CHAN 3093 BOOK.qxd - Chandos

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CHAN 3093 BOOK.qxd 11/4/07 3:31 pm Page 34 principal de l’Orchestre symphonique de Bâle de septembre 1994 à juillet 1997, chef principal du Royal Philharmonic Orchestra de 1980 à 1985 ainsi que directeur musical et artistique du Royal Liverpool Philharmonic de 1977 à 1980. A l’âge de vingt et un ans, il fut nommé premier violon de l’Orchestre Philharmonique de Vienne, une formation qu’il dirigea par la suite. Il est invité régulièrement à diriger les plus grands orchestres du monde et a travaillé avec le London Symphony Orchestra, le London Philharmonic Orchestra, le Philharmonia Orchestra, le Staatskapelle de Dresde, l’Orchestre Symphonique de Berlin, le Gewandhaus de Leipzig, la Philharmonie de Hambourg, l’Orchestre Philharmonique d’Israël, l’Orchestre de Paris, l’Orchestre National de France, l’Orchestre du Théâtre de La Scala à Milan, l’Orchestre Royal du Concertgebouw, l’Orchestre Philharmonique de la Radio Néerlandaise, l’Orchestre de la Tonhalle de Zürich, l’Orchestre de la Suisse Romande, l’Orchestre de la Radio Suédoise, l’Orchestre Philharmonique de Stockholm, ceux d’Oslo et d’Helsinki. En Amérique du Nord, il a collaboré avec des ensembles tels le New York Philharmonic Orchestra, les Orchestres Symphoniques du Minnesota, de San Francisco, Houston, Pittsburgh, Detroit, Cincinnati et Toronto ainsi qu’avec le National Arts Centre Orchestra à Ottawa. Sur la scène lyrique, il a dirigé entre autres Der fliegende Holländer à La Scala, Ariadne on Naxos et The Flying Dutchman pour l’English National Opera, Der Freischütz au Teatro Comunale de Bologne, Prince Igor pour le Staatskapelle de Berlin et Fidelio ainsi que Der Rosenkavalier pour Scottish Opera. Il s’est également produit en concert dans le cadre du Festival de Tivoli. Durant sa première saison à Bâle, il a dirigé une version extrêmement réussie de Die Frau ohne Schatten. Parmi les autres opéras qu’il donna en concert, notons Fidelio avec le City of Birmingham Symphony Orchestra, Elektra et Der fliegende Holländer avec le Royal Scottish National Orchestra ainsi qu’Eugen Onegin à Copenhague. Sa discographie comprend des cycles des Symphonies de Prokofiev et de Rachmaninov, le Concert pour orchestre de Bartók, les Danses valaques de Janáček, la Symphonie No 1 de Rachmaninov, la Symphonie No 4 de Bruckner et, pour Chandos, les Symphonies et les Concertos pour piano (avec John Lill) de Beethoven ainsi que les Symphonies de Mendelssohn. Pour Chandos/Peter Moores Foundation il a dirigé une enregistrement de Grands airs d’opérette avec Bruce Ford. Diana Montague as Isolier in Rome Opera’s production of Rossini’s Le Comte Ory Corrado Maria Falsini 34
CHAN 3093 BOOK.qxd 11/4/07 3:31 pm Page 36 Zwischenfach (tra un registro e l’altro) è un termine tedesco che può aiutarci a descrivere la voce di Diana Montague. Le cantanti come lei hanno possibilità quasi infinite, come conferma questo vario ed eclettico recital. Pur essendo un mezzosoprano, Diana Montague è capace, come Pauline Viardot nel lontano Ottocento e altre cantanti delle epoche successive, di affrontare anche molti altri brani normalmente appartenenti al repertorio del soprano. Le sue possibilità abbracciano ruoli che vanno dall’opera barocca all’operetta, come testimoniano questo straordinario disco e il progresso della sua carriera. Abbiamo già visto nel primo volume di arie da lei registrate per Chandos (CHAN 3010) che Diana Montague è una strenua paladina dell’opera in lingua inglese. La sua bella voce curata diventa uno strumento per sfruttare al massimo un testo nella propria lingua, modellando ciascuna parola e frase in base al suo particolare significato. A questo si aggiunge la preziosissima qualità innata di un timbro in grado di palpitare di pari passo con la musica, un dono da lei curato e sviluppato. Ecco perché tutte le sue interpretazioni hanno Grandi arie operistiche un accento particolarmente eloquente e, a volte, spiritoso. Questo recital esalta in gran parte le sue eccezionali doti di interprete di Handel, Gluck e Mozart, compositori legati al periodo inizialmente dominato dal castrato, che assumeva molti dei principali ruoli maschili delle opere di Handel. In seguito, quando i soprani “artificiali” cominciarono a scomparire, si diffuse maggiormente l’abitudine di affidare i personaggi dei giovani uomini a donne, sempre con voci affini a quella della Montague. La tradizione proseguiva nell’Ottocento e nel Novecento, per esempio con i ruoli di Ottavio e del Compositore in Der Rosenkavalier e Ariadne auf Naxos di Richard Strauss e viene ricordata in questo recital dal ruolo di Orlofsky in Die Fledermaus, di un altro Strauss, e dal ruolo di Siébel in Faust di Gounod. Le arie più antiche tra quelle presenti nella registrazione sono due brani famosi e commoventi tratti dalle opere di Handel, entrambe affidate originariamente ai castrati. “Verdant pastures” (traccia 5 ) dall’Alcina, viene eseguita da Ruggero e fu originariamente interpretata dal castrato Carestini. Ruggero, 36 vittima di un incantesimo della maga Alcina, si è innamorato di lei. L’incantesimo viene spezzato nell’Atto II, ma l’eroe non riesce ad abbandonare i meravigliosi pascoli a cui inneggia in quest’aria giustamente famosa. La melodia apparentemente semplice esprime i suoi sentimenti contrastanti. Spesso Handel aveva l’abitudine di aprire un’opera con un arioso meditativo (come “Ombra mai fu” in Serse). Lo stesso accade in Atalanta dove l’eroe, Meleagro, esegue un brano semplice ed elegiaco, “Noble forests” (traccia 6 ), in cui rende omaggio alle bellezze della natura. Fanno da contrappunto a questi brani di Handel il semplice, sincero motivo “If you are near” (traccia 18 ), un tempo attribuito a J.S. Bach e oggi al suo contemporaneo Stölzel, un brano comunque delizioso. Dal punto di vista drammatico, Iphigenia in Tauris è probabilmente l’opera più rivelatrice e coerente della maturità di Gluck, l’ultima e la più grande delle opere serie composte per Parigi. L’omonima eroina è una figura veramente tragica, il cui destino viene genialmente espresso allo stesso tempo con autocontrollo classico e profondità emotiva. Diana Montague ha già registrato la versione integrale dell’opera in francese con John Eliot Gardiner. Qui canta nella propria lingua, e l’interpretazione della figlia di Agamennone, ormai sacerdotessa di Diana nella Tauride, forse è ancora più commovente. Il suo lamento nell’Atto II, “No hope remains in my affliction” (traccia 3 ), è uno sfogo di disperazione e solitudine con un taglio melodico e una progressione armonica esclusiva di Gluck. Nel brano successivo, “I implore thee and tremble” (traccia 4 ) dall’Atto IV, Ifigenia lamenta il proprio fato che l’ha costretta a compiere un sacrificio sanguinoso con toni che descrivono l’orrore della situazione nella maniera caratteristica di Gluck. In entrambi i brani, il compositore guarda alla propria eroina con profonda compassione, un’emozione che si rispecchia nell’interpretazione della Montague. All’epoca di Mozart, quella del castrato era (per fortuna) una razza in via di estinzione, anche se il compositore creò altri ruoli per questa voce nelle sue opere serie. Comunque, sarebbe sembrato strano affidare a un cantante del genere il ruolo del giovane Cherubino (The Marriage of Figaro). Mozart scelse un soprano, ma le voci più leggere di questo registro possono sembrare troppo giovanili. Il mezzosoprano alto della Montague, invece, è ideale per il ritratto del paggio appassionato, che manifesta perfettamente la consapevolezza 37
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