SUONO n° 527
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INSIDE<br />
Non sembra distante dal caso specifico dell’assistere a un concerto anche<br />
se in questo caso si è accomunati dalla passione per un certo tipo di musica<br />
o per un artista. La fonografia, che si tratti di registrazione analogica<br />
o digitale, ha in qualche modo desacralizzato e desocializzato la musica<br />
rendendo ripetibile l’evento e privatizzando l’ascolto. Sembra che questo<br />
fenomeno abbia avuto l’effetto di creare nell’ascoltatore (che ricordiamo<br />
libero di ascoltare tutta la musica che vuole quando e soprattutto come<br />
vuole) il desiderio di una musica che non si possa ascoltare ovunque e<br />
in qualsiasi momento. Musica con una precisa collocazione spaziale e<br />
temporale, che riacquisti quella dimensione collettiva di cui si parlava<br />
prima. Ciò avviene nella musica dal vivo che vede un incremento notevole<br />
già dal 2006 facendo diventare le esibizioni live la principale risorsa<br />
finanziaria delle band (laddove la musica liquida ha dato un duro colpo<br />
al mercato della musica su supporto fisico).<br />
Il rilancio del live risponde sicuramente a una smania semi consapevole<br />
per l’evento irripetibile, proprio mentre la musica registrata diventa<br />
gratuita, laddove la gratuità però corrisponde a una perdita di valore. Lo<br />
spettacolo dal vivo, invece, non si può condividere con chi non è presente<br />
nel luogo e all’ora dell’evento e non si può copiare (anche se dilaga sempre<br />
più il fenomeno della diretta sui social media). Resta un momento<br />
esclusivo che può essere vissuto solo una volta. Il concerto valorizza e<br />
impone un ascolto costante e ininterrotto, ricco di coinvolgimento personale<br />
e collettivo che mette in rapporto il pubblico con il pubblico e i<br />
musicisti con il pubblico, con la musica che si dipana ovunque e rimbalza<br />
tutto intorno. La domanda è: può l’ascolto di musica attraverso diffusori<br />
portatili essere anch’essa un tentativo di rispondere a questo concetto<br />
oltre a rappresentare un modo di affermazione del sé all’interno della<br />
società e alla propria dichiarazione di appartenenza a un gruppo che<br />
denota la propria identità attraverso un genere musicale o attraverso un<br />
certo tipo di pratica musicale? La musica arriva ovunque, a prescindere<br />
dalla cultura e dalla lingua parlata; la musica è recepita e tradotta, da chi<br />
ascolta, nel proprio universo simbolico. Si può ascoltare musica senza<br />
comprenderne la lingua ma recepirne la bellezza attraverso melodia,<br />
ritmo e colore, rielaborare significati simbolici oltre l’ascolto e provare<br />
una cascata di emozioni.<br />
L’interesse sociologico in materia nasce dalle relazioni per l’appunto<br />
sociali che il linguaggio musicale ha intrinseche. In tema di musica si<br />
polarizzano due aspetti: la musicologia e la sociologia. La prima tratta<br />
dell’oggetto musicale quale fenomeno da analizzare secondo prospettive<br />
filologiche, storiche o linguistiche e poi prosegue l’indagine sulle<br />
correlazioni neuro-fisiologiche dell’acustica inaugurata dal positivismo.<br />
La riflessione musicologica ma anche psicologica e sociologica hanno<br />
cercato di dare una risposta razionale se non addirittura scientifica del<br />
fenomeno musicale. Anche dal punto di vista della pratica dell’ascolto e a<br />
fenomeni legati al gusto e alla dimensione artistica. Gli studiosi orientati<br />
all’interpretazione sociologica della musica hanno spesso visto il loro<br />
impegno volto a reperire la regolarità dei comportamenti collettivi. Nella<br />
riflessione sulla questione della pratica dell’ascolto Alphons Silberman<br />
raccomanda che il sociologo si occupi in maniera critica di musica purché,<br />
contemporaneamente, si occupi di critica sociale assumendo così<br />
una posizione quasi deterministica della seconda sulla prima. Affrontando<br />
di petto la natura stessa della musica come forma semplificata<br />
del linguaggio, Theodor Adorno, oltre a sviluppare una propria critica<br />
sociale, riconosce l’analogia con il linguaggio pur non assumendola come<br />
puramente metaforica. Da un punto di vista prettamente psicosociologico,<br />
l’argomento è ricco di implicazioni rispetto agli altri piani e livelli<br />
della vita individuale ma anche socioculturale, dalla musica più semplice<br />
a quella più complessa. Anche la musica cosiddetta d’uso come quella<br />
destinata a riempire il silenzio in ambienti pubblici tra i più disparati,<br />
scorre parallelamente a una vita collettiva che ne subisce e, allo stesso<br />
tempo, ne indirizza la produzione e l’impiego. Anche questo fenomeno<br />
rientra in quel concetto di musica come colonna sonora della nostra<br />
vita, concetto di certo non nuovo ma che vede applicazione anche oggi<br />
attraverso nuove forme, supporti e strutture. In Europa è emersa la<br />
razionalizzazione del linguaggio musicale come sostiene Max Weber:<br />
la musica si è sviluppata lungo strade sempre più autonome. Prova del<br />
fatto che l’individuo e la comunità sono in grado di trasformare gli istinti<br />
in modelli e pratiche culturali attraverso la stipulazione di regole più o<br />
meno codificate. La musica è portatrice di valori impliciti che vengono<br />
interpretati dal musicista e dall’ascoltatore, ivi comprese le specifiche<br />
pratiche di ascolto. È qui che si costituisce quella struttura rituale intorno<br />
alle specifiche pratiche di ascolto e che fanno da cornice alla musica ma<br />
che hanno contemporaneamente un significato specifico e che utilizzano<br />
la musica come strumento di identificazione sociale. Per quanto concerne<br />
quel concetto che vede la musica come strumento di controllo, possiamo<br />
affermare che così come l’industria culturale è capace di veicolare<br />
il potere attraverso questi strumenti di comunicazione, gli ascoltatori<br />
sono capaci di esercitare un potere altrettanto forte nella rielaborazione<br />
della musica anche attraverso le pratiche di ascolto, selezionando la<br />
musica, manipolandola e reinterpretandone i significati nel significante.<br />
Un esempio ci viene dalla figura del DJ che rivendica un ascolto di tipo<br />
creativo, cosa non distante da quello che avviene oggi attraverso le suddette<br />
pratiche di ascolto e questa condivisione forzata che si fa talvolta<br />
della musica e nello specifico delle proprie preferenze musicali.<br />
40 <strong>SUONO</strong> luglio 2018