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<strong>Da</strong> leggere - APRILE 2010 MUSICA-ARTE-SPETTACOLO<br />
Il Neorealismo cominciò a muovere<br />
i suoi primi passi in Italia nel<br />
1941 con F. De Robertis (Uomini sul<br />
fondo; Alfa Tau) e trovò le sue migliori<br />
espressioni nell’ambiente della guerra e<br />
del dopoguerra, caratterizzato dalle necessità<br />
e dai problemi urgenti della vita<br />
quotidiana, in cui gli eroismi e i drammi<br />
di una nuova umanità, che sembrò rivelarsi<br />
allora per la prima volta, furono<br />
privati di enfasi e di retorica. Capolavori<br />
come La terra trema, Roma Città aperta<br />
e Ladri di biciclette, solo per citare alcuni<br />
esempi, resero famosa nel mondo la<br />
cinematografi a italiana di quel periodo.<br />
Un posto di prim’ordine in questo movimento,<br />
che fu prima di tutto fi losofi co<br />
e letterario, spetta a Vittorio de Sica. In<br />
questo articolo vogliamo soffermarci,<br />
in particolare, su alcuni momenti della<br />
lavorazione del fi lm La ciociara girato<br />
nell’estate del 1960 in Ciociaria e a<br />
Roma.<br />
<strong>Da</strong> alcune lettere che il maestro scriveva<br />
con puntualità quotidiana alla fi glia Emi<br />
dai luoghi ripresa, scopriamo tutto un<br />
mondo nascosto che pullula e vibra dietro<br />
la macchina da presa e che costituisce<br />
il telaio di una trama ancora informe che<br />
di lì a poco farà piangere, pensare, ridere,<br />
o semplicemente trascorrere qualche<br />
ora diversa a chi scelga il cinema come<br />
momento di crescita culturale.<br />
“Chi non conosce il cinema e le sue esigenze<br />
– scriveva il maestro a Emi il 20<br />
settembre di quell’anno – crede che noi<br />
facciamo una vita di ozio, di divertimento,<br />
a sfaticati, e invece il nostro è un lavoro<br />
da facchini e da pazienti”.<br />
E di pazienza De Sica ne aveva da vendere,<br />
se tre giorni più tardi così scrive a<br />
proposito della scena della Loren lambita<br />
dal fi ume: “L’acqua così veloce, era<br />
gelata e Sofi a non resisteva al gelo alle<br />
estremità. Con vive raccomandazioni<br />
ha sopportato il freddo, senonchè stava<br />
mangiando un grosso sandwich con<br />
mortadella e alla fi ne della prima ripresa<br />
Curiosando sul set<br />
Vittorio De Sica, principe del Neorealismo<br />
ha subito l’urto dell’acqua ma non quello<br />
dello stomaco ed è svenuta. Abbiamo<br />
atteso un venti minuti mentre i macchinisti<br />
preparavano delle piattaforme, onde<br />
evitare che Sofi a immergesse i piedi nell’acqua.<br />
Intanto mi hanno riferito che la<br />
mamma e la sorella di Sofi a sono venute<br />
a trovarla proprio nel momento in cui la<br />
fi glia e la sorella era svenuta. È successo<br />
un mezzo dramma. La mamma è svenuta<br />
e la sorella ha pianto. Sofi a è rinvenuta e<br />
la mamma continuava a essere svenuta.<br />
Non l’avesse mai mangiato quel maledetto<br />
sandwich di mortadella”.<br />
Tra le cause prime delle preoccupazioni<br />
di De Sica durante le riprese de La ciociara<br />
c’era il continuo mutare della condizioni<br />
metereologiche che rivoluzionavano<br />
il programma di ora in ora. Su una<br />
nuvola, su un alito di vento, su un’alba a<br />
mezzo punto che non avessero il giusto<br />
effetto emotivo, non transigeva, in quella<br />
estate del 1960, afosa quanto mai. “Il<br />
sole non è venuto. Ho sempre sostenuto<br />
che Iddio è contrario al cinema perché<br />
quando occorrerebbe il sole manda la<br />
pioggia e viceversa”.<br />
A condire la canicola estiva c’era Belmondo.<br />
“È molto simpatico e intelligente,<br />
ma anche il più insolente attore che<br />
abbia mai conosciuto. E ci vuole la mia<br />
pazienza e il mio entusiasmo per spingerlo<br />
a stare con la testa al lavoro ed<br />
eseguire, e l’eseguisce, la scena come<br />
si deve. È distratto, sbadiglia, bisogna<br />
sempre chiamarlo perché starebbe continuamente<br />
in camerino a dormire”.<br />
E che dire di Medin? Gastone Medin<br />
era uno degli scenografi più contesi in<br />
quegli anni e stimato collaboratore di De<br />
Sica; a parte un piccolo difetto: “Anche<br />
ieri Medin era ubriaco fradicio e non si è<br />
fatto vedere. Si è barricato in camera…<br />
la sbornia gli dura tre o quattro giorni.<br />
Stamani è venuto e gli ho chiesto il motivo<br />
della lunga assenza. ‘Ho fatto maldestramente<br />
un bagno in mare e mi ha<br />
causato un po’ di febbre’ “.<br />
È nota l’abilità di De Sica nello scovare<br />
tra il popolo gli attori improvvisati, i<br />
quali, se da una parte conferivano naturalezza<br />
al lavoro, dall’altra mettevano a<br />
dura prova il sistema nervoso del regista.<br />
“Arnaldo è impersonato la Francesco, il<br />
nostro impiegato a Via Della Consulta.<br />
Fa brutto tempo: si è voltato non quando<br />
Cesira gli ordina di andare a prendere<br />
l’acqua ma quando Cesira dice ‘questa<br />
me more’; per insaccare il collo nelle<br />
spalle, allo scoppiare della bomba che lì<br />
non scoppia ma che scoppierà in mixage,<br />
piegava le gambe e il corpo restando<br />
così in una posizione equivoca come<br />
sia preso da forti dolori addominali con<br />
conseguente colica… e questo per dieci,<br />
venti, trenta volte, sotto una pioggerella<br />
fastidiosa e penetrante nel collo e nelle<br />
reni”.<br />
Di cose meno drammatiche, a volte buffe,<br />
ci si accorgeva solo in mixage, come<br />
di quell’incidente tecnico che De Sica<br />
non potè rimediare: si tratta della scena<br />
in cui Cesira, al grido “Malaria!” prende<br />
le salsicce, formaggio e farina e nasconde<br />
tutto sotto il letto: se si osserva attentamente<br />
si nota che il movimento della<br />
macchina in alto fa sì che le salsicce<br />
appese sembrino un sipario che chiude<br />
25<br />
l’atto I, scena III.<br />
Per ottenere i risultati che voleva con i<br />
suoi “attori” usava il metodo dell’imitazione:<br />
entrava lui nei personaggi, li<br />
faceva vivere davanti agli attori che<br />
dovevano interpretarli ed era lui stesso,<br />
di volta in volta, uomo, donna, vecchio,<br />
bambino, operaio o borghese, allegro e<br />
triste, usando tutte le arti interpretative<br />
acquisite in tanti anni di teatro, fatto “all’antica<br />
italiana” (come lo defi nì Sergio<br />
Tofano, uno dei primi maestri di recitazione<br />
di Vittorio De Sica), in cui ogni attore<br />
interpretava anche trenta ruoli in un<br />
anno, i più diversi, i più disparati. Negli<br />
anni del Neorealismo nascono così, grazie<br />
alle grandi capacità di De Sica nel<br />
plasmare la materia grezza, di tirar fuori<br />
l’attore che è dentro ogni individuo, i<br />
grandi attori di un solo fi lm: i Rinaldo<br />
Smordoni, lo Sciuscià Giuseppe, i Lamberto<br />
Maggiorani di Ladri di biciclette, i<br />
Carlo Battisti di Umberto D., tutta gente<br />
presa veramente dalla vita ed alla vita<br />
ritornata.<br />
De Sica, che tutto aveva avuto dalla vita<br />
(un milione al giorno nei primi anni Cinquanta!),<br />
vedeva in quelle povere anime<br />
il suo passato intriso di ristrettezze, di<br />
panini dietro le quinte e di contabili di<br />
compagnie che, chissà perché, non si<br />
trovavano mai. “Elsa è ritornata a Fondi;<br />
mi ha dato tre baci schioccanti sulle<br />
guance ed è scappata via piangendo, è<br />
salita in macchina con i suoi tre bambini.<br />
Il pubblico vedrà questa magnifi ca donna<br />
ciociara, e forse l’amerà”.<br />
Gli aneddoti e i momenti vissuti “in famiglia”<br />
per La ciociara degni di essere<br />
riferiti sono tanti, alcuni dei quali meriterebbero<br />
la mano sceneggiatrice di uno<br />
Zavattini o di un Flaiano per un fi lm nel<br />
fi lm, magari diretto dallo stesso “don<br />
Vottorio”, il gentiluomo della macchina<br />
da presa che gli italiani diffi cilmente dimenticheranno.<br />
Concezio Leonzi