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GdB marzo

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Scienze<br />

© Crevis/shutterstock.com<br />

Un’altra questione chiave aperta dallo studio americano<br />

è quella di capire se l’aumento del numero di cellule Oln+<br />

e di CLP nel midollo osseo può aiutare a fornire protezione<br />

contro altri batteri patogeni, o persino virus. Non solo. I risultati<br />

dello studio inducono anche a chiedersi se l’aumento<br />

delle cellule Oln+ e CLP possa anche avere un impatto<br />

significativo sulle vaccinazioni, aumentando ad esempio la<br />

risposta anticorpale.<br />

Gli autori hanno anche scoperto che il numero di nicchie<br />

Oln + e il numero di CLP erano inferiori nel midollo osseo<br />

dei topi con 18 mesi di vita rispetto alle loro controparti<br />

con soli 2 mesi di vita. I ricercatori hanno spiegato che,<br />

con l’avanzare dell’età, l’ambiente del nostro midollo osseo<br />

subisce dei cambiamenti e le cellule responsabili del mantenimento<br />

della massa ossea e della funzione immunitaria<br />

iniziano man mano a esaurirsi. Da qui il numero più basso<br />

di di nicchie Oln + e di CLP. Tuttavia, sappiamo ancora<br />

molto poco su come l’ambiente del midollo osseo cambia<br />

e perché queste cellule diminuiscono con il passare degli<br />

anni e con l’avanzare dell’età. Prima che gli autori pubblicassero<br />

quest’ultimo studio sapevamo soltanto che l’esercizio<br />

fisico può essere in grado di migliorare la forza ossea e<br />

la funzione immunitaria. Ora però, grazie ai ricercatori, si<br />

è fatto luce su un nuovo meccanismo attraverso il quale ciò<br />

si verifica. Quindi, fattori diversi dalla riduzione del movimento,<br />

potrebbero contribuire a questo declino correlato<br />

all’invecchiamento negli animali<br />

anziani [25]. In pratica i ricercatori<br />

hanno scoperto che il numero di<br />

cellule positive all’osteolectina e di<br />

progenitori linfoidi diminuisce con<br />

l’età. Tuttavia, i test condotti sui<br />

topi messi in gabbie dotate di ruote<br />

per correre hanno permesso di dimostrare<br />

che le ossa di questi topi<br />

sono diventate più forti con l’esercizio<br />

e nel frattempo il numero<br />

di cellule positive all’osteolectina<br />

e progenitori linfoidi intorno alle<br />

arteriole è aumentato. Questa è la<br />

prima indicazione che dimostra che<br />

la stimolazione meccanica regola<br />

una nicchia nel midollo osseo. Per<br />

questo, i ricercatori del Children’s<br />

Medical Center Research Institute<br />

dell’UT Southwestern sono ora<br />

convinti che interventi terapeutici<br />

mirati ad espandere il numero di<br />

cellule positive all’osteolectina potrebbero<br />

aumentare la formazione<br />

ossea e le risposte immunitarie, in<br />

particolare negli anziani.<br />

Inoltre, secondo i ricercatori<br />

americani, sarebbe interessante anche indagare il modo<br />

in cui le nicchie Oln + percepiscono i cambiamenti nel<br />

tempo della stimolazione meccanica, o se i cambiamenti<br />

epigenetici (modifiche al DNA che possono alterare l’espressione<br />

genica senza cambiare la sequenza del DNA<br />

sottostante) nelle cellule Oln + vecchie le rendono meno<br />

efficaci nel generare molecole di segnalazione come SCF.<br />

I risultati dello studio suggeriscono ulteriori vie da<br />

indagare. Sappiamo che la meccanosensibilità svolge<br />

un ruolo nella fisiologia ossea, ma un ruolo cruciale per<br />

la meccanosegnalazione è stato descritto anche per altri<br />

tipi di cellule, ad esempio le cellule progenitrici del<br />

pancreas, le cellule staminali intestinali e le cellule endoteliali<br />

che rivestono i vasi sanguigni. Sebbene si sappia<br />

meno sulle nicchie che supportano le cellule staminali<br />

al di fuori del midollo osseo, il sistema vascolare, e<br />

quindi le cellule endoteliali, sono i principali candidati<br />

per la formazione di tali nicchie. È quindi possibile che<br />

la meccanosensibilità nelle cellule endoteliali che formano<br />

le nicchie possa contribuire al mantenimento di<br />

altri tipi di cellule staminali e progenitrici. In tal caso,<br />

il lavoro dei ricercatori del Children’s Medical Center<br />

Research Institute dell’UT Southwestern potrebbe avere<br />

implicazioni di ampio respiro per la biologia delle<br />

cellule staminali con una potenziale moltitudine di implicazioni<br />

cliniche.<br />

78 Il Giornale dei Biologi | Marzo 2021

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