, espressione <strong>delle</strong> forze <strong>di</strong>maggioranza-e l'azione dell'-che, nell'attuazione dell'in<strong>di</strong>rizzopolitico della maggioranza, è vincolata invece ad agire senza <strong>di</strong>stinzione <strong>di</strong> partipolitiche, al fine del perseguimento <strong>delle</strong> finalità pubbliche obbiettivatedall'or<strong>di</strong>namento. Si spiega, dunque, come in questa prospettiva, collegata allo stessoimpianto costituzionale del potere amministrativo nel quadro <strong>di</strong> una democraziapluralista, il concorso pubblico, quale meccanismo <strong>di</strong> selezione tecnica e neutrale deipiù capaci, resti il metodo migliore per la provvista <strong>di</strong> organi chiamati a esercitare leproprie funzioni in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> imparzialità ed al servizio esclusivo della Nazione. Ma19


per realizzare tale esigenza, anche il concorso - nelle sue modalità organizzative eprocedurali - deve in ogni caso ispirarsi al rispetto rigoroso del principio <strong>di</strong> imparzialità:principio che, in questa materia, impone il perseguimento del solo interesse connessoalla scelta <strong>delle</strong> persone più idonee all'esercizio della funzione pubblica,in<strong>di</strong>pendentemente da ogni considerazione per gli orientamenti politici e per lecon<strong>di</strong>zioni personali e sociali dei vari concorrenti.Il principio d'imparzialità è destinato, pertanto, a riflettersi anche sulla composizione<strong>delle</strong> commissioni giu<strong>di</strong>catrici nei concorsi pubblici, in quanto organidell'amministrazione destinati a garantire la realizzazione <strong>di</strong> tale principio nellaprovvista <strong>delle</strong> persone cui affidare l'esercizio <strong>delle</strong> funzioni pubbliche.Ma questo non comporta anche-stante l'in<strong>di</strong>ssolubile collegamento esistente, purenell'ambito degli enti locali, tra livello e livello <strong>di</strong> -che lecommissioni <strong>di</strong> concorso non possano essere formate attraverso una scelta operatadall'organo rappresentativo dell'ente ed, eventualmente, anche con l'adozione <strong>di</strong>meccanismi (quali il voto limitato o la maggioranza qualificata) destinati a garantire lapartecipazione alla decisione <strong>delle</strong> minoranze presenti nell'organo. Comporta, invece,che, nella formazione <strong>delle</strong> commissioni, il carattere esclusivamente tecnico del giu<strong>di</strong>ziodebba risultare salvaguardato da ogni rischio <strong>di</strong> deviazione verso interessi <strong>di</strong> parte ocomunque <strong>di</strong>versi da quelli propri del concorso, il cui obbiettivo non può essere altroche la selezione dei can<strong>di</strong>dati migliori.Tale esigenza impone che, nella composizione <strong>delle</strong> commissioni, la presenza <strong>di</strong> tecnicio esperti-interni o esterni all'amministrazione, ma in ogni caso dotati <strong>di</strong> adeguati titoli <strong>di</strong>stu<strong>di</strong>o e professionali rispetto alle materie oggetto <strong>di</strong> prova-debba essere, se nonesclusiva, quanto meno prevalente, tale da garantire scelte finali fondatesull'applicazione <strong>di</strong> parametri neutrali e determinate soltanto dalla valutazione <strong>delle</strong>attitu<strong>di</strong>ni e della preparazione dei can<strong>di</strong>dati.3. -É agevole, a questo punto, rilevare come le <strong>di</strong>sposizioni della legge regionale n. 125del 1980, che formano oggetto della questione <strong>di</strong> legittimità costituzionale <strong>di</strong> cui ècausa, non rispondano alle esigenze sopra richiamate. Esse prevedono, infatti, per leProvince e per i Comuni con un fumetto <strong>di</strong> consiglieri non inferiore a quaranta,commissioni giu<strong>di</strong>catrici presiedute dal rappresentante legale dell'ente o da un suodelegato e composte da sette membri, <strong>di</strong> cui soltanto uno qualificato come esperto (art.28, primo comma), mentre per gli altri Comuni non compare alcun riferimento allapartecipazione <strong>di</strong> esperti, limitandosi la norma semplicemente ad affermare la necessitàdella presenza in commissione <strong>di</strong> una rappresentanza della minoranza (art. 28, terzocomma). L'applicazione <strong>di</strong> tali <strong>di</strong>sposizioni potrebbe, pertanto, consentire lacostituzione <strong>di</strong> commissioni giu<strong>di</strong>catrici formate in assoluta prevalenza da membriprescelti per ragioni <strong>di</strong> affinità politica e non per una qualificazione tecnica oprofessionale connessa alle esigenze della valutazione concorsuale.Le <strong>di</strong>sposizioni stesse devono essere, <strong>di</strong> conseguenza, <strong>di</strong>chiarate incostituzionali perviolazione dell'art. 97, primo comma, Cost., nella parte in cui non prevedono che lamaggioranza dei membri <strong>delle</strong> commissioni giu<strong>di</strong>catrici sia formata da esperti dotati <strong>di</strong>specifiche competenze tecniche rispetto alle prove previste dal concorso.Gli stessi motivi inducono altresì ad estendere la <strong>di</strong>chiarazione d'illegittimitàcostituzionale - ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 - anche all'art. 7,primo e terzo comma, della legge regionale siciliana 12 febbraio 1988 n. 2 ed all'art. 7,primo comma nn. 1 e 3, della legge regionale siciliana 9 agosto 1988, n. 21, che hannoinnovato con <strong>di</strong>sposizioni <strong>di</strong> analogo contenuto-la <strong>di</strong>sciplina posta dall'art. 28 della20


legge regionale n. 125 del 1980, statuendo che e che è facoltà dell'ente . Risulta, infatti,evidente che la previsione, espressa nelle richiamate leggi regionali, relativa al fatto chei cinque membri eletti dall'organo deliberante dell'ente siano in possesso <strong>di</strong> un titolo <strong>di</strong>stu<strong>di</strong>o non inferiore a quello richiesto per la partecipazione al concorso, non può essereconsiderata con<strong>di</strong>zione sufficiente per riferire ai membri in questione la qualifica <strong>di</strong>esperti nelle materie che formano oggetto <strong>delle</strong> prove concorsuali.P.Q.MLA CORTE COSTITUZIONALE1) <strong>di</strong>chiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 28, primo e terzo comma, della leggedella Regione Siciliana 2 <strong>di</strong>cembre 1980, n. 125, nella parte in cui non prevede che lamaggioranza dei membri <strong>delle</strong> commissioni giu<strong>di</strong>catrici dei concorsi pubblici per iComuni e le Province debba essere formata da esperti dotati <strong>di</strong> specifiche competenzetecniche rispetto alle prove previste dal concorso;2) <strong>di</strong>chiara-in applicazione dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 - l'illegittimitàcostituzionale dell'art. 7, primo e terzo comma, della legge della Regione Siciliana 12febbraio 1988, n. 2 e dell'art. 7, primo comma nn. 1 e 3, della legge della RegioneSiciliana 9 agosto 1988, n. 21, nella parte in cui non prevedono che la maggioranza deimembri <strong>delle</strong> commissioni giu<strong>di</strong>catrici dei concorsi pubblici per i Comuni e le Provincedebba essere formata da esperti dotati <strong>di</strong> specifiche competenze tecniche rispetto alleprove previste dal concorso.8) CORTE COSTITUZIONALE - sentenza 15 luglio 2005 n. 277Considerato in <strong>di</strong>ritto1. – Il Presidente del Consiglio dei ministri ha impugnato – in riferimento agli artt. 3,primo comma, 51, primo comma, e 97, commi primo e terzo, della Costituzione – tral’altro l’art. 31 della legge della Regione Lazio 27 febbraio 2004, n. 2 (Leggefinanziaria regionale per l’esercizio 2004), che <strong>di</strong>sciplina l’affidamento alla societàLazio Service s.p.a. dei servizi <strong>di</strong> supporto alle strutture <strong>di</strong> <strong>di</strong>retta collaborazione delConsiglio regionale, previste dal titolo <strong>II</strong> del regolamento <strong>di</strong> organizzazione delConsiglio stesso, approvato con deliberazione dell’Ufficio <strong>di</strong> presidenza n. 3 del 29gennaio 2003.2. – L’eccezione <strong>di</strong> inammissibilità – sollevata dalla Regione sotto il profilo che iparametri invocati sono estranei al riparto <strong>di</strong> competenze – è infondata.Questa Corte ha infatti ripetutamente affermato che, anche nell’assetto derivato dallariforma del Titolo V della <strong>II</strong> parte della Costituzione, lo Stato può impugnare le leggiregionali in via principale deducendo come parametro qualsiasi norma costituzionale,21


pur se estranea al riparto <strong>delle</strong> competenze legislative (sentenze n. 274 del 2003 e n. 162del 2004).3. – Nel merito la questione è fondata.4. – I servizi cui si riferisce la norma impugnata sono previsti dall’art. 37 della leggeregionale 18 febbraio 2002, n. 6, relativo alle . Il primo comma <strong>di</strong> tale articolo stabilisce che ilPresidente del Consiglio regionale, i componenti l’Ufficio <strong>di</strong> presidenza, nonché igruppi consiliari si avvalgono per l’esercizio <strong>delle</strong> proprie funzioni, <strong>di</strong> strutture <strong>di</strong><strong>di</strong>retta collaborazione con compiti <strong>di</strong> segreteria; il terzo comma estende tale previsioneai Presidenti <strong>delle</strong> commissioni consiliari permanenti e speciali ed al Presidente delCollegio dei revisori dei conti; il quarto comma demanda al regolamento <strong>di</strong>organizzazione del Consiglio <strong>di</strong> <strong>di</strong>sciplinare, tra l’altro, il limite massimo del personaleda assegnare alle strutture in esame, precisando che esso è scelto tra <strong>di</strong>pendentiregionali, <strong>di</strong>pendenti <strong>di</strong> altre pubbliche amministrazioni in aspettativa, fuori ruolo ocomando, ed esterni all’amministrazione regionale assunti a tempo determinato concontratti <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto privato.A sua volta il ricordato regolamento <strong>di</strong> organizzazione definisce al titolo <strong>II</strong> gli organici<strong>di</strong> tali strutture, ed in particolare prevede all’art. 11 che i collaboratori esterni allapubblica amministrazione sono assunti su richiesta nominativa del rispettivo organopolitico, per una durata massima <strong>di</strong> 5 anni che non può comunque oltrepassare la data <strong>di</strong>scadenza della legislatura.5. – La norma impugnata – come risulta dalla sua formulazione letterale – si ricollegaall’art. 12 della legge regionale 10 maggio 2001, n. 10, secondo cui la Regione(attraverso l’Agenzia regionale per gli investimenti e lo sviluppo del Lazio – SviluppoLazio s.p.a.) promuove la costituzione <strong>di</strong> una società <strong>di</strong> servizi ai sensi dell’art. 10,comma 1, del decreto legislativo 1° <strong>di</strong>cembre 1997, n. 468, e <strong>di</strong> essa si avvale per"esternalizzare" lo svolgimento <strong>di</strong> attività <strong>di</strong> servizio effettuate al suo interno, ancheimpegnando lavoratori socialmente utili, all’uopo stipulando con la società unaconvenzione <strong>di</strong> durata quinquennale.Inserendosi in questo quadro normativo e riprendendo in parte il modello dall’art. 12della legge regionale n. 10 del 2001, la norma impugnata prevede (commi 1 e 2) lacostituzione, ai sensi <strong>di</strong> tale articolo, <strong>di</strong> una singola società <strong>di</strong> servizi denominata LazioService s.p.a., alla quale l’Ufficio <strong>di</strong> presidenza del Consiglio regionale affida, conapposita convenzione, una specifica tipologia <strong>di</strong> servizi, quelli <strong>di</strong> supporto alle strutture<strong>di</strong> <strong>di</strong>retta collaborazione del Consiglio stesso.In particolare, la norma prevede che dalla data <strong>di</strong> stipula della convenzione la societàgarantisce a tali strutture un numero <strong>di</strong> unità <strong>di</strong> personale pari a quello dei collaboratoriesterni alla pubblica amministrazione ad esse assegnati in base al regolamento citato(comma 3); e, in sede <strong>di</strong> prima applicazione, assume con contratto a tempoindeterminato questo personale, con priorità per i lavoratori occupati con contratto atempo determinato alla data del 31 <strong>di</strong>cembre 2003 presso le medesime strutture (comma4), che sono assunti dalla società con qualifica e trattamento pari a quello posseduto22


presso la Regione (comma 7). La <strong>di</strong>sciplina è completata dal comma 5, che mo<strong>di</strong>fical’art. 37, comma 4, della ricordata legge regionale n. 6 del 2002, eliminando ilriferimento agli dall’elenco <strong>delle</strong> categorienell’ambito <strong>delle</strong> quali deve essere scelto il personale da assegnare alle strutture inesame.Infine, il comma 6 <strong>di</strong>spone che agli oneri connessi alle attività oggetto dellaconvenzione si provvede con gli stanziamenti del capitolo <strong>di</strong> bilancio del Consiglioregionale concernente le spese del personale, per un importo non superiore agli oneri giàprevisti per il personale esterno alla pubblica amministrazione.6. – Il Presidente del Consiglio dei ministri censura nella norma impugnata non ladecisione della Regione Lazio <strong>di</strong> "esternalizzare" lo svolgimento <strong>di</strong> attività <strong>di</strong> servizioeffettuate al suo interno, ma quella <strong>di</strong> sottoporre a siffatto trattamento un particolare tipo<strong>di</strong> servizi e le concrete modalità con le quali l’operazione è realizzata.Ai fini della verifica della fondatezza del ricorso rileva anzitutto che – essendo gli onericonnessi alle attività oggetto della convenzione a carico del bilancio del Consiglioregionale, sia pure entro il limite prima in<strong>di</strong>cato – la manovra prevista dal censurato art.31 non arreca alla Regione, sul piano economico, alcun particolare vantaggio.Si impone poi la considerazione che i soggetti esterni alla pubblica amministrazionedestinati ai servizi <strong>di</strong> supporto alle strutture in esame, <strong>di</strong> cui la norma impugnataprevede l’"esternalizzazione", sono per definizione legati con rapporto fiduciarioparticolarmente intenso agli organi <strong>di</strong> in<strong>di</strong>rizzo politico della Regione, come èeloquentemente comprovato dal ricordato art. 11 del regolamento <strong>di</strong> organizzazione delConsiglio, in base al quale tali collaboratori esterni sono assunti per una durata massima<strong>di</strong> 5 anni, che non può mai oltrepassare la scadenza della legislatura.Pertanto, la norma impugnata comporta che dal 1° gennaio 2004 la fine della legislaturanon determina più, come per il passato, la cessazione del rapporto <strong>di</strong> lavoro <strong>di</strong> <strong>di</strong>rittoprivato dei soggetti esterni addetti alle strutture <strong>di</strong> <strong>di</strong>retta collaborazione del Consiglioregionale, ormai <strong>di</strong>venuti <strong>di</strong>pendenti a tempo indeterminato della società Lazio Services.p.a. E in conseguenza preclude agli organi <strong>di</strong> vertice dei Consigli regionali nellelegislature successive <strong>di</strong> potersi valere, per la durata del mandato, <strong>di</strong> collaboratori <strong>di</strong>loro fiducia, <strong>di</strong>versi dai <strong>di</strong>pendenti della società, se non accettando che il nuovopersonale così assunto si aggiunga ad essi, con inevitabile aggravio del bilancioregionale, che già sostiene gli .Siffatti rilievi valgono da soli a porre in luce come l’art. 31 della legge della RegioneLazio n. 2 del 2004 – a prescindere dall’intrinseca irragionevolezza del suo contenuto edalla sua incidenza sull’or<strong>di</strong>namento civile <strong>di</strong> competenza esclusiva dello Stato –introduca una modalità <strong>di</strong> organizzazione degli uffici <strong>di</strong> vertice del Consiglio regionaleche ne pregiu<strong>di</strong>ca il buon andamento, in violazione del precetto <strong>di</strong> cui all’art. 97, primocomma, della Costituzione.23


La norma impugnata deve pertanto essere <strong>di</strong>chiarata costituzionalmente illegittima, conassorbimento <strong>di</strong> ogni altro profilo <strong>di</strong> censura.Per questi motiviLA CORTE COSTITUZIONALEriservata a separata pronuncia la decisione sull’ulteriore questione <strong>di</strong> legittimitàcostituzionale dell’art. 6 della legge della Regione Lazio 27 febbraio 2004, n. 2,sollevata dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso in epigrafe;<strong>di</strong>chiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 31 della legge della Regione Lazio 27febbraio 2004, n. 2 (Legge finanziaria regionale per l’esercizio 2004).Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7luglio 2005.F.to:Piero Alberto CAPOTOSTI, PresidenteFranco BILE, RedattoreGiuseppe DI PAOLA, CancelliereDepositata in Cancelleria il 15 luglio 2005.9) CORTE COSTITUZIONALE, SENTENZA N. 104/2007Considerato in <strong>di</strong>ritto1. – Vengono all’esame della Corte questioni <strong>di</strong> legittimità costituzionale relative a<strong>di</strong>sposizioni legislative della Regione Lazio e della Regione Siciliana in materia <strong>di</strong>regime della <strong>di</strong>rigenza nelle aziende sanitarie locali e nelle aziende ospedaliere, nonchénell’amministrazione e negli enti regionali.I giu<strong>di</strong>zi possono essere riuniti e decisi con unica sentenza.2. – Con sei or<strong>di</strong>nanze <strong>di</strong> identico contenuto (r.o. nn. da 9 a 14 del 2006), ilConsiglio <strong>di</strong> Stato ha sollevato questione <strong>di</strong> legittimità costituzionale del «combinato<strong>di</strong>sposto» dell’articolo 55, comma 4, della legge della Regione Lazio 11 novembre2004, n. 1 (Nuovo Statuto della Regione Lazio), e dell’articolo 71, commi 1, 3 e 4,lettera a), della legge della Regione Lazio 17 febbraio 2005 n. 9 (Legge finanziariaregionale per l’esercizio 2005), in riferimento agli articoli 97, 32, 117, terzo comma,ultimo periodo, e 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione.Si tratta <strong>di</strong> <strong>di</strong>sposizioni che configurano nella Regione Lazio – e nel caso <strong>di</strong> speciesono applicate ai <strong>di</strong>rettori generali <strong>delle</strong> Asl – il metodo <strong>di</strong> relazioni fra politica eamministrazione nel quale si riflette «la scelta <strong>di</strong> fondo <strong>di</strong> commisurare la durata <strong>delle</strong>24


nomine e degli incarichi <strong>di</strong>rigenziali a quella degli organi d’in<strong>di</strong>rizzo politico» (sentenzan. 233 del 2006).2.1. – Va esaminata, in primo luogo, l’eccezione <strong>di</strong> inammissibilità sollevata, daalcune parti private (controinteressate nei giu<strong>di</strong>zi principali), sul presupposto che ilgiu<strong>di</strong>ce remittente sarebbe incorso in una «evidente contrad<strong>di</strong>ttorietà» <strong>di</strong> motivazionecirca la sussistenza della propria giuris<strong>di</strong>zione, per aver confuso l’inse<strong>di</strong>amento delnuovo Consiglio regionale e, cioè, l’evento oggettivo cui è collegata, secondo le normecensurate, l’automatica cessazione dalla carica con la <strong>di</strong>screzionalitàdell’amministrazione nel determinare l’effetto (l’automatica cessazione della carica)stabilito dalla norma.Nel giu<strong>di</strong>zio principale, gli interessati hanno impugnato, da un lato, la letteracon la quale il presidente della Regione ha comunicato a ciascuno <strong>di</strong> loro chel’incarico <strong>di</strong> <strong>di</strong>rettore generale sarebbe cessato il novantesimo giorno successivoall’inse<strong>di</strong>amento del nuovo Consiglio regionale, così manifestando la volontà <strong>di</strong> nonconfermarli nell’incarico; dall’altro, gli atti <strong>di</strong> nomina dei nuovi <strong>di</strong>rettori generali.Il carattere <strong>di</strong>screzionale sia della «non conferma», sia <strong>delle</strong> nuove nomine rendenon implausibile l’affermazione, brevemente motivata, della propria giuris<strong>di</strong>zione daparte del giu<strong>di</strong>ce remittente.2.2. – Sempre con riguardo all’ammissibilità della questione, non v’è dubbio che,<strong>di</strong>versamente da quanto sostenuto da alcune parti private, le Asl rientrino fra gli «entipubblici <strong>di</strong>pendenti», ai cui «componenti degli organi istituzionali» si applica ladecadenza automatica regolata dalle <strong>di</strong>sposizioni censurate.Le Asl sono, infatti, costituite con legge regionale (per il Lazio, dalla leggeregionale 16 giugno 1994, n. 18, recante «Disposizioni per il rior<strong>di</strong>no del serviziosanitario regionale ai sensi del decreto legislativo 30 <strong>di</strong>cembre 1992, n. 502, esuccessive mo<strong>di</strong>ficazioni e integrazioni. Istituzione <strong>delle</strong> aziende unità sanitarie locali e<strong>delle</strong> aziende ospedaliere»); sono sottoposte al controllo, alla vigilanza e al potered’in<strong>di</strong>rizzo regionali, sia quanto all’attività che quanto agli organi; i loro bilanci eren<strong>di</strong>conti sono approvati dalla Regione, che assicura le necessarie risorse finanziarie; illoro organo istituzionale <strong>di</strong> vertice – il <strong>di</strong>rettore generale – è nominato dal presidentedella Regione. In ogni caso, la Regione Lazio ha definito enti pubblici <strong>di</strong>pendenti dallaRegione tutti quelli «che operano nell’ambito del territorio regionale e nelle materieriservate alla competenza della regione stessa» (art. 56 della legge regionale 20novembre 2001, n. 25, recante «Norme in materia <strong>di</strong> programmazione, bilancio econtabilità della Regione»). Infine, la giurisprudenza della Corte ha qualificato le Aslcome lo «strumento attraverso il quale la Regione provvede all’erogazione dei servizisanitari nell’esercizio della competenza in materia <strong>di</strong> tutela della salute ad essa attribuitadalla Costituzione» (sentenza n. 220 del 2003).2.3. – Sono, invece, inammissibili gli autonomi motivi <strong>di</strong> censura proposti, conriferimento agli artt. 98 e 117, primo comma, Cost., da alcune parti private, potendoqueste soltanto argomentare in or<strong>di</strong>ne ai profili <strong>di</strong> illegittimità costituzionale prospettatidal giu<strong>di</strong>ce remittente.2.4. – Nel merito, la violazione dell’art. 97 Cost. viene prospettata dal giu<strong>di</strong>ceremittente sul presupposto che le <strong>di</strong>sposizioni censurate, ricollegando la cessazionedalla carica al rinnovo del Consiglio regionale, manifestano «l’evidente finalità <strong>di</strong>consentire alle forze politiche <strong>di</strong> cui è espressione il nuovo Consiglio <strong>di</strong> sostituire i25


preposti agli organi istituzionali» degli enti che <strong>di</strong>pendono dalla Regione. Ne<strong>di</strong>scenderebbe «una cesura nella continuità dell’azione amministrativa esplicata daltitolare della carica», e ciò non in <strong>di</strong>pendenza <strong>di</strong> una valutazione dell’attività svolta(viene richiamata, al riguardo, la sentenza n. 193 del 2002), ma come conseguenza <strong>di</strong>un evento oggettivo, quale – appunto – l’inse<strong>di</strong>amento del nuovo Consiglio all’esitodella consultazione elettorale; donde il contrasto con i principi <strong>di</strong> buon andamento eimparzialità dell’amministrazione.2.5. – La questione è fondata.2.6. – Le Asl, in quanto strutture cui spetta <strong>di</strong> erogare l’assistenza, i servizi e leprestazioni sanitarie nell’ambito dei servizi sanitari regionali, assolvono compiti <strong>di</strong>natura essenzialmente tecnica, che esercitano con la veste giuri<strong>di</strong>ca <strong>di</strong> aziendepubbliche, dotate <strong>di</strong> autonomia impren<strong>di</strong>toriale, sulla base degli in<strong>di</strong>rizzi generalicontenuti nei piani sanitari regionali e negli in<strong>di</strong>rizzi applicativi impartiti dalle Giunteregionali (art. 3 del decreto legislativo 30 <strong>di</strong>cembre 1992, n. 502, recante «Rior<strong>di</strong>nodella <strong>di</strong>sciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992,n. 421»; art. 1 della legge della Regione Lazio n. 18 del 1994).In coerenza con tali caratteristiche, è stabilito che i <strong>di</strong>rettori generali <strong>delle</strong> Asl sianonominati fra persone in possesso <strong>di</strong> specifici requisiti culturali e professionali e sianosoggetti a perio<strong>di</strong>che verifiche degli obiettivi e dei risultati aziendali conseguiti (oltreche alla risoluzione del contratto <strong>di</strong> lavoro per gravi motivi, ovvero per violazione <strong>di</strong>legge o dei principî <strong>di</strong> imparzialità e buon andamento) (art. 8 della legge della RegioneLazio n. 18 del 1994).Nella Regione Lazio, in particolare, è previsto che la nomina dei <strong>di</strong>rettori generali<strong>delle</strong> Asl sia il risultato <strong>di</strong> un proce<strong>di</strong>mento nel quale, a seguito <strong>di</strong> un avviso dapubblicare nella Gazzetta Ufficiale (e <strong>di</strong> cui dare notizia attraverso il BollettinoUfficiale della Regione), il Presidente della Regione in<strong>di</strong>vidua i <strong>di</strong>rettori avvalendosi <strong>di</strong>«tre esperti» in <strong>di</strong>rezione aziendale o <strong>di</strong> una «agenzia <strong>di</strong> servizi accre<strong>di</strong>tata a livellonazionale per la consulenza, la formazione e la selezione dei quadri e <strong>di</strong>rigentiaziendali» e dopo aver u<strong>di</strong>to il parere non vincolante della commissione consiliarecompetente in materia <strong>di</strong> sanità (art. 8, commi 1-2, della legge regionale n. 18 del 1994).Inoltre, la «decadenza» dall’incarico per grave <strong>di</strong>savanzo nella gestione aziendale, pergravi violazioni <strong>di</strong> legge o dei principi <strong>di</strong> buon andamento e imparzialitàdell’amministrazione o per altri gravi motivi è <strong>di</strong>sposta previa deliberazione –ovviamente motivata – della Giunta regionale, nell’esercizio <strong>delle</strong> sue funzioni <strong>di</strong>vigilanza «sulla corretta ed economica gestione <strong>delle</strong> risorse assegnate, sullaimparzialità e buon andamento della attività, sulla qualità dell’assistenza» (artt. 8,commi 6 e 6-bis, e 2, comma 2, lett e), della legge regionale n. 18 del 1994).Il <strong>di</strong>rettore generale <strong>di</strong> Asl viene, quin<strong>di</strong>, qualificato dalle norme come una figuratecnico-professionale che ha il compito <strong>di</strong> perseguire, nell’adempimento <strong>di</strong>un’obbligazione <strong>di</strong> risultato (oggetto <strong>di</strong> un contratto <strong>di</strong> lavoro autonomo), gli obiettivigestionali e operativi definiti dal piano sanitario regionale (a sua volta elaborato inarmonia con il piano sanitario nazionale), dagli in<strong>di</strong>rizzi della Giunta, dalprovve<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> nomina e dal contratto <strong>di</strong> lavoro con l’amministrazione regionale.2.7. – In questo contesto <strong>di</strong> relazioni fra il <strong>di</strong>rettore generale <strong>di</strong> Asl el’amministrazione regionale si inseriscono le norme censurate, che hanno introdotto26


nella Regione Lazio – quale regime permanente – la decadenza automatica del <strong>di</strong>rettoregenerale allo scadere del novantesimo giorno dall’inse<strong>di</strong>amento del Consiglio regionale.Tale decadenza automatica non sod<strong>di</strong>sfa l’esigenza <strong>di</strong> preservare un rapporto<strong>di</strong>retto fra organo politico e <strong>di</strong>rettore generale e, quin<strong>di</strong>, la «coesione tra l’organopolitico regionale […] e gli organi <strong>di</strong> vertice dell’apparato burocratico […]» (sentenzan. 233 del 2006). Infatti, essa interviene anche nel caso in cui la compagine <strong>di</strong> governoregionale venga confermata dal risultato elettorale che ha portato all’elezione del nuovoConsiglio. Né alla menzionata esigenza supplisce l’eventuale conferma del <strong>di</strong>rettoregenerale, non essendo previsto che essa sia preceduta da un’apposita valutazione, né chesia motivata.Inoltre, nell’assetto organizzativo regionale vi è una molteplicità <strong>di</strong> livelli interme<strong>di</strong>lungo la linea <strong>di</strong> collegamento che unisce l’organo politico ai <strong>di</strong>rettori generali <strong>delle</strong>Asl. Il rapporto fra questi e quello è me<strong>di</strong>ato da strutture <strong>di</strong>pendenti dalla Giunta: uffici<strong>di</strong> <strong>di</strong>retta collaborazione, <strong>di</strong>partimento e, al suo interno, una <strong>di</strong>rezione generale («Tuteladella salute e sistema sanitario regionale»), composta da 18 «aree» e dotata <strong>di</strong>un’apposita struttura <strong>di</strong> staff per il «Coor<strong>di</strong>namento interventi socio-sanitari». Dunque,non vi è un rapporto istituzionale <strong>di</strong>retto e imme<strong>di</strong>ato fra organo politico e <strong>di</strong>rettorigenerali.Infine, la decadenza automatica del <strong>di</strong>rettore generale è collegata al verificarsi <strong>di</strong> unevento – il decorso <strong>di</strong> novanta giorni dall’inse<strong>di</strong>amento del Consiglio regionale – che èin<strong>di</strong>pendente dal rapporto tra organo politico e <strong>di</strong>rettori generali <strong>di</strong> Asl. Dunque, il<strong>di</strong>rettore generale viene fatto cessare dal rapporto (<strong>di</strong> ufficio e <strong>di</strong> lavoro) con la Regioneper una causa estranea alle vicende del rapporto stesso, e non sulla base <strong>di</strong> valutazioniconcernenti i risultati aziendali o il raggiungimento degli obiettivi <strong>di</strong> tutela della salute e<strong>di</strong> funzionamento dei servizi, o – ancora – per una <strong>delle</strong> altre cause che legittimerebberola risoluzione per inadempimento del rapporto.2.8. – Le <strong>di</strong>sposizioni censurate violano l’art. 97 Cost., sotto il duplice profilodell’imparzialità e del buon andamento dell’amministrazione.L’art. 97 Cost. sottopone gli uffici pubblici ad una riserva (relativa) <strong>di</strong> legge,sottraendoli all’esclusiva <strong>di</strong>sponibilità del governo; stabilisce che gli uffici pubblicisiano organizzati secondo i principi <strong>di</strong> imparzialità ed efficienza; prevede che l’accessoai pubblici uffici avvenga, <strong>di</strong> norma, me<strong>di</strong>ante procedure fondate sul merito.Questa Corte ha costantemente affermato che «il principio <strong>di</strong> imparzialità stabilitodall’art. 97 della Costituzione – unito quasi in en<strong>di</strong>a<strong>di</strong> con quelli della legalità e delbuon andamento dell'azione amministrativa – costituisce un valore essenziale cui deveinformarsi, in tutte le sue <strong>di</strong>verse articolazioni, l’organizzazione dei pubblici uffici»(sentenza n. 453 del 1990).Inoltre, ha sottolineato che «il principio <strong>di</strong> imparzialità […] si rifletteimme<strong>di</strong>atamente in altre norme costituzionali, quali l’art. 51 (tutti i citta<strong>di</strong>ni possonoaccedere agli uffici pubblici in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> eguaglianza, secondo i requisiti stabilitidalla legge) e l’art. 98 (i pubblici impiegati sono al servizio esclusivo della Nazione)della Costituzione, attraverso cui si mira a garantire l’amministrazione pubblica e i suoi<strong>di</strong>pendenti da influenze politiche o, comunque, <strong>di</strong> parte, in relazione al complesso <strong>delle</strong>fasi concernenti l'impiego pubblico (accesso all’ufficio e svolgimento della carriera)»(sentenza n. 333 del 1993). Affermazione, questa, che riprende le parole del relatorenella Seconda sottocommissione dell’Assemblea costituente sul testo che <strong>di</strong>verrà l’art.27


97 Cost., per cui «la necessità <strong>di</strong> includere nella Costituzione alcune norme riguardantila pubblica amministrazione» si riporta, fra l’altro, all’esigenza «<strong>di</strong> assicurare aifunzionari alcune garanzie per sottrarli alle influenze dei partiti politici. Lo sforzo <strong>di</strong> unacostituzione democratica, oggi che al potere si alternano i partiti, deve tendere agarantire una certa in<strong>di</strong>pendenza ai funzionari dello Stato, per avere un’amministrazioneobiettiva della cosa pubblica e non un’amministrazione dei partiti».La Corte, poi, ha affermato che gli artt. 97 e 98 Cost. sono corollaridell’imparzialità, in cui si esprime la <strong>di</strong>stinzione tra politica e amministrazione, tral’azione del governo – normalmente legata alle impostazioni <strong>di</strong> una parte politica,espressione <strong>delle</strong> forze <strong>di</strong> maggioranza – e l’azione dell’amministrazione, che,«nell’attuazione dell’in<strong>di</strong>rizzo politico della maggioranza, è vincolata invece ad agiresenza <strong>di</strong>stinzione <strong>di</strong> parti politiche, al fine del perseguimento <strong>delle</strong> finalità pubblicheobbiettivate dall’or<strong>di</strong>namento». E in questa prospettiva, «collegata allo stesso impiantocostituzionale del potere amministrativo nel quadro <strong>di</strong> una democrazia pluralista», sispiega come «il concorso pubblico, quale meccanismo <strong>di</strong> selezione tecnica e neutraledei più capaci, resti il metodo migliore per la provvista <strong>di</strong> organi chiamati a esercitare leproprie funzioni in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> imparzialità ed al servizio esclusivo della Nazione»(sentenze n. 333 del 1993 e n. 453 del 1990).Il perseguimento dell’interesse connesso alla scelta <strong>delle</strong> persone più idoneeall’esercizio della funzione pubblica deve avvenire «in<strong>di</strong>pendentemente da ogniconsiderazione per gli orientamenti politici […] dei vari concorrenti» (sentenza n. 453del 1990) e in modo che «il carattere esclusivamente tecnico del giu<strong>di</strong>zio [risulti]salvaguardato da ogni rischio <strong>di</strong> deviazione verso interessi <strong>di</strong> parte», così da «garantirescelte finali fondate sull'applicazione <strong>di</strong> parametri neutrali e determinate soltanto dallavalutazione <strong>delle</strong> attitu<strong>di</strong>ni e della preparazione dei can<strong>di</strong>dati» (sentenza n. 453 del1990). Di conseguenza, la selezione dei pubblici funzionari non ammette ingerenze <strong>di</strong>carattere politico, «espressione <strong>di</strong> interessi non riconducibili a valori <strong>di</strong> carattereneutrale e <strong>di</strong>staccato» (sentenza n. 333 del 1993), unica eccezione essendo costituitadall’esigenza che alcuni incarichi, quelli dei <strong>di</strong>retti collaboratori dell’organo politico,siano attribuiti a soggetti in<strong>di</strong>viduati intuitu personae, vale a <strong>di</strong>re con una modalità chemira a «rafforzare la coesione tra l’organo politico regionale (che in<strong>di</strong>ca le lineegenerali dell’azione amministrativa e conferisce gli incarichi in esame) e gli organi <strong>di</strong>vertice dell’apparato burocratico (ai quali tali incarichi sono conferiti ed ai qualicompete <strong>di</strong> attuare il programma in<strong>di</strong>cato), per consentire il buon andamentodell’attività <strong>di</strong> <strong>di</strong>rezione dell’ente (art. 97 Cost.)» (sentenza n. 233 del 2006).2.9. – A sua volta, il principio <strong>di</strong> efficienza dell’amministrazione trova esplicazionein una serie <strong>di</strong> regole, che vanno da quella <strong>di</strong> una razionale organizzazione degli uffici aquella <strong>di</strong> assicurarne il corretto funzionamento; a quella <strong>di</strong> garantire la regolarità e lacontinuità dell’azione amministrativa e, in particolare, dei pubblici servizi, anche almutare degli assetti politici (salva – come già notato – la rimozione del funzionarioquando ne siano accertate le responsabilità previste dall’or<strong>di</strong>namento); a quella per cui i<strong>di</strong>rigenti debbono essere sottoposti a perio<strong>di</strong>che verifiche circa il rispetto dei principi <strong>di</strong>imparzialità, funzionalità, flessibilità, trasparenza, nonché alla valutazione <strong>delle</strong> loroprestazioni in funzione dei risultati e degli obiettivi prefissati (salva, anche qui, larimozione per la valutazione ad esito negativo).Proprio con riferimento ai <strong>di</strong>rigenti, del resto, la Corte ha sottolineato che la<strong>di</strong>sciplina privatistica del loro rapporto <strong>di</strong> lavoro non ha abbandonato le «esigenze del28


perseguimento degli interessi generali» (sentenza n. 275 del 2001); che, in questalogica, essi godono <strong>di</strong> «specifiche garanzie» quanto alla verifica che gli incarichi sianoassegnati «tenendo conto, tra l’altro, <strong>delle</strong> attitu<strong>di</strong>ni e <strong>delle</strong> capacità professionali» e chela loro cessazione anticipata dall’incarico avvenga in seguito all’accertamento deirisultati conseguiti (sentenza n. 193 del 2002; or<strong>di</strong>nanza n. 11 del 2002); che illegislatore, proprio per porre i <strong>di</strong>rigenti (generali) «in con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> svolgere le lorofunzioni nel rispetto dei principî d’imparzialità e buon andamento della pubblicaamministrazione [...], ha accentuato [con il d.lgs. n. 80 del 1998] il principio della<strong>di</strong>stinzione tra funzione <strong>di</strong> in<strong>di</strong>rizzo politico-amministrativo degli organi <strong>di</strong> governo efunzione <strong>di</strong> gestione e attuazione amministrativa dei <strong>di</strong>rigenti» (or<strong>di</strong>nanza n. 11 del2002).Agli stessi principi si riporta la <strong>di</strong>sciplina del giusto proce<strong>di</strong>mento, specie dopol’entrata in vigore della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia <strong>di</strong>proce<strong>di</strong>mento amministrativo e <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> accesso ai documenti amministrativi), comemo<strong>di</strong>ficata dalla legge 11 febbraio 2005, n. 15, per cui il destinatario dell’atto deveessere informato dell’avvio del proce<strong>di</strong>mento, avere la possibilità <strong>di</strong> intervenire apropria <strong>di</strong>fesa, ottenere un provve<strong>di</strong>mento motivato, a<strong>di</strong>re un giu<strong>di</strong>ce.2.10. – In conclusione, l’imparzialità e il buon andamento dell’amministrazioneesigono che la posizione del <strong>di</strong>rettore generale sia circondata da garanzie; in particolare,che la decisione dell’organo politico relativa alla cessazione anticipata dall’incarico del<strong>di</strong>rettore generale <strong>di</strong> Asl rispetti il principio del giusto proce<strong>di</strong>mento. La <strong>di</strong>pendenzafunzionale del <strong>di</strong>rigente non può <strong>di</strong>ventare <strong>di</strong>pendenza politica. Il <strong>di</strong>rigente è sottopostoalle <strong>di</strong>rettive del vertice politico e al suo giu<strong>di</strong>zio, ed in seguito a questo può essereallontanato. Ma non può essere messo in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> precarietà che consentano ladecadenza senza la garanzia del giusto proce<strong>di</strong>mento.Dev’essere, pertanto, <strong>di</strong>chiarata l’illegittimità costituzionale del «combinato<strong>di</strong>sposto» dell’art. 71, commi 1, 3 e 4, lettera a), della legge della Regione Lazio n. 9 del2005 e dell’art. 55, comma 4, della legge della Regione Lazio n. 1 del 2004, nella partein cui prevede che i <strong>di</strong>rettori generali <strong>delle</strong> Asl decadono dalla carica il novantesimogiorno successivo alla prima seduta del Consiglio regionale, salvo conferma con lestesse modalità previste per la nomina; che tale decadenza opera a decorrere dal primorinnovo, successivo alla data <strong>di</strong> entrata in vigore dello Statuto; che la durata dei contrattidei <strong>di</strong>rettori generali <strong>delle</strong> Asl viene adeguata <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto al termine <strong>di</strong> decadenzadall’incarico.Gli altri profili <strong>di</strong> censura restano assorbiti.3. – Il Consiglio <strong>di</strong> Stato (r.o. n. 237 del 2006) ha sollevato questione <strong>di</strong> legittimitàcostituzionale dell’art. 53, comma 2, «e/o» dell’art. 55, comma 4, della legge dellaRegione Lazio n. 1 del 2004 (Nuovo Statuto della Regione Lazio) e dell’art. 71, commi1, 3 e 4, della legge della Regione Lazio n. 9 del 2005, per contrasto con gli artt. 97,117, terzo comma, ultimo periodo, e 117, secondo comma, lettera l), Cost.La questione, rispetto alla quale è ininfluente la rinuncia al ricorso, eccepita dallaRegione, nel giu<strong>di</strong>zio avanti al Tar del Lazio (in cui è stata emessa l’or<strong>di</strong>nanzaimpugnata nel giu<strong>di</strong>zio a quo), è comunque inammissibile.Essa è formulata, infatti, in termini, ad un tempo, congiuntivi («e») e alternativi(«o»), senza nesso <strong>di</strong> subor<strong>di</strong>nazione fra le due prospettazioni e senza in<strong>di</strong>viduare la29


norma ritenuta applicabile nel processo principale, lasciando alla Corte <strong>di</strong> scegliere la<strong>di</strong>sposizione da <strong>di</strong>chiarare eventualmente illegittima.4. – Il Tar del Lazio (r.o. n. 431 del 2006) ha sollevato questione <strong>di</strong> legittimitàcostituzionale dell’art. 43, commi 1 e 2, della legge della Regione Lazio 28 aprile 2006,n. 4, recante «Legge finanziaria regionale per l’esercizio 2006 (art. 11, legge regionale20 novembre 2001, n. 25)», in relazione agli articoli 3, primo comma, e 97 Cost.La questione, rispetto alla quale è ininfluente l’avvenuta rinuncia al ricorso nelgiu<strong>di</strong>zio a quo, è infondata.Il giu<strong>di</strong>ce remittente non svolge argomentazioni persuasive per <strong>di</strong>mostrare la natura<strong>di</strong> legge (o, meglio, <strong>di</strong> norma) provve<strong>di</strong>mento della <strong>di</strong>sposizione censurata.Egli si limita, infatti, da un lato, a rilevare l’«irrazionalità» della legge, consistentein ciò, che la norma, dopo aver soppresso un organo or<strong>di</strong>nario (il <strong>di</strong>rettore e i due vice<strong>di</strong>rettoridell’Arpa), attribuisce le stesse funzioni ad un organo straor<strong>di</strong>nario (ilcommissario e due vice-commissari); dall’altro, a prospettare il «presumibile carattere<strong>di</strong>scriminatorio della censurata <strong>di</strong>sposizione».Senonché, da una parte, è del tutto normale, nelle vicende <strong>di</strong> rior<strong>di</strong>no degli entipubblici, che gli organi straor<strong>di</strong>nari subentrino agli organi or<strong>di</strong>nari nell’esercizio <strong>delle</strong>loro funzioni. Dall’altra parte, il remittente non svolge argomentazioni sul carattere<strong>di</strong>scriminatorio della <strong>di</strong>sposizione.5. – Il Tribunale <strong>di</strong> Palermo (r.o. n. 589 del 2005), ha sollevato questione <strong>di</strong>legittimità costituzionale dell’art. 96 della legge della Regione Siciliana 26 marzo 2002,n. 2 (Disposizioni programmatiche e finanziarie per l’anno 2002), nella parte in cuiprevede che «gli incarichi <strong>di</strong> cui ai commi 5 e 6 già conferiti con contratto possonoessere revocati, mo<strong>di</strong>ficati e rinnovati entro novanta giorni dall’inse<strong>di</strong>amento del<strong>di</strong>rigente generale nella struttura cui lo stesso è preposto», con riferimento agli artt. 14dello statuto speciale della Regione Siciliana (r.d.lgs. 15 maggio 1946, n. 455,convertito in legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 2) e 97, primo comma, Cost.La questione è fondata.Va esclusa, anzitutto, l’applicabilità, nelle regioni a statuto speciale, come in quelleor<strong>di</strong>narie, dei principi della legge statale (legge n. 145 del 2002) concernenti il regimedei <strong>di</strong>rigenti nelle amministrazioni dello Stato (sentenza n. 233 del 2006).In secondo luogo, la Corte – con riferimento all’art. 97 Cost. – ha già ritenuto che,mentre il potere della Giunta regionale <strong>di</strong> conferire incarichi <strong>di</strong>rigenziali cosiddetti«apicali» a soggetti in<strong>di</strong>viduati intuitu personae mira ad assicurare quel continuum fraorgani politici e <strong>di</strong>rigenti <strong>di</strong> vertice che giustifica, nei confronti <strong>di</strong> questi ultimi, lacessazione degli incarichi loro conferiti dalla precedente Giunta regionale, «[a] taleschema rimangono […] estranei gli incarichi <strong>di</strong>rigenziali <strong>di</strong> livello “non generale”, nonconferiti <strong>di</strong>rettamente dal vertice politico e quin<strong>di</strong> non legati ad esso dallo stesso grado<strong>di</strong> contiguità che connota gli incarichi apicali» (ibidem).Si aggiunga che, nel caso <strong>di</strong> specie, l’avvicendamento dei titolari <strong>di</strong> incarichi<strong>di</strong>rigenziali non <strong>di</strong> vertice è fatto <strong>di</strong>pendere dalla <strong>di</strong>screzionale volontà del <strong>di</strong>rettoregenerale, nominato dal nuovo Governo regionale, con ciò aggiungendo una ulteriorecausa <strong>di</strong> revoca – peraltro senza che sia previsto obbligo <strong>di</strong> valutazione e <strong>di</strong> motivazione– a quelle <strong>di</strong> cui all’art. 10, comma 3, della legge regionale 15 maggio 2000, n. 10(Norme sulla <strong>di</strong>rigenza e sui rapporti <strong>di</strong> impiego e <strong>di</strong> lavoro alle <strong>di</strong>pendenze dellaRegione siciliana. Conferimento <strong>di</strong> funzioni e compiti agli enti locali. Istituzione dello30


Sportello unico per le attività produttive. Disposizioni in materia <strong>di</strong> protezione civile.Norme in materia <strong>di</strong> pensionamento), che sono connesse all’esito negativo dellavalutazione circa il conseguimento <strong>di</strong> risultati e obiettivi da parte del <strong>di</strong>rigente. Ciò inviolazione sia del principio <strong>di</strong> ragionevolezza evocato dalla sentenza n. 233 del 2006,sia del principio del giusto proce<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> cui s’è detto.Dev’essere, pertanto, <strong>di</strong>chiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 96 della leggedella Regione Siciliana n. 2 del 2002, nella parte in cui prevede che gli incarichi <strong>di</strong> cuiai commi 5 e 6 dello stesso articolo possono essere revocati entro novanta giornidall’inse<strong>di</strong>amento del <strong>di</strong>rigente generale nella struttura cui lo stesso è preposto.riuniti i giu<strong>di</strong>zi,PER QUESTI MOTIVILA CORTE COSTITUZIONALE<strong>di</strong>chiara l’illegittimità costituzionale del «combinato <strong>di</strong>sposto» dell’articolo 71,commi 1, 3 e 4, lettera a), della legge della Regione Lazio 17 febbraio 2005, n. 9 (Leggefinanziaria regionale per l’esercizio 2005), e dell’articolo 55, comma 4, della legge dellaRegione Lazio 11 novembre 2004, n. 1 (Nuovo Statuto della Regione Lazio), nella partein cui prevede che i <strong>di</strong>rettori generali <strong>delle</strong> Asl decadono dalla carica il novantesimogiorno successivo alla prima seduta del Consiglio regionale, salvo conferma con lestesse modalità previste per la nomina; che tale decadenza opera a decorrere dal primorinnovo, successivo alla data <strong>di</strong> entrata in vigore dello Statuto; che la durata dei contrattidei <strong>di</strong>rettori generali <strong>delle</strong> Asl viene adeguata <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto al termine <strong>di</strong> decadenzadall’incarico;<strong>di</strong>chiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 96 della legge della Regione Siciliana26 marzo 2002, n. 2 (Disposizioni programmatiche e finanziarie per l’anno 2002), nellaparte in cui prevede che gli incarichi <strong>di</strong> cui ai commi 5 e 6 già conferiti con contrattopossono essere revocati entro novanta giorni dall’inse<strong>di</strong>amento del <strong>di</strong>rigente generalenella struttura cui lo stesso è preposto;<strong>di</strong>chiara inammissibile la questione <strong>di</strong> legittimità costituzionale dell’art. 53,comma 2, «e/o» dell’art. 55, comma 4, della legge della Regione Lazio n. 1 del 2004 edell’art. 71, commi 1, 3 e 4, della legge della Regione Lazio n. 9 del 2005, sollevata,con riferimento agli artt. 97, 117, terzo comma, ultimo periodo, e 117, secondo comma,lettera l), Cost., dal Consiglio <strong>di</strong> Stato con l’or<strong>di</strong>nanza (r.o. n. 237 del 2006) in<strong>di</strong>cata inepigrafe;<strong>di</strong>chiara non fondata la questione <strong>di</strong> legittimità costituzionale dell’art. 43, commi 1e 2, della legge della Regione Lazio 28 aprile 2006, n. 4, recante «Legge finanziariaregionale per l'esercizio 2006 (art. 11, legge regionale 20 novembre 2001, n. 25)»,sollevata, con riferimento agli articoli 3, primo comma, e 97 Cost., dal Tribunaleamministrativo regionale del Lazio con l’or<strong>di</strong>nanza in<strong>di</strong>cata in epigrafe.Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il19 marzo 2007.F.to:Franco BILE, PresidenteSabino CASSESE, Redattore31


Depositata in Cancelleria il 23 marzo 2007.10) Corte costituzionale, 19 febbraio 1999 n. 34<strong>Diritto</strong>1. - Il Tribunale amministrativo regionale dell'Umbria dubita della legittimitàcostituzionale, in riferimento all'articolo 97 della Costituzione, dell'articolo 17, comma3, della legge della Regione Umbria 26 ottobre 1994, n. 35 (Rior<strong>di</strong>no <strong>delle</strong> funzioniamministrative regionali in materia <strong>di</strong> agricoltura e foreste: scioglimento dell'Ente <strong>di</strong>sviluppo agricolo in Umbria - ESAU - e istituzione dell'Agenzia regionale umbra per losviluppo e l'innovazione in agricoltura - ARUSIA -), che stabilisce, per ciò che riguardail collegio dei revisori dell'Agenzia, che la decadenza, le <strong>di</strong>missioni o il decesso <strong>di</strong> unosolo dei componenti comporta la rielezione dell'intero organo.Ad avviso del remittente, una simile previsione contrasterebbe con il principiodell'efficienza della pubblica amministrazione a causa <strong>delle</strong> con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> precarietànelle quali verrebbe ad operare il collegio dei revisori, i cui componenti verrebberoprivati della garanzia <strong>di</strong> una durata legale del mandato ed esposti all'alea <strong>di</strong> manovrenon sempre trasparenti, intese a provocare la sostituzione dei componenti non gra<strong>di</strong>ti,con conseguente pregiu<strong>di</strong>zio della posizione <strong>di</strong> imparzialità e <strong>di</strong> autonomia dell'organo.2. - La questione non è fondata.Secondo la costante giurisprudenza <strong>di</strong> questa Corte, in materia <strong>di</strong> organizzazione deipubblici uffici, nell'osservanza dei limiti segnati dai principí <strong>di</strong> imparzialità e buonandamento della pubblica amministrazione, spetta al legislatore, statale e regionale, unampio margine <strong>di</strong> <strong>di</strong>screzionalità, il cui esercizio può essere sottoposto a censura soloallorquando si <strong>di</strong>mostri la palese arbitrarietà o la manifesta irragionevolezza della sceltacompiuta (sentenze nn. 135, 63 e 40 del 1998, 320, 153 e 59 del 1997, 63 del 1995).Nel caso in esame i limiti imposti alla <strong>di</strong>screzionalità del legislatore dall'art. 97 dellaCostituzione non sono stati superati. L'obiettivo perseguito dalla legge regionale umbrain tema <strong>di</strong> composizione del collegio dei revisori dell'Agenzia regionale è quello <strong>di</strong>garantire una adeguata presenza <strong>delle</strong> minoranze nell'organo <strong>di</strong> controllo: a questo fine èrivolta la previsione che i componenti del collegio (tre membri effettivi e due supplenti,tutti iscritti nel registro dei revisori contabili) siano eletti dal Consiglio regionale convoto limitato e a questo medesimo fine corrisponde l'art. 17, comma 3, della leggeregionale n. 35 del 1994, che impone la rinnovazione integrale del collegio nelle ipotesi<strong>di</strong> decadenza, decesso o <strong>di</strong>missioni <strong>di</strong> alcuno dei suoi componenti. Tale scelta procedeevidentemente dall'idea che, in relazione ad un ente, definito organismo tecnicooperativoe strumentale della Regione, dotato <strong>di</strong> autonomia amministrativa,patrimoniale, contabile e finanziaria, e articolato in due soli organi, l'amministratoreunico e il collegio dei revisori, l'effettività dell'attività <strong>di</strong> controllo svolta daquest'ultimo, essendo la sua elezione attribuita all'organo <strong>di</strong> rappresentanza politica,postuli la presenza <strong>di</strong> membri eletti dalla minoranza.Non è verosimilmente estranea alla soluzione prescelta la considerazione sia dellaposizione centrale che l'Agenzia è destinata ad assumere nel <strong>di</strong>segno <strong>di</strong> rior<strong>di</strong>no <strong>delle</strong>32


funzioni amministrative regionali in materia <strong>di</strong> agricoltura e foreste, sia della particolarerilevanza <strong>delle</strong> attribuzioni riservate al collegio dei revisori; le quali, se <strong>di</strong> norma hannonatura prevalentemente tecnica, in non pochi casi comprendono attività suscettibili <strong>di</strong>incidere nel merito <strong>delle</strong> scelte lato sensu politiche demandate all'ente, in qualche modocon<strong>di</strong>zionandole.La recente legge regionale 9 giugno 1998, n. 19 (Strutture operative nell'agricoltura:<strong>di</strong>sciolto ESAU ed ARUSIA), ha potenziato le verifiche sui risultati della gestione, che,secondo il modello del d.P.R. 3 febbraio 1993, n. 29 (Razionalizzazionedell'organizzazione <strong>delle</strong> amministrazioni pubbliche e revisione della <strong>di</strong>sciplina inmateria <strong>di</strong> pubblico impiego, a norma dell'art. 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), acui la Regione vorrebbe ispirarsi, non costituiscono più compito esclusivo dell'organo <strong>di</strong>controllo, ma vengono configurate come una sorta <strong>di</strong> fase necessaria dell'amministrare esono sottoposte alla valutazione <strong>di</strong> un'apposita conferenza tra la Regione e l'Agenzia. Leinnovazioni introdotte da tale legge, sulle quali questa Corte non è chiamata apronunciarsi, lasciano inalterati i compiti del collegio dei revisori, tra i quali spiccano,accanto al riscontro contabile e alle altre funzioni <strong>di</strong> controllo elencate nell'art. 19 dellalegge n. 35 del 1994, i pareri che esso è chiamato a rendere sui programmi annualidell'Agenzia nei quali devono essere in<strong>di</strong>viduate le attività da svolgere e in<strong>di</strong>cati i settori<strong>di</strong> intervento, le iniziative progettuali, i beneficiari, le previsioni <strong>di</strong> spesa, i mezzi perattuare tali iniziative, nonché gli strumenti per la verifica dei risultati. Se poi siconsidera che l'azione amministrativa dell'Agenzia, come si desume dall'art. 18 in tema<strong>di</strong> attribuzioni dell'amministratore unico, è subor<strong>di</strong>nata alle previsioni programmatiche ealle <strong>di</strong>rettive del Consiglio e della Giunta regionale, non appare affatto arbitraria ladecisione <strong>di</strong> proteggere con stringenti garanzie l'articolarsi dell'attività <strong>di</strong> controllo, e <strong>di</strong>configurare il collegio dei revisori come sede nella quale i componenti eletti dalleminoranze consiliari possano assumere all'occorrenza un ruolo <strong>di</strong> stimolo.3. - Se dunque la scelta <strong>di</strong> assicurare con lo strumento tecnico dell'elezione con votolimitato la presenza <strong>di</strong> membri riferibili alla minoranza non è manifestamenteirragionevole né arbitraria, non è censurabile, secondo i criteri che presiedono alsindacato condotto in riferimento all'art. 97 della Costituzione, il fatto che la leggeregionale abbia considerato la partecipazione minoritaria all'attività <strong>di</strong> controllo comecoessenziale all'esistenza stessa dell'organo cui tale funzione è attribuita.Deve pertanto ritenersi non palesemente incongrua rispetto a questa finalità laprevisione che, in caso <strong>di</strong> cessazione dall'incarico <strong>di</strong> taluno dei componenti prima dellanaturale scadenza del mandato, il collegio dei revisori venga rinnovato per intero,affinché sia mantenuta in seno al collegio la proporzione tra componenti eletti dallamaggioranza e componenti eletti dalla minoranza. La surrogazione con semplicedeliberazione <strong>di</strong> maggioranza del Consiglio regionale avrebbe potuto infatti vanificarel'effettività della scelta organizzativa e della finalità garantistica che l'ha ispirata.Non si può <strong>di</strong>re che la soluzione prescelta sia l'unica idonea a condurre a conseguenze laconcezione che fa da sfondo al sistema dell'elezione con voto limitato. Differentisoluzioni, pure previste in altri or<strong>di</strong>namenti regionali - nei quali, ad esempio, lafunzione <strong>di</strong> garanzia dell'equilibrio tra maggioranza e minoranza è attribuita alPresidente del Consiglio regionale - avrebbero potuto essere adottate, ma proprio nellascelta tra queste soluzioni sta l'ambito della <strong>di</strong>screzionalità rimessa al legislatore, stataleo regionale, in materia <strong>di</strong> organizzazione dei pubblici uffici. In sede <strong>di</strong> controllo <strong>di</strong>legittimità da parte <strong>di</strong> questa Corte rileva soltanto che la finalità <strong>di</strong> garanzia non è stataassunta arbitrariamente e non è riscontrabile nella legge regionale alcuna palese33


<strong>di</strong>scontinuità, sproporzione o incongruenza tra il mezzo prescelto e il fine perseguito,posto che anche il modello adottato dal censurato art. 17, comma 3, è inteso a garantire,in linea tendenziale, il prestabilito rapporto tra maggioranza e minoranza nel collegio.4. - Una volta chiarito che la <strong>di</strong>sciplina posta dall'art. 17 esprime un'istanza <strong>di</strong>moderazione del potere <strong>di</strong> maggioranza nell'attività <strong>di</strong> controllo, anche il rilievo delremittente secondo cui, in base al previsto meccanismo <strong>di</strong> surrogazione, i singolimembri del collegio verrebbero privati della garanzia della durata dell'incarico non puòcondurre a censurare la scelta del legislatore umbro. Non appare infatti né arbitrario néirragionevole che, nel bilanciamento fra l'interesse in<strong>di</strong>viduale dei singoli revisori allacertezza della durata dell'incarico e l'esigenza <strong>di</strong> assicurare una più incisiva e trasparenteattività <strong>di</strong> controllo sull'amministrazione dell'ente facendo sì che in esso non venga maiad affievolirsi la possibilità dell'apporto critico dei revisori eletti dalla minoranzaconsiliare, la scelta legislativa sia caduta su quest'ultima.P.Q.MLA CORTE COSTITUZIONALE<strong>di</strong>chiara non fondata la questione <strong>di</strong> legittimità costituzionale dell'articolo 17, comma 3,della legge della Regione Umbria 26 ottobre 1994, n. 35 (Rior<strong>di</strong>no <strong>delle</strong> funzioniamministrative regionali in materia <strong>di</strong> agricoltura e foreste: scioglimento dell'Ente <strong>di</strong>sviluppo agricolo in Umbria - ESAU - e istituzione dell'Agenzia regionale umbra per losviluppo e l'innovazione in agricoltura - ARUSIA -), sollevata, in riferimento all'articolo97 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale dell'Umbria conl'or<strong>di</strong>nanza in<strong>di</strong>cata in epigrafe.11) Corte costituzionale, 3 maggio 2002, n. 145<strong>di</strong>ritto1.- Il Tribunale amministrativo regionale per la Campania, con tre <strong>di</strong>stinte or<strong>di</strong>nanze,dubita, in riferimento agli artt. 3, 4, 24, 27, 35, 36 e 97 della Costituzione, dellalegittimità costituzionale dell'art. 4 della legge 27 marzo 2001, n. 97 (Norme sulrapporto tra proce<strong>di</strong>mento penale e proce<strong>di</strong>mento <strong>di</strong>sciplinare ed effetti del giu<strong>di</strong>catopenale nei confronti dei <strong>di</strong>pendenti <strong>delle</strong> amministrazioni pubbliche), secondo cui i<strong>di</strong>pendenti pubblici, in caso <strong>di</strong> condanna, anche non definitiva, per alcuno dei delittiprevisti dagli artt. 314, primo comma, 317, 318, 319, 319-ter e 320 del co<strong>di</strong>ce penale edall'art. 3 della legge 9 <strong>di</strong>cembre 1941, n. 1383, sono sospesi dal servizio e lasospensione perde efficacia se per il fatto è successivamente pronunciata sentenza <strong>di</strong>proscioglimento o <strong>di</strong> assoluzione anche non definitiva ed in ogni caso decorso unperiodo <strong>di</strong> tempo pari a quello <strong>di</strong> prescrizione del reato.Il rimettente solleva in effetti due <strong>di</strong>stinte questioni.La censura formulata in via principale si riferisce al comma 1 della norma impugnata e -nonostante i numerosi parametri evocati - riguarda in realtà l'esclusivo profilorappresentato dal non ragionevole bilanciamento che la <strong>di</strong>sposizione, per il suo rigidoautomatismo, opererebbe tra le esigenze <strong>di</strong> buon andamento ed imparzialità dellapubblica amministrazione e la tutela dei <strong>di</strong>ritti del <strong>di</strong>pendente, compressi dalla misuracautelare.In via subor<strong>di</strong>nata, il rimettente solleva invece questione <strong>di</strong> legittimità costituzionale del34


comma 2 della stessa norma, nella parte in cui prevede una durata della sospensione parial decorso del termine <strong>di</strong> prescrizione del reato e, perciò, eccessivamente lunga.Attesa l'identità <strong>delle</strong> questioni sollevate, i giu<strong>di</strong>zi vanno preliminarmente riuniti peressere decisi con unica sentenza.2.- La questione sollevata in via principale non è fondata.2.1.- Questa Corte ha già avuto modo <strong>di</strong> affermare che, pur dovendo essere, in viaor<strong>di</strong>naria, la stessa amministrazione a valutare l'opportunità <strong>di</strong> <strong>di</strong>sporre la misuracautelare della sospensione dal servizio, non si può, tuttavia, "negare al legislatore,nell'esercizio <strong>di</strong> una non irragionevole <strong>di</strong>screzionalità, la facoltà <strong>di</strong> identificare ipotesicircoscritte nelle quali l'esigenza cautelare che fonda la sospensione è apprezzata in viagenerale ed astratta dalla stessa legge (compiendosi dunque per legge quella valutazionedella particolare gravità della "natura del reato" che normalmente è affidataall'amministrazione in sede <strong>di</strong> adozione del provve<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> sospensione ai sensidell'art. 91, comma 1, d.P.R. n. 3 del 1957)" (sentenza n. 206 del 1999).Contrariamente a quanto ritenuto dalle or<strong>di</strong>nanze <strong>di</strong> rimessione, deve, pertanto,escludersi che l'ambito <strong>delle</strong> misure cautelari automatiche sia stato da questa Cortecircoscritto al solo delitto <strong>di</strong> associazione per delinquere <strong>di</strong> stampo mafioso, essendo,invece, nella citata sentenza esplicito l'assunto secondo cui l'in<strong>di</strong>viduazione <strong>delle</strong> purlimitate ipotesi alle quali ricollegare la sospensione obbligatoria dal servizio rientranella <strong>di</strong>screzionalità del legislatore. Fermo sempre restando il controllo <strong>di</strong>ragionevolezza sull'esercizio della <strong>di</strong>screzionalità legislativa.2.2.- Passando all'esame <strong>di</strong> tale ultimo profilo va, anzitutto, osservato che sia l'interessegenerale al buon andamento della pubblica amministrazione che il rapporto <strong>di</strong> fiduciadei citta<strong>di</strong>ni verso quest'ultima possono risultare gravemente compromessi dallapermanenza in servizio <strong>di</strong> un <strong>di</strong>pendente condannato - sia pure in via non definitiva -per taluno dei delitti riguardati dalla norma impugnata. E ciò in considerazione dellaparticolare gravità dei delitti stessi, comportanti la violazione dei fondamentali obblighi<strong>di</strong> fedeltà del pubblico <strong>di</strong>pendente.Emerge, d'altro canto, con chiarezza, dai lavori preparatori, che l'intervento <strong>delle</strong>gislatore, a tutela dei suddetti interessi, si è reso necessario per ovviare ad unasituazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffusa inerzia della pubblica amministrazione nell'esercizio del suo potere<strong>di</strong> sospensione facoltativa dal servizio del <strong>di</strong>pendente sottoposto a proce<strong>di</strong>mento penaleper reati <strong>di</strong> notevole gravità e, sotto altro aspetto, per ristabilire in materia il principio <strong>di</strong>pari trattamento per tutti i pubblici <strong>di</strong>pendenti.2.3.- La totale assenza <strong>di</strong> motivazione riguardo agli ulteriori parametri evocati nelleor<strong>di</strong>nanze <strong>di</strong> rimessione risulta, poi, preclusiva <strong>di</strong> qualsiasi valutazione al riguardo.3.- In via subor<strong>di</strong>nata il rimettente dubita della legittimità costituzionale della normaimpugnata nella parte in cui prevede che la misura perda efficacia "decorso un periodo<strong>di</strong> tempo pari a quello <strong>di</strong> prescrizione del reato", trattandosi - a suo avviso - <strong>di</strong> untermine eccessivamente lungo, in relazione alla finalità cautelare della misura stessa.La censura è fondata, nei sensi <strong>di</strong> seguito precisati.3.1.- La norma impugnata prevede, al comma 2, che la misura cautelare perde efficaciain due <strong>di</strong>versi casi: se per il fatto è successivamente pronunciata sentenza <strong>di</strong>proscioglimento o <strong>di</strong> assoluzione anche non definitiva ovvero dopo il decorso <strong>di</strong> unperiodo <strong>di</strong> tempo pari a quello <strong>di</strong> prescrizione del reato.Quanto alla prima <strong>delle</strong> due ipotesi, la sospensione resta in questo caso caducata inquanto la sentenza <strong>di</strong> proscioglimento o <strong>di</strong> assoluzione determina il venir meno delpresupposto stesso della misura, rappresentato appunto dall'esistenza <strong>di</strong> una sentenza <strong>di</strong>35


condanna.Sicché, deve escludersi che, nella specie, ricorra la previsione <strong>di</strong> un mero termine <strong>di</strong>durata della misura cautelare.Conclusivamente, l'unico termine <strong>di</strong> durata previsto dalla norma è quello, fissato dallegislatore per relationem, rappresentato dal decorso <strong>di</strong> un periodo <strong>di</strong> tempo pari altermine <strong>di</strong> prescrizione dello specifico reato cui la condanna non definitiva si riferisce.3.2.- Nella sentenza n. 206 del 1999 si afferma che "una misura cautelare, proprioperché tale, e cioè tendente a proteggere un interesse nell'attesa <strong>di</strong> un successivoaccertamento (nella specie giu<strong>di</strong>ziale), deve per sua natura essere contenuta nei limiti <strong>di</strong>durata strettamente in<strong>di</strong>spensabili per la protezione <strong>di</strong> quell'interesse, e non deve esseretale da gravare eccessivamente sui <strong>di</strong>ritti che essa provvisoriamente comprime", inossequio al criterio <strong>di</strong> proporzionalità della misura cautelare, riconducibile all'art. 3della Costituzione.Tale principio risulta violato dalla <strong>di</strong>sposizione in esame.Va considerato infatti che, in relazione ad alcuni fra i delitti in<strong>di</strong>cati dalla norma, iltermine <strong>di</strong> prescrizione può raggiungere una durata ultradecennale tenuto conto anchedegli effetti interruttivi della sentenza <strong>di</strong> condanna ai sensi dell'art. 160, ultimo comma,del co<strong>di</strong>ce penale.Un siffatto periodo <strong>di</strong> tempo, se assunto quale termine <strong>di</strong> durata <strong>di</strong> una misura cautelare,non può che ritenersi manifestamente eccessivo, comportando, nel bilanciamento deicontrapposti interessi, una evidente quanto irragionevole compressione dei <strong>di</strong>ritti delsingolo.A ciò si aggiunga che il termine in tal modo in<strong>di</strong>viduato viene evidentemente acoincidere - almeno astrattamente - con il compimento <strong>di</strong> una causa <strong>di</strong> estinzione delreato, cosicché la durata massima della misura risulta in sostanza ricollegata non tanto(o non solo) al decorso <strong>di</strong> un determinato periodo <strong>di</strong> tempo quanto piuttosto al(simultaneo) verificarsi <strong>di</strong> un fatto tale da determinare in realtà il venir meno, insieme alreato, <strong>di</strong> qualsiasi esigenza cautelare ad esso connessa. Con ulteriore, intrinsecaviolazione del principio <strong>di</strong> proporzionalità e ragionevolezza della misura cautelare.Si consideri, da ultimo, che la norma, prevedendo - accanto alla sentenza <strong>di</strong>proscioglimento - quale autonoma causa <strong>di</strong> cessazione <strong>di</strong> efficacia della misuracautelare, il decorso <strong>di</strong> un periodo <strong>di</strong> tempo pari a quello della durata della prescrizione,comporta valutazioni, precluse alla pubblica amministrazione, che solo l'autoritàgiu<strong>di</strong>ziaria può compiere: si pensi all'incidenza sul decorso della prescrizione <strong>delle</strong>circostanze aggravanti e attenuanti del reato. Con la conseguenza che la suddetta causa<strong>di</strong> cessazione <strong>di</strong> efficacia della misura cautelare viene necessariamente a coincidere conquella rappresentata dalla sentenza <strong>di</strong> proscioglimento.La norma impugnata risulta, dunque, sotto <strong>di</strong>fferenti e concorrenti profili, lesiva delprincipio <strong>di</strong> ragionevolezza garantito dall'art. 3 della Costituzione e deve essere, sottotale aspetto, <strong>di</strong>chiarata costituzionalmente illegittima nella parte in cui <strong>di</strong>spone che lasospensione perde efficacia decorso un periodo <strong>di</strong> tempo pari a quello <strong>di</strong> prescrizionedel reato.3.3.- Va, a questo punto, chiarito che la declaratoria <strong>di</strong> incostituzionalità, nei terminisopra specificati, non rende la sospensione obbligatoria dal servizio priva del necessariotermine <strong>di</strong> durata e non ne comporta, pertanto, l'illegittimità costituzionale.Come si afferma nella più volte citata sentenza n. 206 del 1999, è, infatti, possibilerinvenire nel sistema una previsione <strong>di</strong> durata massima della misura cautelaresospensiva - quella, <strong>di</strong> cinque anni, contenuta nell'art. 9, comma 2, della legge 736


febbraio 1990, n. 19 (Mo<strong>di</strong>fiche in tema <strong>di</strong> circostanze, sospensione con<strong>di</strong>zionale dellapena e destituzione dei pubblici <strong>di</strong>pendenti) - alla quale deve attribuirsi il carattere <strong>di</strong>una vera e propria clausola <strong>di</strong> garanzia, avente portata generale e dunque comprensiva -in <strong>di</strong>fetto <strong>di</strong> <strong>di</strong>versa <strong>di</strong>sciplina legislativa - <strong>di</strong> ogni e qualsiasi ipotesi <strong>di</strong> "sospensionecautelare dal servizio a causa del proce<strong>di</strong>mento penale", sia facoltativa che obbligatoria.L'art. 4, comma 2, della legge 27 marzo 2001, n. 97, deve essere, dunque, letto - aseguito della presente declaratoria <strong>di</strong> illegittimità costituzionale - nel senso che lasospensione dal servizio <strong>di</strong>sposta a norma del comma 1 perde efficacia se per il fatto èsuccessivamente pronunciata sentenza <strong>di</strong> proscioglimento o <strong>di</strong> assoluzione anche nondefinitiva e, in ogni caso, decorsa una durata complessivamente non superiore a cinqueanni della sospensione, facoltativa o obbligatoria, riferibile al medesimo proce<strong>di</strong>mentopenale.Resta ferma, ovviamente, la possibilità che il legislatore, nell'esercizio della sua<strong>di</strong>screzionalità ed entro i limiti <strong>di</strong> ragionevolezza e proporzionalità in<strong>di</strong>viduati da questaCorte, <strong>di</strong>sciplini nuovamente la materia, anche fissando termini massimi eventualmente<strong>di</strong>fferenti rispetto a quello <strong>di</strong> cui al citato art. 9 della legge n. 19 del 1990 ovveromodulati in relazione alla gravità del reato ed alla fase del proce<strong>di</strong>mento.P.Q.MLA CORTE COSTITUZIONALEriuniti i giu<strong>di</strong>zi,1) <strong>di</strong>chiara l'illegittimità costituzionale, nei sensi <strong>di</strong> cui in motivazione, dell'art. 4,comma 2, della legge 27 marzo 2001, n. 97 (Norme sul rapporto tra proce<strong>di</strong>mentopenale e proce<strong>di</strong>mento <strong>di</strong>sciplinare ed effetti del giu<strong>di</strong>cato penale nei confronti dei<strong>di</strong>pendenti <strong>delle</strong> amministrazioni pubbliche), nella parte in cui <strong>di</strong>spone che lasospensione perde efficacia decorso un periodo <strong>di</strong> tempo pari a quello <strong>di</strong> prescrizionedel reato;2) <strong>di</strong>chiara non fondata la questione <strong>di</strong> legittimità costituzionale dell'art. 4, comma 1,della citata legge 27 marzo 2001, n. 97, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 4, 24, 27,35, 36 e 97 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la Campaniacon le or<strong>di</strong>nanze in epigrafe.Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22aprile 2002.Massimo VARI, PresidenteAnnibale MARINI, RedattoreGiuseppe DI PAOLA, CancelliereDepositata in Cancelleria il 3 maggio 200212) CONSIGLIO DI STATO - SEZIONE V - Sentenza 7 ottobre 2009 n. 6170Pres. Baccarini, Est. Scola.Presidenza del Consiglio dei Ministri, Conferenza permanente per i rapportiStato-Regioni, Ministero della Salute (Avv. dello Stato) c/ Diamante s.r.l.(n.c.) e altri.37


Codacons, non costituito in giu<strong>di</strong>zio;per la riforma:della sentenza del T.a.r. Lazio – Roma, sezione <strong>II</strong>I-ter, n. 6059/2005, resa tra le parti,concernente L’APPLICAZIONE DELLA CIRCOLARE ATTUATIVA DI NORMEANTIFUMO, in rapporto all’impugnazione dei seguenti atti:- la circolare del Ministro della salute 17/12/2004, recante “in<strong>di</strong>cazioni interpretative eattuative dei <strong>di</strong>vieti conseguenti all’entrata in vigore dell’art. 51, legge 16/1/2003 n. 3,sulla tutela della salute dei non fumatori”, pubblicata nella G.U. n. 300 del 23/12/2004:a) nella parte in cui imponeva ai soggetti responsabili della struttura, o loro delegati,l’obbligo <strong>di</strong> richiamare formalmente i trasgressori all’osservanza del <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> fumare e<strong>di</strong> segnalare, in caso <strong>di</strong> inottemperanza al richiamo, il comportamento del o deitrasgressori, ai pubblici ufficiali ed agenti ai quali compete la contestazione dellaviolazione del <strong>di</strong>vieto e la conseguente redazione del verbale <strong>di</strong> contravvenzione”; b)nella parte in cui, in caso <strong>di</strong> inosservanza <strong>di</strong> tali obblighi, si applicavano le sanzionistabilite dall’art. 7, comma 2, legge 11/11/1975 n. 584, anche in relazione a quanto<strong>di</strong>sposto dall’art. 2, medesima legge n. 584/1975, e le sanzioni <strong>di</strong> cui all’art. 5, cit. leggen. 584/1975, in forza del quale, nel caso in cui gli obblighi non vengano osservati, ilQuestore può sospendere (per un periodo da tre giorni a tre mesi) o revocare la licenza<strong>di</strong> esercizio del locale; c) nella parte in cui imporrebbe <strong>di</strong> in<strong>di</strong>care, nel cartellosegnalante il “<strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> fumo”, il nome dei soggetti responsabili della struttura o deiloro delegati incaricati <strong>di</strong> vigilare sul <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> fumare; d) nella parte in cui consentiva<strong>di</strong> attrezzare a norma aree riservate ai fumatori, purché le stesse fossero <strong>di</strong> inferiori<strong>di</strong>mensioni rispetto a quelle riservate ai non fumatori, anche in locali <strong>di</strong>versi da quellia<strong>di</strong>biti ad esercizi <strong>di</strong> ristorazione; e) nella parte in cui non consentiva, agli esercenti<strong>di</strong>scoteche e locali ad esse assimilati, <strong>di</strong> attrezzare a norma la struttura per riservarlaintegralmente ed esclusivamente ai fumatori;- l’accordo 16/12/2004 tra il Ministero della salute, <strong>di</strong> concerto con i Ministeridell’interno e della giustizia, e le regioni e le province autonome <strong>di</strong> Trento e <strong>di</strong> Bolzano,in materia <strong>di</strong> tutela della salute dei non fumatori, in attuazione dell’art. 51, comma 7,legge 16/1/2003 n. 3;- ove occorra, e per quanto <strong>di</strong> ragione, la <strong>di</strong>rettiva del Presidente del Consiglio deiMinistri del 14/12/1995 n. 37000, nella parte in cui prevedeva che “per i locali condottida soggetti privati, il responsabile della struttura, ovvero <strong>di</strong>pendente o collaboratore dalui incaricato, richiamerà i trasgressori all’osservanza del <strong>di</strong>vieto e curerà che leinfrazioni siano segnalate ai pubblici ufficiali ed agenti competenti, a norma dell’art. 13della legge 24/11/1981 n. 689”;- ogni altro atto presupposto, connesso, e/o consequenziale.Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;Visti tutti gli atti della causa;Visto l'art. 23-bis, comma 6, legge 6 <strong>di</strong>cembre 1971 n. 1034, introdotto dalla legge 21luglio 2000 n. 205;Relatore, nell'u<strong>di</strong>enza pubblica del 3 luglio 2009, il Consigliere <strong>di</strong> Stato Aldo SCOLAed u<strong>di</strong>ti, per le parti, i <strong>di</strong>fensori come specificato nel verbale;Ritenuto e considerato in fatto e <strong>di</strong>ritto quanto segue:39


FATTOA)- La parte originaria ricorrente impugnava, <strong>di</strong>nanzi al T.a.r. Lazio, gli atti in epigrafein<strong>di</strong>cati, attuativi dei <strong>di</strong>vieti conseguenti all’entrata in vigore dell’art. 51, legge16/1/2003 n. 3, sulla tutela della salute dei non fumatori, nella parte in cui avevanoampliato il contenuto <strong>delle</strong> prescrizioni legislative, prevedendo che i soggettiresponsabili della struttura, o i loro delegati, avessero l’obbligo <strong>di</strong> richiamareformalmente i trasgressori all’osservanza del <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> fumare e <strong>di</strong> segnalare, in caso <strong>di</strong>inottemperanza al richiamo, il comportamento dei trasgressori ai pubblici ufficiali edagenti competenti per la contestazione e la conseguente redazione del verbale <strong>di</strong>contravvenzione, nonché (la circolare) nella parte in cui non consentiva <strong>di</strong> attrezzare le<strong>di</strong>scoteche ed i locali assimilati a norma, al fine <strong>di</strong> destinarli integralmente edesclusivamente, o prevalentemente, ai fumatori.La stessa precisava che il suddetto art. 51 avrebbe stabilito un generale <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong>fumare in tutti i locali chiusi, salvo che si trattasse <strong>di</strong> locali “privati non aperti ad utentio al pubblico”, ovvero “riservati ai fumatori e come tali contrassegnati”, prevedendo unapposito apparato sanzionatorio.In attuazione del settimo comma dello stesso art. 51 era stato adottato, in sede <strong>di</strong>Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome <strong>di</strong>Trento e Bolzano, un accordo per definire “le procedure per l’accertamento <strong>delle</strong>infrazioni, la relativa modulistica per il rilievo <strong>delle</strong> sanzioni, nonché l’in<strong>di</strong>viduazionedei soggetti legittimati ad elevare i relativi processi verbali, <strong>di</strong> quelli competenti aricevere il rapporto sulle infrazioni, accertate ai sensi dell’art. 17 della legge 24/11/1981n. 689, e <strong>di</strong> quelli deputati a irrogare le relative sanzioni”; tale accordo avrebbe previstol’obbligo dei conduttori dei predetti locali, o dei loro delegati, <strong>di</strong> esercitare una generalevigilanza e segnalare la trasgressione ai soggetti pubblici in<strong>di</strong>cati nell’accordo stesso,enucleandovisi obblighi “positivi” <strong>di</strong> ammonimento (a non fumare) e <strong>di</strong> segnalazione apubblico ufficiale, oltre che obblighi strumentali (ad esempio, iscrizione dei nomi deiresponsabili sul cartello contenente il <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> fumare) in capo a soggetti privati(conduttori <strong>di</strong> locali privati aperti al pubblico) espletanti una libertà costituzionalmentetutelata (quella <strong>di</strong> iniziativa economica privata, ex art. 41, Costituzione).B)- L’originaria ricorrente deduceva:1) violazione del principio <strong>di</strong> legalità e della riserva <strong>di</strong> legge <strong>di</strong> cui agli artt. 23 e 25,comma 2, e 41, Costituzione; violazione dell’art. 1, legge 24/11/1981 n. 689; violazionedell’art. 51, legge 16/1/2003 n. 3; violazione degli artt. 2 e 7, legge 11/11/1975 n. 584;eccesso <strong>di</strong> potere per irragionevolezza, illogicità, erronei presupposti e travisamento deifatti.Il punto 4 dell’accordo impugnato prevedeva che i conduttori dei locali od i lorocollaboratori formalmente delegati alla vigilanza sul rispetto del <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> fumo,“richiamano i trasgressori all’osservanza del <strong>di</strong>vieto e curano che le infrazioni sianoimme<strong>di</strong>atamente segnalate ai soggetti pubblici incaricati, a norma dei punti 2.5 e 3”.Analoghe <strong>di</strong>sposizioni erano formulate nella circolare egualmente impugnata, cosìaddossandosi ai conduttori <strong>di</strong> locali privati tre obblighi <strong>di</strong>stinti e coor<strong>di</strong>nati : a) dovere<strong>di</strong> vigilanza generale sul rispetto del <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> fumo all’interno del locale privato daessi gestito; b) dovere <strong>di</strong> richiamare i trasgressori all’osservanza del <strong>di</strong>vieto attraverso40


interventi attivi e formali <strong>di</strong> <strong>di</strong>ssuasione e <strong>di</strong> ammonizione; c) obbligo <strong>di</strong> curare che leeventuali infrazioni fossero imme<strong>di</strong>atamente segnalate agli agenti o funzionari <strong>di</strong>polizia, ovvero ai soggetti pubblici incaricati <strong>di</strong> accertare e contestare la violazione <strong>di</strong>legge, oltre che <strong>di</strong> applicare la relativa sanzione.Veniva, dunque, imposto un preciso dovere <strong>di</strong> vigilanza a fini pubblici a soggettiprivati, del tutto sfornito <strong>di</strong> base legale e, dunque, illegittimo anzitutto per violazionedel principio <strong>di</strong> legalità, espressamente riconosciuto, nell’ambito del <strong>di</strong>rittoamministrativo depenalizzato, dall’art. 1, legge 24/11/1981 n. 689, ex artt. 23 e/o 25,Costituzione.L’unica <strong>di</strong>sposizione <strong>di</strong> legge astrattamente invocabile era quella <strong>di</strong> cui all’art. 51,commi 5 e 7, legge n. 3/2003; il comma 7 rinviava ad un accordo della ConferenzaStato-regioni la specificazione <strong>delle</strong> operazioni relative all’accertamento ed allacontestazione <strong>delle</strong> infrazioni al <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> fumo, senza alcun riferimento al predettodovere <strong>di</strong> vigilanza in capo ai privati gestori, concernendo esso solo le attività (<strong>di</strong>accertamento <strong>delle</strong> infrazioni e relativa modulistica) in materia <strong>di</strong> infrazioni spettanti asoggetti pubblici (agenti ed ufficiali <strong>di</strong> polizia); il comma 5, a sua volta, faceva rinvioall’art. 7, ed, in<strong>di</strong>rettamente, all’art. 2, legge 11/11/1975 n. 584, che si limitava astabilire, per i conduttori dei locali, l’obbligo <strong>di</strong> curare l’osservanza del <strong>di</strong>vieto,“esponendo, in posizione visibile, cartelli riproducenti la norma con l’in<strong>di</strong>cazione dellasanzione comminata ai trasgressori”.2) Violazione dell’art. 41, Costituzione, e dei principi <strong>di</strong> legalità e riserva <strong>di</strong> legge;palese irragionevolezza e manifesta illogicità degli atti impugnati nella partecontemplante in capo ai gestori <strong>di</strong> pubblici esercizi o loro delegati il potere-dovere <strong>di</strong>vigilare sull’osservanza del <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> fumare, determinandosi la surrettiziatrasformazione giuri<strong>di</strong>ca <strong>di</strong> un soggetto privato (gestore) in una figura pubblica, ovveroin un incaricato <strong>di</strong> pubblica funzione o <strong>di</strong> pubblico servizio, in contrasto con l’art. 41,Costituzione.3) Violazione dell’art. 51, commi 5 e 7, legge n. 3/2003; erronei presupposti; sviamento<strong>di</strong> potere e travisamento dei fatti, avendo la Conferenza violato apertamente i limitiin<strong>di</strong>cati dalla legge, introducendo illegittimamente ulteriori incombenti in capo aisoggetti responsabili della struttura.4) In via subor<strong>di</strong>nata : incostituzionalità dell’art. 51, legge n. 3/2003, e degli artt. 2, 5 e7, legge n. 584/1975, come sostituito dall’art. 52, comma 20, legge n. 448/2001, inrelazione agli artt. 2, 3, 23, 25, comma 2, e 41, Costituzione.5) Violazione dell’art. 51, commi 1 e 2, legge n. 3/2003, e degli artt. 1, comma 1, lett.b), e 3, comma 1, legge n. 584/1975; violazione del d.P.C.M. 23/12/2003; erroneipresupposti; sviamento <strong>di</strong> potere; travisamento dei fatti e manifesta contrad<strong>di</strong>ttorietà.La circolare impugnata, al punto 3, avrebbe inoltre sancito, in violazione <strong>delle</strong> normerichiamate, l’impossibilità <strong>di</strong> attrezzare a norma le <strong>di</strong>scoteche ed i locali assimilati (salechiuse da ballo), per riservarle soltanto o quasi soltanto ai fumatori.In realtà, l’art. 51, comma 3, prevederebbe in rapporto ai soli esercizi <strong>di</strong> ristorazione,per i non fumatori, locali <strong>di</strong> superficie prevalente rispetto a quella complessiva <strong>di</strong>somministrazione dell’esercizio, con un criterio <strong>di</strong> prevalenza sancito solo in rapportoagli esercizi <strong>di</strong> ristorazione, ma non per gli altri esercizi pubblici, per i qualirisulterebbe, dunque, ancora vigente il comb. <strong>di</strong>sp. artt. 1 e 3, legge n. 584/1975.In forza <strong>di</strong> tali norme sarebbe possibile ottenere l’esenzione dall’osservanza dell’art. 1,legge n. 584/1975, previa installazione <strong>di</strong> un impianto <strong>di</strong> con<strong>di</strong>zionamento dell’aria o <strong>di</strong>un impianto <strong>di</strong> ventilazione, rispettivamente corrispondenti alle caratteristiche <strong>di</strong>41


definizione e classificazione determinate dall’ente nazionale italiano <strong>di</strong> unificazione,con la correlativa possibilità <strong>di</strong> destinare ai fumatori l’intera sala da ballo, o, quantomeno, uno spazio prevalente rispetto alla superficie complessiva del locale.Si costituivano in giu<strong>di</strong>zio le amministrazioni intimate, eccependo l’inammissibilità delricorso per carenza <strong>di</strong> interesse, in considerazione della natura degli atti impugnati,nonché per <strong>di</strong>fetto <strong>di</strong> giuris<strong>di</strong>zione dell’adìto giu<strong>di</strong>ce amministrativo, e comunque la suainfondatezza nel merito.C)- I primi giu<strong>di</strong>ci accoglievano in parte il ricorso, con sentenza prontamente impugnatadalle amministrazioni pubbliche soccombenti, che deducevano l’ipotizzabile carenza <strong>di</strong>potere a monte degli atti gravati, con correlativa sussistenza della giuris<strong>di</strong>zioneor<strong>di</strong>naria; la natura meramente interpretativa dell’impugnata circolare ministeriale, <strong>di</strong>per se stessa non impugnabile; la natura politica (non solo dei provve<strong>di</strong>menti assunti dalGoverno ma anche) degli atti adottati dalla Conferenza Stato-regioni, pertanto nonimpugnabili <strong>di</strong>nanzi al giu<strong>di</strong>ce amministrativo (art. 31, r.d. n. 1054/1924), ma semmaipresso quello or<strong>di</strong>nario, per eventuali sanzioni inflitte per il mancato rispetto degliobblighi <strong>di</strong> cui sopra; il carattere relativo e non assoluto del principio <strong>di</strong> legalità,temperato per le norme amministrative depenalizzate, con la connessa possibilità <strong>di</strong>ampi rinvii a quelle regolamentari (secondarie); l’impossibilità <strong>di</strong> configurare l’obbligo<strong>di</strong> vigilanza come una prestazione personale imposta, mancandovi qualsiasi risvoltoeconomico; l’insussistenza <strong>di</strong> qualunque violazione dell’art. 41, Costituzione, nonintendendosi in alcun modo ostacolare l’attività impren<strong>di</strong>toriale, ma solo in<strong>di</strong>rizzarla alrispetto <strong>di</strong> esigenze superiori (come quelle connesse alla salute pubblica: art. 32,Costituzione); il fondamento legislativo del potere esercitato, ravvisabile nellanormativa primaria <strong>di</strong> cui sopra, nella prospettiva <strong>di</strong> non rendere vani i <strong>di</strong>vieti e gliobblighi qui <strong>di</strong>scussi, preservando l’operatività del relativo apparato sanzionatorio; lasicura possibilità <strong>di</strong> affidare funzioni pubbliche a soggetti privati preposti ad attività chelo impongano o lo consentano.All’esito della pubblica u<strong>di</strong>enza <strong>di</strong> <strong>di</strong>scussione la vertenza passava in decisione sullesole conclusioni della parte appellante, non essendosi costituita in giu<strong>di</strong>zio quellaappellata.DIRITTOI)- L’appello è infondato e va respinto, dovendosi con<strong>di</strong>videre quanto affermato daiprimi giu<strong>di</strong>ci, dopo aver considerato preliminarmente ammissibile l’impugnativaavverso la circolare del Ministero della salute 17/12/2004, non trattandosi <strong>di</strong> una meracircolare interpretativa (atto interno alla p.a., finalizzato essenzialmente ad in<strong>di</strong>rizzareuniformemente l’azione dei vari uffici od organi), ma contenendo la stessa, al contrario,pure “in<strong>di</strong>cazioni attuative dei <strong>di</strong>vieti conseguenti all’entrata in vigore dell’art. 51 dellalegge 16/1/2003 n. 3 …”.Né rilevava la circostanza che gli obblighi imposti ai soggetti responsabili della strutturaod ai loro delegati fossero in gran parte previsti dall’accordo 16/12/04 intervenutopresso la Conferenza permanente <strong>di</strong> cui in narrativa, o dalla precedente <strong>di</strong>rettiva P.C.M.in data 14/12/95, ciò non escludendo che i contenuti della circolare, per ragioni <strong>di</strong>opportunità e chiarezza, riproducessero vincoli per i soggetti terzi estranei alla p.a., con42


possibili profili <strong>di</strong> lesività e connessa autonoma impugnabilità.Analogamente, non poteva che <strong>di</strong>sattendersi l’eccezione d’inammissibilitàdell’impugnativa del citato accordo 16/12/04, motivata con riguardo alla natura nonamministrativa, ma politica, <strong>di</strong> tale atto, asseritamente intercorrente tra soggetti aventirilevanza costituzionale: il <strong>modulo</strong> consensuale, nei rapporti tra Stato e regioni, èespressione <strong>di</strong> quel principio <strong>di</strong> leale collaborazione che la giurisprudenza costituzionaleha elaborato come strumento utile nel caso d’interferenze per la competenza legislativao per quella amministrativa.Il d.lgs. 28/8/1997 n. 281, rafforzando i compiti della Conferenza permanente, avevaprevisto il <strong>modulo</strong> pattizio, <strong>di</strong>stinguendo tra intese (art. 3) ed accor<strong>di</strong> (art. 4), i qualiultimi sembrano assumere collocazione prevalente nel campo dell’attivitàamministrativa, come si desume anche dal testuale riferimento ad accor<strong>di</strong> conclusi insede <strong>di</strong> Conferenza Stato-regioni, “nel perseguimento <strong>di</strong> obiettivi <strong>di</strong> funzionalità,economicità ed efficacia dell’azione amministrativa”, “al fine <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>nare l’esercizio<strong>delle</strong> rispettive competenze e svolgere attività <strong>di</strong> interesse comune”: il che, sul pianooggettivo, non poteva che far escludere la natura <strong>di</strong> atto politico.Inoltre, detta Conferenza permanente non è organo del potere esecutivo e nonappartiene né all’apparato statale né a quello regionale, trattandosi <strong>di</strong> un’istituzioneattiva nell’ambito della comunità nazionale, quale strumento per l’attuazione dellacoooperazione (cfr. Corte cost., sent. 31/3/1994 n. 116): il che non poteva che farescludere la natura <strong>di</strong> atto politico dell’accordo pure dall’angolazione soggettiva, inconformità alla giurisprudenza formatasi sull’art. 31, r.d. 26/6/1924 n. 1054), ritenutoipotesi eccezionale <strong>di</strong> sottrazione al sindacato giuris<strong>di</strong>zionale <strong>di</strong> atti soggettivamente eformalmente amministrativi, ma costituenti espressione della fondamentale funzione <strong>di</strong><strong>di</strong>rezione politica nell’or<strong>di</strong>namento.Per integrare la nozione legislativa <strong>di</strong> atto politico devono concorrere due requisiti,l’uno soggettivo e l’altro oggettivo : deve trattarsi <strong>di</strong> atto o provve<strong>di</strong>mento emanato dalGoverno, nell’esercizio del potere politico, anziché <strong>di</strong> attività meramenteamministrativa (cfr. C.S., sez. IV, dec. 29/2/1996 n. 217), requisiti entrambi assentinell’accordo in esame, il che non impe<strong>di</strong>sce <strong>di</strong> ritenere comunque utilmente impugnatain questa sede la circolare, riproduttiva e specificativa del suo contenuto.<strong>II</strong>)- Nella specie, oggetto della controversia non è il <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> fumo, inteso quale limiteposto ai privati a tutela del <strong>di</strong>ritto alla salute, bene primario e <strong>di</strong>ritto fondamentale dellapersona (cfr. Corte cost., sent. 20/12/1996 n. 399), ma lo sono gli “obblighi positivi” (<strong>di</strong>ammonimento e <strong>di</strong> segnalazione a pubblico ufficiale), che gli atti impugnati prevedonoin capo ai conduttori <strong>di</strong> locali privati aperti al pubblico.Gli obblighi ricadenti sui soggetti responsabili della struttura o sui loro delegati sonoessenzialmente quelli <strong>di</strong>: a) richiamare formalmente i trasgressori all’osservanza del<strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> fumare; b) segnalare, in caso <strong>di</strong> inottemperanza al richiamo, il comportamentodel o dei trasgressori ai pubblici ufficiali od agenti competenti per la contestazione dellaviolazione del <strong>di</strong>vieto e la conseguente redazione del verbale <strong>di</strong> contravvenzione:prestazione personale senza alcun fondamento legislativo.Neppure il comma 5 dell’art. 51, riferito alle sanzioni applicabili nel caso d’infrazioni al<strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> fumo, me<strong>di</strong>ante rinvio all’art. 7, legge 11/11/1975 n. 584, contiene una<strong>di</strong>sciplina del contenuto degli obblighi gravanti sui soggetti preposti alla vigilanza.Infatti, detto art. 7, comma 2, stabilisce solo l’importo della sanzione pecuniaria, mentrel’art. 2, stessa legge n. 584/1975, cui rimanda l’art. 7 cit., prevede soltanto che essi“curano l’osservanza del <strong>di</strong>vieto, esponendo, in posizione visibile, cartelli riproducenti43


la norma con l’in<strong>di</strong>cazione della sanzione comminata ai trasgressori”.Appare, dunque, evidente la violazione della riserva relativa <strong>di</strong> legge contenuta nell’art.23, Costituzione, dato che le prestazioni personali possono essere imposte per lasod<strong>di</strong>sfazione <strong>di</strong> interessi pubblici, ma unicamente dalla legge, che deve in<strong>di</strong>care ilsoggetto pubblico abilitato ad imporre la prestazione, nonché i limiti dell’imposizione(rispettivamente, soggetto ed oggetto della prestazione imposta).La <strong>di</strong>stinzione tra riserva assoluta e relativa si fonda, poi, sull’intensità della <strong>di</strong>sciplinalegislativa, che nella prima ipotesi deve regolare compiutamente la materia, mentre nelsecondo caso deve fissare la <strong>di</strong>sciplina fondamentale, lasciandone il dettaglio ad altrefonti del <strong>di</strong>ritto, gerarchicamente subor<strong>di</strong>nate, anche formalmente amministrative, percui la riserva <strong>di</strong> legge si sovrappone al principio <strong>di</strong> legalità sostanziale, imponendo allegislatore l’in<strong>di</strong>viduazione dei limiti <strong>di</strong> contenuto dell’azione amministrativa (cfr.Corte cost., sent. 5/2/1986 n. 34).Ciò vale nella prospettiva dell’art. 23, Costituzione, come dell’art. 41, che sancisce lalibertà d’iniziativa economica privata e, nell’affermarne la libertà, consentel’apposizione <strong>di</strong> limiti al suo esercizio, richiedendo, sotto l’aspetto sostanziale, chequesti corrispondano all’utilità sociale, e, sotto quello formale, che ne sia imposta la<strong>di</strong>sciplina ad opera della legge (cfr. Corte cost., sent. 8/2/1962 n. 5).Occorreva, quin<strong>di</strong>, una previsione legislativa per imporre i descritti doveri <strong>di</strong> vigilanzanei confronti <strong>di</strong> soggetti esercenti la propria libertà <strong>di</strong> iniziativa economica privatanell’ambito <strong>di</strong> locali aperti al pubblico, in qualche misura trasformati in incaricati <strong>di</strong> unapubblica funzione, o, quanto meno, <strong>di</strong> un pubblico servizio; anche sotto tale profilodovevano apparire, dunque, del tutto inidonei gli impugnati atti amministrativi,svolgenti non già una funzione integrativa della <strong>di</strong>sciplina sul <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> fumo, ma, inviolazione della norma costituzionale attributiva della competenza normativa,<strong>di</strong>sciplinanti fun<strong>di</strong>tus i doveri dei gestori privati, al cospetto <strong>di</strong> un avventore (utente,collaboratore o fornitore) eventualmente trasgressivo.<strong>II</strong>I)- Non si trattava, peraltro, <strong>di</strong> un atto adottato in carenza <strong>di</strong> potere, conoscibile dallagiuris<strong>di</strong>zione or<strong>di</strong>naria, secondo la prospettazione della p.a. appellante, essendosi fuoridell’ambito del <strong>di</strong>fetto assoluto <strong>di</strong> attribuzione (c.d. carenza in astratto) e manifestandosipiuttosto un cattivo uso del potere, nei cui riguar<strong>di</strong> il privato vanta una posizione <strong>di</strong>interesse legittimo, tutelabile <strong>di</strong>nanzi al giu<strong>di</strong>ce amministrativo.Neppure può con<strong>di</strong>vedersi quanto contenuto nel punto 5) della circolare 17/12/04,secondo cui il rinvio (in<strong>di</strong>retto) all’art. 2, legge n. 584/75, nell’assetto <strong>di</strong> cui alla leggen. 3/2003, precluderebbe un’interpretazione restrittiva, tale da limitare l’obbligo deigestori soltanto alla materiale apposizione del cartello recante il <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> fumo, inquanto risulterebbe altrimenti irrazionale l’applicazione <strong>delle</strong> rigorose misuresanzionatorie previste dall’art. 7, comma 2, legge n. 584/1975 (nel testo sostituitodall’art. 52, legge 28/12/2001 n. 448), non potendo la circolare impropriamente fornireun’interpretazione “adeguatrice” della norma, peraltro insanabilmente in contrasto con iltestuale dettato normativo: il contenuto dell’obbligo imposto ai conduttori dei localidall’art. 2, comma 3, legge n. 584/1975, è solo quello <strong>di</strong> esporre, in posizione visibile,cartelli riproducenti il <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> fumo, con l’in<strong>di</strong>cazione della sanzione comminata aitrasgressori (l’uso del gerun<strong>di</strong>o specifica proprio il contenuto dell’obbligo enunciatonella proposizione principale).Si deve poi considerare che la <strong>di</strong>sciplina sul <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> fumo, introdotta dall’art. 51,legge n. 3/2003, è tale da avere un ambito oggettivo <strong>di</strong> applicazione esteso a tutti i localichiusi ma aperti ad utenti od al pubblico (<strong>di</strong>scoteche e simili), per cui la (consentita)44


iserva <strong>di</strong> taluni <strong>di</strong> questi ai fumatori si pone come eccezione alla regola, il che renderagionevolmente con<strong>di</strong>visibile l’interpretazione normativa fatta propria dalla circolare,secondo cui, “considerata la libera accessibilità a tutti i locali <strong>di</strong> fumatori e nonfumatori, la possibilità <strong>di</strong> fumare non può essere consentita se non in spazi <strong>di</strong> inferiore<strong>di</strong>mensione attrezzati all’interno dei locali”.IV)- La legge 25/8/1991 n. 287, all’art. 5, nell’enucleare la tipologia dei pubbliciesercizi, <strong>di</strong>stingue tra esercizi <strong>di</strong> ristorazione (lett. a) ed esercizi per la somministrazione<strong>di</strong> bevande (lett. b); alla lett. c) prevede, inoltre, che l’esercizio <strong>di</strong> ristorazione e <strong>di</strong>somministrazione <strong>di</strong> bevande possa essere effettuato “congiuntamente ad attività <strong>di</strong>trattenimento e svago, in sale da ballo, sale da gioco, locali notturni, stabilimentibalneari ed esercizi similari”, con un’accezione ampia <strong>di</strong> “esercizio <strong>di</strong> ristorazione” chepuò, per espressa previsione normativa, interessare anche le <strong>di</strong>scoteche e nonesclusivamente i ristoranti.Il ricorso introduttivo non poteva, dunque, che essere in parte accolto, con conseguenteannullamento parziale degli atti impugnati, nella parte in cui imponevano ai soggettiresponsabili <strong>di</strong> locali privati aperti al pubblico, o loro delegati, l’obbligo <strong>di</strong> richiamareformalmente i trasgressori all’osservanza del <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> fumare e <strong>di</strong> segnalare, in caso <strong>di</strong>inottemperanza al richiamo, il comportamento dei trasgressori ai pubblici ufficialicompetenti a contestare la violazione e ad elevare il conseguente verbale <strong>di</strong>contravvenzione.Conclusivamente, l’appello va quin<strong>di</strong> respinto, con salvezza dell’impugnata sentenza,mentre nulla deve <strong>di</strong>sporsi per spese ed onorari del giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> secondo grado, nonessendovisi costituita la parte appellataP.Q.M.Il Consiglio <strong>di</strong> Stato, sezione V, respinge l'appello e nulla <strong>di</strong>spone per spese ed onoraridel secondo grado <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio.Or<strong>di</strong>na che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.13) Tar Calabria – Catanzaro, sez. <strong>II</strong>, 9 febbraio 2010 n. 120sentenzaSul ricorso numero <strong>di</strong> registro generale 1011 del 2005, proposto da:Oscar del Core + 1, rappresentato e <strong>di</strong>feso dall'avv. Luigi Crusco, con domicilio elettopresso Mariagemma Talerico in Catanzaro, via Schipani, 110;controComune <strong>di</strong> Orsomarso, Ministero dell'Interno, rappresentati e <strong>di</strong>fesi dall'AvvocaturaDistr.le Catanzaro, domiciliata per legge in Catanzaro, via G.Da Fiore;per l'annullamentoprevia sospensione dell'efficacia,dell’or<strong>di</strong>nanza <strong>di</strong> sospensione temporanea della circolazione stradale.45


Visto il ricorso con i relativi allegati;Visto l'atto <strong>di</strong> costituzione in giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> Comune <strong>di</strong> Orsomarso;Visto l'atto <strong>di</strong> costituzione in giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> Ministero dell'Interno;Viste le memorie <strong>di</strong>fensive;Visti tutti gli atti della causa;Relatore nell'u<strong>di</strong>enza pubblica del giorno 9 ottobre 2009 il dott. Vincenzo Lopilato eu<strong>di</strong>ti per le parti i <strong>di</strong>fensori come specificato nel verbale;Ritenuto e considerato in fatto e <strong>di</strong>ritto quanto segue:FATTO e DIRITTO1.— Con ricorso regolarmente notificato e depositato i ricorrenti hanno impugnatol’or<strong>di</strong>nanza n. 16 del 29 luglio 2005, con la quale il sindaco si Orsomarso ha sospesotemporaneamente, dal 31 luglio 2005 al 31 agosto dello stesso anno, la circolazionestradale nella località denominata “Fiumara”, «con istallazione <strong>di</strong> una apposita sbarra <strong>di</strong>interruzione e della carreggiata stradale a tutti gli automezzi» nelle ore comprese tra le8.00 e le 18.00 <strong>di</strong> ogni giorno. Si è, inoltre, previsto che è «consentito l’ingresso a tuttigli automezzi, previo pagamento <strong>di</strong> regolare tiket <strong>di</strong> euro 5.00 per ogni automezzo,rilasciato dal personale incaricato del servizio, fino al limite massimo <strong>di</strong> 120 per ognigiorni, fatta eccezione per le auto degli han<strong>di</strong>cappati, con possibilità <strong>di</strong> integrazione<strong>delle</strong> autovetture in uscita dalla valle». Si stabiliva, inoltre, che «l’accesso, conautomezzi, per nativi e residenti in Orsomarso, potrà avvenire giornalmente fino alle ore10. 00».Il provve<strong>di</strong>mento è stato emanato sul presupposto che «l’area destinata a riservanaturale orientata (…) ha un alto valore naturalistico, tanto da essere in<strong>di</strong>viduata dallaCommissione della Comunità europea quale zona <strong>di</strong> protezione speciale (…) perciòdeve essere attuale quella tutela finalizzata a prevenire l’inquinamento ed ildeterioramento degli habitat, e le pertubazioni dannose per la conservazione <strong>delle</strong> specieavifaunistiche».I ricorrenti espongono <strong>di</strong> essere titolari <strong>di</strong> una licenza commerciale per lasomministrazione <strong>di</strong> bevande ed alimenti e <strong>di</strong> subire un pregiu<strong>di</strong>zio a seguitodell’emanazione dell’atto impugnato.1.1.— Premesso ciò, si assume la illegittimità <strong>di</strong> tale atto per violazione dei requisitiprescritti dall’art. 54 del d.lgs. n. 267 del 2000 e in particolare si assume la mancanza: a)del requisito della contingibilità, non sussistendo alcune causa eccezionale edaccidentale; b) del requisito dell’urgenza; c) <strong>di</strong> idonea motivazione, atteso che si fariferimento a generiche esigenze <strong>di</strong> tutela ambientale; d) della comunicazione dell’avviodel proce<strong>di</strong>mento sia ai ricorrenti sia all’ente parco.2.— Il Comune, nonostante sia stato regolarmente intimato, non si è costituito ingiu<strong>di</strong>zio,3.— Con or<strong>di</strong>nanza del 3 novembre 2005 n. 701 è stata respinta la domanda cautelareper mancanza del pregiu<strong>di</strong>zio grave e irreparabile, avendo, al momento della decisione,l’or<strong>di</strong>nanza espletato i propri effetti.4.— Il ricorso è fondato.46


4.1— Come è noto, l’or<strong>di</strong>nanza contingibile ed urgente, quale quella che viene in esamenella presente controversia, appartiene alla categoria degli or<strong>di</strong>ni che le autoritàamministrative sono autorizzate ad emanare per fare fronte, con misure normalmenteprovvisorie, e con efficacia ed imme<strong>di</strong>atezza, a situazioni non preve<strong>di</strong>bili <strong>di</strong> pericoloattuale o imminente per la tutela <strong>di</strong> interessi pubblici rilevanti (v. sentenza 20 gennaio2009, n. 47 <strong>di</strong> questa Sezione).La legge che autorizza l’adozione <strong>di</strong> tale or<strong>di</strong>nanza, pur prevedendo, in presenza dellapredetta situazione <strong>di</strong> fatto, il fine <strong>di</strong> interesse pubblico che deve essere perseguito el’autorità amministrativa competente, non tipizza il suo contenuto allo scopo <strong>di</strong>consentire alla pubblica amministrazione <strong>di</strong> far fronte in maniera duttile ed agevole allemutevoli circostanze che si verificano. Le ragioni <strong>di</strong> urgenza giustificano dunque unaatipicità contenutista che deroga al principio <strong>di</strong> legalità sostanziale. In altri termini, ilcontenuto è “implicito” nel fine da perseguire.Tale deroga si giustifica, all’esito <strong>di</strong> un complessivo bilanciamento dei valori, soltantose sussistono effettivamente i presupposti <strong>di</strong> fatto, rappresentati dalla contingibilità edurgenza <strong>di</strong> provvedere, che non consentono all’amministrazione procedente <strong>di</strong> farvifronte con i poteri “or<strong>di</strong>nari”.4.2.— Nel caso in esame, la norma che viene in rilievo, o comunque quella richiamatanel provve<strong>di</strong>mento impugnato, è l’art. 54 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico<strong>delle</strong> leggi sull’or<strong>di</strong>namento degli enti locali), il quale stabilisce che «Il sindaco, qualeufficiale del Governo, adotta con atto motivato provve<strong>di</strong>menti, anche contingibili eurgenti nel rispetto dei princìpi generali dell’or<strong>di</strong>namento, al fine <strong>di</strong> prevenire e <strong>di</strong>eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità pubblica e la sicurezza urbana». E’bene aggiungere che il precedente art. 50 dello stesso decreto <strong>di</strong>sciplina i poteri delSindaco quale rappresentante della comunità locale, prevedendo che «in caso <strong>di</strong>emergenze sanitarie o <strong>di</strong> igiene pubblica a carattere esclusivamente locale le or<strong>di</strong>nanzecontingibili e urgenti sono adottate dal sindaco, quale rappresentante della comunitàlocale».Non interessa in questa sede stabilire se ricorrono i presupposti contemplati dall’una odall’altra <strong>di</strong>sposizione, occorrendo, invece, verificare se sussistano i requisiti dellacontingibilità ed urgenza.Orbene, il sindaco fa riferimento all’esigenza <strong>di</strong> tutelare l’area oggetto delprovve<strong>di</strong>mento essendo la stessa destinata a riserva naturale con la conseguenza che«deve essere attuata quella tutela finalizzata a prevenire l’inquinamento ed ildeterioramento degli habitat, e le perturbazioni dannose per la conservazione <strong>delle</strong>specie avifaunistiche».Dall’analisi del contenuto del provve<strong>di</strong>mento impugnato, a prescindere dallariconducibilità del fine <strong>di</strong> interesse pubblico perseguito a quello autorizzato dalla legge,non emerge alcun dato fattuale dal quale possa desumersi che esista una situazionecontingibile e urgente da non consentire, proprio a tutela <strong>di</strong> tale interesse pubblico, unintervento me<strong>di</strong>ante la spen<strong>di</strong>ta dei poteri “or<strong>di</strong>nari” e dunque con le garanzie, anche <strong>di</strong>partecipazione, previste dal sistema. Deve anzi ritenersi come, dalla motivazione posta abase della determinazione assunta dall’amministrazione, emerga una esigenzaprogrammatica <strong>di</strong> tutela ambientale che, in quanto tale, può essere assicurata me<strong>di</strong>antel’esercizio della normale attività amministrativa.47


Deve, pertanto, ritenersi che il provve<strong>di</strong>mento impugnato, in mancanza del presuppostodella contingibilità ed urgenza, è illegittimo e pertanto deve essere annullato.5.— In applicazione del principio della soccombenza l’amministrazione è condannata aversare, la somma <strong>di</strong> complessive euro 1.000,00 a favore <strong>delle</strong> ricorrenti, per le spesedel giu<strong>di</strong>zio.P.Q.M.Il Tribunale <strong>Amministrativo</strong> Regionale per la Calabria - Sezione Seconda,definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso in<strong>di</strong>cato in epigrafe e per l’effettoannulla il provve<strong>di</strong>mento impugnato.Condanna l’amministrazione al pagamento <strong>delle</strong> spese del giu<strong>di</strong>zio che si determinato ineuro 1.000, 00.Or<strong>di</strong>na che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.14) TAR PUGLIA - BARI, Sez. I - sentenza 9 luglio 2009 n. 1803 - Pres. Allegretta,Est. Picone - Mariani (Avv.ti Clarizia, Nitrato Izzo e Pinto) c. Ministero <strong>delle</strong>Infrastrutture e dei Trasporti (Avv.ra Stato), Angrisano (n.c.) e Regione Puglia (Avv.Clarizia)FATTO e DIRITTO1. Il ricorrente Francesco Palmiro Mariani, nominato per un quadriennio Presidentedell’Autorità portuale <strong>di</strong> Bari con decreto del Ministro dei Trasporti in data 1 <strong>di</strong>cembre2006, impugna gli atti in<strong>di</strong>cati in epigrafe e, tra questi, il decreto n. 500 del 17 giugno2009, con cui il Ministro <strong>delle</strong> Infrastrutture e dei Trasporti ne ha <strong>di</strong>sposto la cessazioneimme<strong>di</strong>ata dalla carica. Con lo stesso decreto, il Ministro ha nominato Commissariostraor<strong>di</strong>nario dell’Autorità Portuale <strong>di</strong> Bari l’o<strong>di</strong>erno controinteressato FelicioAngrisano.Il provve<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> rimozione reca una motivazione così riassumibile:- il Mariani ha svolto fino al 4 giugno 2007 le funzioni <strong>di</strong> Presidente della "Bari PortoMe<strong>di</strong>terraneo s.r.l.", società pubblico-privata costituita nel 2005 ed oggi partecipatanella misura del 30% del capitale sociale dall’Autorità portuale <strong>di</strong> Bari;- egli ha dapprima avallato, nell’ambito del piano operativo triennale 2007-2009, iprogrammi <strong>di</strong> trasformazione e sviluppo della società; quin<strong>di</strong>, mutando opinione nelcorso del 2008, ha intrapreso azioni ostili nei confronti della controllata e del suoamministratore delegato, culminate nel provve<strong>di</strong>mento presidenziale del 19 febbraio2009, con cui l’Autorità portuale ha annullato in autotutela la concessione demaniale el’affidamento ventennale della gestione dei servizi ai passeggeri, a suo tempo <strong>di</strong>sposti infavore della "Bari Porto Me<strong>di</strong>terraneo s.r.l." me<strong>di</strong>ante delibere risalenti al 2004, inasserito contrasto con i principi comunitari e le norme poste a tutela della concorrenza;- questa ed altre iniziative assunte dall’Autorità portuale hanno generato una pesanteconflittualità tra il Mariani e l’amministratore delegato della società, ManlioGuadagnuolo, il quale aveva peraltro espresso riserve circa l’opportunità e la legittimità48


dell’acquisto <strong>di</strong> un pontone galleggiante, avvenuto nel corso del 2006 e costatoall’Autorità portuale circa un milione <strong>di</strong> euro;- la Commissione <strong>di</strong> indagine, istituita con decreto ministeriale n. 20/08 del 19 <strong>di</strong>cembre2008, ha <strong>di</strong>ffusamente descritto e stigmatizzato i comportamenti tenuti dal Mariani,soprattutto in occasione del ricordato annullamento in autotutela, paventando pericoliper il prestigio ed il buon funzionamento dell’Autorità portuale e per lo stesso sviluppodei traffici dello scalo barese;- anche il Consiglio <strong>di</strong> Stato, Sezione Sesta, a<strong>di</strong>to in appello dalla "Bari PortoMe<strong>di</strong>terraneo s.r.l." per l’annullamento della sentenza n. 440/2009 emessa dal T.A.R. <strong>di</strong>Bari (che, in primo grado, ha respinto l’impugnativa proposta dalla società avverso ilricordato annullamento in autotutela), ha censurato l’operato del Presidente Mariani,sospendendo parzialmente, con or<strong>di</strong>nanza cautelare n. 2359/2009, l’atto con cui egliaveva ingiunto alla società controllata <strong>di</strong> cessare imme<strong>di</strong>atamente l’attività e rilasciare ibeni detenuti in forza della concessione revocata;- le circostanze complessivamente rilevate dalla Commissione ministeriale inducono a<strong>di</strong>sporre in via d’urgenza la cessazione del Presidente Mariani dalla carica, con lacontestuale nomina del Commissario straor<strong>di</strong>nario Felicio Angrisano.2. Avverso il decreto <strong>di</strong> commissariamento, avente efficacia imme<strong>di</strong>ata, il ricorrentededuce censure così rubricate:I) nullità per <strong>di</strong>fetto assoluto <strong>di</strong> attribuzione; violazione e falsa applicazione degli artt. 7e 12 della legge 28 gennaio 1994 n. 84;<strong>II</strong>) eccesso <strong>di</strong> potere per sviamento e travisamento dei fatti;<strong>II</strong>I) violazione della sentenza n. 440/2009 del T.A.R. <strong>di</strong> Bari e dell’or<strong>di</strong>nanza n.2359/2009 del Consiglio <strong>di</strong> Stato; eccesso <strong>di</strong> potere per sviamento e travisamento deifatti;IV) eccesso <strong>di</strong> potere per sviamento, travisamento dei fatti, violazione dell’autolimiteamministrativo, falsa rappresentazione, illogicità ed irragionevolezza;V) in subor<strong>di</strong>ne, violazione e falsa applicazione dell’art. 7, quarto comma, della legge28 gennaio 1994 n. 84.Con decreto cautelare presidenziale del 18 giugno 2009 è stata interinalmente sospesal’efficacia del decreto <strong>di</strong> commissariamento.La Regione Puglia ha notificato atto <strong>di</strong> intervento ad a<strong>di</strong>uvandum, chiedendol’accoglimento del gravame.Nell’imminenza della camera <strong>di</strong> consiglio fissata per la trattazione dell’incidentecautelare si è costituita, per conto del Ministero <strong>delle</strong> Infrastrutture e dei Trasporti,l’Avvocatura dello Stato, che ha innanzitutto eccepito la tar<strong>di</strong>vità del ricorso inrelazione agli atti recanti l’istituzione della Commissione ministeriale; ha inoltreeccepito l’inammissibilità dell’intervento della Regione Puglia; ha chiesto in ogni casoil rigetto dell’impugnativa in quanto infondata, svolgendo <strong>di</strong>fese e depositandodocumentazione.Alla camera <strong>di</strong> consiglio del giorno 8 luglio 2009, avvisati i procuratori <strong>delle</strong> parti econstatata l’integrità del contrad<strong>di</strong>ttorio (anche nei confronti del controinteressato49


Felicio Angrisano, non costituito), la causa è stata trattenuta per la decisione definitivain forma semplificata.3. Preliminarmente, il Collegio deve esaminare le eccezioni <strong>di</strong> rito sollevatedall’Avvocatura dello Stato.3.1. E’ fondata quella attinente alla tar<strong>di</strong>vità dell’impugnativa dei decreti con i quali èstata istituita la Commissione ministeriale, che ha svolto l’indagine conoscitiva poisfociata nell’atto <strong>di</strong> commissariamento, nonché dei verbali della Commissione dei qualipure il ricorrente domanda l’annullamento.Si tratta, secondo le risultanze <strong>di</strong> causa, <strong>di</strong> atti impugnati dal Mariani ben oltre i sessantagiorni dalla loro effettiva conoscenza, <strong>di</strong>mostrata dalla sua partecipazione incontrad<strong>di</strong>ttorio ai lavori ispettivi della Commissione; atti che per la maggior parte,invero, appaiono comunque privi <strong>di</strong> imme<strong>di</strong>ata lesività per l’interesse dedotto ingiu<strong>di</strong>zio dal ricorrente, il quale <strong>di</strong>rige principalmente le proprie doglianze avverso ildecreto del Ministro <strong>delle</strong> Infrastrutture e dei Trasporti n. 500 del 17 giugno 2009,recante la destituzione con effetto imme<strong>di</strong>ato dalla carica <strong>di</strong> Presidente dell’Autoritàportuale.Il ricorso, per tale parte, va dunque <strong>di</strong>chiarato irricevibile per tar<strong>di</strong>vità, ovveroinammissibile per <strong>di</strong>fetto <strong>di</strong> lesività degli atti impugnati.3.2. Va viceversa <strong>di</strong>sattesa l’opposizione, formulata nel corso della <strong>di</strong>scussione incamera <strong>di</strong> consiglio dall’Avvocatura dello Stato, riguardo all’intervento ad a<strong>di</strong>uvandumspiegato dalla Regione Puglia.Secondo un principio pacifico, l’intervento nel processo amministrativo può esserespiegato anche da soggetti aventi un mero interesse <strong>di</strong> fatto all’accoglimentodell’impugnativa proposta dal ricorrente, purché la posizione giuri<strong>di</strong>cadell’interveniente sia <strong>di</strong>pendente ovvero accessiva rispetto all’interesse fatto valere ingiu<strong>di</strong>zio da parte ricorrente; ciò che rende, dunque, ammissibile l’intervento nelprocesso amministrativo è esclusivamente l’esistenza <strong>di</strong> un interesse <strong>di</strong> fatto, anchemorale, non essendo invece <strong>di</strong> ostacolo la mancanza in capo all’interveniente <strong>di</strong> unaposizione <strong>di</strong> interesse legittimo (così, tra molte, Cons. Stato, sez. IV, 30 maggio 2005 n.2795).Nella concreta fattispecie, alla Regione Puglia deve riconoscersi, in linea <strong>di</strong> principio,un interesse alla rimozione del decreto ministeriale <strong>di</strong> commissariamento, tenuto conto,al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> ogni altra considerazione, che essa concorre alla nomina del Presidentedell’Autorità portuale, in virtù del meccanismo <strong>di</strong> "intesa forte" regolato dall’art. 8 dellalegge n. 84 del 1994. Donde l’ammissibilità dell’intervento nel presente giu<strong>di</strong>zio.4. Nel merito, il ricorso è fondato nei limiti <strong>di</strong> cui appresso.4.1. Con il primo motivo, il ricorrente chiede che sia <strong>di</strong>chiarata la ra<strong>di</strong>cale nullità, aisensi dell’art. 21-septies della legge n. 241 del 1990, dell’atto <strong>di</strong> commissariamentoadottato dal Ministero, per <strong>di</strong>fetto assoluto <strong>di</strong> attribuzione, dovendo a suo avvisoescludersi che al Ministero <strong>delle</strong> Infrastrutture e dei Trasporti competa il potere <strong>di</strong>commissariare l’Autorità portuale (rectius: il suo Presidente), al <strong>di</strong> fuori <strong>delle</strong> fattispecietassativamente in<strong>di</strong>cate dalla normativa vigente. L’art. 7 della legge n. 84 del 1994stabilisce, infatti, che con decreto del Ministro può <strong>di</strong>sporsi la revoca del mandato delPresidente e lo scioglimento del Comitato portuale (con la nomina contestuale del50


Commissario straor<strong>di</strong>nario), qualora il piano operativo triennale non sia approvato neltermine <strong>di</strong> legge ovvero il conto consuntivo evidenzi un <strong>di</strong>savanzo.La censura, ad avviso del Collegio, non può essere accolta.Non è infatti ravvisabile, nel provve<strong>di</strong>mento gravato, l’esercizio <strong>di</strong> poteri pubblicisticidel tutto privi <strong>di</strong> fondamento legale, né sussiste lo sconfinamento nella sfera <strong>di</strong>attribuzioni <strong>di</strong> altro apparato dell’Amministrazione, circostanze che soleconsentirebbero <strong>di</strong> configurare la più grave <strong>delle</strong> patologie dell’atto amministrativo.La stessa legge statale sui porti attribuisce al Ministero, in via generale, il potere <strong>di</strong>vigilanza sulle Autorità. L’art. 12, primo comma, della legge n. 84 del 1994 <strong>di</strong>spone chel’Autorità portuale "è sottoposta alla vigilanza del Ministro". Il comma successivoprevede poi circoscritte ipotesi <strong>di</strong> controllo sugli atti <strong>delle</strong> Autorità (approvazione deibilanci e del consuntivo, determinazione dell’organico della segreteria).Ne <strong>di</strong>scende che il Ministro può esercitare il proprio potere <strong>di</strong> vigilanza, attraverso larimozione d’imperio degli organi <strong>di</strong>rettivi dell’Autorità portuale, anche al <strong>di</strong> fuori <strong>delle</strong>due ipotesi espressamente in<strong>di</strong>cate all’art. 7 della legge n. 84 del 1994. Tanto costituisceesplicazione dei cosiddetti "poteri impliciti" che l’or<strong>di</strong>namento attribuisce alla PubblicaAmministrazione, pur in <strong>di</strong>fetto <strong>di</strong> una esplicita previsione <strong>di</strong> legge.Resta tuttavia da verificare se il Ministero abbia fatto corretto uso del potere <strong>di</strong> vigilanzae del potere (implicito) <strong>di</strong> commissariamento che l’or<strong>di</strong>namento gli attribuisce. Vannoin tal senso unitariamente scrutinati i successivi motivi cui si affida il ricorrente, chelamenta violazione <strong>di</strong> legge ed eccesso <strong>di</strong> potere sotto <strong>di</strong>versi profili sintomatici.4.2. Secondo l’opinione della dottrina più autorevole, l’uso del potere implicito da partedell’Amministrazione non è esente da limiti, enucleabili anch’essi dai principi generali,primo fra tutti il principio <strong>di</strong> legalità e <strong>di</strong> tipicità dei provve<strong>di</strong>menti amministrativiautoritativi.In tal senso, si è <strong>di</strong> recente affermato che il "potere provve<strong>di</strong>mentale implicito" vaprogressivamente assumendo nel nostro or<strong>di</strong>namento carattere recessivo, anche esoprattutto all’indomani della riforma del 2005 che, intervenendo sulla legge n. 241 del1990, ha positivamente "co<strong>di</strong>ficato" istituti che per lungo tempo erano relegati perl’appunto alla sfera dei poteri impliciti (si pensi, ad esempio, ai poteri <strong>di</strong> autotutela nellaforma della revoca e dell’annullamento, al potere <strong>di</strong> convalida, al potere <strong>di</strong> sospensionedell’atto, oppure al carattere dell’esecutorietà).Si intende per provve<strong>di</strong>mento implicito quel provve<strong>di</strong>mento amministrativo nonprevisto da alcuna norma <strong>di</strong> legge (o <strong>di</strong> regolamento, se si segue la tesi per cui ilprincipio <strong>di</strong> legalità e tipicità può essere inverato, nelle materie non riservate alla legge,da regolamenti). Il potere provve<strong>di</strong>mentale implicito deve <strong>di</strong> regola misurarsi con ilprincipio <strong>di</strong> tipicità, inteso quale connessione fissata dalla normativa tra gli elementidell’atto e la predeterminazione degli effetti che esso può produrre. La tipicità implicache la legge, nell’attribuire all’Amministrazione quel potere, deve stabilirne ipresupposti, il proce<strong>di</strong>mento, gli effetti, e dunque stabilirne la funzione specifica.Il fondamento della tipicità, secondo tale dottrina, va ravvisato negli stessi principicostituzionali relativi allo svolgimento dell’attività amministrativa: per i provve<strong>di</strong>mentidestinati ad incidere sfavorevolmente nella sfera giuri<strong>di</strong>ca dei destinatari, è il principio<strong>di</strong> legalità a fondare la regola della tipicità.51


La tipicità comporta quin<strong>di</strong> che le varie categorie <strong>di</strong> provve<strong>di</strong>menti siano identificatedalle norme <strong>di</strong>sciplinatrici dei relativi poteri e non rimesse all’autonomia dell’Autoritàamministrativa.In tale ricostruzione, il principio <strong>di</strong> tipicità non comporta tuttavia l’esclusione assoluta<strong>di</strong> ogni potere implicito: l’attribuzione <strong>di</strong> tale potere deve semmai essere ricavata nonpiù dal criterio finalistico proprio dell’amministrare per risultati, ma dal sistemanormativo <strong>di</strong> garanzie in cui questo potere si ra<strong>di</strong>ca.Quanto ai poteri spettanti alle Amministrazioni vigilanti, che qui viene in rilievo, siregistra nella dottrina e nella più recente giurisprudenza una crescente sensibilità versol’autonomia degli enti <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto pubblico, con l’affermarsi <strong>di</strong> una netta <strong>di</strong>stinzione tra"vigilanza" e "gerarchia". La vigilanza rientra nell’ambito <strong>delle</strong> possibili formuleorganizzatorie, <strong>di</strong>fferenziandosi, in particolare, dalla gerarchia: il concetto <strong>di</strong> vigilanzaimplica infatti un rapporto organizzatorio <strong>di</strong>verso e più tenue del rapporto gerarchico,che deve essere inteso come potere strumentale al corretto esercizio della funzione inquella determinata materia stabilita dalla legge, e non è caratterizzata dal controllo su <strong>di</strong>un’attività amministrativa già svolta, ponendosi piuttosto come in<strong>di</strong>rizzo all’attività dasvolgersi (in questo senso Cons. Stato, sez. IV, 12 settembre 2006 n. 5317).La dottrina ha inoltre evidenziato che, una volta venuta meno la concezione <strong>di</strong> unoStato-soggetto in posizione <strong>di</strong> sovraor<strong>di</strong>nazione generale su tutti gli enti pubblici,l’istituto della vigilanza ha perso la sua compattezza, dovendo fare i conti, volta pervolta, con un variegato <strong>di</strong>ritto positivo.In tale contesto, il tra<strong>di</strong>zionale potere <strong>di</strong> scioglimento degli organi <strong>di</strong>rettivi continua pursempre a ra<strong>di</strong>carsi in un principio generale dell’or<strong>di</strong>namento: "Il potere <strong>di</strong> nomina delCommissario straor<strong>di</strong>nario costituisce attuazione del principio generale, applicabile atutti gli enti pubblici, del superiore interesse pubblico al sopperimento, con tale rime<strong>di</strong>o,degli organi <strong>di</strong> or<strong>di</strong>naria amministrazione, i cui titolari siano scaduti o mancanti. Talepotere non è esercitabile liberamente." (Corte cost., sent. 20 gennaio 2004 n. 27). Lastessa giurisprudenza aveva più volte riba<strong>di</strong>to che la nomina del commissariostraor<strong>di</strong>nario è un atto <strong>di</strong> autotutela esecutiva, appartenente alla categoria <strong>delle</strong> misurestrettamente ripristinatorie, la cui funzione si esaurisce nell’eliminare la situazione <strong>di</strong>danno o <strong>di</strong> pericolo per l’interesse pubblico.4.3. Con specifico riferimento alla vigilanza sulle Autorità portuali, la giurisprudenzacostituzionale ha coerentemente affermato che se, da un lato, non può dubitarsi che alMinistro <strong>delle</strong> Infrastrutture e dei Trasporti (cui compete la nomina del Presidentedell’Autorità portuale, all’esito del proce<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> intesa forte <strong>di</strong>sciplinato dall’art. 8della legge n. 84 del 1994) spetti il potere <strong>di</strong> nomina del relativo Commissariostraor<strong>di</strong>nario, onde assicurare "il sod<strong>di</strong>sfacimento <strong>delle</strong> esigenze <strong>di</strong> continuità dellaazione amministrativa ed impe<strong>di</strong>re stasi connesse alla decadenza degli organismior<strong>di</strong>nari", d’altro lato non può trascurarsi che anche l’adozione dell’atto <strong>di</strong>commissariamento presuppone l’avvio e lo sviluppo <strong>di</strong> trattative volte a raggiungerel’intesa, in termini <strong>di</strong> "leale cooperazione" tra i soggetti pubblici coinvolti (così Cortecost., sent. 27 luglio 2005 n. 339).Con una pronuncia <strong>di</strong> poco successiva, la Corte ha meglio chiarito i confini <strong>delle</strong>attribuzioni ministeriali in materia <strong>di</strong> nomina e revoca del Presidente dell’Autoritàportuale.52


L’art. 8 della legge n. 84 del 1994, richiedendo l’intesa con la Regione interessata, esigeche la nomina del Presidente sia frutto in ogni caso <strong>di</strong> una codeterminazione delMinistro e della Regione. Altrettanto indubbio, secondo la Corte, è che la volontàoriginaria della legge non può essere misconosciuta, qualificando come "debole" l'intesain questione, dopo che la riforma del Titolo V della Costituzione ha inserito la materiadei "porti e aeroporti civili" tra quelle <strong>di</strong> legislazione concorrente previste dall’art. 117,terzo comma: "… anzi, deve <strong>di</strong>rsi che la norma statale de qua, in quanto attributiva alMinistro <strong>di</strong> funzioni amministrative in materia contemplata dall’art. 117, terzo comma,Cost., è costituzionalmente legittima proprio perché prevede una procedura che,attraverso strumenti <strong>di</strong> leale collaborazione, assicura adeguatamente la partecipazionedella Regione all’esercizio in concreto della funzione amministrativa da essa allocata alivello centrale (sentenza n. 6 del 2004). Ne <strong>di</strong>scende che ab origine l’art. 8 della leggen. 84 del 1994 esigeva, ed a fortiori esige oggi - alla luce della sopravvenuta leggecostituzionale n. 3 del 2001 - una paritaria codeterminazione del contenuto dell’atto <strong>di</strong>nomina, quale forma <strong>di</strong> attuazione del principio <strong>di</strong> leale cooperazione tra lo Stato e laRegione, ed esclude ogni possibilità <strong>di</strong> declassamento dell’attività <strong>di</strong> codeterminazioneconnessa all’intesa in una mera attività consultiva non vincolante (sentenza n. 27 del2004); con la conseguenza che il mancato raggiungimento dell’intesa, quale previstadalla norma, costituiva e costituisce ostacolo insuperabile alla conclusione delproce<strong>di</strong>mento … A tale proposito, va detto che l’esigenza <strong>di</strong> leale cooperazione, insitanell’intesa, non esclude a priori la possibilità <strong>di</strong> meccanismi idonei a superare l'ostacoloche, alla conclusione del proce<strong>di</strong>mento, oppone il mancato raggiungimento <strong>di</strong> unaccordo sul contenuto del provve<strong>di</strong>mento da adottare; anzi, la vastità <strong>delle</strong> materie oggi<strong>di</strong> competenza legislativa concorrente comporta comunque, specie quando la rilevanzadegli interessi pubblici è tale da rendere imperiosa l’esigenza <strong>di</strong> provvedere,l’opportunità <strong>di</strong> prevedere siffatti meccanismi, fermo il loro carattere sussi<strong>di</strong>ario rispettoall’impegno leale <strong>delle</strong> parti nella ricerca <strong>di</strong> una soluzione con<strong>di</strong>visa. Tali meccanismi,quale che ne sia la concreta configurazione, debbono in ogni caso essere rispettosi <strong>delle</strong>esigenze insite nella scelta, operata dal legislatore costituzionale, con il <strong>di</strong>sciplinare lacompetenza legislativa in quella data materia: e pertanto deve trattarsi <strong>di</strong> meccanismiche non stravolgano il criterio per cui alla legge statale compete fissare i principifondamentali della materia; che non declassino l’attività <strong>di</strong> codeterminazione connessaall’intesa in una mera attività consultiva; che prevedano l’allocazione <strong>delle</strong> funzioniamministrative nel rispetto dei principi <strong>di</strong> sussi<strong>di</strong>arietà, <strong>di</strong>fferenziazione ed adeguatezza<strong>di</strong> cui all’art. 118 Cost." (così Corte cost., sent. 7 ottobre 2005 n. 378).Nella materia dei porti, l’equilibrio tra poteri statali e regionali è sintetizzato, tra l’altro,proprio nella figura del Presidente dell’Autorità portuale. È in tale contesto, secondo ilgiu<strong>di</strong>ce costituzionale, che va inquadrata la previsione normativa circa la spettanza alMinistro del potere <strong>di</strong> nomina del Presidente dell’Autorità portuale, previsione chearmonicamente si inserisce nel complesso quadro, descritto dalla legge statale, nel qualesi iscrivono, in particolare, i compiti attribuiti al Presidente (coor<strong>di</strong>namento <strong>delle</strong> attivitàsvolte nel porto dalle Pubbliche Amministrazioni, nonché coor<strong>di</strong>namento e controllo<strong>delle</strong> attività soggette ad autorizzazione e concessione, e dei servizi portuali;amministrazione <strong>delle</strong> aree e beni del demanio marittimo; autorizzazione <strong>delle</strong>operazioni portuali e concessione <strong>di</strong> aree e banchine; potere <strong>di</strong> in<strong>di</strong>re, presiedendola,una conferenza <strong>di</strong> servizi con le Amministrazioni interessate a lavori <strong>di</strong> escavazione emanutenzione dei fondali, etc.).53


Il Presidente dell’Autorità portuale, in definitiva, è posto al vertice <strong>di</strong> una complessaorganizzazione che vede coinvolti, e soggetti al suo coor<strong>di</strong>namento, anche organischiettamente statali (egli presiede, tra l’altro, il Comitato portuale del quale fanno parteil Comandante del porto e, in rappresentanza dei Ministeri <strong>delle</strong> Finanze e dei Lavoripubblici, un <strong>di</strong>rigente dei servizi doganali ed uno dell’ufficio speciale del genio civile),e gli è assegnato un ruolo fondamentale, anche <strong>di</strong> carattere propulsivo, perché il portoassolva alla sua funzione <strong>di</strong> rilevanza internazionale o nazionale, comunque interessantel’economia nazionale.Secondo la Corte costituzionale, da ciò <strong>di</strong>scende che "… se la scelta, operata dallegislatore statale nel 1994, <strong>di</strong> coinvolgere la Regione nel proce<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> nomina delPresidente costituisce riconoscimento del ruolo del porto nell’economia regionale e,prima ancora, locale (donde il potere <strong>di</strong> proposta riconosciuto alla Provincia, al Comuneed alla Camera <strong>di</strong> commercio), la scelta del legislatore costituente del 2001 - <strong>di</strong> inserirela materia ‘porti e aeroporti civili’ nel terzo comma dell’art. 117 Cost. - non può essereintesa quale declassamento degli interessi dell’intera comunità nazionale connessiall’attività dei più importanti porti: interessi, anche questi, la cui cura è, con la vastitàdei compiti assegnatigli ed il ruolo riconosciutogli, affidata in primo luogo alPresidente, e pertanto la sua nomina, come era attribuita al Ministro dalla legge generaledel 1994, così resta a lui attribuita dalla medesima legge-quadro che ancora oggigoverna la materia. In breve, l’originaria previsione in tema <strong>di</strong> potere <strong>di</strong> nomina sicoor<strong>di</strong>na con l’insieme della legge contribuendo, quale sua organica articolazione,all’equilibrio che essa realizza tra istanze centrali, regionali e locali; sicché taleprevisione continua a costituire principio fondamentale della materia, alla pari <strong>delle</strong>altre sulla composizione degli organi e sui loro compiti e poteri." (così Corte cost., sent.7 ottobre 2005 n. 378).4.4. Traendo le somme da quanto fin qui esposto, può dunque affermarsi, con riflessiimme<strong>di</strong>ati sulla controversia in esame, che:a) i cosiddetti "poteri provve<strong>di</strong>mentali impliciti" devono essere opportunamentericonsiderati e reinterpretati alla luce del principio <strong>di</strong> legalità, valorizzando i vincoli e legaranzie poste dal legislatore nei <strong>di</strong>versi settori;b) rientrano tuttora nel novero dei "poteri impliciti" quelli spettanti all’Autorità vigilantenei confronti degli organi dell’ente soggetto a vigilanza, <strong>di</strong> cui può <strong>di</strong>sporre la revoca e<strong>di</strong>l commissariamento, al fine <strong>di</strong> assicurare la continuità <strong>di</strong> gestione ed il regolarefunzionamento dell’ente stesso;c) nella materia dei porti, l’esercizio <strong>delle</strong> prerogative ministeriali deve oggiconformarsi ai principi costituzionali <strong>di</strong> sussi<strong>di</strong>arietà e leale collaborazione,specialmente dopo la riforma del Titolo V approvata nel 2001, nei termini chiariti dallaCorte costituzionale.4.5. Così ridefinita la funzione <strong>di</strong> vigilanza spettante al Ministero nei confronti degliorgani <strong>di</strong>rettivi dell’Autorità portuale, il Collegio ritiene che la contestata decisione <strong>di</strong>rimuovere dalla carica il solo Presidente Mariani sia illegittima, siccome frutto <strong>di</strong> un usosviato del potere.Nessuna <strong>delle</strong> motivazioni espresse nella parte motiva del decreto impugnato appareidonea a giustificare il ricorso al commissariamento del vertice dell’Autorità portuale,una misura che non può che rappresentare l’extrema ratio <strong>di</strong> intervento autoritativo da54


parte del Ministero, in presenza <strong>di</strong> situazioni <strong>di</strong> effettivo pericolo per la continuità e laregolarità della gestione da parte dei titolari <strong>delle</strong> massime cariche dell’ente.In primo luogo, non appare sufficiente il generico rilievo che si legge nell’attoimpugnato circa l’inopportunità ovvero l’illegittimità (non meglio <strong>di</strong>mostrata)dell’acquisto <strong>di</strong> un pontone galleggiante, avvenuto tre anni prima. Si tratta, conevidenza, <strong>di</strong> una singola ed isolata decisione "gestionale", <strong>di</strong> per sé sottratta allavalutazione <strong>di</strong> merito del Ministero, che comunque non può ragionevolmentegiustificare la rimozione del Presidente che l’abbia assunta.Nè appare convincente, al fine <strong>di</strong> giustificare il commissariamento, la ripetutainvocazione del "conflitto" insorto tra il Presidente dell’Autorità e l’amministratoredelegato della "Bari Porto Me<strong>di</strong>terraneo s.r.l.".Ciò perché, in primo luogo, la decisione <strong>di</strong> annullare in autotutela l’affidamento<strong>di</strong>sposto in favore della società pubblico-privata, costituita alcuni anni prima dallamedesima Autorità portuale <strong>di</strong> Bari, è stata avallata dal giu<strong>di</strong>ce amministrativo <strong>di</strong> primogrado, che ne ha sancito la legittimità sotto tutti i profili. Sul punto, le parti si <strong>di</strong>lunganoin argomentate <strong>di</strong>fese che tuttavia, ad avviso del Collegio, non possono surrettiziamentedeviare l’oggetto del presente giu<strong>di</strong>zio sulla legittimità del provve<strong>di</strong>mento <strong>di</strong> autotutelaassunto nel febbraio del 2009 dal Presidente Mariani.Come detto, la Terza Sezione <strong>di</strong> questo Tribunale, con sentenza n. 440/2009, ha respintoil ricorso proposto dalla "Bari Porto Me<strong>di</strong>terraneo s.r.l." e la legittimità <strong>di</strong> dettoprovve<strong>di</strong>mento, impregiu<strong>di</strong>cato l’esito del giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> appello, deve essere assunta comedato <strong>di</strong> fatto incontrovertibile. Piuttosto, il richiamo dell’or<strong>di</strong>nanza cautelare n.2359/2009 della Sesta Sezione del Consiglio <strong>di</strong> Stato, effettuato con il decretoministeriale <strong>di</strong> commissariamento, appare improprio ed è ulteriore sintomo <strong>di</strong>sviamento, poiché in quella sede il Giu<strong>di</strong>ce d’appello si è limitato a tener ferma lasituazione gestionale in capo alla società appellante fino alla pubblicazione dellasentenza definitiva, nulla significando in merito alla illiceità della condotta assuntadall’Autorità portuale.Più in generale, rileva il Collegio che, ove pure conflittualità e <strong>di</strong>vergenza <strong>di</strong> strategie visiano tra Autorità portuale e società pubblico-privata, il Ministero avrebbe dovuto pursempre considerare la <strong>di</strong>versa natura dei soggetti in lite: <strong>di</strong> norma, all’Amministrazioneconcedente è rimesso il perseguimento dell’interesse pubblico, laddove la societàaffidataria del servizio persegue fisiologicamente (e legittimamente) uno scopolucrativo, in ragione della presenza al suo interno <strong>di</strong> soci privati mossi da intentiegoistici.L’eccesso <strong>di</strong> potere in cui è incorso il Ministero, con il decreto impugnato, è altresìricavabile dalla estrema specificità degli addebiti mossi al Presidente Mariani, al qualesono stati sostanzialmente imputati pochi e ben definiti comportamenti, quasiinteramente riferibili al rapporto tra Autorità portuale e società "Bari PortoMe<strong>di</strong>terraneo s.r.l."; detti comportamenti, ad avviso del Collegio, assumono tuttavia unarilevanza assai ridotta nel contesto della complessiva attività dell’Autorità, rispetto allaquale il decreto <strong>di</strong> commissariamento omette <strong>di</strong> contestare oggettive e più gravinegligenze, se si eccettuano le generiche ed in<strong>di</strong>mostrate previsioni circa il rischio <strong>di</strong> unpeggioramento dei traffici e della red<strong>di</strong>tività del porto barese.Si vuol <strong>di</strong>re, in altri termini, che dal provve<strong>di</strong>mento impugnato non è possibile scorgerequegli in<strong>di</strong>zi <strong>di</strong> grave e comprovata "mala gestio" che avrebbero teoricamente55


legittimato l’esercizio del potere straor<strong>di</strong>nario <strong>di</strong> commissariamento da parte delMinistero, sulla base <strong>di</strong> documentate per<strong>di</strong>te finanziarie ovvero <strong>di</strong> <strong>di</strong>sfunzioniorganizzative nell’erogazione dei servizi all’utenza.Il fatto, poi, che il Ministero non abbia con<strong>di</strong>viso la scelta <strong>di</strong> revocare in autotutela laconcessione a suo tempo <strong>di</strong>sposta in favore <strong>di</strong> una società pubblico-privata, non può <strong>di</strong>per sé giustificare l’adozione <strong>di</strong> una misura tanto invasiva, a scapito del titolare <strong>di</strong> unorgano istituzionale designato, come si è detto, in concorso con la Regione Puglia e glienti locali. Spinto a siffatti estremi, il potere <strong>di</strong> vigilanza sull’ente trasmoderebbe in unvero e proprio controllo <strong>di</strong> merito sui singoli atti <strong>di</strong> gestione, così vanificando il sistema<strong>delle</strong> Autorità portuali <strong>di</strong>segnato dal legislatore alla ricerca <strong>di</strong> un <strong>di</strong>fficile equilibrio traistanze autonomistiche ed esigenze <strong>di</strong> coor<strong>di</strong>namento al livello centrale.E’ un equilibrio valorizzato a chiare lettere dalla giurisprudenza costituzionale,chiamata a verificare la tenuta dei meccanismi <strong>di</strong> nomina del Presidente dell’Autoritàportuale, rispetto al rinnovato assetto istituzionale scaturito dalla riforma del Titolo Vdella Costituzione.La latitu<strong>di</strong>ne dei poteri <strong>di</strong> vigilanza spettanti al Ministro deve perciò obbe<strong>di</strong>re adun’interpretazione costituzionalmente orientata <strong>delle</strong> norme attributive del potere(implicito) <strong>di</strong> commissariamento, in ossequio ai ricordati principi <strong>di</strong> sussi<strong>di</strong>arietà e lealecollaborazione tra soggetti pubblici.5. Discende da quanto detto, assorbite le ulteriori censure, l’illegittimità per eccesso <strong>di</strong>potere del decreto del Ministro <strong>delle</strong> Infrastrutture e dei Trasporti n. 500 del 17 giugno2009, che va pertanto annullato.Le spese <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>zio, tenuto conto della complessità della vicenda e della novità <strong>delle</strong>questioni affrontate, possono essere integralmente compensate.P.Q.M.il Tribunale <strong>Amministrativo</strong> Regionale per la Puglia, sede <strong>di</strong> Bari, Prima Sezione, cosìprovvede:1) <strong>di</strong>chiara in parte irricevibile ed in parte inammissibile il ricorso in epigrafe, quantoalla domanda <strong>di</strong> annullamento del decreto del Direttore Generale dei Porti del Ministero<strong>delle</strong> Infrastrutture e dei Trasporti n. 20/08 del 19 <strong>di</strong>cembre 2008, del successivodecreto del Direttore Generale del 4 febbraio 2009, dei verbali nn. 1 del 23 gennaio2009, n. 2 del 17 febbraio 2009, n. 3 del 3 febbraio 2009 della Commissioneministeriale, della nota del Presidente della Commissione in data 4 maggio 2009;2) accoglie in parte il ricorso e per l’effetto annulla il decreto del Ministro <strong>delle</strong>Infrastrutture e dei Trasporti n. 500 del 17 giugno 2009.Spese compensate.Or<strong>di</strong>na che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.56

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