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28 15 giugno 2011<br />
ISOLA NOSTRA<br />
Quattro giorni di aprile, quattro incontri…<br />
Non vorrei scrivere dei<br />
miei ricordi, non mi piace<br />
dedicare troppo tempo al passato,<br />
anche se proprio questo<br />
succede spesso e qualche volta<br />
proprio il passato arricchisce<br />
certi momenti.<br />
Nell’arco di quattro giorni,<br />
in aprile, ho avuto la ventura di<br />
conoscere quattro persone meravigliose:<br />
una signora italiana<br />
in visita a <strong>Isola</strong>, un bosniaco<br />
emigrato in Svizzera incontrato<br />
a Gorenjska, un macedone e<br />
una signora di Capodistria.<br />
La signora italiana è una<br />
donna splendida. Anche se cresciute<br />
in ambienti diversi (io in<br />
un regime comunista, lei in un<br />
paese democratico) mi sembrava<br />
di conoscerla da sempre. La sua<br />
non è stata un’infanzia sempre<br />
facile, ma è rimasta sempre una<br />
donna semplice, sincera e grata<br />
per quello che la vita le ha dato.<br />
Sì, una donna buona, con un<br />
cuore grande, e io vorrei essere<br />
almeno un po’ come lei. Donne<br />
così non ne ho conosciute tante.<br />
Si chiama Milva. Il suo compagno<br />
nella vita ha lasciato l’Istria<br />
e l’ideologia comunista 56 anni<br />
fa. L’ho ritrovato vedendolo a<br />
<strong>Isola</strong> con Milva, tranquillo, con<br />
il suo sorriso, senza la rabbia<br />
per quello che è successo mezzo<br />
secolo fa. Parlando con lui,<br />
fisicamente irriconoscibile, ho<br />
riconosciuto però la stessa onestà<br />
e bontà di quei tempi.<br />
Il signore bosniaco, di nome<br />
Ivanov, mi ha raccontato il<br />
modo di vivere in Svizzera,<br />
dove lavora da oltre trent’anni.<br />
Ascoltandolo ho capito che<br />
i rapporti tra operai emigrati<br />
sono molto buoni, tra loro si<br />
capiscono e si aiutano. Ha una<br />
moglie, come dice, di carattere,<br />
molto brava e una figlia che<br />
non farebbe del male a nessuna<br />
creatura: è vegetariana e molto<br />
attenta all’ecologia. Prima di<br />
andare in Svizzera lavorava in<br />
Slovenia, ad Aidussina, dove<br />
ha incontrato il primo amore.<br />
Ivanov torna spesso in Bosnia,<br />
dove ha vissuto da giovane sino<br />
ai 16 anni. Non dimentica la sua<br />
gente, che vive, al confronto<br />
degli svizzeri, una vita molto<br />
diversa a tutti i livelli, e perciò<br />
cerca di aiutarla. Mi ha anche<br />
detto però che per nessuna<br />
ragione al mondo vorrebbe più<br />
tornare a vivere in Bosnia.<br />
La terza persona era un macedone<br />
di 63 anni, con gli occhi<br />
blu come il mare. Mi ha raccontato<br />
come, già da trent’anni,<br />
lavora in Slovenia ma spedisce<br />
i soldi guadagnati a casa. Sua<br />
moglie abita in Macedonia nella<br />
stessa casa con il figlio, la nuora<br />
e i nipoti. In Slovenia lavora<br />
soprattutto a Capodistria, <strong>Isola</strong><br />
e Santa Lucia, si trova molto<br />
bene e ha anche qui molti amici.<br />
Secondo lui è un po’ strano il<br />
modo di vivere degli sloveni. Gli<br />
sembra che le famiglie vivano<br />
una vita scarsa di amore; tutto<br />
è veloce, sembrano come macchine<br />
che non si fermano mia<br />
e vedono soltanto impegni. Da<br />
loro, in Macedonia, è tutt’altra<br />
cosa: il tempo di parlare e di<br />
ascoltare lo trovano sempre e<br />
tra loro si sente il calore umano.<br />
Questa differenza proprio non la<br />
capisce… visto che apparteniamo<br />
tutti alla stessa madre.<br />
Anch’io ho pensato che<br />
è vero, siamo troppo chiusi,<br />
costruiamo recinti intorno<br />
alle case e intorno alle anime.<br />
Abbiamo paura di aprirci, di<br />
sorridere con la bocca e con gli<br />
occhi. Paura di chi? E perché?<br />
Apparteniamo tutti alla stessa<br />
madre, come ha detto quel<br />
signore macedone.<br />
La quarta amica è una signora<br />
capodistriana di 63 anni,<br />
con un nome bellissimo: Gioia.<br />
L’ho incontrata scendendo<br />
dal treno. Un sorriso e subito<br />
è nata un’amicizia, proprio<br />
come qualche giorno prima<br />
con Milva. Anche Gioia mi<br />
sentivo come se la conoscessi<br />
da sempre. Capivo che una forza<br />
superiore aveva voluto che<br />
incontrassi tutte queste persone<br />
in così breve tempo. Chissà<br />
perché, forse non ho più tanto<br />
tempo, o forse perché finora<br />
non era stato possibile proprio<br />
per mancanza di tempo…<br />
Gioia mi ha raccontato<br />
dei momenti difficili che ha<br />
passato di recente: tre lutti in<br />
famiglia e la separazione dal<br />
suo compagno di vita. Come<br />
se non bastasse una grave malattia,<br />
ma la voglia di vivere va<br />
avanti ogni giorno pensando:<br />
vincerò!, perché non esiste<br />
niente di più bello della vita,<br />
voglio viverla fino in fondo e<br />
fare ancora qualcosa di utile in<br />
questo mondo.<br />
Ascoltandola ho notato la<br />
sua intelligenza, la sua spiritualità,<br />
la sua onestà. Persone<br />
come queste cambieranno quel<br />
mondo costruito da piccoli,<br />
paurosi uomini che sfruttano<br />
tutto e dovunque perché non gli<br />
basta mai nessun tipo di valore<br />
materiale, perché i valori veri<br />
neanche li conoscono.<br />
Non posso dare del “tu” a<br />
chiunque incontri, ma a Gioia<br />
ho chiesto solo dopo pochi attimi<br />
se potevamo farlo, ed è stata<br />
subito d’accordo, perché abbiamo<br />
in sintonia i nostri valori e<br />
questi non sono le ricchezze<br />
materiali, e i soldi, i soldi… Il<br />
nostro intuito femminile non<br />
sbaglia mai!<br />
Ammiro Milva, Gioia e gli<br />
altri per quello che ho trovato<br />
in loro, perché non hanno confini<br />
mentali e auguro loro: non<br />
cambiate! Sono sicura che ce<br />
la faremo tutti – passo a passo<br />
– a cambiare in meglio. Milva,<br />
Ivanov, Gioia, io e tanti milioni<br />
di persone su tutto questo<br />
nostro bel pianeta Terra. Ce la<br />
faremo! Apparteniamo tutti alla<br />
stessa madre.<br />
A tutti gli isolani, a tutto il<br />
mondo: siate felici!<br />
Fenny, <strong>Isola</strong><br />
Incontro (anni ’80) tra amici e “vecchie glorie” nella canottiera della Pullino, dove regnava odore di<br />
salmastro e di sudore… odore di campioni!<br />
Nella foto da sinistra: il socio Egidio Degrassi (del moro), l’olimpionico Valerio Perentin, il socio Rienzi<br />
Deste, il campione Carlo Delise (gobo), l’olimpionico Giliante Deste, il dirigente Aldo Colocci, Emilio<br />
Delise (lustro, il pittore che ideò il “blu Pullino”) e, di schiena, il socio Remigio Carboni (snai).