inedita energia Attilio Bertolucci - Eni
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dramma della Passione «spremendo dalla vita del suo tempo i motivi del dolore<br />
e dell’amore, della speranza»; Mondrian (Albero rosso) infine, artista che chiude<br />
l’esperienza figurativa della natura per aprirsi all’assoluto di forme astratte, accordi<br />
chiaroscurati a «scacchiera di colori», reticoli spezzati.<br />
Il tema del ‘vero’, unito a quello della natura, percorre naturalmente, insito com’è<br />
nel cuore e nella mente di <strong>Bertolucci</strong>, anche le altre sezioni ed in particolare quelle<br />
dedicate al paesaggio: facendo scorrere davanti al suo lettore l’arte del paesaggio<br />
attraverso i secoli, da quinta teatrale sublimemente semplice nell’arte trecentesca<br />
al lucido senso spaziale, narrativo e drammatico dell’arte del Quattrocento, ai<br />
paesisti veneti agli Impressionisti, «supremi poeti della natura», lascia affiorare il<br />
pensiero del rapporto con la propria terra, che il pittore, come il poeta, trasferisce<br />
idealizzata sul piano dell’arte. E mentre, passando al secolo dei Lumi, mette in<br />
risalto l’intelligenza razionale e lucida della natura e il rilievo dato alla precisione<br />
ottica e cristallina (il «nitore favoloso» di Canaletto, ma l’opera riprodotta, Veduta<br />
della Gazzada, è oggi attribuita al nipote Bernardo Bellotto), già ci conduce, spostandosi<br />
all’Ottocento, nuovamente nel terreno impressionista.<br />
i<br />
È sulla luce che poggiano alcune tra le interpretazioni più<br />
significative di <strong>Bertolucci</strong>, quella stessa luce che, nelle sue prime raccolte in versi,<br />
rivela le cose, le illumina, bagna l’intonaco, tenendo lontana l’ombra dalla soglia<br />
della casa, il buio del dolore. Sono soprattutto le prove luministiche di Vermeer<br />
a rivelare l’intreccio di verità e poesia, la resa artistica del sentimento del Tempo.<br />
Modello altissimo, del quale <strong>Bertolucci</strong> propone sia La donna che scrive una lettera<br />
alla presenza della domestica sia La merlettaia, Jan Vermeer rappresentò la quiete<br />
dell’anima seicentesca, offrendo una meditazione assorta, intensa, quasi «metafisica»,<br />
della vita domestica, nell’immobilità e nella relazione spaziale delle figure,<br />
nella magia sapiente della luce che ora bagna la porosità dorata della parete, l’incontrarsi<br />
di luce e ombra sul volto della ricamatrice, ora intride e modella col suo<br />
«miele» la stanza e la scrivente della Lettera, mentre il Tempo si percepisce nel suo<br />
lento scorrere. Ancora la luce e il Tempo sono il segreto sia della scena notturna<br />
della Lampada a petrolio di Bonnard, lampada che «rode» l’oscurità del crepuscolo<br />
«tutto dorando e avvampando nel suo quieto, meraviglioso filare», sia del Duetto<br />
di Braque, le cui scomposizioni cubiste lasciano riconoscere la forma delle cose<br />
nel gioco di una luce «capricciosa e insieme geometrica», nel passaggio prezioso<br />
di luce-ombra e addirittura in «una sonorità un po’ stridula, agra ma fresca». Luce<br />
e ombra sono parte della tavolozza del poeta di Viaggio d’inverno, la raccolta in<br />
cui più insistente si fa il pensiero della fine e della corsa inarrestabile del tempo<br />
umano. Eppure è all’arte, ai suoi messaggi, che <strong>Bertolucci</strong>, il quale intitola un suo<br />
componimento La consolazione della pittura, chiede non solo la perfezione della<br />
forma, il sentimento dell’uomo e della natura, ma anche ristoro e conforto dall’inesorabilità<br />
del transito perenne della vita. Anche nelle tavole del “Gatto Selvatico”<br />
si odono sparsi echi di un mondo lacerato, amari pensieri che riguardano il<br />
presente, le sue contraddizioni, la precarietà del divenire. Il passato ne è investito,<br />
come nel testo su Giotto: «È a Giotto, come a Dante, che possiamo chiedere<br />
insieme la consolazione dell’arte e il messaggio spirituale: perché la nostra epoca,<br />
non meno dura di quella in cui essi vissero, ne sente, malgrado le apparenze,<br />
profondamente l’esigenza». O ancora in Tiziano, dove, dopo aver magistralmente<br />
letto la Flora, cui il «pennello carico di succhi e intriso di luce» dà unità, rendendola<br />
simbolo della bellezza e della gioventù, annota: «Al nostro occhio, e al nostro<br />
animo di moderni, avvezzi ad un’arte duramente impegnata a rappresentare un<br />
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