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GdB marzo

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Intervista<br />

© LuckyStep/shutterstock.com<br />

nici sono in fase III. Ancora, in Israele, c’è un<br />

farmaco prodotto in cellule di carota già approvato<br />

dalla Food and Drug Administration<br />

statunitense e commercializzato, destinato alla<br />

cura della malattia di Gaucher, una patologia<br />

ereditaria autosomica recessiva». E in Italia?<br />

«Siamo ancora fermi alla ricerca di laboratorio»,<br />

chiosa Donini.<br />

Ma se un’azienda farmaceutica volesse rivolgere<br />

il proprio sguardo alla Molecular farming<br />

cosa dovrebbe fare in concreto? «Tutti<br />

i gruppi coinvolti nello studio sono a disposizione<br />

con il proprio know-how e i propri brevetti<br />

in materia – asserisce Selene Baschieri<br />

-: ciò che serve è una struttura, che si tratti<br />

di una serra tradizionale o di un impianto di<br />

vertical farming, più, chiaramente, i laboratori<br />

convenzionali per lavorare sul batterio.<br />

Certo, rispetto ai bioreattori – per i quali comunque<br />

ci vorrà qualche mese – in questo<br />

caso si parte da zero e l’investimento non è<br />

da poco: va detto, però, che avrebbe dei grossi<br />

vantaggi, potendo diversificare facilmente<br />

prodotto all’interno della stessa struttura e in<br />

tempi molto rapidi. Basti pensare che per soddisfare<br />

l’intera domanda italiana di vaccini o<br />

reagenti per i test diagnostici per il Covid-19<br />

basterebbe una serra di 12.500 metri quadri<br />

o un impianto di agricoltura verticale di soli<br />

2.000 metri quadri. Insomma, sarebbe un’alternativa<br />

davvero valida». (C. D. M.)<br />

Il principio alla base di tutto questo, spiega<br />

Donini, è la trasformazione transiente: in sostanza,<br />

ci tiene a precisarlo non si sta parlando<br />

di piante transgeniche o geneticamente modificate.<br />

Un processo estremamente rapido e a<br />

costi contenuti, che in alcuni paesi del mondo<br />

ha già percorso molta strada. «In Canada, per<br />

esempio – va avanti Donini -, dove la società<br />

Medicago è già in grado di produrre con questa<br />

tecnologia un vaccino per l’influenza stagionale<br />

che, come sappiamo, deve essere “aggiornato”<br />

ogni anno, e quindi necessita di tempi rapidi.<br />

Il loro metodo – basato su particelle simil-virali<br />

(VLP, “virus-like particles”, particelle che<br />

mimano il virus ma innocue perché prive di capacità<br />

infettive) - ha già superato tutti gli studi<br />

clinici e a breve potrebbe raggiungere la commercializzazione.<br />

La stessa società canadese sta<br />

anche lavorando, con la stessa metodica, a un<br />

vaccino anti-Covid, e attualmente gli studi cli-<br />

Cellule vegetali al microscopio.<br />

La tecnologia “Plant<br />

molecular farming” è<br />

nata circa 30 anni fa e<br />

fin dai suoi albori ENEA<br />

le ha dedicato tempo ed<br />

energie fino ad arrivare,<br />

oggi, all’acquisizione di<br />

un know-how in grado<br />

di portare a una (non<br />

troppo lontana) implementazione<br />

pratica delle<br />

sue potenzialità.<br />

© Barbol/shutterstock.com<br />

Donini e Baschieri, scienziati<br />

ENEA a capo dello studio<br />

Lo studio pubblicato su eLife porta la<br />

firma di un team composito di studiosi.<br />

Tra questi: Marcello Donini, dal<br />

2006 ricercatore presso il laboratorio di<br />

Biotecnologie Centro Ricerche Casaccia<br />

dell’ENEA. Ha conseguito un Dottorato di<br />

ricerca in Biotecnologie vegetali presso<br />

l’Università della Tuscia di Viterbo e ha<br />

partecipato a numerosi progetti di ricerca<br />

nazionali ed europei, specializzandosi in<br />

produzione di biofarmaci nelle piante; e<br />

Selene Baschieri, ricercatore senior del<br />

Laboratorio di Biotecnologie dell’ENEA,<br />

che vanta più di trent’anni di esperienza<br />

in campo immunologico e biotecnologico,<br />

con particolare expertise in Molecular<br />

Farming.<br />

Il Giornale dei Biologi | Marzo 2021<br />

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