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e-FARCORO 2-2017

FARCORO è la Rivista Musicale di AERCO, l'Associazione Emiliano Romagnola Cori

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canto fermo di una litania d’uso mantovano.<br />

Questa pubblicazione rappresenta un punto di svolta nella<br />

carriera del compositore, tant’è che per molti studiosi è da<br />

intendersi quale parziale e sottile risposta alle invettive del<br />

teorico Giovanni Maria Artusi, che dieci anni prima aveva<br />

segnalato al mondo dei curiosi alcuni errori d’ortografia<br />

contenuti in diverse composizioni di Monteverdi 6 . Perché<br />

proprio qui, e non altrove? Ma soprattutto, perché in un<br />

diverso campo tematico rispetto a quello del madrigale?<br />

Monteverdi sceglie anzitutto di rappresentare un modello<br />

perfetto di scansione liturgica così come si articolava<br />

ai suoi tempi. Infatti, i Vespri si alternavano alla Messa<br />

secondo una ritmica successione chiamata a scandire<br />

il tempo di ogni uomo di fede: la liturgia eucaristica era<br />

anticipata, la sera precedente, dai Primi Vespri e seguita,<br />

la sera stessa, dai Secondi. Ed è in questa accezione che<br />

potremmo ricercare uno dei significati più affascinanti<br />

del termine funzione applicato alla cerimonia religiosa:<br />

derivato dal latino functio, rinvia a un adempimento, al<br />

compimento di un bisogno individuale o collettivo.<br />

Nella disposizione degli eventi essa non segue un<br />

ordine romano, né uno lombardo e nello stesso tempo<br />

potrebbe funzionare per entrambi, avendo il suo autore<br />

opportunamente organizzato le proprie idee al fine<br />

di lasciare un certo margine di adattabilità. Non sarà<br />

quindi azzardato considerare la presenza di più cori per<br />

un solo Vespro: quantomeno uno per il canto fermo,<br />

uno (ben nutrito) per quello figurato, uno per la ‘Litania’<br />

della Sonata, altri gruppi di pochi cantori per i mottetti.<br />

Questo dato, unitamente alle infinite variabili offerte<br />

dalle discipline legate alla prassi esecutiva, ci permette<br />

di formulare un bilancio di tutti i Vespri ascoltati fino a<br />

oggi: nessuno è (o mai sarà) uguale all’altro, ma nonostante<br />

questo saranno tutti veri e plausibili; e non parliamo<br />

semplicemente di interpretazione, bensì di ricomposizione<br />

liturgica, perché quello edito a stampa nel 1610 non è<br />

un Vespro verosimilmente conforme all’uso pratico, ma<br />

un iper-Vespro, un modello paradigmatico frutto di una<br />

conoscenza immensa, di una straordinaria immaginazione<br />

creativa.<br />

Il carattere più esaminato e contemplato dagli studiosi<br />

di questa raccolta è tuttavia offerto dalla perfetta<br />

compresenza di stile antico e stile moderno. Monteverdi,<br />

infatti, pare guardare continuamente sia avanti, sia indietro,<br />

tanto che a volte non è possibile sapere se stia adottando<br />

l’uno o l’altro atteggiamento. Inoltre, sembra guardare alle<br />

diverse tipologie di sonorizzazione che caratterizzano le<br />

maggiori lingue musicali del suo tempo, primo fra tutti<br />

quell’idioma veneziano che da lì a poco diventerà la<br />

sua nuova casa musicale. Una dimora ancora una volta<br />

6 Giovanni Maria Artusi, L’Artusi, overo delle imperfettioni della moderna<br />

musica, Venezia, Vincenti 1600.<br />

Claudio Monteverdi<br />

d’ambito esclusivo: la cappella privata del Doge, che<br />

Claudio dirigerà fino alla fine della sua vita, già da mezzo<br />

secolo aveva raggiunto una significativa espansione e<br />

quella disposizione di corpi sonori che la rendeva eccelsa<br />

in tutta Europa 7 .<br />

Solo da uno sguardo superficiale si potrebbe giudicare<br />

antica la Messa e moderno il Vespro: a pensarci bene si<br />

potrebbe affermare anche il contrario, già che la Messa è<br />

un perfetto esempio di ordinato esercizio polifonico posttridentino<br />

e il Vespro è pervaso di accenni alla tradizione<br />

più remota, alle leggi più imperturbabili del canto cristiano.<br />

Nelle studiate trame di questo monumento sonoro si<br />

affaccia, come ulteriore artificio narrativo, anche il silenzio.<br />

Monteverdi ne fa un uso funzionale e poeticamente<br />

diversificato: nella ricerca di particolari effetti di risonanza,<br />

nell’impiego quale figura retorica, come elemento del<br />

discorso ben distribuito nelle parti con il fine di far<br />

respirare ordinatamente ogni cantore coinvolto in questa<br />

festa. La prima raccolta di musica sacra di Monteverdi è<br />

dunque una musica che tende all’infinito, non solo in senso<br />

puramente spirituale, ma anche perché ci ha regalato e ci<br />

regalerà infinite possibilità di realizzazione.<br />

7 David Bryant, Una cappella musicale di stato: la Basilica di San<br />

Marco, in La cappella musicale nell’italia della controriforma, a cura<br />

di Oscar Mischiati e Paolo Russo, Firenze, Olschki 1993, pp. 67-74.<br />

CLAUDIO MONTEVERDI E IL SUO VESPRO | 9

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