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TuttoBallo20 Gennaio 2022.EnjoyArt 24

Carissimi amici e lettori, come sarà il 2022? Alcune cose non dipendono da noi, ma molte altre si! Di nostro possiamo metterci l’impegno, la dedizione ed il sacrificio, e questo vale per qualsiasi cosa ognuno di noi faccia nella propria vita, ma anche in quella che è la nostra passione comune: l’Arte! Ed allora prepariamoci: la data da segnare sul calendario è il 29 aprile, giornata mondiale della danza e, come ogni anno, la nostra Rivista darà vita alla terza edizione del concorso, “DILLOALLADANZA”nei prossimi numeri vi diremo in dettagli come potete esprimere a 360° la forma d’Arte che più vi si addice… e poi e poi tante cose interessanti da apprendere e conoscere. Come?! Beh, scaricando Tuttoballo20… la Rivista che ti informa e ti tiene in forma!!!! Cin cin e buon anno a tutti!!!

Carissimi amici e lettori, come sarà il 2022?
Alcune cose non dipendono da noi, ma molte altre si!
Di nostro possiamo metterci l’impegno, la dedizione ed il sacrificio, e questo vale per qualsiasi cosa ognuno di noi faccia nella propria vita, ma anche in quella che è la nostra passione comune: l’Arte!
Ed allora prepariamoci: la data da segnare sul calendario è il 29 aprile, giornata mondiale della danza e, come ogni anno, la nostra Rivista darà vita alla terza edizione del concorso, “DILLOALLADANZA”nei prossimi numeri vi diremo in dettagli come potete esprimere a 360° la forma d’Arte che più vi si addice… e poi e poi tante cose interessanti da apprendere e conoscere.
Come?! Beh, scaricando Tuttoballo20… la Rivista che ti informa e ti tiene in forma!!!!
Cin cin e buon anno a tutti!!!

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B E N E S S E R E<br />

di Lucia Martinelli<br />

Letta così ha un bel suono e un altrettanto piacevole sapore, vero?<br />

La risposta corretta è NO. Nel modo più assoluto. E triste chi ci si ritrova in mezzo, perché è un mare incazzato dove rischi di<br />

affogare.<br />

Innanzitutto c’è da sapere che burnout non è il cognome dello scienziato che ha studiato tale grave malessere umano, giacché di<br />

quello stiamo parlando, il termine inglese burn-out significa bruciato.<br />

Ebbene bruciato rende bene l’idea.<br />

Solo nel 2019 tale inquietudine emotiva viene riconosciuta come ‘sindrome’ e, quindi, inserita nella 11esima revisione<br />

dell’International Classification of Disease (ICD), stilata dall’organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) in prossima pubblicazione<br />

(2022) ma, a mio avviso, è un problema antico, altrettanto sottostimato e mal classificato.<br />

All’inizio il burnout era stato correlato alle ‘helping professions’, cioè ‘professioni sanitarie e assistenziali che prevedono un<br />

contatto con le persone o deputate alla difesa, alla sicurezza pubblica ed alla gestione delle emergenze: infermieri, medici,<br />

insegnanti, assistenti sociali, operatori per l'infanzia, poliziotti e vigili del fuoco. A seguire, hanno capito che la problematica può<br />

presentarsi in ogni ambiente lavorativo ove sussistano ‘forti condizioni stressanti e pressanti’.<br />

In pratica, questa sindrome dall’ironico nome abbastanza musicale altro non è che: stress cronico all’interno del contesto<br />

lavorativo (o derivante da esso) a causa dello squilibrio che si crea tra la richiesta/esigenza professionale e le risorse in effetti<br />

disponibili (incluse le personali), ovvero il lavoratore dovrà investire troppa energia nello svolgimento della propria professione al<br />

punto di ritrovarsi al collasso, nutrendo il burnout con la sua stessa ‘demotivazione, delusione e disinteresse’.<br />

Vorrei porre l’attenzione su un dato che dovrebbe essere scontato e che, invece, viene dimenticato con una facilità imbarazzante e<br />

pericolosa: un ambiente di lavoro insano (per tutte le ragioni – ovviamente plausibili e oggettivamente accettabili – che si possano<br />

pensare), alza il rischio di manifestazioni psico-fisiche che impattano negativamente sul benessere della persona, con<br />

conseguente decadimento delle prestazioni professionali. Ciò che io trovo davvero terrificante è che il burnout non si manifesta<br />

come un colpo di cannone, piuttosto è un processo graduale che si sviluppa nel tempo, un’agonia che ti logora da dentro in<br />

corrispondenza degli stimoli esterni sempre meno motivanti. Purtroppo, per quanto il lavoratore ne possa aver preso coscienza,<br />

non ha armi valide in mano per non soccombere a se stesso e allo sfinimento emotivo, pena il ritrovarsi in una condizione ben più<br />

ardua o – nella peggiore delle ipotesi – senza lavoro.<br />

Le cause/fattori della sindrome sono molteplici:<br />

Fattori individuali come i socio-demografici o le caratteristiche della personalità (ad esempio sembra che i single siano più<br />

vulnerabili, però a me non pare affatto, anzi, il male oscuro è molto democratico)<br />

Fattori socio ambientali e lavorativi:<br />

le relazioni interpersonali con colleghe/colleghi tossiche/ci (le carogne andrebbero evitate e punto);<br />

le aspettative connesse al ruolo assunto (laddove manco il ruolo è ben chiaro, figuriamoci le aspettative);<br />

l’organizzazione del lavoro (la regola – e non l’eccezione – vuole che sia lasciata in mano a dei responsabili incapaci e arrivati<br />

a quegli incarichi non certo per meriti);<br />

le caratteristiche ambientali (sicurezza e politiche sanitarie non pervenute, per intenderci);<br />

l’organizzazione del lavoro (questa è quella che preferisco, visto che all’ordine del giorno sento lamentele relative alla<br />

mancanza di comunicazione/gestione, alla consistenza fumosa dei programmi ma non stile Amsterdam, alla assoluta non<br />

trasparenza dei compiti/obiettivi, all’impossibilità di partecipare attivamente ai processi decisionali nella propria area di lavoro<br />

– un palazzo lo costruisci dalle fondamenta, quale sarebbe la parte non chiara, imbecilli?! –, all’assenza di riconoscimenti<br />

sociali/economici per i risultati ottenuti piuttosto che all’inesistenza del concetto di equità che di norma dovrebbe andare a<br />

braccetto con onestà/correttezza, alla presenza di un fin troppo marcato mobbing che va punito con pene esemplari).<br />

Alla luce di quanto elencato, ecco che la sindrome prende consistenza manifestandosi in modo subdolo e spesso non subito<br />

compreso dal soggetto interessato. Nella stragrande maggioranza dei casi l’insorgenza del burnout evidenzia problemi legati alla<br />

qualità del sonno, alla comparsa di cefalee, a una notevole insofferenza (nonché perdita esponenziale della motivazione per lo<br />

svolgimento dell’attività lavorativa) che sfocia in diverse forme, a diffuse tensioni muscolari, al mal di stomaco (in abbinamento<br />

con l’inappetenza), alla diminuzione delle libido, alla depressione/crisi di panico e mi fermo visto che la lista è tanto lunga quanto<br />

immaginabile. Cioè tutte sintomatologie che possono essere ricondotte a milioni di altri motivi, perché non dimentichiamoci che il<br />

lavoratore fuori ha anche una vita con tutti i problemi che ne conseguono. Di conseguenza, non potrebbe essere che una<br />

personale e spinosa questione familiare, ad esempio, sia causa del disagio provato e, perciò, non esso in buona parte<br />

riconducibile all’ambiente lavorativo? Certo che sì! Ci siamo caduti in molti, troppi, anzi.

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