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FuoriAsse n21_HD

Officina della cultura

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Per noi bambini bastava anche poco, una volta.<br />

Bueno, fuego, fuente, fuerte, pueblo, puerto,<br />

puerta, la vuelta buena.<br />

Pochissimo o nada, bastava, per i piccini.<br />

Pablo, Pablito, Pedro, Pedrito, Pasquito e Pasquita,<br />

Benito, Rosita, Conchita, Carmencita,<br />

Pancho, Sancho, Rio Rita. Caminito, Pobrecito,<br />

cielito lindo…Evita!<br />

E si era beati, da piccoli. Nomi come caramelle<br />

Novecento: Arenal, Arsenal, Alcàtraz, Amapola,<br />

Pensacola, Capataz, Diablo, Retablo. Olè.<br />

Arbasino si diverte moltissimo quando<br />

scrive. Pretende un lettore che si diverta<br />

con lui, che lo affronti al suo livello. Non<br />

è una forma di snobismo, è la volontà<br />

dichiarata di avere un interlocutore attento,<br />

di avere davanti a sé un lettore<br />

alla sua altezza. Quindi lo sfida. I lettori<br />

abituati alle scritture piatte, lineari, i<br />

lettori che amano romanzi scritti in maniera<br />

sciatta e veloce (molti confondono<br />

lo stile con una brutta scrittura), talvolta<br />

di una mediocrità sconcertante per<br />

essere leggibile da tutti (e per essere,<br />

ancor meglio, tradotti all’estero), fanno<br />

fatica ad affrontare Arbasino. È uno<br />

stile personalissimo, uno stile ricco, di<br />

un vero maestro di scrittura, che insegna<br />

a usare tutte le note, tutti i registri<br />

nella loro complessità di ritmo e di<br />

senso.<br />

Il titolo del libro è chiaro: si parla<br />

di “pensieri selvaggi a Buenos Aires”,<br />

quindi quello che scrive sono appunti,<br />

ma non di cose che vede o ha visto.<br />

Arbasino si diverte a raccogliere tutte le<br />

parole, i detti, i nomi che gli ricordano il<br />

mondo che forse visiterà. Le capitali e i<br />

paesi dell’America del Sud, parole che<br />

per noi sono esotiche, capaci di creare le<br />

atmosfere di un mondo lontano, ma<br />

anche sognato attraverso quel lessico.<br />

State attenti a come infila la sequenza<br />

dei nomi fin dall’inizio, con “Perù!…<br />

Iguazù!” finali che fanno rima. La rima<br />

baciata in fondo ad un elenco in crescendo<br />

fa sempre ridere, come capita<br />

nell’ottava dell’Ariosto. E questa è una<br />

FUOR ASSE<br />

tecnica di scrittura comica, se la sappiamo<br />

usare. E poi, a cosa servono quei tre<br />

puntini di sospensione tra una parola e<br />

l’altra? Sono pause? Come le leggerà ad<br />

alta voce un lettore attento o un attore?<br />

Sono puntini evocativi completamente<br />

diversi dai tre puntini di Céline. Quando<br />

parlavo di partitura della scrittura di<br />

Arbasino, sottolineavo proprio questa<br />

ricchezza di interpunzioni, che pretende<br />

una rilettura al microscopio.<br />

Ancora più avanti l’autore cita l’antropologo<br />

Claude Lévi-Strauss, di cui ricorre<br />

il centenario, criticando la sua famosa<br />

frase sulla “malinconiosa carne”,<br />

il tutto racchiuso dentro una parentesi,<br />

come se volesse intervenire personalmente<br />

per criticare quello stereotipo.<br />

Uso della parentesi, propria anche in<br />

Calvino. Nei suoi romanzi, e in un’intervista<br />

inclusa in Ritratti italiani, Calvino<br />

spiega bene: la parentesi è un momento<br />

di riflessione personale da inserire nel<br />

testo. Arbasino usa la parentesi con<br />

quell’intento, “alla Calvino” potremmo<br />

dire. E chiude con una critica feroce allo<br />

sfruttamento degli occidentali di quelle<br />

terre ricche.<br />

Nel secondo paragrafo di Pensieri selvaggi<br />

accresce gli elenchi. E dice cosa<br />

era quel mondo argentino quando lui<br />

era bambino: una serie di nomi con in<br />

chiusura quel “cielito lindo”, che riecheggia<br />

una famosa canzone. Per chiudere<br />

il paragrafo dei nomi come caramelle.<br />

Non usa più i puntini o le virgole<br />

tra una parola e l’altra, ma dei punti<br />

fermi. E chiude il paragrafo in crescendo<br />

con la parola Olè. “Perché questo<br />

Olè? Cosa vuol dire?”<br />

È una scrittura che si vede, quella di<br />

Arbasino, è uno stile a rilievo, che si<br />

deve leggere come una vera e propria<br />

partitura teatrale, una eco delle pagine<br />

futuriste con giochi tipografici e la scrittura<br />

lineare fatta saltare, mandata<br />

all’aria, sui leggii nei teatri italiani.<br />

31 Alberto Arbasino

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