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Marco Polo - Luglio/Agosto 2017

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Venezia Peggy Guggenheim Collection<br />

La signora dell'arte<br />

Picasso e Pollock, Mondrian e Kapoor: sono tantissimi i capolavori nella<br />

splendida casa-museo della più originale collezionista del Novecento<br />

Testo e foto di Lorenzo Ciompi<br />

aver esposto alla biennale del 1948,<br />

Palazzo Venier dei Leoni, un’elegante<br />

struttura incompiuta sul Canal Grande<br />

il cui chiarore lapideo riflette i tramonti<br />

della laguna, tingendone i marmi di rosso<br />

fuoco e screziandone le architravature da<br />

iridescenze insanguinate; qui si trasferisce<br />

e apre la propria collezione al pubblico.<br />

Un edificio che snobisticamente<br />

avrebbe operato come una sorta di asimmetrico<br />

contrappeso all’opposta sponda<br />

del canale: “la lunga facciata in pietra<br />

d’Istria del palazzo, con gli alberi del<br />

giardino sullo sfondo, formano una piacevole<br />

cesura nella marcia solenne degli<br />

edifici che si affacciano sul Canal Grande,<br />

dall’Accademia alla Basilica della Salute”.<br />

Nel 1969 decide di donare il palazzo con<br />

tutte le opere ivi contenute alla fondazione<br />

Solomon Guggenheim che era stata<br />

creata nel 1937 dallo zio, per gestire la<br />

propria collezione personale, per la quale<br />

nel 1959 è stato appositamente costruito<br />

il famoso edificio di Frank Lloyd Wright<br />

sulla Quinta Strada. Muore pluriottantenne<br />

nel 1979 e le sue ceneri vengono<br />

seppellite nel giardino di palazzo Venier<br />

dei Leoni, vicino ai suoi adorati cani. La<br />

collezione è un concentrato museale di<br />

opere d’arte moderna e contemporanea<br />

tra i più importanti al mondo, resa ancora<br />

più pregevole dal fatto che l’illuminata<br />

“talent scout d’antan” aveva acquistato e<br />

commissionato opere di maestri attualmente<br />

considerati d’arte moderna, ma<br />

che al tempo erano assolutamente contemporanei,<br />

investendo su essi, nutrendoli,<br />

accudendoli, scommettendoci sopra<br />

e credendo in loro fortemente.<br />

Non pochi sono i geni dell’arte moderna<br />

riconosciuti universalmente che le devono<br />

praticamente tutto.<br />

Le nivee mura dell’edificio trasudano<br />

opere di Braque (Il clarinetto, 1912),<br />

Picasso (Pipa, bicchiere, bottiglia…<br />

del 1914, Il poeta del 1911, Sulla spiaggia<br />

del ‘37), Metzinger (Al velodromo<br />

del ‘12), Delaunay (Finestre aperte<br />

simultaneamente, prima parte, terzo<br />

motivo del 1912), Max Ernst come se<br />

piovesse (ça va sans dire...). E ancora, Picabia<br />

con Pittura rarissima sulla terra,<br />

un pregevole olio e vernice metallizzata<br />

Peggy Guggenheim inaugura a Londra<br />

la prima galleria nel gennaio 1938<br />

a 39 anni, iniziando una carriera che<br />

influenzerà significativamente il corso<br />

dell’arte dell’ultimo dopoguerra. È<br />

sempre stato un suo sogno aprire un<br />

museo d'arte moderna a Londra, si fa<br />

quindi consigliare da Duchamp, mentore<br />

d’eccezione, la lista degli artisti che<br />

avrebbero dovuto esservi rappresentati.<br />

Acquista moltissime opere: “ero determinata<br />

a comprare almeno un quadro al<br />

giorno”. Pollock è il suo pupillo, a lui è dedicata<br />

la prima personale nel novembre<br />

del 1943. Due anni prima Peggy sposa<br />

Max Ernst, che le instillerà i principi del<br />

Surrealismo facendoglielo adorare. Impazzisce<br />

per Venezia ed acquista, dopo<br />

Sopra, Marino Marini,<br />

"L'angelo della città"<br />

(1948), accanto, Lorenzo<br />

Ciompi posa con l'opera.<br />

Sotto, Piet Mondrian,<br />

"Composizione numero 1<br />

con grigio e rosso" (1938)<br />

su tavola e foglia d’oro ed argento su<br />

legno del 1915, Paul Klee con Giardino<br />

magico del 1926, un olio su rete metallica<br />

e gesso che fece asserire all’artista di<br />

“essere come un neonato... essere quasi<br />

primitivo”, Kandinsky con Croce bianca<br />

del ‘22, Severini con Mare = Ballerina<br />

del 1914, dipinto in cui luce e cromatismo<br />

non si fermano costretti nella tela ma<br />

corrono via fuggendo fino a bagnarne la<br />

cornice. Dinamismo di un cavallo in<br />

corsa+case è la scultura del ‘15 “griffata”<br />

Boccioni, mentre Uccello nello spazio<br />

del ‘32 è la bellissima ed aerodinamica<br />

opera a firma Brancusi, come la coda di<br />

un pappagallo o il becco di un fenicottero<br />

o una paradisea dorata che si staglia<br />

nel cielo bucandolo nell’atto di spiccare<br />

il volo, dove “il metallo lucidato riflette la<br />

luce e provoca la dissoluzione della forma<br />

allungata nello spazio”.<br />

Tenero e quasi timido l’olio del 1911 a<br />

firma Chagall denominato La pioggia,<br />

onirico e un po’ malinconico (forse perché<br />

dipinto dopo la fuga dalla Russia a<br />

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