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m - Agenda Latinoamericana-Mundial

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IL NUOVO POPOLO CHE SIAMO<br />

La ricerca senza fine della nostra identità<br />

Se c'era veramente qualcosa da celebrare<br />

nel trascorso V Centenario, era, da una parte,<br />

la resistenza secolare degli indios che,<br />

lottando contro tutto e contro tutti, sopravvivono,<br />

Continuano indios, sempre mantenendo<br />

la loro identità etnica; e dall'altra<br />

parte, il prodotto di questo spaventoso<br />

processo di genocidio e di etnocidio che<br />

siamo noi, i cinquecento milioni di latinoamericani.<br />

L'incredibile miracolo della resistenza indigena<br />

dimostra che l'etnia è una delle forze<br />

più prodigiose della storia. Una etnia è,<br />

infatti, indelebile e sopravviverà purché i genitori<br />

possano educare i loro figli nella tradizione<br />

in cui essi stessi furono educati.<br />

Di fronte a questa resistenza, alle volte<br />

incredibile, la questione che prima di tutto<br />

si pone è sapere con certezza chi sono i carnefici,<br />

verificare fino a che punto siamo noi,<br />

i latinoamericani di ieri e di oggi, i veri oppressori<br />

che, come successori dei nostri avi<br />

iberici, continuiamo a perseguitare e massacrare<br />

gli indios. La verità è che le lotte<br />

della post-conquista non hanno avuto come<br />

principali protagonisti gli spagnoli e i<br />

portoghesi: siamo stati e continuiamo ad essere<br />

noi, i neo-americani, i carnefici degli<br />

indios. Sia di quelli già sterminati, che di<br />

quelli sopravvissuti, ma che continuano ad<br />

essere trattati come stranieri ed esotici nella<br />

loro stessa terra.<br />

I cinquecento anni sono cinquecento milioni<br />

di latinoamericani, la presenza giovane<br />

più rilevante nel corpo dell'umanità. In<br />

realtà il processo civilizzatore provocato in<br />

questi cinque secoli ha avuto come effetto<br />

essenziale la nostra nascita. Questo è il risultato<br />

reale, palpabile, del movimento ini­<br />

lift Darcy Ribeiro (Brasile)<br />

ziato con l'espansione europea, che, per far<br />

posto a noi, ha estinto e cancellato migliaia<br />

di "popoli" con le loro lingue e culture originali,<br />

e ha sterminato per lo meno tre grandi<br />

civiltà.<br />

Siamo i figli della moltiplicazione prodigiosa<br />

di pochi europei e di ancor meno africani,<br />

su milioni di ventri di donne indigene,<br />

sequestrate e poi stuprate. Figli infedeli che,<br />

benché rifiutati dai padri quali meticci impuri,<br />

mai si sono identificati con i loro progenitori;<br />

al contrario, sono diventati i loro<br />

più efficaci e odiosi oppressori e castigatori.<br />

Se ci indignamo con il dramma della conquista,<br />

lo dobbiamo fare anche con il dramma,<br />

non certo minore, della dominazione<br />

che ne è seguita, che si è prolungata per<br />

secoli e secoli e continua a tutt'oggi. È su<br />

questo dominio che sorge e cresce la solidarietà<br />

latinoamericana, e ne trae la sua vita,<br />

il suo sostentamento e la sua prosperità<br />

a scapito dei popoli indigeni.<br />

Siamo nati dai meticci figli di nessuno,<br />

culturalmente impoveriti, e in un continuo<br />

etnocidio guidato dal più sporco eurocen­<br />

trismo. Modellati da mani e voleri estranei,<br />

rimodellati da noi stessi, con la coscienza<br />

spuria e alienata dei colonizzati, siamo stati<br />

fatti per non essere, né sembrare, né riconoscerci<br />

quelli che realmente siamo.<br />

Sta in questo la ricerca senza fine della<br />

nostra stessa identità, come gente ambigua<br />

che, non essendo indigena, né africana, né<br />

europea, non accetta ancora di riconoscersi<br />

come quel Popolo Nuovo che in realtà<br />

siamo.<br />

Popolo, se non meglio, per lo meno più<br />

umano della maggior parte dei popoli, visto<br />

che è stato fatto dalle più diverse "umanità".<br />

Popolo che ha sofferto per secoli la<br />

miseria e l'oppressione più brutale e continuata,<br />

ma molto contaminato da cose europee,<br />

ancor molto segnato dal marchio<br />

della schiavitù e del colonialismo, molto mal<br />

servito, ancora, da un'alienata e infedele<br />

intellettualità, ma popolo che si apre già al<br />

futuro e si mette in marcia per creare la sua<br />

propria civiltà, mosso da un'insaziabile fame<br />

di abbondanza e di allegria...<br />

Ma un'ecatombe ancor più grande della<br />

conquista fu quella che seguì, nei secoli seguenti,<br />

e che produsse due nuove categorie<br />

del genere umano. Ambedue<br />

impressionanti sia per il volume di popolazione,<br />

sia per la spaventosa omogeneità delle<br />

loro culture.<br />

Una di queste, la neo-britannica, non offrì<br />

niente di nuovo al mondo: era essenzialmente<br />

il trapianto e l'espressione delle forme<br />

di vita e dei paesaggi dei loro paesi di<br />

origine nell'immensità del Nuovo Mondo.<br />

La neo-latina, invece, fu tutta una novità,<br />

perché ebbe origine da una mescolanza razziale<br />

e culturale con i nuovi popoli americani<br />

originali, a cui si aggiunse un'immensa<br />

massa nera.<br />

Siamo diventati, così, Popoli Nuovi: nati<br />

dalla des-indianizzazione, dalla deseuropeizzazione,<br />

dalla des-africanizzazione<br />

delle nostre matrici. Tutto questo in un processo<br />

guidato dall'assimilazione al posto<br />

deH"'apartheid". Qui il "mestizaje" non è<br />

mai stato considerato un peccato o un crimine.<br />

Al contrario, il nostro punto debole<br />

sta esattamente nel fatto che tutti ci aspettiamo<br />

che i neri, gli indios, e i bianchi non<br />

si isolino, ma si fondano insieme per formare<br />

una società morena, una civiltà meticcia.<br />

Confrontati con i "popoli trapiantati" (che<br />

sono puri europei al di là del mare) o con<br />

i "popoli testimoni" (che portano con sé due<br />

eredità culturali distinte), i Popoli Nuovi sono<br />

una specie di "tabula rasa", privata delle<br />

proprie origini. Non legati a passati senza<br />

gloria e grandezza, essi hanno solo futuro.<br />

La loro grandezza non sta nel passato, ma<br />

nell'avvenire. La loro unica grande impresa<br />

è quella di essersi costruiti, in mezzo a<br />

tante vicissitudini, come grandi popoli linguisticamente,<br />

culturalmente ed etnicamente<br />

omogenei. Poiché riuniscono in sé la<br />

genialità e le tare di tutte le caste e razze<br />

di uomini, sono chiamati a formare una<br />

nuova condizione umana, forse più solidale.<br />

Quegli orrori di cinquecento anni fa furono<br />

le doglie del parto da cui siamo nati.<br />

Quello che è importante ricordare non è soltanto<br />

il sangue che fu sparso, ma soprattutto<br />

la creatura che da lì è nata e ha preso<br />

vita. Senza di noi la "ROMANITÀ" sarebbe<br />

ridotta alla piccolezza numerica delle nazioni<br />

neolatine dell'Europa, demograficamente<br />

insignificanti, senza peso, in un mondo<br />

troppo pieno di neo-britannici, di slavi,<br />

di cinesi, di arabi, ecc.<br />

La gloria dell'Iberia (ed è bene che qui<br />

lo si ricordi) risiede nell'aver conservato per<br />

più di un millennio la semente della romanizzazione,<br />

sotto l'oppressione dei goti e dei<br />

saraceni, per poi moltiplicarla prodigiosamente<br />

in questa nostra terra. Siamo il popolo<br />

latinoamericano, la parte maggiore<br />

della latinità, che si prepara a realizzare le<br />

sue potenzialità. Una latinità rinnovata e migliorata,<br />

rivestita di carne india e nera, erede<br />

della sapienza de! vivere dei popoli della foresta<br />

e del "pàramo", delle altitudini andine<br />

e dei mari del sud.

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