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IL CASO WIKILEAKS<br />
magistrato, senza alcun dubbio. Gli si<br />
opponeva la deontologia professionale,<br />
la segretezza della fonte, e se <strong>il</strong> pubblico<br />
ministero aveva l’anima storta o giudicava<br />
<strong>il</strong> fatto non trascurab<strong>il</strong>e, si finiva a processo<br />
e si intascava una condanna, magari<br />
tenue ma la si intascava.<br />
Un segreto non si nega a nessuno<br />
C’è però una differenza che fa somigliare<br />
quei giornalisti più a Rust che ad Assange.<br />
Quello di Rust fu un caso unico, quello<br />
di Assange un caso di tutti i giorni, sebbene<br />
infinitamente più ampio ed esplosivo.<br />
Oggi avere documenti riservati, carte<br />
occulte, dischetti, f<strong>il</strong>e audio o video,<br />
è roba quotidiana. I cronisti di giudiziaria<br />
ricevono quasi in tempo reale sullo<br />
loro ma<strong>il</strong> le deposizioni dei detenuti o<br />
dei testimoni. Le ricevono con tutte le belle<br />
sottolineature delle frasi cruciali, così<br />
si fa prima. Ottengono incartamenti di<br />
indagini pluriennali su dvd che vanno a<br />
prendere personalmente a<br />
casa dal tal magistrato, o<br />
in studio dal tal avvocato.<br />
Allegano sui siti dei loro<br />
giornali le conversazioni<br />
telefoniche, comprensive<br />
32 | 5 settembre 2012 | |<br />
Nel 1987 un altro<br />
paladino della<br />
trasparenza subì<br />
per le sue imprese<br />
la ritorsione di un<br />
Nobel per la pace:<br />
Mathias Rust, che<br />
atterrò col suo<br />
aereo nella Mosca<br />
sovietica per<br />
sfidare la Cortina<br />
di ferro. Si beccò<br />
quattro anni di<br />
gulag, regnante<br />
Micha<strong>il</strong> Gorbaciov<br />
delle parti più private e di nessun r<strong>il</strong>ievo<br />
penale, fra indagati e indagati, indagati<br />
e le loro mogli, indagati e i loro figli,<br />
indagati e le loro amanti. Tutto in nome<br />
del diritto di cronaca, che è la libertà di<br />
informare, di dire la verità, di essere pacificatori.<br />
Non c’è proposta di riforma (sulle<br />
intercettazioni telefoniche, sulla pubblicità<br />
degli atti processuali) che non venga<br />
bloccata dal cupo grido di chi si sente<br />
lì lì per essere imbavagliato dai potenti,<br />
e perché i potenti continuino a tramare<br />
nell’ombra. Si pretende non più la libertà<br />
di infrangere una legge (e di essere eventualmente<br />
puniti) in nome di un ideale<br />
più alto, ma si pretende di estendere l’ideale<br />
all’universo intero.<br />
Per essere un po’ più concreti: Marcello<br />
Maddalena, procuratore capo di Torino,<br />
ha proposto che gli atti di un processo<br />
non siano riversab<strong>il</strong>i in pagina di giornale<br />
sinché non comincia <strong>il</strong> dibattimento;<br />
e all’intervistatore che gli contestava la<br />
compressione del diritto di cronaca, Maddalena<br />
ha risposto: «I processi non si fanno<br />
per <strong>il</strong> diritto di cronaca».<br />
Non è tutto. Non è soltanto un dibattito<br />
attorno al costume della nostra stampa.<br />
È che si moltiplicano, in questi anni,<br />
le notizie sui maghi dell’informatica che<br />
sono riusciti a penetrare i sistemi di sicurezza<br />
del Pentagono, sui maghi dell’informatica<br />
che sono riusciti a svelare i piani<br />
segreti di Gerusalemme contro l’Iran,<br />
maghi dell’informatica che sono riusciti a<br />
intercettare e diffondere le vere ragioni di<br />
questa o quella guerra. Pare un’invasione<br />
di lanzichenecchi che avanzano in punta<br />
di lancia, dritti alla pancia del sistema.<br />
Il procuratore di Torino ha proposto che gli<br />
atti di indagine siano secretati fino all’inizio<br />
del dibattimento. Si gridi pure al bavaglio, ma<br />
«i processi non si fanno per diritto di cronaca»<br />
Insomma, è tutto un mondo nuovo,<br />
che si rivolge giorno dopo giorno, a cui<br />
non sappiamo prendere le misure. Viviamo<br />
in paesi che non hanno più limes,<br />
non hanno eserciti, non hanno moneta<br />
né diritto di governo. Un mondo famelico<br />
di libertà esercitate in maniera frenetica,<br />
e se ci si imbatte in un muro ci si persuade<br />
che dietro si nasconda <strong>il</strong> Leviatano.<br />
Sta diventando un’altra guerra civ<strong>il</strong>e,<br />
nella quale ognuno si sente autorizzato,<br />
perché ne ha gli strumenti, di entrare<br />
in casa altrui, e nella quale si cerca (quando<br />
si può: non è <strong>il</strong> caso italiano) di fermare<br />
le orde barbariche con le leggi ai tempi<br />
della macchina per scrivere, o del microf<strong>il</strong>m.<br />
Per questo si vuole tradurre Assange<br />
in tribunale, dargli della spia traditrice,<br />
farne una nuova Mata Hari. Strapazzarlo<br />
come un folle che in Guerra fredda atterra<br />
sulla Piazza Rossa.<br />
Un’ultima, naturale analogia<br />
La vicenda di Assange dimostra che si fa<br />
sempre più fatica a restare al passo coi<br />
tempi perché i tempi ci sfuggono di mano.<br />
Il diritto di cronaca sfreccia su altre strade<br />
e dispone delle atomiche, e ha bisogno di<br />
nuove norme, nuovi paletti, nuovi steccati.<br />
Tutta roba che sarà poi bello sfidare, se<br />
<strong>il</strong> caso, purché <strong>il</strong> diritto di cronaca la smetta<br />
di essere un feticcio. n<br />
Ps. Julian Assange, l’editor in chief di Wik<strong>il</strong>eaks,<br />
l’uomo che un Nobel per la pace vuole<br />
processare per spionaggio poiché ha infranto i<br />
sacri confini dell’informazione, è anche accusato<br />
di stupro per essersi rifiutato, durante rapporti<br />
sessuali, di usare <strong>il</strong> preservativo. Mathias<br />
Rust, l’uomo che un Nobel per la pace voleva<br />
nel gulag poiché aveva varcato i sacri confini<br />
dell’Unione Sovietica, venne in seguito condannato<br />
a quattro anni di reclusione per aver colpito<br />
con un coltello una donna da cui era stato<br />
respinto. Nessuno è santo.<br />
Foto: AP/LaPresse