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© Daria Ustiugova/shutterstock.com<br />
Ambiente<br />
appunto l’opuntia ficus indica. Dopo diversi<br />
test effettuati in cinque anni all’interno del<br />
Southern Nevada Field Lab della Experiment<br />
Station a Logandale in Nevada gli esperti indicano<br />
che il fico d’india ha una ottima chance di<br />
diventare sia materia bioenergetica per sostituire<br />
le fonti fossili, sia che come pianta che ha<br />
la più alta produzione di frutti utilizzando fino<br />
all’80% in meno di acqua rispetto ad altre colture<br />
tradizionali. «Il mais e la canna da zucchero<br />
sono le principali colture bioenergetiche in<br />
Pianta succulenta della<br />
famiglia delle cactacee,<br />
ha incredibili proprietà e<br />
caratteristiche<br />
© Marco Ossini/shutterstock.com<br />
questo momento, ma usano<br />
da tre a sei volte più acqua<br />
del fico d’India» sostiene<br />
Cushman.<br />
«Questo studio dimostra<br />
che la produttività<br />
del fico d’India è alla<br />
pari con queste importanti<br />
colture bioenergetiche,<br />
ma utilizza meno<br />
acqua e ha una maggiore<br />
tolleranza al calore, il<br />
che rende questa coltura<br />
molto più resistente al<br />
clima».<br />
L’ottima capacità di<br />
immagazzinare CO2 in<br />
modo sostenibile e il fatto<br />
che cresca in zone siccitose<br />
permette al fico d’india<br />
di avere dunque nuove<br />
opportunità: “Con circa il<br />
42% della superficie terrestre<br />
in tutto il mondo classificata<br />
come semi-arida o arida c’è un<br />
enorme potenziale per piantare<br />
tanti fichi d’india per il sequestro<br />
del carbonio. Possiamo iniziare a<br />
coltivare colture in aree abbandonate<br />
che sono marginali e potrebbero non<br />
essere adatte ad altre colture, espandendo<br />
così l’area utilizzata per la produzione<br />
di bioenergia” sostiene ancora Cushman.<br />
A questo va aggiunto il fatto che offrendo un<br />
raccolto perenne il fico d’india potrebbe essere<br />
utilizzato per il foraggio come mangime per animali,<br />
oltre naturalmente, come alimento per gli<br />
esseri umani, che già lo consumano sotto varie<br />
forme, dalle marmellate alle gelatine e diversi altri<br />
piatti. Infine gli esperti sostengono che molti<br />
dei segreti del fico d’India siano nei suoi geni che<br />
potrebbero essere, se studiati e utilizzati, in grado<br />
di migliorare l’efficienza nell’uso d’acqua di altre<br />
piante. L’opuntia ha infatti la straordinaria capacità<br />
di trattenere l’acqua chiudendo i suoi pori<br />
durante il caldo del giorno per prevenire l’evaporazione<br />
e aprirli di notte per respirare: scoprendo<br />
i segreti dei suoi geni e con esperimenti specifici<br />
su DNA e RNA, gli scienziati sperano dunque<br />
di aiutare altre piante ad aumentare la tolleranza<br />
alla siccità e ad avere più “resistenza”, quella caratteristica<br />
che candida il fico d’India a preziosissima<br />
risorsa per il domani.<br />
Il Giornale dei Biologi | Marzo 2021<br />
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