inedita energia Attilio Bertolucci - Eni
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Ma che dire della Maria tutta bianca nel volto e nel misero petto entro il bianco<br />
del manto, di una spettralità che non ha uguale in tutta la pittura? Che dire di<br />
san Giovanni col suo ditaccio puntato, a costo, pur di essere esplicito, di rasentare<br />
la goffaggine? Anche l’agnellino simbolico presso il calice dorato non ha nulla<br />
di grazioso, nell’atteggiamento troppo scopertamente simbolico: tuttavia il suo<br />
impaccio, il suo corpicciolo un po’ sformato diventano, in virtù dell’emozione<br />
dell’artista, estremamente patetici.<br />
Nell’orrore, anche coloristico, dell’opera l’oro della chioma di Maddalena, che<br />
ha la nervosità vegetale delle radici quando vengono allo scoperto, s’accorda poi<br />
meravigliosamente col rosa della veste. Questa tenerezza di materia pittorica<br />
fiorita ai margini della pura tragedia è una di quelle apparenti dissonanze di cui<br />
l’arte moderna s’è fatta paladina anche troppo cosciente, ma che in Grünewald ha<br />
un’autenticità, una necessità interiore commovente.<br />
dicembre 1961 ⎡ Resurrezione di Cristo<br />
Albrecht Altdorfer<br />
Kunsthistorisches Museum, Gemäldegalerie - Vienna ⎦<br />
i<br />
L’altro artista della scuola tedesca che presentiamo è Albrecht<br />
Altdorfer, nato a Ratisbona nel 1480 e morto circa nel 1538: siamo ancora nel<br />
periodo di Dürer e Grünewald, fra la fine del Quattro e il principio del Cinquecento,<br />
in quel singolare, fecondo momento in cui la pittura nordica viene colpita<br />
dall’affermarsi possente del Rinascimento italiano. Dalla reazione, in parte negativa<br />
in parte positiva, risultante dallo scontro di due antitetiche maniere artistiche<br />
e, prima, da due contrastanti concezioni della vita come sono la germanica e l’italiana,<br />
nasce il singolare fascino della pittura di Dürer, Grünewald, Altdorfer.<br />
È chiaro che questi artisti non vengono domati dalla misura classica rinata in Italia<br />
con l’Umanesimo, è chiaro pure che ne vengono, in un certo senso, ipnotizzati:<br />
così, senza tradire la vocazione naturalistica che tante grandi cose ha fatto loro<br />
compiere nel periodo, lunghissimo al Nord, del Gotico, apprendono a sfondare<br />
per mezzo della prospettiva, nata a Firenze, lo spazio. I contatti che essi possono<br />
stabilire con la scuola che domina, attraverso Roma, il mondo occidentale, non<br />
sono sempre diretti, avvengono spesso per via di stampe e incisioni fedeli sino a<br />
un certo punto allo spirito degli originali. Invece le testimonianze dell’arte nata<br />
libera e un po’ selvatica dalla loro terra e dal loro popolo le hanno sempre sotto<br />
gli occhi nelle chiese, nei conventi, nei castelli. E hanno sotto gli occhi l’umanità<br />
e, soprattutto, quella natura indomabile, quell’eterna foresta che già compare nei<br />
fondi sacri del Medioevo e sarà motivo supremo nel grande momento romantico,<br />
sia in pittura sia in poesia e in musica.<br />
In questo senso Albrecht Altdorfer è il più germanico di tutti gli artisti tedeschi:<br />
da lui la natura è sentita come da nessun altro, con un soffio così grandioso da<br />
anticipare veramente Hölderlin e Beethoven. Guardate questa Resurrezione di<br />
Cristo, che faceva parte di un grande polittico posto sull’altare di San Floriano,<br />
nell’Alta Austria, e paragonatela mentalmente con qualche Resurrezione famosa<br />
dell’arte italiana, mettiamo con quella di Piero Della Francesca che sta a Borgo<br />
San Sepolcro. Il nostro pittore ha composto la scena con il rigore assoluto di<br />
un drammaturgo classico, senza concedersi nessuna distrazione, senza cedere a<br />
nessuna tentazione di pittoresco. Ecco invece Altdorfer far cadere il momento<br />
sublime della Resurrezione entro il più incredibile sfondo di tutta la pittura<br />
dell’epoca, quasi volendo che l’evento sacro abbia un corrispettivo altrettanto<br />
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