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Harriet Beecher Stowe La capanna dello zio Tom

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chiudere occhio per un’intera settimana se avessi mandato al forno pasticci<br />

simili.<br />

— Jenny li credette bensì di fattura stupenda.<br />

— Certo che li credette! Almeno ella me li mostrò come tali!... Ma essa<br />

non sa neppur che siano le cose perfette! Che volete mai aspettarvi da<br />

Jenny? Del resto, non è colpa sua. Ah, padroncino Giorgio, voi non<br />

conoscete la metà dei vantaggi che avete d’essere educato nella vostra<br />

famiglia! —<br />

Qui la zia Cloe mandò un gran sospiro e volse con una certa<br />

commo<strong>zio</strong>ne gli occhi altrove.<br />

— Vi assicuro, zia Cloe, — disse Giorgio — che io comprendo<br />

benissimo tutto il vantaggio dei miei pasticci e dei miei pudding;<br />

domandate un poco a <strong>Tom</strong> Lincoln se non gliene empio le orecchie tutte le<br />

volte che lo incontro. —<br />

<strong>La</strong> zia Cloe si gettò addietro sulla seggiola ridendo sgangheratamente di<br />

quell’arguzia del suo padroncino, e rise tanto di cuore, che le lacrime<br />

scorsero sulle sue guance d’ebano. Ella si pose a folleggiare con lui<br />

dicendo:<br />

— Va’ là, va’ là, furfantello, vuoi farmi crepare dalle risa! — E la zia<br />

Cloe fu presa in questo punto da una più forte convulsione di riso, cosicché<br />

Giorgio cominciò a credersi veramente un ragazzo di spirito e a pensare<br />

che d’allora in poi doveva porre grande atten<strong>zio</strong>ne a chi si rivolgeva<br />

quando gli venisse il ticchio di celiare.<br />

— Voi dunque ne empite spesso le orecchie a <strong>Tom</strong>? Oh, guardate di che<br />

s’intrattiene questa gioventù! Lo volete davvero soverchiare, quel povero<br />

<strong>Tom</strong>! Ah, padroncino Giorgio, fareste ridere anche un morto!<br />

— Sì. Io dissi a <strong>Tom</strong>: «Vorrei pur farvi assaggiare i pasticci di zia Cloe.<br />

Sono i migliori dei mondo».<br />

— Povero <strong>Tom</strong>! — soggiunse la zia Cloe, che per tenerezza di cuore<br />

sentiva pietà della dura condi<strong>zio</strong>ne di quell’infelice giovanotto. — Voi<br />

dovreste invitarlo qualche giorno a pranzo da noi; sarebbe un’a<strong>zio</strong>ne<br />

meritoria. Già sapete, padroncino Giorgio, che non bisogna credersi da più<br />

degli altri a cagion dei propri vantaggi; questi ci sono concessi dall’alto,<br />

non è vero? Convien pure ricordarsene, — disse la zia Cloe con voce<br />

solenne.<br />

— Va benissimo; io inviterò <strong>Tom</strong> un giorno della prossima settimana,<br />

ed al resto penserete voi, zia Cloe. Lo impinzeremo in modo da farlo stare a<br />

letto per quindici giorni.<br />

— Sì, sì, ma davvero, — disse la zia Cloe tutta gongolante — vi farò<br />

veder io! Ah, quando penso ad alcuno de’ molti bei pranzi da noi fatti! Vi<br />

rammentate di quel grosso pasticcio di selvaggina che feci quando avemmo

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