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Bioenergia rurale. Analisi e valutazione delle biomasse a fini ... - Inea

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Box 3.2 - La produzione di biocarburanti in Italia• La produzione di biodiesel è stata di 396.000 tonnellate di prodotto <strong>fini</strong>to nel 2005 e 447.000 tonnellatenel 2006 (EurObserv’ER, 2007), mentre i consumi sono passati da 172.000 tonnellate nel 2005 a 177.000del 2006 (dati European Biodiesel Board). L’80% della materia prima per la produzione di biodiesel italianoè importato e proviene per l’80% da oli di colza e per il 20% da girasole. La produzione di prodotto <strong>fini</strong>toè realizzata da 23 società con una capacità complessiva di produzione stimata intorno a 1 milione t/annodi biodiesel, circa il doppio della produzione effettiva; quest’ultima è immessa sul mercato nazionale neilimiti del quantitativo contingentato dallo Stato e per la parte eccedente è esportata verso Paesi in cui la produzioneè quasi del tutto inesistente.• Nonostante i 4 principali distillatori di alcool etilico abbiano formato nel 2004 la Società Italiana BioEtanolo(SIBE), le iniziative industriali, seppure di rilevanti dimensioni per la loro produzione, sono ancora nellafase di avvio. La produzione di bioetanolo è stata praticamente inesistente nel 2005, con appena 8.000tonnellate, ed ha raggiunto le 102.400 tonnellate di prodotto <strong>fini</strong>to nel 2006 per le nuove misure fiscali culminate,nel 2007, con l’avvio del Piano triennale di sviluppo della filiera.• Gli ettari coltivati a oleaginose sono stati poco più di 70.000 sia nel 2005 che nel 2006. Nel 2007, per effettodel contingente defiscalizzato di 70.000 tonnellate di biodiesel (legge finanziaria 2007) e al Contrattoquadro nazionale di settore, che rappresenta un primo passo per sostenere la produzione nazionale, sonostati messi a coltura 45.000 ettari tra girasole, colza e soia.La biomassa legnosa, costituita in prevalenza da cedui a corta rotazione, legna da ardere e potature, è inveceuna <strong>delle</strong> fonti “storiche”, in Italia, per la produzione di energia rinnovabile e rappresenta un mercatoin espansione per la domanda di materiale legnoso compattato in “pastiglie” (pellet) o in tronchetti (briquette),legna spaccata corta e legno sminuzzato (cippato) per le caldaie domestiche. La diffusione di sistemidi riscaldamento alternativi a quelli alimentati con il tradizionale gas o gasolio che funzionano a legno,granoturco o altro tipo di <strong>biomasse</strong>, infatti, è sostenuta sia dal risparmio economico per l’utenza 5 , sia dallacomponente ambientale, legata al contributo alla riduzione dell’emissione di gas a effetto serra. Inoltre, labiomassa legnosa ha un bilancio energetico relativamente alto a fronte di un basso impatto ambientale(mantenimento della fertilità del suolo; sink di carbonio).Le aziende agricole e forestali possono trasformare la biomassa legnosa per autoconsumo o venderla su scalalocale (filiera corta); tra l’altro, gli impianti di piccola taglia, con bacini di approvvigionamento locali, idoneia servire le utenze domestiche dei piccoli centri vicini alle aree di produzione o gruppi di utenze, offronobenefici economici maggiori. In tale contesto, Province e Comuni possono svolgere un ruolo importante sia5 Riscaldare un locale di 100 MQ con una caldaia alimentata a chicchi di granoturco che consuma 30 KG/giorno di carburante “verde”, integrato con l’utilizzodel pellet nella fase di accensione, ha un costo compreso tra 13 e 15 centesimi di euro/KG e un risparmio del 50-60% rispetto al gasolio o al metano(dati Coldiretti, 2007).70 RETELEADER

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