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R.I.P. - Diotiama.it

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to Questa vicenda fu davvero terribile e non riuscii<br />

a superarla. Per molte notti girovagai per la c<strong>it</strong>tà,<br />

completamente sconvolto, riflettendo su come fare<br />

per uccidere il mio vecchio. Ero pieno di rabbia e di<br />

dolore. Qualche volta ho persino pregato: «Dio fammi<br />

morire!» oppure: «Fai morire mio padre!»<br />

In quel periodo cominciai ad ascoltare gli «Stones».<br />

Iniziai un corso di formazione professionale<br />

per diventare tecnico delle telecomunicazioni e feci<br />

le mie prime esperienze con le ragazze. Come spesso<br />

succede, anche le mie relazioni naufragarono una<br />

dopo l’altra e ogni volta mi sentivo a pezzi.<br />

La musica degli «Stones» e gli slogan radicali<br />

della generazione del ’68 ricevevano la mia piena<br />

approvazione. Dalle fer<strong>it</strong>e e dalle delusioni provate<br />

nascevano ribellione e violenza. Ci voleva un nuovo<br />

look. Mi lasciai crescere i capelli e li tinsi di un nero<br />

scurissimo come la pece. Indossavo pantaloni rossi<br />

e camicie gialle. Mi sentivo migliore di tutti i bugiardi<br />

e i piccoli borghesi che avevo intorno. Volevo<br />

avere un aspetto appariscente e mi lasciai trascinare<br />

dall’ondata hippie. Ah, la libertà totale... All’improvviso<br />

tutto sembrava più facile. Ero andato via di casa,<br />

vivevo di piccoli furti oppure mi facevo mantenere<br />

dalla ragazza di turno. Con i capelli lunghissimi e<br />

«Avevamo<br />

scoperto il<br />

paradiso».<br />

aperto a ogni esperienza, vivevo a Schwabing e nel<br />

giardino inglese. Questi punti di r<strong>it</strong>rovo degli hippies<br />

erano diventati la mia nuova casa. «We’re going<br />

to San Francisco w<strong>it</strong>h some flowers in your hair»<br />

(Stiamo andando a San Francisco con dei fiori nei<br />

capelli», Scott Mackenzie). Eravamo hippies e dividevamo<br />

tutto con gli altri. Avevamo scoperto il paradiso<br />

Cantavamo canzoni d’amore, di gioia e di<br />

felic<strong>it</strong>à «Make love not war» («Fate l’amore e non<br />

la guerra») divenne il nostro motto Ci abbracciavamo<br />

e ridevamo Dimenticai la mia frustrazione<br />

e le sofferenze pat<strong>it</strong>e in famiglia. Cominciarono a<br />

circolare delle droghe, roba «innocua» e pillole per<br />

aprirci la strada verso un’altra dimensione.<br />

Spacciando piccole quant<strong>it</strong>à di hashish e di LSD<br />

entrai nel traffico di stupefacenti. In tal modo riuscivo<br />

a finanziare il mio consumo personale. Lavorai<br />

anche come DJ in un rinomato locale, il PN. Led<br />

Zeppelin, Rolling Stones, Deep Purple e Pink Floyd<br />

erano i nostri gruppi musicali prefer<strong>it</strong>i. Poi un giorno,<br />

inaspettatamente, mi r<strong>it</strong>rovai senza neppure una<br />

briciola di roba. In tutta la discoteca non c’era nessuno<br />

che ne avesse. Burschi, l’austriaco, poteva procurarmene<br />

un po’. Alle quattro del mattino andammo<br />

in un locale vicino e ci chiudemmo in bagno. Estre-<br />

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