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Avvocati di famiglia 01_11:Avvocati di famiglia - Osservatorio di ...

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Nel rito minorile precisamente l’art. 9 del d.p.r. n.<br />

448 del 1988 accorda sia all’organo requirente, sia a<br />

quello giu<strong>di</strong>cante, la possibilità <strong>di</strong> effettuare accertamenti<br />

sulla personalità del minorenne, ad<strong>di</strong>rittura<br />

anche al <strong>di</strong> fuori delle forme della perizia, assumendo<br />

informazioni da persone che abbiano avuto<br />

rapporti con il minorenne, ovvero sentire il rapporto<br />

<strong>di</strong> esperti senza alcuna formalità.<br />

Diversamente, nell’ambito dell’attuale ed or<strong>di</strong>nario<br />

processo penale, vige il <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> ammettere perizie<br />

finalizzate a stabilire il carattere e la personalità<br />

dell’imputato e in generale, le sue qualità psichiche.<br />

L’imputato adulto è imputabile senza la necessità<br />

che si proceda ad un apposito vaglio della sua imputabilità,<br />

tanto che taluni, in dottrina, ritengono<br />

sussistere al riguardo una sorta <strong>di</strong> presunzione iuris<br />

tantum.<br />

L’imputabilità è <strong>di</strong>sciplinata, per l’imputato<br />

adulto, dall’art. 85 c.p. che sancisce come nessuno<br />

può essere punito per un fatto preveduto dalla legge<br />

come reato se, al momento in cui lo ha commesso,<br />

non era imputabile. Inoltre il medesimo <strong>di</strong>sposto<br />

normativo precisa come sia imputabile chi ha la capacità<br />

<strong>di</strong> intendere e volere.<br />

L’esistenza <strong>di</strong> una eventuale infermità mentale<br />

non è, <strong>di</strong> per sé, sufficiente ad escludere il giu<strong>di</strong>zio<br />

<strong>di</strong> imputabilità in capo al reo, giacché l’attuale sistema<br />

esige altresì la verifica della compromissione<br />

della sua capacità <strong>di</strong> intendere e <strong>di</strong> volere.<br />

La patologia deve intaccare in modo pressoché assoluto<br />

la capacità rappresentativa e volitiva del soggetto<br />

agente al momento del fatto criminoso. Soltanto<br />

se all’esito <strong>di</strong> tale analisi appare alterata la capacità<br />

rappresentava e volitiva, il soggetto non è imputabile.<br />

Inoltre, deve necessariamente anche essere accertato<br />

l’esistenza del nesso eziologico tra il <strong>di</strong>sturbo,<br />

la patologia rilevata e l’azione delittuosa posta<br />

in essere dal reo.<br />

In giurisprudenza, per lungo tempo, si è protratto<br />

un vero e proprio contrasto insorto proprio<br />

relativamente alla definizione del concetto <strong>di</strong> «infermità<br />

mentale» rilevante ai fini del riconoscimento<br />

del vizio totale o parziale <strong>di</strong> mente ex artt.<br />

88 e 89 c.p.<br />

Secondo un primo in<strong>di</strong>rizzo cosiddetto nosografico,<br />

l’anomalia idonea ad influire sulla capacità <strong>di</strong><br />

intendere e <strong>di</strong> volere consisteva nella malattia mentale<br />

in senso stretto, ovvero quella me<strong>di</strong>co-legale,<br />

come tale classificata in apposite categorie nosografiche,<br />

<strong>di</strong>pendente da uno stato patologico serio<br />

che comportava una degenerazione della sfera intellettiva<br />

o volitiva dell’agente (per tutte: cfr. Cass.,<br />

Sez. I, 25.3.2004, Egger, Ced Cass., rv. 227926), venendo<br />

così categoricamente esclusa la rilevanza <strong>di</strong><br />

patologie definite vere e proprie “abnormità psichiche”,<br />

quali le nevrosi e le psicopatie.<br />

GIURISPRUDENZA PENALE<br />

Un altro orientamento giurisprudenziale, invece,<br />

faceva proprio il c.d. «criterio della intensità del <strong>di</strong>sturbo<br />

psichico», reputando in grado <strong>di</strong> incidere sui<br />

processi volitivi e intellettivi anche quelle «anomalie<br />

psichiche che, seppure non classificabili secondo precisi<br />

schemi nosografici, perché sprovviste <strong>di</strong> una sicura base<br />

organica, siano tali per la loro intensità, da escludere totalmente<br />

o scemare grandemente la capacità <strong>di</strong> intendere<br />

e <strong>di</strong> volere del colpevole» (per tutte: cfr. Cass., Sez. VI,<br />

1.4.2004, Martelli, Ced Cass., rv. 229136).<br />

Le Sezioni unite, con sentenza non più recentissima,<br />

hanno composto il conflitto interpretativo e,<br />

avallando il secondo orientamento sopra ricordato,<br />

hanno precisato come ai fini del riconoscimento del<br />

vizio totale o parziale <strong>di</strong> mente, rientrano nel concetto<br />

<strong>di</strong> infermità anche i gravi <strong>di</strong>sturbi della personalità,<br />

come quelli da nevrosi o psicopatie, a con<strong>di</strong>zione<br />

che il giu<strong>di</strong>ce ne accerti la consistenza, l’intensità,<br />

la rilevanza e la gravità, tali da incidere concretamente<br />

sulla capacità <strong>di</strong> intendere e <strong>di</strong> volere,<br />

compromettendola del tutto o grandemente scemandola<br />

(Cass., Sez. Un., 25.1.2005, Raso, in Foro it.,<br />

2005, II, 425).<br />

Oggi, numerose sono le sentenze che, aderendo a<br />

tale impostazione, riba<strong>di</strong>scono come, ai fini del riconoscimento<br />

della sussistenza del vizio totale o<br />

parziale <strong>di</strong> mente, acquistano rilievo solo quelle<br />

turbe della personalità <strong>di</strong> tale consistenza e gravità<br />

da determinare in concreto una situazione psichica<br />

incolpevolmente incontrollabile da parte del soggetto<br />

che, <strong>di</strong> conseguenza, non può gestire le proprie<br />

azioni e non ne percepisce il <strong>di</strong>svalore (in argomento:<br />

Cass., Sez. II, 02.12.2008, n. 2774, in Ced Cass.,<br />

rv. 242710).<br />

Anche i «<strong>di</strong>sturbi della personalità», pertanto, pur<br />

non sempre inquadrabili nel ristretto novero delle<br />

malattie mentali scientificamente catalogate come<br />

tali, possono rientrare nel concetto <strong>di</strong> «infermità»,<br />

purché però queste ultime siano <strong>di</strong> consistenza, intensità<br />

e gravità tali da incidere concretamente sulla<br />

capacità <strong>di</strong> intendere o <strong>di</strong> volere, escludendola o scemandola<br />

grandemente, sempre a con<strong>di</strong>zione che sussista<br />

un nesso eziologico con la specifica condotta criminosa,<br />

per effetto del quale il fatto <strong>di</strong> reato sia ritenuto<br />

causalmente determinato dal <strong>di</strong>sturbo mentale.<br />

Diversamente, nessun rilievo, ai fini dell’imputabilità,<br />

è <strong>di</strong> regola riconosciuto alle altre anomalie caratteriali<br />

o alterazioni e <strong>di</strong>sarmonie della personalità<br />

qualora queste non presentino i caratteri sopra<br />

in<strong>di</strong>cati. Analogo <strong>di</strong>scorso vige per ciò che concerne<br />

gli stati emotivi e passionali, a meno che questi ultimi<br />

non si inseriscano, eccezionalmente, in un quadro<br />

più ampio <strong>di</strong> «infermità» (per tutte: Cass. pen.,<br />

Sez. V, 09.02.2006, in Giust. pen., 2007, II, 271).<br />

La questione della sussistenza o meno della imputabilità<br />

deve essere però tenuta <strong>di</strong>stinta da quella<br />

del dolo. In altre parole: se le con<strong>di</strong>zioni patologiche<br />

gennaio-febbraio 2<strong>01</strong>1 | <strong>Avvocati</strong> <strong>di</strong> <strong>famiglia</strong> | 75

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