3.1 Gli usi finali <strong>delle</strong> <strong>biomasse</strong> nel sistema nazionale: quali potenzialità?Gli utilizzi energetici <strong>delle</strong> <strong>biomasse</strong> agro-forestali, in Italia, interessano il riscaldamento domestico, l’elettricitàe la produzione di biocarburanti.Un punto nodale è rappresentato dal costo di acquisizione della materia prima in quantità tali da alimentaregli impianti di grosse dimensioni in modo da poter conseguire economie di scala. Secondo stime autorevoli(ITABIA, 2003), il costo di approvvigionamento della materia prima incide per circa il 45% sul costo totaledella produzione di energia; per le colture energetiche dedicate questo costo varia da 30 a 60 euro a tonnellatadi sostanza secca – molto più del costo sostenuto per le coltivazioni legnose – e include coltivazione,raccolta, stoccaggio e trasporto. Inoltre, la materia prima nazionale è caratterizzata da scarsità e discontinuitàdi disponibilità ed ha una dimensione locale del mercato per cui, nonostante la presenza di impianti e infrastruttureindustriali, risulta difficoltoso avviare iniziative su larga scala senza il ricorso alle importazioni massicce,a prezzi competitivi, di biomassa da residui e legna di scarto per la produzione di calore ed elettricitàe di oli vegetali per la produzione di biocarburanti (Prospetto 3.1). Il ricorso alle importazioni di materiaprima, tra l’altro, tocca un aspetto di forte impatto sull’opinione pubblica, sollevando molte perplessità ambientaliin termini non solo di inquinamento prodotto dai mezzi di trasporto ma, nel caso degli oli vegetali,di perdita di biodiversità e di degrado ambientale per il disboscamento <strong>delle</strong> foreste tropicali, per far postoalle piantagioni per produrlo, da parte dei Paesi esportatori.Uso finaleProspetto 3.1 - Gli usi finali della biomassa agro-forestale a livello nazionaleFonte di approvvigionamentoresidui colture biomassadedicate importataRiscaldamento - autoconsumo (impianti di riscaldamento)domestico - produzione su scala locale/filiera corta(impianti di teleriscaldamento per la collettività) ✓ ✓Calore- produzione su larga scala/filiera lungadi processo (industrie del legno e distillerie) ✓Elettricità da - autoconsumo o produzione su scala<strong>biomasse</strong> legnose locale/filiera corta (impianti di microgenerazione) ✓ ✓ ✓Elettrictà da - produzione su larga scala/filiera lungaoli vegetali (impianti a biomassa dedicati) ✓ ✓Elettricità da - autoconsumo, produzione su scala locale/filiera corta obiogas produzione su larga scala/filiera lunga (impianti a biogas) ✓ ✓Trasporti - biodiesel o bioetanolo/filiera lunga(biocarburanti) (impianti industriali per la trasformazione) ✓ ✓Fonte: elaborazioni su monitoraggio MIPAAF, Commissione <strong>biomasse</strong>, 2006.RETELEADER 65
Le potenzialità legate allo sfruttamento energetico <strong>delle</strong> <strong>biomasse</strong> sono quelle di far consolidare il loro utilizzosia in impianti di piccola taglia, come le utenze domestiche, sia negli impianti più grandi destinati allaproduzione di energia elettrica e/o calore, in un contesto di filiera agro-energetica; la combustione di biomassaagro-forestale in impianti di dimensioni considerevoli, però, anche se consente risparmi economici intermini di consumo evitato di energia, non giustifica, dal punto di vista ambientale, l’elevato investimento inizialese il calore recuperato non può essere realmente utilizzato.Uno degli aspetti principali per l’investimento in <strong>biomasse</strong> è sicuramente dettato dai costi di produzione (peril dettaglio dei quali si rimanda al Paragrafo 3.4) su cui incidono fortemente, come si è detto, i costi della materiaprima. Ma oltre agli oneri compensativi, agli iter autorizzativi complessi e ai costi di allacciamento allarete per la produzione di energia elettrica o ai costi di trasporto per la biomassa legnosa, i costi di produzione(Box 3.1) comprendono tutta una serie di oneri insiti nel “sistema Italia”, che incidono sulla scelta degli operatoriad investire nelle <strong>biomasse</strong> e creano loro difficoltà nel condurre a termine i progetti di investimento.Così, da un lato, risultano ormai consolidate, in diverse Regioni, filiere corte ligneo-cellulosiche con impianti termiciaziendali o di fabbricato e impianti di cogenerazione e teleriscaldamento per piccole utenze che, per effettodel sostegno degli incentivi statali e di azioni collettive pubblico-private fortemente integrate sul territorio,da progetti pilota si sono trasformati in realtà operative di eccellenza in piccoli centri urbani e rurali, vicinialle aree di produzione della biomassa. Ma, dall’altro, le criticità e le peculiarità nazionali (Prospetto 3.2),il quadro normativo frammentato e a volte poco coerente, l’assenza dell’idonea ripartizione dei compiti tra Amministrazionistatali e regionali riguardo alla programmazione e al coordinamento degli interventi di sostegnodi tipo finanziario, hanno ridotto l’efficacia degli strumenti disponibili, ritardando il consolidamento di processidi filiera agro-energetica veri e propri e la costituzione di distretti agro-energetici capaci di fare sistemacon le istituzioni pubbliche, le associazioni agricole, le aziende e le industrie di trasformazione.Riguardo alla materia prima nazionale, inoltre, la produzione di biomassa agricola è fortemente limitatadalle dimensioni aziendali ridotte; in Italia più di 600.000 aziende agricole, praticamente oltre il 30% del totale,hanno fino ad 1 ettaro di superficie agricola utilizzata, mentre la SAU media per azienda è di appena7,4 ettari (ISTAT, 2005). Le aziende, quindi, soffrono di una rigidità nella capacità di programmare interventiper nuove coltivazioni ed hanno maggiori difficoltà nel dotarsi dei macchinari necessari alla lavorazione e allaraccolta dei residui. Le tecnologie per l’utilizzo <strong>delle</strong> <strong>biomasse</strong>, inoltre, sono ancora poco specifiche per ilsettore agricolo e, come accennato, i costi degli interventi sono alti e poco competitivi nei confronti <strong>delle</strong>energie tradizionali. Questi costi potrebbero essere dimezzati se venissero migliorate le pratiche agronomichee se fosse incrementata la produttività <strong>delle</strong> colture, ma ciò dovrebbe necessariamente tradursi in una(onerosa) riorganizzazione aziendale. Un aspetto certamente non secondario, poi, è insito nella difficoltànel de<strong>fini</strong>re i modelli di calcolo <strong>delle</strong> superfici coltivabili e <strong>delle</strong> colture o combinazioni di colture a causa dinumerosi fattori che condizionano le rese, legati tanto agli aspetti agronomici quanto alle operazioni colturali,con particolare riferimento alla raccolta. Le aree italiane sono caratterizzate da condizioni pedoclimaticheeterogenee che influiscono sulla fertilità dei terreni, mettendo a rischio le rese che spesso si presentanobasse; inoltre, la parcellizzazione dei fondi limita fortemente gli investimenti in coltivazioni oleaginose ed66 RETELEADER
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